Disoccupazione agricola 2024, è già possibile presentare la domanda

La disoccupazione agricola è un sussidio economico generalmente erogato nei mesi tra giugno e luglio di ogni anno e spettante ai lavoratori stagionali del settore agricolo.

Chi può presentare domanda per la disoccupazione agricola 2024?

Possono richiedere il sussidio di disoccupazione agricola 2024:

  • operai agricoli a tempo determinato, iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli dipendenti;
  • operai agricoli a tempo indeterminato, che vengono assunti o licenziati nel corso dell’anno civile, dando luogo, così, a eventuali periodi di mancata occupazione al di fuori del contratto di lavoro;
  • piccoli coloni;
  • compartecipanti familiari;
  • piccoli coltivatori diretti, che integrano fino a 51 le giornate di iscrizione negli elenchi nominativi mediante versamenti volontari.

A parte il caso dei piccoli coltivatori diretti, per ottenere la prestazione è necessario che nel corso 2023 abbiano prestato attività nel settore agricolo e abbiano versato contributi per almeno 102 giornate, accreditate nel biennio 2022/2023, oppure tutte nel 2023.

È importante il criterio della prevalenza, infatti se nel biennio il lavoratore ha prestato la maggior parte del lavoro in settori diversi dal settore agricolo potrebbe avere diritto non all’indennità di disoccupazione agricola, ma alla Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego).

Quando e come presentare la domanda per la disoccupazione agricola 2024

Generalmente è necessario presentare la domanda di disoccupazione agricola entro il 31 marzo di ogni anno, trattandosi nel 2024 di un giorno festivo, la scadenza è posticipata al 2 aprile. Il consiglio è di provvedere comunque in anticipo. Nell’arco di pochi giorni da tale scadenza, l’Inps pubblica l’elenco dei soggetti ammessi al beneficio.

Il lavoratore può inviare autonomamente l’istanza attraverso i servizi online messi a disposizione dall’Inps, accedendo ai servizi con l’uso di un codice Spid, Cie e Cns e compilando il modulo Sr25. Una volta effettuato l’accesso al sito Inps, si segue il percorso:

  • Domande prestazioni a sostegno del reddito
  • Disoccupazione e/o Anf Agricola e su prestazione domande.

L’importo corrisponde al 40% delle retribuzione media dichiarata dal datore di lavoro per le giornate effettivamente lavorate nell’anno per il quale si chiede la prestazione. A questo importo deve essere detratto il 9% a titolo di contributo straordinario (fino a 150 giornate lavorate), l’Irpef e l’eventuale trattenuta sindacale.

Leggi anche: Agevolazioni per l’insediamento di giovani in agricoltura Ismea

Cedolare secca sugli affitti, è valido l’adeguamento Istat?

La cedolare secca sugli affitti è molto usata dai proprietari di casa. Ma come funziona l’adeguamento Istat in questo tipo di contratti?

Cedolare secca sugli affitti, come funziona l’adeguamento ISTAT

La “cedolare secca” è un regime facoltativo, che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile). In più, per i contratti sotto cedolare secca non si pagano l’imposta di registro e l’imposta di bollo. Imposte che di solito sono dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. La cedolare secca non sostituisce l’imposta di registro per la cessione del contratto di locazione. Tuttavia nei contratti sottoposti a questo regime non viene applicato l’adeguamento istat.

Per adeguare periodicamente i valori monetari, ad esempio il canone di affitto o l’assegno dovuti al coniuge separato, si utilizza l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) al netto dei tabacchi. Tale indice si pubblica sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392. Con la cedolare secca questo tipo di adeguamento non è consentito.

Cedolare secca sugli affitti, quando si rinuncia all’adeguamento

La scelta per la cedolare secca implica la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione. Inoltre possono optare per il regime della cedolare secca le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento. Ma l’immobile non è locato nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni. Tuttavia una serie di novità sono state introdotte quest’anno.

