Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS): chi è e cosa fa

Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è una persona, o più persone, eletta dai lavoratori tra dipendenti, o tra le rappresentanze sindacali, che ha il compito di rappresentare e tutelare i lavoratori in materia di sicurezza e salute.

Chi è il Rappresentante del lavoratori per la sicurezza (RLS)

La sicurezza sul luogo di lavoro è da sempre un argomento che richiama l’attenzione delle parti sociali e del legislatore. La principale disciplina in materia oggi in vigore è il decreto legislativo 81 del 2008 di cui ci siano già occupati molto. Si è visto che questa norma riordina la materia, ma soprattutto prevede diverse figure professionali coinvolte sul tema sicurezza, le stesse però sono strettamente collegate al datore di lavoro e di conseguenza, al fine di rappresentare in modo congruo anche le istanze dei lavoratori e in un certo senso dare un contrappeso, è stata prevista la figura del Rappresentante per la Sicurezza dei Lavoratori, si tratta dell’unica figura nominata dai lavoratori. La disciplina della nomina e delle funzioni di tale rappresentante è prevista negli articoli 37, 47 e 50.

Il numero degli RLS

La prima cosa da considerare è il numero di RLS che è necessario nominare. La normativa prevede l’obbligo di avere almeno un RLS che deve essere eletto tra i dipendenti nelle aziende fino a 15 dipendenti, mentre nelle aziende con più di 15 dipendenti deve essere eletto dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali e se queste mancano tra i lavoratori stessi. Per quanto riguarda il numero, l’articolo 47 del decreto legislativo 81 stabilisce che:

  1. nelle aziende o unità produttive fino a 200 dipendenti deve essere eletto un solo RLS;
  2. in aziende o unità produttive con più di 200 dipendenti e fino a 1000 dipendenti devono essere nominati 3 RLS;
  3. infine, nelle aziende con più di 1000 dipendenti devono essere eletti 6 RLS.

Gli accordi sindacali possono prevedere un numero maggiore di RLS.

Cosa fa il Responsabile del Lavoratori per la Sicurezza

I compiti principali del RLS sono inerenti la sorveglianza sulla qualità dell’ambiente sul luogo di lavoro, quindi:

  1. valuta se il luogo stesso è una potenziale fonte di pericolo, ad esempio a causa di pavimenti scivolosi;
  2. partecipa alle varie fasi di valutazione dei rischi e prevenzione degli stessi, ad esempio gli deve essere consegnato per conoscenza il DVR;
  3. è un punto di riferimento nei rapporti tra datore di lavoro e lavoratori.

I compiti assegnati al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza sono delineati dall’articolo 50 del D.Lgs 81 del 2008. Il RLS:

  • può accedere liberamente ai luoghi di lavoro;
  • effettua i controlli per la sicurezza sui luoghi di lavoro e nel caso in cui vi siano delle variazioni chiede al datore di lavoro di convocare una riunione;
  • deve essere consultato in merito alla valutazione dei rischi, programmazione , realizzazione e verifica di piani di prevenzione dei rischi;
  • può promuovere misure volte a migliorare le condizioni di sicurezza sul luogo di lavoro;
  • riceve informazioni e documentazione aziendale inerente la sicurezza sul luogo di lavoro;
  • riceve informazioni dal servizio di vigilanza;
  • formula osservazioni e proposte;
  • partecipa alla riunione periodica da fissare almeno una volta l’anno e che ha ad oggetto la discussione di problemi inerenti la sicurezza sul luogo di lavoro (articolo 35 dlgs 81 del 2008);
  • nel caso in cui nel corso del suo lavoro rilevi la presenza di determinati rischi deve avvertire il responsabile dell’azienda;
  • nel caso in cui ritenga che le misure adottate per la prevenzione degli infortuni e la protezione della salute sul luogo di lavoro siano insufficienti, può fare ricorso all’autorità competenti.

L’articolo 50, oltre a delineare i doveri e i compiti del RLS, si occupa anche dei suoi diritti, infatti deve avere l’opportunità di svolgere il suo ruolo senza perdita di retribuzione e deve disporre del tempo necessario per poterlo svolgere in modo adeguato.

Compiti del datore di lavoro nei confronti del RLS

La disciplina prevede che ci sia una piena collaborazione tra il datore di lavoro e il RLS e che quindi il primo non ostacoli il secondo nello svolgimento delle sue delicate mansioni, anzi che offra tutto l’aiuto necessario. Il datore di lavoro deve provvedere a consultare il Rappresentante per la Sicurezza sul Lavoro in diverse occasioni e in particolare in occasione della valutazione dei rischi, nella realizzazione di piani di evacuazione, piani antincendio, nella redazione del DVR, in occasione della designazione del RSPP, nell’attività di programmazione di Pronto Soccorso.

E’ previsto che il RLS sia in grado di gestire autonomamente le sue funzioni utilizzando il monte ore totale di 40 ore senza pregiudicare la sua attività lavorativa ed è consigliato fornirgli la strumentazione adeguata allo svolgimento di tali mansioni, in particolare è raccomandato che gli sia fornito un PC. In seguito all’elezione come RLS è previsto che lo stesso segua un corso di formazione della durata di 32 ore inerenti le materie di cui dovrà occuparsi, quindi la sicurezza sul luogo di lavoro.

