Imu casa occupata, non è dovuta

In Italia l’occupazione abusiva degli immobili è particolarmente rilevante e i proprietari percepiscono un’ulteriore beffa nel dover versare sugli stessi immobili l’IMU (Imposta Municipale Unica). A porre un rimedio a questa situazione è stata la legge di bilancio per il 2023. La stessa però, oltre a prevedere l’esenzione Imu per la casa occupata, prevedeva anche un decreto attuativo del MEF, atto che non è mai arrivato. Proprio per questo per l’anno di imposta 2023 si è generata molta confusione, fino a quando non è arrivata la decisione definitiva del 12 dicembre 2023. Ecco cosa succede.

Esenzioni Imu immobili occupati

Come è possibile che una casa sia occupata abusivamente? Può sembrare strano, ma in realtà non è così. Può capitare che una persona riceva un immobile in eredità, ad esempio un casolare in campagna del nonno, o un appartamento dei genitori, però nel frattempo si sia trasferito altrove e non abbia quotidianamente il controllo dell’immobile. Nel frattempo malintenzionati o persone in stato di bisogno decidono di trasferirsi lì. Il proprietario se ne accorge, ma i tempi per un eventuale sfratto sono lunghi, soprattutto nel caso in cui vi siano minori o altre persone fragili. La beffa a questo punto è non poter utilizzare l’immobile, ad esempio per una locazione, naturalmente lo stesso è difficile da vendere e allo stesso tempo dover pagare l’Imu.

La legge di bilancio per il 2023 ha previsto al comma 81 dell’articolo 1 l’esenzione dall’Imu per gli immobili occupati abusivamente. La norma prevede che per poter usufruire di questo beneficio è necessario che l’immobile sia non utilizzabile né disponibile e che sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli articoli 614, secondo comma, o 633 del codice penale o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale.

Lo stesso comma 81 prevede però che affinché si possa ottenere l’esenzione dall’Imu debba essere presentata richiesta al Comune in cui si trova l’immobile. Prevede infine che il MEF debba adottare un decreto attuativo. Lo stesso doveva arrivare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio, ma non è mai arrivato.

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Comunicato MEF, l’esenzione Imu per la casa occupata è definitiva

Il 12 dicembre il MEF ha però deciso di pubblicare un comunicato in cui conferma l’esenzione IMU già dal 2023 (quindi la rata del 18 dicembre 2023 non è dovuta) per gli immobili occupati. Sottolinea che il decreto attuativo è necessario solo per l’approvazione del modello per la comunicazione al Comune.

Di conseguenza chi si trova nelle condizioni previste dalla legge di bilancio 2023, può non pagare l’Imu, al momento dell’approvazione del modello dovrà compilarlo e inviarlo telematicamente al Comune. L’invio dovrà avvenire entro il 30 giugno 2024.

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Proroga rottamazione quater, è arrivata. Novità e scadenze

È finalmente arrivata la proroga alla rottamazione quater, il nuovo termine di pagamento è al 18 dicembre, ecco tutte le novità.

Arriva la proroga alla rottamazione quater

Il 6 dicembre in sede di conversione del decreto Anticipi è approvato dal Senato l’emendamento che prevede la proroga dei termini per il pagamento della prima e della seconda rata della rottamazione quater. Per chi è decaduto c’è la possibilità di rientrare nei termini e non perdere i benefici. La proroga era chiesta da più parti a causa sia dei disservizi che si sono presentati al momento del pagamento della prima rata, sia della seconda rata sulla piattaforma Pago PA.

Inoltre la proroga è richiesta perché le scadenze delle prime due rate erano ravvicinate. Infine, vista l’elevata adesione e le entrate ragguardevoli, la proroga aiuta lo Stato a fare cassa.

Sebbene per cantare vittoria si debba aspettare il via libera definitivo, l’approvazione dell’emendamento lascia ben sperare, quindi chi è decaduto e vuole recuperare tenga bene a mente la data del 18 dicembre perché sarà l’ultima e unica possibilità per recuperare.

