Deducibilità dei contributi previdenziali anche per i familiari a carico e fondo pensione: come procedere?

Come procedere con la deducibilità dei contributi previdenziali versati per se stessi o a favore di familiari a carico nel modello 730 della dichiarazione dei redditi? Ci si riferisce sia ai contributi obbligatori che a quelli volontari. Tra questi ultimi sono inclusi anche i contributi di adesione ai fondi pensione che si possono dedurre dal reddito totale ai fini dell’Irpef. Leggiamo dunque quali sono le regole da seguire in sede di dichiarazione dei redditi, quali sono i limiti della deducibilità dei contributi e le condizioni affinché possano essere dedotti da quanto versato a favore dei familiari a carico.

Contributi previdenziali per i familiari a carico: come riportarli nel modello 730 per la dichiarazione dei redditi?

Per la deducibilità dei contributi previdenziali versati per se stessi o a favore dei familiari a carico si utilizza la Sezione II del quota E del modello 730, ai fini della dichiarazione dei redditi. In questa sezione, infatti, si possono iscrivere le spese e gli oneri ai quali si è fatto fronte durante l’anno di imposta. La condizione essenziale per la detraibilità è quella che prevede che i contributi non siano già stati inseriti dal datore di lavoro per determinare il reddito da lavoro dipendente o il reddito assimilato.

Quando è il datore di lavoro a procedere con la deducibilità dei contributi previdenziali?

In quest’ultimo caso, è il datore di lavoro a procedere con la deducibilità dei contributi previdenziali dal reddito imponibile. Le informazioni sulla deducibilità si possono leggere sulla Certificazione unica. Spetta, dunque, al contribuente procedere con una verifica della correttezza degli importi portati a deduzione rispetto agli ammontari riportati nel modello 730.

Contributi della previdenza obbligatoria e deducibilità nella dichiarazione dei redditi

Se si tratta di contributi della previdenza obbligatoria, si procede con la sottrazione dal reddito complessivo dell’importo dei contributi previdenziali obbligatori oppure volontari, versati alle varie gestioni previdenziali. La sottrazione può essere fatta fino alla concorrenza del reddito totale e anche a favore dei familiari a carico.

Familiari a carico, qual è il limite del reddito per procedere con la deduzione dei contributi?

Peraltro, sono considerati a carico (e dunque si può procedere alla deduzione dei contributi previdenziali versati a loro favore) i familiari che abbiano:

  • un reddito che non eccede i 2.840,51 euro;
  • i figli entro l’età di 24 anni che non abbiano un reddito eccedente i 4 mila euro.

Come si procede con la deduzione nel modello 730 di dichiarazione dei redditi dei contributi obbligatori versati per i familiari a carico?

Per procedere con la deduzione dei contributi obbligatori versati a favore dei familiari a carico si deve far riferimento alla Sezione II del modello 730, nel quadro E e al rigo 21. Anche in questo caso, è necessario che i contributi, volontari od obbligatori, non siano stati già dedotti dal datore di lavoro. In tale situazione, la verifica deve essere fatta confrontando quanto riportato nel modello 730 con il punto 431 della Certificazione unica. La verifica, pertanto, deve mirare a confrontare gli importi relativi a questa tipologia di oneri e ai corrispondenti importi.

Contributi volontari versati alla gestione previdenziale: quali sono e come procedere con la deducibilità?

Accanto ai contributi obbligatori versati alla gestione previdenziale, si possono dedurre anche quelli volontari. Si tratta, in particolare, dei contributi versati in via facoltativa alla gestione alla quale si appartiene e in ottica di ricongiunzione di periodi contributivi. Ma si applicano le stesse regole anche per i versamenti occorrenti per il riscatto della laurea, sia ai fini delle future pensioni che per la buonuscita. E, inoltre, nel caso di contributi versati per scelta volontaria. Rientrano tra i versamenti facoltativi anche i contributi versati dal coniuge superstite e intestati al coniuge defunto. In questo caso, si provvede a proseguire nella contribuzione a favore di eredi che possano beneficiare di trattamenti di pensione.

Quali sono i contributi previdenziali che non possono essere dedotti dalla dichiarazione dei redditi?

Non possono essere dedotti dalla dichiarazione dei redditi i seguenti contributi previdenziali:

  • importi versati all’Inps per richiedere l’abolizione del divieto di cumulo tra redditi da lavoro e pensioni di anzianità (ad esempio, quota 100 o quota 102);
  • somme versate all’Inps per regolarizzare periodi contributivi pregressi;
  • importi versati all’Inps per le sanzioni e i relativi interessi moratori dovuti per aver violato il versamento dei contributi.

Come dedurre i contributi versati al fondo pensione nella dichiarazione dei redditi?

Analogamente ai contributi obbligatori e facoltativi ai fini previdenziali, dalla dichiarazione dei redditi si possono dedurre anche i contributi versati al fondo pensione in vista della previdenza complementare. Relativamente a questa tipologia di contributi, e a differenza dei contributi obbligatori e facoltativi, il contribuente può non compilare il quadro E del modello 730 nel caso in cui non abbia contribuzione da far valere ai fini della dichiarazione dei redditi. Questa situazione si può verificare nel caso in cui mancano ulteriori contributi o premi non dedotti inerenti la previdenza complementare. In questo caso, nella Certificazione unica, al punto 413, non è riportato alcun importo.

Previdenza complementare, qual è il limite di deduzione dei contributi?

Invece, nel caso in cui il contribuente abbia pagato dei contributi alla previdenza complementare senza l’intermediazione del sostituto di imposta, risulta necessario compilare i campi del modello 730 relativi al quadro E. Il limite della deducibilità dei contributi versati al fondo pensione è di 5.174,57 euro. Nel caso in cui i contributi sono versati al fondo pensione per il tramite del sostituto di imposta, i relativi importi si ritrovano nel quadro E al rigo E 27. Il confronto si può fare con gli importi inseriti nella Certificazione unica, ai punti 412 e 413. In questo caso, i due campi si popolano se è stato riportato il codice “1” al punto 411. Infine, nel caso in cui i contributi sono stati pagati al fondo pensione senza ricorrere al sostituto di imposta, è il contribuente stesso a dover indicare l’importo dei versamenti e la relativa deducibilità.

Fondi pensione PEPP: dall’Unione Europea un nuovo strumento previdenziale

Il nostro ordinamento tende a favorire forme di previdenza complementare, soprattutto in seguito all’introduzione di nuovi sistemi di calcolo della pensione che prevedono di fatto importi minori. Proprio in forza di tale principio, il Consiglio dei Ministri n° 76 ha approvato la bozza di decreto legge per il recepimento della direttiva UE n 1238 del 2019 che prevede l’introduzione del PEPP, cioè un fondo previdenziale a contribuzione volontaria. Ecco nel dettaglio cosa sono i Fondi pensione PEPP.