L’opzione può essere esercitata per unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10 – uffici o studi privati) locate a uso abitativo. Rientrano anche le relative pertinenze. L’opzione comporta l’applicazione delle regole della cedolare secca per l’intero periodo di durata del contratto (o della proroga) o, nei casi in cui l’opzione sia esercitata nelle annualità successive alla prima, per il residuo periodo di durata del contratto.

Il locatore può decidere di rinunciare a questo regime

Il locatore ha comunque la facoltà di revocare l’opzione in ciascuna annualità contrattuale successiva a quella in cui è stata esercitata. Così come è sempre possibile esercitare nuovamente l’opzione, nelle annualità successive alla revoca, rientrando nel regime della cedolare secca. Tuttavia la revoca deve essere effettuata entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente e comporta il versamento dell’imposta di registro, eventualmente dovuta.

Con la circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 26/E del 2011, si precisa che la rinuncia all’aumento del canone per l’intera durata del contratto deve essere comunicata al conduttore, tramite raccomandata, prima di esercitare l’opzione per la cedolare secca. Cosa che si può evitare solo nel caso della firma contrattuale, ma le eventuali successive modifiche si comunicano tramite raccomandata come già detto.

Evasione per necessità e riduzione sanzioni nel nuovo decreto fiscale

Continua la riforma del Fisco e il prossimo passo è la riduzione delle sanzioni tributarie e l’introduzione dell’evasione per necessità o sopravvivenza. Ecco cosa cambia.

Riduzione sanzioni tributarie

Il Governo aveva annunciato, tra le misure previste nella legge di delega fiscale il riallineamento delle sanzioni tributarie applicate in Italia a quelle generalmente applicate in ambito UE e di conseguenza una riduzione delle sanzioni attualmente previste. La stessa si rende necessaria anche perché la Corte Costituzionale, nella sentenza sentenza 46 del 2023 cui fa seguito un Comunicato della Corte Costituzionale datato 17 marzo 2023, ha sottolineato l’incostituzionalità del sistema sanzionatorio tributario in quanto non proporzionale. Nel caso in oggetto la sanzione tributaria applicata era molto più elevata rispetto al mancato introito fiscale.

In Italia le sanzioni tributarie oscillano tra il 120 e il 240%, proprio per questo Maurizio Leo, viceministro dell’Economia e padre di questa riforma, ha parlato di un vero e proprio esproprio. A fronte anche di una media europea al 60%, quindi molto più bassa rispetto a quella italiana.

Tra le altre misure previste vi è l’esclusione del rilievo penale nel caso in cui il contribuente raggiunga un accordo transattivo con il Fisco. Inoltre, se nell’ambito di un procedimento penale per evasione fiscale il contribuente viene assolto perché il fatto non sussiste, il giudice tributario deve tenerne in considerazione nell’ambito del processo di sua competenza.

Evasione di necessità o per sopravvivenza

Infine, si introduce l’evasione di necessità o di sopravvivenza. Il Governo intende distinguere tra chi non presenta la dichiarazione o presenta dichiarazioni false e chi, invece, presenta correttamente le dichiarazioni (Iva, Irap, Irpef) ma non riesce a versare i dovuti tributi.

In questo secondo caso si prevede un trattamento di favore. Naturalmente deve trattarsi di un’impossibilità oggettiva e sopraggiunta, ad esempio, nel caso in cui l’attività sia colpita da un particolare evento (alluvione, terremoto, incendio) e si trovi nell’impossibilità di continuare a produrre, abbia problemi di liquidità e di conseguenza non possa versare i tributi dovuti. È possibile tenere in considerazione anche ulteriori fattori, ad esempio il caso in cui il contribuente in difficoltà economica abbia preferito versare i contributi previdenziali per i propri dipendenti e non abbia invece versato le imposte.

Leggi anche: Decreto Milleproroghe 2024, tutto quello che contiene

Decreto Milleproroghe 2024, tutto quello che contiene

Decreto Milleproroghe 2024 è convertito in legge e contiene diverse novità che sono differenti anche dal testo originale, i dettagli.

