Reddito di cittadinanza/inclusione, spuntano 10.000 posti di lavoro

Prende vita il nuovo progetto contro povertà ed emarginazione.  Arrivata la firma del protocollo tra Ministero del Lavoro, Anpal Servizi e il Consorzio Elis con 10.000 posti di lavoro, opportunità destinate a percettori di reddito di cittadinanza, reddito di inclusione e a rischio emarginazione.

10.000 posti di lavoro per percettori di reddito di cittadinanza/assegno di inclusione

Il nuovo Governo fin dall’insediamento ha avuto tra gli obiettivi quello di rivoluzionare il reddito di cittadinanza, attraverso una riduzione del numero dei percettori e soprattutto come misura ad esaurimento per coloro che sono abili al lavoro.

Il nuovo protocollo si inserisce proprio in questo progetto e mira a collocare nel mondo del lavoro gli occupabili andando quindi a ridurre i percettori del reddito di cittadinanza, misura a breve sostituita dal reddito di inclusione o assegno di inclusione.

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Contributi datori di lavoro per chi assume percettori assegno di inclusione

Il progetto può essere definito triangolare perché con diverse funzioni coinvolge 3 soggetti. In primo luogo c’è il Ministero del Lavoro che mette a disposizione delle aziende che aderiscono al progetto “Distretto Italia” i dati relativi alle politiche nazionali del lavoro, come il programma GOL, Piano Nazionale Giovani, Donne e lavoro e l’elenco dei soggetti occupabili di età compresa tra 18 e 59 anni di età.

Il Consorzio Elis invece si impegna a proporre alle persone segnalate percorsi di reinserimento nel mondo del lavoro e si occupa di individuare posizioni vacanti in cui collocare le persone a rischio emarginazione. Attraverso tale triangolazione si favorisce l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Settori in cui sono disponibili posti di lavoro

Attualmente, tenendo in considerazione le aziende che hanno aderito al progetto Distretto Italia, sono stati individuati già 10.000 posti di lavoro nei settori telecomunicazioni, energia, costruzioni e trasformazione digitale. Le imprese che partecipano al progetto sono impegnate nelle politiche di parità di genere e nell’inserimento dei NEET, cioè giovani non impegnati in percorso di studio, formazione o lavoro.

In base alle stime rese note dal Ministro del Lavoro, Marina Calderone, nei prossimi mesi si arriverà alla disponibilità di 1,5 milioni di posti di lavoro che consentiranno di dare opportunità concrete di carriera a giovani e meno giovani.

Per quanto riguarda i percorsi di formazione, saranno gratuiti e di durata compresa tra 5 e 20 settimane, mirano a fornire competenze da sfruttare nel mondo del lavoro in modo che vi sia una collocazione più soddisfacente.

Le aziende che decideranno di assumere potranno inoltre beneficiare degli incentivi per le assunzioni.

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Fondo nuove competenze, arrivano nuovi fondi per le imprese

Nella bozza del decreto Lavoro approvata il 1° maggio c’è il rifinanziamento del Fondo nuove competenze che, di conseguenza, dovrebbe continuare ad essere utilizzato dalle imprese per la formazione e riqualificazione dei lavoratori fino al 2027.

Cos’è il Fondo Nuove Competenze

Il fondo nuove competenze nasce con il DL 34 /2020 del Governo Conte e finanziato con Fondi europei, possono accedervi le aziende che propongono la riqualificazione del personale. La misura è gestita dal punto di vista operativo da ANPAL ( Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) e prevede il finanziamento di corsi di formazione utili alla riqualificazione del personale e alla eventuale ricollocazione dei lavoratori nel mondo del lavoro.

Il Fondo nuove competenze con il decreto lavoro ottiene un rifinanziamento fino al 2027 e tale nuova dotazione sarà diretta a finanziare accordi di rimodulazione dell’orario di lavoro, la retribuzione oraria e i contributi dell’orario di lavoro dedicato alla formazione,

Le risorse per il rifinanziamento del Fondo nuove competenze arrivano dal Piano nazionale Giovani, donne, lavoro a cui si aggiungono fondi del Fondo sociale europeo +, inoltre potrebbero aggiungersi risorse del Programma Operativo Complementare POC SPAO. Non è però ancora stato determinato l’ammontare del rifinanziamento.

