Sicurezza sul luogo di lavoro: novità in arrivo con il decreto PNRR

Negli ultimi mesi c’è stato un crescendo di infortuni sul lavoro, alcuni di essi anche mortali, e spesso hanno riguardato ragazzi molto giovani. Proprio per questo motivo si è ravvisata la necessità prioritaria di inasprire le norme a tutela della salute e sicurezza sul luogo di lavoro e il decreto legge 36/2022 inserisce tra le norme per l’attuazione del PNRR anche nuove norme a tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro riconoscendo un ruolo centrale all’INAIL.

Sicurezza sul lavoro: il comunicato del ministero chiarisce le novità da introdurre

Le novità introdotte sono state rese note attraverso un comunicato del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, guidato dal ministro Orlando, del 2 maggio 2022, non a caso il giorno successivo rispetto alla festa dei lavoratori che ricade il 1° maggio. Si è detto che l’INAIL avrà un ruolo centrale e dovrà in primo luogo stipulare convenzioni con le grandi imprese e grandi gruppi industriali al fine di prevenire infortuni e problemi di salute legati al mondo del lavoro.

L’articolo 20 del decreto prevede che L’INAIL debba mettere a punto programmi straordinari tendenti a coinvolgere i lavoratori dei settori che in questo periodo stanno assumendo di più. L’obiettivo e rendere i lavoratori sempre più qualificati indipendentemente dagli obblighi formativi ricadenti sul datore di lavoro.

L’INAIL deve anche predisporre progetti di ricerca per migliorare le condizioni di salute e sicurezza in ambiti come:

  • robotica;
  • esoscheletri;
  • materiali per la realizzazione di indumenti per il lavoro;
  • dispositivi per la protezione della vista in realtà aumentata e visione immersiva;
  • sensoristica per il monitoraggio degli ambienti di lavoro.

Sicurezza sul lavoro: nasce il Portale Nazionale del Sommerso

Uno dei problemi che in Italia porta numerosi infortuni sul luogo di lavoro, è il sommerso. Riguarda le imprese che impiegano lavoratori senza un regolare contratto di assunzione e che nella maggior parte dei casi lavorano in imprese che non adottano le norme di sicurezza minime previste a tutela dei lavoratori, come l’uso di DPI, Dispositivi di Protezione Individuale, dispositivi di protezione collettiva, come adeguati sistemi di evacuazione ed antincendio, impalcature a norma.

Queste persone, non essendo assicurate, spesso non ricevono tutela alcuna e non mancano casi di dichiarazioni mendaci. Il contrasto al lavoro sommerso diventa quindi essenziale al fine di aumentare la sicurezza sul luogo di lavoro e tutelare la salute del personale. Per un’azione più efficace di contrasto al lavoro in nero viene creata un’unica banca dati in cui confluiscono i risultati di tutte le attività ispettive, da chiunque le stesse siano svolte.

Il decreto introduce quindi il Portale Nazionale del Sommerso, previsto dall’articolo 19 del decreto di attuazione del PNRR. La nuova normativa modifica l’articolo 10 del decreto legislativo 124 del 2004 e mira a rendere più efficienti i controlli a cui sono sottoposte le aziende. Il Portale sarà gestito dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro e in esso dovranno confluire i dati inerenti le ispezioni e attività di monitoraggio svolte da Guardia di Finanza, Carabinieri, Ispettorato Nazionale del Lavoro, Personale Ispettivo dell’INPS e dell’INAIL. Il portale dovrà integrare e sostituire le banche dati ad oggi esistenti e consentirà una gestione facilitata dei dati, tra cui anche i verbali e ogni altro provvedimento consequenziale.

Il provvedimento, infine, agisce anche sulle assunzioni in Pubblica Amministrazione prevedendo il rafforzamento del sistema di certificazione della parità di genere nell’ambito del Codice dei Contratti Pubblici.

Congedo di paternità: a breve sarà esteso anche ai dipendenti pubblici

La legge di bilancio 2022 ha esteso fino a 10 giorni il congedo di paternità autonomo (cioè non alternativo a quello della madre) per i lavoratori del settore privato. Sono in molti a chiedersi se il Governo abbia intenzione di procedere a un’estensione simile anche per i dipendenti pubblici e proprio per questo è stata promossa un’interrogazione parlamentare avente ad oggetto l’estensione del congedo di paternità anche per i lavoratori del settore pubblico.

