Partite Iva, rinvio acconto novembre

Sembra essere in dirittura d’arrivo il decreto con il rinvio a gennaio 2024 dell’acconto tasse previsto a novembre, ultime novità per i lavoratori autonomi/partite Iva.

Perché abolire l’acconto tasse di novembre?

Chi ha la partita Iva lo sa, nel mese di novembre, avendo come punto di riferimento il fatturato degli anni antecedenti, deve versare il primo acconto sulle imposte generalmente dovute nell’anno successivo. Si tratta di una pratica non molto apprezzata dai lavoratori autonomi/partite Iva perché in questo mese ricadono anche ulteriori scadenze, tra cui i contributi e, di conseguenza, diventa difficile riuscire ad adempiere, inoltre gli importi sono calcolati su guadagni ipotetici e non reali.

Il Governo è però al lavoro per eliminare questa incombenza e in base alle dichiarazioni di esponenti della maggioranza già a novembre 2023 potrebbe non esservi il versamento, anche se non per tutti.

Primo passo della riforma fiscale, abolire l’acconto di novembre per i lavoratori autonomi

La riforma fiscale, come noto, si articola in diverse fasi, superata la fase di approvazione della legge di delega fiscale che segna i confini, si è passati alla fase dei dossier, ormai già consegnati e affidati a professionisti del settore ed esperti. Il Governo e in particolare il Ministro dell’Economia Giorgetti, affiancato dal vice-ministro Leo, e la Commissione attività produttive, stanno lavorando ora al dossier che prevede proprio il posticipo dell’acconto di novembre.

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Si tratta di una delle misure che non prevedono una riduzione delle entrate fiscali e di conseguenza può essere atttuata fin da subito senza necessità di coperture. Nonostante questo, per evitare un ammanco nelle casse dello Stato eccessivo per gli ultimi mesi dell’anno, si sta studiando una soluzione ponderata. Si sta quindi scegliendo la soglia di ricavi che dovrebbe beneficiare di questo slittamento già ora e le ipotesi maggiormente quotate sono quelle di fissarla a 500.000 euro.

Da novembre 2024 dovrebbero invece beneficiare dell’abolizione dell’acconto di novembre tutte le partite Iva. Il passo successivo sarà invece estendere l’abolizione degli acconti anche per i lavoratori dipendenti.

Ritocco delle sanzioni

In base alle misure ora allo studio, l’acconto di novembre dovrebbe essere spalmato in pagamenti rateali da gennaio a giugno. Si verserà poi il secondo anticipo, previsto a giugno che è già ora possibile rateizzare. Questa è solo una delle misure che dovrebbe essere attuata fin da subito, infatti tra le prime misure di riforma fiscale che il Governo vuole introdurre c’è anche la riduzione delle sanzioni tributarie al fine di allinearle a quelle dell’Unione Europea e in conformità con la sentenza 46/2023 della Corte Costituzionale.

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Partite Iva, nuove regole e tutte le novità del Ddl delega

Le partite Iva sono con il fiato sospeso. Per loro tante novità che riguardano il ddl delega e la possibilità di sfoltire tutti gli impegni fiscali.

Partite Iva, possibile diminuire gli adempimenti

La delega fiscale ha come fine quello di pervenire all’applicazione di un’unica aliquota proporzionale di tassazione dei redditi derivanti dallo svolgimento dell’attività d’impresa. La delega intende perseguire la semplificazione, la stabilità del sistema di tassazione dell’IRES.

Il Ddl delega è in discussione alla Camera e prevede buone notizie per le partite Iva. Si tratta di oltre 1.500 adempimenti tributari annui che fanno parte del complesso sistema fiscale. Lo scopo del Governo Meloni è quello di intervenire sulle scadenze estive che attanagliano i lavoratori autonomini e tutte le partite iva in generale.

Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo accogliendo l’appello dei commercialisti ha assicurato di voler “dare quiete ai contribuenti ad agosto, diluire i pesi fiscali, ma mantenere gli equilibri di cassa”. Perché diciamo la verità sono davvero tante le tasse da pagare e i versamenti a cui occorre fare fede. E l’estate a volte è più rovente di quello che può essere e prosciuga i conti di coloro che sono lavoratori autonomi.

Un agosto rovente per i lavoratori autonomi

Previsto un agosto rovente per i lavoratori autonomi. Infatti sono previsti ben 200 scadenze di cui il 90% sono versamenti. Ora l’idea è quella di diluire nel tempo questi versamenti. Ma il rischio principale è che si potrebbe creare a settembre un’ulteriore aggravamento delle posizioni dei contribuenti autonomi.

L’idea è quella di applicare una mini-proroga dei versamenti per snellire le procedure. Tuttavia ad oggi esiste una mini proroga dal 20 al 31 luglio pagando con la maggiorazione dello 0.4%. Diminuire e dilazionare i pagamenti potrebbe essere una buona soluzione, ma come? La prima ipotesi potrebbe essere quella di anticipare i termini della dichiarazione dei redditi che attualmente scadono il 30 settembre per il 730 e il 30 novembre per il modello Redditi. La compilazione deve tenere conto del versamento delle imposte in autoliquidazione.

