Assegno di maternità, posso averlo se ho un contratto di lavoro atipico?

Spesso le donne hanno dei lavori con un contratto atipico, si tratta di contratti di lavoro differenti dal classico contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato o di lavoro autonomo e che per la loro discontinuità e maggiore flessibilità spesso non hanno le stesse tutele dei contratti di lavoro definiti “tipici”. In questo caso a molte donne sorge il dubbio: se resto incinta, posso avere il riconoscimento della maternità? La risposta è positiva e in questo caso si parla anche di assegno di maternità dello Stato, per differenziarlo rispetto a quello dei comuni. Vediamo ora come le lavoratrici atipiche possono ottenere l’assegno di maternità e in quali casi.

In quali casi si può avere l’assegno di maternità dello Stato?

L’assegno di maternità erogato alle lavoratrici atipiche è regolato dal decreto legislativo 151 del 2001, articolo 75, prevede per il 2023 un importo di 2.343,29 euro e viene riconosciuto alle lavoratrici:

  • che abbiano maturato 3 mesi di contribuzione nel periodo compreso tra 18 mesi e 9 mesi antecedenti rispetto alla data del parto o, in caso di adozione o affidamento pre-adottivo, effettivo ingresso del bambino nella famiglia;
  • donne lavoratrici che hanno sciolto il rapporto di lavoro durante la gravidanza che abbiano però maturato 3 mesi di contributi nel periodo compreso tra 18 mesi e 9 mesi rispetto alla data del parto;
  • alla madre se ha lavorato almeno tre mesi e perso il diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali, il lasso di tempo compreso tra la data della perdita del diritto e la data del parto o dell’effettivo ingresso in famiglia del bambino, in caso di adozione o affidamento, non deve superare né il periodo delle prestazioni godute né i nove mesi.

Come ottenere l’assegno di maternità dello Stato

Per poter ottenere l’assegno, erogato una tantum e quindi un’unica soluzione, è necessario presentare la domanda all’Inps entro 6 mesi dalla nascita del bambino o dall’ingresso in famiglia. La domanda può essere presentata in modo autonomo, attraverso il sito dell’Inps, utilizzando le proprie credenziali Spid, Cie o Cns. Inoltre può essere presentata tramite contact center al numero verde 803 164 da telefono fisso oppure da cellulare al numero 06164164. In questo caso si applica il costo del proprio piano tariffario. Infine, è possibile rivolgersi a patronati.

Ricordiamo, che l’assegno di maternità dello Stato 2023 può essere erogato anche in favore del padre lavoratore, se ha gli stessi requisiti previsti dalla madre e la stessa non riconosca il figlio, ci sia un evento infausto, in caso di affidamento esclusivo al padre, adottante non coniugato.

Leggi anche: Maternità dei Comuni: aumentano gli importi e l’ISEE

Partite Iva e coltivatrici dirette, maggiori tutele per congedi parentali e indennità di maternità

Per le partite Iva, i liberi professionisti e i lavoratori autonomi arrivano maggiori tutele sui congedi parentali e sulle indennità di maternità. Le nuove disposizioni rientrano nella bozza del decreto legislativo di attuazione della direttiva europea numero 1158 del 2019. In particolare, ai lavoratori autonomi spettano maggiori tutele sulla maternità difficile e sul congedo parentale per quanto attiene le indennità.

Partite Iva e professionisti, quali le novità in arrivo per la maternità e i congedi parentali?

Le nuove disposizioni comprese nel decreto legislativo prevedono che, i liberi professionisti e le lavoratrici autonome abbiano diritto alle indennità giornaliere anche nei periodi prima dei due mesi antecedenti il parto. Sarà estesa l’indennità di congedo parentale per i liberi professionisti e le partite Iva. Inoltre, per gli iscritti alla Gestione separata Inps, si innalzerà da sei a nove mesi il periodo di congedo parentale e la fruizione sarà allargata dai tre ai dodici anni del figlio.

Lavoratori autonomi e libere professioniste, le novità della maternità difficile

La prima disposizione in arrivo per le libere professioniste riguarda le iscritte alle Casse previdenziali autonome e le partite Iva per la maternità difficile. Tra le lavoratrici autonome rientrano:

  • le mezzadre, le colone e le coltivatrici dirette;
  • le commercianti e le artigiane;
  • le pescatrici autonome.

Professioniste iscritte alle Casse previdenziali e lavoratrici autonome avranno maggiori tutele in caso di maternità difficile. In particolare, entrambe le categorie autonome potranno beneficiare di un’indennità estesa a prima dei due mesi antecedenti il parto.

Cosa cambia per il parto difficile per le lavoratrici autonome e le professioniste?

La bozza del decreto legislativo, dunque, pone modifiche all’attuale disciplina sulla maternità difficile. Quest’ultima avviene nel caso di “gravi complicazioni della gravidanza o nel caso di persistenti forme morbose che potrebbero aggravare lo stato della gravidanza”. La maternità difficile deve essere accertata dalla Asl. Per tutti questi casi, la bozza del provvedimento estende il diritto a ottenere l’indennità. Attualmente, l’indennità è dell’80% di 5/12 del reddito professionale denunciato ai fini fiscali per le libere professioniste; per le lavoratrici agricole l’indennità è fissata all’80% della retribuzione minima giornaliera.