Cos’è il congedo di paternità autonomo?

Il congedo di paternità autonomo per i lavoratori del settore privato è previsto dalla legge 92 del 2012 ed è stato esteso con la legge di bilancio 2022 fino a 10 giorni. Inizialmente il congedo di paternità  aveva un carattere provvisorio e sperimentale per il triennio 2013-2015. La misura prevedeva una sola giornata di congedo obbligatorio per il padre, a cui si univano ulteriori due giorni facoltativi e da utilizzare in alternativa rispetto alla madre. Con il tempo si è provveduto a estendere tale diritto temporalmente fino a 10 giorni e si tratta di una misura diventata strutturale.

Deve essere fruito nei primi 5 mesi di vita del bambino. L’obiettivo è favorire il ritorno al lavoro delle madri lavoratrici attraverso una sorta di distribuzione dei carichi familiari. I 10 giorni possono essere anche non consecutivi, ma sono obbligatori, cioè il dipendente deve obbligatoriamente usufruirne. Il diritto può essere fatto valere anche in caso di adozione e affidamento, in questo caso i giorni devono essere fruiti nei primi 5 mesi dall’ingresso del bambino in famiglia. L’obbligo ha lo scopo di evitare che i datori di lavoro possano in un qualche modo ostacolare la fruizione degli stessi.

É prevista l’estensione del congedo di paternità ai dipendenti pubblici?

Naturalmente i lavoratori del settore pubblico chiedono di essere parificati e quindi di poter usufruire anche loro del congedo di paternità autonomo e obbligatorio, oltre che esteso a 10 giorni. Proprio per questo c’è stata la presentazione di un’interrogazione parlamentare da parte della Deputata Vincenza Bruna Bossio. Alla stessa ha risposto la Sottesegretaria per il lavoro e le politiche sociali Tiziana Nisini. Si ribadisce che c’è l’intenzione in breve tempo di parificare la situazione dei dipendenti del settore pubblico e privato andando così a riconoscere anche ai dipendenti pubblici il diritto di fruire del congedo di paternità di 10 giorni da utilizzare nell’arco dei primi 5 mesi di vita del bambino.

La Sottosegretaria Nisini ha sottolineato che vi è l’intenzione di procedere attraverso un provvedimento di recepimento della normativa europea che parifica la posizione dei dipendenti del settore privato e pubblico. Si tratta quindi di una via piuttosto breve e che consente in poco tempo e senza ostacoli di raggiungere l’obiettivo.

Quali sono i passi da compiere per ottenere il congedo di paternità per i dipendenti pubblici?

La Sottosegretario Nisini nella risposta all’interrogazione parlamentare ha spiegato i successivi passi:

il Ministero del Lavoro ha già realizzato uno schema di decreto per il recepimento della direttiva europea 2019/1158, con il recepimento si andrà ad intervenire sul decreto legge 151 del 2001 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”. In questo modo si potrà quindi intervenire in modo generale sulle disposizioni relative al congedo di paternità. All’interno del decreto sarà inserito un articolo che disciplina il congedo di paternità autonomo e la disciplina potrà essere applicata senza distinzioni tra dipendenti del settore privato e dipendenti del settore pubblico.

A questo punto le modifiche dovranno essere recepite da tutte le Amministrazioni e saranno operative in favore di tutti i lavoratori, quindi anche di quelli del settore pubblico. La Sottosegretario ha precisato che il provvedimento avrà un contenuto anche maggiormente favorevole rispetto a quello previsto dalla disciplina dell’Unione Europea.

Per conoscere gli strumenti di tutela della paternità è possibile approfondire con:

Congedi per padri lavoratori e tutela paternità: la disciplina

Maternità e paternità per lavoratori dello spettacolo: circolare INPS 182/21

Contratto di lavoro e volontariato sono incompatibili. Ecco le eccezioni

C’è incompatibilità tra l’attività di volontariato e il sussistere di un contratto di lavoro subordinato presso lo stesso soggetto? In linea di massima sì e tale incompatibilità è sancita dal Codice del Terzo Settore all’articolo 17 comma 5, ma è lo stesso Ministero del Lavoro a precisare che vi sono dei casi in cui tale incompatibilità non sussiste.

Contratto di lavoro e volontariato: perché c’è incompatibilità?

