Come risparmiare sulla spesa: alcuni metodi pratici

In tempo di rincari economici, di uscita dalla crisi pandemica e nel pieno tunnel della guerra, vediamo alcuni consigli pratici su come risparmiare sulla spesa.

Risparmiare sulla spesa: vediamo come fare

Vediamo alcuni pratici consigli su come approcciare ad una spesa vantaggiosa.

Uno dei migliori modi per risparmiare sulla spesa è quello di resistere alle strategie messe in campo dai supermercati, che ovviamente hanno lo scopo di farti acquistare il più possibile e sicuramente più del necessario, proponendo offerte su svariati prodotti, di cui nemmeno, probabilmente ne avremmo necessità. Sarà capitato a molti, ad esempio, di entrare in un negozio solo per comprare una cosa e poi uscire con un carrello anche pieno.

Tante persone hanno l’abitudine di fare una corposa spesa una volta alla settimana od addirittura una volta ogni due settimane. Una strategia che quasi mai consente di risparmiare. È invece consigliabile, se possibile, andare spesso al supermercato e fare una piccola spesa acquistando i prodotti necessari.

Usare un budget fisso per la spesa

Un consiglio utile per risparmiare sulla spesa, può essere quello di usare un budget prefissato. Vediamo in che modo:

  • Tenere traccia delle proprie spese mensili per sapere esattamente come si spende;
  • Separare i costi variabili da quelli fissi (per esempio le spese non negoziabili come l’affitto sono fisse, mentre ci sono uscite negoziabili come quelle per i generi alimentari);
  • Decidere quanto mettere da parte ogni mese risparmiando sui tuoi costi variabili;
  • Mettere a punto un proprio budget valutando i tuoi progressi e fare eventuali aggiustamenti in base ai traguardi raggiunti.

Facciamo un piccolo esempio su come si può stabilire un budget fisso per la spesa.

Utilizziamo delle cifre come riferimento, già solo spendendo 100 € anziché 110 € per la spesa settimanale, si risparmiano 40 € al mese. E alla fine dell’anno si ottiene un risparmio di 480 € in più!

Fare una lista della spesa

In base al budget prefissato, sarà possibile ridurre i costi sulla spesa in molti modi differenti. Di seguito vediamo come creare una lista della spesa a prova di risparmio.

1. Cucinare piatti semplici

Per ottenere un risparmio efficace, la parola chiave è: semplicità. Molto spesso preparare una ricetta complessa significa consumare tutto il proprio budget settimanale per acquistare una serie di ingredienti per un solo pasto. Se si vuole iniziare a risparmiare soldi sulla spesa, occorre scegliere ricette semplici ma gustose, che richiedano al massimo cinque ingredienti.

Se si programmano i piatti da cucinare durante la settimana, come un menù personale, sarà ancora meglio. Scegliendo magari ricette con alcuni ingredienti in comune. Questo farà risparmiare sul lungo periodo perché comprare in grandi quantità generalmente è più vantaggioso. Quindi è bene usare tutto ciò che si compra, anche in più piatti.

2. Programma settimanale dei pasti con una lista della spesa in linea con il budget

Per fare bene con la spesa con un budget prefissato, è essenziale pianificare i propri pasti in anticipo. Prima di andare a fare la spesa, come detto è bene assicurarsi di sapere esattamente cosa mangerai durante la settimana, così avrai una chiara idea di quanto spendere già prima di entrare in negozio. Questo andrà a ridurre l’eventualità di andare fuori budget e potrai sfoderare la tua creatività in cucina con nuovi piatti da realizzare ogni settimana.

3. Una lista vegetariana a prova economica

Non è soltanto un consiglio animalista, ecologista e salutista, ma mangiare vegetariano può essere anche utile per il portafogli.

Vediamo cosa potrebbe comprendere una lista in linea con il budget per una sana dieta vegetariana o vegana, spendendo al massimo 22 € a settimana:

  • Riso 1,50 €
  • Frutta e verdura fresca 7 €
  • Due confezioni di creme spalmabili 2,50 €
  • Avena 1 €
  • Quattro lattine di legumi (ad es., ceci, fagioli) 3,50 €
  • Pane 2 €
  • Tofu affumicato 2,50 €
  • Latte d’avena 2 €

Questi, dunque erano alcuni pratici consigli per risparmiare sulla spesa e ottimizzare i costi sia settimanali, ma soprattutto alla fine del mese sul proprio bilancio.

 

Prezzi al supermercato in aumento: cosa accade nei prossimi mesi

Quello che si sta vivendo in questa primavera 2022 è un periodo di grossa inflazione economica, mentre il paese tenta di uscire dalla Pandemia da Covid, la guerra e altre tribolazioni burocratiche stanno mettendo in allarme i prezzi del mercato. Anche i supermercati sembrano nel mirino dell’aumento prezzi. Cosa ci aspetta nel resto del 2022?