Come viene eletto il RLS?

Per l’elezione sono previste due modalità, la prima si applica quando in azienda non vi sono rappresentanze sindacali. In questo caso sono i lavoratori a doversi organizzare e quindi devono nominare una commissione elettorale formata da almeno due persone, di cui uno scrutatore e un segretario, i cui nominativi devono essere consegnati al datore di lavoro. Si provvederà quindi a scegliere una data per le elezioni e a darne notizia, devono inoltre essere predisposti i seggi in azienda.  Possono votare tutti i lavoratori, tra cui quelli con contratto a tempo indeterminato, determinato, in prova. Votano a scrutinio segreto, possono candidarsi tutti i lavoratori, tranne quelli in prova e viene eletto il candidato che riceve il maggior numero di voti. La carica dura 3 anni.

Nel caso in cui in azienda sia presente almeno una organizzazione sindacale si procede alla elezione seguendo gli accordi interconfederali di riferimento.

Una volta nominato il RLS il suo nominativo deve essere comunicato all’INAIL.

Per saperne di più su tutte le figure coinvolte nella gestione della sicurezza sul luogo di lavoro puoi leggere:

Sicurezza sul lavoro: obblighi del lavoratore all’uso dei DPI 

Aziende: come redigere il Documento di Valutazione dei Rischi

La sorveglianza sanitaria obbligatoria per la sicurezza sul luogo di lavoro   

Sicurezza sul luogo di lavoro: la figura del medico competente

 

La sorveglianza sanitaria obbligatoria per la sicurezza sul luogo di lavoro

Le aziende, piccole o grandi che siano, hanno l’obbligo di tutelare la salute dei lavoratori e in base alla tipologia di attività che viene svolta, devono organizzare una corretta gestione di tutte le misure volte a evitare infortuni e lo sviluppo di patologie da parte dei dipendenti. Tra gli obblighi potrebbe esservi l’organizzazione della sorveglianza sanitaria obbligatoria.

Quando è necessario attivare il servizio di sorveglianza sanitaria obbligatoria

Le aziende non sono tutte uguali, infatti ci sono mansioni e luoghi di lavoro in cui non ci sono rischi e altre che invece potrebbero determinare problemi e rischi, in questo secondo caso la legge prevede che sia organizzato un servizio di sorveglianza sanitaria obbligatoria. La disciplina è contenuta nel decreto legislativo 81 del 2008 (articolo 41 come modificato dal decreto legislativo 106 del 2009), questo stabilisce gli obblighi del medico competente. Il servizio di sorveglianza sanitaria obbligatoria deve essere organizzato in caso di:

  • rischio chimico, ad esempio per chi lavora all’interno di laboratori in cui si maneggiano sostanze che possono essere nocive per il lavoratore;
  • rischio legato a rumori e vibrazioni (martelli pneumatici, mansioni in cui si sviluppano rumori particolarmente elevati e in grado di danneggiare l’apparato uditivo);
  • movimentazione manuale dei carichi, ad esempio magazzini, la sorveglianza deve essere attuata sia nel caso in cui la movimentazione avvenga senza uso di macchinari, sia nel caso in cui siano previste attrezzature specifiche (piccole gru oppure muletti);
  • lavori a contatto con agenti fisici potenzialmente dannosi (amianto, piombo, radiazioni di diversa natura, ad esempio raggi ultravioletti);
  • mansioni da svolgere in alta quota;
  • lavori notturni;
  • lavori che prevedono la presenza davanti a video-terminali per oltre 20 ore settimanali;
  • attività su impianti ad alta tensione;
  • quando sul luogo di lavoro vi è il rischio legato alla presenza di agenti cancerogeni, mutageni e rischio agenti biologici;
  • lavori in spazi confinati, sono considerati tali quelli che si svolgono in ambienti molto ristretti, ad esempio all’interno di scavi, nei sotterranei, in cisterne, vasche, serbatoi, rete fognarie. I questi casi i pericoli possono derivare da una ridotta ossigenazione e da esalazioni pericolose, purtroppo è frequentemente successo.

Cosa deve fare il medico competente

In tutti i casi visti vi è l’obbligo di organizzare il servizio di sorveglianza sanitaria obbligatoria, lo stesso viene affidato al medico competente, si tratta di un laureato in medicina che però abbia una formazione specifica sulla medicina del lavoro.

Per una guida approfondita sulla figura del medico competente, leggi la guida: Sicurezza sul luogo di lavoro: la figura del medico competente

Il servizio di sorveglianza naturalmente non si esaurisce nella nomina del medico competente, infatti è necessario elaborare un piano molto dettagliato di attività volte a tutelare i lavoratori.

Il medico per ogni lavoratore deve adottare un piano di visite e controlli. Il controllo deve essere effettuato in primo luogo al momento dell’assunzione, quindi il medico competente deve controllare che le condizioni psico-fisiche del lavoratore siano compatibili con le mansioni che dovrà svolgere e con l’ambiente lavorativo.

Nel caso in cui nel prosieguo del rapporto di lavoro vengano affidate al lavoratore delle mansioni diverse, si deve procedere nuovamente alla visita perché questa è finalizzata sempre a determinare se vi è compatibilità tra le condizioni di salute del lavoratore e le mansioni a cui è adibito.

