Saldi tutto l’anno? Rispunta l’ipotesi con proposta dell’Antitrust

Alla vigilia della stagione dei saldi dell’estate 2023 rispunta l’ipotesi della liberalizzazione dei saldi, questo vuol dire che i commercianti possono proporre saldi tutto l’anno. La proposta arriva dall’autorità garante della concorrenza.

Antitrust, è ora di dare il via ai saldi tutto l’anno

Il commercio continua ad essere un settore sotto pressione, soprattutto per quanto riguarda i negozi fisici che scontano non solo l’inflazione e la conseguente crisi economica, ma anche la concorrenza degli e-commerce che propongono costantemente prezzi scontati.

In questo clima l’Antitrust segnala tra i provvedimenti da adottare con una certa priorità la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali e minori restrizioni sui saldi. L’Autorità Garante per la concorrenza sottolinea che le eccessive restrizioni al commercio in Italia sono state segnalate anche dall’Ocse e dalla Commissione europea.

L’Antitrust propone di eliminare dal decreto legislativo 114 del 1998 le norme che riguardano le restrizioni temporali per le vendite di liquidazione e di fine stagione. Naturalmente cancellando tali restrizioni le vendita in saldo sarebbero liberalizzate e ogni attività commerciale potrebbe decidere in autonomia quando praticare le vendita in saldo.

Il Garante chiede la possibilità di organizzare le vendite promozionali anche nei periodi immediatamente precedenti i saldi avviati per i medesimi prodotti, superando così il divieto di organizzare vendite promozionali nel periodo compreso tra i 15 giorni e i 40 giorni ( su discrezione della Regione) antecedenti rispetto all’inizio dei saldi.

In base ai suggerimenti dell’Antitrust dovrebbero saltare anche i vincoli inerenti gli orari di apertura dei negozi. Da abrogare anche i commi 4 e 5 del Dlgs 114 del 1998 in cui si fa riferimento alla competenza diretta dei Comuni che «possono derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva».

Saldi tuto l’anno: reazione delle associazioni di categoria

Non tutti abbracciano con ottimismo queste proposte infatti Confesercenti e Confcommercio, organizzazioni di categoria che rappresentano i commercianti, sottolineano che la liberalizzazione dei saldi e degli orari andrebbe ad aiutare/favorire soprattutto le grandi catene di negozi, mentre danneggerebbe i piccoli commercianti che devono fare i conti con spese in aumento dovute ad aperture prolungate. Per i piccoli commercianti i saldi rappresentano un modo per liberare i magazzini e avere maggiore liquidità in breve tempo, ma la possibilità di praticarli tutto l’anno andrebbe a rendere il guadagno troppo basso.

Naturalmenete trattandosi di una proposta che arriva al Governo dall’Antitrust, sarà presa in particolare considerazione ed è probabile che sia quanto meno valutata, pur tenendo in considerazione il tessuto economico del Paese che comprende molte attività commerciali di piccole e medie dimensioni.

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Imprese e pratiche commerciali scorrette, inchiesta Antitrust per un volto noto

Chiara Ferragni è ancora oggi definita la più grande imprenditrice digitale a livello globale e ci può stare che si commetta un errore in una carriera così brillante. L’imprenditrice, insieme a Balocco, è finita sotto l’occhio vigile dell’Antitrust che ha avviato un’indagine. La stessa può sicuramente creare un allarme per tutte le imprese che correlano le attività di vendita con iniziative benefiche. Vediamo per quale motivo c’è un’indagine dell’Antitrust su Chiara Ferragni e Balocco.

Le campagne di beneficenza possono indurre in errore il consumatore, indagine dell’Antitrus su pratiche commerciali scorrette

Lo scorso autunno, con l’arrivo delle promozioni/campagne pubblicitarie natalizie, è stato messo in vendita un prodotto gastronomico natalizio con firma di Chiara Ferragni, a questo prodotto era correlata una campagna di raccolta fondi di beneficenza. Secondo l’Antitrust dalla campagna pubblicitaria i consumatori potevano dedurre che parte degli introiti derivanti dalla vendita fossero diretti alla raccolta fondi.

