Pensioni nel 2022: quando l’età non conta, ecco le misure che lo permettono

Pensioni con uscita a 67 anni di età perché così prevede la pensione di vecchiaia. Ed i sindacati a chiedere misure flessibili dai 62 anni di età. Nel frattempo, ecco la quota 102 a 64 anni in sostituzione della quota 100 che però può essere ancora fruita da chi ha cristallizzato il requisito e quindi a 62/63 anni. Ma poi c’è anche l’Ape sociale, che si può sfruttare a partire dai 63 anni di età. Perfino una misura che chiede un enorme sacrificio alle lavoratrici, con il suo ricalcolo contributivo e penalizzante della pensione, prevede una determinata età per essere fruibile. Infatti le lavoratrici dipendenti escono a 58 anni di età e le autonome a 59 anni di età, sempre che i requisiti siano stati completati entro il 31 dicembre dl 2021.

Sono moltissime le misure previdenziali che prevedono una determinata soglia di età minima per poter essere sfruttate. E sarà così anche nel 2022, con due misure per pensioni anticipate. Sostanzialmente il nostro ordinamento prevede due sole misure che prescindono dal requisito anagrafico. E sono due misure strutturali, nel senso che non hanno scadenza e sono dentro il sistema previdenziale. Parliamo delle classiche pensioni anticipate, altrimenti dette ordinarie, e della quota 41, che però non è quella per tutti che tanto i sindacati vogliono. In definitiva, solo queste due strade portano ad una pensione al raggiungimento di una determinata età contributiva, con alcuni altri requisiti tra cui però manca quello anagrafico.

La pensione anticipata ordinaria, come fare nel 2022

La pensione anticipata ordinaria permette ai lavoratori di non dover attendere alcun limite di età per accedere alla quiescenza. Basterà aver maturato un determinato requisito contributivo. La pensione anticipata altro non è che l’alter ego della pensione di anzianità ante Fornero, che proprio la professoressa e Ministro del Lavoro del governo Monti decise di abolire e sostituire con questa misura.

La pensione di anzianità infatti resta fruibile (in salvaguardia) solo per chi  ha maturato i relativi requisiti entro il 31 dicembre 2011 ((ma ad occhio, non ne esistono più di lavoratori di questo tipo).

Va detto che la pensione anticipata riguarda i lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), quindi pure al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, alle Gestioni speciali per i lavoratori autonomi, alla Gestione Separata INPS e alle forme sostitutive ed esclusive dell’AGO.

Per accedervi basta raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi versati (2.227 contributi settimanali) se il richiedente è uomo, mentre 41 anni e 10 mesi (2.175 contributi settimanali) se il richiedente è donna. Occorre attendere la finestra di 3 mesi tra la data di maturazione del diritto e la data di decorrenza della prestazione pensionistica.

Per tutti, almeno 35 anni di contributi versati devono essere al netto dei contributi figurativi da malattia o disoccupazione.

Pensioni anticipate con la quota 41 nel 2022

La quota 41 è una misura che non prevede limiti di età. Nessuna differenza tra uomini e donne. Per tutti sono necessari 41 anni di contributi versati. Di questi, 35 anni devono essere effettivi, quindi al netto dei figurativi per disoccupazione e malattia. Le pensioni con quota 41

Inoltre è necessario rientrare tra i precoci, cioè avere un anno di contributi versati prima dei 19 anni di età e non necessariamente continui.

Anche in questo caso, misura aperta ai lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria e alle forme sostitutive o esclusive dell’Ago. Ma serve anche che si rientri un una delle sottoelencate categorie:

  • Disoccupati che hanno perso il posto di lavoro per licenziamento individuale, licenziamento collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale;
  • Invalidi con disabilità pari o superiore al 74%;
  • Persone che assistono familiari (coniuge o un parente di primo grado conviventi o affini con situazioni familiari particolari) con handicap in situazione di gravità;
  • Lavoratori addetti alle mansioni usuranti (addetti alla linea catena, lavoratori notturni, conducenti di veicoli di trasporto pubblico e così via)
  • Lavoratori addetti alle mansioni gravose (edili,  gruisti, conciatori di pelli, macchinisti dei treni e personale ferroviario viaggiante, camionisti, infermieri  ed ostetriche delle sale operatorie e sale parto, addetti all’assistenza di persone non autosufficienti, insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido, facchini, addetti ai servizi di pulizia; operatori ecologi, operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca, pescatori, lavoratori del settore siderurgico, marittimi).

L’attività gravosa deve essere stata svolta per 7 degli ultimi 10 anni di carriera o in 6 degli ultimi 7 anni. Anche in questo caso, per la quota 41,  finestra di 3 mesi e pensione liquidata decorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti.

Pensione in anticipo con riscatto dei contributi, la guida

Riscattare i periodi di vuoto contributivo per renderli utili alle pensione è più di una opzione. Infatti, in una fase dove il mondo del lavoro lamenta l’assenza di misure che permettono uscite anticipate, non è da sottovalutare la possibilità di riscattare alcuni periodi per arrivare alle soglie utili per le uscite.

Va ricordato infatti che la stragrande maggioranza delle misure previdenziali oggi esistenti, prevedono carriere talmente lunghe che spesso risultano inarrivabili per molti lavoratori.

Raschiare il fondo del barile, pur spendendo qualcosa, può consentire il vantaggio in termini di età di pensionamento.

Pensione anticipata con riscatto, come funziona

Non è raro che in una carriera lavorativa, tra un rapporto di lavoro e l’altro, ci sono periodi di vuoto contributivo. Ma la normativa previdenziale vigente offre la possibilità di riscatto, cioè di coprire i buchi contributivi. Naturalmente non sempre è possibile, perché dipende dai periodi che si vogliono riscattare e anche dalla loro collocazione temporale.

Nella storia lavorativa di un soggetto i periodi di assenza di contributi possono essere coperti pagando un corrispettivo.

In pratica, uno strumento che permette di andare a ritroso nella carriera per coprire i vuoti. Si chiamano contributi da riscatto.

Lo strumento, che non è l’unico che riguarda il riscatto dei contributi, nasce nel 1996 con il decreto legislativo n° 564 e riguarda i periodi di assenza di contribuzione a qualsiasi titolo versata, solo se successivi al 31 dicembre 1996.

Se questi vuoti sono antecedenti quella data, nessun riscatto è possibile.

Perché il riscatto è utile per la pensione

La misura nasce per venire incontro a soggetti che hanno avuto difficoltà, storicamente, a trovare lavoro continuo e duraturo. E sono soggetti che in passato hanno avuto difficoltà a trovare lavoro duraturo e che dopo hanno difficoltà a centrare le pensioni. Lo dimostra un altro paletto della misura. Infatti occorre che i vuoti contributivi si collochino tra due rapporti di lavoro non a tempo indeterminato.

Tipici esempi sono i lavori stagionali o in genere, quelli a termine o a tempo determinato.

Va sottolineato che i contributi di questo tipo sono assolutamente validi sia per il diritto alla pensione che per la misura. Infatti servono per completare una determinata soglia di contributi utili a una altrettanto determinata misura, ma anche per permettere una pensione di importo più alto.

I contributi da riscatto, tutte le possibilità

Detto di questa prima tipologia di contribuiti da riscatto, va sottolineato che l’Inps e la normativa vigente ne prevedono molti altri. Infatti sono davvero molti i periodi in cui non si sono versati i contributi, che un lavoratore può far tornare utili alle quiescenze, a volte solo per il diritto, altre volte sia per il diritto che per la misura.