Cosa sono i fondi pensione PEPP e quali vantaggi portano?

I Fondi PEPP vanno ad arricchire il panorama dei fondi previdenziali a contribuzione volontaria disponibili per gli italiani. Si tratta di piani individuali che permettono di ottenere anche deduzioni fiscali fino a un importo massimo di 5.164,57 euro . Tra le peculiarità vi è però l’impossibilità di versare nel fondo PEPP il Trattamento di Fine Rapporto. Trattandosi di un prodotto paneuropeo è caratterizzato dalla portabilità, cioè la possibilità di avvalersene in tutti i Paesi dell’Unione Europea. Questa caratteristica rende i fondi PEPP particolarmente interessanti soprattutto per i giovani che stanno sperimentando negli ultimi anni la mobilità nel lavoro.

In secondo luogo può essere distribuito da un’ampia platea di soggetti come compagnie assicurative, banche, società di investimento, fondi pensione professionali, gestori patrimoniali).

Caratteristiche dei PEPP

In base allo schema di decreto legislativo adottato dopo aver sentito Consob, COVIP, IVASS e Banca d’Italia, sarà il COVIP a dover ricevere le domande per la registrazione dei Fondi PEPP. In pratica gli enti prima visti, ad esempio le compagnie di assicurazione, che vogliono creare un fondo PEPP dovranno rivolgersi al COVIP ( Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione), presentare il loro progetto e attendere l’autorizzazione. Una volta ottenuta, potranno “lanciare” il prodotto e quindi accogliere i clienti, cioè i soggetti interessati al piano di previdenza complementare PEPP. Sempre il Covip condurrà le attività di monitoraggio.

Saranno i fornitori dei servizi ( ad esempio banche e compagnie di assicurazione) a delineare, nell’ambito dello schema delineato nel decreto di attuazione, le peculiarità del Fondo. Questo potrà prevedere l’erogazione di rendite, l’erogazione del capitale in unica soluzione, il prelievo dei fondi in base alle necessità oppure un sistema misto che preveda tali diverse opzioni, ad esempio l’erogazione di una quota iniziale e poi una rendita mensile.

Vantaggi dei fondi pensione PEPP

Si è già detto che è possibile portare in deduzione i versamenti effettuati dai redditi fino a un massimo di 5.164,57 euro, inoltre il rendimento dei fondi pensione viene tassato con un’aliquota agevolata al 20%. Ricordiamo che l’aliquota base Irpef è al 23% mentre l’aliquota per le rendite finanziarie è al 26% ( fanno eccezione i titoli di Stato ed equiparati con tassazione al 12,50%).

Tra i vantaggi offerti dai fondi pensione PEPP vi è la possibilità per il titolare di chiedere un anticipo sulle somme, questo però solo in casi stabiliti e in particolare per:

  • spese sanitarie straordinarie e improvvise ( può essere chiesto in qualunque momento e l’importo massimo è il 75%);
  • acquisto della prima casa per sé o per i figli, ma in questo caso si può chiedere l’anticipo solo trascorsi 8 anni dall’adesione e sempre nel limite del 75% degli importi maturati;
  • per ulteriori esigenze, anche in questo caso solo dopo 8 anni dalla sottoscrizione e nel limite del 30%.

Si può procedere al versamento nel fondo PEPP anche dopo aver raggiunto l’età pensionabile, ma solo nel caso in cui al raggiungimento della stessa il fondo sia già aperto da un anno. Inoltre i pensionati che entro 5 anni raggiungeranno l’età per la pensione di vecchiaia prevista dal loro regime di appartenenza, potranno richiedere una rendita integrativa anticipata  (RITA) fino al raggiungimento di tale età. Per accedere a questo beneficio, utile ad esempio nel caso di perdita del lavoro, è necessario aver versato almeno 20 anni di contribuzione nella gestione di appartenenza.

Deduzione Irpef per la previdenza complementare, vantaggi e limiti

Continuiamo la disamina degli strumenti che possono consentire un risparmio sull’Irpef parlando delle deduzioni per i versamenti in favore della previdenza complementare.

Previdenza complementare: perché viene agevolato l’accesso ad essa?

Le varie riforme del sistema pensionistico adottate dall’Italia hanno portato nel tempo a una vistosa riduzione dell’assegno di pensione che si può maturare. Proprio per questo il legislatore auspica un sempre più frequente uso della previdenza complementare in modo da integrare l’assegno pensionistico maturato e mantenere l’autosufficienza economica anche dopo aver cessato il lavoro. Tra i sistemi adottati per incentivare il ricorso a forme di previdenza complementare vi sono le deduzioni Irpef.

L’articolo 10 comma 1 lettera e-bis del TUIR stabilisce che sono deducibili ai fini Irpef gli importi versati alle forme pensionistiche complementari. Ricordiamo che la deduzione agisce sulla base imponibile. Sono quindi determinati prima i redditi imponibili, poi alla loro somma sono sottratti gli oneri deducibili. Si ottiene quindi la nuova base imponibile su cui viene calcolata l’imposta. Di conseguenza è come se tali somme non fossero entrate nella disponibilità del contribuente.

Quali sono i fondi complementari che consentono di avere la deduzione Irpef?

In primo luogo è bene chiarire quali sono i fondi complementari che possono accedere alla deduzione. Si tratta di:

  • Fondi pensione negoziali anche denominati fondi chiusi ( si può aderire entro un lasso di tempo):
  • fondi pensione aperti ( si può aderire in qualunque momento):
  • contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziali.

I fondi previdenziali che danno luogo all’agevolazione fiscale possono essere individuali, quindi stipulati dal singolo soggetto, oppure collettivi, ad esempio quelli organizzati per una categoria di lavoratori ( metalmeccanici) a cui i singoli lavoratori possono aderire o meno.

Chi può aderire a forme di previdenza complementare?

Possono aderire alle forme di previdenza complementare i lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato. Inoltre possono accedere anche i lavoratori con contratto:

  • di somministrazione;
  • intermittente;
  • ripartito;
  • part time;
  • apprendistato;
  • occasionale;
  • lavoratori a progetto;
  • infine, possono aderire i soci lavoratori di cooperative.

Le forme pensionistiche complementari prevedono la costruzione di una pensione ulteriore rispetto a quella maturata con i contributi versati, attraverso dei versamenti volontari. Al momento dell’accesso al fondo viene aperta una posizione alimentata dai fondi versati e dagli interessi che derivano dagli investimenti eseguiti dal gestore dei fondi. I lavoratori possono alimentare il fondo anche attraverso la devoluzione al fondo stesso del TFR maturato. Non è obbligatorio versare il TFR nel fondo di previdenza complementare, ma se lo si fa, lo stesso non contribuisce a raggiungere la soglia massiam di deduzione che a breve vedremo.

