Sottosegretario MEF conferma: il Superbonus non è più sostenibile

Il sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze rispondendo a un’interrogazione parlamentare ha sottolineato che il Superbonus 110% non è più sostenibile in quanto va ad incidere negativamente sul bilancio dello Stato.

Il Superbonus non è più sostenibile: manca la copertura finanziaria

Maria Cecilia Guerra, sottosegretario al MEF, ha risposto a un’interrogazione parlamentare (numero 3-02877), presentata dal senatore Andrea De Bertoldi (FdI). Nella interrogazione si sostiene che il Superbonus ha un elevato potenziale al punto che potrebbe autofinanziarsi, questo perché è in grado di aumentare il gettito Iva e le entrate Ires. Vuol dire che, grazie all’aumento della vendita di materiale edile e all’Iva applicata sui lavori e grazie alle maggiori entrate delle imprese produttrici, venditori e imprese edili, ci sarebbe per lo Stato una ricaduta in termini di maggiori versamenti Ires e Iva. Tali maggiori risorse sarebbero sufficienti a coprire i costi del Superbonus 110%.

I calcoli che però evidentemente fa il Ministero dell’Economia e delle Finanze sono diversi, infatti il sottosegretario Maria Cecilia Guerra nella sua risposta all’interrogazione parlamentare, sottolinea che attualmente i fondi già stanziati sono esauriti e se si vuole continuare a elargire questa particolare agevolazione fiscale che consente di recuperare fino al 100% delle somme, e fino al 110% nel caso in cui il contribuente decida di avvalersi in proprio delle detrazioni, è necessario reperire nuove risorse.

Sottolinea che a fronte di oneri certi, cioè i costi per le casse dello Stato, non si possono utilizzare gli effetti positivi indotti sulle economia che, evidentemente, ad oggi non ci sono. Maria Cecilia Guerra ha inoltre sottolineato che vi è un danno erariale dovuto anche alle condotte fraudolente e per questo motivo non è possibile introdurre ulteriori estensioni del perimetro di applicazione del decreto 34 del 2020 che prevede il Superbonus a fronte di lavori di efficientamento energetico che portano al recupero di almeno due classi energetiche.

Crisi di Governo e Superbonus

Da tali dichiarazioni in risposta all’interrogazione parlamentare sembra quindi che non ci siano ulteriori spazi di manovra per poter sperare in una proroga. Naturalmente su queste scelte andranno ad incidere il particolare momento politico che stiamo vivendo che vede un forte contrasto tra il Presidente del Consiglio Mario Draghi e Giuseppe Conte, che si trova alla guida del M5S. Proprio il M5S è un forte sostenitore di questa misura insieme al reddito di cittadinanza, questo implica che la “crisi” potrebbe essere risolta proprio attraverso concessioni su questi due temi al M5S. Non resta che attendere.

Attività Fisica Adattata (A.F.A.): come funziona il credito di imposta?

Con il decreto 5 maggio 2022 è stato previsto il credito di imposta per Attività Fisica Adattata, anche conosciuto come bonus attività fisica adattata, anche se tale dicitura è impropria. Lo stesso ha ottenuto la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 16 giugno 2022. Nel frattempo che si è in attesa del decreto attuativo, da emanare entro 90 giorni dal momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale  ( 15 settembre 2022), vediamo chi sono i soggetti che possono beneficiare di questa particolare agevolazione fiscale e quanto si può risparmiare.

Attività Fisica Adattata: a chi spetta il credito di imposta?

Il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ( comma 737 articolo 1) prevede che le persone fisiche che sostengono spese documentate per Attività Fisica Adattata nel periodo di imposta che va dal 1 gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 possono ottenere un credito di imposta da utilizzare nella dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo di imposta.

In poche parole il credito di imposta si potrà far valere nella dichiarazione dei redditi presentata nel 2023 e relativa ai redditi del 2022. Proprio per questo, sebbene le modalità operative ancora non siano del tutto chiare, non vi è particolare fretta. Nel decreto è inoltre già previsto che nel caso in cui il credito maturato non possa essere fatto valere per intero nella dichiarazione 2023 relativa ai redditi 2022, potrà comunque essere frazionato e utilizzato in periodi di imposta successivi. Questo vuol dire che in nessun caso si potrà perdere parte del bonus attività fisica adattata. Deve però essere tenuto in considerazione che è previsto un limite allo stanziamento di 1,5 milioni di euro relativo al 2022.

Cos’è l’Attività Fisica Adattata A.F.A. e perché si riconosce il bonus?