 

Partite Iva, andare avanti sfruttando i bonus a disposizione

Le partite Iva forse sono quelle che hanno ottenuto meno aiuti di molte altre categorie di lavoratori. Tuttavia ecco l’elenco dei bonus richiedibili.

Partite Iva, i bonus legati all’attività

Se si è una partita Iva i bonus devono essere tutti richiesti, così come gli aiuti di Stato. Questi ultimi a volte vengono direttamente accreditati sul conto corrente dei lavoratori dipendenti. Ma per i lavoratori autonomi è sempre diverso. In ogni caso un libero professionista può richiedere dei bonus legati alla propria attività, ed altri per il semplice fatto di essere un genitore.

Ma partiamo di bonus che sono legati alla propria attività. Confermata anche per il 2023 l’ISCRO. Si tratta dell’indennità straordinari di continuità reddituale e operativa destinata ai liberi professionisti compresi gli iscritti alla gestione separata che esercitano per professione abitale attività di lavoro autonomo connesso all’esercizio di arti e professioni.  Le domande per l’indennità Iscro vanno presentate all’Inps entro il 31 ottobre.

Mentre per il bonus connettività, la Commissione Europea ha approvato la proroga fino a dicembre 2023. Secondo il Ministero delle imprese e del made in Italy, la misura prevede l’erogazione di un voucher connettività per abbonamenti ad internet ultraveloce.

Gli altri bonus richiedibili dagli autonomi e genitori

Anche gli autonomi, se genitori, possono richiedere i bonus messi a disposizione dall’Inps. Ad esempio, l’assegno unico per il mantenimento dei figli fino a 21 anni di età. La misura consiste in un contributo mensile, il cui ammontare esatto è determinato sulla base della condizione economica del nucleo familiare (individuata dall’indicatore della situazione economica equivalente ISEE) e sulla base del numero di figli e l’eventuale presenza di disabilità

Ma si può anche richieder il bonus baby sitter e centri estivi, l’assegno di natalità, il bonus asilo nido e il bonus 800 euro mamme domani. Soprattutto legate al ruolo della madre/lavoratrice che per continuare nella sua attività ha bisogno appunto di un supporto esterno.  Inoltre per le famiglie in difficoltà è anche richiedibile il Sia, sostegno per l’inclusione attiva. Infine resta attiva l’Indennità di maternità/paternità per lavoratrici e lavoratori iscritti alla Gestione Separata. La tutela della maternità si sostanzia in un periodo di astensione dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici iscritte alla Gestione Separata durante la gravidanza e il puerperio e, dal 14 giugno 2017, la relativa indennità di maternità/paternità è erogata dall’Istituto a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa.

Partite Iva, anche il bonus psicologico e trasporti

Il bonus trasporti è riconosciuto a chiunque, studenti e lavoratori, hanno un reddito inferiore a 20 mila euro annui. Si tratta di un voucher di 60 euro mensili da utilizzare come rimborso per i costi di abbonamento fino ad esaurimento delle spese disponibili. Infine le partite Iva possono richiedere anche il bonus psicologico. L’agevolazione è destinata ad autonomi e partite Iva e si può fare domanda se si ha in Isee inferiore a 50 mila euro. Previsto un importo pari a 50 euro per ogni seduta di psicoterapia.

 

 

 

Nuovo sito Inps: le novità per un’esperienza di navigazione sempre più intuitiva

Dopo giorni di attesa è finalmente arrivato il nuovo sito Inps. Tra qualche certezza e piccoli problemi tecnici, ecco le novità.

Il nuovo sito Inps online dal 11 febbraio 2023

Il portale Inps è online dal giorno 11 febbraio 2023, appena online l’Inps ha dato l’avviso, ma soprattutto ha avvisato gli utenti che in questi primi giorni potrebbero esservi dei problemi di indicizzazione, questo vuol dire che andando a cercare il sito Inps attraverso i motori di ricerca il sito ufficiale potrebbe non essere il primo a comparire. L’avviso recita “In attesa dell’indicizzazione da parte dei motori di ricerca esterni delle sezioni/pagine del #nuovositoINPS si consiglia di utilizzare, per la ricerca di servizi e prestazioni dell’Istituto, il motore di ricerca interno al #portaleINPS, i percorsi interni al portale o la sezione #MyINPS.” In realtà già oggi andando a provare il sito sembra essere ben indicizzato e si accede già dal primo link che appare sul motore di ricerca.

Nell’avviso dell’11 febbraio 2023 viene sottolineato che il nuovo portale nasce con la collaborazione degli utenti. Viene inoltre ribadito che nonostante ora il portale sia online, continua la collaborazione con gli utenti che possono ancora esprimere la propria opinione che potrebbe comunque portare a modifiche del sito. Sul sito è attiva anche la funzione “Ti piace il nuovo portale” che permette di raccogliere i feedback degli utenti.

Cosa cambia con il nuovo sito Inps?

