Lavoro, mancano lavoratori specializzati in questi settori

Il mercato del lavoro è ancora in sofferenza, sono 5,5 milioni i contratti programmati dalle aziende, ma mancano le coperture. Ecco i lavori più cercati e per i quali le aziende fanno fatica a trovare lavoratori specializzati.

Mercato del lavoro, quali professioni sono da coprire?

Se da un lato vi sono tante persone che cercano un lavoro e fanno fatica ad arrivare a fine mese, ci sono tante aziende che cercano personale e non riescono a trovarlo. Lo squilibrio tra domanda e offerta è determinato prevalentemente dal fatto che spesso chi cerca lavoro non ha un grado di istruzione adeguato alle mansioni disponibili, in altri casi le posizioni restano scoperte perché poco allettanti dal punto di vista economico. Il quadro della situazione è stato riassunto il Bollettino annuale 2023 del sistema informativo Excelsior, targato Unioncamere-Anpal.

A sorpresa i settori dove si assume di più sono quelli che richiedono un titolo tecnico-professionale e di istruzione e formazione professionale. Proprio le difficoltà emerse ci dicono che c’è ancora distanza tra l’offerta formativa delle scuole e le richieste delle aziende.

Le imprese hanno avuto difficoltà a trovare il 65,5% dei diplomati presso gli istituti ITS, le difficoltà aumentano per lavoratori con diploma tecnici specializzati nei percorsi dell’area meccanica. Difficoltà elevate ci sono anche nella ricerca di tecnici ITC Information and Communication Technologies) Tecnologie riguardanti i sistemi integrati di telecomunicazione.

Per quanto riguarda invece le posizione aperte per laureati, ci sono settori dove sicuramente vi è un eccesso e altri invece in cui c’è penuria, tra questi ultimi vi sono laureati in materie tecnico-scientifiche.

Le mansioni per cui non si trovano lavoratori

Tra le mansioni più difficili da coprire vi sono:

  • ingegneri dell’informazione;
  • personale infermieristico;
  • ostetriche;
  • tecnici delle costruzioni civili.
  • Non si trovano inoltre idraulici, elettricisti, farmacisti e tecnici programmatori.

Si tratta a ben vedere di posizioni che possono fornire anche un buon riscontro economico e nonostante questo, sembra siano poco affascinanti per i giovani che preferiscono avere una formazione che porta in una direzione diversa rispetto a tali professioni.

Il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, ha precisato che il problema della irreperibilità di questi professionisti è dovuta alla incapacità di orientare i giovani nel momento in cui devono scegliere il percorso formativo da seguire.

Il problema delle assunzioni in Italia è ciclico, infatti nelle stagioni ad elevato interesse turistico le aziende lamentano la scarsità di personale da adibire a mansioni come camerieri, cuochi, addetti alla reception, guide turistiche.

Leggi anche: Emergenza lavoro estate, mancano 100.000 lavoratori

Nuovo sito Inps: le novità per un’esperienza di navigazione sempre più intuitiva

Dopo giorni di attesa è finalmente arrivato il nuovo sito Inps. Tra qualche certezza e piccoli problemi tecnici, ecco le novità.

Il nuovo sito Inps online dal 11 febbraio 2023

Il portale Inps è online dal giorno 11 febbraio 2023, appena online l’Inps ha dato l’avviso, ma soprattutto ha avvisato gli utenti che in questi primi giorni potrebbero esservi dei problemi di indicizzazione, questo vuol dire che andando a cercare il sito Inps attraverso i motori di ricerca il sito ufficiale potrebbe non essere il primo a comparire. L’avviso recita “In attesa dell’indicizzazione da parte dei motori di ricerca esterni delle sezioni/pagine del #nuovositoINPS si consiglia di utilizzare, per la ricerca di servizi e prestazioni dell’Istituto, il motore di ricerca interno al #portaleINPS, i percorsi interni al portale o la sezione #MyINPS.” In realtà già oggi andando a provare il sito sembra essere ben indicizzato e si accede già dal primo link che appare sul motore di ricerca.

Nell’avviso dell’11 febbraio 2023 viene sottolineato che il nuovo portale nasce con la collaborazione degli utenti. Viene inoltre ribadito che nonostante ora il portale sia online, continua la collaborazione con gli utenti che possono ancora esprimere la propria opinione che potrebbe comunque portare a modifiche del sito. Sul sito è attiva anche la funzione “Ti piace il nuovo portale” che permette di raccogliere i feedback degli utenti.

Cosa cambia con il nuovo sito Inps?

L’obiettivo di questo restyling del sito è semplificare la vita agli utenti garantendo un accesso ai servizi più semplice e intuitivo, questo anche in virtù del fatto che sempre più funzioni, istanze, bonus sono gestiti direttamente dagli utenti attraverso l’accesso alla pagina persona con le proprie credenziali Spid, Cie o Cns.

La prima importante novità è una sezione del sito dedicata interamente a partite Iva e professionisti. La seconda novità à invece rappresentata dal fatto che il nuovo sito è diviso in quattro principali sezioni:

  • pensioni e previdenza
  • lavoro
  • sostegno, sussidi e indennità
  • imprese e liberi professionisti.

Le ulteriori novità sono:

  • l’incremento dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per fornire informazioni, FAQ, documenti o link per l’accesso ai servizi di interesse in modo semplificato e intuitivo;
  • l’integrazione di un motore di ricerca che avrà la capacità di comprendere le richieste degli utenti e che si avvarrà del machine learning e analisi semantica delle informazioni;
  • implementazione di meccanismi di apprendimento automatico per adattare l’offerta di contenuti e la navigazione al comportamento dell’utente.