I contributi da riscatto sono sempre onerosi. In questo si differenziano dai contributi figurativi. Inoltre non vanno confusi coi contributi volontari, altra possibilità di completamento di una carriera appannaggio di determinati lavoratori. I contributi da riscatto, come già detto, operano a ritroso, cioè riguardano periodi già passati. Quelli volontari invece valgono per il futuro.

Come l’Inps spiega sul suo sito ufficiale nella scheda dedicata al riscatto, tale facoltà è concessa a:

  • Lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO);
  • Iscritti a una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
  • Agli iscritti alla Gestione Separata dei lavoratori parasubordinati;
  • Agli iscritti ai fondi speciali, sostitutivi, esclusivi gestiti dall’INPS.

 

Nello specifico i periodi scoperti da contribuzione che possono essere riscattati e resi validi ai fini pensionistici sono:

  • I periodi dedicati ai corsi di studio;
  • Periodi relativi a contribuzioni omesse o a contribuzioni prescritte con il riscatto per costituzione di rendita vitalizia;
  • I periodi di lavoro instaurato  con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa fino al primo aprile 1996;
  • Periodi di interruzione o sospensione del rapporto di lavoro;
  • Periodi intercorrenti tra un rapporto di lavoro e l’altro nel caso di lavori discontinui, stagionali, temporanei;
  • I periodi intercorrenti tra attività lavorative organizzate con contratto a part-time;
  • Periodi di attività svolte nei lavori socialmente utili;
  • Il periodo del servizio civile;
  • Periodi di aspettativa per gravi motivi familiari;
  • Periodi di astensione facoltativa per maternità se collocati al di fuori del rapporto di lavoro;
  • Pace contributiva.

Cosa accade se la domanda di riscatto va a buon fine

La domanda per il riscatto segue le regole di qualsiasi altra tipologia di istanza da presentare all’Inps territorialmente competente in base alla residenza dell’interessato. Con l’accoglimento della domanda viene reso noto al richiedente, anche l’onere del riscatto, che è il corrispettivo da pagare per trasformare i periodi di vuoto contributivo in periodi utili alle pensioni.

I vari modi di pagare il riscatto per la pensione

Il pagamento degli oneri da riscatto può essere effettuato anche on line sullo stesso portale Inps nell’area “servizi di pagamento”. Sullo stesso portale e nella stessa area si possono stampare le disposizioni di pagamento utili per chi vuole scegliere un altro canale per saldare il dovuto.

Infatti è possibile pagare, oltre che on line sul sito Inps, anche:

  • Banca;
  • Sistemi di Home Banking che aderiscono al sistema pagoPA;
  • Sportelli bancomat  abilitati (ATM);
  • Bar, edicole, ricevitorie, tabaccherie, supermercati e tutte le strutture in convenzione e abilitate ai pagamenti di pagoPa;
  • Presso Poste Italiane.

Il pagamento va effettuato entro 60 giorni dalla data in cui l’Inps ha comunicato l’accettazione della richiesta. Alternativa al pagamento in soluzione unica c’è il rateale. Va ricordato che la dilazione non sempre è ammissibile, perché occorre rispettare alcune condizioni. Infatti,  il pagamento rateale può riguardare solo chi non è ancora andato in pensione e non intende usare subito i contributi da riscatto per accedere ad una qualsiasi misura previdenziale.

Pensione: da 56 a 64 anni, la guida alle uscite per anno di nascita

Per la pensione in generale, sono fondamentali sia i contributi versati che l’età anagrafica. E ad ogni età, o meglio, ad ogni anno di nascita corrispondono determinate tipologie di uscite,. Diverse le misure di pensione in base alla data di nascita.
Ecco una dettagliata guida.

La pensione a 56 anni

In un sistema come il nostro, che molti reputano tra i più difficili e duri in materia previdenziale, parlare di pensioni a 56 anni può sembrare strano.
Esiste però una misura che permette proprio questo, un pensionamento a 56 anni. La misura è la pensione anticipata per invalidi.
A 56 anni però escono solo le donne. Servono anche almeno 20 anni di contributi versati. Occorre attendere una finestra mobile di 12 mesi tra la data di maturazione dei requisiti e la decorrenza della prestazione.
L’invalidità deve essere quella pensionabile, certificata dalle commissioni mediche Inps e non solo da quelle Asl. La percentuale minima deve essere pari o superiore all’80%.

Quiescenza a 58 o 59 anni, ancora opzione donna

Opzione donna o regime contributivo donna è una misura ormai da anni in funzione. La misura è stata confermata dall’ultima legge di Bilancio.
Possono uscire dal lavoro le donne con 35 anni di contributi versati e con 58 anni di età per le dipendenti, sia private che pubbliche, o 59 anni per le lavoratrici autonome.
La misura prevede 12 mesi di finestra per le dipendenti e 18 mesi per le lavoratrici autonome.
Il calcolo della prestazione resta il solito, cioè il contributivo. La misura si rivolge solo a chi ha completato entrambi i requisiti entro il 31 dicembre 2021.

Per gli uomini invalidità pensionabile e pensione a 61 anni

Una misura di cui abbiamo parlato già per l’uscita a 56 anni del donne, torna utile pure per gli uomini.
Servono almeno 20 anni di contributi versati come per le donne, ma 61 anni di età.
C’è da fare i conti una finestra mobile di 12 mesi tra la data di maturazione dei requisiti e la decorrenza della prestazione. E come detto, l’invalidità deve essere quella pensionabile e certificata dalle commissioni mediche Inps. La percentuale minima deve essere pari o superiore all’80%.

Pensione a 62 anni

Con lo stop di quota 100 al 31 dicembre 2021 chi compie 62 anni nel 2022 si trova tagliato fuori dalla misura. Età e contributi infatti, andavano completati entro il 31 dicembre scorso.
Chi c’è riuscito, può accedere alla pensione con la quota 100 ancora nel 2022 con la cristallizzazione del diritto alla pensione.
Finestre mobili di 3 mesi per i lavoratori del settore privato e 6 mesi per gli statali. La pensione con quota 100 può ancora essere percepita nel 2022 prima di compiere i 63 anni di età.
Leggermente prima, già dai 61 anni e 7 mesi ci sarebbe anche la pensione usuranti. La misura consente di accedere alla quiescenza una volta completata la quota 97,6 ed una volta raggiunta la contribuzione minima di 35 anni con 61 anni e 7 mesi di età.
La misura si rivolge a chi svolge i lavori usuranti previsti dalla normativa vigente dal 2011. Dentro oltre agli addetti alla linea a catena o gli autisti dei mezzi di trasporto pubblici con 9 o più posti,anche i lavoratori addetti alle mansioni notturne.

La pensione a 63 anni con l’Ape sociale

A 63 anni invece, la via di uscita è l’Anticipo pensionistico sociale, misura che si centra con almeno 63 anni di età ed una contribuzione variabile in base alla categoria dove si risiede tra le 4 che la normativa dell’Ape ha previsto.
Per invalidi, disoccupati e soggetti con parenti disabili a carico, si esce con almeno 63 anni di età ed almeno 30 anni di contributi più una serie di condizioni e vincoli diversi per ogni profilo di tutela prima citati. Per i lavori gravosi, dalle maestre delle scuole dell’infanzia a quelle delle scuole primarie, da infermieri e ostetriche ai facchini e ai camionisti, servono non meno di 63 anni di età e non meno di 36 anni di contributi.
Per gli edili e i ceramisti invece, sempre dai 63 anni di età si può uscire con 32 anni di contributi versati.