Le visite devono essere svolte periodicamente, se la cadenza non è determinata da una norma specifica, si intende cadenza annuale, resta comunque la possibilità di richiedere il servizio di sorveglianza obbligatoria con una cadenza più breve. La visita deve inoltre essere effettuata a richiesta del lavoratore. Nei casi previsti dalla legge, la visita medica deve essere svolta anche alla cessazione del rapporto di lavoro. Infine, la visita è obbligatoria, al rientro a lavoro, in tutti i casi in cui il lavoratore è stato assente dal lavoro per oltre 60 giorni.

La cartella sanitaria nel servizio di sorveglianza sanitaria obbligatoria

Per ogni lavoratore il medico competente deve redigere una cartella sanitaria che deve essere annualmente aggiornata e trasmessa all’INAIL. Una copia deve essere consegnata su richiesta al lavoratore. Naturalmente le cartelle dei lavoratori devono essere conservate in modo da tutelare la privacy del lavoratore. La cartella deve essere conservata per almeno 10 anni.

Il medico competente non deve limitarsi a una visita di tipo fisico, infatti può richiedere anche degli esami strumentali e biologici, ad esempio radiografie e analisi del sangue. Questo vale soprattutto nei casi in cui le mansioni prevedano che il lavoratore sia esposto a rischi derivanti dall’esposizione ad agenti pericolosi.

Obblighi del medico competente

Il servizio di sorveglianza obbligatoria sul luogo di lavoro prevede per il medico competente anche l’obbligo di informare il lavoratore della natura dei rischi a cui è sottoposto, se emergono dalla visita delle criticità deve naturalmente comunicarle al lavoratore. Tra gli obblighi vi è anche quello di realizzare in forma anonima una relazione con i dati aggregati derivanti dal monitoraggio delle condizioni di salute dei lavoratori. Ad esempio potrebbe emergere che una percentuale significativa di lavoratori ha problemi polmonari, potrebbe essere necessario controllare l’efficienza dei DPI, acquistarne diversi con una maggiore capacità di protezione, oppure cambiare e migliorare i sistemi di aerazione nei locali.

Il medico competente deve inoltre visitare anche il luogo di lavoro in modo da determinare se nello stesso sono attuati tutti gli accorgimenti volti a eliminare, ridurre, contenere e controllare i rischi specifici.

Deve, infine, essere ricordato che azionare il servizio di sorveglianza obbligatoria in tutte le situazioni viste in precedenza è un obbligo del datore di lavoro, questo vuol dire che nel caso in cui tale obbligo sia disatteso sarà applicata una sanzione pecuniaria di valore minimo di 1.000 euro e massimo di 5.000 euro, inoltre è previsto l’arresto da 2 mesi a 4 mesi.

Per una panoramica sugli obblighi del datore di lavoro sulla sicurezza, leggi l’articolo: Lavoro e misure di prevenzione e protezione: doveri dell’azienda

 

Pensioni, l’Inpgi passa all’Inps: ecco cosa cambia per i giornalisti

La previdenza dell’Inpgi passera all’Inps dal 2022. È quanto riportato dal disegno di legge di Bilancio del prossimo anno con evidenti cambiamenti per le pensioni dei giornalisti, ma anche per gli ammortizzatori sociali e le assicurazioni per gli infortuni sul lavoro Inail. In particolare, la legge prevede che le regoli pensionistiche dei giornalisti iscritti all’Inpgi verranno uniformate a quelle vigenti al Fondo pensione dei lavoratori dipendenti dell’Inps con decorrenza dal 1° luglio 2022. Il calcolo della pensione a partire da quella data sarà basato sul meccanismo pro rata.

Cosa cambia per i giornalisti con il passaggio dall’Inpgi all’Inps?

Le novità per le pensioni dei giornalisti ricadono sulle quote di pensione dopo il 30 giugno 2022. Fino a quella data, infatti, le quote di pensione saranno calcolate seguendo le medesime regole attualmente in vigore da parte dell’Inpgi. A decorrere dal 1° luglio 2022 subentreranno le regole dell’Inps. La differenza tra i regimi adottati dai due istituti previdenziali risiede innanzitutto nel metodo di calcolo della pensione. Infatti, l’Inpgi ha adottato il meccanismo di calcolo della pensione contributivo solo dal 2017. Lo stesso metodo contributivo è in vigore per chi è iscritto alla gestione delle pensioni Inps per tutti già dal 2012, dopo l’approvazione della legge Fornero. Il che significa che dal 2012 ad oggi non vi sono contributi calcolati con meccanismi diversi (misto o retributivo) da quello contributivo.

Pensioni Inpgi, quando potranno uscire da lavoro i giornalisti?

Con il passaggio della previdenza dall’Inpgi all’Inps le pensioni in essere non subiranno delle modifiche. È quanto stabilisce l’articolo 28 del disegno di legge del Bilancio 2022 che, però, ne detta anche le novità e a chi sono rivolte. Il regime pensionistico che vige al momento all’Inpgi verrà uniformato a quello dell’Inps, ad eccezione dell’applicazione del meccanismo pro rata. Ciò significa che anche i giornalisti andranno in pensione di vecchiaia a 67 anni di età con 20 anni di contributi, come avviene per gli iscritti all’Inps. Inclusi gli aggiornamenti dell’età di uscita dovuti all’applicazione del meccanismo della speranza di vita.