In alto a destra continua a essere presente il tasto che consente di accedere ai vari servizi Inps alla voce “Accedi“. Naturalmente per l’accesso occorre avere a disposizione credenziali Cie, Spid o Cns.

Leggi anche: Cambia l’accesso al sito Inps: ecco le nuove modalità per la verifica dell’identità. Guida

 

Bonus 200 euro lavoratori autonomi, sbloccati i pagamenti

Buone notizie per i lavoratori autonomi e professionisti: arrivato lo sblocco dei pagamenti dei bonus 200 euro sospesi il 19 ottobre 2022 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Bonus 200 euro lavoratori autonomi: blocco del pagamento

Il governo nei mesi scorsi al fine di aiutare le persone a far fronte ai rincari generalizzati dei prodotti, tra cui il caro energia, ha previsto due bonus: il bonus 200 euro e uno da 150 euro. Si tratta di misure una tantum. Mentre le erogazioni per pensionati e lavoratori dipendenti è stata abbastanza semplice, maggiori problemi vi sono stati per i lavoratori autonomi.

Il decreto attuativo per rendere operativo il pagamento in favore dei lavoratori autonomi ha avuto emanazione con tre mesi di ritardo e solo il 26 settembre 2022 c’è stata l’apertura delle piattaforme delle varie casse previdenziali, ad esempio Gestione Separata Inps, Inarcassa, Cassa Forense.

Leggi anche: Bonus 200 euro autonomi: istruzioni operative per richiederlo da domani 26 settembre 2022

A questo iniziale problema se n’è aggiunto un altro, cioè i fondi disponibili per lavoratori autonomi e professionisti per il versamento del bonus di 200 euro sono limitati. Proprio per questo nel decreto operativo veniva comunicato ai vari enti previdenziali l’onere di inviare in modo costante il flusso dei pagamenti.

Perché il Ministero ha bloccato i pagamenti?

Il 19 ottobre 2022 è però arrivata la richiesta da parte del Ministero del Lavoro alle varie casse previdenziali di bloccare i pagamenti al fine di avviare il monitoraggio e valutare la consistenza del plafond rimanente. Il Ministero aveva precisato che si trattava di un blocco solo temporaneo e dovuto alla necessità di riorganizzare il monitoraggio del flusso di informazioni vista l’ingente mole di richieste arrivate alle varie casse previdenziali.

Leggi anche: Bonus 200 e 150 euro lavoratori autonomi e professionisti. Stop del Ministero del lavoro

Nonostante il breve stop ai pagamenti, gli stessi ora sono ripresi e fino alla fine del mese i lavoratori autonomi e professionisti continueranno a ricevere i sussidi disposti con il decreto Aiuti Bis e Ter.

Leggi anche: Bonus 150 euro pensionati già caricato nel cedolino della pensione di novembre

Bonus 200 euro autonomi: istruzioni per richiederlo da domani 26 settembre 2022

Finalmente è arrivato il decreto attuativo che consente ai lavoratori autonomi di richiedere da domani, 26 settembre 2022, il bonus da 200 euro previsto den decreto Aiuti Bis e che gli altri lavoratori e pensionati hanno percepito a partire dal mese di luglio 2022.

Bonus 200 euro lavoratori autonomi: da domani 26 settembre è possibile presentare la domanda

Mentre molti lavoratori sono già pronti a presentare l’autodichiarazione per ricevere il bonus 150 euro previsto nel decreto Aiuti Ter ci sono molti lavoratori che ancora non hanno ricevuto il bonus da 200 euro previsto nel decreto Aiuti Bis. Ora finalmente sembra che potrà essere messo il punto. I lavoratori autonomi e professionisti da domani 26 settembre 2022 potranno fare richiesta per il bonus 200 euro.

È stato pubblicato ieri, sabato 24 settembre, il decreto attuativo, lo stesso era stato approvato già nelle settimane scorse e aveva poi dovuto superare il vaglio della Corte dei Conti. Il 20 settembre avevamo già annunciato che molto probabilmente la procedura sarebbe stata attiva dal 26 settembre, ed infatti questa data prima solo ipotizzata ora è stata confermata. Il fondo stanziato è di 600 milioni di euro.

Come richiedere il bonus 200 euro per lavoratori autonomi e professionisti?

Il Bonus 200 euro lavoratori autonomi potrà essere chiesto attraverso le piattaforme  online messe a disposizione dalle varie casse di previdenza a cui sono iscritti. I lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS dovranno andare sul sito INPS, mentre coloro che sono iscritti ad altre casse, ad esempio Inarcassa, Cassa Forense o altre dovranno andare sul sito delle singole casse. I lavoratori autonomi possono presentare le domande  a partire dalle ore 12:00. Naturalmente ognuno dovrà ustilizzare le proprie credenziali per accedere alla piattaforma di riferimento.

Riteniamo che nelle prime ore, a causa dell’elevato accesso, potrebbero esservi dei problemi di rallentamento dei vari siti. Per poter ottenere il Bonus da 200 euro per i lavoratori autonomi è necessaria l’autodichiarazione di non aver percepito nel 2022 un reddito superiore a 35.000 euro nel 2021. Inoltre per poter accedere è necessario avere un partita Iva aperta e attiva e aver versato almeno una quota di contributi alla cassa di previdenza.