Partite Iva, in arrivo l’estensione del congedo parentale anche agli uomini

Ancora, il decreto legislativo pone maggiori tutele anche alle partite Iva e ai lavoratori autonomi per quanto attiene al congedo parentale. La misura attualmente in vigore prevede che il congedo parentale spetti alle lavoratrici autonome per un periodo di tre mesi da fruirne entro il compimento di un anno di vita del bambino. Se si tratta di adozione, entro il primo anno dall’entrata in famiglia. La bozza del provvedimento estende la stessa misura anche ai lavoratori autonomi padri.

Congedo parentale, le novità in arrivo per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata Inps

Infine, novità in arrivo anche per i professionisti senza la Cassa previdenziale. Si tratta di lavoratori autonomi, uomini e donne, iscritti alla Gestione separata Inps, che sono tenuti a versare contributi previdenziali con importi maggiorati. In tal caso, il congedo parentale verrebbe elevato da sei a nove mesi (per un periodo di almeno tre mesi da fruire da parte di ognuno dei due genitori). L’attuale normativa consente un periodo di fruizione del congedo parentale di sei mesi nei primi tre anni di vita del bimbo. Complessivamente, la coppia può usufruire di sei mesi di congedo parentale.

Congedo parentale, come potrebbe cambiare per partite Iva e professionisti della Gestione separata Inps?

Il cambiamento, rispetto all’attuale normativa, del congedo parentale per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata Inps prevederebbe:

  • un periodo di fruizione incrementato dagli attuali sei mesi a nove mesi;
  • si potrebbe usufruire del congedo parentale entro i primi dodici anni di vita del figlio;
  • ciascun genitore potrebbe beneficiare di un periodo minimo di tre mesi del congedo parentale;
  • a uno dei due genitori spetterebbe un periodo aggiuntivo di tre mesi (dunque, il congedo spetterebbe per tre mesi a un genitore e per sei mesi all’altro);
  • non si può superare il limite dei nove mesi sommando i congedi parentali dei due genitori.

 

 

Maternità e paternità per lavoratori dello spettacolo. Circolare INPS 182/21

Con la circolare 182 del 10 dicembre 2021 l’INPS ha dettato le regole per la maternità e paternità per lavoratori dello spettacolo dipendenti e autonomi.

Circolare 182 del 2021 dell’INPS: maternità e paternità per lavoratori dello spettacolo

Il decreto Sostegni Bis (DL 73/2021), entrato  in vigore il 26 maggio 2021, con l’articolo 66 comma 3 ha introdotto delle novità inerenti il sostegno alla maternità e paternità con modifiche al Testo Unico. Con la circolare 182 l’INPS mette invece in evidenza gli aspetti operativi di tale sostegno per i lavoratori dipendenti e autonomi. La circolare prevede che nel caso in cui la lavoratrice abbia sia rapporti di lavoro subordinato che rapporti di lavoro autonomo, si applichi la disciplina prevista per l’ultimo contratto sottoscritto. Inoltre stabilisce che nel caso in cui la lavoratrice al momento dell’inizio del periodo di maternità non abbia rapporti di lavoro in corso, è comunque prevista la tutela della maternità e paternità nel caso in cui negli ultimi 12 mnesi ci siano stati rapporti di lavoro.

Maternità e paternità per lavoratori dello spettacolo con contratto di lavoro dipendente

In base all’articolo 59 bis del Testo Unico sulla Tutela della maternità e paternità, così come modificato dal decreto Sostegni Bis i lavoratori dello spettacolo le tutele previste dalla normativa vengono riconosciute ai lavoratori dello spettacolo iscritti al Fondo Pensione Lavoratori dello Spettacolo, le stesse si differenziano in base alla tipologia di contratto.

Per i lavoratori dipendenti è previsto l’obbligo di astensione dal lavoro per la madre nei due mesi precedenti il parto e tre mesi successivi all’evento. Gli eventuali giorni non goduti prima del parto, possono essere goduti successivamente (ad esempio in caso di parto prematuro, oppure quando si decide di posticipare l’uscita dal lavoro). In questo periodo è prevista l’erogazione di un’indennità pari all’80% retribuzione media globale giornaliera.

Per i lavoratori dello spettacolo con contratto di lavoro dipendente sono previste le tutele riconosciute alle altre lavoratrici, cioè  tutela del parto prematuro, sull’interruzione volontaria o spontanea di gravidanza, rinvio e sulla sospensione del congedo di maternità, prolungamento del diritto alla corresponsione dell’indennità, adozioni e affidamento.

Ai lavoratori dello spettacolo si applicano anche le regole del congedo parentale. Lo stesso può essere usufruito durante i primi 12 anni di vita del bambino, può essere utilizzato da entrambi i genitori per un periodo massimo di 6 mesi, se il padre utilizza più di 3 mesi di congedo parentale, può usufruire in totale di 7 mesi. Il periodo complessivo di congedo parentale è di 10 mesi, elevati a 11 se il padre usufruisce di almeno 3 mesi.

Il congedo parentale può essere usufruito sull’intera giornata lavorativa o per un periodo frazionato nell’arco della giornata.