Come accedere al Fondo nuove competenze?

I datori di lavoro possono accedere al fondo nuove competenze per finanziare le ore di formazione in favore dei lavoratori e quindi pagare i contributi per tali ore e sostenere il costo di materiale e professionisti.

Per accedere al fondo nuove competenze è necessario presentare istanza attraverso MyAnpal, il servizio messo a disposizione dal ministero del Lavoro.

Naturalmente per conoscere i nuovi fondi sarà necessario attendere il decreto attuativo che renderà il tutto operativo.

Ricordiamo che il decreto lavoro contiene anche ulteriori misure, come la detassazione fino a 3.000 euro dei fringe benefit, la nuova disciplina dell’assegno di inclusione che sostituisce il reddito di cittadinanza, sono inoltre previste nuove norme per il rinnovo dei contratti a tempo determinato.

Per saperne di più leggi gli approfondimenti: Approvato il Decreto Lavoro, la Meloni lo spiega con un video

Dal Reddito di cittadinanza all’assegno di inclusione, cosa cambia?

Lavoratori agricoli: governo al lavoro per dare maggiori tutele

Il Governo vara il piano antisommerso volto a dare una vita dignitosa ai lavoratori agricoli cercando di contrastare l’annoso problema del caporalato e dello sfruttamento dei braccianti.

Lavoratori agricoli: formazione per gli operatori dei Centri per l’Impiego

Il Ministero del Lavoro con il decreto ministeriale 28 del 2023 va ad integrare il piano nazionale di lotta al lavoro sommerso del triennio 2023/2025. L’obiettivo è produrre linee guida che possano servire a contrastare lo sfruttamento dei lavoratori in nel settore agricolo, particolarmente rilevante nell’economia italiana e che vede, soprattutto al Sud Italia, condizioni di lavoro lesive della dignità umana. Nel nuovo piano del Ministero vi è l’obiettivo di dare un alloggio a ogni lavoratore straniero impegnato nel settore dell’agricoltura.

Il piano prevede interventi di formazione e informazione per gli operatori dei Centri per l’Impiego in modo che siano in grado di far fronte alle peculiarità di questo settore favorendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Implementando i servizi, i lavoratori agricoli possono più facilmente avere contratti di lavoro regolari ed evitare il lavoro sommerso, caratterizzato anche da insediamenti abusivi dopo le persone sono in condizioni disumane, ai limiti della schiavitù.

Alloggi per i braccianti agricoli: i Comuni al centro

Nel contrasto agli insediamenti abusivi si pone particolare attenzione agli enti locali che devono effettuare controlli sul territorio per evitare l’abusivismo e il diffondersi di baraccopoli in cui sono costretti i lavoratori agricoli. Naturalmente sono gli enti di prossimità, cioè i Comuni, a poter meglio svolgere il controllo del territorio.

Le amministrazioni locali sono inoltre coinvolte nel reperimento di alloggi che possano essere utilizzati da chi lavora nei campi, in particolare gli stagionali che nella maggior parte dei casi sono stranieri.

Infine, già nel secondo trimestre del 2023 dovrebbe essere attivo un gruppo di lavoro volto a delineare le nuove linee guida per la tutela dei lavoratori agricoli.

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Ismea Più Impresa: agevolazioni in agricoltura per giovani e donne

Agricoltura: esonero contributivo 2023 per coltivatori diretti e Iap

Bonus trasporti 2023 nel decreto trasparenza/carburanti: Isee più basso

Il decreto sulla trasparenza non si occupa solo del prezzo della benzina, ma introduce anche ulteriori misure, tra queste vi è il bonus trasporti che rispetto a un anno fa prevede requisiti diversi per l’accesso. Ecco cosa cambia e chi può richiedere il bonus trasporti 2023.