Concorso INAIL: come presentare la domanda entro il 26 maggio

L’INAIL, Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, ha indetto un concorso per esami per la copertura di 32 posti con la qualifica di “professionista” . E’ alla ricerca di personale ad elevata qualificazione. Le domande possono essere presentate dal 27 aprile 2022 al 26 maggio 2022. Ecco chi può partecipare e come si svolgerà il concorso INAIL.

Requisiti per l’ammissione al concorso INAIL

Per poter partecipare al concorso INAIL è necessario avere la cittadinanza italiana o di uno dei Paesi membri dell’Unione Europea. Possono inoltre partecipare:

  • parenti di cittadini di Paesi membri dell’Unione Europea che non abbiano la cittadinanza, ma un siano titolari di diritto di soggiorno o di soggiorno permanente;
  • cittadini di Paesi terzi titolari di permessi di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;
  • titolari di status di rifugiato;
  • status di protezione sussidiaria.

Occorre inoltre :

  • Godimento di diritti politici e civili;
  • idoneità fisica all’impiego.
  • Non essere stati destituiti da pubblico impiego, non aver riportato condanne penali e non avere procedimenti penali in corso.

Questi sono i requisiti generalmente richiesti per tutti i concorsi, ora vedremo i requisiti professionali. In primo luogo il concorso INAIL è per soli laureati, le lauree richieste sono:

  • Biologia (LM-06);
  • Fisica (LM-17);
  • Ingegneria Aerospaziale e Astronautica (LM-20);
  • Ingegneria Biomedica (LM-21);
  • Ingegneria Chimica (LM-22);
  • Ingegneria Civile (LM-23);
  • Ingegneria dei Sistemi Edilizi (LM-24);
  • Ingegneria dell’Automazione (LM-25);
  • Ingegneria della Sicurezza (LM-26);
  • Ingegneria delle telecomunicazioni (LM-27);
  • Ingegneria Elettrica (LM-28);
  • Ingegneria Elettronica (LM-29);
  • Ingegneria Energetica e Nucleare (LM-30);
  • Ingegneria Gestionale (LM-31);
  • Ingegneria Informatica (LM-32);
  • Ingegneria Meccanica (LM-33);
  • Ingegneria Navale (LM-34);
  • Ingegneria dell’Ambiente e del Territorio (LM-35);
  • Scienze Chimiche (LM-54);
  • Scienze e Tecnologie agrarie (LM-69);
  • Scienze e Tecnologie della Chimica Industriale (LM-71);
  • Scienze e Tecnologie Geologiche (LM-74);
  • Scienze Zootecniche e Tecnologie Animali (LM-86).

Sono equiparate a tali titoli la laurea specialistica LS e la laurea vecchio ordinamento.

Per i cittadini stranieri è prevista anche la valutazione della conoscenza della lingua italiana.

Come presentare la domanda

La domanda deve essere presentata accedendo con le proprie credenziali SPID, CIE o CNS al sito www.inail.it

La domanda è accessibile alla voce “ Concorsi Attivi”. Una volta compilata la domanda in ogni sua parte è possibile procedere all’inoltro della stessa, fino al termine della scadenza del termine per presentare la domanda è possibile cambiare i dati inseriti, il sistema salverà solo la domanda risultante da ultima modifica.

Per poter completare la procedura è necessario allegare in formato pdf la copia di un documento di riconoscimento, inoltre occorre indicare un indirizzo PEC al quale saranno inoltrate le varie comunicazioni.

Come si svolge il concorso?

Il concorso prevede una prima valutazione dei titoli, da questi sarà formata una graduatoria che porterà alla prova scritta un numero di candidati pari a 5 volte il numero dei posti messi a concorso. Eventuali ex aequo comunque saranno inseriti. La valutazione dei titoli prevede l’attribuzione di 0,50 punti per ogni laurea ulteriore rispetto al titolo principale presentato.

Inoltre:

  • 0,5 punti per ogni master di primo livello;
  • 1 punto per ogni master di secondo livello;
  • 1,5 punti per il diploma di specializzazione;
  • 1,5 punti per ogni dottorato di ricerca.

La prova scritta si svolgerà mediante strumenti informatici e verte su numerosi argomenti, tra cui:

  • la legislazione in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro;
  • legislazione in materia di tutela del lavoro, della maternità e del lavoro notturno;
  • metodi e tecniche per la valutazione dei rischi;
  • igiene industriale;
  • gestione delle emergenze;
  • gestione dei rischi nei cantieri mobili e temporanei.

Per un quadro completo di tutte le materie previste per la prova scritta rimandiamo al bando.

Saranno ammessi alla prova orale i candidati che alla prova scritta otterranno una valutazione di almeno 21/30. La prova orale ha ad oggetto le stesse materie della prova scritta, inoltre al candidato sarà proposta la discussione di casi pratici.

Nell’ambito della prova orale sarà valutata anche la conoscenza della lingua inglese. La prova orale si intende superata con un punteggio di almeno 21/30. A questo punto le votazioni riportate nella prova orale e in quella scritta sono sommate e si realizza la graduatoria.

I vincitori per poter iniziare il rapporto di lavoro devono essere iscritti in uno dei seguenti albi:

  • Ordine dei Biologi;
  • Ordine dei Geologi;
  • Ordine degli Ingegneri;
  • Ordine dei Chimici e dei Fisici;
  • Ordine dei dottori Agronomi e forestali.

E’ previsto un periodo di prova della durata di 6 mesi.