Tutte le novità sulla rottamazione quater

A rendere i pagamenti della rottamazione particolarmente gravosi erano due fatti ulteriori, infatti la prima rata scadeva il 31 ottobre la seconda il 30 novembre, entrambe con 5 giorni di tolleranza, ma proprio novembre e dicembre sono mesi in cui si concentrano diversi pagamenti e diverse incombenze fiscali. A ciò si aggiunge che le prime due rate della rottamazione quater oltre ad essere riavvicinate hanno un importo abbastanza alto, cioè il 10% del debito complessivo maturato.

Da più parti quindi era stata chiesta la proroga e la stessa è stata approvata in sede di conversione del decreto Anticipi, per avere il via libera definitivo basterà attendere solo ulteriori pochi giorni.

L’emendamento recita: i versamenti con scadenza il 31 ottobre 2023 e il 30 novembre 2023 si considerano tempestivi se effettuati entro il 18 dicembre 2023.

Naturalmente chi non era riuscito a pagare la prima rata e di conseguenza si considerava decaduto e non ha pensato a dover pagare la seconda, si ritrova ora a dover pagare contemporaneamente due rate che corrispondono al 20% dell’ammontare del totale del debito.

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Isee 2024, come cambiano le agevolazioni per il prossimo anno

L’Isee 2024 può essere richiesto già a partire dal prossimo gennaio, del resto spesso è l’unico documento necessario per tante agevolazioni.

Isee 2024, l’importanza di rifarlo

L’indicatore della situazione economica equivalente, in acronimo ISEE, è uno strumento che permette di misurare la condizione economica delle famiglie nella Repubblica italiana. È un indicatore che tiene conto di reddito, patrimonio (mobiliare e immobiliare) e delle caratteristiche di un nucleo familiare (per numerosità e tipologia). Tra pochi giorni tutti gli isee validi per quest’anno non lo saranno più. Così dal prossimo mese sarà possibile fare i nuovi indicatori della situazione economica.

E’ molto importante farlo perché tutte le agevolazioni per le famiglie si basano su tale valore. Infatti chi è già beneficiario di agevolazioni, deve presentare la nuova certificazione per non perderle. Sempre che abbia gli stessi requisiti di quando si è fatta la domanda.

Isee 2024, carte dedicata a te e formazione e lavoro

Dal primo gennaio entrerà in vigore il nuovo supporto formazione e lavoro che ha spazzato via il reddito di cittadinanza. La misura permette di favorire l’attivazione nel mondo del lavoro delle persone a rischio di esclusione sociale e lavorativa. Cercando così di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro su tutto il territorio nazionale. Un importo di 350 euro mensile ottenibile mediante la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro, nonché dei progetti utili alla collettività e del servizio civile universale.

Richiedibile anche la Carta acquisti “Dedicata a te”. Una misura una tantum del valore di 382 euro da utilizzare per l’acquisto di beni di prima necessità. Per entrambe le agevolazioni la domanda si potrà presentare al Caf, con un requisito Isee rispettivamente di 6.000 euro per il SFL e di 9.360 euro (stessa prevista per il RdC) per l’Assegno di inclusione.

Quali sono i documenti necessari

Per richiedere l’Isee 2024 è necessario fare richiesta al Caf o Patronato presentando i seguenti documenti:

– Documento d’identità e codice fiscale del dichiarante;
– I codici fiscali di tutti i componenti del nucleo familiare;
-Il contratto di affitto registrato (nel caso di residenza in affitto) presso l’Agenzia delle entrate;
– I Redditi anno imposta 2022: Modello 730, Modello UNICO PF,  e CU;
-IRAP per coloro che sono imprenditori agricoli
– Il saldo e la giacenza media al 31/12/2022 riferiti a conti correnti, libretti a risparmio, carte prepagate con iban. Questi ultimi possono essere richiesti presso gli istituti di credito o poste italiane tramite sportello oppure home banking

Addio al regime forfettario, tutte le novità per il 2024

Addio al regime forfettario, ecco come cambiano le regole per il 2024. Sono tre le principali novità che non esisteranno più.