Questo implica che i consumatori potevano essere indotti all’acquisto dall’obiettivo di partecipare alla campagna e aumentare il volume delle donazioni in favore del beneficiario.

In realtà da un’inchiesta giornalistica trapelò che la donazione era effettuata a monte e quindi a prescindere dal volume di vendita del prodotto, di conseguenza i consumatori non contribuivano in modo diretto a tale donazione e a prescindere dall’acquisto era già determinato l’ammontare della donazione.

Secondo l’Autorità Garante per la concorrenza sia nei comunicati stampa che sulle confezioni dei prodotti le informazioni erano date in modo da indurre i consumatori/acquirenti a pensare che parte del prezzo da loro pagato andasse in beneficenza. Ciò può aver indotto in errore le persone facendo leva sulla loro sensibilità per iniziative benefiche a sfondo sociale.

Naturalmente si tratta di un’indagine non ancora conclusa e di conseguenza è bene prestare attenzione e ricordare che non è ancora provato tale comportamento scorretto. Allo stesso tempo si ricorda alle imprese che è bene non sottovalutare che le campagne pubblicitarie/promozionali devono essere curate con attenzione perché possono indurre in errore.

Energia: salta il divieto di modifica unilaterale dei contratti. Aumenti in arrivo per molti consumatori

Nei mesi scorsi l’Antitrust ha indagato su fornitori di energia che avevano aumentato le tariffe, ora il Governo, attraverso il decreto Milleproroghe, sconfessa l’autorità garante e ammette la possibilità di aumentare le tariffe in caso di contratto in scadenza. Salta il divieto di modifiche unilaterali dei contratti per la fornitura di energia.

Contratto luce e gas: salta il divieto di modifiche unilaterali. Aumenti nel mercato libero

Il decreto Aiuti Bis varato dal governo Conte aveva introdotto il divieto di modifiche unilaterali alle tariffe di luce e gas proposte dalle società fornitrici. Naturalmente le società fornitrici su questo punto non sono concordi e hanno iniziato una battaglia legale annunciando che non avrebbero rinunciato. Le società Iren, Dolomiti ed Enel hanno già proposto ricorso a Tar e Consiglio di Stato. Quest’ultimo ha già accolto la richiesta di Iren di sospensione del provvedimento cautelare emesso nei confronti della società in quanto l’interpretazione dell’Antitrust relativa alle norme del decreto Aiuti Bis appaiono eccessivamente penalizzanti per i fornitori di energia.

Sembra infatti illogico il divieto di modifiche unilaterali a scadenza di contratto considerando anche che i clienti che sono ancora nel Servizio Elettrico Nazionale hanno continuato a veder crescere la bolletta avendo come punto di riferimento il costo della materia prima aggiornato costantemente dall’Arera.

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I fornitori per cercare di proteggersi e far fronte al rischio di dover continuare a vendere energia a un prezzo irrisorio rispetto al prezzo corrente hanno introdotto i contratti con PUN, cioè legati al prezzo dell’energia, ma tali contratti possono essere di fatto stipulati solo con i nuovi clienti e questo in forza di un’interpretazione del decreto Aiuti Bis particolarmente restrittiva da parte dell’Antitrust.

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Di fatto il Governo è intervenuto cercando di riportare equilibrio tra le parti, cioè tra consumatori e fornitori.

Cosa prevede il decreto Milleproroghe?

Nel decreto Milleproroghe viene esteso fino al 30 giugno 2023 il divieto di modifiche unilaterali a contratti in corso, quindi fino a scadenza, nonostante l’aumento del costo della materia prima (gas, kWh) non potranno esserci aumenti in bolletta. Tutto cambia però alla scadenza del contratto, in questo caso infatti il fornitore potrà unilateralmente stabilire un aumento delle tariffe. Naturalmente il consumatore non è obbligato ad accettare tale aumento e potrà quindi nel mercato libero cercare un nuovo fornitore che offre condizioni contrattuali più convenienti.