Decreto Milleproroghe 2024, lavoro e assunzioni

Nella seduta di lunedì 19 febbraio la Camera, con 140 voti favorevoli e 69 contrari, ha approvato il Decreto Milleproroghe. E prevede molte novità che riguardano diversi aspetti economici. Ecco i temi principali e come cambieranno le cose dopo questa approvazione. L’articolo 1, comma 14 del testo convertito proroga fino al 31 dicembre 2024 la possibilità di effettuare assunzioni di personale nella Guardia di Finanza, sia ordinarie sia straordinarie, previste dalle norme di settore.

Assunzioni straordinarie anche nelle forze di polizia, prefetture e ragioneria di Stato. Cambiano le regole degli incentivi per l’assunzione di persone con disabilità da parte di enti del Terzo settore e altri enti assimilabili, con contratti di lavoro a tempo indeterminato e di età inferiore a 35 anni.

Anche per il 2024 divieto di fatturazione elettronica per i soggetti IVA che effettuano prestazioni o cessioni sanitarie nei confronti di consumatori finali persone fisiche (non soggetti IVA). Inoltre slitta di altri due anni, dal 2025 al 2027, il taglio dei contributi all’editoria.

Decreto Milleproroghe 2024, bonus e fondi

Previsto anche i rifinanziamento di diversi bonus e fondi destinati a diversi disturbi. Infatti rifinanziato anche il fondo per la lotta ai disturbi alimentari, sempre per 10 milioni di euro per il 2024. Stanziati dieci milioni per il bonus psicologo nel 2024.

Prorogata di sei mesi, fino al 31 dicembre, la sospensione delle multe per chi ha violato l’obbligo di vaccinazione per il Covid. Inoltre continua la proroga al 31 dicembre 2024 del bonus acquisto casa under 36  con la condizione che il preliminare sia stato firmato entro il 31.12.2023. Si riaprono nuovamente i termini della rottamazione quater, con la possibilità di pagare entro il 15 marzo 2024 le prime due rate scadute.

L’attenzione sui lavoratori agricoli e medici

L’attenzione sui lavoratori agricoli e del settore allevamento è stata al centro dell’incontro. Per calmare la protesta dei trattori sono approvate delle misure specifiche. Dunque scatta l’esenzione per i redditi agrari e dominicali fino a 10mila euro e si riduce del 50% l’importo da pagare per quelli tra i 10mila e i 15mila euro. Infine slitta di sei mesi, fino al 30 giugno, l’obbligo di assicurare i trattori se non vanno in strada.

Per quanto riguarda la pensione dei medici. La norma prevede che i medici interessati su base volontaria potranno fare richiesta per continuare a lavorare fino a 72 anni, ma senza mantenere incarichi “dirigenziali apicali di struttura complessa o dipartimentale o di livello generale”.

 

Se non pago le bollette mi staccano la corrente?

L’energia elettrica è senza dubbio uno dei servizi essenziali, in alcuni casi assicura la sopravvivenza, come nel caso in cui in casa sia presente una persona che ha bisogno di supporto per la respirazione. Può essere considerato un servizio essenziale perché necessario per la produzione di acqua calda, per l’avvio di impianti di riscaldamento, per la conservazione del cibo. Proprio per questo motivo molte persone sono convinte che nel caso in cui non si paghi la bolletta i rischi di distacco della corrente non vi siano. In realtà non è così, ecco come funziona.

Sollecito di pagamento prima dello stop alla fornitura di energia elettrica

La prima cosa da sottolineare è che in caso di mancato pagamento, se lo stesso non supera una settimana non vi sono particolari conseguenze. In seguito il titolare del contratto inizia a ricevere dei solleciti. Nei solleciti viene indicata anche la data a partire dalla quale, se si continuerà a non pagare, il fornitore invierà la richiesta di sospensione del servizio al distributore.