Pensioni a 64 anni nel 2022, la guida

A 64 anni invece ecco la novità di quota 102. Una misura che ricalca la quota 100 se non fosse che l’età pensionabile è di 64 anni. Serve quindi completare la combinazione 64+38, dove 38 sono gli anni di versamenti previdenziali prescritti.
La misura prevede le finestre di 3 mesi per il settore privato e 6 mesi per il settore pubblico. A 64 anni disco verde anche per i contributivi puri con 20 anni di versamenti. Servono 20 anni di contribuzione con il primo versamento non antecedente al primo gennaio 1996. E serve una pensione pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale, più o meno 1.310 euro al mese lordi.

Pensioni: l’elenco delle agevolazioni per donne e precoci

Pensioni argomento caldo, come sempre accade soprattutto a cavallo della legge di Bilancio.

Lo sprint con cui si parla di riforma delle pensioni subito dopo una manovra finanziaria è piuttosto discutibile.

Infatti, prima non viene fatto nulla o quasi nella manovra finanziaria, poi si parte con riunioni, incontri e promesse di intervento che, a naso, non arriveranno in porto se non con la legge di Bilancio futura.

Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che si possa fare qualcosa con il Def (Documento di economia e finanza), tra marzo e aprile, ma per noi è una falsa illusione.

E così ecco che i lavoratori devono fare i conti con le attuali regole, non propriamente agevoli dal punto di vista previdenziale. Ma ci sono misure che consentono uscite anticipate con alcune deroghe e sconti per determinati lavoratori.

Donne e pensioni, a volte quiescenze più facili

Partiamo dalle differenze di genere, cioè tra uomini e donne. Un luogo comune dice che le lavoratrici sono più penalizzate degli uomini sulle pensioni.

Anche noi pensiamo che sia vero, anche se forse sarebbe meglio parlare di penalizzazioni che partono dal mondo del lavoro piuttosto che dal mondo previdenziale.

Infatti è da ricercare altrove la causa di queste differenze in termini di pensionamento per le donne.

Le donne sono penalizzate dal fatto che spesso si devono dividere tra lavoro e cura della casa e della famiglia.

Altre volte arrivano a sacrificare carriere e lavori per dedicarsi ai figli e alla famiglia.

E dal momento che la stragrande maggioranza delle misure previdenziali prevedono carriere lunghe e costanti, ecco che la penalizzazione è servita.

Opzione donna non aiuta

Quota 100 prima e quota 102 ora, vogliono 38 anni di contributi per la pensione. Perfino l’Ape sociale, pur con le limitatezze di platea dei beneficiari, vuole 36 anni di contributi per i lavori gravosi e 30 anni per disoccupati, caregivers e invalidi.

Anche opzione donna ha 35 anni di contributi necessari. Troppi per molte lavoratrici, che già dovrebbero accettare un netto taglio di pensione per via di un ricalcolo contributivo che il regime sperimentale donna prevede.

Quali i vantaggi per le donne

Troppi anni di contributi quindi, che tagliano fuori molte lavoratrici da un po’ tutte le misure di pensione anticipata previste dal nostro ordinamento. La pensione anticipata si centra con 42 anni e 10 mesi di contributi e senza limiti di età. Ma solo per gli uomini. Per le lavoratrici serve un anno in meno, cioè 41 anni e 10 mesi.

Di questi, 35 anni devono essere effettivi, cioè al netto di figurativi da disoccupazione o malattia.

Uno sconto di un anno, che per quanto detto prima, appare poco utile.

Tornando a opzione donna, la misura oltre ai già citati 35 anni di contributi versati, necessita di 58 anni per le dipendenti e 59 per le autonome.

Occorre che una lavoratrice deve aver cominciato a lavorare a 23 anni ed ininterrottamente o quasi, fino ai 58 anni di età.

Ape sociale o opzione contributiva, quando i figli aiutano

Ci sono alcune misure che prevedono un particolare trattamento di vantaggio per le donne. Non tutte naturalmente, ma solo le mamme lavoratrici. L’Ape sociale per esempio, prevede uno sconto di 12 mesi per figlio avuto fino ad un massimo di 24 mesi. Ed è uno sconto sui contributi necessari che passano da 36 a 35 o 34 per i lavori gravosi, e da 30 a 28 o 29 per invalidi, disoccupati e caregivers.

Massimo 12 mesi di sconto per chi opta per il contributivo. Lo prevede la legge Dini. Uno sconto di 4 mesi per figlio avuto fino a massimo 12 mesi.

Tale beneficio è destinata a chi ha optato per il sistema contributivo (tranne opzione donna che non viene considerata, stranamente, una opzione contributiva pur prevedendo il ricalcolo contributivo della pensione). Lo sconto riguarda chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 o chi ha optato per il computo nella Gestione Separata.

Precoci, unica strada la quota 41

Tra le ipotesi allo studio del Governo per evitare l’applicazione della Legge Fornero dal 2023 anche Quota 41

In genere quando si parla di precoci il limite dovrebbe essere considerato quello della maggiore età, cioè 18 anni. Il precoce dovrebbe essere quello che ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni di età. Oggi una sola misura è destinata ai precoci.

Questa misura è la quota 41. Non ci sono limiti di età ma solo l’obbligo di completare 41 anni di contributi di cui, 35 effettivi e di cui uno versato prima dei 19 anni di età, anche in misura discontinua. Occorre però essere alternativamente, caregivers che assiste un familiare disabile, convivente e a carico da almeno 6 mesi, invalido con una percentuale di disabilità sopra il 74% o disoccupati.

Ma disco verde pure per chi rientra tra le 15 attività di lavoro gravoso che fino al 31 dicembre 2021 erano le uniche attività gravose che davano diritto pure all’Ape sociale (per il 2022 e solo per l’Ape sociale sono state implementate le attività di lavoro gravoso).

Precoci, quando un anno di contributi vale di più per le pensioni

Sempre per i precoci, ma stavolta per quelli che hanno iniziato a lavorare prima del 18 anni di età, c’è una norma che prevede l’accredito di un anno e mezzo di contributi ogni anno effettivamente lavorato come precoce. Ancora una volta è la legge Dini a prevederlo.

Chi ha iniziato la carriera dopo il 31 dicembre 1995 (contributivi puri), ma anche prima dei 18 anni di età, ha diritto ad utilizzare i periodi di versamento durante la minore età, maggiorati. Ogni anno di lavoro prima dei 18 anni vale così un anno e mezzo. Lavorare due anni significa mettere da parte 3 anni di contributi, che però sono utili solo al diritto alla pensione e non al suo calcolo

Pensioni 2022, in uscita i nati fino al 1958, due vie possibili, requisiti e vincoli

Se fino al 2021 per le pensioni, sostanzialmente, le età pensionabili alternative ai 67 anni utili per la pensione di vecchiaia erano i 62 anni di quota 100 ed i 63 dell’Ape sociale, nel 2022 si cambia. Infatti la manovra di Bilancio ha introdotto la quota 102. Una misura che ha limitato il pericolo scalone di 5 anni che sembrava dovesse lasciare in campo il post quota 100. Ma allo stesso tempo, ha innalzato di due anni la soglia di età anagrafica utile alla pensione per quotisti.