Restano però dei punti fermi, cioè il fornitore prima di procedere all’aumento delle tariffe deve darne un congruo preavviso al consumatore/contraente in modo che possa scegliere una diversa società fornitrice e fare preventivi.

Il rischio secondo molti è che le società possano applicare degli aumenti particolarmente elevati in modo da contrastare anche le perdite subite nei mesi precedenti, quando, in virtù dei contratti bloccati, hanno continuato a fornire energia a prezzi fuori dal mercato. Già nei mesi passati qualche società ha optato per la disdetta dei contratti affermando proprio di non poter più fornire energia ai prezzi del passato, indice che le difficoltà affrontate potrebbero essere tali anche da indurre al fallimento di molte società.

In questa delicata fase di passaggio sono avvantaggiati coloro che non hanno effettuato il passaggio al mercato libero perché Arera ha dichiarato che il prezzo dell’energia elettrica ( non del gas) scende nel mese di dicembre 2022 del 25%.

Caro energia: prorogato il mercato tutelato gas e luce

Il governo Meloni ha deciso di dare seguito alle richieste di Arera e delle associazioni dei consumatori che hanno auspicato una proroga del mercato tutelato per il settore energetico. Ecco cosa succede.

Caro energia: il mercato tutelato può continuare

Ad oggi gli utenti per il settore gas ed energia sono in parte passati al mercato libero, caratterizzato da tariffe dipendenti dalla libertà contrattuale delle parti in regime di libera concorrenza. Un’altra parte più restia ha invece continuato ad avere la fornitura energetica di gas e luce attraverso il mercato tutelato. Fino a qualche mese fa risultava per gli utenti più conveniente avere contratti con società in libera concorrrenza, ma con l’aumento delle tariffe è oggi impossibile trovare una compagnia che metta a disposizione delle tariffe convenienti rispetto al mercato tutelato.

In questo contesto vi era la previgente previsione normativa che stabiliva la necessità per gli utenti ancora clienti del mercato tutelato di passare al libero per il gas entro il 2023, mentre il il sistema di maggiore tutela per l’energia elettrica dovrebbe terminare il 31 dicembre 2023.

Nel frattempo sono intervenute anche sanzioni dell’Antitrust nei confronti di compagnie che hanno applicato modifiche unilaterali dei contratti.

Leggi anche: Caro energia: l’Antitrust indaga su quattro società per comportamento ingannevole

Il contrasto al caro energia richiede la proroga del servizio di maggiore tutela

L’Arera nel richiedere la proroga del termine per la fine del mercato tutelato ha proprio sottolineato come attualmente per gli utenti in difficoltà economica questo rappresenti un modo per avere tariffe più convenienti anche in forza del fatto che ora le stesse sono modificate mensilmente in base all’andamento dei prezzi. Il Governo quindi ha accolto tale richiesta. Questo vuol dire che gli utenti che ancora oggi hanno il contratto per la fornitura di gas con il mercato tutelato possono non effettuare il passaggio al mercato libero e quindi mantenere le tariffe in base all’andamento dei prezzi.

Questa notizia è stata accolta con benevolenza dall’associazione dei consumatori Assoutenti che ha sottolineato come tale proroga possa evitare una ulteriore stangata per le tasche degli italiani.

Buoni Fruttiferi Postali arrivata la multa dell’Antitrust. Chiesti rimborsi

Nuove brutte notizie per Poste Italiane in merito ai buoni fruttiferi postali: l’Antitrust, su esposto dell’Adiconsum Sardegna, ha comminato una sanzione di 1,4 milioni di euro per comprotamento ingannevole.