A questo punto è importante capire cosa sia l’Attività Fisica Adattata, infatti appare evidente che non ci si riferisca semplicemente all’iscrizione in palestra. Per capire il perimetro di questa agevolazione fiscale è necessario avere come punto di riferimento l’articolo 2 del decreto legislativo 36 del 2021 dove viene fornita la definizione di A.F.A. (Attività Fisica Adattata).

Si tratta di “programmi di esercizi fisici, la cui tipologia e la cui intensità sono definite mediante l’integrazione professionale e organizzativa tra medici di medicina generale (MMG), pediatri di libera scelta (PLS) e medici specialisti e calibrate in ragione delle condizioni funzionali delle persone cui sono destinati, che hanno patologie croniche clinicamente controllate e stabilizzate o disabilità fisiche e che li eseguono in gruppo sotto la supervisione di un professionista dotato di specifiche competenze, in luoghi e in strutture di natura non sanitaria, come le «palestre della salute», al fine di migliorare il livello di attività fisica, il benessere e la qualità della vita e favorire la socializzazione”.

Appare chiaro quindi che si tratta di attività che rientrano in un ambito ben definito e che hanno l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dal punto di vista sanitario e sociologico di persone con patologie croniche e disabilità. Rientrano tra le patologie croniche che possono portare al beneficio fiscale morbo di Parkinson, artrosi, osteoporosi, patologie neurologiche e neuro-degenerative,  disturbi neuromotori e post-ictus. Nel decreto è specificato che le attività fisiche adattate devono essere svolte sotto la guida di personale qualificato, specificamente formato. Tale attività può anche essere sostitutiva di fisioterapia e volta al mantenimento di funzionalità motoria in patologie degenerative muscolo-scheletriche o neurologiche. Si ritiene che possano ottenere l’agevolazione anche soggetti affetti da Alzheimer.

Tra le discipline che potranno godere dei vantaggi fiscali ci sono la riabilitazione funzionale.

Come presentare la domanda per ottenere il credito di imposta AFA?

Naturalmente le istanze possono essere presentate solo da persone fisiche per attività svolte personalmente o da soggetto fiscalmente a carico, ad esempio un figlio disabile. I costi sostenuti devono essere provati, nulla è precisato circa la tracciabilità delle spese, cioè se le stesse devono avvenire con bonifici, carte di creddito/debito o possano avvenire pure in contanti. Generalmente le spese sanitarie sostenute presso strutture private ( non convenzionate e non pubbliche) richiedono il pagamento tracciabile per poter dar luogo a detrazioni fiscali.

Nonostante non siano ancora state definite le modalità operative specifiche, sono già disponibili delle indicazioni sulle procedure da seguire al momento in cui sarà aperta la piattaforma per l’inoltro delle domande. In primo luogo la domanda dovrà essere presentata telematicamente, molto probabilmente con procedure simili a quelle generalmente utilizzate per ottenere agevolazioni tramite credito di imposta.

Con il successivo decreto sarà anche indicato il codice tributo per il credito di imposta per Attività Fisica Adattata, lo stesso dovrà essere inserito nel modello F24 da utilizzare per il pagamento delle imposte derivanti dalla dichiarazione dei redditi.

Attualmente non è indicata neanche la soglia dell’agevolazione, ad esempio 30% del costo sostenuto, infatti si dovrà attendere l’apertura della procedura per inoltrare le domande, a quel punto, terminata la fase dell’inoltro saranno indicate le quote in base alla capienza del fondo e al numero delle domande inoltrate. In poche parole maggiore sarà il numero delle domande inoltrate e minore sarà la percentuale di credito di imposta riconosciuto.

Il credito di imposta per Attività Fisica Adattata non è cumulabile con altre agevolazioni di natura fiscale riconosciute sugli stessi importi.

Arriva il 14 giugno la proroga termini per la dichiarazione degli Aiuti di Stato Covid

Importanti novità in arrivo per le imprese che hanno ricevuto aiuti di Stato, si va verso la proroga dei termini per l’auto-dichiarazione.

Proroga auto-dichiarazione aiuti di Stato: ultime notizie

Avevamo annunciato nei giorni scorsi che le associazioni dei commercialisti e associazioni di settore avevano chiesto la proroga del termine del 30 giugno per l’invio dell’auto-dichiarazione degli Aiuti di Stato. Inizialmente si era pensato che le possibilità di ottenere tale agevolazione fossero limitate e questo perché il MEF ( Ministero dell’Economia e delle Finanze) aveva espresso un categorico No a questa possibilità.

Leggermente più aperta su questo fronte era invece l’Agenzia delle Entrate. Questa aveva semplicemente sottolineato che un’eventuale proroga del termine del 30 giugno per l’invio dell’auto-dichiarazione degli Aiuti di Stato non era impensabile, ma la stessa doveva essere accompagnata da una proroga del “termine finale per la registrazione nel Registro nazionale aiuti di Stato con opportuno intervento normativo”.