Bonus trasporti 2023: a chi spetta?

Il nuovo bonus trasporti 2023 può contare su un fondo di 100 milioni di euro ( nella precedente edizione il fondo stanziato era di 180 milioni di euro). È destinato ai pendolari che abbiano sostenuto spese per il trasporto pubblico e può esseere richiesto dalle persone che abbiano un reddito Isee non superiore a 20.000 euro. Nella versione precedente il requisito Isee era diverso, infatti il Bonus Trasporti spettava a coloro che avevano un reddito Isee fino a 35.000 euro. La riduzione del requisito Isee risulta necessaria in quanto il bacino di utenza deve essere ristretto a causa del dimezzamento dei fondi.

I pendolari possono richiedere il bonus trasporti, lo stesso è nominativo, quindi può essere utilizzato solo dall’effettivo beneficiario ( non è cedibile), inoltre :

  • si può utilizzare per l’acquisto di un solo abbonamento, quindi in caso di eccedenza, la stessa si perde;
  • non costituisce reddito imponibile;
  • e non è compreso tra i redditi da dichiarare al fine del computo Isee.

Il buono può essere utilizzato per l’acquisto di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale ovvero per i servizi di trasporto ferroviario nazionale.

Come ottenere il bonus trasporti 2023?

Come per la precedente edizione, potrà essere richiesto con la piattaforma messa a disposizione dal ministero del Lavoro fino a esaurimento delle risorse e dovrà essere utilizzato nell’arco di un mese dall’emissione. Scaduto tale termine, non potrà più essere utilizzato e le risorse saranno nuovamente introitate nel sistema a disposizione di ulteriori richiedenti.

Il richiedente nell’inoltrare l’istanza deve indicare il reddito Isee e codice fiscale e deve scegliere tra le varie aziende di trasporto che hanno aderito all’iniziativa, ad esempio Trenitalia. Il sistema rilascia un codice da utilizzare al momento della sottoscrizione dell’abbonamento. Anche nell’attuale versione viene confermato l’importo massimo di 60 euro. Le somme non spese, ad esempio perché l’abbonamento mensile costa meno di 60 euro, sono nuovamente introitate nel sistema e quindi ritornano disponibili per altri utenti.

Avvisiamo che il decreto trasparenza è stato pubblicato in Gazzetta il 14 gennaio 2023 e che attualmente non è ancora possibile richiedere il Bonus Trasporti, sarà invece necessario attendere il decreto attuativo che dovrebbe arrivare nell’arco di qualche settimana (30 giorni).

Il bonus trasporti 2023 è compatibile anche con altre agevolazioni, ad esempio con le detrazioni previste per le spese di trasporto, naturalmente per la parte eccedente rispetto al bonus di 60 euro e che resta a carico del beneficiario.

CIGS e ammortizzatori sociali: sanzioni per chi non fa formazione

Con le nuove norme sugli ammortizzatori sociali è stato previsto che nel caso in cui i lavoratori usufruiscano dei periodi di sospensione dal lavoro senza però recedere dal contratto di lavoro, debbano seguire corsi di formazione che consentano una migliore collocazione nel mondo del lavoro. Per coloro che si sottraggono a tale obbligo sono invece previste sanzioni. Le stesse sono ora operative. Ecco quando si applicano e quali sono.

Entra in vigore la riforma degli ammortizzatori sociali e Cigs: sanzioni per chi non fa formazione

Il decreto legislativo 148 del 2015 contiene la riforma degli ammortizzatori sociali, lo stesso nel tempo è stato sottoposto a modifiche e tra queste appare significativa quella introdotta con il decreto legge 4 del 2022. Con questa modifica si va ad intervenire sull’articolo 25 ter del decreto legislativo. Lo stesso ora prevede al comma 1 che i lavoratori “ allo scopo di mantenere o sviluppare le competenze in vista della conclusione della procedura di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa e in connessione con la domanda di lavoro espressa dal territorio, partecipano a iniziative di carattere formativo o di riqualificazione, anche mediante fondi interprofessionali”.

