Giro di boa e crescita per le pmi italiane

Sono le stesse piccole medie realtà imprenditoriali italiane a dichiararlo, in un’indagine svolta da Fondazione Impresa su 1200 pmi il cui risultato non lascia spazio ad alcun dubbio: “Le piccole imprese italiane sono al metro 59 del tunnel della crisi”. Come a dire, il peggio è superato anche se “manca ancora un lungo percorso prima di uscire definitivamente dalle difficoltà”.

Fondazione Impresa, infatti, ha chiesto a oltre mille pmi italiane dove si posizionerebbero se si trovassero all’interno di un tunnel lungo 100 metri, che rappresenta la crisi.

Per la maggior parte di esse la risposta é stata unanime: il peggio, “il giro di boa“, é passato anche se é c’é ancora un lungo percorso da fare prima di uscire definitivamente dalle difficoltà.

Qualche numero, anzi, “distanza”? Mantendo la metafora velica si potrebbe dire che artigianato, piccola impresa e servizi sono rispettivamente 61,3, 60,3 e 59,9 metri. Meno rosea, invece, la situazione del commercio, che si colloca solo al metro 56.

Ragionando in termini geografici, invece, il Nord Est è in testa “quasi al metro 64”, seguito dal Nord Ovest al metro 61,3 con dietro il Centro e il Sud Italia (a 57 e 55,5 metri).

Infine, sempre secondo la domanda rivolta da Fondazione Impresa alle 1200 pmi italiane, la ripresa della domanda e degli ordini è per quasi il 64,9% dei piccoli imprenditori intervistati uno degli elementi principali che fanno vedere la fine del tunnel della crisi. Per il 27,7% una situazione economica generale migliore e appena per il 4,3% decisioni istituzionali più incisive.

Paola Perfetti

Business coaching: scopriamo assieme le sue origini

Terza puntata del viaggio di Infoiva, il Quotidiano online delle Partite Iva, nel mondo del Business Coaching, professione che da qualche tempo si sta diffondendo con successo anche in Italia. In collaborazione con il Dott. Giulio Ardenghi, uno dei pochi e qualificati Business Coach italiani.

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Il verbo “to coach” in inglese significa, addestrare, istruire, appare nel 1830-1 a Oxford ed entra poi nel mondo dello sport. Solo verso il 1950, grazie all’apporto di altre discipline (management, marketing, scienze sociali, etc.) assume una configurazione precisa con degli standard operativi.

I primi esempi di business coaching si hanno fra gli Anni ’30 e ’60, quando in grandi imprese americane si forma l’abitudine che i senior manager addestrino e seguano le giovani promesse e, in modo più allargato, quando impiegati con esperienza si dedicano al training dei neoassunti.

Difficile dire quando il business coaching sia arrivato in Italia. Sicuramente al seguito di qualche emerita multinazionale americana. Il primo problema che ha dovuto affrontare è stata l’ostilità verso il cambiamento di molte imprese italiane, che vedono come costo e non come investimento l’affiancamento di un business coach a un proprio manager per creare e sviluppare insieme un business model, per sviluppare nuove competenze atte a comprendere e sfruttare la complessità dei mercati, per accelerare quei processi di cambiamento necessari per restare sul mercato e competere senza inibizioni col resto del mondo.

Inoltre, le varie associazioni di coaching e, soprattutto, le scuole, oltre che contendersi il mercato dei corsi di coaching si sono poco impegnate a dare una definizione unica, precisa e condivisa del coaching.

Così, pur essendo in Italia una disciplina nuova, si è già segmentata in almeno 12 sottocategorie, mentre è riconosciuto in tutto il mondo che usa davvero il coaching che le aree d’interesse sono sostanzialmente 3: life coaching, motivational coaching e business coaching.