Tale registrazione è un onere ricadente sull’Agenzia delle Entrate da espletare entro il 31 dicembre 2022. Naturalmente vista la mole dei dati da gestire, l’Agenzia chiedeva un congruo termine per poter operare. Ecco perché inizialmente il Ministero aveva escluso la possibilità di proroga dei termini.

Leggi anche: Dichiarazione aiuti di Stato: istruzioni e termini. Il 30 giugno è definitivo?

Quando ci sarà la proroga termini dell’autodichiarazione di aiuti di Stato?

Dalle ultime indiscrezioni emerse sembra proprio che si vada in tale direzione, infatti, dovrebbe arrivare il giorno 14 giugno 2022 il decreto del Consiglio dei Ministri che fa slittare il termine del 30 giugno all’autunno 2022 e il termine per la registrazione nel registro nazionale degli aiuti di Stato alla primavera 2023. L’Associazione Nazionale Commercialisti aveva chiesto una proroga al 31 ottobre, per ora non è dato sapere se sarà proprio questo il termine oppure si andrà verso un termine più breve.

Ricordiamo che nell’auto-dichiarazione l’impresa deve anche rendere noto se intende restituire le eccedenze e in che modo. Inoltre deve essere sottolineato che l’Associazione Nazionale Commercialisti, nell’esporre le motivazioni della richiesta ha inserito il ritardo con cui si è provveduto a mettere a disposizione il modello da utilizzare per la autodichiarazione degli aiuti di Stato disponibile solo dal 27 aprile 2022.

L’Associaizone ha chiesto anche che l’obbligo di comunicazione abbia ad oggetto solo gli aiuti di Stato i cui dati non siano ancora in possesso della Pubblica Amministrazione. In molti casi infatti per poter presentare una nuova domanda per gli aiuti di Stato è necessario inserire un’autodichiarazione o atto notorio da cui si possa evincere che non sono stati superati i limiti previsti dal Temporary Framework, quadro temporaneo di aiuti di Stato in deroga vigente nel periodo della pandemia.

Naturalmente per conoscere l’esatta estensione della proroga e i contenuti si dovrà attendere il 14 giugno.

Controlli fiscali incrociati: ultimi adempimenti prima del decreto

La legge di bilancio 2022 pone tra gli obiettivi un elevato contrasto all’evasione fiscale, si tratta anche di uno degli obiettivi imposti dall’Unione Europea per dare seguito al pagamento delle varie tranche di aiuti all’Italia previste nel PNRR. Il 26 maggio 2022 il Consiglio del Ministri ha provveduto all’approvazione dello schema di decreto messo a punto dal MEF. Lo stesso è stato inviato al Garante per la Privacy al fine di valutare il possibile impatto sulle norme sulla privacy e ricevere eventuali solleciti. Oggetto dello schema di decreto sono i controlli fiscali incrociati dei dati dei contribuenti.

Controllo dei dati e pseudoanomizzazione: ecco cosa ha chiesto il Garante

In realtà questa è la seconda versione dello schema inviata al Garante, la prima era stata notificata nel mese di gennaio. Molto probabilmente sono stati già adottati i rilievi esposti dal Garante della Privacy circa la pseudo-anomizzazione dei dati che dovrà avvenire, vista l’elevata mole di documenti e dati che saranno presi in considerazione, con tecniche efficienti.  Secondo i rilievi del Garante particolare tutela dovrà essere espressa nei confronti dei contribuenti che dall’incrocio dei dati risultano non a rischio evasione.

Quando entrano in vigore le nuove norme sui controlli fiscali?

In base agli impegni presi, il decreto dovrà essere pronto entro il 30 giugno 2022, quindi a breve. Da questo momento ci sarà un controllo automatizzato e quindi veloce e contemporaneo di tutti i dati dei contribuenti.

Secondo i rilievi già espressi in passato  dal Garante, particolare attenzione dovrà essere posta anche al rischio di errata rappresentazione della capacità contributiva dei soggetti.

Il decreto entrerà in modo abbastanza impetuoso nella vita degli italiani, infatti questo prevede, pur tutelando la privacy dei cittadini, un incrocio massivo sui dati dei contribuenti.

I dati da analizzare saranno quelli relativi a entrate, uscite, spese, risparmi, conto corrente, conti deposito, investimenti, patrimonio. Insomma un’analisi dettagliata delle abitudini di spesa (ad esempio una persona che non utilizza mai i soldi presenti sul conto corrente probabilmente ha entrate non dichiarate e su questo contribuente potranno concentrarsi i controlli) e di risparmio degli italiani dai quali dovrebbero emergere informazioni sull’evasione fiscale.