Ma a 64 anni oltre alla quota 100 il nostro ordinamento prevede un’altra via di uscita. Due misure quindi che possono consentire a chi è nato fino al 1958, di accelerare l’uscita.

Pensioni a 64 anni nel 2022, ecco chi può

La prima cosa da dire è che seguendo le regole ordinarie del sistema previdenziale, basato manco a dirlo sulle norme della riforma Fornero, un nato nel 1958 dovrebbe andare in pensione nel 2025, quando si troverà a compiere i 67 anni di età che insieme ai 20 anni di contribuzione minima versata stabiliscono le soglie minime della pensione di vecchiaia.

Nel 2022 però ci sono due alternative, entrambe valide anche se limitate da vincoli, paletti e requisiti. Iniziamo con la grande novità della pensione con quota 102. La misura permette si di anticipare la pensione di 3 anni rispetto ai 67 anni utili alle quiescenze di vecchiaia ordinarie. Ma necessita di una dote di contributi versati nettamente superiore ai 20 anni prima citati.

Servono infatti ben 38 anni di contributi. Infatti la quota 102 non è altro che una fedele riproposizione della quota 100, con l’unica variazione che riguarda proprio l’età pensionabile, passata da 62 a 64 anni. La misura resta fedele al blocco normativo di quella che l’ha preceduta.

Infatti occorre sapere che la prestazione è liquidata con le regole classiche del sistema misto. Quindi, calcolo retributivo fino a tutto il 1995 per chi non ha almeno 18 anni di carriera antecedenti il 1° gennaio 1996. Per gli anni successivi calcolo contributivo. Per chi invece ha maturato 18 anni almeno di contributi versati prima del 1996, calcolo retributivo fino al 2012 e contributivo per gli anni successivi.

I contributivi puri e la pensione anticipata anche nel 2022

Con la quota 102 resta fermo il vincolo del divieto di cumulo con redditi da lavoro fino ai 67 anni di età. In pratica, per tutti gli annoi di anticipo e fino al raggiungimento della soglia anagrafica utile alla pensione di vecchiaia, è fatto divieto per i pensionati qualsiasi attività lavorativa ad esclusione del lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro di reddito all’anno.

Inoltre per quota 102 resta fermo il meccanismo delle finestre mobili che fanno slittare la decorrenza della pensione di 3 mesi nel lavoro privato e di 6 mesi nel pubblico impiego. Vincoli e paletti che non si trovano nell’altra misura che anche nel 2022 consente a determinati nati fino al 1958, di accedere alla pensione 3 anni prima.

La misura si chiama pensione anticipata contributiva. Sul sito dell’Inps questa misura viene illustrata nella stessa pagina destinata alla pensione anticipata ordinaria. Infatti parliamo di una misura strutturale. Oltre all’assenza dei vicoli di cui parlavamo prima, la misura ha una differenza sostanziale in materia di età contributiva da centrare. Infatti alla stregua della pensione di vecchiaia ordinaria, bastano 20 anni di contributi.

I limiti e i paletti della pensione anticipata contributiva

Una dote di contributi versati non centro insuperabile quindi per la pensione anticipata contributiva. SI tratta di una delle poche misure che consentono uscite anticipate senza necessariamente avere carriere lunghe o lunghissime. Per trovare una misura simile da questo punto di vista a mente si può ricordare solo la pensione di vecchiaia anticipata per invalidità pensionabile. Anche per questa misura infatti la soglia sono i 20 anni di contributi. E si esce addirittura prima, con 61 anni per gli uomini e 56 per le donne. Ma come si evince, è una misura destinata a chi ha problematiche di disabilità.

Occorre però che tali contributi siano successivi al 31 dicembre 1995. Questa è la data che segna il limite per essere considerati contributivi puri. In parole povere, pensione a 64 anni con 20 anni di versamenti per chi è privo di contribuzione a qualsiasi titolo versata antecedente l’entrata in vigore del sistema contributivo.

Ma la misura è limitata anche da un paletto che riguarda l’importo minimo della pensione. Infatti si può accedere alla prestazione a condizione che la pensione liquidata sia pari ad almeno 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale nell’anno in cui si maturano i requisiti della pensione.

Per il 2022, dopo i recenti adeguamenti con il meccanismo della perequazione, l’assegno sociale nel 2022 è pari a 468,10 euro. Pertanto, per avere diritto alla pensione anticipata contributiva serve una pensione lorda pari o superiore a 1.310,68 euro.

Le pensioni a 64 anni nel 2022, tabelle e requisiti

Ricapitolando, per chi è nato fino al 1958 sono due le misure che permettono uscite nel 2022. A dire il vero ci sarebbero pure l’Ape sociale a 63 anni, Opzione donna a 58 o 59 anni e le varie anticipate, sia ordinarie che per i precoci. Si tratta di misure che sono particolarmente legate a dei vincoli e dei paletti che le rendono fruibili solo a determinate categorie di lavoratori.

Ma misure che riguardano nello specifico i 64 anni di età sono le due sopra descritte. Due misure con requisiti diversi e con regole diverse che possono essere riassunte così:

Quota 102:

  • Almeno 64 anni di età;
  • Almeno 38 anni di contributi versati;
  • Almeno 35 anni effettivi da lavoro;
  • Divieto di cumulo con altri redditi da lavoro;
  • Finestre di uscita.

Pensione anticipata contributiva:

  • Almeno 64 anni di età;
  • Almeno 20 anni di contributi versati;
  • Primo versamento successivo al 31 dicembre 1995;
  • Assegno liquidato per un importo lordo minimo di 1.310,68 euro (2,8 volte l’assegno sociale 2022).

Riforma pensioni: come si uscirebbe nel 2023

C’è una finestra che potrebbe tornare utile per riuscire finalmente a mettere mano al sistema pensioni italiano. È quella del mese di aprile, in cui il governo dovrebbe presentare il Documento di Economia e Finanze (DEF).

Questa almeno è la speranza, cioè l’obbiettivo che forse hanno i sindacati. Esperienza però ci dice che probabilmente se ne riparlerà a fine anno, come al solito, con la nuova legge di Bilancio. Infatti dopo il nulla di fatto o quasi dell’ultima manovra finanziaria, si guarda al futuro. L’ultima manovra ha prodotto solo una piccola novità rappresentata da quota 102.  Ecco perché quest’anno si cercherà di intervenire in maniera più profonda su quella riforma delle pensioni che sembra sempre più necessaria.

Tra l’altro la quota 102 è stata varata solo per 12 mesi, perché si tratta di uno strumento previdenziale che verrà utilizzato fino al 31 dicembre 2022, per poi sparire, salvo proroghe. Un indizio questo che potrebbe riguardare la volontà di tornare a correggere il sistema nel corso del 2022. Ma nell’ultimo summit tra governo e sindacati, in base alle richieste di questi ultimi, sembra che le distanze sono invariate tra le parti. Ed allora ipotizzare che ci vorrà più tempo rispetto ad aprile, non è esercizio azzardato.

Ma cosa potrebbe accadere nel 2023 al sistema previdenziale alla luce delle ipotesi di riforma più attendibili?