Prezzi in aumento: cosa sta accadendo

Dunque, potremmo dire che da un lato influisce la carenza di camionisti e le conseguenti difficoltà nel trasporto delle merci, d’ altro canto il crollo del raccolto del grano in Ucraina: perché sia chiaro, i prezzi al supermercato sembrano destinati a crescere ancora.

Per mettere meglio a fuoco la fotografia del momento, nel nostro bel paese, va considerato che mancano all’appello in Europa circa 400mila autotrasportatori, in Italia sono almeno 20mila.

Le conseguenze andranno a riguardare vicino non solo la categoria, ma tutti i cittadini.

Se non bastasse, si aggiunge un ulteriore notizia incresciosa, legata al netto calo del raccolto di grano in Ucraina, a causa della guerra, che farà ulteriormente lievitare i prezzi.

Perché aumenteranno i prezzi a causa dei camion

Sostanzialmente, l’ incremento dei prezzi delle merci è inevitabile.

In pratica, la carenza genera anticipi di pianificazione e ricerche specifiche del personale, per evitare ritardi gravosi.

Potrebbe variare qualcosa in futuro, nonostante l’aumento del traffico di mezzi pesanti in autostrada nel 2022. La carenza degli autisti potrebbe essere rimpiazzata da un maggior ricorso, già previsto dal Pnrr, del trasporto merci su ferro e non su gomma.

A corollario di cosa è successo è necessario ricostruire quanto avvenuto negli ultimi anni. Infatti, molti autisti negli ultimi tempi sono tornati nei loro paesi d’origine: durante la pandemia hanno lasciato l’Italia e non sono più tornati.

Se non bastasse, anche il mercato è variato, così in molti oggi preferiscono quelle che vengono chiamate consegne “di ultimo miglio”, nettamente aumentate con il maggior ricorso all’e-commerce.

Il grano in Ucraina: cosa accade

In ultimo, ma non ultimo, vediamo la questione legata al grano in Ucraina.

Il problema legato alla situazione del grano nel paese attualmente assediato dalla guerra è evidenziato dal ministro dell’Agricoltura, Nikolay Solsky, che lancia l’allarme: per il 2022 si attende che il raccolto del grano sia solamente il 50% rispetto a quello dell’anno scorso.

Se non bastasse, a questo poco lieto quadro, si aggiunge che anche le semine invernali sono fortemente a rischio.

Questo non può non incidere a livello mondiale, come spiega il ministro il prezzo del grano a livello globale oggi è di 430 dollari per tonnellata, ma stando alle sue previsioni è destinato ad arrivare addirittura fino a 700 dollari.

Soprattutto alcuni paesi di Asia e Africa che importano il grano quasi solamente dall’Ucraina sono toccati dalla questione.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario da sapere in merito a quanto di poco agevole può attenderci nel proseguimento di questo 2022, sul piano dei prezzi in aumento nei supermercati del nostro paese. Ma, questo, sia chiaro, non vuol dire che ora debba iniziare una sfrenata corsa alle provviste, in vista dei tempi di rincaro. Anzi, una mossa del genere rischierebbe di mandare ulteriormente in affanno il mercato e i prezzi della merce, rendendola più scarseggiante.

Contratto di comodato: conviene registrarlo?

Cosa si intende quando si parla di contratto di comodato d’uso e in che modo viene registrato, ma soprattutto conviene farlo? Queste curiosità sulla questione saranno affrontate nella nostra rapida guida.

Contratto in comodato d’uso: come funziona

Il contratto di comodato d’uso gratuito, è sostanzialmente, un contratto avente effetti reali in cui il comodante affida un immobile o una cosa mobile al comodatario, per un periodo determinato senza il pagamento di un corrispettivo.

Andiamo, dunque a vedere i vantaggi e le modalità di registrazione del contratto di comodato d’uso gratuito per un bene mobile registrato o un immobile.

Basilarmente, l’intento del contratto è quello di mettere a disposizione del comodatario un bene affinché se ne usufruisca per un periodo o un uso determinato. Il comodatario si assume l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta alla scadenza del termine convenuto. Si tratta di un tipo di contratto molto diffuso nella pratica:

  • Sia in ambito privato. Nel caso di dare un immobile o una autovettura ad un familiare;
  • Sia in ambito commerciale. Per esempio per macchinari e attrezzature ed utilizzato sia da imprese che da liberi professionisti.

Caratteristiche del contratto

Il contratto di comodato d’uso si identifica con le caratteristiche seguenti:

  • E’ gratuito. Se fosse pattuito un corrispettivo, si ricadrebbe nello schema del contratto di locazione o dell’affitto;
  • Carattere reale. Il contratto, infatti, si perfeziona con la consegna della cosa;
  • Bilaterale imperfetto. Datosi che di regola, l‘obbligazione sorge solo a carico del comodatario, il quale deve restituire il bene oggetto di comodato. Mentre l’obbligazione a carico del comodante è solo eventuale.
  • Avente ad oggetto, di regola, cosa infungibile. Fa eccezione qualche caso in cui il contratto può prevedere anche la consegna di beni fungibili o consumabili. Tuttavia, in questi casi, il comodatario è tenuto ad evitare che la cosa consegnatagli venga consumata.