Addio al regime forfettario, facciamo il punto della situazione

Arrivano diverse novità per quanto riguarda il regime forfettario. Ad oggi prevede una tassazione sul reddito pari al 15% come una normale flat tax. Mentre per i primi cinque anni di attività questa percentuale scende al 5%. In sede di nuova legge di bilancio 2023, sono state riviste le cause di esclusione dal regime forfettario. Ad esempio il superamento della soglia e ed passaggio in corso d’anno da soggetto “non Iva” a soggetto “Iva” non solo gli unici requisiti su cui occorrono dei chiarimenti. Si ricorda che la soglia massima per perdere il beneficio del regime forfettario è innalzata a 85 mila euro.

Ma per il prossimo 2024 arrivano una serie di novità proprio per questo regime, che a conti fatti è il più scelto dai giovani imprenditori e liberi professionisti. Inoltre si ricorda che non è prevista l’Iva nelle fatture, e per adesso la fatturazione elettronica non è obbligatoria. Ma dal primo gennaio tutto sarà diverso.

Addio al regime forfettario, le novità per il 2024

Ad primo gennaio 2024 anche i forfettari dovranno usare la certificazione elettronica. È possibile utilizzare il servizio gratuito messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, accedendo al sito web e successivamente cliccando su “Fattura elettronica”, per poi seguire l’applicativo appositamente predisposto. Oppure è possibile usare uno dei diversi programmi messi a disposizione.

I contribuenti che applicano il regime forfetario sono esonerati dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili, fermo restando l’obbligo di tenere e conservare i registri previsti da disposizioni diverse da quelle tributarie. Con la legge 111 del 2023 diventa obbligatorio adottare una contabilità per la registrazione dei costi di esercizio.

Le novità sul quadro RS

L’obbligo di tenere una contabilità analitica dei costi di esercizio si aggiunge alla necessità di compilare il quadro RS del Modello Redditi PF. L’Agenzia delle entrate, con il provvedimento 325550/2023, ha tracciato le regola per la compilazione del quadro da parte dei forfettari. Anche se tale obbligo deve essere eseguito entro novembre 2024, quindi c’è abbastanza tempo per adeguarsi.

Rottamazione quater in tilt il sistema Pago Pa di pagamento

Il 5 dicembre 2023 scadeva il termine ultimo per il versamento della seconda rata della rottamazione quater, corrispondente al 10% del totale del debito maturato. Molti i contribuenti che non sono riusciti a onorare tale termina, infatti per l’ennesima volta il sistema Pago Pa va in tilt, ecco cosa succede.

Disservizi nella piattaforma Pago Pa bloccano la rottamazione quater

Il problema alla piattaforma Pago Pa per i pagamenti si era già presentato al momento del pagamento della prima rata della rottamazione quater, molte persone erano state bloccate nell’impossibilità di eseguire il versamento. Fattore che ha determinato la decadenza dai benefici della pace fiscale prevista dalla legge di bilancio per il 2023. Proprio per questo motivo era stata chiesta la possibilità di riammettere questi contribuenti alla procedura, ma il Governo è stato sordo a tali istanze.

Ora il problema si è riproposto e anche in questo caso chi non è riuscito a pagare la seconda rata ha perso la possibilità di continuare con i versamenti rateali. Le inefficienze sono dovute alla difficoltà del sistema di gestire il flusso pesante di utenti che all’ultimo momento cercano di pagare la rata.

Come funziona la rottamazione quater con Pago Pa

Il canale PagoPA permette di effettuare versamenti dei bollettini della rottamazione quater mediante i canali telematici di banche, Poste e con i servizi di home banking. Consente inoltre i pagamenti di vari bollettini, come le varie imposte/tasse, ma anche le bollette della luce.

Si tratta di un metodo pratico, sicuro, comodo, veloce, ma a volte fa i capricci. Cosa che è successa nella mattinata del 5 dicembre, per poi ripristinare il corretto servizio nel pomeriggio, ma molti avevano già smesso di provarci.