Leggi anche: Pensioni anticipate 2022: quando bastano 56 o 61 anni, ecco chi può

Riforma delle pensioni, i sindacati continuano sulla loro via

Serve una flessibilità in uscita maggiore di quella offerta oggi dal sistema pensionistico e si dovrebbe partire dai 62 anni di e dai 20 anni di contributi. E poi con 41 anni di contributi versati dovrebbe essere consentito andare in pensione a tutti, senza alcun limite di età. In ogni caso, per entrambe le misure, nessun collegamento al ricalcolo contributivo delle pensioni, perché nessuna penalizzazione deve essere imposta a chi esce prima. Sono queste le posizioni dei sindacati, ormai autentici cavalli di battaglia delle parti sociali.

Misure che già in passato sono state definite impossibili da adottare per evidenti questioni di sostenibilità. E così sarà anche stavolta, c’è da scommetterci visto che dal punto di vista dell’esecutivo, con tutti i tecnici e gli esperti che quotidianamente dicono la loro, occorre andare verso il sistema contributivo per il calcolo della pensione e verso misure a basso impatto sulle casse dello Stato.

In altri termini, occorre trovare misure che da un lato offrano flessibilità in uscita, e che dall’altro siano economiche dal punto di vista della spesa pensionistica.

Il rebus pensioni, due proposte sembrano godere di maggiori possibilità

In uno scenario del genere è evidente che parlare di penalizzazioni di assegno o di ricalcolo contributivo della prestazione non è una cosa strana. Difatti, sono sostanzialmente queste le strade che sembrano ad oggi più percorribili per riformare il sistema. E sono vie che non dovrebbero riscontrare un parere favorevole da parte dei sindacati, per evidenti ragioni.

La novità delle ultime ore è un ritorno al passato, perché si parla di misure di pensionamento anticipato, a partire da una determinata età (e forse su questo si può assecondare la volontà dei sindacati, partendo dai 62 anni), ma con tagli di assegno.

Si parla di un taglio del 3% annuo sulla quota retributiva, una specie di sistema contributivo mascherato, e forse anche peggio. In pratica si arriverebbe a prevedere quel taglio lineare in base agli anni di anticipo, che era alla base anche di vecchie proposte come quelle dell’allora Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano e il suo DDL 857.

La pensione in due quote di Tridico

Non un taglio vero e proprio, ma una sorta di penalizzazione a tempo invece è alla base di una proposta che proviene direttamente dall’Istituto Previdenziale. È stato il Presidente dell’Inps Pasquale Tridico a produrre una idea alternativa per consentire, a partire dai 63 anni (ma l’età può essere ritoccata in più o in meno), di accedere alle quiescenze con una doppia quota di pensione.

Uscendo in anticipo si andrebbe così ad accettare solo la quota contributiva della pensione, con un taglio tanto più pensate quanti più sono gli anni di contributi versati nel sistema retributivo (prima del 1996 ndr). AL compimento della canonica età pensionabile dei 67 anni di età invece, la pensione verrebbe ricalcolata con l’aggiunta della parte retributiva, quella mancante alla data di liquidazione della pensione anticipata e flessibile.

Pensioni anticipate 2022: tra novità e proroghe che misure restano?

Il sistema previdenziale italiano su cui si attendeva una profonda riforma, resta ancora agganciato a quanto previsto dalla legge Fornero nel 2011. Infatti la legge di Bilancio non ha introdotto sostanziali novità sulle pensioni, se si esclude una nuova misura, la quota 102, che però è una riproposizione di quota 100, con una età pensionabile più elevata.

Per il resto, tutto come prima, perché altre due misure che scadevano il 31 dicembre 2021 come la quota 100 poi cessata, sono state invece prorogate. Parliamo di Ape sociale e Opzione donna. Ma non sono solo queste le misure di pensionamento anticipato che saranno fruibili nel 2022. Ecco una dettagliata guida alle varie possibilità.

Pensioni 2022, i canali ordinari

Che la legge Fornero sia tutt’oggi viva e vegeta in materia previdenziale è un dato oggettivo. Infatti dal 2011 le due misure ordinarie sono rimaste la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata. Quest’ultima fu introdotta proprio dalla legge Fornero in sostituzione della pensione di anzianità. E come la precedente, anche la pensione anticipata è rimasta slegata da qualsiasi collegamento a limiti di età dei potenziali beneficiari.

Nel 2022 con la pensione anticipata ordinaria si può lasciare il lavoro con 41 anni e 10 mesi di contributi versati per le donne e con 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Pochi i vincoli, perché come detto non esistono limiti anagrafici. I contributi utili sono tutti quelli a qualsiasi titolo versati, ma di questi, 35 anni devono essere effettivi, ovvero al netto dei contributi figurativi da disoccupazione indennizzata o da malattia.

L’altra misura canonica del sistema è la pensione di vecchiaia ordinaria. Bastano 20 anni di contributi versati e una età pensionabile di 67 anni. In questo caso zero differenze di genere e pochi vincoli, con la contribuzione utile che è quella a qualsiasi titolo versata.

La nuova quota 102

Nel 2022 e solo per il 2022, ecco la quota 102. Una misura che ricalca fedelmente la quota 100, di cui si differenzia solo per l’età minima di uscita che passa dai 62 anni ai 64 anni. Con la quota 102 si può lasciare il lavoro se nel corso del 2022 si completano le combinazioni 64+38, 65+38 o 66+38, dove il 38, numero comune a tutte e tre le combinazioni, è quello degli anni di contribuzione necessaria.

La stessa età contributiva di quota 100  quindi. Ma la vecchia misura aveva due combinazioni in più, cioè 62+38 e 63+38. Chi è riuscito a completare queste due combinazioni entro il 31 dicembre del 2021, potrà beneficare ancora di quota 100. Infatti chi si trova in questa condizione può beneficiare della cristallizzazione dei requisiti.

Anche in questo caso 35 dei 38 anni di versamenti contributivi necessari devono essere effettivi. La pensione prevede le finestre di uscita.  I lavoratori del settore privato vedono la decorrenza della prestazione partire 3 mesi dopo la data di maturazione dei requisiti. I lavoratori del settore pubblico invece devono aspettare 6 mesi dalla maturazione del diritto per il primo rateo di pensione. Solo nel comparto scuola le finestre non incidono. Questo perché in quel particolare settore i pensionamenti sono collegati all’anno scolastico e non all’anno solare o alla data di maturazione dei requisiti.

Confermato per la misura, anche il divieto di cumulo con redditi da lavoro ad esclusione dei redditi da lavoro autonomo occasionale fino al tetto massimo di 5.000 euro per anno. Il divieto di cumulo resta in vigore fino al compimento dei 67 anni di età.

La pensione anticipata contributiva, via dal lavoro a 64 anni

Se 64 anni è l’età minima per la quota 102, lo è anche per una misura strutturale del sistema, la pensione anticipata contributiva. La misura, destinata a chi è privo di versamenti nel sistema retributivo, è condizionata da una serie di fattori.  Primo tra tutti lo status di contributivo puro.

Va ricordato che per contributivo puro si intende quel lavoratore la cui carriera è iniziata dopo il 31 dicembre 1995. Si tratta dell’ultimo anno prima dell’avvento della riforma delle pensioni di Lanfranco Dini e del suo sistema contributivo.

Per avere accesso alla pensione anticipata contributiva occorre:

  • Non avere versamenti di qualsiasi genere ed a qualsiasi titolo prima del 1°gennaio 1996;
  • Avere almeno 64 anni di età compiuti;
  • Avere almeno 20 anni di contribuzione previdenziale versata;
  • Ottenere una pensione liquidata alla data di uscita, pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale valido per l’anno in cui si lascia il lavoro (più o meno 1.290 euro al mese di pensione lorda).