In base alla normativa i lavoratori sono liberi di versare le somme che desiderano in tali fondi. Nel caso in cui aderiscano a fondi collettivi, ad esempio quelli di categoria, i contratti e gli accordi collettivi possono stabilire una contribuzione minima all’alimentazione del fondo. La misura minima può essere fissa oppure può variare in base alla categoria dei lavoratori.

Misura della deduzione Irpef per fondi di previdenza complementare

E’ possibile dedurre dall’imponibile i contributi versati nei fondi pensione che abbiamo visto in misura massima di 5.164,57 euro, quindi è possibile ridurre la base imponibile del relativo importo.

I versamenti superiori contribuiscono ad alimentare il fondo pensione, possono dar luogo a rendimenti maggiori ma non possono essere portati in deduzione al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi e quindi non contribuiscono a ridurre l’Irpef.

Le regole sulla deduzione Irpef per i fondi di previdenza complementare sono in parte diverse per i lavoratori del settore pubblico, infatti per loro la misura massima della quale è possibile avvalersi del vantaggio fiscale è riconosciuta nel minore importo tra il 12% della retribuzione e 5.164,57 euro.

Il risparmio che si può ottenere dipende da diversi fattori, tra cui lo scaglione Irpef nel quale si rientra e gli importi che sono versati al fondo di previdenza complementare. Maggiore è l’aliquota applicata e maggiore è il risparmio di imposta che si può ottenere. Naturalmente nel caso in cui un soggetto sia incapiente e quindi non debba versare l’Irpef, ad esempio se si colloca nella No Tax Area identificata in 8.500 euro, oppure possa far valere altre deduzione e altre detrazioni che vanno ad azzerare gli importi dovuti, il risparmio non matura. In ogni caso avere una forma di previdenza complementare aiuta ad avere un importo pensionistico mensile futuro maggiore.

Altri vantaggi fiscali dell’adesione a un fondo di previdenza complementare

A questo punto è bene ricordare che i vantaggi fiscali derivanti dall’adesione a una forma di previdenza complementare non finiscono qui. La quota di rendita pensionistica, o di capitale, che deriva dai contributi non dedotti fiscalmente è esente dalle imposte. Per poter accedere a tale diritto il contribuente entro il 31 dicembre di ogni anno successivo rispetto a quello in cui ha maturato il beneficio deve comunicare alla forma pensionistica le quote di versamenti per i quali non accede ai benefici fiscali. Ad esempio, per i versamenti dell’anno 2021, entro il 31 dicembre 2022 deve comunicare al gestore del fondo le quote dei versamenti per i quali non ha usufruito delle deduzioni.

Deve essere, infine, sottolineato un ultimo aspetto: è possibile portare in deduzione anche i versamenti alle forme di previdenza complementare effettuati in favore di un proprio familiare fiscalmente a carico. Ad esempio se il coniuge nell’arco dell’anno matura redditi bassi che quindi lo portano ad essere a carico dell’altro coniuge, lo stesso può dedurre versamenti ai fondi pensione dedicati al coniuge con reddito basso.

Ultime informazioni

I contributi versati alle forme di previdenza complementare devono essere indicati nella dichiarazione 730 nel quadro RP.

I rendimenti dei fondi pensione sono però tassati, ma godono di una tassazione agevolata. I rendimenti sono gli incrementi di valore determinati dagli investimenti effettuati dal gestore del fondo. Gli stessi sono tassati al 20% , a differenza dell’aliquota solitamente applicata per i rendimenti finanziari che solitamente è al 26%. Nel caso in cui il fondo preveda investimenti in titoli di Stato, i rendimenti da questi generati sono tassati al 12,5%.

Per maggiore comodità inseriamo gli approfondimenti sulle altre deduzioni e detrazioni che si possono  fare valere in sede di dichiarazione dei redditi.

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Pensione integrativa anche ai professionisti e lavoratori autonomi da aprile 2022

In arrivo le pensioni integrative anche ai liberi professionisti e ai lavoratori autonomi. La sottoscrizione alla previdenza complementare sarà possibile a partire dal mese di aprile 2022. La decisione è stata presa dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) sulla possibilità di accesso, per le partite Iva, all’integrazione della previdenza complementare con Fon.te. Si tratta di un fondo pensione già attivo a favore dei dipendenti delle imprese del settore terziario.

Previdenza complementare, per la pensione integrativa dei professionisti e partite Iva c’è Fon.te

Il fondo pensione Fon.te nei giorni scorsi ha diffuso la comunicazione della possibilità di adesione alla pensione complementare anche per i liberi professionisti e i lavoratori autonomi. Nell’informativa si legge che “Fon.Te, il Fondo pensione complementare per i dipendente da aziende del terziario, estende la platea a tutti i liberi professionisti e lavoratori autonomi che si trovano a lavorare nei settori di interesse del Fondo. A partire da aprile 2022, grazie all’approvazione della Commissione di Vigilanza sui Fondi pensione (Covip), i commercianti potranno integrare la propria pensione aderendo a Fon.te, il terzo fondo negoziale italiano per numero di iscritti”.

Fondo pensione, i vantaggi dell’adesione con obiettivo la previdenza complementare

L’adesione alla previdenza complementare comporta il vantaggio di poter costruire una pensione futura aggiuntiva. L’obiettivo è quello di di incrementare, in modo significativo, il livello delle prestazioni pensionistiche, una volta usciti dal mondo del lavoro. Dai dati del fondo pensione, l’adesione dei lavoratori del settore terziario alla termine del 2021 era in numero di 9.745 milioni. Nello scorso anno il fondo pensione ha aumentato il numero di iscritti di oltre 400 mila aderenti rispetto al 2020. Le risorse destinate ai trattamenti previdenziali a fine 2021 ammontavano a 212.6 miliardi di euro, in crescita di circa 15 miliardi rispetto al 2020. In aumento, nello scorso anno, anche gli incassi dei contributi da fondi negoziali, Pip e fondi pensione aperti. In tutto, gli aumenti sono stati di 13,3 miliardi di euro, circa 900 milioni in più rispetto al 2020.

Fondi pensione, come aderire alla previdenza complementare?

Per aderire al fondo pensione Fon.te. si può procedere in maniera esplicita o tacitamente. L’adesione esplicita comporta la consegna al dipendente della parte I della Nota Informativa (“Le informazioni chiave per l’aderente”) e l’Appendice informativa sulla sostenibilità. Dopo averne preso visione, l’aderente dovrà procedere con la compilazione del Modulo di adesione. L’adesione tacita si realizza quando il dipendente, dopo 6 mesi dall’assunzione, non abbia manifestato alcuna volontà in merito alla destinazione del Trattamento di fine rapporto maturato.