L’obiettivo di questo restyling del sito è semplificare la vita agli utenti garantendo un accesso ai servizi più semplice e intuitivo, questo anche in virtù del fatto che sempre più funzioni, istanze, bonus sono gestiti direttamente dagli utenti attraverso l’accesso alla pagina persona con le proprie credenziali Spid, Cie o Cns.

La prima importante novità è una sezione del sito dedicata interamente a partite Iva e professionisti. La seconda novità à invece rappresentata dal fatto che il nuovo sito è diviso in quattro principali sezioni:

  • pensioni e previdenza
  • lavoro
  • sostegno, sussidi e indennità
  • imprese e liberi professionisti.

Le ulteriori novità sono:

  • l’incremento dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per fornire informazioni, FAQ, documenti o link per l’accesso ai servizi di interesse in modo semplificato e intuitivo;
  • l’integrazione di un motore di ricerca che avrà la capacità di comprendere le richieste degli utenti e che si avvarrà del machine learning e analisi semantica delle informazioni;
  • implementazione di meccanismi di apprendimento automatico per adattare l’offerta di contenuti e la navigazione al comportamento dell’utente.

In alto a destra continua a essere presente il tasto che consente di accedere ai vari servizi Inps alla voce “Accedi“. Naturalmente per l’accesso occorre avere a disposizione credenziali Cie, Spid o Cns.

Leggi anche: Cambia l’accesso al sito Inps: ecco le nuove modalità per la verifica dell’identità. Guida

 

Regime forfetario al 5%: è ancora possibile aderire? A chi si rivolge?

Il regime forfetario è un regime fiscale agevolato che prevede per i titolari di partita Iva con ricavi e compensi non superiori a 85.000 euro (soglia innalzata con la legge di bilancio 2023) la possibilità di scegliere tra il regime ordinario e il regime opzionale, scontando nel secondo caso una tassazione al 15%. Questa è la regola generale, ma è bene ricordare che per alcune categorie di soggetti vi è la possibilità di avere un’ulteriore agevolazione cioè il regime forfetario al 5%. Ecco di chi si tratta.

Regime forfetario al 5%: a chi si applica?

La normativa prevede che per i soggetti che aprono una nuova partita Iva vi è la possibilità per 5 anni di veder applicata una tassazione onnicomprensiva al 5%. Sebbene la legge di bilancio 2023 sia intervenuta sul regime forfetario, questa parte della disciplina non ha avuto interventi e di conseguenza è ancora vigente, anche se non se ne parla molto.

Leggi anche: Flat Tax incrementale 2023: un esempio pratico per l’applicazione

Affinché sia applicata la tassazione al 5% è necessario che si verifichino determinati requisiti e in particolare:

Il soggetto che apre la partita Iva nei tre anni precedenti non deve aver esercitato attività di impresa, artistica o professionale in forma singola o associata. In questo caso dal punto di vista temporale è necessario fare riferimento alla data a partire dalla quale si vuole accedere al nuovo regime e non semplicemente calcolando i tre periodi di imposta antecedenti, quindi eventuali altre attività devono essere cessate da almeno tre anni al momenti di iniziare la nuova attività.

Regime forfetario al 5%: non si applica in caso di prosecuzione di attività svolta come lavoratore dipendente

La start up non deve essere la prosecuzione di altro lavoro effettuato in qualità di lavoratore dipendente o autonomo, salva la possibilità di prosecuzione nel caso in cui la precedenza attività era esercitata come periodo di pratica obbligatoria per l’accesso alla professione. Per quanto riguarda la prosecuzione dell’attività, sottolinea l’Agenzia delle Entrate che viene considerata tale la mera prosecuzione di un’attività già svolta tenendo in considerazione non l’aspetto formale, ma l’aspetto sostanziale. Ciò si verifica ad esempio nel caso in cui siano utilizzati gli stessi strumenti o locali in cui veniva esercitata la precedente attività.

Se si prosegue l’attività svolta da un altro soggetto, è necessario che tale attività non abbia generato nell’anno antecedente ricavi o compensi per un ammontare superiore alla soglia prevista per l’applicazione del regime forfetario.

L’Agenzia delle Entrate ha inoltre precisato che non si esclude la possibilità di aderire al regime forfetario al 5% nel caso in cui il soggetto in precedenza abbia svolto la medesima attività con contratto di collaborazione o a tempo determinato che siano caratterizzati da marginalità economica.

Ricordiamo che il regime forfetario al 5% non consente la detrazione delle spese con metodo analitico, ma con metodo forfetario in base ai coefficienti di redditità.

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Partite Iva, estensione regime forfettario e flat tax, le novità

Partite Iva, estensione regime forfettario e flax tax sono alcuni degli elementi presi in considerazione dal nuovo Governo, ecco quali sono le novità.

Partite Iva e patto fiscale

Il nuovo Presidente che Governo, Giorgia Meloni, ha cominciato a spiegare la programmazione che intende portare avanti nei prossimi 5 anni. In particolare ha annunciato una Riforma fiscale che comprende tutti e soprattutto le partite Iva. Ha introdotto anche il concetto di quoziente familiare con un sistema di tassazione che deve tenere conto del numero dei componenti del nucleo familiare.