Il life coaching agisce col cliente privato affinchè raggiunga i propri personali obiettivi. Il life coach interviene sull’analisi dell’ambiente, delle risorse, delle convinzioni e sui comportamenti del cliente. Insieme tracciano un percorso di sviluppo atto ad arrivare in meta, non si occupa di psicopatologie.
Il motivational coaching in Italia è in mano ai magnifici 3, ovvero a tre grandi professionisti della motivazione di rottura, dell’exploit. Hanno modellato maestri e guru americani e svolgono un importante ruolo, oltre che di diffusione del coaching, di rottura di schemi cementati, sclerotizzati, infondendo fiducia in sé e autostima a professionisti, ma anche a un pubblico generico. Lavorano con gruppi anche numerosi.
Il business coaching, come già chiarito, agisce in ambito professionale, è orientato al raggiungimento di obiettivi misurabili e interviene, per sintesi, in situazioni che necessitano trasformazioni veloci e durature.

Dott. Giulio ARDENGHI

http://www.businesscoachingefficace.com/

All’Inps servono 2.600 Avvocati domiciliatari. Aperte le candidature.

Dopo un anno e mezzo di sperimentazione si completa in questi giorni un altro tassello della riforma dell’Avvocatura dell’Inps. Avviata nella primavera del 2009, a livello sperimentale nelle aree critiche del Centro-Sud, con la prima apertura agli avvocati domiciliatari e praticanti, da ieri (mercoledì 15 settembre) è partito il nuovo bando per acquisire la disponibilità di avvocati esterni, come procuratori domiciliatari e sostituti di udienza.

Gli avvocati che serviranno all’Istituto di previdenza saranno circa 2.600 e gli interessati potranno presentare domanda in via telematica, attraverso il sito dell’Istituto dalle 9 del 15 settembre alle 24 del 24 ottobre 2010. Per accedere al servizio online gli interessati dovranno essere muniti di pin o della carta nazionale dei servizi (Cns). Tramite la procedura online l’interessato potrà scaricare copia protocollata della domanda, attestante la ricezione della stessa da parte dell’Inps. Tale copia sarà disponibile entro le 24 ore successive alla presentazione della domanda. L’Istituto assicurerà un celere rilascio del pin, sia nella modalità online, sia presso le sedi.

Il contenzioso dell’Inps vale circa il 20% dell’intero contenzioso nazionale (poco meno di un milione di cause sul totale di circa 5 milioni di cause civili pendenti nell’intero Paese). Fino al 2008 l’Inps soccombeva nel 60% dei casi. Oggi i successi dell’Avvocatura Inps sono in media nel 58% dei giudizi (con un incremento del 18% dei successi nel corso dell’ultimo anno).

Ad oggi, oltre ai 330 avvocati in ruolo presso l’Avvocatura dell’Inps, ci sono circa 250 domiciliatari, acquisiti in via sperimentale in alcune circoscrizioni delle regioni Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Con il bando che si apre in questi giorni ogni circondario potrà dotarsi di domiciliatari e sostituti di udienza. Le direzioni regionali dell’Inps predisporranno gli avvisi locali di competenza entro la giornata di domani, 14 settembre, assicurando la pubblicazione del bando presso le sedi territoriali dell’Istituto e mediante invio ai consigli degli ordini degli avvocati territorialmente competenti, i quali provvederanno all’affissione nelle rispettive sedi e all’inoltro dell’informazione ai loro iscritti.

La fase istruttoria regionale si concluderà con la compilazione, entro il 29 ottobre 2010, delle liste provvisorie circondariali di competenza che saranno trasmesse in automatico alla direzione generale per la seconda e conclusiva fase istruttoria, tramite la nomina di una commissione centrale che effettuerà la valutazione dei curricula dei soggetti inseriti nelle liste provvisorie. Le liste circondariali saranno definite dalla predetta commissione entro il mese di dicembre 2010, nel rispetto del numero massimo di posti definito, sulla base di criteri oggettivi relativi ai curricula e all’esperienza professionale e per ordine di punteggio decrescente. Le liste definite saranno pubblicate sul sito istituzionale dell’Inps. Con l’entrata in vigore del nuovo sistema di liste circondariali, previsto dalla circolare 34 del 2010, non saranno più valide le liste precedentemente formate ai sensi della circolare 25/2009.

