Pensioni: si ritorna alla legge Fornero a gennaio?

La legge Fornero è una delle riforme pensionistiche meno amate dai cittadini italiani. Nel tempo il suo effetto è stato mitigato da riforme temporanee come Quota 100, Quota 102, Opzione donna e altre norme che consentivano, al presentarsi di determinati requisiti, di uscire prima dal mondo del lavoro. Attualmente però siamo in periodo di elezioni, fino all’inizio di ottobre non ci sarà un nuovo governo e quando questo entrerà nel pieno delle funzioni dovrà occuparsi della legge di bilancio al fine di evitare o almeno limitare, l’esercizio provvisorio. Ecco perché sono in molti a temere che con il 2023 si ritornerà alla legge Fornero senza alcuna mitigazione.

Pensioni: a gennaio si va in pensione con la legge Fornero o saranno approvati correttivi?

Ricordiamo che la legge Fornero richiede il raggiungimento di 67 anni di età per poter raggiungere l’agognata pensione, inoltre è previsto un adeguamento periodico all’aspettativa di vita.

Leggi anche: Pensioni: cosa cambia con il blocco dell’aspettativa di vita?

Cosa succederà però nel 2023?

Per una riforma strutturale del sistema pensionistico ci vuole naturalmente tempo quindi molti auspicano una conferma all’ultimo minuto di Quota 102, difficile sperare in un ritorno di Quota 100. Questi due correttivi consentono di andare in pensione raggiungendo Quota 102 (100 in passato) tra età anagrafica e anni di contributi.

Leggi anche Legge Fornero: applicazione totale dal 2023 o ci saranno correttivi?

Le proposte dei partiti per la riforma del sistema pensionistico

Per quanto invece riguarda le proposte dei partiti, ricordiamo che Forza Italia è concentrata soprattutto sull’aumento delle pensioni minime a 1.000 euro. Più cautela è mostrata da Fratelli d’Italia che auspica un aumento delle pensioni minime, ma non lo quantifica e propone di trovare le risorse attraverso l’eliminazione/correzione del reddito di cittadinanza.

Chi avanza proposte più ardite è la Lega, guidata da Matteo Salvini, che propone la pensione di vecchiaia a 63 anni di età con 20 anni di contributi (un vero e proprio superamento delle Legge Fornero) e ha già annunciato la volontà di confermare Opzione Donna. Sempre la Lega propone una pensione minima garantita di 1.000 euro per i giovani che hanno versato i contributi esclusivamente con il sistema contributivo, meno conveniente rispetto al retributivo e al misto.

Leggi anche: Pensione: quando si applicano il calcolo contributivo, retributivo e misto?

C’è da dire che una proposta di riforma simile a quella della Lega arriva anche da Verdi e Sinistra Italiana (alleati del Pd). Anche in questo caso si prevede la pensione per coloro che hanno maturato 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età, oppure 62 anni e un minimo contributivo di 20 anni.

Tra le proposte del M5S c’è invece il riconoscimento di ulteriori agevolazioni e l’estensione del trattamento pensionistico riservato ai lavori usuranti

Pensioni, anche per i giornalisti arriva l’Ape sociale con uscita a 63 anni

Tra le novità del passaggio della previdenza dei giornalisti dall’Inpgi all’Inps vi è anche quella della possibilità di pensione anticipata con uscita a partire dai 63 anni di età. È quanto prevede lo stesso Istituto previdenziale che ha confermato la possibilità di agganciare, per i giornalisti in uscita dal lavoro a partire dal 1° luglio 2022, l’anticipo pensionistico sociale (Ape sociale). Sono ammessi alla pensione di accompagnamento alla vecchiaia dai 63 anni di età i giornalisti professionisti, i pubblicisti e i praticanti titolari di un rapporto alle dipendenze. Ecco, nel dettaglio, di cosa si tratta.

Pensioni giornalisti, il passaggio dell’Inpgi all’Inps dal 1° luglio 2022

Il passaggio del regime pensionistico dei giornalisti dall’Inpgi all’Inps comporta, a decorrere dal 1° luglio 2022, la possibilità di trasferire all’Istituto Previdenziale tutte le operazioni di pensione che erano state gestite dall’Inpgi fino al 30 giugno scorso. Il passaggio di consegne dalla Cassa previdenziale dei giornalisti all’Inps comporta, innanzitutto, il cambio dei contributi previdenziali e degli obblighi contributivi. I datori di lavoro dei giornalisti professionisti, dei pubblicisti e dei praticanti che abbiano un rapporto di lavoro alle dipendenze dal mese di luglio 2022 seguono le regole dettate dal Fondo pensione dei lavoratori dipendenti (Fpld). Nel dettaglio i datori di lavoro, a decorrere dal mese di luglio 2022, devono presentare la dichiarazione dei contributi dei giornalisti mediante i flussi Uniemens. L’operazione è del tutto simile a quella che svolgono le imprese nel trasferimento dei contributi dei propri lavoratori alle dipendenze.