Naturalmente nel caso in cui ci sia la sospensione del servizio per il mancato pagamento, sarà necessario sostenere anche i costi per il riallaccio delle utenze. Questo costo viene indicato nel sollecito di pagamento.

Ricevuto il sollecito, la cosa più opportuna è effettuare il pagamento degli importi dovuti e trasmettere al gestore la ricevuta del pagamento in modo da sospendere la procedura.

Se non si effettua il pagamento, magari perché impossibilitati vi è prima la riduzione della potenza di energia elettrica, questo implica che sarà disponibile una potenza utile solo ad accedenre le lampadine, ma difficilmente si potranno avere elettrodomestici in funzione, che si tratti di un frigorifero, un ferro da stiro o qualunque altro utensile alimentato con energia elettrica.

Ecco quando staccano la corrente per il mancato pagamento delle bollette

Terminato questo ulteriore periodo in cui si avrà una potenza limitata, si passa al distacco con blocco del codice POD per morosità, in modo che non si potrà nemmeno passare a un altro fornitore prima di aver saldato le fatture arretrate.

A questo punto per avere nuovamente la fornitura di energia elettrica sarà assolutamente necessario effettuare il pagamento di tutti gli importi dovuti, compreso il contributo per la riattivazione del servizio.

Occorre ricordare che vi sono dei casi in cui non è possibile procedere al distacco. Si tratta del caso in cui il cliente abbia ancora il contratto con il Servizio Elettrico nazionale e gli importi dovuti sono inferiori al deposito cauzionale. Inoltre non si può procedere:

  • in caso di mancato avviso;
  • nel caso in cui il contraente abbia segnalato anomalie relative a contatore e bollette e il gestore non abbia risposto;
  • nel caso in cui alla rete siano collegati macchinari salvavita;
  • in caso di forniture con funzioni di pubblica utilità.

Leggi anche: Decreto energia 2024, è legge e prevede importanti novità

Cancellazione dell’ipoteca, come farlo senza spendere nulla

Cancellazione dell’ipoteca quando si è finito di pagare un mutuo, l’ultimo atto che libera definitivamente il cliente di una banca.

Cancellazione dell’ipoteca, cos’è?

Quando si compra un immobile, ma non si ha a disposizione il denaro necessario, è comune la richiesta di un mutuo presso la banca. Negli anni il debitore paga le sue rate fino all’ultima, estinguendo così il suo debito e diventando a tutti gli effetti il proprietario di casa. A questo punto si richiede la cancellazione dell’ipoteca.

La cancellazione dell’ipoteca richiede un atto notarile, nel quale il creditore (o il suo legale rappresentante) acconsente alla cancellazione, normalmente in seguito al pagamento del debito garantito. In seguito, il notaio provvede alla relativa annotazione nei registri immobiliari. Tuttavia esiste una procedura un può più semplice e che non prevede alcun costo per il cliente. Possiamo anche dire che in realtà è la procedura più usata comunemente.

Cancellazione dell’ipoteca, le istruzioni dell’Agenzia delle entrate

La cancellazione semplificata d’ipoteca è un procedimento che riguarda le ipoteche iscritte a garanzia di mutui e finanziamenti, anche non fondiari. Si tratta di mutui che sono concessi da soggetti che esercitano attività bancaria e finanziaria e da enti di previdenza obbligatoria ai loro dipendenti e iscritti. Per richiedere la cancellazione semplificata di un’ipoteca, il creditore deve inviare una comunicazione di avvenuta estinzione del debito al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate – Servizi di pubblicità immobiliare.

Per assicurare a questa comunicazione idonea pubblicità, è stato istituito il Registro delle comunicazioni. Il servizio “Interrogazione del Registro delle comunicazioni” permette di conoscere lo stato di lavorazione della cancellazione di un’ipoteca. E’ gratuito e disponibile presso

  • i servizi di pubblicità immobiliare
  • i servizi telematici Entratel e Fisconline
  • e i servizi telematici Sister.