Tra le altre novità c’è quello del patto fiscale basato su tre pilastri: la lotta contro gli evasori fiscali, una tregua fiscale per imprese e famiglie per permettergli di respirare e mettersi in regola a seguito di questo grande periodo di crisi. Infine, la riduzione fiscale attraverso la riforma dell’IRPEF collegato al quoziente familiare. Insomma una nuova legge fiscale che coinvolgerà proprio tutti.

Partite Iva e regime forfettario

Il regime forfettario non verrà eliminato. Anzi, secondo le parole del premier Meloni, è possibile un’estensione della flat tax per le partita Iva fino a 100 mila euro di fatturato. E di una tassa piatta sull’incremento di reddito rispetto al massimo raggiunto nel triennio precedente. La flat tax potrebbe essere poi proposta anche per tutte le altre categorie di contribuenti e non solo per le partita iva.

Secondo le regole odierne per accedere o permanere nel regime forfettario, occorrono due requisiti fondamentali. Il primo è che il totale dei ricavi o compensi non deve essere superiore a 65 mila euro. Il secondo requisito è che le spese sostenute non devono essere superiori a 20 mila euro lordi per lavoro accessorio, per lavoro dipendente e per compenti erogati ai collaboratori. Dopo l’intervento della Meloni, la nuova legge potrebbe quindi prevede un totale dei ricavi e compensi fino a 100 mila euro.

Flat tax e quoziente di famiglia

La flat tax è un sistema fiscale non progressivo, basato su un’aliquota fissa, al netto di eventuali deduzioni fiscali o detrazioni. In Italia a versare le tasse secondo le regole della flat tax sono solo le partite Iva. Ma le cose presto potrebbero cambiare. Infatti il Governo potrebbe, nell’arco di 5 anni, prevede una riforma fiscale che introduca la flat tax per tutti i contribuenti. Ma anche questa sarà graduale sulla logica che più grande è la famiglia meno si paga di tassa.

Tuttavia ad oggi non è chiaro se si tratterà di un’applicazione che riguarderà l’ISEE oppure una modifica dell’IRPEF. Ma quello che è stato detto, anche in maniera molto esplicita, è che si vogliono fare degli interventi di riforma del Fisco con lo scopo di ridurre la pressione fiscale su famiglie ed imprese. Allo scopo di garantire una maggiore equità, e una maggiore lotta all’evasione fiscale per migliorare la situazione finanziaria del Paese.

 

 

 

Saranno davvero abolite le comunicazioni Lipe? Cosa potrebbe cambiare?

Presto i titolari di partita Iva potrebbero avere una bella sorpresa, infatti dalla conversione del decreto Semplificazioni potrebbe arrivare l’abolizione dell’obbligo di presentare le comunicazioni Lipe trimestrali. Ecco perché.

Decreto semplificazione e l’abolizione delle comunicazioni Lipe trimestrali

Il decreto legge 73 del 2022 propone l’obiettivo abbastanza arduo, e più volte tentato anche in passato, di semplificare la burocrazia italiana. Trattandosi di un decreto legge, affinché si trasformi in legge deve essere convertito entro 60 giorni dalla pubblicazione. La fase di conversione è sempre abbastanza convulsa e si esplica in diverse tappe, tra cui la presentazione di emendamenti, di solito molto numerosi e l’analisi del testo nelle Commissioni e poi in aula ( Camera e Senato).

Per quanto riguarda il decreto legge 73 del 2022 ( pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 giugno 2022) si è verificata una presentazione di emendamenti bipartisan, quindi sia da parte dei partiti di opposizione, cosa del tutto normale, sia da parte della maggioranza, di emendamenti uguali che hanno ad oggetto l’abolizione delle comunicazioni trimestrali Lipe. Si tratta delle comunicazioni periodiche Iva, previste dall’articolo 21 bis del decreto legge 78 del 31 maggio 2010 che devono essere inviate trimestralmente e poi con dichiarazione annuale finale, questa può sostituire anche la comunicazione lipe del quarto trimestre.

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Per i titolari di partita Iva si tratta di un impegno che naturalmente richiede attenzione, ma soprattutto rappresenta un costo perché nella maggior parte dei casi la comunicazione avviene da parte del commercialista e maggiori impegni si chiedono a costui, maggiori sono i costi da sostenere per il suo onorario.

Gli emendamenti per l’abolizione delle comunicazioni Lipe

La proposta emendativa prevede: Al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, l’articolo 21-bis è soppresso.

La stessa proposta è contenuta in emendamenti dichiarati identici, si tratta degli emendamenti 3.1 e seguenti. Gli emendamenti sono stati presentati dal Pd attraverso il deputato Buratti, dal Gruppo Misto rappresentato da Raffaele Baratto, da Fratelli d’Italia, ma in questo caso l’emendamento è firmato da diversi deputati tra cui Paolo Trancassini, dalla Lega, Forza Italia, LEU, rappresentato da Stefano Fassina. Italia Viva attraverso Massimo Ungaro e, infine, M5S.