Ricordiamo che in caso di decadenza per mancato pagamento della seconda rata, le somme versate per la prima rata non sono perse, ma nel nuovo calcolo delle imposte ancora dovute in “regime ordinario” tali somme saranno scomputate.

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Accertamento catastale Superbonus, rischi e conseguenze

In caso di Superbonus c’è l’accertamento catastale/fiscale automatico. Il Superbonus 110% ha ormai quasi esaurito i suoi effetti, infatti solo in casi residui si può ottenere questa percentuale di sgravio fiscale, inoltre, essendo terminata la possibilità di usufruire della cessione del credito e dello sconto in fattura restano solo le detrazioni fiscali che richiedono comunque un anticipo dei soldi da parte dei committenti i lavori e anni per poter recuperare le somme. Sempre che vi sia capienza fiscale.

Accertamento catastale dopo i lavori del Superbonus

La legge di Bilancio 2024 contiene un’importante novità, infatti chi esegue i lavori di efficientamento energetico, o ha eseguito, deve provvedere entro 30 giorni dal termine a chiedere l’adeguamento della rendita catastale. Naturalmente il recupero di almeno due classi porta a un notevole aumento della rendita catastale, fattore che può influenzare il calcolo degli importi di diverse tasse/imposte.

Chi non provvede nei termini riceve una sanzione. Non si pensi però alla possibilità di “scappare”, infatti chi esegue i lavori sfruttando le agevolazioni fiscali previste per il Superbonus sarà automaticamente sottoposto a controllo automatizzato per rilevare se è stato effettuato il cambio della rendita catastale. Al termine del controllo sarà comunque attribuita una rendita catastale.

Quali sono le tasse su cui può influire il Superbonus?

Tutte le imposte nelle quali è prevista la rilevanza della rendita catastale possono essere influenzate dai lavori Superbonus. Ad esempio, nel caso in cui l’immobile non sia adibito ad abitazione principale, occorre versare l’Imu e una rendita catastale più alta influenza nettamente l’importo.

Per l’ abitazione principale, deve essere sottolineato che l’esenzione non si applica nel caso in cui l’immobile risulti accatastato in una categoria di lusso (A/1, A/8, A/9 ). In questo caso se in seguito ai lavori di efficientamento energetico cambia anche l’attribuzione della categoria, l’Imu risulta dovuta.

Anche l’Irpef può aumentare nel caso in cui l’immobile non risulti abitazione principale.

Infine, il Superbonus, o meglio la rendita catastale attribuita all’immobile in seguito ai lavori Superbonus può influire sulla determinazione dell’Isee, Indicatore Situazione Economica equivalente e quindi far perdere il diritto a prestazioni sociali o portare alla riduzione degli importi.

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Esenzioni IMU, chi non deve pagare

È in scadenza la seconda rata dell’Imu, Imposta municipale unica o propria. Si tratta di una delle poche imposte che in Italia tocca il patrimonio ed è inutile dire che è a molti invisa. Ma non tutti devono pagarla. Ecco le esenzioni Imu.

Esenzione Imu abitazione principale

L’esenzione Imu principale è quella per l’abitazione principale, la stessa è assoggettata all’imposta solo nel caso in cui sia classificata al catasto come di lusso, cioè con assegnazione della categoria catastale

  • A/1 (abitazioni signorili);
  • A/8 (ville);
  • A/9 (castelli, palazzi di pregi artistici e storici).

In questo caso l’esenzione Imu per l’abitazione principale spetta anche le pertinenze.

Spetta l’esenzione anche nel caso di due coniugi che abbiano residenza in due immobili diversi intestati. Con la sentenza della Corte di Cassazione 209 del 2022 tale esenzione è stata estesa anche al caso in cui i due immobili siano nello stesso immobile.

Esenzione Imu per anziani, in quali casi spetta?

Spetta l’esenzione Imu anche per il proprietario ricoverato in struttura di lunga degenza. Per ottenere tale esenzione l’immobile non deve essere stato concesso in locazione a terzi soggetti.