La banca invia la comunicazione

Di solito infatti è la stessa banca che invia una comunicazione all’Agenzia delle entrate per cancellare l’ipoteca di registri immobiliari. Tale procedura può essere applicata solo in presenza di determinate condizioni:

  • il creditore deve essere un soggetto abilitato: banche, società finanziarie, enti creditizi, fondi comuni di investimento, società di gestione del risparmio (SGR) che agiscono in nome e per conto di un fondo di investimento alternativo (FIA);
  • il mutuo deve essere estinto;
  • il mutuo può essere fondiario o non fondiario;
  • il creditore deve rilasciare una quietanza: la quietanza è un documento che attesta l’avvenuto pagamento del mutuo.

Una volta decorsi 30 giorni dalla comunicazione, la cancellazione avviene in modo automatico. Basterà fare una semplice ispezione ipotecaria sull’immobile per verificare la reale cancellazione. Qualora la banca non proceda in tal senso, si consiglia di andare in filiale o mettersi in contatto con il proprio agente per capire come mai non si è proceduto in tal senso. Ma una volta cancellata l’ipoteca non ci sono più gravami sull’immobile.

Sicurezza sul lavoro, arriva il decreto con condono contributi

Gli incidenti sul lavoro sono una piaga per l’Italia e proprio per questo già nei giorni scorso il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone aveva annunciato l’avvio dei lavori per un decreto legge sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. I fatti di Firenze hanno però portato a un’accelerazione, ecco perché già nei prossimi giorni il provvedimento potrebbe essere in Consiglio dei ministri. Tra le novità annunciate vi è anche il condono per i contributi previdenziali non versati.

Condono per i contributi previdenziali non versati

Il lavoro irregolare aumenta l’incidenza degli incidenti sul luogo di lavoro perché si tratta di veri lavoratori fantasma, non tutelati in caso di incidente e quindi spesso lasciati in condizioni precarie, senza le dovute protezioni individuali e collettive. Al fine di aumentare la sicurezza sul lavoro sono quindi incentivate le regolarizzazioni attraverso la riduzione delle sanzioni applicate. Sia chiaro: la regolarizzazione prevede comunque il pagamento dei contributi, ma il datore di lavoro potrà beneficiare di una riduzione delle sanzioni applicate.

Queste non è l’unica novità che sarà introdotta. L’obiettivo è quello di contrastare il caporalato, contrastare il lavoro sommerso e aumentare la sicurezza.

Minori controlli per le aziende più sicure

Il provvedimento prevede anche la creazione di una lista di conformità in cui saranno iscritte le imprese che in seguito a controlli risultano essere in regola per quanto riguarda le norme in materia di sicurezza sul lavoro. L’iscrizione nella lista implica che per 18 mesi non saranno eseguiti ulteriori controlli.

Non vengono invece intaccate le misure già applicate, in particolare continua ad esservi l’obbligo il personale occupato dall’impresa appaltatrice o subappaltatrice di avere il tesserino di riconoscimento sul luogo di lavoro.

Infine, dovrebbe venir meno la penale per la somministrazione fraudolenta di lavoro, sostituita dall’aumento dell’ammenda applicata da 20 a 30 euro per ogni lavoratore impiegato e per ogni giornata di lavoro effettuata.

Leggi anche: Sicurezza alternanza scuola-lavoro: arriva il protocollo di intesa. Nuovi impegni per le aziende

Tasse partite Iva, addio al maxi acconto e pagamento mensile

Tasse partite iva a presto potrebbero esserci delle grosse novità che cambiano il modo con cui si sono sempre pagate, i dettagli.

Tasse partite iva, tasse a rate

La Riforma Fiscale è un punto fermo del governo Meloni. Una progressiva e variazione degli scaglioni sia per i dipendenti pubblici e privati è in atto. Ma adesso tocca anche alle partite Iva, sempre più in difficoltà a causa della crisi economica. Le partite iva negli ultimi anni hanno fatto registrare un calo. Soprattutto per quanto riguarda gli artigiani classici sono sempre in diminuzione: piccoli artigiani, lavoratori di pellame e tessuti, calzolai.