Il fatto che sia stato presentato un unico testo in più emendamenti da parte dei vari partiti politici, implica che sul testo evidentemente c’è già un accordo. Certo i lavori parlamentari potrebbero sempre riservare brutte sorprese, ad esempio il veto da parte di un Ministero, è capitato anche altre volte, ma resta comunque una possibilità.

Sono in molti ad osteggiare questo adempimento e per diversi ordini di ragione, in primo luogo perché la comunicazione annuale comunque riprende tutte le informazioni delle comunicazioni trimestrali, in secondo luogo perché con l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica praticamente per tutte le Partite Iva, i dati sulle transizioni sono ormai disponibili al Fisco in tempo reale.

Fattura elettronica per tutti, cosa cambia dal 1° luglio: la guida

Cosa cambia nel regime di fattura elettronica a partire dal 1° luglio 2022? In primo luogo l’estensione della fattura elettronica è a quasi tutti i soggetti economici che finora ne erano esonerati dall’utilizzo. Infatti, da luglio saranno obbligati all’adempimento attraverso il Sistema di interscambio (Sdi) dell’Agenzia delle entrate i soggetti passivi dell’Iva fino a questo momento esonerati. Ovvero le partite Iva a regime forfettario, quelle a regime di vantaggio e gli enti rientranti nella legge 398 del 1991. L’obbligo scatta a chi ha conseguito un volume di compensi o di ricavi nel 2021 eccedente ai 25 mila euro. Al di sotto di questa soglia, l’obbligo scatterà solo a partire dal 1° gennaio del 2024.

Fattura elettronica: le partite Iva che fuoriescano dal regime forfettario sono obbligate dal 1° gennaio 2023

Sarà, dunque, a decorrere dal 1° gennaio 2024 che l’obbligo di adottare la fattura elettronica scatterà nei confronti di proprio tutti, indipendentemente dal volume di ricavi o di compensi conseguiti nel 2022. A meno che non vengano a decadere i presupposti favorevoli all’esonero. Ad esempio, una partita Iva che fuoriesca dal regime forfettario e che adotti il regime ordinario è obbligata a utilizzare la fattura elettronica dal 1° gennaio 2023.

Chi è obbligato ad adottare la fattura elettronica da subito?

Pertanto, rientrano tra gli obbligati ad adottare la fattura elettronica dal prossimo 1° luglio i soggetti in regime di:

  • vantaggio, secondo l’articolo 227 del decreto legge numero 98 del 2011;
  • forfettari, secondo l’articolo 1 della legge numero 190 del 2014;
  • speciale come previsto dalla legge numero 398 del 1991. Si tratta delle associazioni senza fini di lucro, ad esempio. Per questi soggetti l’obbligo scatta purché nel periodo di imposta precedente abbiano conseguito dei proventi dall’attività commerciale per un tetto non eccedente i 65 mila euro.

A disciplinare l’obbligo di adozione della fattura elettronica è il comma 2, dell’articolo 18, del decreto legge numero 36 del 2022 (il cosiddetto decreto “Pnrr 2”). Il provvedimento modifica il comma 3, dell’articolo 1, del decreto legislativo numero 127 del 2015.

Quali altri requisiti bisogna possedere per l’adozione della fattura elettronica?

Pertanto, sono obbligati a passare al regime di fattura elettronica tutti i soggetti:

  • passivi Iva;
  • con residenza in Italia o stabili in Italia;
  • per la cessione dei beni o per la prestazione di servizi effettuati riguardo a un soggetto anch’esso residente o stabile in Italia.

I soggetti del reparto sanitario e i produttori agricoli devono emettere fattura elettronica?

In merito ai soggetti appartenenti al comparto sanitario, al momento non vi è ancora l’obbligo di adozione della fattura elettronica. Al contrario, i produttori agricoli – sia nelle vesti di cessionari che di committenti – che si trovino in regime di esonero dagli adempimenti dell’Iva il decreto dell’Agenzia delle entrate datato 30 aprile 2018 estende la possibilità di utilizzare il Sistema di interscambio, accessibile dalla propria area riservato del portale on line dell’Agenzia stessa.

Da quando decorre l’obbligo di fattura elettronica?

L’obbligo dell’adozione della fattura elettronica decorre dal 1° luglio 2022 per le partite Iva e i soggetti finora esonerati che nel precedente anno abbiano conseguito un volume di compensi o di ricavi di almeno 25 mila euro. La decorrenza per tutti gli altri soggetti è dal 1° gennaio 2024. A prevederlo è il comma 3 dell’articolo 18 del decreto legge numero 36 del 2022 (“Pnrr 2”). Pertanto, ai fini dell’obbligo di fatturazione elettronica bisogna far riferimento ai compensi e ai ricavi realizzati durante l’anno di imposta 2021. Nel caso in cui l’attività non sia stata svolta durante tutto l’anno scorso (ad esempio, gli operatori che abbiano aperto partita Iva a metà 2021), l’ammontare dei ricavi deve essere ragguagliato all’intero anno.