Come cambia la pensione dei giornalisti passando all’Inps?

Il cambiamento delle pensioni dei giornalisti con il passaggio dall’Inpgi all’Inps comporta un innalzamento dei requisiti di uscita. Infatti, attualmente i giornalisti vanno in pensione di anzianità maturando almeno 40 anni e cinque mesi di contributi e 62 anni e cinque mesi di età. Con il passaggio all’Inps, dal 1° luglio 2022 per uscire anticipatamente dal lavoro saranno necessari 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e con 41 anni e 10 mesi per le donne. Ciò significa che chi matura i requisiti per l’uscita entro il 30 giugno 2022 potrà andare in pensione con gli attuali requisiti richiesti dall’Inpgi. Chi matura i requisiti successivamente, dovrà seguire le regole previdenziali dell’Inps, sia per la pensione di vecchiaia che per quella anticipata.

Ammortizzatori sociali Inpgi con il passaggio all’Inps: cosa cambia?

Il passaggio del regime previdenziale Inpgi all’Inps comporta dei cambiamenti anche per gli ammortizzatori sociali e le assicurazioni sugli infortuni. Per entrambi gli istituti è stato decretato un regime transitorio. Ciò significa che dal 1° luglio 2022 e fino a tutto il 2023 agli iscritti Inpgi continuerà a essere applicata la normativa vigente dell’istituto previdenziale di appartenenza, anche se l’erogazione delle prestazioni avverrà sempre da parte dell’Inps e dell’Inail. Dopo il 2023 entrambi gli istituti erediteranno le regole già in vigore per gli iscritti al Fondo pensione lavoratori dipendenti.

Lavoro e misure di prevenzione e protezione: doveri dell’azienda

Nel tempo si è data sempre maggiore importanza alla sicurezza sui luoghi di lavoro, sebbene al quadro normativo non sempre sia corrisposto un reale aumento di essa, infatti ancora oggi si sente spesso parlare di morti sul lavoro o infortuni. In linea generale si può dire che il responsabile per la predisposizione di misure di prevenzione e protezione è l’azienda, o semplicemente  il datore di lavoro, ma vedremo nel prosieguo che si tratta in realtà di una responsabilità condivisa con più soggetti che insieme devono cooperare.

Disciplina su misure di prevenzione e protezione

La prima importante normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro è la legge 626 del 1994 che è stata poi abrogata dal decreto legislativo 81 del 2008 che è denominato proprio “Testo Unico sulla Sicurezza sui luoghi di lavoro”, a sua volta integrato dal decreto legislativo 106 del 2009.

La normativa sulle misure di prevenzione e protezione per la sicurezza sui luoghi di lavoro è abbastanza complessa perché molto dipende dalla tipologia delle prestazioni poste in essere dalle aziende, dalla strumentazione utilizzata che può essere più o meno pericolosa e dal numero di dipendenti presenti in azienda. In questa sede ci si occuperà delle linee generali, riservandoci in seguito di entrare nel dettaglio per quanto riguarda le responsabilità, gli obblighi e i doveri dei diversi attori, tra questi ci sono anche i lavoratori, che non sono esenti da doveri al fine di rendere l’ambiente di lavoro sicuro.

Occorre ricordare che spesso il Ministero per le Attività Produttive e del Lavoro mettono a disposizione risorse rivolte soprattutto a Piccole e Medie Imprese, che hanno maggiori difficoltà economiche ad affrontare i costi relativi a misure di prevenzione e protezione sul lavoro, delle risorse specifiche, si può trovare un esempio nel bando ISI INAIL, clicca per avere Maggiori Informazioni.

Il Documento di Valutazione dei Rischi

Il primo obbligo del datore di lavoro è quello di predisporre il Documento di Valutazione dei Rischi, anche chiamato semplicemente DVR, questo è obbligatorio in tutte le aziende che abbiano almeno un dipendente e deve essere naturalmente reso disponibile ai dipendenti, ma anche consegnato a richiesta in caso di controlli e ispezioni. Tra i soggetti che sono obbligati a redigere il Documento di Valutazione dei Rischi vi sono anche gli istituti scolastici, in questo caso l’obbligo ricade sul dirigente scolastico.

Si tratta di un atto essenziale e obbligatorio che deve tenere in considerazione diversi elementi, quindi la tipologia di lavoro che viene svolta in azienda, le mansioni e i rischi specifici legati ad esse, lo stress psicologico a cui può andare incontro il lavoratore, i rischi connessi all’uso di determinati materiali, ad esempio elementi chimici, i rischi relativi all’uso di strumentazioni particolari. Oltre a delineare i rischi deve anche individuare tutti gli accorgimenti ed eventuali dispositivi da utilizzare per ridurre il rischio stesso e quindi per prevenire infortuni e patologie legate al mondo del lavoro.