Tali controlli non sono una novità, ma in passato non venivano svolti in modo automatizzato e quindi massivo, ma attraverso controlli a campione e spesso su denuncia o quando le anomalie emergevano da altri controlli o attività svolte dalla Guardia di Finanza. Ora invece ci sarà una sorta di Grande Fratello al fianco di ogni italiano.

Lotta all’evasione fiscale

I controlli fiscali affiancano l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a tutte le imprese e a tutti i professionisti, infatti dal 1° luglio la fatturazione elettronica sarà in vigore per i forfettari con ricavi e compensi superiori a 25.000 euro, dal 1° gennaio 2024, tutti i forfettari dovranno adeguarsi. Anche in questo caso l’obiettivo è contrastare l’evasione fiscale. Infine, dal 30 giugno 2022, in anticipo sulla data inizialmente prevista, saranno applicate le sanzioni a coloro che non accettano pagamenti con il Pos.

Ricordiamo che è ancora possibile avvalersi del Bonus Pos. Questo permette non solo di ricevere la detrazione fiscale per le spese sostenute per l’adeguamento, ma anche per le commissioni applicate dalle banche alle varie transazioni. Le detrazioni potranno essere sfruttate con tutti i pagamenti attraverso il modello F24.

Ulteriori obiettivi del mese di giugno 2022

Tra gli obiettivi che devono essere realizzati e indicati nel documento sugli obiettivi di giugno 2022 vi è anche la riorganizzazione della medicina territoriale. Si prevede il rafforzamento dei servizi con almeno 1.350 case di comunità; 400 ospedali di comunità, 600 centrali operative territoriali. Entro il 2026 queste strutture dovranno essere interconnesse tecnologicamente attrezzate, completamente operative e funzionanti.

Tra gli impegni per giugno 2022 ci sono l’approvazione della riforma delle norme sugli appalti pubblici, trasformazione digitale  e transizione ecologica

 

Superbonus 110%: 5 miliardi di crediti bloccati nel cassetto fiscale

La sottosegretaria al MEF, Ministero dell’economia e delle finanze, Maria Cecilia Guerra, nel corso delle interrogazioni alle Commissioni Finanze del Senato ha reso noto che nel cassetto fiscale dell’Agenzia delle Entrate sono presenti 5 miliardi di crediti. Ecco perché.

Come funziona il cassetto fiscale

I bonus edilizi, tra cui il Superbonus 110%, consentono ora di ottenere i benefici fiscali anche attraverso la cessione del credito. In passato le agevolazioni avevano una ripartizione in diverse quote annuali di cui poteva avvalersi solo il beneficiario. Ad esempio il proprietario dell’immobile ristrutturato poteva portare in detrazione il 50% delle spese e gli importi avevano la forma di detrazione Irpef in 10 rate.

Oggi tutto è cambiato, infatti è possibile avvalersi dello sconto in fattura oppure cedere il credito a intermediari come le banche. Sono però state limitate fortemente le cessioni multiple. Una volta ceduto il credito all’impresa o alla banca, questi soggetti possono usarlo in compensazione con il loro debito fiscale. I crediti in attesa di accettazione da parte del cessionario, quindi nella fase di analisi delle richieste di cessione del credito restano nel cassetto fiscale.

Perché sono aumentati gli importi presenti nel cassetto fiscale dell’AdE?

Con il passare dei mesi emerge un abuso di questi strumenti e in particolare per quanto riguarda il Superbonus 110% definito dagli stessi esponenti di Governo come una delle truffe più eclatanti della storia d’Italia. Di conseguenza in corso il governo ha provveduto a modificare le norme attraverso misure anti-frode e si è provveduto ad aumentare i controlli. Tutto ciò ha generato confusione e blocchi anche da parte degli intermediari che, raggiunto l’ammontare del loro debito fiscale, non accettano più crediti e comunque prestano particolare attenzione nell’accettazione delle richieste di cessione del credito.

Da questo è derivato che nel cassetto fiscale dell’Agenzia delle Entrate è cresciuto l’ammontare dei fondi disponibili.

In base ai dati dichiarati in audizione da Maria Cecilia Guerra al 19 maggio 2022 risultano in accettazione più di 5 miliardi di euro. Di questi 4 miliardi di crediti sono riferibili ad opzioni di prima cessione e sconto in fattura, 1,1 miliardi sono riferibili a cessioni successive. Inoltre 3,6 miliardi corrispondono a crediti per il Superbonus, mentre 1,5 miliardi si riferiscono a bonus edilizi ordinari.