Chi ha aperto la partita Iva forfettaria nel 2022, deve adottare la fattura elettronica?

Cosa avviene per gli operatori economici che hanno aperto la partita Iva a regime forfettario nell’anno 2022 ai fini dell’obbligo di fattura elettronica? In questo caso, si ritiene che risulti irrilevante l’ammontare dei compensi e dei ricavi conseguiti nel corso di quest’anno. Dunque, chi ha aperto la partita Iva durante il 2022, adottando il regime forfettario o gli altri regimi speciali, è tenuto all’obbligo di fattura elettronica solo a decorrere dal 1° gennaio 2024. Tale decorrenza permane se sussistono i presupposti per l’adozione dei regimi di vantaggio fiscale anche nell’anno 2023. Ovvero, quelli previsti dal comma 3, dell’articolo 1, del decreto legislativo numero 127 del 2015 per l’esonero della fatturazione dei regimi speciali; e quelli del decreto 398 del 1991 per quanto riguarda i proventi delle attività commerciali svolte nel 2022 dagli enti (il tetto dei 65 mila euro).

Estensione della fattura elettronica dal 1° luglio 2022: cosa avviene nel primo periodo di applicazione?

Nel primo periodo di adozione a decorrere dal prossimo 1° luglio, la normativa non prevede l’applicazione nell’immediato delle sanzioni in caso di mancato utilizzo della fattura elettronica. Si tratta delle sanzioni previste dal comma 2, dell’articolo 6, del decreto legislativo numero 471 del 1997. Infatti, il comma 3, dell’articolo 18 del decreto legge numero 36 del 2022 prevede che per tutto il terzo trimestre del 2022 (luglio, agosto e settembre), le sanzioni non sono applicate nel caso in cui la fattura elettronica dovesse essere emessa entro il mese successivo rispetto a quello nel quale si sia effettuata l’operazione. Pertanto, nel terzo trimestre dell’anno, chi entra a far parte dei nuovi obbligati all’adozione della fattura elettronica, non riceverà la sanzione nel caso in cui emetta il documento entro il mese successivo, diversamente dai termini previsti dal decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972.

Adozione della fattura elettronica, cosa avviene per l’esterometro?

Infine, l’obbligo di fattura elettronica per i nuovi soggetti comporta anche l’obbligo di comunicare, in via telematica all’Agenzia delle entrate, le operazioni effettuate nei riguardi di soggetti residenti all’estero. La relativa normativa prevista dal comma 3 bis dell’articolo 1, del decreto legislativo numero 127 del 2015, esclude le sole operazioni per le quali sia stata emessa la fattura elettronica. Oppure per la quale sia stata emessa la bolletta doganale. Pertanto, la comunicazione prevista dall’esterometro potrà essere effettuata, già a partire dal terzo trimestre del 2022, mediante l’espletamento della fattura elettronica. I tempi sono quelli indicati dalle lettere a) e b), del comma 3 bis, dell’articolo 1, del decreto legislativo 127 del 2015.

Irap, è l’ultima volta per ditte individuali e professionisti

Ultimo anno, il 2020, per l’Irap dei liberi professionisti, delle ditte individuali, dei lavoratori autonomi e degli imprenditori singoli. Tuttavia, l’esonero previsto per quest’anno obbliga le categorie a versare il saldo entro la fine di giugno. Gli interessati, infatti, dovranno trasmettere il modello dell’Irap 2022 alla scadenza del 30 novembre 2022. E sarà l’ultima volta che trasmetteranno il modello.

Chi sono i lavoratori autonomi e le partite Iva escluse dall’Irap nel 2022?

Gli interessati all’esonero dell’Irap sono dunque tutti i lavoratori autonomi che hanno partita Iva e gli imprenditori individuali. Per questi ultimi si tratta dell’ultima Irap anche se esercitano la propria attività come impresa familiare. L’esonero dell’Irap è disciplinato dal comma 8 dell’articolo 1, della legge numero 234 del 2021 (legge di Bilancio 2022). Per le partite Iva forfettarie, invece, l’esclusione dall’Irap era già stata esclusa dal legislatore.

Quali sono gli obblighi di saldo dei professionisti e delle imprese individuali al 30 giugno 2022?

L’ultimo giro di Irap per il 2022 comporta, per le partite Iva dei liberi professioni e per le imprese individuali comporta il versamento:

  • entro il 30 giugno 2022 del saldo dell’Irap. Il termine può farsi slittare al 22 agosto prossimo pagando gli interessi dello 0,4%;
  • non si devono più corrispondere gli acconti;
  • l’eventuale credito non si può compensare verticalmente. Si potrà compensare per altri contributi o per altre imposte. La compensazione può avvenire liberamente se l’importo a credito non eccede i 4 mila euro, altrimenti alla trasmissione della dichiarazione e mediante visto di conformità.

A chi va il gettito Irap?