Come si aderisce a un fondo pensione versando il Trattamento di fine rapporto e un contributo aggiuntivo?

In attesa di maggiori indicazioni dal fondo pensione per l’adesione alla previdenza complementare ai liberi professionisti e ai lavoratori autonomi, è necessario specificare che se il lavoratore abbia già scelto di destinare il Trattamento di fine rapporto (Tfr) al fondo pensione è necessario compilare il Modulo di adesione. Il documento contiene una prima parte di dati anagrafici; l’indicazione se si aderisce a un altro fondo pensione da indicare; la scelta del comparto di investimento; la modalità di adesione.

Modalità di adesione al fondo pensione: come procedere con il versamento del Tfr?

Per quest’ultimo punto, si può chiedere di aderire con il solo versamento del Trattamento di fine rapporto (Tfr); oppure oltre al Tfr, si può contribuire con un versamento minimo a carico del lavoratore stabilito da contratto. Quest’ultimo dà diritto al contributo da parte del datore di lavoro. Infine si può aderire versando, oltre al Trattamento di fine rapporto, anche un contributo diverso dal minimo stabilito dal contratto, nella percentuale desiderata dal sottoscrivente.

Fondi pensione: quale scelta in base al tasso di rendimento?

Quale scelta dei fondi pensione si può fare in base ai tassi di rendimento? I contribuenti che siano interessati ad aderire e a sottoscrivere prodotti di pensione integrativa, spesso si imbattono in termini e in condizioni differenti a seconda delle compagnie assicurative. Anche la valutazione dei costi e delle performance, prima tra tutte i tassi di rendimento, variano a seconda dell’offerta delle varie soluzioni. A tal proposito è utile prestare attenzione alle tabelle di conversione.

Fondi pensione, la scelta in base ai tassi di rendimento: le tabelle di conversione

Quando si guardano le tabelle di conversione delle varie offerte relative ai fondi pensione ci si può imbattere in differenze anche notevoli. Si può andare dallo 0,22% fino allo 0,65%, ad esempio. La differenza induce a pensare che vi siano fondi pensione con rendimenti del triplo rispetto ad altri. In questi casi, la corretta lettura delle tabelle di conversione risulta estremamente decisiva. Ma, soprattutto, quando è utile prendere visione delle tabelle? Al momento della sottoscrizione della previdenza complementare oppure è necessario tenere sott’occhio quelle pubblicate nel tempo dalle compagnie assicurative?

Tassi di rendimenti del fondo pensione, la corretta informazione al momento della sottoscrizione

Il tasso di rendimento nel caso dei fondi pensione diviene dunque decisivo nella scelta dei contribuenti. Si potrebbe pensare, anche durante il pagamento dei contributi, di spostare i capitali da un fondo verso un altro che detiene dei valori di conversione più convenienti. Ma, per molti sottoscrittori, la durata di permanenza nel fondo pensione è piuttosto lunga. Cosa avverrà ai rendimenti da qui a 30 anni? Per tutti questi dubbi, ciò che veramente risulta decisivo è la corretta informazione al contribuente al momento della sottoscrizione del fondo pensione. L’informazione è utile anche per i casi di portabilità della previdenza integrativa dei fondi pensione.

Fondi pensione e rendite al momento del pensionamento

La rendita dei fondi pensione è un punto cruciale di tutta la previdenza complementare. Il contribuente versa ai fondi pensione i propri risparmi, anche per anni, ma alla fine potrebbe ottenere un risultato di gran lunga inferiore rispetto alle aspettative. Al momento del pensionamento, infatti, la pensione di scorta potrebbe avere un’entità di poche decine di euro. E questo non sempre dipende dall’esiguo montante versato negli anni al fondo pensione. Spesso può dipendere alle rendite maturate su quanto versato e sulla tipologia delle rendite.

Fondi pensione: le diverse formule di rendita della previdenza complementare

Cruciale è dunque l’informazione sulle diverse forme di rendita dei fondi pensione. La prima rendita è quella vitalizia, non reversibile, che va a estinguersi con la premorienza del sottoscrittore andato in pensione. Ma esiste anche la rendita reversibile, la seconda formula di rendimento, che consente il pagamento immediato della rendita al sottoscrittore fino al momento in cui resta in vita. Tale rendita si può trasmettere, per intero o per la rimanente parte, al beneficiario designato, detto reversionario, purché superstite.

Pensione integrativa: l’integrazione della rendita certa per 5 o 10 anni, poi vitalizia

Dai fondi pensione deriva anche la terza rendita certa, quella per cinque o per dieci anni, che poi diviene vitalizia. Tale rendita permette al sottoscrittore di ottenere il pagamento di una rendita, nel periodo dei cinque o dei dieci anni di certezza, al sottoscrittore che va in pensione da lavoro. E tale rendita si può trasmettere ai beneficiari designati nel caso di premorienza del sottoscrittore ma nell’arco del periodo indicato. Nel momento in cui scadono i 5 o i 10 anni, infatti, la rendita diventa dunque vitalizia se il sottoscrittore risulta ancora in vita. Diversamente, si estingue se il sottoscrittore muore.

Previdenza integrativa, quando si ha la restituzione del montante residuale del fondo pensione?

Un’altra formula di rendita dei fondi pensione è quella relativa alla restituzione del montante residuale. Si tratta del caso della controassicurata. Questa formula permette al sottoscrittore di vedersi pagata una rendita fino al momento in cui rimanga in vita. Nel momento in cui dovesse venire a mancare, la rendita verrebbe versata ai beneficiari sotto forma di capitale residuo. Tale capitale risulta dalla differenza tra il montante rivalutato e le rate già corrisposte e si può ottenere anche come pagamento frazionato e periodico.

Fondi pensione, quando scegliere la rendita vitalizia Long term care (Ltc)?

Si può arrivare a scegliere, nel caso di sottoscrizione ai fondi pensione, la rendita vitalizia Long term care (Ltc). Si tratta di una rendita che assicura il pagamento immediato al sottoscrittore, fino al momento in cui rimane in vita. La rendita raddoppia di valore nel caso in cui al sottoscrittore sopraggiungano eventi di non autosufficienza. Il raddoppio vale per tutto il permanere dell’evento stesso. La rendita va a estinguersi con la morte del sottoscrittore.

Fondi pensione, quale scelta per la futura previdenza integrativa?