Nino Ragosta

Organizzare lo studio professionale: una scelta culturale

Coloro che hanno introdotto una nuova e istituzionalizzata forma organizzativa si saranno subito trovati a dover affrontare la spinosa questione di farla accettare nell’ambito del proprio studio professionale.

Istituzionalizzare l’organizzazione significa, infatti, imporre determinati comportamenti all’interno dello studio e ai collaboratori. Un’organizzazione ha la “personalità” tipica dello studio professionale in cui nasce: rigida o flessibile, innovativa o conservativa, amichevole o burocratica. Decidere di organizzarsi significa quindi anche affrontare la questione culturale.

Difficile ovviamente definire che cosa s’intende con cultura organizzativa. Pensate a uno studio legale in cui i professionisti vogliano sempre essere chiamati con l’appellativo di “Avvocato” e quello invece dove si preferisce essere più informali. Avete mai pensato davvero a come questo semplice comportamento definisca la cultura organizzativa e la relazione tra colleghi e collaboratori? E’ facile comprendere come la cultura impatti fortemente sul successo di una forma organizzativa.

Questo semplice esempio ci aiuta a comprendere che, così come abbiamo visto esistere diverse forme di organizzazione per uno studio professionale, allo stesso modo si possono adottare diverse culture organizzative.

Analizziamo concretamente alcune caratteristiche:
Innovazione e propensione al rischio: quanto all’interno dell’organizzazione si incoraggiano le persone a essere innovative e a prendersi dei rischi. Innovativo può essere, ad esempio, uno studio medico che invii ai suoi pazienti il calendario delle visite pianificate direttamente nella loro agenda elettronica o via sms.
Attenzione ai particolari: quanto è richiesto ai collaboratori di utilizzare capacità di analisi e precisione. Ad esempio, a un avvocato può essere richiesta, oltre a ottime capacità professionali, anche l’attenzione alla psicologia del cliente.
Orientamento alle persone: capacità del professionista o dei professionisti di prendere decisioni che tengano in considerazione le esigenze dei propri collaboratori. Questo può avvenire, ad esempio, utilizzando dei software per migliorare la gestione del tempo.
Orientamento al lavoro in team: quanto il lavoro è organizzato per team piuttosto che lasciato a una sola persona. Questo avviene quando viene pianificato il lavoro utilizzando tutte le sinergie nelle competenze.
Aggressività: quanto le persone sono aggressive e competitive all’interno dello studio. In alcuni contesti la competitività è una forte componente culturale addirittura richiesta e incentivata.

L’analisi di queste caratteristiche delinea la cultura organizzativa di uno studio professionale, così come quella di un’azienda.

Concludiamo invitandovi a pensare alla vostra cultura interna e a come questa si riflette sulla vostra organizzazione. E’ probabile che sarete meno orientati al lavoro in team se il vostro studio ha un’organizzazione a satellite (rif. Studio professionale: quali possibili modelli di organizzazione). A questo punto vi proponiamo un semplice esercizio: pensate alla vostra organizzazione e provate a descriverla su un foglio; provate poi a pensare, utilizzando le caratteristiche sopra descritte, alla cultura prevalente nel vostro studio. Sono l’una lo specchio dell’altra? Riuscite a riconoscervi? Quali sono i pro e i contro della vostra organizzazione? E della cultura organizzativa? Sarebbe meglio portare dei cambiamenti?

Vedremo in seguito come realizzare una possibile cultura organizzativa.

Dott.ssa Simona CERCA

Business coach? Sì, mi serve

Seconda puntata del viaggio di Infoiva, il Quotidiano online delle Partite Iva, nel mondo del Business Coaching, professione che da qualche tempo si sta diffondendo con successo anche in Italia. In collaborazione con il Dott. Giulio Ardenghi, uno dei pochi e qualificati Business Coach italiani.

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Il business coaching è usato da molti manager che intendono gestire la propria carriera, o da alte figure dirigenziali che si trovano ad affrontare e ad attuare cambiamenti nella propria posizione o nella gestione dell’azienda o istituzione. I professionisti si appoggiano al business coaching efficace nel momento in cui vogliono espandersi o quando desiderano diversificare la propria attività.