Secondo il senatore Fenu, firmatario dell’interrogazione parlamentare, il numero elevato di opzioni riguarderebbe soprattutto gli sconti in fattura. Di conseguenza sono crediti maturati dalle imprese che si fa fatica a monetizzare attraverso le banche. Ricordiamo ad esempio che Cassa Depositi e Prestiti ha chiuso da mesi la sua piattaforma di cessione del credito, le banche di piccole dimensioni sono in difficoltà e non accettano tali crediti e le altre sono molto caute per non ritrovarsi crediti che potrebbero diventare carta straccia in seguito ai controlli. Le banche stanno comunque dando la priorità alle cessioni più vecchie.

Taglio accise sui carburanti: arriva la proroga. Ecco la nuova scadenza

Il ministro dell’Economia Daniele Franco insieme al Ministro per lo Sviluppo Economico Cingolani hanno firmato il decreto che proroga di ulteriori 10 giorni il taglio sulle accise dei carburanti.

Il taglio delle accise sui carburanti

Lo scorso 22 marzo del 2022 è entrato in vigore il decreto contenente misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della guerra in Ucraina. Lo stesso prevedeva diverse misure e tra queste l’abbattimento delle accise sui carburanti, sfruttando il sovra-gettito derivante dall’aumento delle entrate IVA, dovuto a sua volta all’aumento del prezzo della materia prima.

Lo sconto applicato sulla benzina era pari a 25 centesimi, a ciò si aggiungeva un’ulteriore riduzione dei prezzi di 5,5 centesimi dovuta alla conseguente riduzione dell’IVA applicata. Il totale della riduzione del prezzo alla pompa è di 30,5 centesimi. Questo ha consentito di acquistare carburante sotto la soglia psicologica dei 2 euro a litro. In queste settimane il prezzo è oscillato intorno a 1,70-1,80 €. Per quanto invece riguarda il gasolio il taglio delle accise è stato di 25 centesimi. Anche in questo caso il prezzo è nuovamente sceso sotto i 2 euro al litro.

Il decreto entrato in vigore il 22 marzo aveva una validità di un mese, questo vuol dire che dal 22 aprile, quindi appena dopo le festività di Pasqua, il costo del carburante sarebbe dovuto ritornare intorno ai 2 euro, nel frattempo infatti c’è stata una leggera flessione verso il basso dei prezzi del carburanti.

Proroga del taglio delle accise sui carburanti

Grazie però al nuovo decreto gli italiani possono avere il vantaggio di una proroga di 10 giorni del taglio delle accise sui carburanti. Di conseguenza fino al 2 maggio gli italiani potranno viaggiare sereni approfittando anche delle festività legate al 25 aprile e al 1° maggio.

Il meccanismo applicato viene definito di accise mobili. Permette di calibrare le tasse applicate sui carburanti facendo fronte al minore gettito derivante dalle accise ridotte con il sovra-gettito che deriva in modo naturale dall’aumento dei prezzi dei carburanti. Questo implica che nelle prossime settimane, se dovesse ancora generarsi un sovra-gettito IVA derivante dal prezzo della materia prima, non è escluso che il governo decida ulteriori proroghe.

E’ bene ricordare che nelle settimane appena trascorse c’è stata anche la riduzione delle accise sulla birra. per saperne di più leggi l’articolo: Taglio delle accise sulla birra e istruzioni per chiedere il rimborso 

Rottamazione quater: presto potrebbe arrivare un nuovo provvedimento di pace fiscale

Gli italiani fanno spesso fatica ad essere in regola con gli adempimenti fiscali e anche questo periodo, con i vistosi aumenti che stanno caratterizzando anche beni di prima necessità, non fa differenza. Ecco perché molti partiti hanno proposto la Rottamazione Quater.

Rottamazione quater: quali partiti la sostengono

La rottamazione quater dovrebbe seguire la rottamazione ter che è ancora in via di definizione dopo un’ulteriore proroga. La rottamazione ter ha permesso ai contribuenti di sanare le posizioni debitorie accumulate fino al 31 dicembre 2017. Ci sono però ancora i debiti fiscali accumulati dal 2018 in poi, proprio per questo numerosi partiti, tra cui la Lega Nord, hanno auspicato l’approvazione di un nuovo provvedimento di pace fiscale. Il leader della Lega, Salvini, ha sottolineato che rottamare e rateizzare le cartelle esattoriali impossibili da pagare sarebbe un atto di giustizia nei confronti degli italiani. Ha anche sottolineato che in situazioni eccezionali e sicuramente con il caro energia che si sta ripercuotendo praticamente su tutti i prodotti e i servizi, si può affermare che l’Italia sia in una situazione eccezionale, è necessario dare risposte eccezionali.