Approfondimenti

Per conoscere i concorsi per i quali è ancora possibile presentare la propria candidatura leggi gli articoli:

Concorso Polizia Penitenziaria per 1758 posti: requisiti e scadenza

Concorsi scuola: scopri i nuovi percorsi per diventare insegnanti

 

Lo smart working attrae i professionisti: 1 su 4 continua dopo la pandemia

Lo smart working è stato un regime ordinario in tempo di pandemia, ma ora che molti sono ritornati in ufficio c’è chi borbotta e vorrebbe proseguire l’esperienza del lavoro da casa e a manifestare interesse sono anche i professionisti e i dipendenti di piccoli studi professionali.

Lo smart working tra pubblico e privato

La necessità di ridurre il contagio, evitare assembramenti e restare “isolati” ha portato nel 2020 a una massiccia adozione dello smart working. Pian piano le cose sono poi tornate alla normalità e mentre il ministro Brunetta ritiene che non sia necessario ora continuare a far lavorare i dipendenti pubblici da casa, sebbene ormai molte funzioni siano state digitalizzate e ad esempio i cittadini possono scaricare gratuitamente molti certificati prima richiesti agli uffici pubblici, nel settore privato le cose vanno un po’ diversamente, infatti dopo aver sperimentato lo smart working, sono in molti a voler proseguire questa esperienza. Almeno uno studio professionale su 4 pensa di continuare a lavorare in smart working anche dopo la pandemia.

Lo smart working attrae i professionisti

Confprofessioni (organizzazione che rappresenta i liberi professionisti) ha pensato di intervistare i professionisti per capire come valutano l’esperienza con lo smart working. L’indagine ha coinvolto i professionisti, ma anche i dipendenti degli studi professionali. Il 40% dei professionisti intervistati ha dichiarato di voler proseguire questa esperienza, la percentuale sale al 50% se si considerano solo gli avvocati. Nell’82% dei casi gli intervistati hanno dichiarato di aver dovuto utilizzare per lo smart working soprattutto strumenti di loro proprietà, quindi il datore di lavoro non ha fornito computer o altri dispositivi per poter lavorare da casa o connessioni. In realtà questa soluzione può essere molto pericolosa e cioè espone maggiormente ad attacchi cibernetici in quanto gli stessi dispositivi sono utilizzati sia per lavoro sia per motivi personali e quindi i software aziendali e le piattaforme di lavoro diventano più vulnerabili.

Per saperne di più sulle strategie per aumentare la sicurezza, leggi l’articolo: Cyber Security: l’importanza per le aziende e i professionisti del settore

Tra i professionisti solo 1 su 4 è riuscito ad ottenere aiuti economici da parte dello Stato per poter organizzare il lavoro da casa. Nonostante questo, l’esperienza ottiene un giudizio positivo.

A mettere in atto lo smartworking sono stati il 58% degli studi professionali, di questi 1 su 3 ha preferito sperimentarlo solo durante il periodo emergenziale, mentre 1 su 4 dichiara di continuare su questa strada e pensa di introdurlo in maniera strutturale come modalità di lavoro.

Cosa pensano dello smart working i dipendenti degli studi professionali?

Naturalmente le opinioni non sono tutte positive, molti hanno apprezzato la possibilità di poter lavorare da casa e la maggiore facilità di conciliare i tempi di lavoro e di famiglia, anche considerando che i ragazzi sono stati in DaD e quindi vi era l’esigenza di “monitorare” i piccoli di casa. Per i dipendenti e per i professionisti un altro elemento da salvare è la riduzione dei tempi dedicati agli spostamenti, cioè il tempo dedicato al tragitto casa-ufficio che in molti casi doveva essere fatto anche 4 volte al giorno. A questo si aggiunge la possibilità di avere orari più flessibili.

Un dato particolare è dato dal fatto che il 43,5% dei dipendenti degli studi professionali apprezza la maggiore responsabilizzazione derivata dal non dover lavorare tutti i giorni a stretto contatto e sotto il controllo del datore di lavoro. Non mancano però criticità, alcuni hanno lamentato il senso di isolamento che si vive lavorando da casa, lamentato da circa 2 dipendenti su 3, mentre la metà dei professionisti ha notato un calo di produttività.

La pandemia falcidia gli studi professionali

Purtroppo dalla relazione di Conprofessionisti emerge anche che durante la pandemia sono stati persi 38.000 studi di professionisti, con una perdita di lavoratori di circa 194.000 unità, un aumento delle chiusure del 2,7% rispetto al 2019. Anche se può sembrare strano, la percentuale più alta di chiusure si è registrata al Nord.

Fondo di Garanzia PMI: cosa cambia con la legge di bilancio 2022

Il Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese (PMI) è stato istituito con la legge 662 del 1996 e potenziato con il decreto legge 23 del 2020 con l’obiettivo di aiutare le imprese a far fronte all’emergenza pandemica. Con la legge di bilancio 2022 si provvede invece a piccole modifiche al Fondo di Garanzia PMI in modo da ritornare gradualmente al regime ordinario.

Cos’è il Fondo  di Garanzia PMI

Le imprese per poter innovare e quindi restare sul mercato ed essere concorrenziali, hanno bisogno di avere fondi da investire, soprattutto in macchinari e nuove tecnologie, ma purtroppo spesso non riescono a ottenerli a causa della impossibilità di fornire agli istituti di credito idonee garanzie.