La profonda differenza col consulente classico è che il business coach lavora gomito a gomito col committente e insieme fanno emergere i veri “mal di pancia”. Il business coach è come un navigatore a fianco del pilota: gli indica le caratteristiche della strada da percorrere, evitando che vada fuori pista, e suggerisce la velocità in funzione delle abilità di chi guida e degli ostacoli della strada, facendo comunque il masssimo affinchè entrambi arrivino primi al traguardo

Un’altra caratteristica del business coach è che è legato ai risultati ottenuti dal suo intervento. Ecco perché nei primi incontri col proprio cliente (imprenditore, manager, professionista) è importante stabilire un preciso obiettivo da raggiungere, quando e come misurarlo con parametri quantitativi e non solo qualitativi. Per questo ho creato il R.O.I. del business coaching efficace, una novità per l’Italia che è oramai diventata prassi.

Il business coaching efficace non trascura mai l’aspetto personale del proprio cliente. Ne rispetta la privacy e agisce affinché siano ben chiare le conseguenze e le responsabilità che possono nascere dal cambiamento, anche a livello personale.

Un risultato professionale di eccellenza e duraturo nel tempo è ottenibile solo se l’imprenditore, il manager e il professionista vivono con soddisfazione non solo la loro vita professionale, ma anche quella personale.

Pragmatismo col cuore è il mio motto, proprio per sottolineare come un business coach, così orientato al raggiungimento degli obiettivi insieme al cliente, fra i propri obiettivi deve inserire la soddisfazione olistica del proprio committente.

Dott. Giulio ARDENGHI

http://www.businesscoachingefficace.com/

Studio professionale: definire gli obiettivi dell’Organizzazione per attrarre nuovi clienti.

Chiariti e compresi i diversi perché organizzare deve considerarsi un fattore critico di successo anche per uno studio professionale, dobbiamo ora porci una nuova domanda: quali sono gli obiettivi che un professionista dovrebbe definire nel decidere di organizzare il proprio studio?

Si deve senza dubbio partire dai propri obiettivi di business, cioè dal definire dove e come lo studio professionale vuole posizionarsi sul mercato. A questo punto gli obiettivi organizzativi devono essere perfettamente allineati con quelli di business. Talmente allineati da avere sovrapposizioni in alcuni loro aspetti.

Proviamo a vedere insieme come alcuni obiettivi di business di uno studio professionale possano concretamente tradursi in obiettivi organizzativi.

Saremo tutti d’accordo nel dire che l’incremento della “profitability”, della profittabilità, è l’obiettivo primario di qualunque attività di business. Ebbene, da quanto discusso nei precedenti articoli, l’obiettivo organizzativo corrispondente deve essere quello di lavorare con maggiore efficienza evitando, ad esempio, le ormai famose diseconomie di scala con un migliore impiego delle risorse e con lo scambio continuo di conoscenza e informazioni tra i collaboratori. Come effetto immediato si ha l’aumento della produttività.

Altro importante obiettivo di business è quello di attrarre nuovi clienti e di mantenere quelli già acquisiti. Il corrispondente obiettivo organizzativo per uno studio professionale è quello di strutturare il lavoro in modo che sia massima la sua qualità e sempre più rapidi i tempi di consegna. Considerando che nell’economia globale in cui viviamo la concorrenza è elevatissima, in alcuni casi internazionale, un’organizzazione che supporta la rapidità di risposta alle richieste del cliente deve essere obiettivo di ogni studio professionale.

Proprio per il tipo di mercato in cui viviamo è importante per qualunque studio professionale avere tra i suoi obiettivi di business non solo l’attrarre nuovi clienti, ma anche attrarre il miglior lavoro, la migliore commessa. Quest’obiettivo è strettamente legato a un altro che consideriamo tra i più importanti: attrarre e mantenere i migliori collaboratori. In entrambi i casi gli obiettivi organizzativi sono fondamentali per il loro raggiungimento. Attrarre il miglior lavoro e i migliori collaboratori implica, a livello organizzativo, creare una struttura, anche molto snella, in cui la formazione continua e l’esperienza consentano la crescita professionale e la compressione dei tempi spesi in attività che non hanno di per sé valore aggiunto. Pensate a un dentista che passi il suo tempo a compilare fatture per i suoi clienti: come potrebbe il professionista aggiornarsi e offrire la sua valida esperienza ai clienti?