Dall’analisi delle differenti formule di rendite assicurate dei fondi pensione, è chiaro che il solo riferimento al valore del rendimento non è sufficiente nella scelta. Non lo è nel momento in cui si prendano in esame i soli indici di rendimenti trascurando tutti i diversi fattori legati al tipo di rendita. Infatti, la tipologia di opzione della rendita, il tasso tecnico e i costi fanno in modo che non sia paragonabile un prodotto previdenziale rispetto a un altro senza tener conto dei diversi fattori.

Fondi pensione, si possono effettuare modifiche dei coefficienti di conversione della rendita integrativa?

Una garanzia per il sottoscrittore, dato il lungo termine di permanenza che si può avere in un fondo pensione, è rappresentata dal fatto che le compagnie assicuratrici non possono, nei 3 anni antecedenti il pensionamento del sottoscrittore stesso, procedere con la modifica dei coefficienti di conversione della rendita per chi ha aderito al fondo pensione. Possibile modifiche dei fondi pensione e dei rendimenti, sulla base di indici demografici e finanziari, possono aversi solo se si verificano specifiche condizioni. Tali condizioni sono previste dalla normativa in materia di stabilità delle compagnie assicuratrici, ragione per la quale la corretta informazione al sottoscrittore risulta decisiva prima della firma del prodotto.

Cosa è utile sapere nel caso di modifiche della rendita dettata da basi demografiche e finanziarie dei fondi pensione

Suddette modifiche, infine, non possono produrre effetti ai sottoscrittori che inizino a percepire la rendita nei 3 anni susseguenti alle modifiche stesse. In più, durante la fase di erogazione della rendita, le compagnie assicuratrici non possono procedere con la modifica delle basi demografiche usate per calcolare i coefficienti di conversione in rendita.

Quali tasse si pagano sui fondi per il Trattamento di fine rapporto

Sulle rivalutazioni dei fondi per il Trattamento di fine rapporto (Tfr) ci sono in Italia delle tasse da pagare? La risposta è affermativa visto che l’ente pensionistico, o il datore di lavoro, è chiamato a versare un’imposta che è sostitutiva delle imposte sui redditi.

In particolare, a partire dall’1 gennaio del 2015, l’aliquota per questa imposta è pari al 17%, mentre in precedenza era pari all’11%. Su quali tasse si pagano sui fondi per il Trattamento di fine rapporto, quindi, andiamo ad approfondire il tutto. Includendo pure i casi come quelli legati, invece, alla scelta del lavoratore di destinare il proprio Tfr alla previdenza complementare.

Quando è come si paga l’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni fondi per il Tfr

Il datore di lavoro o l’ente pensionistico è chiamato a versare l’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni dei fondi per il Trattamento di fine rapporto utilizzando il modello F24. Con il pagamento che avviene in due step. Precisamente, entro il 16 dicembre il versamento dell’imposta sostitutiva a titolo di acconto, e poi il saldo entro il 16 febbraio dell’anno successivo in accordo con quanto si legge sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.

L’acconto da versare ogni anno a dicembre, per l’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni dei fondi per il Tfr, può essere determinato utilizzando a scelta due metodi alternativi. Ovverosia, il calcolo con il metodo storico. Oppure il calcolo utilizzando il metodo previsionale. Mentre l’importo da versare per il saldo, a febbraio, sarà poi chiaramente calcolato al netto delle somme che sono state già corrisposte a titolo di acconto.

Niente imposta sostitutiva se il Tfr finisce nella previdenza complementare

Lo scenario cambia invece quanto il lavoratore ha destinato il proprio Tfr ad una forma pensionistica complementare. In tal caso, infatti, essendo i fondi per Trattamento di fine rapporto destinati ad una forma pensionistica complementare, l’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni non ha motivo di esistere e, quindi, in questo caso, non è dovuta.

Come avviene la rivalutazione dei fondi per il Trattamento di fine rapporto

Alla fine di ciascun anno, o nel momento in cui si verifica la cessazione del rapporto di lavoro, il Tfr accantonato è soggetto a rivalutazione in base ad un apposito coefficiente. Precisamente, la rivalutazione si compone di un tasso calcolato in misura fissa, e di un tasso variabile. Che corrisponde al 75% dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevato proprio dall’Istituto Nazionale di Statistica.

L’indicatore dei prezzi al consumo è sempre quello di dicembre anno anno su anno. Pur tuttavia, in caso di rivalutazione del Tfr per cessazione del rapporto di lavoro, l’indice dei prezzi al consumo per la rivalutazione sarà quello del mese in corrispondenza del quale l’interruzione del rapporto di lavoro si è verificata.

Buoni fruttiferi postali per i minori: convenienza e quanto si ricava dall’investimento

Quali potrebbero essere i migliori investimenti a favore dei figli o dei nipoti minorenni? Previdenza complementare a parte, che sicuramente offre delle soluzioni vantaggiose anche dal punto di vista della deducibilità fiscale, i buoni fruttiferi postali potrebbero avere la maggiore convenienza dal punto di vista dei rendimenti e della fiscalità. In generale, i tassi di rendimento non sono allettanti come nel passato, ma investire in buoni fruttiferi postali permette sicuramente l’investimento con i maggiori margini di guadagno.

Buoni fruttiferi postali dedicati ai minori: cosa sono?

I buoni fruttiferi postali sono uno strumento finanziario dedicato ai più giovani. Più esattamente possono essere sottoscritti a favore di beneficiari che abbiano da zero a 16 anni e sei mesi. Sono titoli emessi dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp) e collocati sul mercato dalle Poste Italiane. Uno dei vantaggi è l’importo che si può sottoscrivere. L’investimento, infatti, parte da 50 euro al mese e non ci sono costi o commissioni né quando si va a sottoscrivere il buono e nemmeno per in fase di rimborso. La sottoscrizione può essere su carta oppure dematerializzata.

I rendimenti dei buoni fruttiferi postali

Per quanto concerne i rendimenti è da precisare che, in un mercato di strumenti finanziari che non offrono grandi risultati, quello dei buoni fruttiferi postali rappresenta senz’altro uno dei più allettanti. La serie attuale di collocamento (TF118A200128 datata 23 novembre 2020) ha un rendimento fisso che cresce nel tempo. La crescita dipende dagli anni mancanti per il compimento della maggiore età del beneficiario intestatario del titolo. Dunque è necessario verificare quanti anni manchino al compimento dei 18 anni del figlio o dei nipoti. Il rendimento minimo è dello 0,5% sul quale si applica la riduzione del 12,5% delle tasse. Il netto, pertanto, è dello 0,44%. Il massimo del rendimento all’anno è del 2,5%. Anche in questo caso, al netto delle tasse del 12,5%, il rendimento effettivo è del 2,24%.