Ma in contro tendenza sembrano invece esserci coloro che aprono la partita IVA e che lavorano mondo di internet, come gli influencer, formatori e consulenti informatici, ed aziendali, copywriter, social media manager e web designer. Tuttavia per cinque milioni di lavoratori autonomi le cose potrebbero cambiare e le tasse potrebbero spalmarsi in 12 rate.

Tasse partiti iva, addio al maxi acconto

Il governo potrebbe decidere di dilazionare il pagamento delle tasse in sette mesi per le partite iva. Si tratta del versamento del saldo e del primo acconto delle imposto calcolate sull’anno precedente. Non solo si potrebbe così  rateizzare anche il secondo acconto, che cade a novembre, su cinque mesi, posticipandolo cioè a gennaio senza l’applicazione di alcun interesse.

Gli autonomi potrebbero così dire addio al maxi acconto che si paga in previsione dell’anno successivo. Ma la dilazione potrebbe permettere di pagare solo a reddito concluso. Cioè spostando il pagamento da novembre a gennaio dell’anno successivo, la determinazione dell’imposta sarebbe su redditi realmente conseguiti. Se la norma riceverà l’ok definitivo, a partire da quest’anno gli autonomi non dovranno più pagare metà delle tasse in anticipo, ma a consuntivo.

Un’operazione a costo zero

In questo momento manca ancora il decreto attuativo che potrebbe dare vita a questa novità per le partite Iva. Tuttavia si conta che arrivi entro tre mesi dalla sua approvazione. “L’operazione non comporta costi per lo Stato e assicura maggiore liquidità a professionisti e imprese, che in futuro avranno a che fare con un Fisco più equo“. A dirlo è il promotore della riforma Alberto Gusmeroli, presidente della commissione Attività produttive della Camera e responsabile per le materie fiscali della Lega.

Ecco perché c’è ottimismo nella risoluzione positiva della nuova Riforma fiscale per le partite Iva in merito alle novità che si vogliono introdurre. Novità che riguardano tutti i possessori di partita Iva, compresi i forfettari, il regime più scelto dagli italiani, in questi ultimi anni.

Concordato preventivo biennale bollinato: legittima l’evasione?

Dopo settimane dalla stesura definitiva, il testo del decreto che istituisce il concordato preventivo biennale è stato bollinato. Molti sono coloro che ritengono che possa legittimare l’evasione fiscale, ecco perché.

Bollinato il testo del concordao preventivo biennale: è definitivo

Il concordato preventivo biennale prevede che il contribuente e il Fisco si accordino sulle imposte da versare per gli anni di imposta 2024- 2025, per due anni, qualunque sia il reddito effettivamente prodotto non sarà possibile applicare una tassazione diversa. La proposta del Fisco viene fatta tenendo in considerazione i redditi prodotti negli anni precedenti. Ciò implica che per chi guadagna di più vi è un potenziale risparmio di imposta, per chi guadagna di meno, invece, vi è il rischio di pagare più tasse.

Rispetto alla versione iniziale vi sono delle novità, tra queste vi è l’apertura ai forfettari e la possibilità di accedere al concordato preventivo biennale anche con un punteggio ISA (indice sintetico di affidabilità fiscale), inferiore a 8. Proprio questo elemento ha indotto molti a ritenere che con il concordato preventivo biennale vi è il rischio di incentivare l’evasione fiscale.

Per i forfettari il concordato preventivo biennale è disponibile solo per l’anno di imposta 2024 e, una volta ricevuta la proposta dall’Agenzia delle Entrate, potranno decidere di aderire entro il 15 ottobre 2024, quando ormai già conoscono in modo abbastanza preciso l’andamento dell’anno.

Soggetti esclusi dal concordato preventivo biennale

Il concordato preventivo biennale potenzialmente riguarda 4,5 milioni di partite Iva. Il concordato è riservato ad autonomi e imprese con redditi fino a 5 milioni di euro. Naturalmente non può aderire chi negli anni compresi tra il 2021 e il 2023 non ha presentato la dichiarazione dei redditi, perché la proposta è comunque basata sui dati economici di questo triennio.