Ape sociale 2022, le pensioni a 63 anni

Una delle misure che permettono uscite anticipate è senza dubbio l’Ape sociale. Si tratta dell’Anticipo pensionistico a carico dello Stato, che consente uscite già a partire dai 63 anni di età. La misura è destinata a quattro categorie di potenziali beneficiari. Infatti abbiamo:

  • Disoccupati;
  • Caregivers;
  • Invalidi;
  • Lavori gravosi.

Per i disoccupati servono:

  • Almeno 63 anni di età;
  • Almeno 30 anni di contributi;
  • Almeno 3 mesi di distanza dall’ultima rata di Naspi percepita.

Per gli invalidi servono sempre non meno di 63 anni di età e 30 di contributi. Va sottolineato però che è necessario un grado di invalidità certificata dalle competenti commissioni mediche Asl superiore al 74%. Per i caregivers, cioè per i soggetti con parenti disabili, a carico e conviventi, con invalidità superiore al 74%, stessa età e stessi contributi. Alla pari di disoccupati e invalidi, servono 63 anni di età e 30 anni di contributi. Però è necessario che l’assistenza al parente disabile deve essere partita almeno 6 mesi prima della domanda di pensione.

I lavori gravosi e l’Ape sociale, novità 2022

Diversa la carriera richiesta per i lavori gravosi. Ed è proprio lo spaccato dei lavori gravosi  la grande novità dell’Ape sociale 2022. Infatti alle 15 categorie di lavoro gravoso previste fino al 2021, ne hanno aggiunte altre. È il frutto del lavoro di una commissione tecnica incaricata dal Ministero del Lavoro di valutare quali e quante attività gravose esistono nel nostro sistema lavoro.

Prendendo a riferimento, soprattutto la cadenza delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro, la commissione ha determinato una graduatoria da cui attingere per determinare le altre attività di lavoro gravoso a cui aprire le porte dell’Ape sociale. Per i lavori gravosi, fermo restando il limite dei 63 anni di età da cui si può iniziare ad andare in pensione, l’età contributiva minima è fissata in 36 anni. Solo per edili e ceramisti invece, si parte dai 32 anni di contributi versati.

È necessario che l’attività gravosa sia stata svolta per 7 degli ultimi 10 anni di lavoro o per 6 degli ultimi 7. L’Ape sociale è misura che non prevede tredicesima. Inoltre, si tratta di misura che non da diritto alle maggiorazioni, agli assegni familiari e non è reversibile. Inoltre è una misura temporanea, che accompagna il lavoratore ai 67 anni di età utili alla pensione di vecchiaia.

Quota 41 per i precoci, misura strutturale

L’estensione delle attività gravose non vale per la quota 41. Per la misura la platea resta quella valida fino al 31 dicembre 2021. E sono gli stessi disabili, caregiver e disoccupati di cui parlavamo prima per l’Ape sociale. Ma la quota 41 può essere appannaggio pure  dei lavori gravosi, limitatamente alle 15 attività previste fino al 31 dicembre appena trascorso.

Per la misura non esistono limiti di età come per le pensioni anticipate ordinarie. Servono però 41 anni di contributi, di cui 35 effettivi (senza figurativi per disoccupazione e malattia) e di cui uno versato prima dei 19 anni di età, anche in maniera discontinua.

Opzione donna 2022

Altra misura che ha trovato una estensione nella legge di Bilancio per tutto il 2022 è l’Opzione donna. Il regime sperimentale contributivo per le donne per il 2022 riguarda le lavoratrici dipendenti e le lavoratrici autonome, che hanno completato entro il 31 dicembre 2021, rispettivamente 58 o 59 anni di età con almeno 35 anni di contributi versati.

La misura resta contributiva, ovvero, le lavoratrici devono accettare il ricalcolo completamente contributivo della loro pensione. Inoltre, finestra di 12 mesi per le dipendenti e di 18 mesi per le autonome.

Le pensioni anticipate per i notturni e usuranti anche nel 2022

Un capitolo a parte in materia di pensioni anticipate va fatto per lo scivolo usuranti. Si tratta di una misura che consente, a determinate e particolari categorie, di accedere alla quiescenza con 61 anni e 7 mesi di età, con 35 anni di contributi versati e con contestuale completamento della quota 97,6. Misura che riguarda alcune particolari categorie di lavoratori, come i palombari o i lavoratori del vetro cavo per esempio, ma anche alcune categorie piuttosto comuni come gli operai delle linee a catena o gli autisti dei mezzi di trasporto pubblico.

Dentro lo scivolo usuranti anche i lavoratori notturni, ma con quota ed età variabili in base al numero di notti lavorate ogni anno. E per notti si intendono le attività lavorative effettuate tra le ore 00:00 e le ore 05:00 del mattino.

Pensioni di vecchiaia, anche la anticipata per invalidi

Ultima misura, ma probabilmente quella che più riesce a far anticipare la pensione ai lavoratori, è la pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile. Infatti con una invalidità pensionabile almeno all’80%, possono accedere alla pensione con una finestra di 12 mesi, gli uomini con 61 anni di età e le donne con 56 anni di età.

L’invalidità pensionabile però è differente dalla invalidità civile certificata dalla commissioni mediche per le invalidità civili delle Asl. Infatti è necessario che l’invalidità sia con riduzione della capacità lavorativa e certificata dalle commissioni mediche accertatrici dell’Inps.

Pensioni, nel 2022 in uscita fino a 55mila lavoratori con quota 102, opzione donna e Ape

Sono stimate in 55 mila le uscite nel corso del 2022 con le misure di pensione anticipata incluse nella legge di Bilancio di fine anno. Il pacchetto che il governo stanzierà per le pensioni del 2022 è di 600 milioni di euro e comprenderà gli strumenti previdenziali della quota 102, dell’opzione donna e dell’Ape sociale. La stima è contenuta nella relazione tecnica al disegno di legge di Bilancio arrivato al Senato nei giorni scorsi.

Pensioni con quota 102, come si esce nel 2022 dal lavoro?

Tra le misure di pensione anticipata attese per il prossimo anno c’è quota 102 che va a sostituire la quota 100. Sulla nuova misura le previsioni del governo sono di 16.800 nuovi pensionati che, nel corso dell’anno, compiranno l’età di 64 anni e potranno uscire al raggiungimento dei 38 anni di contributi versati. Dei 600 milioni di euro stanziati per le pensioni dal governo, quota 102 ne assorbirà 176 milioni.

Quali requisiti sono richiesti nel 2022 per le pensioni con opzione donna?

Le altre pensioni riguarderanno opzione donna e Ape sociale. Sulla misura riservata alle lavoratrici si stimano 17 mila nuove pensionate. Rimarranno inalterati i requisiti di uscita, passaggio che ha fatto lievitare il numero delle beneficiarie rispetto alle prime stime di qualche giorno fa dei sindacati. Potranno accedere all’opzione donna le lavoratrici che abbiano almeno 35 anni di contributi versati e l’età di 58 anni (se dipendenti) o di 59 anni (se autonome). La pensione verrà calcolata, come è già avvenuto per le precedenti proroghe, interamente con il metodo contributivo.

Quante lavoratrici usciranno nel 2022, 2023 e 2024 con opzione donna?