L’articolo 17 del Codice del Terzo Settore è piuttosto chiaro nel delimitare i limiti per la possibilità di stipulare contratti di lavoro presso soggetti con cui si svolgono attività di volontariato. La ratio di tale incompatibilità/divieto è nel fatto che il volontariato deve mantenere le sue caratteristiche peculiari e cioè deve essere caratterizzato da:

  • libertà di scelta, cioè non si deve essere indotti a svolgere volontariato al fine di mantenere il rapporto di lavoro o costituire il rapporto di lavoro, non si deve quindi essere indotti da uno stato di bisogno, ma solo dal desiderio di aiutare gli altri e la comunità in genere;
  • per mantenere la sua genuinità deve essere senza scopo di lucro (anche indiretto) e l’attività deve quindi essere svolta in forma gratuita;
  • la prestazione di volontariato deve essere spontanea e personale, cioè non si può delegare un altro soggetto a svolgere attività di volontariato al proprio posto.

Eccezioni all’incompatibilità tra volontariato e lavoro subordinato

Precisati i fondamenti dell’attività di volontariato, appare di tutta evidenza perché non si possa svolgere presso lo stesso ente con il quale intercorre il rapporto di lavoro subordinato. Il Ministero del Lavoro è stato però investito da un particolare interpello a cui ha risposto con la nota 4011 del 10 marzo 2022. L’interpello aveva ad oggetto l’eventuale compatibilità tra un contratto di lavoro subordinato presso un comitato regionale e l’attività di volontariato presso un ente di base o un comitato regionale di diversa regione rispetto a quella per la quale si presta l’attività lavorativa.

Il Ministero, oltre a sottolineare i requisiti di libera scelta e gratuità del rapporto di volontariato, ha anche ricordato che la Corte dei Conti nella deliberazione sez. autonomie n. 26 del 24/11/2017 ha ribadito che il volontario deve in qualunque momento poter recedere dal rapporto senza subire alcun tipo di pressione, condizioni o penali.

Queste disposizioni devono però tutte essere messe in relazione alla profilazione organizzativa delle realtà complesse, come può essere una rete associativa oppure un ente di secondo livello. In tali casi le varie strutture hanno autonomia organizzativa, statutaria, amministrativa e patrimoniale. Al verificarsi di questa ipotesi infatti tra il soggetto/ente che si avvale del volontario e il soggetto che invece si avvale del lavoro subordinato vi è distinzione e separazione al punto che non sono pregiudicate le due distinte posizioni di lavoratore e volontario. Di conseguenza il Ministero del Lavoro in ipotesi simili ritiene che non sia sussistente l’incompatibilità.

Per approfondimenti sul terzo settore è possibile leggere gli approfondimenti:

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Terzo Settore: rinvio dell’entrata in vigore dell’IVA fino al 2024

 

 

Agricoltura: revoca della sospensione per lavoro in nero. Chiarimenti

Novità in arrivo per le aziende agricole: la nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro 151 del 2 febbraio 2022 chiarisce che, attraverso la regolarizzazione dei contratti di lavoro dei lavoratori in nero ed extracomunitari senza permesso di soggiorno impiegati in agricoltura, è possibile far cadere gli effetti del provvedimento di sospensione delle attività.

Impiego di lavoratori in nero in aziende agricole

L’articolo 14 del decreto legislativo 81 del 2008 stabilisce che le autorità preposte ai controlli “possono adottare provvedimenti di sospensione di un’attività imprenditoriale qualora riscontrino l’impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro”. La sospensione può essere adottata anche nel caso in cui siano violate norme sulla sicurezza dei lavoratori.

La norma parte dal presupposto che i lavoratori privi di contratto, e quindi di previdenza, siano solitamente esposti a rischi inerenti lo svolgimento delle attività stesse. Di conseguenza, la mancata regolarizzazione attraverso contratto viene parificata alla mancata adozione di piani di sicurezza.

Ricordiamo che il governo ha predisposto diversi aiuti per le aziende che vogliono investire in sicurezza, per maggiori informazioni leggi l’articolo: bonus sicurezza 2022: lavori, importi e altre informazioni

Il provvedimento di sospensione dell’attività può essere adottato dalle autorità dell’ASL e dagli organi di controllo del Ministero del Lavoro. Questi stessi organi possono revocare il provvedimento di sospensione. La durata della sospensione è fissata con apposito provvedimento e non può superare i due anni. La posizione dell’azienda può però essere sanata attraverso la regolarizzazione dei lavoratori e il pagamento della maxi sanzione.