Il Fondo di Garanzia per le PMI è una misura prevista presso il Ministero dello Sviluppo Economico ed è finanziata con risorse europee, può essere attivata a fronte di finanziamenti concessi da banche, intermediari finanziari e istituti di credito. La misura era inizialmente prevista solo in favore di PMI, ma con il Decreto Liquidità il Governo ha previsto un’estensione del Fondo anche a professionisti, persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, enti religiosi civilmente riconosciuti, enti del terzo settore e ad alcuni soggetti che esercitano attività ausiliarie nel settore dei finanziamenti e assicurazioni. L’accesso al Fondo di Garanzia PMI è consentito solo alle attività considerate “sane”, quindi non in via di liquidazione o sottoposte a procedure fallimentari.

La richiesta di accesso al Fondo di Garanzia non viene effettuata dall’impresa, ma occorre recarsi presso la banca, istituto di credito, intermediario per chiedere il finanziamento e sarà questa a effettuare la procedura. In alternativa è possibile rivolgersi a Confidi che garantisce l’operazione in prima istanza e di seguito chiede la controgaranzia al Fondo.

Fondo di Garanzia PMI: cosa cambia con la legge di bilancio 2022?

Con la legge di bilancio 2022 ci sono piccoli ritocchi a questa importante misura. In primo luogo si provvede all’estensione dell’operatività del Fondo di Garanzia per le PMI fino al 30 giugno 2022.

Viene inoltre estesa anche l’operatività del fondo di riserva di 100 milioni di euro a garanzia dei finanziamenti fino a 30.000 euro a favore degli enti non commerciali. Per le operazioni fino a 30.000 è prevista infatti una procedura semplificata ed è possibile concedere i prestiti con approvazione automatica del Fondo.

La legge di bilancio 2022 prevede però anche un’uscita graduale dalla situazione emergenziale e quindi dal 1° aprile 2022 la concessione delle garanzie del Fondo non sarà più gratuita ma sarà correlata al pagamento di una commissione. Dal mese di aprile diminuisce anche la copertura del finanziamento. Attualmente per prestiti di ammontare inferiore a 30.000 euro è prevista una copertura al 90% mentre da aprile sarà all’80%, anche per i finanziamenti di importo inferiore a 30.000 euro è previsto il versamento di una commissione.

Limiti nella legge di bilancio 2022

La normativa stabilisce che l’importo massimo garantito per ogni impresa sarà di 5 milioni di euro, ma la copertura dovrà essere accettata in base all’applicazione di un modello di valutazione. La nuova disciplina prevede inoltre che ogni anno con legge di bilancio dovranno essere stabiliti dei limiti agli impegni che il Fondo può assumere sulla base di un piano annuale e di una valutazione della propensione al rischio del portafoglio delle garanzie attivate. Il piano deve essere redatto dal Consiglio di Gestione del Fondo, su proposta del Ministero per lo Sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Infine, la legge di bilancio 2022 determina gli importi del Fondo di Garanzia PMI futuri. Per il 2022 è previsto un incremento del Fondo con 210 milioni di euro, l’ammontare aumenta fino al 2025, quando si arriva alla somma massima di 1,7 miliardi di euro per poi ricominciare a scendere. E’ molto probabile però che negli anni tali importi possano avere delle modifiche determinate dalla situazione economica che si presenta.

Ricordiamo che gli aiuti alle imprese di piccole e medie dimensioni sono diversi, tra gli altri ci sono:

Confermato il credito di imposta per la quotazione di PMI

Assunzioni Pnrr: le 10 professioni più richieste e quelle con più candidature

Ammontano a 1000 le prime assunzioni dal portale InPa per portare avanti i progetti del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Si cercano professionisti che diano attuazione, negli enti locali, ai progetti del Fondo Reccovery. Ad oggi, le candidature per i 1000 posti di professionisti sono 61.666: gli interessati hanno inserito il proprio curriculum professionale sul portale InPa predisposto appositamente dal ministero per la Funzione pubblica di Renato Brunetta.

Professionisti da assumere per i progetti Pnrr, ecco le risorse

Le assunzioni dei 1000 professionisti sono finanziate dal decreto sul Reclutamento numero 80 del 2021. Le risorse complessive ammontano a 320,3 milioni di euro che andranno ai professionisti, esperti in varie discipline, soprattutto per la progettazione e la rendicontazione dei progetti inclusi nel Pnrr. Le Pubbliche amministrazioni cercano soprattutto ingegneri, nello specifico civili, ma anche le altre professionalità come architetti, esperti di contabilità pubblica, amministrativi o di appalti, geologi e informatici sono richieste.

Assunzioni nell’ambito del Pnrr, quanti posti sono previsti per il quinquennio 2022-2026?

La premessa delle assunzioni dei 1000 professionisti che riceveranno un incarico a tempo determinato per portare avanti i progetti del Pnrr è che si tratterà solo del primo step di un reclutamento ben più complessivo. Come specificato più volte dal ministro per la Funzione pubblica, Renato Brunetta, i posti disponibili nell’arco dell’intero prossimo quinquennio potrebbero essere centinaia di migliaia. E che la riserva del 40% per chi svolge incarichi per la Pubblica amministrazione potrebbe portare alla stabilizzazione di buona parte dei professionisti.

Bando 1000 assunzioni InPa, quali sono i professionisti più richiesti?

I professionisti più richiesti per le assunzioni InPa sul Piano nazionale per la ripresa e la resilienza sono gli ingeneri. Nelle varie discipline, incamerano il 32,5% dei posti disponibili. Più dettagliatamente, i posti maggiori sono riservati agli ingegneri civili che comprendono anche uno dei numeri più alti in fatto di candidature. La posizione per la quale ci si è candidati di più è quella degli esperti di gestione, seguita dagli architetti, dagli ingegneri civili e dagli esperti amministrativi e giuridici.