I genitori nel periodo in cui usufruiscono del congedo parentale hanno diritto al 30% della retribuzione.

Lavoratori dello spettacolo: maternità e paternità per i lavoratori autonomi

Sappiamo bene che i lavoratori dello spettacolo spesso sono inquadrati come liberi professionisti con partita IVA e non come lavoratori dipendenti. In questi casi le norme che si applicano per la tutela della maternità e della paternità sono diverse. Per le lavoratrici autonome è prevista l’astensione dal lavoro per gli ultimi due mesi prima della data presunta del parto e 3 mesi successivi. In questo caso l’indennità è pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera. Per accedere è necessario essere iscritti al Fondo Pensioni Lavoratori dello Spettacolo.

Per le lavoratrici autonome vi è la possibilità di continuare a lavorare anche nel periodo di maternità, quindi non c’è l’astensione obbligatoria dal lavoro. Cambia anche il congedo parentale che può essere usufruito per 3 mesi con la retribuzione al 30% ma solo nel primo anno di vita del bambino, quindi il periodo risulta molto ridotto rispetto al caso dei lavoratori dipendenti.

Per poter fruire del congedo parentale è necessario che il lavoratore:

  • presenti la domanda all’Istituto (INPS) prima dell’inizio del congedo al massimo nel giorno in cui inizia il congedo;
  • comunichi ai committenti l’astensione dal lavoro. I periodi di congedo sono coperti da contribuzione figurativa.

Il periodo di congedo parentale viene riconosciuto solo alle lavoratrici e non ai lavoratori.

Come si calcola l’indennità di maternità e paternità per lavoratori dello spettacolo

La circolare chiarisce anche come viene calcolata l’indennità, sia quella all’80% sia quella al 30% riconosciuta per il congedo parentale. I lavoratori dello spettacolo non hanno solitamente retribuzioni fisse, i compensi cambiano in base al singolo lavoro e al singolo committente, quindi è necessario avere una base di riferimento. La circolare sottolinea che si fa riferimento agli importi ricevuti nei 12 mesi antecedenti rispetto all’inizio del periodo indennizzabile.

Sono esclusi i redditi derivanti da attività diverse rispetto a quelle svolte nel mondo dello spettacolo. Per i lavoratori autonomi e dipendenti con contratto a tempo determinato, le indennità sono corrisposte dall’INPS. Per i lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato sono erogati dal datore di lavoro e poi restituite dall’INPS al datore di lavoro.

Partite Iva, professionisti e autonomi, se chiudono l’attività rientrano nelle politiche attive del Gol

Anche i possessori di partita Iva, i liberi professionisti e gli autonomi, nel caso in cui dovessero chiudere l’attività, rientrerebbero nelle politiche attive del nuovo programma di Garanzia di occupabilità dei lavoratori (Gol). L’inclusione di partite Iva e professionisti alle politiche attive arriva dalla legge di Bilancio 2022 che dedica un articolo alla situazione dei lavoratori autonomi. Il piano Gol è stato lanciato dal ministro del Lavoro Andrea Orlando per sostenere i disoccupati e le persone in cerca di occupazione per riqualificarsi e per accedere a un nuovo lavoro.

Programma Gol, l’obiettivo di assistenza all’inserimento lavorativo

Il programma Gol ha avuto una decisa accelerata il 21 ottobre scorso con la Conferenza tra Stato e regioni. L’obiettivo è quello di mettere a disposizione della collettività le “misure di assistenza intensiva all’inserimento occupazionale”. L’assistenza alle persone in cerca di occupazione avverrà mediante i servizi erogati dai centri per l’impiego e dalle entità autorizzate alle attività di intermediazione del lavoro.

Autonomi e professionisti nel programma Gol: apertura di uno sportello dedicato

I lavoratori autonomi e le partite Ive potranno beneficiare anche di uno sportello dedicato. In questo caso, l’obiettivo è quello di stipulare delle convenzioni non onerose con i collegi professionali, gli ordini e le associazioni previste dalla legge numero 4 del 2013. Un’ulteriore convenzione verrà stipulata anche con le associazioni più rappresentative a livello nazionale dei lavoratori autonomi. La provenienza degli autonomi può includere oppure no, chi proviene dagli albi professionali.

Cosa si prevede di fare per il lavoro con il programma Gol?

Il programma Gol seguirà 5 percorsi per il reinserimento lavorativo di chi sia rimasto senza occupazione. Il primo percorso è proprio quello di un nuovo inserimento lavorativo per i soggetti più vicini al mercato del lavoro. In questo ambito è prevista l’offerta anche di  servizi di orientamento e di intermediazione per l’accompagnamento al lavoro. Tuttavia, tra gli obiettivi vi è anche quello di aggiornamento professionale. Beneficiari saranno i lavoratori più lontani dal mercato ma in ogni modo in possesso di competenze spendibili. In quest’ottica, i servizi dedicati saranno quelli dei percorsi formativi di breve durata e dal contenuto professionalizzante.