Il comma 3 dello stesso articolo dispone “La mancata partecipazione senza giustificato motivo alle iniziative di cui al comma 1 comporta l’irrogazione di sanzioni che vanno dalla decurtazione di una mensilità di trattamento di integrazione salariale fino alla decadenza dallo stesso”. Lo stesso comma stabilisce però che le modalità di accertamento delle violazioni devono essere stabilite con decreto del Ministero del Lavoro.

Dal 29 ottobre 2022 prendono il via le sanzioni per la mancata partecipazione alla formazione

È entrato in vigore il 29 ottobre 2022 il nuovo decreto ministeriale 2 agosto 2022 con l’indicazione dei criteri e delle modalità di accertamento sanzionatorio per la mancata attuazione dell’obbligo formativo del lavoratore che usufruisce dell’integrazione salariale in costanza di rapporto di lavoro. Lo stesso prevede:

  • decurtazione di un terzo delle mensilità del trattamento di integrazione salariale straordinario nel caso di assenza senza giustificato motivo in misura compresa tra il 25% e il 50% delle ore previste per la formazione;

  • decurtazione della metà della mensilità del trattamento di integrazione salariale straordinario (CIGS) in caso di assenza in misura compresa tra il 50% e l’80% del monte ore stabilito;

  • decadenza dal trattamento di integrazione salariale nel caso di assenza senza giustificato motivo dai percorsi di formazione in misura superiore all’80%.

Assenza giustificata dalle attività formative per percettori Cigs

Nel decreto si specifica che possono costituire giustificato motivo di assenza:

  • documentato stato di malattia o infortunio;

  • servizio militare o civile;

  • stato di gravidanza coincidente con il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro;

  • citazione in tribunale;

  • gravi motivi familiari documentati e/o certificati;

  • limitazione legale alla libertà di movimento (ad esempio arresti domicialiari);

  • ogni altro comprovato impedimento oggettivo o forza maggiore.

In seguito alla registrazione delle assenze, deve esserne data comunicazione ai servizi ispettivi territorialmente competenti che dovranno quindi effettuare gli accertamenti e in seguito darne comunicazione all’Inps in modo che siano applicate le sanzioni previste.

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Reddito di cittadinanza: addio navigator. Il Ministero non proroga i contratti

Il reddito di cittadinanza sembra essere ormai arrivato al capolinea. È certo che ci saranno delle modifiche, anche se ancora non ci sono certezze sulla mole, ma un’altra tegola sta per cadere sulla testa di migliaia di ragazzi, dal Ministero del Lavoro, guidato dalla Ministra Calderone,  è infatti arrivato l’annuncio che non è possibile prorogare i contratti di lavoro dei navigator.

Reddito di cittadinanza: la prima misura è la mancata proroga del contratto dei navigator

Il reddito di cittadinanza nasce come politica attiva per il lavoro, l’obiettivo non era semplicemente dare un sussidio a coloro che non hanno un lavoro, ma fare in modo che domanda e offerta di lavoro potessero incontrarsi anche attraverso percorsi di formazione.

Al centro di questo articolato progetto c’erano i navigator, entrati in campo in seguito a un concorso che prevedeva comunque l’assunzione a tempo determinato. Molte sono state le critiche a questa figura professionale, al punto che il governatore della Regione Campania, De Luca, ha più volte ribadito che erano persone che non riuscivano a trovare lavoro, assunte per trovare lavoro ad altre persone, quasi con capacità predittiva di quello che poi sarebbe stato il risultato, cioè la difficoltà di raggiungere l’obiettivo.

Oggi sappiamo che ci saranno modifiche al reddito di cittadinanza, che molto probabilmente sarà tagliato a circa 660.000 persone, ad oggi i percettori sono circa un milione e mezzo, la riduzione sarebbe del 50%. C’è altro, infatti dal Ministero del Lavoro è arrivata la notizia che non sarà possibile prorogare il contratto di lavoro per i navigator. Crolla quindi una delle figure centrali della normativa.