Interessi che maturano sui buoni fruttiferi postali: quale tassazione?

Sugli interessi che maturano sui buoni fruttiferi postali è applicata la fiscalità agevolata pari al 12,5%. C’è da pagare l’imposta di bollo, ad oggi di 34,20 euro fissi annui, nel caso in cui il valore del rimborso del titolo sia maggiore di 5 mila euro.

Meglio i buoni fruttiferi postali o i Buoni del Tesoro pluriennali (Btp)?

Ad oggi il rendimento dei buoni fruttiferi postali supera quello dei Buoni del Tesoro pluriennali (Btp). Alla medesima durata dell’investimento , un Buono del Tesoro pluriennale è dell’1,5% al lordo delle imposte, pari all’1,30% netto. Circa un punto percentuale netto in meno rispetto al massimo che si può ottenere dai buoni fruttiferi postali che possono arrivare al 2,24%. Per i buoni intestati ai minori è necessario prestare attenzione nel caso in cui si chieda il rimborso prima della scadenza. Per incassarli prima bisogna rivolgersi al giudice tutelare.

Altre formule di risparmio per i figli: libretti di risparmio

Esistono altre formule di risparmio per i figli: si va dai piani di accumulo ai libretti di risparmio, dalle polizze alla pensione integrativa. I libretti di risparmio assicurano l’accumulo di somme alle Poste Italiane oppure in banca mediante depositi a favore dei minorenni. Il deposito nel libretto di risparmio può essere libero, e dunque senza vincoli di tempo per quanto concerne i prelievi, oppure vincolato. In questo ultimo caso, quanto depositato rimane bloccato fino a una determinata scadenza.

Vantaggi, svantaggi e rendimenti del libretto di risparmio

L’apertura di un libretto di risparmio permette a chi versa (di norma i genitori) di poter investire poco alla volta e senza una cadenza determinata. I vantaggi consistono nel fatto che non ci sono costi né per aprire un libretto di risparmio, né per la gestione. A fronte dei vantaggi, è importante dire che il tasso di interesse applicato al libretto di risparmio è relativamente basso. Non può essere considerato, pertanto, uno strumento dal quale attendere rendimenti simili a quelli dei buoni fruttiferi postali.

Piani di accumulo: strumento di risparmio che però ha dei costi

Si può optare per i piani di accumulo (Pac) a favore dei minorenni. Si tratta di strumenti finanziari con i quali si versano delle quote di capitale in maniera periodica. Tra i vantaggi c’è proprio quello di poter gestire i versamenti, anche partendo da piccole somme. E la gestione dello strumento permette anche di basare le proprie spese per arrivare a mettere da parte la somma da versare. Per i piani di accumulo, tuttavia, ci sono da pagare dei costi, come quello di apertura o di chiusura anticipata, e i diritti fissi sui versamenti effettuati.

Le polizze assicurative: i vantaggi dell’investimento per il futuro dei minorenni

Una delle possibilità offerte dal mercato finanziario per risparmi che andranno a vantaggio del minorenne sono le polizze assicurative. Gli strumenti, in ambito assicurativo, sono vari. Tra questi particolare importanza rivestono le polizze vita rivalutabili. Sono strumenti compresi nel ramo I. Le polizze, pur avendo dei costi di gestione, offrono vantaggi dal punto di vista del risultato, con relativa copertura assicurativa. Inoltre, i premi pagati per la polizza sono detraibili fiscalmente al 19%, fino al limite di 530 euro all’anno. Particolarmente mirati sono anche i vantaggi dell’impignorabilità della polizza e della detassazione ai fini della successione.

 

Pensioni integrative, vantaggi e rischi dell’adesione al fondo previdenziale

Le pensioni integrative, oltre a rappresentare una soluzione per mantenere il tenore di vita che si ha durante gli anni di lavoro, rappresentano anche un’opportunità di risparmio e di differenti vantaggi. Infatti, in vista di mantenere un livello di reddito simile a quello che si ha durante lo svolgimento del lavoro, la previdenza complementare va a integrare la futura pensione obbligatoria. Ma, durante gli anni in cui si effettuano i versamenti al fondo pensione, è possibile ottenere dei contributi dal proprio datore laddove sia previsto dal contratto di lavoro.

Reversibilità della pensione integrativa: a chi spetta?

Tuttavia, il fatto di poter disporre di una futura pensione aggiuntiva non rappresenta l’unico vantaggio riservato a chi investe nella previdenza complementare. Innanzitutto, la stessa pensione integrativa è reversibile al coniuge o agli eredi indicati dal sottoscrittore. Ma anche nella fase di accumulo del risparmio, il capitale può essere riscattato in un’unica soluzione dagli eredi designati dal sottoscrittore.

Previdenza complementare, la possibilità di scegliere la prestazione pensionistica

Ulteriore vantaggio spettante a chi investe nella previdenza complementare è la possibilità di scegliere il tipo di prestazione da ricevere dal fondo pensione stesso. Infatti, a seconda delle esigenze del sottoscrittore, è possibile richiedere tutto il capitale versato in un’unica soluzione nei casi previsti dalla legge oppure riceverne la metà, lasciando il rimanente alla rendita integrativa mensile. Se non si richiede parte o tutto il capitale, la rendita mensile andrà a integrare la pensione garantendo un tenore di vita simile a quello goduto durante gli anni di lavoro e di accumulo.

Flessibilità dell’investimento del risparmio nei fondi pensione: sospensione e riduzione importi

Tra i vantaggi di investimento del risparmio in un fondo pensione c’è la possibilità di accumulare con una certa flessibilità. Ciò significa che è possibile sospendere oppure modificare gli importi o la periodicità con la quale si effettuano i versamenti nella fase di accumulo. In caso di sospensione si possono riattivare i versamenti senza subire delle penalizzazioni.

Si può richiedere parte dei soldi versati al fondo pensione durante la fase di accumulo?

Il sottoscrittore del fondo pensione può anche richiedere una parte delle somme risparmiate e accantonate nel fondo pensione. Si tratta di eventi normalmente determinati da esigenze improvvise legate alle situazioni familiari, come ad esempio un’imprevista spesa sanitaria. Ma anche per ragioni lavorative, come può succedere nel caso del licenziamento. Ulteriori somme possono essere anticipate dal fondo per l’acquisto della prima casa.