Inps, istruzioni su come andare in pensione a 63 anni per i giornalisti con l’Ape sociale

La circolare dell’Inps numero 92 del 2022 di qualche giorno fa ha stabilito le regole affinché anche i giornalisti possano andare in pensione con l’Ape sociale a decorrere dai 63 anni di età. Per le uscite dal lavoro da luglio scorso, i giornalisti possono dunque beneficiare dell’Ape sociale purché abbiano compiuto l’età minima e in attesa che l’assegno di accompagnamento diventi pensione a partire dai 67 anni di età con la vecchiaia. Il sussidio mensile per gli anni dai 63 ai 67 anni può arrivare all’importo massimo di 1.500 euro.

Quali sono le condizioni affinché anche i giornalisti possano andare in pensione con l’Ape sociale?

Per la richiesta delle pensioni con Ape sociale sono necessari determinati requisiti. Innanzitutto l’età, di almeno 63 anni, ma anche la situazione economica e sociale del richiedente dell’indennità. In particolare, la richiesta può essere fatta dai giornalisti che:

  • hanno cessato l’attività di lavoro;
  • non sono già titolari altre pensioni dirette;
  • hanno un montante di contributi di almeno 30 anni (36 anni per i lavoratori che abbiano svolto attività gravose);
  • avere una pensione futura di almeno 1,4 volte la pensione minima, il cui importo è stabilito annualmente dall’Inps. Conti alla mano, il minimo di assegno mensile previsto deve essere di almeno 734 euro;
  • essere disoccupati;
  • avere una situazione di inabilità al lavoro di almeno il 74%;
  • prestare cura per un familiare o per un parente convivente da almeno 6 mesi (caregiver).

Quale pensione possono richiedere i giornalisti?

Con il passaggio dall’Inpgi all’Inps della gestione previdenziale dal 1° luglio 2022, le possibilità di pensione dei giornalisti possono riassumersi in due situazioni. La prima riguarda i giornalisti che abbiano maturato i requisiti per la pensione entro il 30 giugno 2022. In questo caso, specifica l’Inps, i giornalisti possono conseguire qualunque pensione prevista dalla Cassa previdenziale Inpgi, andando in quiescenza anche in un momento successivo alla data del 30 giugno 2022. Le regole pensionistiche da seguire sono quelle dell’Inpgi vigenti fino al termine dello scorso giugno. Non si possono ottenere eventuali formule pensionistiche in vigore per i lavoratori a carico del Fondo pensione dei lavoratori dipendenti (Fpld) a decorrere dal 1° luglio 2022. Eventuali contributi versati dal 1° luglio 2022 incrementano il montante in gestione dell’Inpgi.

Giornalisti in pensione dal 1° luglio 2022, quali regole di uscita?

Per i giornalisti che, invece, maturino i requisiti di pensione a decorrere dal 1° luglio 2022 (non avendoli maturati entro il 30 giugno 2022), vige il regime pensionistico dei lavoratori iscritti alla gestione Fpld dell’Inps. Di conseguenza, le regole di pensione da seguire sono quelle dei lavoratori dipendenti iscritti alla gestione previdenziale dell’Inps, con i relativi requisiti richiesti. Fanno eccezione, per i giornalisti, le formule di pensionamento anticipato dell’opzione donna e della quota 100, i cui requisiti andavano maturati entro la fine dell’anno 2021. Per il calcolo del regime di appartenenza (retributivo, misto o contributivo), è necessario far riferimento ai contributi versati entro la data del 31 dicembre 1995.

 

Perché quota 102 e quota 100 hanno fatto flop: i numeri inequivocabili che non mentono

Tanto discussa, tanto criticata e alla fine interrotta, questo ciò che si può dire sulla quota 100. La misura che il governo giallo-verde di Giuseppe Conte, Matteo Salvini, e Luigi di Maio ha introdotto, è stata subito la misura più discussa negli ultimi decenni a livello previdenziale. Da primo gennaio 2022 la misura è stata cancellata è sostituita dalla quota 102. Più o meno il meccanismo identico, cambia solo l’età minima di uscita. Resta il fatto che la notizia del momento è che a conti fatti su entrambe le misure aleggia lo spettro del fallimento. Lo dicono le statistiche ed i numeri che come si dice sempre, non mentono mai.