Antitrust: le informazioni sulle scadenze dei buoni fruttiferi sono ingannevoli

I buoni fruttiferi postali hanno rappresentato per decenni una forma di risparmio molto amata da tutti i cittadini che erano soliti utilizzarli anche come regali per nipoti e figli. A renderli appetibili erano i rendimenti, ma a un certo punto il rapporto di fiducia tra i risparmiatori e Poste Italiane si sono rotti e sono iniziate numerose azioni giudiziali volte al riconoscimento di maggiori interessi o minori imposte. Ora un’altra tegola cade su Poste Italiane, infatti l’Antitrust ha comminato a Poste Italiane (partecipata al 65% dallo Stato) una sanzione di 1,4 milioni di euro perché ha omesso e/o formulato in modo ingannevole informazioni essenziali relative ai termini di scadenza e di prescrizione dei titoli.

Per conoscere i dettagli della vicenda, si può leggere l’articolo precedentemente pubblicato sul caso: Buoni Fruttiferi Postali: Antitrust apre un’indagine per pratiche scorrette

Motivazioni della sanzione dell’Antitrust

L’Antitrust ha basato la sanzione sul fatto che la normativa prevede la prescrizione dei diritti dei risparmiatori una volta che siano decorsi 10 anni dalla scadenza dei buoni fruttiferi postali. Trascorso tale lasso di tempo, i buoni non sono più esigibili e il risparmiatore perde interessi e investimento iniziale. Gli importi sono devoluti allo Stato per i buoni emessi fino al 13 aprile 2001 e al Fondo per indennizzare i risparmiatori rimasti vittime di frodi finanziarie per quelli emessi successivamente.

L’Antitrust ha censurato Poste Italiane in quanto non ha fornito idonee informazioni a riguardo, inoltre non ha tempestivamente informato i risparmiatori della prossimità della scadenza dei titoli stessi causando così il mancato rimborso degli stessi. Questo comportamento secondo l’Antitrust viola:

  • il principio di correttezza e buona fede;
  • viola i doveri di diligenza professionale;
  • infine, tale comportamento è idoneo ad alterare il comportamento economico del consumatore in relazione all’esercizio dei diritti di credito relativi ai buoni fruttiferi postali.

Adiconsum: siano rimborsati i risparmiatori

Nonostante tali rilievi, l’Antitrust ha comunque ritenuto opportuno ridurre la sanzione nei confronti di Poste Italiane. Infatti in seguito all’esposto ha intrapreso la strada della trasparenza nel rapporto con i risparmiatori andando a specificare le clausole del contratto attraverso un’idonea informativa in favore dei risparmiatori al momento della sottoscrizione dei buoni fruttiferi postali.

Il caso ha preso il via in seguito a un esposto dell’associazione dei consumatori Adiconsum Sardegna ed è proprio tale associazione oggi a richiedere oltre alla sanzione anche il rimborso in favore di tutti i risparmiatori coinvolti nel caso.

Caro Energia: l’Antitrust indaga su 4 società per comportamento ingannevole

Il caro energia è un problema molto sentito dagli italiani e sono numerosi quelli che hanno segnalato di aver ricevuto una lettera da parte della compagnia energetica con una modifica unilaterale delle condizioni contrattuali che di fatto fa lievitare la bolletta. L’Antitrust ha quindi deciso di avviare un’indagine per verificare profili di comportamento sleale.

Caro energia: le contestazioni dell’Antitrust a 4 società

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) sta verificando ipotesi di comportamento in violazione del decreto Aiuti Bis da parte di quattro società che si occupano di fornitura di energia elettrica. Il decreto Aiuti Bis sospende fino ad aprile 2023 l’efficacia delle clausole contrattuali eventualmente presenti che consentono alle società delle modifiche unilaterali, si sospende, inoltre, l’efficacia di eventuali lettere di preavviso.

Per questo motivo l’Antitrust contesta a Iberdrola e a E.On la comunicazione che queste società hanno inviato ai propri clienti in cui si provvedeva a sciogliere il contratto in quanto divenuto eccessivamente oneroso per le due società proponendone in alternativa uno nuovo.

Contestazioni alle società Dolomiti e Iren sul caro bollette

Alla società Dolomiti viene invece contestata la comunicazione inviata prima dell’entrata in vigore del decreto Aiuti Bis, ma non perfezionata prima dell’entrata in vigore del decreto.