Chi redige il DVR

Tale relazione oltre a indicare i rischi, deve indicare anche i criteri adottati per ridurli o eliminarli. Può essere redatta dal datore di lavoro in collaborazione con altri soggetti, come:

  • medico competente (articolo 18 d.lgs 81 del 2008 prevede obbligo di nominare un medico competente in tutte le aziende in cui si svolgono mansioni che possono portare malattie professionali o in cui vi è un elevato rischio di sinistri), le sue mansioni sono previste nell’articolo 25 che approfondiremo in seguito;
  • Responsabile del servizio di prevenzione e protezione, RSPP (ruolo che in alcuni casi può essere ricoperto dal datore di lavoro, a determinate condizioni) e che prevede una formazione specifica che resta un costo a carico del datore di lavoro anche se tale ruolo è svolto da persone diverse rispetto al datore stesso;
  • Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza RLS (figura scelta dai lavoratori).

Dispositivi di sicurezza individuali e collettivi

Tra gli obblighi del datore di lavoro vi è anche quello di organizzare il lavoro in modo che i rischi siano ridotti e in questo caso si distingue tra Dispositivi per la Protezione Individuale  (DPI) e Dispositivi per la Protezione Collettiva (DPC), ad esempio in un locale in cui il rischio incendio è elevato devono essere predisposti tutti i mezzi adatti a ridurre i rischi, come la presenza di estintori, la loro accessibilità e la corretta manutenzione degli stessi. Le impalcature in sicurezza in edilizia sono a loro volta DPC.

 Negli esempi fatti si tratta di dispositivi di sicurezza collettiva, ma l’azienda (datore di lavoro) è obbligata anche a fornire ai lavoratori Dispositivi di Protezione Individuale, gli stessi devono essere conformi alle normative CE e devono essere scelti tenendo in considerazione le mansioni da svolgere, ad esempio caschi per chi lavora in altezza, guanti, scarpe antinfortunistiche, ma anche maschere di protezione con filtri di varia natura in base al tipo di materiale che viene utilizzato. Ad esempio ci sono normative specifiche per coloro che lavorano in ambito farmaceutico o per coloro che sono addetti al recupero e allo smaltimento dell’amianto.

Obbligo di formazione su misure di prevenzione e protezione

Tra gli obblighi del datore di lavoro vi è quello di dare informazioni ai lavoratori sulla corretta gestione della sicurezza sul luogo di lavoro e in caso di necessità predisporre corsi di formazione il cui costo è a carico dell’azienda.  Ad esempio deve fornire informazioni sulle corrette procedure di evacuazione in caso di incendio in azienda, oppure deve illustrare come funzionano i macchinari, come deve essere eseguita la manutenzione ordinaria degli stessi a termine del ciclo di lavoro. Tali informazioni devono essere fornite facendo in modo che siano perfettamente comprensibili a tutti i lavoratori, compresi gli stranieri.

Un’ultima nota deve essere fatta con riguardo al Covid 19, infatti l’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) ha predisposto per le aziende un documento tecnico per le aziende volto a contenere il rischio di contagio da Covid 19, si tratta di una serie di misure suppletive dirette alle aziende che hanno continuato a essere operative durante il periodo di emergenza e che prevede una serie di indicazioni per valutare il rischio Covid in ambiente lavorativo e predisporre le misure adatte al contenimento del contagio.

Infortuni sul lavoro: circolare INPS 24 del 2021 su ritardata denuncia INAIL

Le notizie degli ultimi giorni sugli infortuni sul luogo di lavoro sono drammatiche e purtroppo molti di questi eventi hanno portato alla morte, tra i lavori maggiormente coinvolti vi sono quelli nell’agricoltura, edilizia e industria. La maggior parte degli infortuni è purtroppo determinata dalla mancata applicazione della normativa sulla sicurezza sul luogo di lavoro. Al verificarsi di infortuni sul luogo di lavoro è previsto l’obbligo di denuncia a carico del datore di lavoro e la normativa stabilisce conseguenze rilevanti in caso di omessa o ritardata denuncia INAIL.

Infortuni sul lavoro: obbligo di denuncia INAIL

In seguito al verificarsi di infortuni sul lavoro è prevista una prassi specifica per la loro denuncia all’INAIL, questa deve avvenire anche nel caso in cui per la tipologia e l’entità dell’infortunio non sia previsto un ristoro economico. L’obbligo di denuncia all’INAIL ricade sul datore di lavoro e sono previste sanzioni in caso di ritardata denuncia INAIL, o omissione.

La normativa stabilisce che il datore di lavoro ha l’obbligo di denunciare all’INAIL gli infortuni sul lavoro prevedendo due termini specifici:

  • per gli infortuni con prognosi di guaribilità superiore a tre giorni, in base all’articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, la denuncia del datore di lavoro deve essere fatta entro 2 giorni decorrenti dal giorno successivo rispetto a quello in cui ha ricevuto notizia del sinistro;
  • per gli infortuni di grave entità, tra cui quelli che hanno determinato la morte del lavoratore la denuncia deve essere presentata entro 24 ore dall’evento.

La procedura per la denuncia infortuni INAIL

La procedura prevede che il lavoratore, in seguito ad infortunio, si rechi presso una struttura ospedaliera o studio medico e qui sia rilasciato il certificato medico, dovendo dichiarare come è avvenuto il sinistro, partirà la segnalazione all’INAIL. A questo punto il certificato deve essere consegnato dal lavoratore al datore di lavoro e da questo momento iniziano a decorrere per  lui i termini per denunciare il sinistro. Naturalmente non possono applicarsi sanzioni al datore di lavoro se lo stesso non riceve tale certificato.