Sull’opzione donna il governo stima, tuttavia, che le lavoratrici in possesso dei requisiti di uscita saranno più di quelle che effettivamente sceglieranno la misura. La relazione tecnica del governo, infatti, stima in 29.500 il numero delle lavoratrici in possesso dei requisiti richiesti. Il costo totale delle pensioni delle nuove pensionate dovrebbe aggirarsi intorno ai 111 milioni di euro e 200 mila. Secondo le previsioni, opzione donna nei prossimi anni raggiungerà numeri più alti di uscita. Infatti, per il 2023 sono previste 28.200 nuove uscite e per il 2024 altre 29.100.

Con quanto si va in pensione con opzione donna?

La relazione tecnica fa anche delle stime sulla pensione futura delle donne che scelgano questa misura per uscire in anticipo da lavoro. Considerando il ricalcolo contributivo dell’assegno, l’importo medio del mensile si attesta sui 1.100 euro per le dipendenti del settore privato; sui 1.250 euro per le lavoratrici del pubblico impiego; infine sugli 810 euro per le lavoratrici autonome. La riduzione stimata accettando il ricalcolo del contributivo è del 6% per le donne che lavorano alle dipendenze e del 13% per le autonome.

Pensioni, quante uscire nel 2022 con l’Ape sociale?

Più alto, secondo le stime, è il numero dei lavoratori che nel prossimo anno andrà in pensione con l’Ape sociale. La misura, che conterà nuove categorie di lavoratori impiegati in mansioni gravose, dovrebbe assicurare la pensione a 21.200 lavoratori. La voce a bilancio per l’anticipo pensionistico sociale dovrebbe avere un costo stimato sui 141,2 milioni di euro, per salire a 275 nel 2023 e abbassarsi negli anni successivi.

Qual è la pensione che si ottiene con la quota 102?

Sulle stime di uscita dei prossimi anni, la nuova quota 102 dovrebbe far registrare altre 23.500 pensioni nel 2023, per poi abbassarsi a 15.100 nel 2024 e a 5.500 nel 2025. Nel 2026 sono previste pochissime uscite: si stimano circa mille nuovi pensionati con quota 102. Il ministero dell’Economia ha stimato che l’assegno di pensione ottenuto con la quota 102 dovrebbe assestarsi sui 26 mila euro lordi all’anno.

Come vanno in pensione artisti e lavoratori dello spettacolo?

Quali sono i requisiti affinché gli artisti e i lavoratori dello spettacolo maturino il diritto di andare in pensione? Proprio durante l’anno 2021 sono stati modificati alcuni requisiti di calcolo per le pensioni a decorrere decorrere dal 1° agosto scorso. La novità più consistente riguarda il requisito contributivo minimo per il diritto a un anno intero di anzianità utile per la pensione.

Pensioni lavoratori dello spettacolo, come calcolare le giornate lavorative?

Per le pensioni degli artisti, a partire dal 1° luglio 2021 e a decorrere dalle uscite del 1° agosto 2021, l’anno di contribuzione si calcola non più con 120 giornate lavorative, ma con 90. Dei 90 giorni, almeno 60 devono essere stati svolti in attività lavorative nel settore dello spettacolo. I restanti 30 giorni possono essere stati svolti in qualsiasi ambito lavorativo. Ovvero ad attività riconducibili in altre gestioni previdenziali. Sono comprese l’Assicurazione generale obbligatoria (Ago), il Fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld) o dei lavoratori agricoli autonomi, ma anche i contributi volontari e figurativi.

Artisti, delle 90 giornate di lavoro, 2/3 devono essere state svolte nello spettacolo

Come specifica il comma 17 dell’articolo 66 del decreto legge numero 73 de 2021, “ai fini dell’accesso al diritto alle prestazioni, i requisiti contributivi da far valere ai fini degli articoli 6 e 9 del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, numero 1420, devono riferirsi per almeno due terzi ad effettive prestazioni lavorative svolte nel settore dello spettacolo”. Restano escluse da questa norma i ballerini e tersicorei per i quali il calcolo deve essere fatto sulle effettive giornate lavorative svolte nella relativa qualifica (90 su 90).

Lavoratori dello spettacolo, servono 90 giornate lavorative all’anno per i contributi

L’abbassamento delle giornate utili per far valere un anno pieno di contributi è stato operato dal decreto numero 73 del 2021. La legge numero 106 del 2021 ha convertito il decreto. Lo stesso decreto Sostegni bis ha esteso anche l’obbligo assicurativo al Fondo pensione dei lavoratori dello spettacolo (Fpls) a nuove categorie di lavoratori. La novità del calcolo dell’anno di contribuzione con 90 giornate lavorate ai fini della pensione riguarda i lavoratori appartenenti al Gruppo A elencati dal decreto ministeriali del 15 marzo 2005. Si tratta prevalentemente degli attori, dei conduttori, dei registi e dei cantanti.

Pensioni spettacolo, come considerare le giornate di lavoro per attività di formazione, insegnamento e promozionali?

La giornata lavorativa rientrante nelle 90 richieste per far valere un anno di contribuzione ai fini della pensione, può riguardare anche le attività di insegnamento o di formazione o quelle a carattere promozionale. Con l’entrata in vigore del decreto Sostegni bis, anche queste attività rientrano nel conteggio delle giornate utili ai fini pensionistici. Il calcolo vale anche se le giornate sono svolte a tempo determinato. Purché si tratti di lavoratori che abbiano le qualifiche professionali per rientrare nel Gruppo A.

Pensione di vecchiaia lavoratori spettacolo con contributi prima del 1996

Chiarito il metodo di calcolo delle giornate lavorative, è necessario verificare i requisiti (ovvero l’età anagrafica e il numero di anni di giornate lavorative) necessari per andare in pensione. Una prima suddivisione dei lavoratori dello spettacolo e degli artisti si può fare in base ai versamenti fatti prima o dopo il 31 dicembre 1995. Per chi ha lavorato entro la fine del 1995, i requisiti della pensione di vecchiaia sono i seguenti:

  • per il gruppo ballo (ballerini, coreografi, tersicorei, assistenti coreografi) fino al 31 dicembre 2024 la pensione di vecchiaia si raggiunge all’età di 47 anni con almeno 20 anni di contributi versati;
  • i registi, i produttori, i bandisti, le maestranze e i tecnici con contratto a tempo determinato e per impiegati, operai e maestranze con contratto a tempo indeterminato, vanno in pensione di vecchiaia a decorrere dai 66 anni e 7 mesi con 20 anni di contributi;
  • il gruppo cantanti, artisti lirici e orchestrali va in pensione a 62 anni (uomini) e a 61 anni (donne) con 20 anni di contributi.

Pensioni lavoratori spettacolo con contributi dopo il 31 dicembre 1995

Per i lavoratori dello spettacolo con contributi versati dopo il 31 dicembre 1995, le regole di pensionamento di vecchiaia sono i seguenti:

  • i lavoratori lavoratori del gruppo ballo con contributi a partire dal 1° gennaio 1996 (sistema “contributivo”) i requisiti della pensioni di vecchiaia sono i medesimi dei lavoratori con contributi entro il 1995;
  • registi, produttori, bandisti iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo l’età minima di uscita per la pensione di vecchiaia è la medesima (66 anni e 7 mesi).

Pensione anticipata lavoratori dello spettacolo: ecco i requisiti

Per la pensione anticipata dei lavoratori dello spettacolo (cantanti, artisti lirici, orchestrali, atttori, conduttori, direttori d’orchestra e relativi operatori), con contributi entro il 31 dicembre 1995, i requisiti sono i seguenti:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi con 3 mesi di finestra mobile (per gli uomini);
  • 41 anni e 10 mesi di contributi con 3 mesi di finestra mobile (per le donne).