Al via la revisione del reddito di cittadinanza: addio navigator

I contratti di lavoro dei navigator di fatto sono scaduti il 31 ottobre 2022, quindi pochi giorni fa. Il Ministero del Lavoro ha quindi diramato una nota in cui si precisa che, nonostante siano circolate voci contrastanti, non sarà possibile tecnicamente prorogare i contratti di lavoro dei navigator.

Precisa il Ministero che sono state avviate attività di ricognizione in coordinamento con le Regioni. Inoltre sottolinea che per un eventuale riutilizzo dei navigator servirebbero norme apposite, ma che le stesse non sono allo studio del Ministero. Tra le righe si legge che non c’è volontà di procedere allo studio di norme per stabilizzare questi precari, cioè i navigator. Appare essere questo il primo passo verso uno smantellamento delle misure previste nella legge istitutiva del reddito di cittadinanza.

I navigator sono circa 2.400 (alcuni si sono già dimessi) e di conseguenza inizia già il taglio delle risorse, infatti il mancato rinnovo del contratto consente comunque di risparmiare. In base alle previsioni iniziali dovevano essere 10.000 poi in seguito ad accordo tra il Ministero del lavoro e ANPAL si raggiunse il numero di 3.000. Il mancato rinnovo dei contratti è dovuto anche allo scarso successo del loro lavoro, infatti solo il 40% degli occupabili è stato preso in carico dai navigator e di questi solo 1 su 7 ha trovato un lavoro, ma a tempo determinato. Solo pochissimi dei percettori di reddito di cittadinanza occupabili hanno ottenuto un contratto a tempo determinato. Lo stipendio medio di un navigator è di 1.730 euro netti, lordi circa 30.000 euro l’anno.

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Bonus 200 euro lavoratori autonomi, sbloccati i pagamenti

Buone notizie per i lavoratori autonomi e professionisti: arrivato lo sblocco dei pagamenti dei bonus 200 euro sospesi il 19 ottobre 2022 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Bonus 200 euro lavoratori autonomi: blocco del pagamento

Il governo nei mesi scorsi al fine di aiutare le persone a far fronte ai rincari generalizzati dei prodotti, tra cui il caro energia, ha previsto due bonus: il bonus 200 euro e uno da 150 euro. Si tratta di misure una tantum. Mentre le erogazioni per pensionati e lavoratori dipendenti è stata abbastanza semplice, maggiori problemi vi sono stati per i lavoratori autonomi.

Il decreto attuativo per rendere operativo il pagamento in favore dei lavoratori autonomi ha avuto emanazione con tre mesi di ritardo e solo il 26 settembre 2022 c’è stata l’apertura delle piattaforme delle varie casse previdenziali, ad esempio Gestione Separata Inps, Inarcassa, Cassa Forense.

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A questo iniziale problema se n’è aggiunto un altro, cioè i fondi disponibili per lavoratori autonomi e professionisti per il versamento del bonus di 200 euro sono limitati. Proprio per questo nel decreto operativo veniva comunicato ai vari enti previdenziali l’onere di inviare in modo costante il flusso dei pagamenti.

Perché il Ministero ha bloccato i pagamenti?

Il 19 ottobre 2022 è però arrivata la richiesta da parte del Ministero del Lavoro alle varie casse previdenziali di bloccare i pagamenti al fine di avviare il monitoraggio e valutare la consistenza del plafond rimanente. Il Ministero aveva precisato che si trattava di un blocco solo temporaneo e dovuto alla necessità di riorganizzare il monitoraggio del flusso di informazioni vista l’ingente mole di richieste arrivate alle varie casse previdenziali.

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Nonostante il breve stop ai pagamenti, gli stessi ora sono ripresi e fino alla fine del mese i lavoratori autonomi e professionisti continueranno a ricevere i sussidi disposti con il decreto Aiuti Bis e Ter.