Dal certificato medico devono emergere tutte le circostanze in cui il sinistro si è verificato e quindi anche eventuali carenze inerenti le condizioni di igiene e sicurezza sul luogo di lavoro.

Le modalità per l’invio della denuncia variano in base alla tipologia di imprenditore/datore di lavoro, infatti la procedura ordinaria prevede l’invio telematico, attraverso il sito dell’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) in cui è presente un’apposita sezione. Nel caso in cui il datore di lavoro non sia un imprenditore e si tratti di lavori domestici o contratti di collaborazione, la denuncia può essere inviata anche tramite PEC (Posta Elettronica Certificata), se il soggetto non è titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata può essere utilizzata la raccomandata A/R. La raccomandata o PEC deve essere inviata alla sede INAIL territorialmente competente.

Ricordiamo che, in caso di infortunio sul lavoro, la legge tutela anche il lavoratore in nero.

Circolare INAIL 24 del 9 settembre 2021

La circolare INAIL 24 del mese di settembre 2021 ha chiarito ulteriori punti. I termini visti per la denuncia da parte del datore di lavoro iniziano a decorrere dal momento in cui riceve dal lavoratore il certificato con il numero identificativo dell’infortunio trasmesso all’INAIL dal medico o dalla struttura sanitaria ( ad esempio il pronto soccorso). Se il termine coincide con un giorno festivo, lo stesso slitta al primo giorno non festivo. Il sabato è considerato giorno feriale anche nel caso in cui nell’azienda non sia considerato giorno lavorativo.

Può capitare che un infortunio sia inizialmente giudicato guaribile nell’arco di 3 giorni e che quindi non si verifichi la condizione essenziale per la denuncia INAIL, se in seguito a nuova visita dovesse emergere che in realtà non sono bastati i tre giorni alla guarigione e che quindi è necessario prolungare il periodo di assenza dal lavoro per infortunio, deve essere presentata una nuova certificazione medica che attesti tale condizione. In tal caso i termini prima visti iniziano a decorrere da questo momento.

Nella circolare viene sottolineato anche che l’INAIL è tenuta a iniziare l’istruttoria in seguito alla segnalazione della struttura sanitaria/medico, su segnalazione del lavoratore o dei patronati che assistono i lavoratori, di conseguenza, se alla primaria denuncia di tali soggetti non succede quella del datore di lavoro, l’INAIL è tenuta a richiedere la lavoratore la denuncia stessa in modo da poter proseguire l’istruttoria. Naturalmente visto il ritardata denuncia INAIL o omessa, si applica la sanzione che vedremo a breve.

Ritardo nella denuncia INAIL: conseguenze

Si è visto quindi che sono previsti termini stringenti per la denuncia dell’infortunio da parte del datore di lavoro,  se gli stessi sono violati sono applicate delle sanzioni amministrative. Il reato è stato depenalizzato dal primo gennaio 1994, con la legge 561 del 1993, in precedenza era prevista l’ammenda (sanzione per reato penale). L’ammontare varia da un minimo di 1.290,00 a un massimo di 7.745,00 euro. Nel caso in cui il datore di lavoro non ottemperi a tali obblighi, è prevista la notifica presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro che provvederà alla riscossione delle somme, prima attraverso l’emissione di un’ordinanza e in seguito con esecuzione forzata.

Infortuni sul lavoro: obbligo segnalazione al SINP a fini statistici e di ricerca

Oltre alla denuncia INAIL, in base all’18, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 a fini statistici è prevista anche la segnalazione allo stesso ente e tramite questi al SINP (Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro) di tutti gli infortuni, compresi quelli con prognosi inferiore a 3 giorni. Anche in questo caso si tratta di un obbligo e in caso di mancato adempimento si applica al sanzione amministrativa di sanzione amministrativa da :

  • 1.228,50 a 5.528,28 euro per gli infortuni con prognosi superiore a 3 giorni
  • da 614,25 a 2.211,31 euro per gli infortuni con prognosi inferiore.

Nel caso di infortuni inizialmente giudicati guaribili nell’arco di 3 giorni e successivamente rivelatisi più gravi, sul sito è presente la voce “converti in denuncia”, in questo modo le segnalazioni a fini statistici sono convertite direttamente, dal datore di lavoro, in denuncia con recupero automatico di tutti i dati. Tale funzione è operativa dal 28 settembre 2018.

 

INPS e INAIL: come si apre una posizione?

Oggi andiamo a scandagliare una piccola guida per l’iscrizione obbligatoria ad INPS e INAIL, per nuove imprese, lavoratori occasionali e professionisti. Scopriamo, dunque, come aprire una posizione INPS e INAIL.

Obblighi verso INPS e INAIL, come aprire una posizione:

Cominciamo col dire che hanno l’obbligo di iscriversi ad INPS e INAIL tutti i datori di lavoro, le aziende e i lavoratori autonomi che avviano la propria attività. Andiamo, pertanto, a scoprire come occorre una posizione verso i due enti, nel caso di commercianti, artigiani e lavoratori autonomi. Partendo dai lavoratori autonomi, cominciamo col dire che non appartengono ad un ente previdenziale autonomo, ma dovranno effettuare iscrizione alla gestione separata INPS, in un tempo di 30 giorni dall’apertura dell’attività registrata all’Agenzia delle entrate.