Quali sono le 10 professioni più richieste dal Pnrr nel bando di 1000 posti?

Ecco nel dettaglio le 10 professionalità più richieste tra i 1000 posti dei progetti del Pnrr:

  • ingegneri civili per 105 posti;
  • ingegneri ambientali per 94 posti;
  • esperti amministratiti per 83 posti;
  • esperti giuridici per 80 posti;
  • architetti per 79 posti;
  • geologi per 71 posti;
  • esperti di gestione per 66 posti;
  • ingegneri gestionali per 42 posti;
  • ingegneri energetici per 37 posti;
  • esperti digitali e ingegneri delle telecomunicazioni per 29 posti ciascuno.

Quali sono le altre professionalità richieste dal bando Pnrr da 1000 posti?

Tuttavia, sono numerose le altre professionalità richieste nell’ambito del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. Eccole nel dettaglio:

  • esperti in edilizia per 27 posti;
  • ingegneri chimici per 24 posti;
  • ingegneri informatici per 24 posti;
  • agronomi per 23 posti;
  • biologi per 22 posti;
  • esperti in ambiente per 22 posti;
  • esperti in contabilità pubblica per 15 posti;
  • chimici e fisici per 13 posti;
  • ingegneri generici per 12 posti;
  • esperti rinnovabili per 12 posti;
  • ingegneri idraulici per 12 posti;
  • esperti gestionali per 12 posti;
  • esperti tecnici in appalti per 9 posti;
  • ingegneri dei trasporti per 6 posti;
  • avvocati esperti in diritto ambientale per 6 posti;
  • esperti informatici per 5 posti;
  • esperti statistici per 4 posti;
  • periti chimici per 4 posti.

Quali sono le 10 professioni del bando Pnrr da 1000 posto in cui ci sono più candidati?

Posti messi a disposizione dal bando dei 1000 posti del Pnrr e candidature non sono necessariamente in correlazione. La figura che ha raccolto più candidature è quella degli esperti di gestione, seguita dagli architetti, da varie discipline ingegneristiche, ma anche dagli esperti in materie giuridiche e amministrative. Ecco, nel dettaglio, le dieci professioni che hanno fatto registrare il maggior numero di candidature:

  • esperti di gestione con 7861 candidature;
  • architetti con 6746 candidati;
  • ingegneri civili con 6610 candidati;
  • esperti amministrativi con 6576 candidati;
  • esperti giuridici con 5444 candidati;
  • esperti in contabilità pubblica con 2984 candidati;
  • ingegneri ambientali con 2702 candidature;
  • ingegneri generici con 2386 candidati;
  • esperti in appalti con 2352 candidature;
  • esperti in edilizia con 1988 candidati.

Per quali altre figure professionali ci si è candidati al bando Pnrr?

Non mancano le centinaia di candidature per gli altri profili professionali del bando Pnrr. Risulta utile mettere a confronto il numero dei candidati per il numero di posti disponibili nella professionalità interessata. Ecco le altre candidature nel dettaglio:

  • ingegneri energetici con 1815 candidati;
  • esperti digitali con 1332 candidature;
  • ingegneri gestionali con 1326 candidati;
  • geologi con 1215 candidati;
  • ingegneri delle telecomunicazioni con 967 candidati;
  • avvocati esperti in diritto ambientale con 939 candidati;
  • esperti rinnovabili con 900 candidature;
  • agronomi con 850 candidature;
  • ingegneri dei trasporti con 800 candidati;
  • biologi con 771 candidati;
  • ingegneri idraulici con 711 candidati;
  • esperti informatici con 670 candidature;
  • esperti statistici con 629 candidati;
  • ingegneri informatici con 625 candidati;
  • esperti in ambiente con 545 candidature;
  • esperti gestionali con 445 candidati;
  • chimici e fisici con 301 candidati;
  • ingegneri chimici con 265 candidati;
  • periti chimici con 11 candidature.

Quali sono le regioni italiane che assumeranno di più i professionisti del bando Pnrr?

Infine è importante dare uno sguardo alle regioni che assumeranno più professionalità nell’ambito del bando di 1000 esperti per il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. Al primo posto la Lombardia, seguita dalla Campania, dalla Sicilia e dal Lazio. A seguire la Puglia, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Piemonte. Nel complesso, 400 nuove assunzioni arriveranno nelle regioni del Sud Italia e le altre 600 saranno concentrate nelle regioni del Centro e del Nord.

Distribuzione dei 1000 posti tra le regioni italiane del Bando professionisti per il Pnrr

Leggiamo nel dettaglio la distribuzione dei posti tra tutte le regioni italiane del bando di assunzione dei 1000 professionisti del Pnrr:

  • Lombardia 123 posti;
  • Campania 94 posti;
  • Sicilia 83 posti;
  • Lazio 76 posti;
  • Puglia 70 posti;
  • Veneto 66 posti;
  • Emilia Romagna 66 posti;
  • Piemonte 60 posti;
  • Toscana 53 posti;
  • Calabria 41 posti;
  • Sardegna 37 posti;
  • Abruzzo 33 posti;
  • Marche e Liguria 30 posti ciascuna;
  • Friuli Venezia Giulia 26 posti;
  • Basilicata 23 posti;
  • Umbria 22 posti;
  • Molise, Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano 19 posti;
  • Valle d’Aosta 14 posti.

Società tra Avvocati (StA) dal primo gennaio potrà essere operativa

La Società tra Avvocati, o StA, è stata prevista dall’articolo 4 bis della legge 247 del 2012 recante la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense. Di fatto però il completamento della disciplina si è avuto solo di recente con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale, n° 278 del 22 novembre 2021 del relativo Regolamento. Proprio per questo la StA potrà effettivamente nascere dal 1° gennaio 2022.