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Reddito di cittadinanza: si può avere anche in caso di interdizione dai pubblici uffici

Sappiamo che vi sono reati che precludono la possibilità di ottenere il Reddito di Cittadinanza, ma la Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la sentenza 38383 del 2022 ha posto un limite a tale diniego stabilendo che l’interdizione perpetua dai pubblici uffici non preclude la possibilità di accedere a tale agevolazione. Ecco cosa dice la sentenza.

Il caso: interdizione perpetua dai pubblici uffici con sequestro del reddito di cittadinanza

Nell’ambito di un’indagine per truffa finalizzata all’ottenimento di erogazioni pubbliche, una persona ha visto effettuare il sequestro delle somme in quanto 30 anni prima della richiesta del reddito di cittadinanza aveva avuto una condanna, con sentenza definitiva, per aver commesso il reato di rapina e sequestro di persona. Tra le pene accessorie per tale reato vi era l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Sulla base di questa pena accessoria, il tribunale di Vibo Valentia aveva disposto la decadenza dal beneficio del reddito di cittadinanza e il sequestro delle somme erogate. Tale sanzione si commina in applicazione dell’articolo 28 comma 5 del codice penale il quale stabilisce che coloro che sono condannati all’interdizione perpetua dai pubblici uffici non possono percepire stipendi, pensioni e altri assegni che siano a carico dello Stato o di altri enti pubblici.

Il reddito di cittadinanza ha natura ibrida

La Corte di Cassazione è però stata di contrario avviso e in particolare non ha ricompreso il reddito di cittadinanza tra gli emolumenti previsti dall’articolo 28 comma 5 del codice penale. Secondo i giudici della Suprema Corte, il reddito di cittadinanza non può essere parificato agli emolumenti prima visti in quanto viene caricato su Carta Acquisti non utilizzabile liberamente in tutti gli esercizi commerciali.

Trattasi invece di una “prestazione assistenziale finalizzata a soddisfare le proprie esigenze di vita” . In tal senso si è espresso anche il Ministero del Lavoro interpellato sul punto dall’INPS. La Corte di Cassazione sottolinea inoltre la natura ibrida del reddito di cittadinanza, infatti si tratta di una misura che include anche le politiche attive del lavoro con formazione e interventi volti ad evitare l’esclusione sociale. Trattasi di una misura di contrasto alla povertà e alla disuguaglianza e visto che comunque la pena in Italia è volta anche alla rieducazione del condannato, non avrebbe senso escludere una persona che si trova in tale situazione da politiche volte proprio alla rieducazione e reinserimento sociale.

La portata delle norme penali non può essere estesa

A ciò si aggiunge che la disciplina del Reddito di Cittadinanza contiene già dei casi di esclusione e in particolare prevede che per poter ottenere il sussidio è necessario che siano intercorsi 10 anni dalla sentenza di condanna definitiva. Nel caso in oggetto gli anni effettivamente intercorsi sono invece già 30, quindi il soggetto poteva tranquillamente presentare la domanda. Inoltre la natura afflittiva delle sanzioni penali impongono la loro applicazione letterale senza estensione a ipotesi simili ma non uguali. In nessun punto la normativa prevista per il reddito di cittadinanza impedisce l’erogazione del RdC a coloro che sono condannati all’interdizione e di conseguenza non è possibile un’applicazione per analogia.

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Imprese: Ministero del Lavoro chiarisce gli obblighi informativi del decreto trasparenza

Il decreto Trasparenza ha sottolineato che il datore di lavoro ha obblighi informativi particolarmente importanti nei confronti dei lavoratori. Proprio per questo motivo, il 20 settembre 2022 il Ministero del Lavoro ha reso pubblica la Circolare 19 in cui sono indicati nel dettaglio gli obblighi informativi ricadenti sul datore di lavoro in ottemperanza al decreto Trasparenza ( decreto legislativo 104 del 27 giugno 2022).