La regolarizzazione dei lavoratori a nero anche con contratto inferiore a 90 giorni in agricoltura porta alla revoca della sospensione

La Nota 151 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha l’obiettivo di rispondere a una richiesta di chiarimenti. In particolare viene chiesto se, nel caso in cui il provvedimento di sospensione sia stato adottato per impiego di lavoratori in nero nel comparto dell’agricoltura, basti un contratto di durata inferiore a 90 giorni per regolarizzare la posizione e quindi ottenere la revoca della sospensione.

Per rispondere a tale quesito l’Ispettorato Nazionale del Lavoro riprende la circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n° 26 del 2015. Questa stabilisce che nel caso in cui le aziende abbiano del personale non in regola, è prevista una maxi sanzione e la possibilità di far cadere il provvedimento di sospensione dell’attività stipulando un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Viste però le peculiarità del settore agricolo in cui il lavoro è soprattutto di tipo stagionale, vi è una deroga a tale norma. La nota del Ispettorato del Lavoro sottolinea che è possibile sanare la posizione attraverso un contratto di lavoro stagionale che vada a ricomprendere comunque il periodo in cui il lavoratore ha già prestato il suo lavoro. Naturalmente è possibile regolarizzare la posizione dell’azienda agricola solo dopo aver provveduto al pagamento della maxi sanzione. La stessa è di 2.500 euro se i lavoratori impiegati in modo irregolare sono in numero massimo di 5, mentre la sanzione prevista per chi ha più di 5 lavoratori impiegati in modo irregolare è di 5.000 euro.

Regolarizzazione lavoratori extracomunitari in agricoltura

Nel caso in cui la sospensione sia inerente l’impiego di lavoratori extra-comunitari senza permesso di soggiorno, la nota dell’Ispettorato del Lavoro precisa che, per poter ottenere la revoca della sospensione dell’attività, il datore di lavoro dovrà dimostrare di aver provveduto al versamento dei contributi di legge, sebbene i termini siano già scaduti oppure fornire la prova di aver provveduto alla denuncia contributiva secondo le modalità previste dall’INPS.

In questo caso la nota dell’Ispettorato del Lavoro cita il parere rilasciato su richiesta dall’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con nota prot. n. 847 del 31 gennaio 2022 e sottolinea che “Le condizioni di legge necessarie per la revoca del provvedimento di sospensione sono, oltre al pagamento della somma aggiuntiva, la regolarizzazione dei lavoratori “in nero” “di norma” – come testualmente chiarito dalla circ. n. 26/2015 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – “mediante le tipologie contrattuali indicate dalla disciplina in materia di maxisanzione”.

Per chi invece ha un regolare contratto in agricoltura, ricordiamo che entro il 31 marzo 2022 i lavoratori devono presentare la domanda per la disoccupazione agricola. Tutti i chiarimenti nell’articolo: Disoccupazione agricola 2022: termini per la domanda e procedura

 

Cos’è il programma GOL, Garanzia Occupabilità Lavoratori

Il programma GOL, Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori, è stato messo a punto dal ministero del Lavoro. Prende il via dal 2021 e prevede una serie di misure volte a ridurre la disoccupazione e aumentare l’occupabilità dei lavoratori. Si tratta di un piano complesso che mira all’inserimento o reinserimento lavorativo, di persone che sono difficili da occupare a causa di ostacoli come disabilità, età, bassa formazione e per chi ha perso il lavoro.

Cos’è il programma GOL

Il programma GOL si inserisce nelle politiche attive per il Lavoro, inoltre è parte del PNRR e in particolare della Missione 5 componente 1, denominata Coesione e Inclusione e che prevede sostegno ai Centri Per l’Impiego, ha una durata quinquennale quindi 2021- 2025 con investimento di 4,4 miliardi di euro a cui si aggiungono 600 milioni di euro per il rafforzamento dei Centri Per l’Impiego e 600 milioni di euro per il rafforzamento del sistema duale.