Nel prossimo paragrafo andiamo, dunque a vedere il nocciolo della questione.

Conviene registrare il contratto in comodato d’uso?

Veniamo, dunque alla questione centrale della nostra guida: ovvero, se conviene o meno registrare tale contratto.

Possiamo dire che Registrare il comodato è ritenuto opportuno ogni volta in cui si teme che tra le parti possano sopraggiungere incomprensioni e litigi. Per l’appunto, il comodato registrato consente di utilizzare la scrittura in un eventuale giudizio in tribunale. Prendiamo il caso di un contratto di comodato allegato a un contratto di locazione con cui il padrone di casa concede l’uso della mobilia: se dovessero presentarsi contestazioni in merito alle condizioni dei beni all’atto del rilascio dell’appartamento, il comodante che abbia registrato la scrittura avrebbe modo di agire contro l’ex inquilino.

Va aggiunto inoltre, per quanto attiene al comodato di immobile, che la registrazione è utile per poter fissare una data di rilascio certa e predefinita. Questa, infatti, dovrà risultare per iscritto e, come anticipato, il comodato di immobili scritto va registrato entro 20 giorni.

Cosa può accadere se il comodato di immobile non dovesse essere scritto e quindi non registrato?

In ultima questione, vediamo cosa accade in caso di mancata registrazione del contratto.

L’ipotesi più frequente, in tali casi, è quella del genitore che presta il proprio appartamento al figlio affinché vi vada a vivere con la compagna o la moglie. Se la coppia dovesse avere bambini e un giorno dovesse separarsi, il giudice – in mancanza di una data di scadenza posta sul comodato scritto – può assegnare l’appartamento alla madre, benché di proprietà dei suoceri. Questi ultimi quindi perderebbero la disponibilità dell’immobile. 

Questo, dunque è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito alla questione relativa ai contratti in comodato d’uso e alla loro registrazione.

 

Chi paga i lavori straordinari in condominio, nei casi di vendita?

Nella nostra rapida ma esaustiva guida andremo a vedere come funzionano le spese condominiali, nei casi di lavori straordinari. Chi paga nei casi di vendita, nello specifico? Lo scopriamo nei prossimi paragrafi.

Lavori straordinari in condominio: cosa sono

Innanzitutto, andiamo a vedere cosa si intende con lavori straordinari in un condominio.

Si tratta di quei lavori dedicati a riparare i piccoli danni causati dall’usura, da intemperie, da danni accidentali e, in generale, dalla deteriorabilità degli edifici. Per tali lavori l’amministratore non ha l’obbligo di indire un’assemblea condominiale per ottenere l’autorizzazione.

Vediamo, dunque, nel prossimo paragrafo come regolarsi.

Lavori condominiali straordinari, vediamo come regolarsi

A volte capita che in corrispondenza della vendita di un’unità immobiliare situata all’interno di un condominio insorgano problematiche tra chi vende e il suo acquirente in relazione al pagamento degli oneri condominiali, nello specifico per quanto concerne il pagamento delle spese straordinarie. Quindi, se l’assemblea condominiale prima della stipula dell’atto notarile, ha deliberato l’avvio di interventi edili che, per consistenza e particolarità, esulano dalle opere ordinarie, può sorgere spontaneo chiedersi chi paga i lavori straordinari in condominio in caso di vendita.

Possiamo dire che la suddivisione degli oneri condominiali tra il nuovo e il vecchio proprietario dell’unità immobiliare compravenduta avviene con regole diverse a seconda se si tratti delle quote mensili oppure delle spese dovute per le opere di manutenzione dell’edificio.

Quote mensili: chi paga?

Vediamo, invece come comportarsi in merito alle quote mensili.

Stando a quanto dispone l’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice civile colui che subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso ed anche a quello precedente. In più, chi cede diritti su unità immobiliari ha obbligo solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

In sostanza, le quote mensili successive alla sottoscrizione dell’atto di compravendita devono essere sborsate dall’acquirente; mentre, quelle maturate nell’anno in cui il rogito è stato comunicato all’amministratore e nell’anno precedente sono a carico del venditore e dell’acquirente.

Lavori in condominio, chi paga?

Andiamo in ultimo, ma non ultimo, a vedere il fulcro della questione: ovvero chi paga in caso di vendita i lavori in condominio.

Per quanto riguarda le spese per lavori condominiali che siano stabilite prima della vendita, bisogna distinguere a seconda della natura degli interventi edilizi, tra manutenzione ordinaria e straordinaria.

Manutenzione ordinaria

Quando si parla di lavori inerenti alla manutenzione ordinaria, quindi alla conservazione o al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune ovvero ad impedire o riparare un deterioramento, l’obbligazione va a presentarsi al compimento dell’intervento, ritenuto necessario dall’amministratore, quindi, in coincidenza con il compimento effettivo dell’attività gestionale.