Dovranno quindi iscriversi alla Gestione Separata:

  • i professionisti senza ordine;
  • i lavoratori autonomi occasionali con un reddito superiore ai 5000 euro.

Come iscriversi all’INPS, per i lavoratori autonomi:

I soggetti obbligati all’iscrizione INPS, potranno effettuare tale passaggio attraverso via telematica, ma anche attraverso comunicazione Unica, usando il servizio online ComUnica. O, ovviamente, recandosi presso sportello fisico dell’INPS. I dati anagrafici, codice fiscale e data di avvio di attività, sono i requisiti richiesti per l’iscrizione.

Come iscriversi all’INPS, per i commercianti:

Per quanto riguarda i commercianti, dovranno iscriversi alla Gestione Artigiani e Commercianti dell’INPS. Per fare ciò sarà necessario presentare la Comunicazione Unica. Trattasi di un adempimento obbligatorio sia per le imprese individuali, sia per le imprese familiari, sia per le società di persone Sas, le Snc che per le società di capitali che operano nel settore del terziario, del turismo e del commercio.

Come iscriversi all’INPS per gli artigiani:

Per concludere il quadro di iscrizioni all’INPS, vediamo come funziona per la categoria degli artigiani. Questi dovranno anch’essi effettuare l’iscrizione all’INPS nella Gestione Artigiani e Commercianti, sempre attraverso la Comunicazione Unica da inviare entro 30 giorni dall’inizio dell’attività artigiana. Questo obbligo spetterà alle imprese individuali, alle imprese familiari, alle società di persona Sas e alle società di capitali che svolgono un’attività di produzione di beni e semilavorati e di prestazioni di servizi. I requisiti richiesti agli artigiani sono, principalmente, i seguenti:

  • avere l’età minima di 18 anni;
  • esercitare l’attività anche manuale di persona;
  • svolgere in prevalenza il lavoro di artigiano
  • assumersi la piena responsabilità dell’impresa
  • restare entro e non oltre i limiti dimensionali previsti dalla legge 443/85.

Come iscriversi all’INAIL

Per quanto riguarda l’iscrizione all’ ente INAIL vediamo cosa cambia per queste stesse categorie che ne mantengono l’obbligo. All’ istante in cui sarà avviata la nuova attività, sia gli imprenditori che i datori di lavoro dovranno presentare all’Istituto la denuncia di iscrizione attraverso il servizio telematico ComUnica, lo stesso servizio online usato per l’iscrizione all’INPS. Nella quale denuncia di iscrizione dei dipendenti, i datori di lavoro, dovranno fornire indicazioni riguardo l’attività esercitata, le lavorazioni svolte e le retribuzioni dei lavoratori. Nel caso, invece, specificatamente delle imprese marittime, queste dovranno indicare anche il tipo di nave, il relativo utilizzo della stessa ed infine il numero di persone previste dalla tabella di armamento.

Cos’è e come funzione ComUnica?

Prima di passare allo step definitivo per il conseguimento della certificazione, a seguito dell’iscrizione INAIL, precisiamo qualcosa sul servizio ComUnica. Tale servizio, previa esclusivamente telematica, attraverso portale online, coinvolge le Camere di commercio, l’industri, l’artigianato e l’agricoltura, l’Agenzia delle entrate e quindi INAIL e INPS. Si prefissa di essere una facilitazione amministrativa atta a consentire di assolvere a tutti gli adempimenti, rivolgendosi ad un solo canale telematico, ovvero il Registro delle Imprese. Effettuando un solo invio si potrà, così, assolvere a tutti gli adempimenti amministrativi previsti per l’iscrizione al Registro delle imprese e, se ne sussistono i presupposti di legge, anche per quelli previdenzialiassistenziali e fiscali.

Certificato di assicurazione INAIL

Al limite dei 30 giorni dalla data della presentazione della suddetta denuncia di iscrizione, l’ente INAIL potrà rilasciare un certificato di assicurazione. Questo viene pertanto chiamato certificato di assicurazione INAIL, il quale contiene al suo interno i seguenti dati:

  • il codice abbinato alla ditta;
  • il numero di posizione assicurativa territoriale;
  • il PIN per l’accesso ai servizi telematici;
  • gli elementi utili e necessari al calcolo del premio assicurativo;
  • l’importo del premio dovuto e le relative scadenze per il versamento del medesimo.

Ora, dunque, avete scoperto tutto il necessario per il vostro passaggio di iscrizione ad INPS e INAIL, non vi resta che passare ai fatti per le dovute procedure.

Obbligo di tutele anche per le imprese familiari

E’ stato deciso, con la sentenza n. 20406/2017 della Corte di Cassazione, che le disposizioni di sicurezza per l’utilizzo delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale previste dal decreto legislativo n. 81/2008, il Codice Unico della Sicurezza, si applicano anche altre imprese familiari.
Questo significa che il premio INAIL è dovuto anche per i collaboratori dell’impresa familiare e che, in caso di decesso per infortunio sul lavoro, deve essere riconosciuto alla moglie del collaboratore deceduto la costituzione della rendita.