La forma della Società Tra Avvocati

La Società tra Avvocati in realtà non è esattamente una nuova forma societaria, ma una sorta di ibrido tra forme già presenti nel nostro ordinamento e regole dettate in modo puntuale per questa tipologia di attività o meglio per questo “metodo” di svolgimento della professione legale.

L’articolo 4 bis della legge 247 del 2012 stabilisce che l’esercizio in forma societaria della professione forense è ammessa in forma di:

Naturalmente le StA dovranno seguire lo schema della tipologia di società scelta e quindi dovranno approvare gli atti societari, come lo Statuto e svolgere le varie pratiche propedeutiche all’esercizio dell’attività.

Tali società devono iscriversi in un’apposita sezione speciale dell’albo tenuto dall’ordine territoriale della circoscrizione in cui ricade la sede della società stessa.

Le forme societarie ammesse non comprendono invece le mutue assicuratrici che invece possono essere utilizzate come schema per la StP, cioè per la Società tra Professionisti.

Affinché possa costituirsi, i soci che rappresentano almeno i 2/3 dei voti o i 2/3 del capitale sociale devono essere iscritti all’ordine degli avvocati. Questo implica che nella Società tra Avvocati possono esservi membri “esterni”, cioè che non esercitano la professione forense, ma devono essere in minoranza. Inoltre l’organo di gestione della StA deve essere formato dai soci e questi devono essere in maggioranza avvocati.

Responsabilità personale dei soci della StA nei confronti dei clienti

Ferma la responsabilità societaria, appare altrettanto chiaro il presupposto che le prestazioni nei confronti dei clienti si intendono di tipo personale e devono essere fornite da soggetti abilitati a esercitare la relativa professione. In caso di conflitto di interessi tra il professionista, o la StA, e il cliente, lo stesso deve essere comunicato.

Il comma 5 dell’articolo 4 bis sottolinea che in seguito all’eventuale sospensione, radiazione o cancellazione di un socio dall’albo, lo stesso deve essere escluso anche dalla Società tra Avvocati. Viene in questo modo tutelato l’affidamento del cliente che trovando presso la società un determinato professionista è indotto a pensare che possa esercitare la professione.

Appare evidente dalle disposizione il principio che vuole tale società formata da soggetti che possono esercitare la professione forense, quindi non si tratta di un’attività imprenditoriale, come generalmente viene intesa quella svolta in forma societaria, e secondo alcuni giuristi, l’avvocato non assume il ruolo di imprenditore, ma resta un soggetto che mette a disposizione una prestazione di tipo intellettuale.

Dal punto di vista pratico le Società tra Avvocati, sono tenute a indicare in modo formale nella denominazione societaria che appunto si tratta di una StA.

Il Regolamento della Società tra Avvocati

La disciplina prevista dall’articolo 4 bis non è però operativa e al comma 6 ter si sottolinea che Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense deve entro un anno emanare il regolamento operativo. Naturalmente i tempi si sono dilatati e il regolamento ha visto la luce solo il 22 novembre 2021.

Il Regolamento della StA si sofferma in particolar modo sulla parte fiscale e sottolinea all’articolo 3 che entro il 30 settembre di ogni anno deve essere inviata la comunicazione relativa al volume complessivo di affari ai fini IVA realizzato nell’anno precedente. Tale comunicazione deve essere effettuata anche se il riscontro finale è pari a 0 o addirittura se è negativo. Devono inoltre essere comunicati i dati inerenti il reddito complessivo, gli utili anche se non distribuiti e i compensi spettanti a ciascun socio.

Per adempiere a tali obblighi è disponibile il modello 5 Ter dove ogni sezione deve essere completata con i dati prima visti e devono essere inserite anche le informazioni inerenti eventuali variazioni ad accertamenti fiscali divenuti definitivi. Con la compilazione del modello 5/ter devono essere versati anche i contributi integrativi pari al 4% sull’intero volume di affari annuo e questo si calcola anche su eventuali entrate non ancora incassate.

La Società tra Avvocati, così come disciplinata dall’articolo 4 bis della legge 247 del 2012 (modificata dalla legge 124 del 2017) e dal regolamento operativo ora sintetizzato potrà essere costituita a partire dal 1° gennaio 2022.

I vantaggi della StA

I vantaggi della Società tra Avvocati possono essere importanti sia per i professionisti, sia per i clienti. I secondi, in caso di errore, oltre a poter beneficiare dell’assicurazione obbligatoria che ogni professionista deve avere, possono fare affidamento anche sul capitale della società e di conseguenza vi è una maggiore possibilità di avere un ristoro. Inoltre la società per il benessere di tutti i soci tende a escludere professionisti non meritevoli. In realtà già la legge che regola le professioni forensi in tutto il suo impianto completo sottolinea proprio la necessità di far in modo che la professione di avvocato sia esercitata secondo il principio meritocratico, quindi non stupisce questa maggiore tutela.

 

 

 

 

 

Contributo perequativo a partite Iva e professionisti: ecco come si calcola la perdita di almeno il 30%

Saranno circa 4,4 miliardi di euro le risorse a disposizione delle partite Iva, dei professionisti e dei lavoratori autonomi del contributi perequativo. Con la firma del decreto da parte del ministero dell’Economia e delle Finanze, attualmente si attende il provvedimento dell’Agenzia delle entrate per l’apertura della presentazione delle domande e dei relativi termini di scadenza. Si aspettano, inoltre, le istruzioni in merito alla piattaforma necessaria per l’invio dell’istanza stessa.