Obblighi informativi

Il decreto trasparenza viene emanato in applicazione della direttiva UE 2019/1152 e prevede obblighi informativi a carico del datore di lavoro, gli stessi sono ora meglio esposti all’interno della Circolare 19 del Ministero del Lavoro.

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Congedi

Il datore di lavoro deve informare il lavoratore sulla durata dei congedi per ferie e di tutti gli altri congedi retribuiti vigenti e di cui può usufruire il lavoratore.

La circolare sottolinea che, visto che si parla esclusivamente di congedi retribuiti (previsti dalla legge e dai contratti collettivi), deve ritenersi che non sussista obbligo informativo per i congedi non retribuiti.

Sottolinea la circolare che il nostro ordinamento prevede diverse forme di astensione dal lavoro, ad esempio aspettativa e permesso, ma visto che la normativa parla espressamente di congedo, deve ritenersi che solo quelli così espressamente denominati ricadono nell’obbligo di informazione. In via esemplificativa si elencano i congedi ricadenti: congedo di maternità e paternità, congedo parentale, congedo per donne vittime di violenza di genere.

Retribuzione

La normativa stabilisce che il datore di lavoro deve indicare “l’importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento”. Precisa il Ministero che non devono essere indicate le componenti che possono essere considerate variabili, ma solo quelle che sono determinabili già al momento della costituzione del rapporto. Non sono oggetto dell’informativa neanche le misure di welfare aziendale, ad esempio i buoni pasto o i benefit aziendali, in quanto non rientrano nell’assetto retributivo ordinario.

Orario di lavoro

L’informativa deve contenere indicazione degli orari normali di lavoro, le condizioni che si applicano ad eventuale lavoro straordinario e la retribuzione di questo.

Nel caso di cambio di orario, si ritiene che il datore di lavoro debba dare l’informativa solo nel caso in cui ci sia una modifica strutturale o per un arco di tempo significativo.

Previdenza e assistenza

Il datore di lavoro deve fornire al lavoratore indicazioni circa gli enti di previdenza e istituti che ricevono contributi previdenziali e assistenziali e devono ricevere informazioni su qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso. Tra le informazioni che il datore di lavoro deve dare al lavoratore vi sono anche quelle inerenti la possibilità di aderire a fondi di previdenza integrativa aziendali o settoriali.

Uso di strumenti di sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati

Il datore di lavoro è tenuto a comunicare se in azienda sono presenti sistemi di monitoraggio automatizzati e sistemi decisionali automatici utilizzati al fine di fornire informazioni utili a:

  • assunzione;
  • conferimento dell’incarico;
  • gestione e/o cessazione del rapporto di lavoro;
  • assegnazione di compiti e mansioni;
  • indicazioni su sorveglianza, valutazione, prestazioni, adempimento delle obbligazioni contrattuali a carico del lavoratore.

L’obbligo di comunicazione resta anche nel caso in cui ci sia un intervento umano accessorio.

Nella pratica il datore di lavoro è tenuto ad informare il lavoratore nel caso in cui abbia utilizzato sistemi di screening automatico dei curricula, se c’è stato l’utilizzo di software automatici per test psico-attitudinali o simili, oppure nel caso in cui siano utilizzati software automatici per la realizzazione di statistiche a fini valutativi.

Ultime informazioni su obblighi informativi del decreto trasparenza

La circolare chiarisce anche che l’articolo 7 del decreto Trasparenza fissa in sei mesi il periodo di prova massimo, termine che però può essere ridotto nei contratti collettivi. In caso di contratto a tempo determinato, la durata del periodo di prova deve essere proporzionale rispetto alla durata del contratto.

Ricordiamo, infine, che l’articolo 10 del decreto Trasparenza prevede che, laddove possibile, il datore di lavoro deve favorire la trasmigrazione verso contratti di lavoro più stabili e duraturi.

Tali informazioni si ritiene debbano essere date in forma scritta, valido anche il documento elettronico.

Circolare-n19-20-09-22

 

Lavoratori autonomi: c’è il decreto attuativo per il bonus 200 euro?