Pensione anticipata artisti e lavoratori spettacolo a 63 anni

I requisiti rimarranno in vigore fino al 31 dicembre 2028. Gli stessi requisiti di uscita sono applicati anche ai lavoratori che hanno iniziato a contribuire dopo il 31 dicembre 1995. Questi ultimi possono, in alternativa, ricorrere alla pensione anticipata contributiva. I requisiti richiesti sono:

  • età minima di 63 anni;
  • 20 anni di contributi versati;
  • assegno di pensione mensile almeno di 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale.

 

Pensione anticipata di soli contributi e pensione anticipata contributiva: le differenze

Sono due le formule di pensione anticipata ammesse dalla normativa per uscire prima dal lavoro rispetto ai 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia. La prima è la pensione anticipata raggiungibile con i soli contributi versati e a prescindere dall’età anagrafica di uscita. La seconda, invece, è la pensione anticipata contributiva che combina requisiti di età anagrafica e un minimo di contributi versati.

Pensione anticipata di soli contributi: ecco i requisiti

I requisiti per andare in pensione anticipata con i soli contributi consistono:

  • in 42 anni e 10 mesi di versamenti contributivi per gli uomini, sia dipendenti che autonomi, a prescindere dall’età anagrafica al momento dell’uscita;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le lavoratrici.

A differenza dei requisiti richiesti per la pensione di vecchiaia, la pensione anticipata conserva la differenza di requisiti tra uomini e donne. In questo caso è assegnato un anno di sconto di contributi alle lavoratrici.

Contributi richiesti per la pensione anticipata e speranza di vita

I contributi richiesti per la pensione anticipata dei soli versamenti sono soggetti alle variazioni della speranza di vita. Tuttavia, secondo quanto prevede il decreto numero 4 del 2019, gli adeguamenti all’aspettativa di vita sono stati sospesi fino alla fine del 2026. Ciò significa che l’aumento di 5 mesi dei contributi previsto dal 1° gennaio 2019 (al quale sarebbero seguiti ulteriori aumenti nel corso degli anni) è stato neutralizzato dal decreto che ha introdotto la quota 100.

Pensione anticipata: quando bisogna attendere per l’uscita per le finestre mobili?

A loro volta, i benefici dei mancati aumenti di contributi per l’aumentare della speranza di vita sono stati neutralizzati dal meccanismo delle finestre mobili. Infatti, fino al termine del 2018 chi aveva i requisiti in regola per uscire dal lavoro con la pensione anticipata riceveva l’assegno di pensione a partire dal mese susseguente alla maturazione dei requisiti contributivi richiesti. A partire dal 2019, il decreto numero 4 ha previsto la reintroduzione delle finestre mobili per un totale di tre mesi. Ciò significa che tra il momento in cui si può presentare domanda per la pensione anticipata perché il contribuente ha maturato i requisiti richiesti e la decorrenza dell’assegno mensile di pensione devono passare tre mesi.

Pensione anticipata, il contribuente può lavorare durante i 3 mesi delle finestre mobili?

In attesa della decorrenza dell’assegno mensile, il contribuente che ha maturato i requisiti ed ha presentato domanda di pensione anticipata può continuare a lavorare. E, pertanto, può continuare a esercitare la propria attività fino all’esaurimento dei tre mesi della finestra mobile. Terminato questo lasso di tempo, il contribuente può accedere direttamente alla pensione. È tuttavia necessario che il lavoratore dipendente cessi il proprio rapporto di lavoro. Si tratta di un requisito necessario per accedere alla pensione anticipata stessa.

Pensione anticipata contributiva: a chi spetta?

Diversa dalla pensione anticipata dei soli contributi è la pensione anticipata contributiva. Questa formula di pensione anticipata spetta solo ai lavoratori che rientrino nel sistema contributivo puro. Ciò significa che i lavoratori devono aver aperto la propria posizione contributiva a partire dal 1° gennaio 1996, altrimenti ricadrebbero nei sistemi retributivo o misto, non riconosciuti come idonei per la pensione anticipata contributiva.

Quali sono i requisiti della pensione anticipata contributiva?

La pensione anticipata contributiva necessita della maturazione di requisiti sia anagrafici che contributivi. Infatti, possono accedere a questa formula di pensione i lavoratori del contributivo puro che abbiano compiuto 64 anni di età ed abbiano versato almeno 20 anni di contributi effettivamente accreditati. Il requisito anagrafico dei 64 anni è soggetto alle variazioni e agli incrementi della speranza di vita.

Come si calcolano i contributi per la pensione anticipata contributiva?

I 20 anni di contributi per accedere alla pensione anticipata contributiva includono i soli contributi obbligatori, quelli volontari e quelli da riscatto. Non possono essere inclusi i contributi accreditati figurativamente. Dunque rimangono fuori i contributi figurativi per disoccupazione, per malattie o per prestazioni equivalenti.

Il requisito dell’importo minimo per le pensioni anticipate contributive

La pensione anticipata contributiva necessita di un ulteriore requisito consistente nell’importo calcolato dell’assegno di pensione. Infatti, l’importo mensile della pensione deve essere pari o superiore di 2,8 volte all’ammontare dell’assegno sociale. Per l’anno in corso, il valore dell’assegno sociale è pari a 460,28 euro. Tale importo deve essere moltiplicato per 2,8 volte (risultato 1.288,78 euro per il 2021) per ottenere il requisito minimo da soddisfare sul valore della pensione.

Requisito importo minimo per la pensione anticipata e per quella di vecchiaia dei 67 anni

L’importo è poco meno del doppio di quello previsto per la pensione di vecchiaia dei 67 anni. Infatti, per la vecchiaia è necessario che l’importo della futura pensione sia di 1,5 volte superiore all’assegno sociale. Dunque, 460,28 euro per 1,5 uguale 690,42 euro corrispondente all’importo minimo della pensione per il 2021 per accedere alla vecchiaia.

Pensione anticipata e quota 41 dei precoci: le differenze

Le due formule di pensione anticipata non devono essere confuse con la quota 41 dei lavoratori precoci. Quest’ultima formula di pensione anticipata è riservata ai lavoratori che abbiano 41 anni di contributi versati. L’uscita può avvenire a qualsiasi età, purché siano soddisfatti tutti i requisiti. Infatti, essendo una misura riservata ai lavoratori precoci, è necessario che almeno 12 mesi di contributi siano stati versati entro il compimento dei 19 anni.

Requisiti per la quota 41 dei lavoratori precoci

La pensioni a quota 41 dei lavoratori precoci sono soggette, altresì, a ulteriori requisiti. Oltre all’anno di contributi in età adolescenziale, infatti, è necessario che i precoci abbiano altri requisiti di ordine economico o sociale. In particolare questi requisiti sono in comune con l’Ape sociale e riguardano:

  • la situazione di essere disoccupati e aver concluso da almeno tre mesi l’indennità di disoccupazione (se spettante);
  • essere un caregiver, ovvero prendersi cura, da almeno 6 mesi, del coniuge o di un parente di primo grado con disabilità grave;
  • presentare una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%;
  • aver svolto mansioni usuranti per sei degli ultimi sette anni oppure per sette degli ultimi dieci anni di lavoro, oppure per metà della vita lavorativa prima della pensione.