Contributi perequativo partite Iva, a chi andrà il fondo perduto?

Il meccanismo di assegnazione dei contributi alle partite Iva e ai professionisti si baserà su cinque scaglioni con percentuali di rimborso decrescente all’aumentare dei compensi e dei ricavi dei soggetti interessati. In particolare, potranno accedere al fondo perduto perequativo le partite Iva che siano residenti in Italia e che svolgano attività di impresa, arte o professione. Sono inclusi anche i soggetti che producono reddito agrario. Requisito fondamentale è il peggioramento del risultato economico di esercizio relativo all’anno 2020 di una percentuale pari ad almeno il 30% rispetto all’esercizio del 2019.

Fondo perequativo alle partite Iva, il sistema dei 5 scaglioni di reddito

Il calcolo di quanto spetterà a ciascuna partita Iva o professionista si basa sul meccanismo degli scaglioni di reddito. Ne sono previsti cinque da considerare come totale dei ricavi e dei compensi dei soggetti interessati. È importante precisare, come richiede la norma, che il contributo percepibile deve essere al netto degli aiuti già ricevuti. Il massimo del fondo perduto per ogni richiedente è pari a 150 mila euro. Nel dettaglio gli scaglioni sono i seguenti:

  • il 30% di aiuti andrà alle partite Iva e professionisti con compensi e ricavi fino a 100 mila euro;
  • il 20% dei contributi andrà alle partite Iva con ricavi e compensi tra 100 mila e 400 mila euro;
  • il 15% per ricavi tra i 400 mila e il milione di euro;
  • il 10% per ricavi tra un milione e 5 milioni di euro;
  • il 5% andrà ai soggetti con ricavi tra 5 e 10 milioni di euro.

Partite Iva, dove prendere i dati dei ricavi per il contributo perequativo?

I valori dei compensi e dei ricavi da prendere in considerazione per presentare la richiesta del contributi perequativo a fondo perduto devono essere presi dalle partite Iva interessate tra:

  • la dichiarazione dei redditi dell’anno 2020, già trasmessa entro la data del 30 settembre 2021;
  • analogamente, la dichiarazione dei redditi del 2019 già validamente presentata.

Il calcolo di quanto spettante deve essere al netto dei contributi già percepiti durante l’emergenza sanitaria ed economica da Covid-19. In particolare, le partite Iva dovranno sottrarre gli aiuti già ricevuti a partire da maggio 2020. Ci si riferisce ai contributi a fondo perduto dei decreti “Rilancio” e vari “Ristori” (tra l’autunno e la fine del 2020) e i più recenti decreti “Sostegni” dell’anno in corso.

Esempio di calcolo del peggioramento del minimo del 30% per la richiesta del contributo perequativo

Particolare attenzione deve essere prestata dalle partite Iva nella presentazione della domanda del contributi perequativo sul calcolo del peggioramento del 30% minimo. Ammettiamo che una società abbia subito il peggioramento del risultato economico dell’anno 2020 rispetto al 2019 di 50 mila euro. Supponiamo che questo peggioramento risulti, in termini percentuali, più del 30% che richiede come minimo il decreto del ministero dell’Economia. Ipotizziamo, inoltre, che la società abbia già percepito dei contributi dall’Agenzia delle entrate per i precedenti decreti pari a 25 mila euro. La stessa società ha percepito ricavi nel 2019 per 450 mila euro e dunque rientra nel terzo scaglione, ovvero con la percentuale del 15% per ricavi tra i 400 mila e il milione di euro.

Come si calcola il contributo perequativo spettante alla partita Iva?

La società interessata a ottenere il contributo perequativo deve necessariamente detrarre il fondo perduto già ricevuto dai precedenti decreti, anche questi per un peggioramento del proprio risultato d’esercizio.Sulla base dei dati che abbiamo a disposizione, l’azienda dovrà pertanto detrarre dai 50 mila euro del peggioramento 2020 rispetto al 2019 i 25 mila euro già percepiti. Il risultato ottenuto va moltiplicato per il 15%. Il contributo a fondo perduto spettante alla società del nostro esempio sarà pertanto di 3750 euro.

Calcolo contributo perequativo a favore delle partite Iva: il meccanismo avvantaggia gli autonomi

È interessante notare che la misura contenuta nel decreto del ministero dell’Economia va a vantaggio, per ciò che concerne la modalità di calcolo, della partita Iva. Infatti, la sottrazione di quanto già percepito in precedenza va fatta sulla perdita rilevata nel 2020 rispetto al 2019, e non sul contributo già ottenuto in precedenza. Ragione per la quale, se lo scomputo di quanto già ricevuto fosse andato a detrazione di quanto spettante per la perdita, la società non avrebbe ricevuto alcun contributo perequativo.

Fondo perduto perequativo, in attesa dell’apertura della piattaforma per la presentazione delle domande

Si tratta, tutto sommato, di un contributo perequativo a fondo perduto per le partite Iva e per i professionisti più generoso. È necessario fare attenzione nella costruzione della base imponibile, ovvero nello scomputare i contributi a fondo perduto già percepiti dal peggioramento del risultato economico e non dall’ammontare del nuovo contributo spettante. Non resta, dunque, che preparare le dichiarazioni dei redditi dei due anni oggetto di calcolo e procedere con i conteggi per essere pronti ai 30 giorni utili che partiranno dal momento in cui sarà attiva la piattaforma.