La spesa, quindi, grava sul soggetto che riveste la qualità di condomino nel momento in cui le riparazioni avvengono.

Manutenzione straordinaria

Quando si tratta, invece, di opere di manutenzione straordinaria, la deliberazione dell’assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell’intervento, prende valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino.

In pratica, i lavori straordinari devono essere pagati da chi era proprietario dell’unità immobiliare nel momento della libera della loro esecuzione, quindi non assume rilievo il momento in cui le opere vengono effettivamente realizzate.

Quindi, possiamo dire che se l’atto di compravendita è sottoscritto dopo l’approvazione della delibera di esecuzione degli interventi edili, le spese condominiali per i lavori straordinari sulle parti comuni va a pesare sul venditore, anche se i lavori sono stati, in tutto o in parte, effettuati in epoca successiva alla vendita.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito alla questione.

Pensione Quota 41 per tutti : come funziona e quanto costerebbe

In questo ultimo periodo si sta parlando molto della pensione Quota 41, ma di cosa si tratta nello specifico e come funziona? Ma, soprattutto quanto costerebbe applicare questa riforma? Scopriamolo nella nostra guida in merito.

Pensioni Quota 41: di cosa si tratta

Entro la fine di questo 2022, il sistema pensionistico potrebbe avere una nuova riforma.

In sostanza, al termine dell’ anno scadrà l’attuale meccanismo per il collocamento a riposo. Un tema cavalcato negli ultimi anni soprattutto dalla Lega che, dopo aver introdotto quando era al governo con i 5 Stelle, Quota 100 ora pensa a Quota 41. Ma di cosa si tratta? quali sono le caratteristiche?

Quota 41 non è altro che una forma di pensione anticipata, riservata attualmente solo ad alcune categorie di lavoratori svantaggiati. Nello specifico, questi possono andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica una volta maturati 41 anni di contributi, un requisito valido sia per donne che per uomini.

Nel caso degli uomini, dal momento che per loro il requisito contributivo per la pensione anticipata è di 42 anni e 10 mesi, partono non poco avvantaggiati; usufruendo di questa forma per il pensionamento anticipato, riescono ad andare in pensione quasi due anni prima. Nel caso delle donne invece lo sconto è di soli 10 mesi, poiché per loro la pensione anticipata si raggiunge alla maturazione di 41 anni e 10 mesi di contributi.

Quanto costerebbe Quota 41?

Possiamo dire che sul piano dei bilanci, vi è un bell’ostacolo, però, che al momento sembra essere difficile da sormontare: il costo. Stando alle stime, infatti, introdurre Quota 41 senza vincoli – consentendo a tutti di andare in pensione con 41 anni di contributi – avrebbe un costo, una volta a regime, di 12 miliardi di euro in più ogni anno.

Già oggi, va considerato che la spesa previdenziale costa 300 miliardi di euro l’anno, ovvero il 16,7% del Pil nazionale.

L’ Unione Europea chiede al paese di ridurre questa soglia che tuttavia con l’introduzione di Quota 41 per tutti aumenterebbe tanto da raggiungere il picco del 17,4% nel 2036.

Quota 41, cosa c’è ancora da sapere

Vediamo in ultimo, ma non ultimo, cos’ altro occorre sapere in merito alla Quota 41.

Con Quota 41 tutti coloro che hanno maturato 41 anni di contributi – indipendentemente se fanno parte o meno di una delle suddette categorie – potranno andare in pensione.

In questo caso Quota 41 prenderebbe il posto della pensione anticipata che per ovvi motivi cesserebbe di esistere.

Una ulteriore interpretazione, più restrittiva ma più fattibile almeno sul piano immediato, è quella per cui Quota 41 riguardi solamente i precoci. Per accedere a Quota 41, quindi, basterebbe essere un lavoratore precoce senza per forza far parte di una delle categorie svantaggiate elencate in precedenza.

Vediamo, in ultimo, chi può ricorrere alla Quota 41, stando ai fatti del momento.

Al momento, la pensione Quota 41 è riservata ai partecipanti delle seguenti categorie:

  • disoccupati: a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, e che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi;
  • caregiver: cioè chi assiste, al momento della richiesta o da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità.
  • invalidi civili: percentuale pari almeno al 74%;
  • dipendenti che abbiano almeno svolto sei anni all’interno degli ultimi sette attività lavorative usuranti e gravose;
  • lavoratori dipendenti addetti alle attività usuranti o ai lavoratori notturni con almeno 64 notti lavorate l’anno.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito alla nuova riforma Quota 41 che potrebbe prendere piede entro la fine di questo 2022.

Prezzi degli aerei in aumento: cosa ci attende nel 2022

Sarà un’ estate all’insegna dei rincari quella che ci attende, in tal senso anche viaggiare sarà qualcosa da ponderare bene, per le proprie tasche. I prezzi degli aerei sembrano destinati ad un forte aumento. Scopriamo cosa ci attende, nella nostra guida.