Riqualificazione e inclusione dei lavoratori con il programma Gol

Il terzo percorso del programma Gol consiste nella riqualificazione. I servizi di questo percorso saranno dedicati ai lavoratori lontani dal mercato del lavoro e con competenze non adeguate alle opportunità del mercato stesso. Si punterà, dunque, alla formazione professionalizzante più approfondita. Determinati casi necessiteranno di un obiettivo di inclusione. Si tratta di situazioni più complesse, cioè in presenza di barriere ed ostacoli che vanno al di là dell’ambito lavorativo. Per questo obiettivo, oltre ai percorsi precedenti, si prevede di attivare anche la rete dei servizi territoriali che agiranno, a seconda dei casi, sul piano educativo, socio-sanitario, sociale, di conciliazione. Si tratterà, tutto sommato, di un intervento simile a quello assicurato dal Reddito di cittadinanza e prima ancora dal Reddito di inclusione.

Ricollocazione collettiva dei lavoratori con il programma Gol

Infine, con il programma Gol si punterà anche alla ricollocazione collettiva intesa come valutazione delle possibilità occupazionali all’interno di imprese in particolari condizioni di crisi. La ricollocazione collettiva individuerà anche le professionalità dei lavoratori coinvolti e il contesto territoriale per adottare la soluzione più idonea a superare la crisi aziendale stessa.

Legge di Bilancio 2022, tre mesi in più per la maternità delle professioniste e autonome

Oltre all’occupabilità dei lavoratori rimasti senza lavoro e dei professionisti e partite Iva che abbiano chiuso l’attività, dalla legge di Bilancio 2022 arrivano altre due novità che riguardano i lavoratori autonomi. Infatti, è inclusa nella Manovra di fine anche la possibilità di sostegno ai professionisti per la maternità. In particolare, le lavoratrici autonomi che abbiano dichiarato, nell’anno prima della maternità, un reddito non superiore ai 8145 euro, potranno avere accesso all’indennità relativa alla maternità per ulteriori tre mesi. Il periodo aggiuntivo deve essere pertanto sommato, e deve essere successivo, al periodo di maternità.

Professionisti, con la Manovra 2022 anche un nuovo fondo da 200 milioni di euro

Ultimo intervento nella Manovra 2022 specifico per i professionisti è quello dell’istituzione di un fondo  da 200 milioni di euro al fine di “definire i nuovi ordinamento professionali delle amministrazioni dello Stato stabiliti con la tornata contrattuale 2019-2021”.

Contributi figurativi, in quali situazioni si possono chiedere?

I contributi figurativi vengono riconosciuti in determinati casi e per specifici periodi nei quali il contribuente non lavori. Il riconoscimento dei contributi figurativi avviene senza alcun onere per il lavoratore. Dunque, il contribuente non deve pagare nulla per il periodo di inattività da lavoro.

I contributi figurativi sono gratis?

Tuttavia, proprio per il fatto che i contributi figurativi sono accreditati gratuitamente e nemmeno il datore di lavoro deve versare nulla, è necessario far riferimento alle particolari situazioni che hanno determinato l’interruzione del lavoro. E, dunque, al particolare momento della carriera lavorativa del contribuente. Pertanto è solo in specifici casi, che andremo ad analizzare, che la contribuzione viene accreditata al lavoratore.

Contributi figurativi utili alla pensione dei lavoratori del settore privato

Le regole dei contributi figurativi sono diverse a seconda che il richiedente sia un lavoratore del settore privato, pubblico o un autonomo (o anche artigiano o commerciante). Per il settore privato, la prima situazione nella quale il dipendente può maturare i contributi figurativi è quella del licenziamento. Nei periodi in cui il dipendente licenziato percepisce le formule di indennità di disoccupazione, matura i contributi figurativi.

Contributi figurativi per disoccupazione, cassa integrazione e mobilità

Oltre alla disoccupazione, la maturazione dei contributi figurativi avviene anche nei casi di cassa integrazione e di mobilità. Nel primo caso, i contributi figurativi maturano per i periodi di sospensione dell’attività. Nel caso della mobilità, invece, i contributi figurativi sono corrisposti per i periodi successivi al licenziamento da parte di un’impresa che sia stata dichiarata in stato di crisi.

Per il servizio militare e la gravidanza maturano i contributi figurativi?

Il periodo di servizio militare dà diritto ai contributi figurativi. L’accredito è ammesso anche per lo svolgimento del servizio militare non armato, ovvero per le missioni umanitarie, e per il servizio sostitutivo civile svolto per obiezione di coscienza. Anche l’interruzione obbligatoria del lavoro per puerperio e gravidanza fa maturare contributi figurativi. L’accredito avviene per tutti i periodi nei quali è prevista l’assenza obbligatoria e anche nei casi in cui la donna non abbia un contratto di lavoro e dunque risulti senza occupazione. Per quest’ultimo caso, la maturazione dei contributi figurativi necessita di almeno 5 anni di anzianità contributiva acquisita mediante svolgimento di attività lavorative.

Interruzione del lavoro per maternità e accredito contributi figurativi

Diversa dalla gravidanza è la maternità ai fini dell’accredito dei contributi figurativi. Infatti, per la maturità maturano i contributi per l’interruzione facoltativa e per un periodo massimo di 6 mesi, anche in maniera frazionata. La maternità riconosciuta deve avvenire entro l’ottavo anno di vita del bambino. Rientrano nell’accredito anche le assenze dovute a permessi in relazione a malattia del bambino di età non superiore ai 3 anni.