Previdenza complementare, il vantaggio della deducibilità fiscale delle somme versate al fondo pensione

Tra i vantaggi dell’adesione alla previdenza complementare sono da inserire quelli fiscali. Infatti, i contributi che il sottoscrittore versa al fondo pensione sono deducibili dai redditi Irpef fino a un massimo di oltre 5.160 euro all’anno. Pertanto, nella fase di accumulo del risparmio nel fondo pensione si pagano da subito meno imposte sui redditi. Entro lo stesso limite si può sfruttare la deduzione anche sui versamenti effettuati a vantaggio dei familiari a carico fiscalmente. Inoltre, la pensione integrativa è tassata con un’aliquota che varia dal 15% al 9%: la percentuale scende a seconda degli anni in cui il sottoscrittore ha partecipato al fondo pensione.

Quali sono i rischi per il sottoscrittore di un fondo pensione?

Tuttavia, l’investimento dei propri risparmi nel fondo pensione non è esente da alcuni rischi. Questi ultimi sono relativi alla possibilità che la pensione complementare che si ottiene quando si esca dal lavoro risulti insufficiente rispetto alle aspettative del sottoscrittore. In particolare può risultare che i versamenti effettuati e la durata del periodo in cui il sottoscrittore ha partecipato al fondo pensione non siano adeguati.

Il rischio di sbagliare investimento nell’adesione al fondo pensione

Può capitare, inoltre, che la linea di investimento che il sottoscrittore del fondo pensione ha scelto risulti non adeguata e ottimale rispetto all’età del sottoscrittore stesso o al suo profilo. Infatti, al momento dell’adesione al fondo, il sottoscrittore sceglie come il fondo pensioni debba investire i propri risparmi se in titoli azionari, obbligazionari oppure se adottare una soluzione intermedia. Nel caso di un sottoscrittore agli ultimi anni di lavoro vengono consigliate, di norma, soluzioni non troppo remunerative ma poco rischiose.

Adesione al fondo pensione: il rischio di costi alti o di impossibilità di utilizzo di quanto accantonato

Possono verificarsi altri rischi legati all’adesione a un fondo pensione. Innanzitutto che il fondo scelto applichi dei costi troppo elevati rispetto al profilo del sottoscrittore. Oppure che vengano previste delle limitazioni nell’uso delle somme accantonate e, dunque, che l’utilizzo possa essere consentito solo per specifiche finalità. Importante poi, per un sottoscrittore, controllare che non sia prevista l’irrevocabilità della scelta di aderire alla previdenza complementare.

Previdenza complementare, il rischio di non avere informazioni sui prodotti di investimento

Infine, è sempre bene ricevere tutte le informazioni in maniera dettagliata prima di aderire al fondo pensione. Può capitare, infatti, di ricevere delle informazioni insufficienti per capire correttamente il funzionamento del fondo pensione e le sue finalità. Nella fase di sottoscrizione, inoltre, è indispensabile che al soggetto vengano fornite tutte le informazioni sui prodotti di investimento presenti sul mercato.

Fondi pensione, quali sono i documenti informativi per l’adesione e quale investimento scegliere?

Prima di aderire a un fondo pensione è importante leggere attentamente tutta la documentazione informativa che il fondo stesso mette a disposizione dei nuovi sottoscrittori. Inoltre risulta utile compilare il Questionario di autovalutazione. Con questo strumento l’interessato, prima di aderire al fondo, può scoprire quanto ne sappia della previdenza complementare e quali potrebbero essere le linee di investimento più adatte alle proprie esigenze.

Cosa contiene il Questionario di autovalutazione della previdenza complementare?

Le domande contenute nel Questionario di autovalutazione permettono inoltre di fare un’analisi sulla capacità di risparmiare del sottoscrittore del fondo pensione. È importante rispondere esattamente alle domande contenute per tracciare anche un orizzonte temporale che separa il sottoscrittore dalla pensione stessa. Infine, per il tipo di investimento da perseguire con la pensione complementare, il Questionario permette anche di dare importanti indicazioni sulla propensione al rischio. Con le risposte al Questionario, e in base al punteggio ottenuto, si può avere un profilo del sottoscrittore e della soluzione più idonea per l’adesione al fondo.

Adesione alla previdenza complementare, quali sono i documenti informativi?

Prima di aderire alla previdenza complementare, all’interessato verranno consegnati vari documenti. In primis, le informazioni chiave per l’aderente, documento che spiega in modo semplice quali siano le più importanti caratteristiche della formula previdenziale. In questo documento sono riportate le informazioni sulle linee di intervento, sui costi, sui rendimenti che sono stati raggiunti nei passati anni. Inoltre, nel documento è presente la Scheda dei costi. Si tratta di un foglio riepilogativo di tutte le spese che dovranno essere sostenute dall’aderente durante la sua partecipazione al fondo pensione.

Quale pensione si può ottenere dalla previdenza complementare?

È ovvio che il sottoscrittore di un fondo voglia sapere anche quale sarà il risultato della sua adesione alla previdenza complementare. Per quante informazioni è indispensabile prendere visione del documento “La mia pensione complementare“. Qui si trovano le stime della pensione integrativa che si potrà ricevere nel momento in cui si va in pensione da lavoro. La stima della pensione integrativa viene fatta attraverso calcoli, ipotesi e simulazioni definiti dalla Commissione di Vigilanza sul Fondi Pensione (Covip).

Quale linea di investimento scegliere per la previdenza complementare?

La previdenza complementare ha diverse linee di investimento corrispondenti a differenti combinazione di rischio e di rendimento. Chi è interessato ad aderire a un fondo pensione può scegliere la linea di investimento che maggiormente soddisfa le proprie aspettative prendendo in esame comparti differenti tra loro. Si può optare su una linea di investimento garantita che offra garanzie di rendimento minime o di restituzione di quanto versato al verificarsi di specifici eventi come, ad esempio, l’uscita dal lavoro per il pensionamento. Ma si può optare per linee di investimento obbligazionarie, con destinazione dei risparmi principalmente in obbligazioni, o azionarie, con investimento principalmente in azioni. Infine si può scegliere una linea bilanciata, che permetta un investimento nella stessa percentuale in obbligazioni e in azioni.

Opzioni da considerare nella scelta del tipo di investimento della previdenza complementare

La varietà di possibilità di investimento dei propri risparmi nella previdenza complementare implica dunque la conoscenza delle varie opzioni. La scelta, infatti, definirà la propria esperienza con il fondo pensione e, in particolare, con l’investimento stesso in termini di durata dell’adesione e di combinazione tra rendimenti e rischi. Proprio rendimenti e rischi possono essere valutati in base al periodo di tempo nel quale si decide di fare l’investimento e dunque sul come il sottoscrittore impiegherà le proprie risorse future. Quindi, è indispensabile tener conto degli anni che mancano al pensionamento, del patrimonio personale e del reddito a disposizione e delle aspettative future dell’investimento.

Cosa può avvenire in base al tipo di investimento fatto nella previdenza complementare?