Dello stesso avviso è il M5S che tramite il vice presidente del Senato Marco Pellegrini ha fatto sapere che c’è spazio per la rottamazione quater nei prossimi provvedimenti. Il Ministero dell’Economia intanto ha reso noto che il problema principale è la copertura finanziaria, infatti per procedere alla rottamazione quater è necessario trovare un miliardo di euro.

Rottamazione ter: proroga e debiti fiscali coperti

Ricordiamo che con la rottamazione ter, che segue a precedenti provvedimenti volti ad agevolare il pagamento del debito fiscale, gli italiani ammessi alla agevolazione hanno potuto pagare i debiti fiscali accumulati dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 pagando gli importi maturati senza sanzioni e interessi di mora. Alla rottamazione ter è stata affiancato il Saldo e Stralcio che ha consentito a chi si trovava in particolari difficoltà di ottenere anche uno sconto sui debiti maturati. I provvedimenti di pace fiscale non potevano però essere utilizzati per tutti i debiti accumulati, in particolare non si poteva sfruttare la rottamazione ter per:

  • la restituzione di aiuti di Stato non dovuti
  • debiti fiscali derivanti da pronunce di condanna della Corte dei Conti;
  • multe, ammende e sanzioni maturate in seguito a provvedimenti e sentenze penali di condanna;
  • sanzioni di natura diversa rispetto a quelle tributarie;
  • somme dovute per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali .

Ricordiamo inoltre che in via del tutto eccezionale, per coloro che non sono riusciti a versare gli importi entro il mese di dicembre 2021, ultima scadenza prevista per la rottamazione ter, c’è una nuova proroga dei termini. Per conoscere i nuovi termini, leggi l’articolo: Rottamazione Ter e saldo e stralcio: riapertura dei termini per i decaduti.

La Rottamazione Quater, se dovesse prendere il via, coprirebbe i debiti fiscali maturati dal primo gennaio 2018 al 31 dicembre 2019. Non resta che attendere.

Agricoltura: ecco quando il Bonus Sud spetta anche alle imprese agricole

L’8 marzo 2022, in risposta a un’interrogazione in Commissione Finanze della Camera, il MEF ha chiarito alcuni punti rispetto al credito di imposta del Bonus Sud chiarendo in quali casi spetta anche alle imprese agricole.

Cos’è il Bonus Sud?

Il Bonus Sud è un’agevolazione fiscale, sotto forma di credito di imposta, riservata alle imprese delle Regioni del Sud, e in particolare Campania, Molise, Abruzzo, Calabria, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna. Il credito viene riconosciuto per gli investimenti in beni strumentali effettuati dalle imprese indicate nell’articolo 55 del Tuir (Testo Unico Imposte sul Reddito) . Si tratta di titolari del reddito di impresa indipendentemente dalla forma giuridica della loro attività. Si può trattare di investimenti per imprese pre-esistenti, ma anche finalizzati a un investimento iniziale, mentre non si può ottenere nel caso in cui si tratti di beni strumentali acquistati con il solo obiettivo di sostituire quelli dismessi e che non portano una reale novità nell’impresa.

Nell’articolo 55 del Tuir sono ricomprese anche le aziende agricole, ma in merito ad esse devono essere fatte delle precisazioni e la risposta all’interrogazione parlamentare ha l’obiettivo di chiarire punti critici della disciplina.

Aziende agricole: in quali casi possono ricevere il Bonus Sud?

Le aziende agricole possono essere distinte in due categorie, cioè quelle che producono reddito di impresa e quelle che invece producono solo reddito agrario e reddito dominicale. Si tratta delle aziende agricole ricomprese nell’articolo 32 del Tuir. Il reddito agrario è considerato il reddito medio ordinario dei terreni derivante dallo sfruttamento delle potenzialità del terreno stesso. Si tratta più specificamente di:

  • attività di coltivazione del terreno e silvicoltura;
  • allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno ¼ dal terreno stesso e attività dirette alla produzione di vegetali attraverso l’uso di strutture fisse o mobili (serre) che però non devono coprire più di una metà del terreno;
  • le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti derivanti prevalentemente dalla propria azienda agricola.

Questa esclusione dal beneficio è dovuta al fatto che le aziende agricole che producono reddito agrario e dominicale godono di una tassazione di vantaggio. Per maggiori informazioni leggi l’articolo: Tassazione delle aziende agricole: il regime delle imposte sul reddito

Deriva da questo che l’azienda agricola produce reddito di impresa nel caso in cui svolga attività anche attraverso l’uso di prodotti di altre aziende o realtà commerciali, ad esempio se l’azienda X si occupa della trasformazione in succhi di frutta della sua frutta e contemporaneamente anche della frutta dell’azienda Y e Z e i prodotti di queste due aziende sono prevalenti rispetto ai propri, siamo nell’ambito dell’attività di impresa e di conseguenza è possibile accedere al credito di imposta previsto dal Bonus Sud.