Periodi di aspettativa e donazione del sangue: i contributi figurativi

I periodi di aspettativa che permettono l’accredito dei contributi figurativi sono strettamente limitati. Infatti, sono ammesse le aspettative prese dal lavoratore dipendente che va a svolgere cariche pubbliche elettive quali, ad esempio, l’onorevole. Rientrano tra le aspettative ai fini dei contributi figurativi anche le cariche sindacali nazionali o provinciali. I contributi figurativi sono altresì riconosciuti anche nei periodi di assenza da lavoro per la donazione del sangue.

Malattia e infortunio fanno maturare contributi figurativi?

I periodi di malattia e infortunio possono generare l’accredito di contributi figurativi seguendo determinare regole. Infatti, attualmente è possibile richiedere i contributi nel limite delle 95 settimane, corrispondenti a 22 mesi. Il limite è riferito a tutta la vita assicurativa del contribuente. In precedenza, il tetto massimo per malattie e infortuni era fissato in 12 mesi (52 settimane), poi aumentato a partire dal 1997 in media di due mesi ogni 3 anni. Infine, è da ricordare che la contribuzione figurativa per malattia e infortunio deve riguardare periodi di assenza superiori ai 7 giorni.

Cosa bisogna fare per l’accredito dei contributi figurativi?

In genere per il riconoscimento dei contributi figurativi è necessario fare richiesta nel momento in cui si presenta domanda per la pensione. Tuttavia, per vari contributi maturati per periodi sopra analizzati l’accredito avviene in automatico. Ad esempio, i periodi di disoccupazione, di cassa integrazione, di mobilità e di assistenza antitubercolare, i contributi vengono accreditati senza domanda. La motivazione risiede nel fatto a questi periodi di inattività lavorativa corrisponde un’indennità (ad esempio, di disoccupazione). Dunque l’Istituto previdenziale ha già in possesso i dati relativi ai contributi figurativi da riconoscere.

Contributi figurativi, quando non bisogna fare domanda per farseli riconoscere?

Anche per la maternità, per la malattia e per gli infortuni, l’Inps procede d’ufficio nell’accredito dei contributi figurativi. Per il servizio militare, invece, occorre inoltrare all’Inps il foglio matricolare. Per il rilascio del documento è necessario rivolgersi al distretto militare di appartenenza. Tuttavia, in sede di domanda di pensione si può procedere con l’autodichiarazione per evitare di presentare la documentazione necessaria.

Lavoratori dello spettacolo, le nuove regole per maternità, malattie, infortuni e pensioni

Per i lavoratori dello spettacolo dallo scorso 1° luglio sono arrivare le nuove regole che riguardano la maternità, la malattia, l’infortunio, la disoccupazione, i contributi e le pensioni. Il nuovo sistema di welfare per i lavoratori dello spettacolo è diventato legge con la conversione del decreto “Sostegni bis” nella legge numero 106 del 2021.

Cosa cambia per i lavoratori dello spettacolo con il nuovo welfare?

Più nel dettaglio, ci si chiede cosa sia cambiato per i lavoratori dello spettacolo con le nuove regole del welfare. Innanzitutto, gli interessati possono godere di un rafforzamento delle tutele assistenziali, a partire dalla genitorialità, con la modifica del calcolo delle indennità. Infatti, si è provveduto a modificare il sistema di calcolo delle indennità: l’ammontare giornaliero va parametrato al reddito maturato nei 12 mesi che precedono il periodo indennizzabile. In precedenza il periodo di riferimento era limitato alle ultime 4 settimane.

Nuove tutele assistenziali per i lavoratori dello spettacolo: meno contributi per la malattia

Inoltre, dal 1° luglio sono cambiate le tutele assistenziali per i lavoratori dello spettacolo con la previsione di meno contributi a copertura della malattia. Infatti, per usufruire dell’indennità economica durante la malattia, i contributi giornalieri versati al Fondo pensione dei lavoratori dello spettacolo devono essere pari a 40 e non più a 100.  I lavoratori dello spettacolo devono aver versato i contributi a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello della malattia stessa.

Retribuzione giornaliera ai fini assistenziali

Passa da 67,14 euro a 100 euro la retribuzione massima giornaliera prevista nei casi assistenziali. La retribuzione massima di 100 euro, dunque, riguarda:

  • le prestazioni e i contributi del Servizio sanitario nazionale;
  • le prestazioni per le indennità economiche della malattia e della maternità.

I lavoratori dello spettacolo, anche autonomi, sono inoltre assicurati presso l’Inail. A tal fine l’adesione è automatica: è sufficiente l’iscrizione al Fondo pensione dei lavoratori dello spettacolo.

La disoccupazione dei lavoratori dello spettacolo

Il decreto legge “Sostegni bis” ha introdotto un’importante novità in tema di ammortizzatori sociali. Infatti, è prevista a partire dal 1° gennaio 2022, l’assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori autonomi dello spettacolo, chiamata “Alas“. L’indennità si rende necessaria per l’assenza di veri ammortizzatori sociali a favore di questa categoria di lavoratori autonomi e per l’impossibilità di accesso alla disoccupazione Naspi.

Lavoratori dello spettacolo: come possono accedere alla disoccupazione dal 2022?