L’imposta si versa alla regione nella quale il professionista o la partita Iva realizza la propria produzione. Se l’imprenditore esercita la propria attività in più regioni, la determinazione dell’Irap a ciascuna dipende dal totale delle retribuzioni del personale per ogni regione. Se non vi è personale, l’Irap si versa a favore della regione dove l’imprenditore ha la sede societaria.

Come si calcola l’Irap?

L’Irap si determina in maniera differente a seconda del contribuente. Se si tratta di società di capitali, il calcolo da fare per la determinazione della base imponibile è la differenza tra il valore della produzione e i costi di produzione. Le imprese individuali e le società di persone, invece, calcolano la base imponibile dalla differenza tra i ricavi e i costi.

 

Autonomi, artigiani e commercianti, professionisti: come si determinano i contributi previdenziali?

I lavoratori autonomi sono chiamati a versare entro il 30 giugno il conguaglio contributivo. Oltre a mettersi in regola con il Fisco, infatti, in questo mese i titolari di partita Iva, gli artigiani, i commercianti, i liberi professionisti e, in generale, i lavoratori autonomi hanno l’onere di versare all’Inps il conguaglio dei contributi. Che si concretizza nel versamento del saldo dei contributi dallo scorso anno e nel 1° acconto per l’anno 2022.

Lavoratori autonomi, entro il 30 giugno 2022 il versamento del saldo contributi del 2021 e l’acconto del 2022

L’onere riguarda i cosiddetti “free lance”, iscritti alla gestione separata dell’Inps. La scadenza per il versamento del conguaglio contributivo è fissata al 30 giugno 2022. Si può, in ogni modo, pagare entro il 22 agosto prossimo, ma con la maggiorazione dello 0,40%. Lo stesso Istituto previdenziale è intervenuto nei giorni scorsi per ricordare agli iscritti alle Gestioni speciali artigiani e commercianti e agli iscritti alla Gestione separata il dovere di compilare il quadro RR del modello “Redditi 2022 Pf” (persone fisiche) e la riscossione dei contributi dovuti a saldo per il 2021 e l’acconto del 2022.

Da chi deve essere compilato il Quadro RR?

In particolare, il Quadro RR del modello “Redditi 2022 PF deve essere compilato “dagli iscritti alle Gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali e del terziario, nonché dai lavoratori autonomi che determinano il reddito di arte e professione così come disciplinato dall’articolo 53, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, numero 917 (Testo unico delle imposte sui redditi – Tuir), e sono iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, numero 335, per la determinazione dei contributi dovuti all’Inps”.

Artigiani e commercianti, come funziona il versamento dei contributi Inps?

Per gli artigiani e i commercianti il saldo dei contributi previdenziali deve essere calcolato sul complessivo dei redditi di impresa denunciati per il calcolo dell’Irpef. I redditi devono essere stati prodotti nello stesso anno al quale gli stessi contributi fanno riferimento. Sui contributi dovuti per l’anno 2021, i titolari delle imprese commerciali ed artigiane, nonché i soci titolari di una propria posizione assicurativa, sono chiamati ai versamenti contributivi sia per sé che per le persone che svolgono la propria attività lavorativa nell’impresa. Si tratta, dunque, dei collaboratori e dei familiari che devono completare la sezione I del Quadro RR.

Come si determina il reddito imponibile?

Per la determinazione del reddito imponibile da assoggettare al calcolo dei contributi previdenziali, gli iscritti alle gestioni Inps devono prendere in considerazione il totale dei redditi di impresa ottenuti nel 2021, sottraendo eventuali perdite dei periodi di imposta. Pertanto, la formula per il calcolo della base imponibile è la seguente:

RF63 – (RF 98 + RF 100, col. 1 + col. 2) + [RG 31 – (RG 33 + RG 35, col. 1 + col. 2)] + [somma algebrica (colonne 4 da RH 1 a RH 4 con codice 1 e 5 indicato in colonna 2 e colonne 4 da RH 5 a RH 6) – RH 12 col. 1- RH 12 col. 2] + RS 37 colonna 15.

Quali sono le aliquote da applicare per i commercianti e gli artigiani?

Le aliquote che agli artigiani e i commercianti devono applicare alla base imponibile per la determinazione dei contributi previdenziali sono:

  • il 24% per gli artigiani e il 24,09% per i commercianti sulla parte di reddito annuale che eccede i 15.593 euro e fino al limite di 47.379 euro;
  • il 24,55% gli artigiani, ovvero il 24,64% per i commercianti, tra 47.379 e 78.965 euro. Il limite sale a 103.055 euro per i contribuenti che non hanno contributi versati alla data del 31 dicembre 1995.

Commercianti e artigiani, cosa deve fare chi ha già versato un acconto nello scorso anno?

I commercianti e gli artigiani che lo scorso anno avessero versato l’acconto percentuale del reddito di impresa dichiarato per il 2020 in misura maggiore rispetto al minimale di 15.593 euro, devono versare il conguaglio. Tale somma va calcolata sui redditi conseguiti in maniera effettiva nel corso del 2021.