Infine, la quarta comunicazione è diretta alla società Iren, in questo caso la comunicazione aveva ad oggetto la scadenza di tutte le offerte a prezzo fisso con la conseguente offerta di condizioni economiche peggiorative. Iren offre la possibilità al cliente in alternativa di sciogliere il contratto.

Alle società Iberdrola e Dolomiti l’Antitrust contesta anche l’ingannevolezza delle comunicazioni, infatti la società comunica di non poter più offrire l’energia al prezzo concordato a causa dell’aumento del prezzo del gas, ma c’è un dettaglio che sfugge, infatti tutte le promozioni presentate da Iberdrola sottolineano che l’energia da loro venduta proviene da fonti rinnovabili.

Iren ha già risposto ai rilievi dell’Antitrust sottolineando di aver inviato la comunicazione esclusivamente a clienti con il contratto in scadenza e che ha fornito un congruo termine di 90 giorni ai clienti in modo che possano verificare altre soluzioni.

L’Antitrust oltre ad aver avviato questa procedura, ha anche inviato una richiesta di informazioni ad ulteriori 25 società A2A Energia, Acea Energia, AGSM ENERGIA, Alleanza Luce & Gas, Alperia, AMGAS, ARGOS, Audax Energia, Axpo Italia, Bluenergy Group, Duferco Energia, Edison Energia, Enegan, Enel Energia, Engie Italia, Eni Plenitude, Enne Energia, Estra Energie, Hera Comm, Illumia, Optima Italia, Repower Italia, Sinergas, Sorgenia, Wekiwi.

Video Superbonus: chiesto l’intervento del Garante Privacy e Antitrust

Continua la diatriba tra la società Deloitte e la Rete Professioni Tecniche in merito alla richiesta di video per l’asseverazione dello Stato di Avanzamento dei Lavori per il Superbonus 110%. La rete in particolare ha chiesto l’intervento dell’Antitrust e del Garante Privacy.

Video Superbonus: quando è necessario?

È necessario un passo indietro per sintetizzare la vicenda. L’Agenzia delle Entrate con la circolare 23 del 2022 ha delineato la responsabilità in solido tra beneficiario e cessionario del credito del Superbonus. Questo ha portato a una reazione soprattutto da parte delle banche e, mentre molte hanno chiesto l’asseverazione tramite foto ( oltre naturalmente alle altre asseverazioni chieste dalla legge), Deloitte, che si occupa della cessione del credito per Intesa San Paolo ( ma non solo), ha chiesto un video dettagliato.

Per scoprire le caratteristiche che deve avere il video, leggi l’articolo: Cessione del credito Superbonus 110%: serve il video dei lavori

Nel frattempo, con la circolare 33 l’Agenzia delle Entrate ha ridefinito i confini della responsabilità in solido. Leggi l’articolo:

Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate in merito alla responsabilità in solido

Questa circolare però di fatto non fa venire meno la responsabilità e per questo Deloitte per ora mantiene la richiesta del video.

Perché RPT chiede l’intervento dell’Antitrust e Garante Privacy?

Fatto il sunto, ecco cosa succede. La Rete delle Professioni Recniche ( ingegneri, architetti, geometri) ha presentato una diffida alla società Deloitte e ha sollevato il caso davanti all’Antitrust e al Garante della Privacy.

Nella diffida la RPT sottolinea che le richieste di Deloitte sono illegittime ( non previste da alcuna norma), vessatorie e lesive della dignità dei professionisti.

La segnalazione all’Antitrust invece si basa sul fatto che Deloitte sfrutterebbe la posizione dominante sotto il profilo contrattuale imponendo attività inutili che incidono sul merito creditizio del cedente. Il video sarebbe in realtà del tutto inutile in quanto già la legge prevede il rilascio di altre asseverazioni comprovanti l’esecuzione dei lavori. Si tratterebbe inoltre di un inasprimento burocratico teso a creare confusione e ritardi e complicare le successive cessioni del credito.