I lavoratori autonomi, partite Iva, professionisti iscritti alle casse previdenziali sono in allarme: perché non è stato emanato il decreto attuativo per il bonus una tantum di 200 euro che i lavoratori dipendenti e i pensionati avranno a luglio?

Bonus una tantum di 200 euro per il contrasto al caro vita: a chi spetta?

Il decreto aiuti 2022 del 2 maggio, entrato in vigore il 17 maggio 2022, prevedeva un bonus una tantum di 200 euro in favore di pensionati, lavoratori dipendenti, percettori di reddito di cittadinanza, di disoccupazione agricola, NASpI, Dis-coll e lavoratori autonomi, insomma una vasta platea, differenziata per le modalità di erogazione.

L’erogazione è infatti automatica per i percettori di reddito di cittadinanza e altre misure erogate dall’INPS, ad esempio NASpI ed è automatica per i dipendenti pubblici.  Questi soggetti potranno riceverla nel mese di luglio insieme a stipendi e indennità varie. Mentre per le altre categorie ci sono piccole complicazioni.

La prima è la necessità per i lavoratori dipendenti del settore privato di produrre un’autocertificazione circa il possesso dei requisiti, cioè un reddito annuo inferiore a 35.000 euro e aver goduto dell’assunzione con sgravio contributivo. L’Inps non ha però pubblicato il modello di autocertificazione e di conseguenza ci hanno pensato commercialisti e consulenti del lavoro.

Per avere maggiori informazioni e scaricare il modulo leggi l’articolo: Bonus 200 euro: lavoratori dipendenti devono presentare l’autodichiarazione?

Resta però ancora un nodo da sciogliere e cioè come, e soprattutto quando, percepiranno il bonus di 200 euro i lavoratori autonomi? Ecco cosa sta succedendo.

Che fine ha fatto il decreto attuativo per il bonus una tantum di 200 euro ai lavoratori autonomi?

Per i lavoratori autonomi la normativa prevedeva la necessità di un decreto attuativo di concerto tra Ministero del Lavoro  e il Ministero dell’Economia attraverso il quale il Governo avrebbe indicato le modalità per poter usufruire del bonus di 200 euro nato per aiutare le famiglie a far fronte alle conseguenze dell’inflazione.

Il decreto attuativo doveva essere emanato entro 30 giorni, il termine è però scaduto il 17 giugno e oggi, 22 giugno, purtroppo ancora non ci sono notizie. Il termine è evidentemente slittato e di conseguenza sono numerosi i lavoratori che con molta probabilità non riceveranno il bonus nel periodo estivo con il rischio che slitti all’autunno, a condizione che vi sia la conferma dello stesso. In realtà nel decreto aiuti erano previsti 43 decreti attuativi e di questi solo 11 sono stati emanati.

Il bonus di 200 euro per i titolari di partita Iva era contemplato nell’articolo 33 del decreto Aiuti 2022 e prevedeva lo stanziamento di un fondo da ripartire tra i lavoratori autonomi e professionisti iscritti a una gestione previdenziale INPS. Già da questa prima indicazione si evince che in realtà non è detto che alle partita Iva sarà riconosciuto un bonus di 200 euro, potrebbe anche essere inferiore e in base alle domande pervenute probabilmente si addiverrà alla ripartizione del fondo. Sono tutte ipotesi, perché in realtà fino a quando il decreto attuativo non c’è, non vi è alcuna sicurezza del fatto che gli autonomi possano avere il Bonus.

Il fondo da stanziare dovrebbe avere un ammontare di 500 milioni di euro.

Delusione tra i precari della scuola

Tra i delusi vi sono anche i precari della scuola con contratto in scadenza il 30 giugno, infatti per loro attualmente non si prevede il bonus di 200 euro, sebbene il M5S abbia presentato un emendamento per estendere a loro tale aiuto.

Per maggiori informazioni leggi anche: Precari scuola: arriva l’emendamento per estendere il bonus di 200 euro

Nessun problema per i precari della scuola con contratto in scadenza ad agosto.