Per accedere all’Alas, si richiede:

  • la non esistenza di rapporti di lavoro subordinato o autonomo;
  • l’aver maturato, nell’ultimo anno, almeno 15 giornate di contribuzione;
  • un reddito riferito all’ultimo anno non eccedente i 35.000 euro.

Disoccupazione lavoratori dello spettacolo, a quanto ammonta l’indennità di disoccupazione?

L’indennità di disoccupazione per i lavoratori dello spettacolo, a partire dal 2022, verrà corrisposta mese per mese per un numero di giornate pari alla metà di quelle relative alla contribuzione al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo. Il calcolo delle giornate comprende quelle che vanno dal 1° gennaio del precedente anno fino alla conclusione dell’ultimo rapporto di lavoro.

Lavoratori dello spettacolo: le novità sui contributi previdenziali e sulle pensioni

Novità arrivano dal decreto “Sostegni bis” anche per quanto concerne i contributi previdenziali e le pensioni dei lavoratori dello spettacolo. Si riducono i contributi giornalieri, da 120 a 90, affinché possa essere riconosciuta al lavoratore l’annualità intera di contribuzione. Per gli attori cinematografici e audiovisivi, che in media maturano un numero di giornate inferiore, il calcolo varia. Infatti, per ogni giornata contributiva di versamento al Fondo pensioni ne viene accreditata un’altra, fino al raggiungimento delle 90 previste per la maturazione di un’annualità.

Bonus giornate accreditate ai fini della contribuzione

I lavoratori dello spettacolo che fossero sotto la soglia di reddito e con almeno 45 giornate di contributi, si vedranno accreditare le giornate mancanti fino alla concorrenza delle 90 necessarie. Ai fini pensionistici valgono, inoltre, anche le attività di insegnamento retribuite, quelle di formazione e quelle di promozione degli spettacoli. Infine, i contributi maturati presso altre gestioni previdenziali possono essere ricongiunti nel limite di un terzo dei contributi annuali. Ciò significa che l’annualità di 90 giornate di contributi viene raggiunta con 60 contributi giornalieri presso il Fondo pensioni dei lavoratori dello spettacolo e altre 30 giornate presso altre gestioni previdenziali.

 

Dimissioni volontarie e NASpI in maternità: come funziona?

Dimissioni volontarie e NASpI sono due istituti generalmente incompatibili, cioè il lavoratore che si licenzia volontariamente non ha diritto a percepire l’indennità di disoccupazione, vi sono però alcune eccezioni e in particolare le dimissioni volontarie in maternità.

Cos’è la NASpI

La NASpI è l’indennità di disoccupazione che spetta a coloro che senza loro volontà hanno perso il lavoro. La sigla indica Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’​Impiego  e viene riconosciuta ai lavoratori dipendenti, apprendisti e soci di cooperativa. Restano esclusi dal diritto di percepire la NASpI i dipendenti pubblici con contratto a tempo indeterminato e i lavoratori agricoli. Per poter accedere a questo diritto è necessario che il lavoratore abbia maturato 13 settimane contributive nei 4 anni antecedenti e almeno 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi antecedenti rispetto alla data di risoluzione del contratto.

Per poter accedere all’indennità è necessario anche aver dichiarato al Centro per l’Impiego competente per territorio la propria disponibilità immediata all’assunzione e la disponibilità a partecipare a misure di politiche attive per il lavoro, ad esempio partecipare a corsi di formazione gratuiti il cui obiettivo è favorire il ricollocamento nel mondo del lavoro.

Dimissioni volontarie: quando si percepisce la NASpI

Si è detto che la normativa riconosce la tutela della NASpI solo a coloro che hanno perso involontariamente il lavoro, questa limitazione è dovuta al tentativo del legislatore di evitare che le persone possano decidere di dimettersi con lo scopo di percepire l’indennità di disoccupazione senza lavorare. Vi sono però delle eccezioni che portano al riconoscimento anche in caso di dimissioni volontarie. Tra queste vi sono il caso di dimissioni per giusta causa e le dimissioni avvenute in sede conciliativa, inoltre non sono incompatibili le dimissioni volontarie e NASpI in maternità.

Dimissioni volontarie e NASpI in maternità

La prima cosa da dire è che le dimissioni volontarie della lavoratrice in maternità (periodo compreso tra i 300 giorni precedenti alla data presunta del parto e il compimento di un ano di vita del bambino) non devono essere date con la procedura ordinaria, cioè comunicazione scritta al datore di lavoro e conferma con modulo telematico sul sito ClicLavoro, ma hanno una loro procedura peculiare. Le donne in stato interessante e fino ad un anno di vita del bambino possono dimettersi senza dare preavviso e le dimissioni devono essere convalidate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

La lavoratrice deve presentarsi personalmente presso la Direzione Provinciale del Lavoro con i propri documenti di riconoscimento, copia del contratto di lavoro e tessera sanitaria, qui deve confermare la volontà di dare le dimissioni, ma soprattutto deve confermare che si tratta di una libera scelta e non di dimissioni indotte dal datore di lavoro. Deve di conseguenza specificare perché ha deciso di lasciare il lavoro, tra i motivi che si ritiene possano essere sufficienti ad ottenere al convalida vi è il desiderio di ricongiungersi con il coniuge/compagno o con la propria famiglia di origine.  Se tutto è in ordine si procede alla convalida delle dimissioni.