È ormai chiaro, dunque, che organizzarsi implica un nuovo e più strutturato modo di guardare il proprio business. Ciò richiede un salto culturale di cui parleremo nel prossimo articolo.

Dott.ssa Simona CERCA

Liberi professionisti e Piccole Imprese: a Bologna prestiti a condizioni vantaggiose con Carisbo.

La Provincia di Bologna, in collaborazione con Carisbo, ha messo a disposizione  delle Piccole  e Medie Imprese e dei Liberi Professionisti con partita Iva (singoli o associati) un plafond di 5 milioni di euro per prestiti a condizioni vantaggiose rispetto ai tassi di mercato. I prestiti potranno essere richiesti per: esigenze di liquidità e in genere ristrutturazione della finanza aziendale: ad es. esigenze fiscali per pagamento di imposte, tasse e contributi, anticipazioni e mensilità aggiuntive; piccoli investimenti strumentali inerenti all’attività esercitata dall’impresa o dal libero professionista. Per gli interventi in liquidità vengono riconosciuti i fabbisogni del 2010, mentre sono ammessi gli interventi relativi agli investimenti a partire da luglio 2009.

Nell’erogazione dei finanziamenti verrà data priorità alle imprese di nuova costituzione con meno di 12 mesi, fino al raggiungimento massimo della quota di 2 milioni di euro del plafond complessivo.

I prestiti interverranno a copertura di un importo massimo del 80% del fabbisogno. La concessione del finanziamento sarà subordinata alla valutazione del merito creditizio da parte di Carisbo.

Le operazioni verranno realizzate applicando un tasso variabile indicizzato euribor 3 mesi oltre spread da 0,65 a 1,15. I soggetti interessati al finanziamento potranno richiederlo presso tutte le filiali Carisbo.

Business coaching: allènati per il successo

Infoiva, il Quotidiano online delle Partite Iva, in collaborazione con il Dott. Giulio Ardenghi, uno dei pochi e qualificati Business Coach italiani, ha provato a indagare e raccontare il fenomeno del Business Coaching, che da qualche tempo si sta diffondendo con successo anche nel nostro Paese.

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L’I.C.F., ovvero l’International Coaching Federation, la più vasta organizzazione mondiale che raccoglie chi pratica professionalmente il coaching, lo definisce così: il coaching è una forma di partnership con i clienti coinvolti in un processo maieutico e creativo che serve ai clienti per massimizzare il loro potenziale personale e professionale.

Trovo questa definizione così astratta e generica che se la proponessi ai miei clienti probabilmente non fatturerei un euro. Inoltre la si può riferire alla psicologia applicata, al counselling, alle tecniche (migliaia) di sviluppo personale e a qualsiasi “disciplina” collegata allo sviluppo di competenze, come la formazione e il training.

Il business coach professionista agisce in azienda come un enzima: è “un acceleratore di processi di trasformazione (e potrei fermarmi qui) veloci, duraturi, legati a obiettivi misurabili“.

Il business coach affianca imprenditori, manager e professionisti che vogliono raggiungere standard di eccellenza nella loro attività professionale, aggiornando le esperienze acquisite, mettendo in risalto le qualità e le risorse innate, costruendo insieme nuove competenze per comprendere e gestire la complessità del fare business oggi e apportare miglioramenti (cambiamenti) significativi nella propria sfera d’azione.

Il business coaching efficace è presente quando si tratta di cambiare o migliorare una situazione professionale presente per spingersi al raggiungimento di quella desiderata. Più semplicemente: sviluppa risorse personali per raggiungere obiettivi nella professione, con soddisfazione.