Con la stessa sentenza la Cassazione ha stabilito anche il diritto dell’INAIL alla rivalsa, nel caso in cui il titolare non abbia predisposto adeguate misure di sicurezza, anche se con il collaboratore familiare non c’è rapporto di subordinazione.

In questa particolare sentenza, i giudici hanno riconosciuto alla titolare di un’impresa familiare, coniuge del lavoratore deceduto per infortunio professionale, il diritto alla costituzione della rendita come superstite, confermando la compensazione con quanto richiesto dall’INAIL a titolo di rivalsa per i premi non versati come datrice di lavoro.

La decisione è stata motivata ricordando che:

  • la legge prevede che la titolarità dei poteri di organizzazione e gestione anche in materia di sicurezza sul lavoro rimangono in capo all’imprenditore;
  • alla titolarità dei poteri di organizzazione e gestione posti in capo all’imprenditore corrisponde simmetricamente il dovere di predisporre le necessarie misure di sicurezza a favore dei partecipanti che prestano l’attività soggetta a rischio assicurabile;
  • i partecipanti all’impresa familiare che prestano la loro opera in maniera continuativa nella stessa impresa rientrano comunque tra i soggetti assicurabili INAIL.

Vera MORETTI

Seminario sulla prevenzione per le pmi del terziario

Si è tenuto a Roma il 22 marzo presso la sede nazionale di Confcommercio, il seminario “Finanziamenti Inail per la prevenzione nelle piccole e micro imprese di alcuni comparti del terziario”.

Ad intervenire a questo importante appuntamento sono stati ben sette rappresentanti dell’Istituzione nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro, e tra questi anche Ester Rotoli, direttore centrale Prevenzione.
Tutti, a turno, hanno voluto illustrare il funzionamento del bando, approfondendo così tutti gli aspetti utili ad accompagnare le imprese.

Ad aprire i lavoro, Jole Vernola, direttore centrale per le politiche del lavoro e Welfare di Confcommercio, la quale ha evidenziato che “per la prima volta, grazie alla collaborazione con l’Inail, esce un bando esclusivamente indirizzato alle piccole e micro imprese del terziario, che potranno beneficiare di un contributo fino a 50.000 euro pari al 65% dell’investimento. Si tratta di un tassello importante nel percorso che Confcommercio sta portando avanti per sviluppare la cultura della prevenzione, accanto alla necessità di semplificazione degli adempimenti per settori a basso rischio come i nostri. Il bando stanzia 20 milioni di euro per interventi finalizzati alla riduzione di particolari rischi come ferite da taglio, ustioni, cadute e rumore. I beneficiari possono essere ristoranti, bar gelaterie, pasticcerie, catering, mense, minimercati e altri esercizi non specializzati di alimentari vari, nonché il commercio al dettaglio di altri prodotti alimentari”.

Vera MORETTI

Pagamento online dell’ assicurazione infortuni domestici

Novità in vista per l’ assicurazione infortuni domestici. Con un’apposita circolare emanata a fine 2015, l’Inail ha indicato come modalità principale per il pagamento del premio per il rinnovo dell’ assicurazione infortuni domestici, che scadrà l’1 febbraio 2016, la modalità elettronica.

Si tratta del sistema pagoPA, realizzato dall’AgID per effettuare i pagamenti elettronici verso le pubbliche amministrazioni e i gestori di servizi di pubblica utilità. Ricordiamo che l’importo del premio è di 12,91 euro, deducibili anche fiscalmente.

Attraverso il sistema di pagamento pagoPA dell’ assicurazione infortuni domestici è possibile risolvere il problema di attribuzione del pagamento alla posizione dell’assicurato, una procedura che, fino ad ora, ha presentato alcune difficoltà di gestione.

Il premio potrà comunque essere ancora pagato utilizzando le modalità tradizionali, presentando agli sportelli degli uffici postali il bollettino postale prestampato intestato all’Inail, allegato alle lettere inviate dall’Istituto per il rinnovo dell’assicurazione.

Commercialisti italiani e Inail, protocollo d’intesa

I commercialisti italiani si dimostrano ancora una volta estremamente sensibili sull’importante tematica della sicurezza e degli infortuni sul lavoro. La conferma viene dall’Inali, che ha reso noto un protocollo di collaborazione con il Cndcec sul tema.

Sul sito dell’Inail è stata infatti pubblicata la Determina del Presidente n. 392 con la quale l’istituto ha approvato un protocollo di collaborazione di cinque anni con il Consiglio Nazionale dell’ordine dei commercialisti ed esperti contabili in materia di sicurezza e salute sul lavoro.

Il protocollo prevede che Inail e commercialisti italiani mettano a punto uno standard di gestione delle procedure per implementare l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali che punti a semplificare le procedure e a migliorare l’erogazione delle prestazioni.

Il documento sottoscritto dai commercialisti italiani e dall’Inail prevede anche la promozione di azioni comuni che puntino a diffondere la cultura della salute e della sicurezza sul lavoro; un percorso che può essere avviato dall’analisi dei dati sugli infortuni, per applicare poi meccanismi che premino le aziende impegnate nella messa in opera di buone pratiche.