Vi sono, infine, dei casi di riduzione Imu, ad esempio se l’immobile è concesso in locazione con contratto a canone concordato e per i pensionati residenti all’estero ma a condizione che siano residenti in un Paese con cui l’Italia ha stipulato una convenzione.

Ricordiamo che la scadenza della seconda rata è fissata al 18 dicembre 2023. Il termine ordinario è il 16, ma slitta al 18 perché il 16 è sabato.

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Imu 2023, quando spetta sconto al 75%?

L’Imposta municipale unica, o propria, meglio conosciuta come Imu ha come presupposto il possesso di fabbricati, esclusa la prima casa, terreni ed aree edificabili. Vi sono però dei casi in cui anche su immobili ulteriori rispetto alla prima casa si possono ottenere agevolazioni, riduzioni e sconti.

Spetta lo sconto al 75% dell’Imu nel caso in cui l’immobile sia locato con contratto a canone concordato. Ecco come funziona.

Sconto aliquota Imu al 75% per gli immobili locati con canone concordato

Scade il 18 dicembre 2023 (la scadenza ordinaria sarebbe il 16 dicembre ma si tratta di un sabato) il pagamento del saldo Imu, ma non tutti sono tenuti al versamento dell’imposta, infatti, vi sono agevolazioni e sconti applicabili in casi specifici.

L’art. 1, comma 760, della legge n. 160 del 2019 prevede a partire dal 2020 la possibilità di ottenere la riduzione di un quarto l’IMU calcolata sull’immobile oggetto di locazione con un contratto a canone concordato ai sensi della Legge n. 431/1998.
L’agevolazione opera per i contratti di locazione sottoscritti applicando le regole dell’articolo 2 comma 3 della L. 431/98 redatti in conformità degli accordi territoriali conclusi tra le associazioni rappresentative dei proprietari e dei conduttori. La durata minima non può essere inferiore a tre anni con una proroga di due anni, inoltre l’importo dovuto deve essere in linea con gli accordi citati.
Lo sconto in oggetto si applica anche anche ai contratti stipulati con studenti universitari ex art. 5 comma 2 della L. 431/98 con durata compresa tra 6 mesi e 3 anni.

Come ottenere lo sconto Imu al 75% per il contratto di affitto con canone concordato?

Lo sconto Imu previsto per gli immobili dati in locazione con contratto a canone concordato si applica in modo automatico, non occorre quindi una specifica dichiarazione.
Una volta verificata l’aliquota stabilita dal Comune per l’Imu, il contribuente che si trova nelle condizioni indicate dalla legge deve calcolare l’imposta dovuta riducendo l’aliquota al 75% (la misura del 75% non può essere oggetto di modificazione da parte del Comune). Si ottiene quindi uno sconto del 25%.

Nel caso concreto, se l’aliquota scelta dal Comune è 1,06, è necessario calcolare il 75% della stessa, cioè 0,795. la stessa deve essere applicata alla base imponibile IMU. La stessa si ottiene dalla rendita catastale rivalutata del 5% X moltiplicatore Imu che dipende dalla categoria catastale.

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Non presento la dichiarazione dei redditi, quali sanzioni?

Entro il 30 novembre è possibile presentare la dichiarazione dei redditi con il modello Redditi Persone fisiche. Si tratta dell’ultimo termine utile per dichiarare i propri redditi ma cosa succede se non si presenta la dichiarazione dei redditi? Ecco le sanzioni previste.

Cos’è l’omessa peresentazione della dichiarazione dei redditi?

Si parla di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi quando la stessa la stessa non viene presentata entro 90 giorni dal termine ultimo per la presentazione. Se la dichiarazione viene presentata dopo il termine di scadenza, ma prima che siano trascorsi 90 giorni si parla invece di presentazione tardiva. Le conseguenze sono diverse perché ovviamente nel secondo caso vi è una minore gravità.

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Cosa succede se non presento la dichiarazione dei redditi?

In caso di omessa presentazione di dichiarazione dei redditi le conseguenze possono essere molteplici.