Allarme prezzi aerei 2022: cosa accade

Nonostante, pian piano si stia tornando ad una tanto attesa normalità, in vista dell’uscita dal tunnel della Pandemia, ci sarà ancora da stare attenti alle possibilità per viaggiare, soprattutto in aereo.

Anche i voli low cost sembrano finire nel mirino di una impennata di prezzi.

Infatti, il motivo dei rincari degli aerei va ricercata nell’aumento del prezzo del carburante, che dopo gli automobilisti va a toccare anche il mercato dei voli.

A rendere l’allarme è Linus Benjamin Bauer, fondatore e amministratore delegato della società di consulenza Bauer Aviation Advisory, secondo cui i prezzi delle tariffe aeree aumenteranno ogni mese del 6%, con una media per i voli internazionali del 4% fino al prossimo mese di agosto.

Da una parte, dunque, troviamo il caro carburante che sta creando problemi a moltissimi settori, d’ altra parte anche la crescita della domanda dopo l’allentamento delle misure e delle regole di ingresso nei paesi potrebbe portare ad un aumento dei prezzi dopo due anni di tariffe basse date dalla carenza di passeggeri.

Un po’ come se adesso le compagnie aeree sentissero l’esigenza di recuperare i capitali perduti in due anni di Pandemia, sfruttando la voglia di viaggiare degli utenti.

Cosa c’è ancora da sapere sull’aumento prezzi

Stando, invece all’International Air Transport Association, il carburante per gli aerei è aumentato del 4% tra gennaio e febbraio e del 57% rispetto allo scorso 2021. Le compagnie aeree, quindi, possono o alzare i prezzi dei biglietti o reggere le stesse tariffe riducendo, però, il proprio profitto.

Anche lo scorso anno, durante il periodo di piena pandemia, quando le tariffe dei biglietti aerei erano ridotte ai minimi prezzi si era già preventivato che prezzi simili non sarebbero durati ancora a lungo.

Come detto, la situazione non si prospetta rosea nemmeno per le compagnie di volo low cost.

L’estate 2022 non sarà economica per il costo dei viaggi e ancor più dei voli aerei che incrementeranno il costo per tratta continentale di 9 o 10 euro e di 60 euro per quelle intercontinentali.

Per Ryanair, ad esempio, il rincaro è del 10%, anche se le compagnie mirerebbero a tornare ai livelli di pre-pandemia. Carsten Spohr, invece del gruppo Lufthansa, ha parlato ultimamente di un intero sistema che porta il consumatore a spendere di più, comprese le spese aeroportuali e quelle relative ai costi per il personale.

Per i viaggiatori, quindi, il ritorno a viaggiare potrebbe risultare piuttosto caro per i prossimi mesi. E il ritorno alla libertà e normalità, di voler volare e assaporare il mondo, potrebbe avere un sapore molto salato.

Questo dunque è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito all’ estate dispendiosa che può attendere chi decide di mettersi in volo, con il rischio di far decollare il proprio portafogli, per riassaporare la libera voglia di viaggiare.

 

Come risparmiare con una spesa vegana

In tempi in cui occorre risparmiare, anche per fare la spesa, andiamo in questa rapida guida ad occuparci degli amici vegani che hanno intenzione di combinare una dieta equilibrata, ecologista ed economica. Vediamo, dunque, come risparmiare con una spesa vegana.

Spesa vegana: consigli utili per un buon carrello

Abbiamo visto che in questo periodo il problema dei rincari è costante e occorre non solo badare a risparmiare sulla spesa in bolletta

Anche risparmiare nella spesa di tutti i giorni è diventato un compito piuttosto importante. Vediamo, in tal senso alcuni rapidi consigli per poter ottenere un risparmio sulla spesa, attenendosi ad un menù vegano.

Vediamo, innanzitutto quali possono essere, in tal senso, quegli ingredienti da mettere nel carrello per una buona spesa vegana.

Se è la vostra prima volta che fate spesa vegana, comprate: un kg di farina di ceci (pratici per fare le frittate), uno di manitoba e uno di farina integrale. Mezzo chilo di farina di riso integrale e farina di mais. Poi 1 kg di riso integrale, mezzo di grano saraceno e di cous cous integrale.

Dopodiché, non può mai mancare una confezione di riso e una confezione di pasta integrale. Qualche cereale, come ad esempio miglio e farro. Dunque, per completezza andate sui legumi e prendete una confezione di lenticchie, una di ceci e una di fagioli secchi.

Una volta visti alcuni dei più richiesti e tipici dei prodotti per una spesa vegana, vediamo come fare attenzione e risparmiare sulla spesa.

Risparmiare sulla spesa

E’ sempre bene includere nella lista della spesa, frutta e verdura che siano fresche, di stagione e di qualità. Si tratta di quegli alimenti che non possono mancare nel vostro carrello. Attenzione alla stagionalità dei prodotti e alla loro freschezza. Il vostro menu dovrà quindi basarsi su ciò che è disponibile al mercato e variare di conseguenza.