La donna riceve due copie della convalida delle dimissioni: una deve conservarla, mentre l’altra deve essere consegnata al datore di lavoro. In questo caso i requisiti per accedere alla NASpI sono gli stessi visti in precedenza.

Occorre sottolineare che le dimissioni volontarie in maternità durante l’emergenza Covid hanno avuto un cambio di procedura, infatti in questo periodo è stato possibile procedere alla conferma telematica.

A quanto corrisponde l’importo della NASpI 2021?

Il calcolo della NASpI deve essere fatto tenendo in considerazione la storia contributiva del lavoratore. L’importo massimo della NASpI 2021 è di 1.335,40 euro, questo va rivalutato annualmente, mentre la durata massima di percezione è di 24 mesi. Il calcolo dell’assegno è basato sul 75% dell’imponibile medio degli ultimi 4 anni.

Maternità e diritti: le tutele per la madre lavoratrice

Le donne che lavorano si chiedono spesso cosa prevede la legge in caso di gravidanza e quali siano i diritti e le tutele, anche nel corso dei primi anni di vita del proprio figlio. A questo proposito, in questo articolo approfondiamo l’argomento maternità e lavoro.

Maternità: i diritti della lavoratrice

La maternità è normata principalmente dal Testo Unico disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità. Il Dl n. 151/2001 regola i relativi congedi, i permessi, i riposi e tutela delle madri lavoratrici e dei padri lavoratori che sono connessi alla maternità e paternità. La legge prende in considerazione non solo i figli naturali e adottivi, ma anche quelli in affido. Inoltre, si occupa delle misure a sostegno economico della maternità e paternità. Tuttavia, è necessario ricordare che il Jobs Act del 2015 ha modificato il modo sostanziale la disciplina relativa ai congedi parentali.

La maternità ha una durata di cinque mesi, in questo periodo la lavoratrice madre riceve un’indennità economica in sostituzione della retribuzione. In seguito, la madre lavoratrice può fruire di una maternità facoltativa per la durata di sei mesi, la cui retribuzione è pari al 30% dello stipendio medio giornaliero, qualora la richiesta avvenga entro i primi sei anni di vita del bambino.

Tutela della salute e obbligo di astensione

Per prima cosa, la legge tutela la salute della lavoratrice incinta. In tal senso, è fatto divieto al datore di lavoro di affidarle lavori pericolosi o notturni nel periodo compreso tra l’inizio della gravidanza e fino al compimento del settimo mese di età del figlio.

La madre lavoratrice è obbligata ad astenersi dall’attività lavorativa a partire da due mesi prima la data prevista per la nascita del bambino e fino tre mesi dopo. In caso di problemi di salute, l’astensione dal lavoro si può estendere prima dei due mesi dalla data presunta del parto o prevederla il mese che precede la nascita del figlio e i quattro mesi successivi.

La legge di Bilancio 2019 ha introdotto anche un’altra opzione che prevede l’astensione dal lavoro per cinque mesi dopo la nascita del bambino, ma solo nel caso non sussistano problemi di salute per la madre e per il figlio.

Il congedo di paternità

Come accennato poc’anzi, la legge prevede anche un congedo di paternità che si concretizza in caso di morte o sopraggiunta infermità della madre. Oppure, in caso di abbandono o affidamento esclusivo del figlio al padre.

Il congedo di paternità prevede la possibilità di assentarsi dal lavoro per tutto il lasso di tempo del congedo di maternità o per la restante parte che sarebbe dovuta alla lavoratrice.

Maternità obbligatoria: quando ricorre?

La maternità obbligatoria spetta alle lavoratrici dipendenti assicurate all’INPS e a quelle a domicilio. Inoltre, alle lavoratrici agricole assunte anche con un contratto a termine, semprechè nell’anno iniziale del congedo abbiano prestato la propria attività lavorativa come bracciante per un numero minimo di 51 giorni.

Hanno diritto alla maternità obbligatoria anche colf e badanti, purché abbiano maturato 26 contributi settimanali nell’anno che ha preceduto il congedo parentale (52 contributi settimanali nei due anni precedenti); le lavoratrici socialmente utili o di pubblica utilità.

A determinate condizioni, la maternità obbligatoria spetta anche alle disoccupate o sospese:

  • il congedo sia iniziato entro 6o giorni dall’ultimo giorno di lavoro;
  • sussista il diritto all’indennità di disoccupazione, alla mobilità o alla cassa integrazione pur se il congedo inizia dopo 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro;
  • il congedo sia iniziato entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro, e siano stati versati 26 contributi settimanali nell’ultimo biennio, se la lavoratrice non ha svolto lavori inclusi nel contributo per la disoccupazione negli ultimi due anni.

Il sostegno economico

Nei cinque mesi complessivi in cui la lavoratrice madre fruisce del congedo di maternità, le viene riconosciuta un’indennità economica per un importo pari all’80% della retribuzione giornaliera, che viene anticipata in busta paga dal datore di lavoro.