Gli obiettivi del programma GOL

Il programma ha obiettivi abbastanza importanti, in primo luogo entro il 2025 si prevedono 3 milioni di occupati attraverso il GOL e di questi il 75% dovrebbero essere donne. Dei 3 milioni di nuovi occupati, 800 mila saranno coinvolti in attività di formazione, si mira quindi a dare l’opportunità ai disoccupati di acquisire nuove competenze spendibili nel mondo del lavoro, 300 mila saranno coinvolti nell’acquisizione di nuove competenze digitali.

Per raggiungere questi obiettivi sono previsti diversi strumenti, in primo luogo vi è l’intenzione di sfruttare la capillarità sui territori dei Centri Per l’Impiego che vengono quindi rafforzati attraverso nuove assunzioni e attraverso un programma per obiettivi. Vi sarà inoltre una collaborazione tra i CPI e le agenzie per il lavoro private. Si agirà in modo mirato attraverso la personalizzazione dei servizi offerti alle persone e il coinvolgimento delle imprese.

Beneficiari del programma GOL Garanzia Occupabilità dei Lavoratori

Il programma individua soggetti verso cui saranno dirette le politiche attive del lavoro del programma GOL. Si tratta di:

  • lavoratori in costanza di rapporto di lavoro con riduzione dell’orario di lavoro superiore al 50% su base annua;
  • percettori di reddito di cittadinanza;
  • disoccupati percettori di NASPI e Dis Coll;
  • lavoratori fragili o vulnerabili, in particolare si tratta di NEET, cioè i giovani sotto i 30 anni che non seguono percorsi di formazione e non lavorano; donne in condizione di svantaggio, persone con disabilità; lavoratori disoccupati che hanno superato 55 anni di età.
  • Lavoratori con reddito molto basso.

Piani per l’attuazione del programma Garanzia Occupabilità dei Lavoratori

Il programma GOL prevede 5 percorsi:

  1.  Reinserimento lavorativo per coloro che sono vicini al mercato del lavoro (quindi hanno già buone competenze e formazione), per loro è previsto un percorso di orientamento e intermediazione;
  2.  Aggiornamento (upskill) per coloro che sono lontano dal mondo del lavoro quindi hanno scarse competenze e sono di difficile collocazione nel mercato del lavoro, è previsto un percorso di aggiornamento con corsi di formazione volti ad acquisire competenze spendibili nel breve periodo. Si tratterà prevalentemente di percorsi professionalizzanti;
  3. Rivalutazione (Reskilling) percorsi di riqualificazione per persone che sono lontane dal mondo del lavoro, ma hanno già competenze sviluppate. In questo caso vengono aiutati a riqualificarsi in modo da poter essere utili nel mercato moderno;
  4.  Lavoro e inclusione in caso di bisogni complessi ( questa misura è rivolta principalmente ai percettori di Reddito di Cittadinanza);
  5. Ricollocazione collettiva, questa misura si rivolge prevalentemente a soggetti interessati da crisi aziendale e mira a reinserire il complesso dei lavoratori interessato da problematiche comuni.

La sperimentazione per aumentare l’occupazione

Il programma offre ampio spazio anche alla sperimentazione attraverso progetti su scala ridotta. Le aree di sperimentazione saranno 3:

  • competenze digitali;
  • accelerazione di progetti di auto impiego, questa particolare area si rivolge a lavoratori che per le loro caratteristiche più difficilmente si rivolgono ai centri per l’impiego. In questo caso la sperimentazione è volta a una mappatura efficiente al fine di individuare tali soggetti e un accompagnamento verso l’autoimprenditorialità;
  • infine, il terzo settore di sperimentazione prende il nome di “ fragilità e vulnerabilità” e intende creare forme di occupazione “protetta” per disabili gravi o disoccupati particolarmente fragili. L’obiettivo è creare percorsi di accompagnamento che includono la collaborazione di Enti del Terzo Settore .

Tra i progetti che rientrano nel programma GOL (Garanzia Occupabilità dei Lavoratori) vi è anche l’estensione delle agevolazioni previste per il rientro dei cervelli e la possibilità per la Pubblica Amministrazione di assumere con contratti di lavoro a tempo indeterminato 12.000 soggetti che attualmente si occupano di Lavori Socialmente Utili.