Il business coaching è una risposta concreta per chi vuole lanciare una start up evitando i soliti errori. Sappiamo quanto sia alto il tasso di mortalità delle start up dopo i primi 2-3 anni.

E’ utile all’azienda artigiana high tech che vuole diventare una PMI (piccola, media impresa), ma non desidera portarsi in casa a costo fisso tutte le competenze di marketing, commerciali, di organizzazione, di gestione. Per questo può adottare un business coach efficace che, affiancando la proprietà, svilupperà con essa la strada migliore per crescere, per introiettare e applicare specifiche e  nuove competenze e per affermare un principio sano quale: non esiste dinamismo commerciale senza un attento controllo dei costi. Il business coach può essere la leva utilizzata da un’imprenditrice per fare uno spin-off o per seguire la due diligence (analisi di dettaglio) di un’azienda da acquisire.

Il business coaching si rende utile alle aziende che devono affrontare la transizione generazionale. Il coach affianca il nuovo capo azienda, assicurando che eviti tranelli e che imposti un modello di business efficace, rapido, proficuo, che gestisca la propria reputazione e autorevolezza in linea con i principi dell’azienda., pur preparandola ad adeguarsi alle nuove esigenze dei mercati globalizzati. Oppure quando si decide di affrontare mercati nuovi. In alcuni casi è utile anche per gestire, insieme all’imprenditore, situazioni sociali difficili quali il ridimensionamento del perimetro operativo e della forza lavoro.

Dott. Giulio ARDENGHI

http://www.businesscoachingefficace.com

La Cassazione boccia il rimborso Irap per il professionista che dichiara costi molto elevati.

Secondo una recente ordinanza della Corte di Cassazione (ordinanza n. 18704 depositata il 13 agosto 2010), il fisco può negare al professionista il rimborso dell’Irap nel caso in cui siano esposti dei costi molto elevati nella dichiarazione dei redditi.

Nella fattispecie, il contribuente che aveva pagato l’Irap, aveva poi chiesto all’Amministrazione Finanziaria il rimborso, in quanto non aveva un’autonoma organizzazione. La Cassazione afferma, invece, che le spese di elevata entità inserite nella dichiarazione del contribuente possono essere divergenti con il requisito dell’autonoma organizzazione. Esse possono costituire un elemento significativo per il giudice che si accinge a decidere su un’istanza di rimborso negata.

Tirocinio in azienda? Nasce “Lavoro & Sviluppo 4”

Nasce il Progetto “Lavoro & Sviluppo 4”, il percorso di formazione articolato lungo quattro mesi di tirocinio con facilitazioni economiche e nato per favorire la formazione di 6 mila persone non occupate residenti nelle regioni “Convergenza Mezzogiorno” (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia).

Una bella iniziativa, nata da un accordo tra Confcommercio della provincia di Perugia e Italia Lavoro, l’Ente strumentale del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.

Il Progetto “Lavoro & Sviluppo 4” consentirà alle imprese umbre di attivare percorsi di tirocini in mobilità nazionale, grazie a facilitazioni economiche destinate sia alle imprese che alle persone coinvolte.

Compito delle imprese sarà quello di accogliere il tirocinante e formarlo on the job, secondo le finalità del progetto con agevolazioni da 1.200 euro al mese per il lavoratore e 250 per l’azienda per l’attività di tutoraggio.

Il tirocinante, a sua volta, dovrà rispettare l’orario di lavoro e le mansioni assegnatigli per seguire il percorso progettuale.

L’obiettivo globale? Il progetto Lavoro & Sviluppo mira a garantire il 70% di ricaduta occupazionale dei partecipanti.

Per questo, Italia Lavoro intende effettuare almeno 100 inserimenti di tirocinanti entro il 2010.

Per raggiungere  l’obiettivo, l’Ente sta realizzando la scansione per i profili professionali specifici richiesti sia di studenti che di giovani in cerca di occupazione. Le aziende che volessero ospitarli per il percorso di tirocinio, devono mettersi in contatto al più presto con Iter, Agenzia formativa di Confcommercio.

Nino Ragosta