Se è vero che comprare alcuni prodotti specifici può essere più costoso per chi cerca esclusivamente prodotti vegani, è anche vero che dal lato opposto della medaglia, mangiare ingredienti naturali può aiutare a regolare anche gli equilibri del portafoglio, se ponderati bene.

Ad esempio, quando diamo un occhio agli scontrini della spesa ci accorgeremo che il totale spesso aumenta perché acquistiamo cibi confezionati già pronti: come insalata in busta, legumi in scatola precotti o surgelati, seitan in panetti, torte confezionate. Comprando invece la materia prima grezza, lavando l’insalata in casa, lessando i legumi secchi, e facendo le torte in casa, il risparmio è garantito!

Comprare biologico conviene?

Un altro quesito che ci si pone, per una spesa vegana è se acquistare o meno cibo bio.

Possiamo dire che molto spesso acquistare prodotti biologici può incidere in maniera consistente sulla spesa.

In realtà, la scelta del bio non è solo prerogativa vegana, ma riguarda tutti, qualunque tipo di alimentazione si decida di seguire.

In generale, per contenere le spese, ma essere sicuri di portare in tavola prodotti di qualità, una regola può essere quella di acquistare solo alcune cose biologiche. Per esempio, possiamo preferire i prodotti biologici per frutta e verdura con bucce sottili e acquistare prodotti da agricoltura tradizionale per quelli con una buccia spessa (che consentono di preservare meglio l’interno dall’uso di eventuali pesticidi e sostanze chimiche).

Ad ogni modo, è sempre bene leggere le etichette dei prodotti. Anche in questo caso, acquistare da produttori locali può tornare utile: anche se i prodotti non saranno certificati biologici, in molti casi saranno ugualmente sani e genuini, oltre che meno cari.

Inoltre, non va dimenticato che una dieta vegetariana e vegana di per sé elimina uno dei costi che incidono di più sulla spesa alimentare quotidiana: ovvero quello per l’acqusito di alimenti tra i più cari, come carne e pesce. Gli ingredienti dei piatti vegan sono, in realtà, mediamente meno costosi di quelli basati sul consumo di carne. Se entriamo in quest’ottica, possiamo anche decidere di “reinvestire” quanto risparmiato, per esempio, acquistando più spesso prodotti bio, anche se un po’ più cari della media.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere, per pratici consigli su una spesa vegana al risparmio. Non vi resta che mettere mano alla lista della spesa e recarvi col carrello al supermercato.

Bonus POS per il noleggio e acquisto dei terminali: cosa sapere

Cosa c’è da sapere in merito al Bonus POS per noleggio e acquisto dei terminali, riguardo a chi e come può richiederli. Scopriamolo nella nostra rapida ma esaustiva guida.

Bonus POS 2022, di cosa si tratta

Dunque, sostanzialmente, il bonus Pos 2022 consente di recuperare le spese sulle commissioni, fino al 30 giugno 2022 coprendo il 100% delle spese, per poi ridursi successivamente al 30%. L’utilizzo del Pos nel 2022 permette l’accesso a più di un bonus, tra questi c’è anche quello riservato al recupero delle spese sulle commissioni.

Nei prossimi paragrafi, andiamo a vedere cosa c’è da sapere sulle modalità di richiesta e utilizzo per acquisto e noleggio di terminali.

Bonus Pos tutto quel che c’è da sapere

Dunque, occorre sapere che il primo bonus Pos può arrivare a un massimo di 160 euro e può coprire fino al 70% delle spese se si decide di acquistare, noleggiare o utilizzare strumenti di pagamento elettronico collegati a registratori telematici.

Il bonus deve essere usato entro l’avvio di questa estate. Il Pos è diventato obbligatorio dallo scorso 1° luglio 2021, quindi sarà possibile accedere al bonus fino al 30 giugno 2022.

La finestra temporale per potervi accedere sta esaurendosi, nel momento in cui sarà obbligatorio essere dotati di sistemi per permettere il pagamento elettronico ai clienti, non si potrà più usufruire di questo credito d’imposta.

Occorre anche sapere che la percentuale del rimborso della spesa cambia a seconda dell’entità dei ricavi complessi ottenuti nel periodo d’imposta precedente, nelle opzioni di seguito:

  • se i ricavi e compensi relativi al periodo d’imposta precedente sono stati non superiori ai 200.000 euro, allora si potrà accedere alla percentuale massima di rimborso, ovvero il 70% della spesa sostenuta;
  • qualora, invece, si fosse soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d’imposta precedente sono tra i 200.000 euro e 1 milione, la percentuale di rimborso possibile sarà di 40%;
  • se si ricadesse nel caso in cui i ricavi e compensi relativi al periodo d’imposta precedente fossero tra 1 milione e i 5 milioni, allora il rimborso sarebbe solamente del 10%.