Se vuoi conoscere le agevolazioni per il rientro dei cervelli, leggi l’articolo: Rientro dei cervelli: agevolazioni fiscali fino a 11 anni dal rientro

NASpI e aziende con meno di 15 dipendenti

Non è detto che l’indennità mensile di disoccupazione NASpI sia un diritto del quale possono fruire tutti i disoccupati. Lo ha ribadito il ministero del Lavoro con un recente comunicato emanato sull’argomento.

Nel comunicato, il ministero ha fornito chiarimenti sulla possibilità di assegnare l’indennità mensile di disoccupazione NASpI qualora il lavoratore si trovi in stato di disoccupazione a seguito di richiesta di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro congiunta insieme al datore di lavoro, e qualora il caso si verifichi in aziende con meno di 15 dipendenti e al di fuori del tentativo obbligatorio di conciliazione.

Il ministero chiarisce che in questi casi l’indennità NASpI non spetta al lavoratore che si trova disoccupato a seguito della risoluzione consensuale del contratto se occupato in un’azienda con meno di 15 dipendenti e se tale risoluzione si è verificata nell’ambito di un tentativo di conciliazione rientrante nell’articolo 410 cpc.

Il ministero ha sottolineato che questa non legittimità del trattamento NASpI è sancita in base all’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 22/2015 .

Assegno di disoccupazione, chiarimenti dal ministero

Novità da parte del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sul nuovo assegno di disoccupazione. Attraverso una nota, il ministero fa chiarezza sull’attuazione del decreto interministeriale 29 ottobre 2015 in materia di nuovi sussidi al reddito. Con questo decreto era stato disposto che potranno beneficiare del nuovo Assegno di Disoccupazione – ASDI i soggetti che, avendo terminato il periodo di erogazione della NASPI, versano tuttavia ancora in stato di disoccupazione e in condizione economica di bisogno.

Due sono i passaggi per ottenere il nuovo assegno di disoccupazione; il primo passaggio va fatto online, presentando la domanda di erogazione attraverso un modulo disponibile sul sito dell’Inps; per il secondo passaggio è necessario andare nel servizio competente dell’ambito territoriale in cui è stabilita la propria residenza e sottoscrivere un “Progetto Personalizzato”. Con questo progetto il disoccupato si impegna a partecipare a corsi di formazione e orientamento e ad accettare senza riserve proposte di lavoro che possano poi portare alla cessazione dell’erogazione dell’assegno di disoccupazione.

Sul progetto c’è tuttavia ancora un alone di mistero, poiché i servizi competenti aspettano un provvedimento del ministero del Lavoro, sentiti la Conferenza Stato-Regioni e il Garante della Privacy, per sapere come comunicare ai sottoscriventi le caratteristiche del progetto stesso. Nel frattempo, i servizi competenti comunicheranno al ministero la sottoscrizione del progetto personalizzato da parte del richiedente, gli eventuali aggiornamenti, i fatti che possano portare il richiedente a incorrere in sanzioni, come da decurtazione o la sospensione dell’erogazione dell’assegno di disoccupazione.

Queste comunicazioni dovranno essere effettuate esclusivamente per via telematica utilizzando l’apposita sezione del sito www.cliclavoro.gov.it.

Niente benefici a chi assume licenziati da studi professionali

Una doccia fredda è arrivata ai datori di lavoro da parte di una comunicazione Inps che si rifà alla legge 223/1991.
Di cosa si tratta?
Ebbene, i datori di lavoro che assumono soggetti licenziati da studi professionali non hanno diritto ad alcun sgravio contributivo.

L’applicazione degli incentivi all’assunzione previsti dalla legge 223/1991 è subordinata alla qualità di imprenditore del datore di lavoro che effettua il licenziamento ed è quindi esclusa nel caso in cui tale condizione non sussista.

I consulenti del lavoro hanno subito definito illegittima la posizione assunta da Inps in merito, ed hanno osservato che: “il primo problema che si presenta per un datore di lavoro, sarà quello di dover controllare, per ogni assunzione che intende avviare con soggetti iscritti alle liste di mobilità, se il lavoratore esce da uno studio professionale o meno. Questo al fine di non applicare sgravi indebiti”.