Versamento del primo acconto del 2022 dei commercianti e degli artigiani

Il versamento del primo acconto per il 2022 da parte dei commercianti e degli artigiani deve essere calcolato considerando l’aumento definitivo dell’aliquota contributiva al 24% (per i commercianti il 24,48%). Il minimale di reddito per il 2022 corrisponde, invece, a 15.710 euro, il massimale a 80.465 euro. Pertanto, le due categorie di lavoratori autonomi devono versare rispettivamente per il primo acconto dei contributi previdenziali:

  • il 24% gli artigiani sul reddito di impresa fino a 48.279 euro e il 25% sulla quota eventualmente eccedente fino al limite di 80.465 euro;
  • il 24,48% i commercianti sul reddito di impresa fino a 48.279 euro e il 25,48% sulla quota eventualmente eccedente fino al limite di 80.465 euro.

Per i collaboratori giovani è previsto uno sconto purché l’età non ecceda i 21 anni.

Commercianti e artigiani che nel 2021 avevano dichiarato un reddito d’impresa eccedente i 15.593 euro: cosa fare?

Pertanto, gli artigiani e i commercianti con un reddito di impresa riferito all’anno 2021 eccedente i 15.593 euro (il tetto del minimale) devono versare adesso:

  • il 22,80% gli artigiani;
  • il 23,28% i commercianti.

Queste percentuali scaturiscono dalla differenza tra il reddito di impresa risultante dall’Unico 2022 e il limite stabilito dal minimale di 15.710 euro.  Inoltre, le percentuali aumentano a:

  • 23,80% per gli artigiani;
  • 24,28% per i commercianti;

per la parte di reddito di impresa del 2021 tra i limiti di 48.279 euro e 80.546 euro. Infine, entro il 30 novembre 2022 bisogna pagare le quote del secondo acconto, applicando le medesime percentuali.

Liberi professionisti iscritti alla Gestione separata dell’Inps, come si calcola il saldo?

I liberi professionisti iscritti alla Gestione separata dell’Inps devono calcolare il saldo risultante dal reddito del 2021. Al limite di 103.055 euro deve essere applicata la percentuale del 25,98%. In alternativa si paga il 24% se si è già pensionati o assicurati. Al risultato vanno detratti gli acconti di giugno e di novembre già pagati nel 2021.

Professionisti, come calcolare gli acconti?

Ai fini del calcolo degli acconti nella percentuale del 40% è necessario considerare:

il reddito del professionista, maturato nell’anno 2021 ai fini dell’Irpef risultante dall’Unico 2022, nel tetto di 103.055 euro. Questo limite è riferito al reddito imponibile del 2021;

  • applicare la percentuale del 10,392%, pari al 40% dei contributi dovuti calcolati sul 25,98%;
  • oppure applicare la percentuale del 9,6%, pari al 40% dei contributi dovuti, calcolati sul 24% (pensionati o già assicurati).

Entro quanto è necessario procedere con i versamenti?

I commercianti e gli artigiani devono versare i contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale e gli iscritti alla Gestione separata dell’Inps la contribuzione dovuta entro le scadenze fissate per il versamento delle imposte sui redditi. Per il 2022, tali scadenze sono fissate al:

  • 30 giugno (o 22 agosto 2022 per chi si avvale della rateizzazione) per il saldo 2021 e il 1° acconto 2022;  e
  • 30 novembre 2022 per il 2° acconto.

Maggiorazione dovuta dello 0,40% per chi paga dopo la scadenza del 30 giugno

Commercianti, artigiani, professionisti e partite Iva che pagano i contributi del saldo 2021 e del 1° acconto del 2022 dopo il 30 giugno 2022 devono calcolare la maggiorazione dello 0,40%. I contribuenti versano questa maggiorazione a titolo di interessi per evitare eventuali sanzioni per il ritardato pagamento. La quota della maggiorazione deve essere versata in via separata rispetto ai contributi. Si utilizzano le seguenti causali:

  • Api, per gli artigiani e codeline Inps usata per versare il corrispondente contributo;
  • Cpi, per i commercianti e codeline Inps usata per versare il corrispondente contributo;
  • Dppi per il libero professionista.

Come si effettua la rateizzazione? 

Per artigiani e commercianti la rateizzazione si può fare solo per i contributi dovuti sulla parte di reddito oltre il minimale imponibile a saldo per il 2021 e per il 1° acconto del 2022. Vanno escluse, dunque, le quote contributive entro il minimale. I professionisti, invece, possono procedere con la rateizzazione sia sul saldo del 2021 che sul 1° acconto del 2022. La prima rata deve essere versata entro la data di scadenza del saldo o dell’acconto differito. Le restanti rate, invece, hanno la scadenza indicata nel modello “Redditi 2022 Pf”. In ogni modo, il versamenti delle rate devono terminare entro il 30 novembre 2022. Per stabilire l’importo delle rate è necessario far riferimento alle modalità inserite nelle istruzioni al modello “Redditi 2022 Pf”, nella sezione relativa alle Modalità e termini di versamento – Rateazione.