Quali soni i vantaggi del Bonus Sud in agricoltura?

Ricordiamo che in base alla legge di bilancio 2022 c’è tempo fino al 31 dicembre 2022 per effettuare investimenti in beni strumentali che possano usufruire del Bonus Sud. Inoltre la legge di bilancio 2022 ha previsto un credito di imposta maggiorato per le imprese che si trovano in aree svantaggiate anche in deroga ai limiti previsti per gli aiuti dall’Unione Europea. La legge di Bilancio ha infatti previsto l’applicazione della Carta degli Aiuti a finalità regionali approvata dall’Unione Europea e valida fino a 31 dicembre 2027.

Le regioni che possono avere tali maggiorazioni sono quelle che hanno un PIL pro capite inferiore al 75% della media dell’Unione Europea. Per gli investimenti effettuati in tali regioni il credito d’imposta sarà del 45% per le piccole imprese, del 35% per le medie imprese e 25% per le grandi aziende. In Abruzzo (Regione con reddito pro-capite che non rientra negli standard visti) invece saranno applicate le aliquote del 30% per le piccole imprese, 20% per le medie imprese e 10% per le grandi imprese.

Per conoscere le differenze e i limiti tra piccole, medie e grandi imprese, leggi la guida: Micro, Piccola e Media Impresa: definizione e differenze

Detrazione mascherine: le modalità operative indicate dal MEF

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in risposta a un interrogazione parlamentare, spiega i dettagli per la detrazione dei costi sostenuti per l’acquisto di mascherine FFP2 e FFP3. Ecco come fare.

Detrazione mascherine: i modelli FFP2 ed FFP3 sono dispositivi medici

Siamo vicini al periodo in cui deve essere presentata la dichiarazione dei redditi e le famiglie sono già alla ricerca di scontrini e fatture di beni che possono essere portati in detrazione e quindi che concorrono a determinare un risparmio di imposta. Dubbi però vi sono sui prodotti acquistati per far fronte all’emergenza Covid, come mascherine, disinfettanti, tamponi che hanno costituito per gli italiani importanti esborsi. Vedremo ora come portare in detrazione le spese sostenute per le mascherine FFP2 ed FFP3.

Il MEF rende noto che le mascherine che presentano determinati requisiti tecnici sono da considerare dispositivi medici e di conseguenza gli oneri sostenuti per il loro acquisto possono essere portati in detrazione con il modello 730/2022. Affinché si possa ottenere lo sgravio fiscale è necessario che le mascherine siano conformi alla normativa europea, inoltre lo scontrino fiscale deve riportare il codice AD. Si tratta del codice che identifica le “spese relative all’acquisto o affitto di dispositivi medici con marcatura CE” .

Nel caso in cui lo scontrino o la fattura non riportino tale codice, sarà comunque possibile ottenere la detrazione solo se il contribuente ha conservato i documenti dai quali risulti la marchiatura CE delle mascherine, la quale deve attestare che si tratta di un prodotto compreso nella banca dati del Ministero della Salute. Nel caso in cui il prodotto non sia indicato in tale banca dati, la prova si fa ancora più difficile in quanto è necessario che rechi la marchiatura CE con indicazione della conformità alla normativa europea.

Ciò implica che la conformità per i prodotti non fatturati con il codice AD, deve essere verificata per ogni singola mascherina il cui costo si vuole portare in detrazione.

Detrazione mascherine FFP2 ed FFP3: a quanto ammonta?

Tale meccanismo può forse essere considerato eccessivamente pesante, ma purtroppo la pandemia ha generato un volume tale di domanda e speculazioni che spesso in Italia hanno portato alla distribuzione di prodotti non conformi, cioè con caratteristiche tali da non impedire o ridurre il rischio di contagio.

Dai calcoli fatti emerge che gli italiani hanno speso 327 milioni di euro per l’acquisto di mascherine FFP2 ed FFP3 quindi gli importi che dovrebbero essere portati in detrazione sono abbastanza alti. É anche vero che molto probabilmente numerosi scontrini, fatture e marchi relativi agli acquisti sono andati perduti e di conseguenza anche le relative detrazioni. Occorre anche sottolineare che la detrazione non viene applicata alle mascherine chirurgiche che per molto tempo hanno rappresentato l’acquisto prevalente.

La normativa per i dispositivi medici prevede una detrazione con aliquota al 19% delle spese sostenute, per le famiglie che hanno fatto largo uso delle mascherine potrebbe essere un risparmio di imposte piuttosto notevole.