Il primo caso è quello in cui non viene presentata la dichiarazione, ma comunque il saldo dell’imposta Irpef da versare è pari a zero. Al verificarsi di questa ipotesi viene applicata la sanzione prevista nel primo comma dell’articolo 1 del decreto legislativo numero 471/1997 , cioè una multa di importo variabile tra 250 e 1000 euro. La sanzione è ridotta a un importo tra 150 euro e 500 euro se il contribuente provvede a presentare la dichiarazione entro il termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione per il periodo di imposta successivo.

Tali sanzioni sono raddoppiate quando il soggetto passivo è obbligato per legge alla tenuta delle scritture contabili (titolari di partita Iva, esclusi i forfettari).

Omessa presentazione della dichiarazione in caso di imposta dovuta

Diverse sono le sanzioni applicate nel caso in cui dalla presentazione della dichiarazione omessa sarebbe derivato l’obbligo di versare l’Irpef. In questo caso trova applicazione la sanzione amministrativa dal 120% al 240% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 250.

Se la dichiarazione viene presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione per l’anno di imposta successivo, senza che siano prima iniziate attività di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria, le sanzioni sono ridotte a un importo compreso tra il 60% e il 120% dell’imposta dovuta. In nessun caso la sanzione può avere importo inferiore a 200 euro.

Non presento la dichiarazione dei redditi, è reato?

Le pene aumentano quando le imposte non versate in seguito a mancata presentazione della dichiarazione dei redditi sono superiori a 50.000 euro. In questo caso scatta l’ipotesi di reato penale punito con la reclusione da due a cinque anni. Stessa pena per chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro 50.000.

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Rottamazione quater, arriva la proroga dei termini?

Il 30 novembre è in scadenza la seconda rata della rottamazione quater, ma sembra prendere sempre più piede la possibilità di una proroga della scadenza.

Le scadenze della rottamazione quater

La prima rata della rottamazione quater è scaduta alla fine di ottobre, grazie alla tolleranza di 5 giorni è stato possibile pagarla fino al 6 novembre. Nonostante questo negli ultimi giorni vi sono stati problemi con la piattaforma, questo ha portato molti contribuenti a decadere dal beneficio.

La seconda scadenza è invece fissata al 30 novembre quindi un solo mese di distanza rispetto alla prima. Se a ciò si aggiunge che le prime due rate sono le più importanti perché devono coprire il 10% del debito fiscale, appare evidente che vi possono essere difficoltà per i contribuenti.

Proprio per questi motivi da diversi fronti vi sono richieste di proroghe della scadenza della seconda rata al 31 gennaio 2024. Inoltre vi è la richiesta di concedere a chi non è riuscito a pagare la prima rata di recuperare ed evitare la decadenza. Questi due provvedimenti potrebbero portare maggiori entrate nelle casse dello Stato.

Proroga rottamazione quater, arrivano richieste da più fronti

La richiesta di proroga della scadenza della seconda rata della rottamazione quater arriva dall’associazione dei commercialisti, ancora prima era stato Ezio Stellato, Presidente del Cesfi (Centro Studi sulla Fiscalità Internazionale) a proporre la proroga della scadenza al Mef.

Il Presidente ANC, Marco Cuchel ha sottolineato che il calendario fiscale deve essere revisionato perché le troppe scadenze concentrate in brevi lassi di tempo stanno mettendo in difficoltà professionisti, imprese e comuni cittadini.

I tempi sembrano abbastanza stretti per poter procedere e andrebbero anche a discapito di chi ormai ha effettuato il versamento facendo affidamento sulla iniziale scaletta dei pagamenti. Il viceministro Maurizio Leo ha però sottolineato di essere favorevole alla modifica del calendario fiscale, “calibrando meglio i tempi in modo da rendere più agevole il rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuente”.

Ricordiamo che per chi non riesce a seguire il piano dei pagamenti vi è la possibilità di modificarlo attraverso il servizio ContiTu che permette di scegliere quali cartelle esattoriali pagare e per quali optare per la decadenza.

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