Per quanto riguarda invece la richiesta di intervento del Garante Privacy, lo stesso sarebbe correlato al fatto che il video dovrebbe riprendere proprietà private, operai, lavoranti o soggetti terzi la cui immagine o la cui ripresa viene acquisita con modalità che non consentono sempre l’acquisizione del libero assenso dei diretti interessati.

Buoni Fruttiferi Postali: Antitrust apre un’indagine per pratiche scorrette

Nei giorni scorsi è stato reso noto che l’Antitrust ( Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – AGCM) ha dato il via a un’indagine nei confronti di Poste Italiane per pratiche commerciali scorrette inerenti al collocamento dei Buoni Fruttiferi Postali.

Perché parte l’indagine dell’Antitrust sul collocamento dei Buoni Fruttiferi Postali?

I Buoni Fruttiferi Postali sono uno degli strumenti di risparmio più apprezzati dagli italiani, soprattutto da coloro che vogliono avere piccoli risparmi con un rendimento sicuro. Purtroppo negli ultimi anni Poste Italiane è stata al centro di molteplici vicende giudiziarie inerenti il calcolo degli interessi e delle imposte sui Buoni Fruttiferi della serie Q/P, emessi tra il primo luglio 1986 e il 31 ottobre 1995. Rimandiamo agli approfondimenti relativi a tale questione per coloro che sono interessati, ma ora cerchiamo di capire perché c’è un’istruttoria dell’Antitrust.

L’indagine prende il via da un esposto dell’Adiconsum della Regione Sardegna. L’associazione dei consumatori, in seguito alle lamentele di numerosi risparmiatori inerenti l’indicazione sui Buoni Fruttiferi Postali non particolarmente chiara e trasparente delle condizioni e in particolare della scadenza, si sono visti rifiutare il rimborso dei Buoni in quanto scaduti e prescritti.

Per maggiori informazioni sulla prescrizione dei buoni fruttiferi leggi la guida: Prescrizione dei Buoni Fruttiferi Postali: quando si verifica?

L’Antitrust nel provvedimento di apertura dell’istruttoria ha sottolineato che Poste Italiane nella gestione dei buoni caduti in prescrizione negli ultimi 5 anni avrebbe omesso di informare i consumatori della scadenza dei titoli e delle conseguenze che sarebbero derivate in caso di prescrizione degli stessi a causa della mancata richiesta di rimborso dei titoli da parte dei risparmiatori nei termini previsti. Poste Italiane, da quanto emerge, avrebbe continuato ad avere questo comportamento nonostante avesse già ricevuto numerose reclami da parte dei risparmiatori incorsi nella prescrizione.

I prossimi passi per avere tutela in caso di mancato rimborso dei Buoni Fruttiferi Postali

A spiegare i passi successivi da compiere è Giorgio Vargiu, presidente di Adiconsum Sardegna. Lo stesso ha sottolineato che, nel caso in seguito all’istruttoria, l’Antitrust dovesse rivelare che Poste Italiane ha avuto un comportamento scorretto, i risparmiatori potranno intentare causa, da soli oppure affidandosi ad associazioni dei consumatori, al fine di ottenere la restituzione di quanto investito e degli interessi maturati.

Adiconsum ha anche sottolineato che ha tratto in inganno i risparmiatori il fatto che nella scheda di sintesi dei BPF c’era la dicitura “capitale investito sempre rimborsabile”. Ciò ha indotto molti a ritenere che almeno il capitale potesse essere sempre recuperato. Inoltre secondo Adiconsum a trarre in inganno i risparmiatori vi era anche un grafico posto nella scheda di sintesi in cui c’era la dicitura “durata massima di 20 anni”, questo avrebbe indotto i risparmiatori a ritenere che in realtà si intendesse che per 20 anni i buoni avrebbero continuato a produrre interessi e non che non sarebbero più stati rimborsati.