Riforma del catasto: via libera alle nuove regole su adeguamento rendite.

Per un solo voto di scarto, la maggioranza in Commissione Finanze alla Camera approva la riforma del catasto, proprio questa maggioranza molto risicata fa capire come si tratti di un tema caldo che spacca la maggioranza, come in passato è già stato il per tetto all’uso del contante che ha addirittura visto il Governo andare sotto. Cerchiamo quindi di capire cosa cambia con le nuove regole.

Come funziona il Catasto

La riforma del Catasto è una delle più difficili da digerire, basti pensare che l’attuale sistema è in gran parte lo stesso delineato nel 1939 e che nel tempo è diventato obsoleto, o meglio, incapace di definire il vero valore del patrimonio immobiliare italiano

Il sistema del 1939 prevedeva due “elenchi”: il Catasto Terreni comprendente aree non edificate e il Catasto Edilizio Urbano comprendente invece i fabbricati industriali, civili e commerciali.  Il Catasto Edilizio Urbano poi nel 1993 è stato trasformato in Catasto dei Fabbricati. Il classamento di fatto si realizza tenendo in considerazione la tipologia di fabbricato  attraverso la qualificazione e classificazione del Comune in cui è ubicato e tenendo conto di vani, metri cubi e metri quadri e moltiplicando il valore per la tariffa di estimo.

La rendita attualmente si determina in base alla classificazione come fabbricato civile, signorile, popolare, ultrapopolare, economico, rurale, villini, ville, palazzi, uffici e abitazioni tipiche. L’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha però rilevato che l’eccessiva ampiezza delle zone censuarie, unita a criteri di classamento obsoleti e all’eterogeneità del patrimonio immobiliare, fanno in modo che i valori rilevati siano molto distanti da quelli reali.

Le varie maggioranze hanno più volte proposto la riforma, ma di fatto non si è arrivati mai alla conclusione. Questa volta sembra che proprio non ci sia intenzione di tornare indietro.

Riforma del Catasto: cosa è successo in commissione Finanze il 3 marzo?

Il 3 marzo 2022 in Commissione Finanze, per un solo voto è stato bocciato l’emendamento volto a cancellare l’articolo 6 della legge di delega che ha come obiettivo la Riforma del Catasto. L’emendamento proposto da Forza Italia andava a minare la parte essenziale della Legge di delega fiscale, infatti proponeva di eliminare dalla stessa la mappatura dei dati catastali e la revisione delle rendite con criteri aggiornati, lasciando solo la parte della legge dedicata all’emersione dei fabbricati fantasma, o meglio abusivi. Il Governo è stato però irremovibile e ha sottolineato più volte che qualunque variazione alla norma sulla Riforma del Catasto avrebbe fatto saltare tutto in quanto la stessa è fondamentale al fine di ottenere i fondi del PNRR.

Questo implica che al centro della riforma fiscale che si sta scrivendo resterà proprio tale parte definita epocale, infatti la Sottosegretaria al MEF Maria Cecilia Guerra ha affermato che si tratta di uno dei punti fondamentali della legge delega per la riforma fiscale.

Cosa prevede la riforma del Catasto?

Il primo obiettivo della riforma del catasto è realizzare un piano di revisione del sistema catastale che consenta di rilevare i dati catastali in modo immediato e quindi possa far emergere i fabbricati abusivi. Il secondo passo sarà invece compiuto il 1° gennaio 2026 e prevede l’adeguamento delle rendite catastali ai valori di mercato e patrimoniali. Uno degli obiettivi della riforma è facilitare l’accesso ai dati da parte dell’Agenzia delle Entrate e dei Comuni attraverso la condivisione degli stessi.

La Legge di delega fiscale prevede anche che l’attualizzazione delle rendite avrà una sorta di eccezione per i fabbricati di interesse storico e artistico per i quali saranno previste riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario. Ciò in considerazione del fatto che per questa tipologia di immobili ci sono maggiori oneri legati alla manutenzione ordinaria e straordinaria.

Tali valori, una volta determinati, in base al comma 2 dell’articolo 6, dovranno essere periodicamente aggiornati, ma dalle premesse fatte tali dati non saranno comunque utilizzabili al fine di determinare la base imponibile per la tassazione e quindi non avrà rilevanza a fini fiscali. C’è però da dire che se essi saranno i dati disponibili al catasto, appare evidente che dovranno essere dichiarati nei tradizionali appuntamenti fiscali degli italiani.

Proprio questo è il punto più discusso della riforma, infatti il sospetto di molti, e in particolare della Lega, è che siano utilizzati come strumento per un aumento delle tasse.