Bonus POS fino a 320 euro

Vi è un altro bonus POS con un tetto massimo di 320 euro e prevede un rimborso delle spese fino ben al 100%, ma è utilizzabile solo a coloro che decideranno di acquistare, noleggiare o utilizzare strumenti evoluti di pagamento elettronico che permettono anche la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica, di media più costosi di quelli a cui si riferisce il bonus precedente.

In questo caso la scadenza non è per il prossimo giugno, ma valida per tutto l’anno 2022.

Pure in questo caso la suddivisione del bonus viene fatta in merito ai compensi relativi all’anno d’imposta precedente, seguendo le regole di seguito:

  • il 100% del rimborso, stando ad un massimo di 320 euro, può toccare a coloro che hanno avuto ricavi e compensi relativi al periodo d’imposta precedente non superiori ai 200.000 euro;
  • il 70% invece, spetta a coloro che hanno avuto ricavi e compensi relativi al periodo d’imposta precedente superiori ai 200.000 euro, fino ad un massimo di 1 milione di euro;
  • infine, a poter accedere al credito d’imposta pari al 40% sono quei soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d’imposta precedente siano tra 1 milione e i 5 milioni di euro.

Bonus POS commissioni

In ultimo abbiamo un ulteriore bonus POS che non è legato all’acquisto o al noleggio di un terminale, ma al suo utilizzo. Infatti il terzo bonus Pos 2022 è un rimborso delle spese di commissione del Pos e, se i precedenti servono per stimolare l’acquisto di un sistema di pagamento elettronico, quindi è più concentrato sull’invogliare al suo utilizzo.

pagamenti fatti attraverso Pos sono tracciabili con maggiore semplicità e quindi capaci di essere utilizzati con più facilità per combattere i pagamenti in nero, uno dei problemi per i commercianti riguardo a questo metodo però sta nella necessità di dover pagare delle commissioni ai fornitori del servizio, come ad esempio le banche.

Questo, dunque, è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito all’utilizzo dei Bonus POS 2022, per acquistare o noleggiare terminali.

 

Detrazione palestra e spese sportive: cosa scaricare dal 730

Le palestre sono state tra i luoghi più travagliati nel periodo pandemico e le attività sportive sono state altamente ridimensionate negli ultimi due anni. Ma quali spese tra palestre e attività sportive possono essere detraibili dal 730? Scopriamo nella nostra guida quali spese scaricare.

Detrazione palestra 2021: vediamo cosa fare

E’ possibile, dunque detrarre le spese della palestra 2021 nel prossimo 730?

Diciamo, rapidamente, che la risposta è no: infatti, gli adulti che hanno sostenuto spese per l’iscrizione ad una palestra non possono inserirle nella dichiarazione dei redditi neppure qualora la spesa sia stata sostenuta per il trattamento di una patologia, come ad esempio la scoliosi o la lordosi.

Tuttavia, le spese sportive sostenute dai genitori per i propri figli potranno essere detratte nel modello 730/2022, però per farlo sarà necessario conservare alcuni documenti che attestino il sostenimento della spesa.

Modello 730: detrazione spese sportive figli

Vediamo, dunque come ottenere alcune detrazioni dalle spese per quanto riguarda le attività sportive dei figli.

Occorre necessariamente sapere che non tutte le strutture sportive danno diritto allo sconto Irpef. Sono previste le detrazioni nei casi in cui l’ iscrizione avviene presso le strutture sportive individuate dal decreto Ministeriale del 28 marzo 2007:

  • associazioni sportive con annessa la denominazione sociale ADS (Associazione dilettantistica sociale),
  • palestre e piscine,
  • ulteriori strutture e impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica.

In caso contrario, invece, non spetta alcuna detrazione per le spese di iscrizione presso:

  • associazioni che non fanno parte della definizione di “sportiva dilettantistica”, quali quelle che non hanno ottenuto il riconoscimento del Coni o delle rispettive Federazioni sportive nazionali o enti di promozione sportiva;
  • società di capitali di cui alla legge 23 marzo 1981, n. 91 (sport professionistico);
  • associazioni non sportive (come le associazioni culturali) che organizzano corsi di attività motoria non in palestra.

Detrazione spese 730, cosa ancora sapere

Dunque, come chiarito, soltanto quelle spese sportive sostenute dai genitori per i propri figli hanno modo di essere portate in detrazione nel modello 730/2022.

Vediamo alcune ultime cose da sapere in merito alla questione.

Per ognuno dei figli di età compresa tra i 5 e i 18 anni sarà possibile detrarre il 19% della quota di iscrizione alla palestra pagata nel 2021. Questa detrazione spetta entro il limite di spesa di 210 euro per ogni figlio (da suddividere tra i genitori).

Vi è possibilità di trarre beneficio della suddetta detrazione soltanto per le spese sostenute in favore di familiari a carico che esercitano attività sportiva dilettantistica e che non siano maggiorenni.