La scelta su un investimento di tipo azionario può offrire dei guadagni potenzialmente più elevati nel lungo periodo, ma anche delle oscillazioni più evidenti da un anno all’altro. Il che significa che questo tipo di investimento può generare, anno per anno, rendimenti molto alti alternati a periodi bassi o addirittura nulli. Chi sceglie questo tipo di investimento dovrebbe mettere in conto un periodo abbastanza ampio della durata dell’investimento stesso per fare in modo che gli anni nei quali i rendimenti risultino più bassi possano essere recuperati da anni di rendimenti alti.

Cosa avviene se si sceglie di investire in obbligazioni per la propria pensione integrativa?

Se invece la scelta ricade su un investimento di tipo obbligazionario, i rendimenti potrebbero risultare più contenuti rispetto all’investimento di tipo azionario. Anche in questo caso, è necessario verificare i rendimenti ottenuti nel lungo periodo. Rispetto a un investimento azionario, in ogni modo, quello obbligazionario offre delle oscillazioni meno evidenti. Di conseguenza, questa scelta può essere dettata da un profilo di sottoscrittore solo in parte rischioso. E, nello specifico, se si ha l’intenzione di investire per un numero di anni limitato nella previdenza complementare, è bene che il rendimento abbia oscillazioni limitate.

Scelta del tipo di investimento nell’adesione al fondo pensione

Come si può notare, dunque, la scelta del tipo di investimento conseguente alla volontà di aderire alla previdenza complementare implica la valutazione di diversi fattori. Il Questionario di autovalutazione serve proprio a fare chiarezza “sul come” si voglia che i propri risparmi vengano investiti dal fondo pensione. Ci si può affidare a un percorso appositamente studiato dal fondo per avere la migliore risposta possibile nel caso in cui ci si trovi ad avere difficoltà nella scelta dell’investimento. Il fondo pensione può essere di aiuto nella scelta del finanziamento in base all’età e all’ottimizzazione dei rischi rispetto alle aspettative di rendimento.

Pensione integrativa, quale migliore investimento se mancano pochi o tanti anni alla pensione?

In linea generale, più si è giovani e lontani dalla pensione e più si possono adottare profili di rischio maggiormente elevati. Eventuali rendimenti al di sotto delle proprie aspettative possono essere recuperati da anni di rendimenti alti. Il lungo periodo della scelta di aderire a un fondo pensione aiuta pertanto a prendere decisioni anche più rischiose nell’ottica di risultati più elevati nel tempo. Chi invece è più vicino alla pensione potrebbe optare per soluzioni di investimento a basso rischio per meglio salvaguardare l’investimento stesso da oscillazioni negative dei mercati finanziari.

Previdenza complementare, cosa avviene quando si va in pensione?

L’accumulo del capitale con le rate versate alla previdenza complementare ha il massimo risultato nel momento in cui si va in pensione da lavoro. Ma cosa succede quando si smette di lavorare? E quali sono le possibilità che hanno gli aderenti al fondo pensione che hanno versato contributi per anni? Ecco tutte le opzioni possibili.

Cosa si può fare del capitale accumulato nella previdenza complementare quando si va in pensione da lavoro?

Nel momento in cui si va in pensione da lavoro e si hanno almeno cinque anni di partecipazione al fondo pensione, si può decidere di:

  • trasformare il 100% della posizione individuale in rendita, in modo da ricevere un assegno di pensione complementare che va a integrare la pensione lavorativa;
  • ricevere subito e tutto in una soluzione fino a un massimo del 50% del capitale versato e accumulato nel tempo e destinare la restante parte alla rendita;
  • liquidare tutto il capitale accumulato se si rientra nei casi previsti dalla legge. In particolare, questa opzione è possibile se il capitale accumulato risulti esiguo. Oppure se si è un vecchio sottoscrittore. In quest’ultimo caso bisogna essere iscritto alla previdenza complementare non più tardi del 29 aprile 1993 a fondi pensione che erano stati già istituiti entro il 15 novembre 1992.

Cosa valutare prima di prendere una decisione su come impiegare il capitale accumulato della previdenza complementare

Nel momento in cui si va in pensione da lavoro è importante, dunque, valutare attentamente quale opzione scegliere in merito al montante accumulato nella previdenza complementare. Il primo passaggio consiste nel pensare bene a quali saranno le esigenze personali nel periodo in cui non si svolgerà più alcuna attività lavorativa. Se la scelta ricade nell’ottenere una rendita vitalizia, l’assegno mensile che si riscuoterà andrà a integrare quello della pensione lavorativa. E, inoltre, la rendita è reversibile sia nei confronti del coniuge che di un’altra persona indicata dal sottoscrittore del fondo pensione.

Previdenza complementare: cosa avviene se si decide di prelevare tutto il montante accumulato subito?

Se la scelta ricade sull’ottenere tutto il capitare in un’unica soluzione, si potranno soddisfare le necessità del breve periodo dopo il pensionamento. Ma si corre il rischio di non avere entrate a sufficienza per mantenere lo stesso tenore di vita in futuro con la sola pensione da lavoro. Tuttavia, il montante accumulato con la previdenza complementare può servire, in determinate situazioni, a ottenere la rendita prima di andare in pensione da lavoro.

Previdenza complementare, le possibilità di anticipare la rendita rispetto alla pensione di vecchiaia

Infatti, se mancano meno di cinque anni alla pensione di vecchiaia dei 67 anni e si hanno almeno cinque anni di versamenti alla previdenza complementare, si può richiedere che le prestazioni previdenziali del fondo vengano anticipate. Questa possibilità può essere sfruttata anche nell’ipotesi in cui si è disoccupati da oltre 24 mesi oppure ci si trovi nella situazione di invalidità permanente che impedisce di svolgere un’attività lavorativa. Si tratta del meccanismo della Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) che permette di richiedere al fondo di previdenza complementare di ricevere la rendita in anticipo rispetto al conseguimento della pensione di vecchiaia.

Quando si può ottenere un riscatto del montante versato alla previdenza complementare?

Rispetto all’attesa della maturazione della pensione di vecchiaia, il sottoscrittore di un fondo di previdenza complementare può richiedere un riscatto di quanto versato. In particolare:

  • può chiedere un riscatto del 100% di quanto versato nel caso di invalidità permanente. Oppure per la situazione di disoccupazione di oltre 48 mesi;
  • in alternativa per dimissioni, per licenziamento e per decesso del sottoscrittore del fondo pensione.

Inoltre si può richiedere un riscatto parziale, fino alla metà del capitale accumulato per disoccupazione per oltre 12 mesi e da meno di 48 mesi nel caso in cui il datore di lavoro ricorra alla mobilità, alla cassa integrazione guadagni straordinaria o ordinaria.