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Multi Level Marketing e sistemi piramidali: differenze e divieti

Quando si è alla ricerca di un’entrata o di un lavoro ci si imbatte spesso nell’amico o parente che ha la soluzione a portata di mano e spesso si tratta di Multi Level Marketing, una tecnica di vendita che deve essere ben distinta dai sistemi piramidali, sebbene il confine tra queste due tecniche di vendita sia davvero molto labile, ma fin da subito è bene dire che la vendita con sistema piramidale è vietata dalla legge 173 del 2005.

Multi Level Marketing e sistemi piramidali

Quante volte avete ricevuto inviti a casa di amici e vi hanno proposto un grosso affare con possibilità di lauti guadagni, magari mostrandovi video di auto e ville acquistate con i proventi dell’attività? Probabilmente tante, ed è altrettanto probabile che siete stati tentati e che quando avete mostrato un eccesso di prudenza siete stati trattati anche da “sciocchi”, <<cosa? Rinunci alla possibilità di diventare ricco?>> oppure da “sfaticato” <<ti propongo un lavoro e non lo accetti?>>. In questi casi ciò che vi stanno proponendo, nel migliore dei casi è Multi Level Marketing, nel peggiore dei casi si tratta di un sistema piramidale, anche denominato Catena di San’Antonio.

Multi Level Marketing: cos’è

La descrizione, che per ovvi motivi qui sarà superficiale ma ci riserviamo di entrare nel dettaglio successivamente, parte dal Multi Level Marketing. In questa tecnica di vendita c’è una società X che produce determinati beni o servizi e invece di rivolgersi a servizi di vendita tradizionali, ad esempio la classica catena di franchising, oppure proponendo i propri prodotti alla grande distribuzione, decide di vendere attraverso dei clienti che, oltre a comprare, propongono a loro volta i prodotti ad altri soggetti, questi a loro volta possono diventare venditori e trovare ulteriori clienti/venditori.

Naturalmente il soggetto che oltre a cercare dei clienti cerca anche degli ulteriori venditori, deve in un certo senso essere remunerato e di conseguenza ha una percentuale sui prodotti che vende in prima persona, ma ha una percentuale anche sui prodotti che vende il soggetto reclutato. Naturalmente i vari proventi delle vendite devono essere tassati, quindi sono fatturati. Andando così a creare un sistema con al vertice poche persone e una base che man mano diventa più larga, guadagni che diventano man mano più bassi perché poi sul prezzo finale devono essere distribuite le varie commissioni fino al vertice, fino a un punto in cui i guadagni alla base si annullano. In questa fase spesso la società si scioglie e magari ricomincia con altro nome. Occorre precisare che ci sono anche aziende storiche che funzionano da decenni con questo sistema applicato però in modo serio.

Qual è il confine tra il Multi Level Marketing legale è i sistemi piramidali?

La linea di confine è abbastanza sottile, infatti gli articoli 5 e 6 del decreto legge 173 del 2005 stabiliscono che sono vietati tutti quei sistemi in cui il guadagno dipende in modo primario dal reclutamento di ulteriori “venditori” e in cui non vi sia uno scambio di beni e servizi. La disciplina vieta anche la richiesta di denaro ai soggetti che vogliono entrare nel sistema, cioè senza reale acquisto di prodotti o servizi. L’articolo 6 stabilisce gli elementi presuntivi del reato. Tra questi vi sono la promessa di guadagni stupefacenti in breve periodo. Ad esempio chiedere a Tizio 1.000 euro semplicemente per entrare nel sistema di vendita o per avere la disponibilità di materiale formativo è illegale ed è ugualmente illegale fare previsioni circa guadagni particolarmente esorbitanti. Naturalmente basta proporgli l’acquisto di beni per aggirare questo ostacolo.

A questo ha posto un correttivo la sentenza della Corte di Cassazione 37049 del 2012 in cui si sottolinea che quando l’interesse a reclutare nuove persone è prevalente rispetto allo scambio dei beni, si è comunque nell’ambito delle vendite piramidali vietate. Si ritiene che sia consumato il reato quando le entrate che provengono dall’affiliazione siano maggiori rispetto a quelle che derivano dalla vendita stessa del prodotto.