Da quota 100 a quota 102, l’esito non è cambiato, le misure hanno fatto flop

Sono stati solo 450mila gli italiani che sono usciti dal lavoro e sono andati in pensione grazie alla quota 100. Queste sono le stime dei 3 anni di sperimentazione della misura tanto cara alla Lega e a Matteo Salvini che ne ha fatto un autentico cavallo di battaglia. Certo, nei prossimi mesi queste uscite cresceranno anche se è impossibile che crescano in maniera così esponenziale da far cambiare quel trend negativo che al momento la quota 100 ha dimostrato di avere. C’è sempre chi ha deciso di posticipare la quota 100 grazie alla cristallizzazione del diritto, ma non cambierà molto sul giudizio sull’esito della sperimentazione 2019-2021 per la misura. Pochi hanno preso la quota 100 a tal punto che c’è chi sostiene che tutti gli allarmismi sul disastro che avrebbe fatto sui conti pubblici questa misura, non si sono materializzati.

Pochi quotisti, ancora di meno quelli puri

Infatti fin dal suo varo, sulla quota 100 si è detto tutto e il contrario di tutto. Si è detto che costava troppo per le casse dello Stato, che mandava troppo presto in pensione le persone, che era una misura che penalizzava i giovani e futuri pensionati. Resta il fatto che 38 anni di contributi versati era un tetto che si è dimostrato evidentemente troppo elevato per consentire una diffusione a macchia d’olio di questa misura tra i neo pensionati. 38 anni di contributi versati sono effettivamente, soltanto 4 anni e 10 mesi meno della pensione anticipata ordinaria. E  non è certo una soglia contributiva facile da raggiungere. Forse proprio per questo solo 450mila sono stati i pensionati che sono riusciti a completare i requisiti utili ad uscire già con la quota 100.

La quota 102 ancora peggio

64 anni e l’età minima per uscire nel 2022 con quota 102. La misura che ha sostituito quota 100 infatti prevede 2 anni di età in più rispetto alla misura precedente. Per il resto sempre 38 anni di contributi versati. Resta il fatto che pare che da gennaio, solo 3.800 persone hanno sfruttato la quota 102. Pochi anche rispetto alla quota 100. Evidente che il sistema avrebbe bisogno di altro. Fissare una soglia contributiva così elevata come entrambe le misure prevedevano, ha limitato il numero dei potenziali beneficiari. Questo è un dato evidente. A tal punto che ci sono seri dubbi che due misure del genere possono essere confermate anche per il 2023. Non certo la quota 100, ormai messa in soffitta dalla politica. Ma la quota 102 che qualcuno vorrebbe estesa di qualche altro anno, potrebbe essere immediatamente cessata. Sempre che le intenzioni dell’esecutivo siano quelle di prevedere misure di maggior vantaggio per i lavoratori. Infatti stando ai numeri e stando alla spesa pubblica che una misura come 102 ha dimostrato di produrre, rimandare la sua scadenza di un anno e lasciarla attiva anche per il 2023, non sarebbe poi una soluzione nociva per le casse statali e per la spesa pubblica.

 

Legge Fornero: applicazione totale dal 2023 o ci saranno correttivi?

Dal 1° gennaio 2023 potrebbe tornare il vigore al 100%, quindi senza correttivi e vie d’uscita anticipate, la legge Fornero, molti lavoratori sono già in allarme anche se non mancano proposte per evitare il ritorno di una delle riforme più odiate del sistema pensionistico italiano.

La legge Fornero torna in vigore nel 2023?

La legge Fornero in realtà in questi anni non ha mai cessato di esistere. La stessa prevede che si possa andare in pensione al raggiungimento di 67 anni di età e che l’età pensionabile sia rivista periodicamente in base alle aspettative di vita.

Per capire l’effetto dell’aumento dell’aspettativa di vita sulle pensioni, leggi l’articolo:  Pensioni: cosa cambia con il blocco dell’aspettativa di vita

Quota 100, Opzione Donna, Ape Sociale, Quota 102: chi può andare in pensione?

Nel frattempo il Governo ha provveduto di volta in volta a introdurre correttivi che hanno consentito a molti di andare in pensione in forma anticipata. In particolare prima abbiamo avuto la Quota 100 che ha cessato i suoi effetti il 31 dicembre 2021. In seguito si è passati a Quota 102. Le due riforme hanno consentito alle persone di andare in pensione dopo aver raggiunto la somma rispettivamente di 100 e 102 tra età anagrafica e anzianità contributiva. Per Quota 100 era previsto comunque il requisito dell’età minima a 62 anni, mentre per Quota 102, il requisito di età minima è 64 anni. Ne consegue che sono comunque necessari almeno 38 anni di contributi.

Nel frattempo il Governo ha provveduto alla proroga di Opzione donna ma solo per le donne che accettano di andare in pensione con il solo calcolo contributivo e quindi in molti casi perdendo circa 1/3 della pensione.