Il software predisposto per la formulazione della proposta di tassazione tiene in considerazione i dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate in quanto contenuti nelle banche dati, ad esempio i dati della fatturazione elettronica, tiene inoltre in considerazione ulteriori dati che non sono in possesso della stessa e che dovranno essere indicati dal contribuente utilizzando la piattaforma messa a disposizione dall’Agenzia delle Entrate entro il 15 giugno 2024.

Nel frattempo si è in attesa di ulteriori tre decreti attuativi di cui uno indica l’esatta metodologia con la quale l’Agenzia formula la proposta di tassazione. Un altro dovrà indicare i dati da comunicare telematicamente al Fisco ai fini della formulazione della proposta di concordato. Infine, è atteso un decreto del MEF, con l’elenco delle circostanze eccezionali al ricorrere delle quali è possibile disapplicare il concordato preventivo biennale.

La proposta comunque non sarà basata solo sui redditi dichiarati, ma anche su dati di settore, punteggio Isa, se l’affidabilità è bassa la tassazione potrà aumentare infine la proposta tiene conto degli andamenti economici dei mercati.

Occorre ricordare che i contribuenti che non aderiscono al concordato preventivo biennale potranno essere sottoposti a controlli di particolare tenore.

Leggi anche: Concordato preventivo biennale per i forfettari, ecco i vantaggi

Lettera compliance agenzia delle Entrate, chi sta per riceverla?

Tra gli obiettivi del Pnrr vi è il contrasto all’evasione fiscale, nel 2023 sono state inviate 3,2 milioni di comunicazioni di compliance, per 4,2 miliardi di euro versati. Nel 2024 si profila un risultato simile e sono in corso gli invii di lettere di compliance relative all’anno di imposta 2020.

Lettere di compliance dall’Agenzia delle Entrate, per quali contribuenti?

I controlli dell’Agenzia sono eseguitti per anno di imposta e dopo aver terminato quelli relativi alle dichiarazioini del 2019, si procede ora alle dichiarazioni per l’anno di imposta 2020, relativi alle dichiarazioni presentate nel 2021. Le lettere di compliance dell’Agenzia delle Entrate hanno l’obiettivo di avvisare il contribuente di un’anomalia riscontrata nella dichiarazione dei redditi. In questo modo è possibile una sorta di accordo amichevole tra le parti e correggere gli errori evitando gli avvisi di accertamento. In questo modo si può evitare l’applicazione di sanzioni e interessi.

Le lettere di compliance sono dirette a lavoratori dipendenti, assimilati e lavoratori autonomi e, infine, redditi derivanti da contratti di locazione non dichiarati. La lettera di compliance fornisce ai contribuenti la possibilità di regolarizzare la loro posizione con una dichiarazione integrativa precompilata.

Come conoscere i dettagli della lettera di compliance?

Nella lettera di compliance il contribuente trova indicazione generica dei redditi non dichiarati. Entrando invece nel cassetto fiscale, può accedere alla sezione “l’Agenzia scrive” e prendere visione del prospetto della comunicazione con il dettaglio dei dati in possesso dell’amministrazione finanziaria al fine di individuare con esattezza l’eventuale omissione. Si applica comunque una sanzione del 15% della maggiore imposta determinata (1/6 del 90% da infedele dichiarazione). La percentuale raddoppia in caso di canoni di locazione soggetti a cedolare secca parzialmente dichiarati (si arriva al 40% se vi è l’omissione totale dei canoni).

Se il contribuente ritiene che i dati in possesso dell’amministrazione siano errati può comunque fornire chiarimenti e ulteriore documentazione utilizzando la sezione presente all’interno del Civis, il canale telematico messo a disposizione del contribuente da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Leggi anche: Civis, cos’è e come funziona il canale telematico dell’AdE?