Confprofessioni è stata particolarmente dura nei confronti di questo provvedimento, come ha dichiarato Gaetano Stella, presidente della Confederazione: “Si tratta di una decisione assolutamente iniqua per un settore che, con tutta probabilità, subirà una integrale esclusione dal sistema degli ammortizzatori sociali. Ancor più assurdo, poi, il fatto che l’Inps intervenga autonomamente disconoscendo quanto già affermato e disposto in precedenza dal Ministero del Lavoro. In un momento particolare in cui il nuovo Governo sembra fare della semplificazione normativa e amministrativa un tema centrale del suo programma, è paradossale che non vengano rispettati i corretti livelli decisionali, generando confusione negli operatori del mercato del lavoro”.

Vera MORETTI

Riforma ammortizzatori sociali: Calderone scrive a Giovannini

A seguito delle anticipazioni sulla bozza della riforma degli ammortizzatori sociali, Marina Calderone, presidente del Cup, ha inviato una lettera ad Enrico Giovannini, ministro del Lavoro.

La questione che la presidente del Comitato unitario professioni ha voluto affrontare rivolgendosi direttamente al ministro riguarda i criteri di accesso per la cassa di integrazione in deroga, che, stando alle indiscrezioni trapelate, lascerebbe fuori i datori di lavoro non imprenditori, tra i quali rientrerebbero i titolari di studi professionali.

Per questo motivo, Calderone ha voluto ricordare a Giovannini che i professionisti italiani sono da sempre in prima linea per affrontare le conseguenze della crisi economica tuttora in corso, assistendo aziende e cittadini nei loro adempimenti.
Ricordando che i 27 ordini professionali esistenti producono in Italia un volume d’affari un volume d’affari complessivo pari a 196 miliardi di euro, Marina Calderone ha scritto: “Non si comprende come si possa sacrificare questa consistente fetta del mondo produttivo italiano, reintroducendo un’anacronistica distinzione tra ‘imprese’ e ‘datori di lavoro’, in un momento in cui ci sarebbe bisogno, così come è già avvenuto in passato, di misure che aiutino tutte le componenti della società che contribuiscono al mantenimento e alla crescita del Paese. Si è consapevoli che le ristrettezze del bilancio statale imponevano una rivisitazione dei criteri di assegnazioni del meccanismo di cassa integrazione in deroga. Ma è inaccettabile la revoca netta di una misura che in questi anni ha permesso, peraltro in termini percentuali minimi rispetto al mondo delle imprese, di sostenere la rete degli studi professionali soprattutto di piccole dimensioni“.

Vera MORETTI

Il Senato sblocca 25 miliardi e paga i debiti della Pa

 Con 203 sì, 35 no e 32 astenuti,  il Senato da il via libera al decreto lavoro-iva, che introduce  gli incentivi per le assunzioni di giovani under 29, intervalli più brevi per i contratti a termine, il rinvio dell’aumento dell’Iva a ottobre e lo stop alla pubblicità per le sigarette elettroniche ( sulle quali è stata imposta la tassa di consumo).

Nel pacchetto occupazione-iva di particolare rilevanza troviamo anche lo sblocco di ben 20-25 miliardi per i pagamenti dei debiti della Pa con la garanzia dello Stato. All’indomani del rapporto Confartigianato, che traccia il drammatico profilo della situazione in cui versano le aziende italiane, finalmente qualcosa pare sbloccarsi.

Il primo firmatario del decreto Giorgio Santini, del Pd, ha dichiarato: “Tutti i debiti della Pa nei confronti delle imprese potranno essere pagati entro i primi mesi del 2014 grazie all’emendamento ad hoc approvato dal Senato nell’abito del decreto lavoro. In questo modo si potrà dare ulteriore ossigeno alle aziende, compiendo un’operazione di giustizia economica per il Paese, che il Pd chiede da tempo, affinché la pubblica amministrazione saldi i suoi debiti nei confronti delle aziende”.

Di fatto si creerà ad hoc  un fondo  presso la Cdp (Cassa depositi e prestiti)che che fungerà da garante da parte dello Stato nei confronti delle banche per il pagamento di questa nuova somma, che si aggiunge ai 40 miliardi già approvati.

Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha espresso piena soddisfazione per il lavoro svolto in Senato e si augura che anche la Camera, alla quale il decreto passa in seconda lettura, possa muoversi con la stessa celerità nel percorso di conversione.

Alle parole di Giovannini hanno fatto eco quelle  del viceministro dell’Economia, Stefano Fassina , il quale commenta positivamente la delibera:  Attiva una leva decisiva per la ripresa economica e l’occupazione“.

Francesca RIGGIO