Il caso concreto e la decisione dell’Antitrust

Alcuni casi però hanno destato scalpore perché di fatto i sistemi Multi Level Marketing spesso nascondono dei comportamenti poco corretti e che hanno portato sanzioni piuttosto pesanti, tra le ultime quella dell’Antitrust a un noto marchio che metteva in vendita con questo sistema prodotti dietetici e pasti sostitutivi che promettevano vistosi cali ponderali e benefici per la salute. Nel caso in oggetto a fare la differenza sono le tecniche di vendita che in molti casi consistevano in una vera e propria violenza psicologica visto che coloro che esprimevano il desiderio di uscire dal sistema subivano pesanti pressioni e ingiurie. L’Antitrus ha posto sotto osservazione anche l’attività che era svolta attraverso gruppi segreti su Facebook, inoltre non era chiara la differenza tra consumatori e venditori, cioè alcuni soggetti davano testimonianze sulla qualità ed efficacia dei prodotti, senza però dire che percepivano entrate dalla stessa vendita.

Il caso che ha destato scalpore ha riguardato prodotti dietetici, in questo caso sembrava un vero Multi Level Marketing con scambio di beni alla base del business, possibilità di reclutare nuovo personale e guadagni sulle vendite da parte del tutor.

Sanzioni per la vendita tramite sistemi piramidali

La vendita tramite sistemi piramidali si è detto che è vietata per legge e l’articolo 7 del decreto legge 173 del 2005 prevede come sanzione l’arresto da sei mesi a un anno o l’ammenda da 100.000,00 a 600.000,00 Euro . Tale vendita è anche vietata dal Codice del Consumo che classifica tale comportamento come pratica commerciale ingannevole e di conseguenza l’Autorità Garante della Concorrenza ed il Mercato (AGCM) come previsto dall’articolo 23 del codice può infliggere sanzioni amministrative.

Per coloro che vendono con il sistema Multi Level Marketing è previsto l’obbligo di avere e mostrare il tesserino di riconoscimento (decreto legislativo 114/1998), chi lavora senza tesserino può avere una multa da 2.582,28 a 15.493,71 Euro . Per ottenere il tesserino è necessario avere i requisiti per il rilascio dell’autorizzazione al commercio e quindi non essere dichiarato fallito (a questo proposito è bene ricordare che dal nuovo codice della crisi di impresa tale termine è stato eliminato) e non non avere subito condanne penali per un delitto contro la Pubblica Amministrazione.

Rete Imprese Italia sul rafforzamento delle autorità Antitrust

Rete Imprese Italia ha partecipato all’audizione presso la Commissione attività produttive della Camera sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo sul rafforzamento delle autorità Antitrust.

Se da una parte veniva compreso l’obiettivo finale di garantire un’applicazione omogenea della disciplina europea per quanto riguarda la concorrenza, per assicurare parità di trattamento e condizioni concorrenziali uguali a tutte le imprese operanti all’interno dell’Unione europea, dall’altra sono state espresse forti perplessità circa il provvedimento, evidenziando alcuni aspetti critici della proposta, almeno nella sua attuale formulazione.

Le criticità, espresse da Roberto Cerminara, responsabile Commercio e legislazione di impresa di Confcommercio, sono queste: “Il finanziamento delle autorità Antitrust non deve in alcun modo comportare nuovi aggravi diretti o indiretti a carico delle imprese; inoltre, l’affidamento di più incisivi poteri alle autorità Antitrust dovrebbe sempre essere accompagnato da una valutazione dell’autorità giudiziaria prima dell’assunzione di qualunque provvedimento sanzionatorio. Infine, non risulta condivisibile l’introduzione di impropri meccanismi di solidarietà tra associazioni ed imprese aderenti. Il rischio è che, senza opportuni correttivi, si finisca per attribuire ad una autorità indipendente poteri paragiurisdizionali molto penetranti e di dubbia compatibilità con l’ordinamento giuridico nazionale impattando, dal punto di vista sanzionatorio, in maniera eccessiva e sproporzionata sulle imprese e sulle associazioni di imprese”.

Vera MORETTI