Al fine di beneficiare delle detrazione è necessario conservare il bollettino bancario o postale attraverso cui è stata pagata la spesa ovvero la fattura, la ricevuta o la quietanza di pagamento dai quali devono risultare necessariamente le seguenti informazioni:

  • ditta, denominazione o ragione sociale ed anche sede legale, o, in caso di persona fisica, il nome cognome e la residenza, codice fiscale del soggetto che ha reso la prestazione;
  • causale del pagamento delle spese;
  • attività sportiva esercitata;
  • importo pagato;
  • dati anagrafici di colui che pratica (o ha praticato) l’attività sportiva e il codice fiscale di chi effettua il pagamento.

Occorre sapere che per poter godere della detrazione Irpef del 19% sarà necessario compilare il modello 730/2022 e nello specifico il Quadro E, righi da E8 a E10 con codice 16.

Questo, dunque è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito alle possibilità e modalità di detrarre le spese sportive (o della palestra) dal proprio modello 730 del 2022.

Quanto guadagna un assistente sociale

Andiamo a vedere, in questa rapida ma scrupolosa guida, come funziona fare l’ assistente sociale e quanto può guadagnare nel 2022.

Assistente sociale: di che lavoro si tratta

Lo svolgere il lavoro di assistente sociale non è semplice, trattandosi di un impiego a sostegno della collettività che si occupa dei più bisognosi.

Attualmente, però nel mondo del lavoro, sta diventando una figura professionale piuttosto ricercata. Ma, sostanzialmente, cosa fa e quanto guadagna un assistente sociale?

Di norma, possiamo dire che le sue mansioni sono finalizzate a prevenire e risolvere situazioni di disagio sociale.

Tra i suoi compiti ha quello di seguire le pratiche per l’adozione, l’affido e il pre-affido, sostenere le famiglie che si trovano in stato di difficoltà, ed occuparsi di soggetti con problematiche di salute mentale e di tossicodipendenza, od anche di minori a rischio, oltre che occuparsi dell’inserimento degli immigrati.

Come diventare assistenti sociali

Ma fare l’assistente sociale è un lavoro che può svolgere chiunque o occorrono requisiti specifici?

Occorre sapere che per poter diventare assistente sociale è obbligatorio essere in possesso di una laurea triennale appartenente alla classe L 39 Servizio sociale. Nel percorso di laurea, sono previsti dei periodi di tirocinio per iniziare a fare confidenza con la professione e acquisire esperienza sul campo.

Una volta finiti gli studi universitari, è previsto un esame di abilitazione professionale, il quale consente l’iscrizione all’albo professionale.

Dunque, per poter essere assistente sociale specialista occorre conseguire una laurea magistrale in Servizio sociale e politiche sociali. Pure in questo caso, occorre in seguito superare l’esame di abilitazione prima di potersi iscrivere all’albo professionale.

Quanto guadagna un assistente sociale

Veniamo, dunque al nocciolo della questione, ovvero il guadagno per questa professione.

Possiamo dire che per rispondere a questa domanda è importante il tipo di posizione che si ricopre ed anche i livelli raggiunti.

Ad ogni modo, si tratta di un lavoro non sempre semplice, che richiede una forte dose di motivazione e di consapevolezza. A volte, infatti, dall’attività dell’assistente sociale può dipendere il destino di intere famiglie e bisogna essere pronti ad affrontare anche le situazioni più delicate.

Tuttavia, per tracciare un quadro sul guadagno diciamo che si va da un minimo di 850 euro netti mensili fino ad arrivare ad un massimo di circa 2.000 euro.

In Italia, lo stipendio medio di un assistente sociale è di circa 1.350 euro netti al mese, ovvero circa 24.300 euro lordi all’anno. Quello che può fare la differenza è, come detto l’esperienza raggiunta, tanto è che un assistente sociale che non abbia almeno tre anni di esperienza lavorativa alle spalle arriva a guadagnare circa 900 euro al mese, mentre nella fascia intermedia della carriera, cioè con un’esperienza compresa tra i quattro e i nove anni, percepisce uno stipendio intorno ai 1.200 euro netti al mese.

Cos’altro c’è da sapere

Ad ogni modo, vanno considerate alcune variabili

Infatti, nello stipendio di un assistente sociale incidono oltre all’esperienza lavorativa le seguenti cose:

  • la tipologia di lavoro svolto. A tal proposito, possiamo dividere tre tipologie differenti – la prima, relativa al servizio sociale organizzativo; la seconda, inerente alle relazioni pubbliche sociali; la terza, inerente all’intervento psicosociale;
  • le fasce di età dei soggetti con i quali lavora (minori, anziani o persone di qualsiasi età);
  • l’ambito di riferimento: vale a dire, per porre un esempio, quello delle adozioni piuttosto che delle dipendenze o della tutela dei minori.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito alle modalità, alle funzioni per svolgere il ruolo di assistente sociale ed ai possibili guadagni del mestiere.