Nel caso di lavoratrici stagionali, agricole o dello spettacolo (prestazione occasionale o contratto a tempo determinato), colf e badanti, e ancora lavoratrici disoccupate o sospese, la misura di sostegno economica viene erogata dall’INPS tramite bonifico presso l’ufficio postale o accredito sul conto corrente.

Hanno facoltà di beneficiare del congedo di maternità le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS. In tal caso, il sostegno economico viene pagato direttamente dall’Istituto nella misura dell’80% di 1/365 del reddito derivante da lavoro co.co.co o da attività di libera professionista.

Maternità facoltativa

Le lavoratrici dipendenti possono richiedere, in aggiunta alla maternità obbligatoria, la maternità facoltativa per un periodo massimo di sei mesi che si allunga a 10 in caso sia presente solamente la madre. Questo congedo può essere richiesto fino ai 12 anni d’età del bambino.

La suddetta richiesta va inoltrata all’INPS esclusivamente in via telematica e comunicata al datore di lavoro nei tempi previsti dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro o con cinque giorni di preavviso.

Fino al compimento di 6 anni d’età, l’indennità è pari al 30% della retribuzione giornaliera. Dai 6 agli 8 anni, la retribuzione è pari al 30% ma solo se il richiedente abbia un reddito inferiore a 2,5 volte il trattamento minimo della pensione. Dagli 8 ai 12 anni, non è prevista alcuna retribuzione.

Assegno di maternità per autonomi: come funziona in regime ordinario e forfettario

La maternità è un diritto che spetta oltre che alle dipendenti con contratto di lavoro subordinato, anche alle lavoratrici in possesso di Partita Iva sia in regime forfettario sia ordinario.

In particolare, il Regime Forfettario è un regime fiscale agevolato, destinato alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni. In altre, parole un regime fiscale che prevede delle semplificazioni fiscali e contabili, per lo svolgimento della propria attività autonoma. Si precisa che, il diritto alla maternità verrà riconosciuto anche nel caso di adozioni o affidamenti.

Se si possiede Partita Iva a chi spetta la maternità

Per poter avere diritto alla maternità, dovrai necessariamente essere in regola con il pagamento dei contributi (anche quelli riguardanti il periodo di maternità), ed essere iscritta alla gestione dell’Inps.

Le attività con partita Iva che danno diritto alla maternità sono le seguenti:

  • Artigiana
  • Commerciante
  • Coltivatrice diretta
  • Colona
  • Mezzadra
  • Imprenditrice agricola professionale
  • Pescatrice autonoma della piccola pesca

L’indennità di maternità per partita Iva, non differisce da quella di qualsiasi altro dipendente ovvero avrà la durata di 5 mesi (per i due mesi antecedenti al parto e per i tre mesi successivi).

Un’importante differenza che caratterizza solamente la maternità per chi possiede Partita Iva è rappresentata dal fatto che si potrà continuare a svolgere la propria attività professionale anche durante il periodo di maternità.

La domanda per l’indennità di maternità per le lavoratrici con Partita Iva andrà presentata mediante il servizio dedicato sul portale dell’Inps. Tale indennità può essere richiesta anche se l’iscrizione alla propria gestione è avvenuta successivamente alla data di inizio del periodo di maternità.

Infine, per quando riguarda l’ammontare dell’indennità di maternità per chi possiede una Partita Iva consiste nel versamento di cinque mensilità retribuite all’80% del reddito professionale dichiarato nel secondo anno precedente a quello in cui viene presentata la domanda di indennità.

Inoltre, nei primi tre anni di vita del bambino, sono previsti sei mesi di congedo parentale, durante i quali può percepire un’indennità pari al 30% della retribuzione.

Nuovo Pacchetto maternità inserito nel Piano Assistenza Professionisti

Dall’1 aprile scorso, il Piano Assistenza Professionisti è stato dotato da una nuova e fondamentale garanzia a sostegno della maternità.
Le professioniste che rientrano nel piano di assistenza, infatti, potranno godere di una copertura per le spese mediche sostenute durante la gravidanza. Comprese in questa copertura sono: visite di controllo ostetrico ginecologico; ecografie; analisi clinico chimiche; amniocentesi e villocentesi.

Questa nuova garanzia è attiva sia in forma diretta, ad esempio per le prestazioni da strutture convenzionate con Unisalute, sia in forma rimborsuale, per le prestazioni erogate da strutture non convenzionate o dal SSN senza applicazione di alcuno scoperto o franchigia. In forma rimborsuale è compreso anche il Test DNA fetale.

Nell’assicurazione rientrano prestazioni per un massimo di 1000 euro per anno e per evento/per Professionista in copertura. La nuova garanzia si aggiunge al pacchetto di servizi a tutela della salute del/della Professionista e dell’attività dello studio.

Per conoscere meglio le condizioni del Pacchetto maternità e per tutte le prestazioni previste dal Piano Assistenza Professionisti è possibile collegarsi al sito Ebipro.it e accedere alla Guida Completa Coperture e Prestazioni disponibile nella sezione Gestione Professionisti.

Per ricevere informazioni sul Piano Assistenza Professionisti, oltre al sito, è possibile scrivere all’indirizzo email gestioneprofessionisti@ebipro.it. Numero verde Ebipro Gestione Professionisti: 800 946 996 dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 17.30.

Vera MORETTI