Pensioni: Opzione donna diventerà strutturale? Le ipotesi allo studio

Infine, c’è l’Ape Sociale rivolta esclusivamente a disoccupati, persone con invalidità civile almeno al 74% e che hanno maturato almeno 30 anni di contributi, caregiver e persone che hanno svolto lavori gravosi. Naturalmente per poter accedere occorre avere almeno 30 anni di contributi elevati a 36 anni per coloro che sono occupati in lavori gravosi. Inoltre l’attività gravosa deve essere stata svolta per almeno 6 anni negli ultimi 7 o 7 anni negli ultimi 10 anni.

Per conoscere i dettagli dell’Ape Sociale, leggi l’articolo: APE Sociale 2022: tutte le novità della legge di bilancio

Quali sono le proposte per superare la Legge Fornero?

Queste misure sono comunque tutte di tipo temporaneo e di conseguenza sono iniziate le pressioni da parte dei partiti, in particolare della Lega di Matteo Salvini al fine di prorogare i correttivi o introdurre nuovi correttivi che possano permettere di andare in pensione prima che scattino i requisiti previsti dalla legge Fornero.

Le ipotesi allo studio sono numerose, tra cui l’introduzione di Quota 101, la prosecuzione su Quota 102. Di certo questo è il momento in cui gli animi si scaldano, infatti è la fase antecedente rispetto a quella in cui iniziano trattative e discussioni sulla prossima legge di bilancio e soprattutto ogni partito inizia la sua campagna elettorale in vista delle prossime amministrative e delle politiche della prossima primavera.

Tra le ipotesi allo studio vi è anche la pensione in due tempi, suggerita anche da Tridico, presidente INPS. Si ipotizza in questo caso che nel momento del pensionamento anticipato rispetto alla Legge Fornero la pensione sarà calcolata solo con il sistema contributivo matematicamente sfavorevole ai pensionati. In un secondo momento, cioè alla maturazione dei requisiti anagrafici per il pensionamento con la legge Fornero, saranno aggiunte le somme che spetterebbero calcolando anche il sistema contributivo.

Per capire quando si applica il sistema contributivo e quando quello retributivo, leggi la guida: Pensione: quando si applicano il calcolo retributivo, contributivo e misto?

Legge Fornero e Quota 41: costi insostenibili

La proposta di Salvini invece è l’introduzione di Quota 41, cioè un sistema pensionistico che permetta a tutti di andare in pensione al raggiungimento di 41 anni di contributi. Per questa riforma c’è però un ostacolo importante e cioè i calcoli che non consentono all’INPS di erogare i trattamenti pensionistici così maturati. Tale sistema infatti costerebbe 12 miliardi di euro in più. A ciò deve essere aggiunto che dall’Europa già è arrivato il monito sulla Quota 102 che sarebbe insostenibile, figurarsi un’eventuale, più costosa, Quota 41.

Naturalmente al dibattito partecipano anche i sindacati che propendono per sistemi pensionistici maggiormente favorevoli ai lavoratori. Non resta che aspettare per capire, soprattutto chi è prossimo alal pensione, quali sono le vie d’uscita.

 

Pensioni, quante possibilità ci sono che nel 2023 venga attuata quota 41?

Quante possibilità ci sono che nella riforma delle pensioni del 2023 venga attuata la quota 41 per tutti? Ad oggi, le trattative tra il governo Draghi e i sindacati per la riforma previdenziale del prossimo anno sono ferme. Oltre 3 mesi di stop ai tavoli delle nuove misure pensionistiche che dovranno evitare il ritorno ai vincoli della riforma Fornero di fine 2011. Se non si dovesse intervenire per tempo, con la fine della sperimentazione della quota 100 a 31 dicembre scorso, e in attesa della scadenza della quota 102, attualmente in vigore fino al prossimo 31 dicembre, le vie di uscita dal lavoro rimarrebbero quelle della pensione di vecchiaia all’età di 67 anni, e quella della pensione anticipata con 42 anni e dieci mesi di versamenti contributivi.

Pensioni, senza quota 102 i lavoratori rimarrebbero senza misure di uscita anticipata

Proprio nei giorni scorsi, il leader della Lega Matteo Salvini è intervenuto per porre pressione al governo sulla riforma delle pensioni e per rilanciare il vecchio progetto della quota 41 per tutti. Al netto di misure di uscita che riservano l’uscita a una platea ben ristretta di contribuenti (l’opzione donna e l’anticipo pensionistico sociale, ancora da confermare per il 2023), e senza la proroga dell’attuale quota 102, i lavoratori rimarrebbero senza canali di uscita praticabili. E dovrebbero attendere la maturazione dei requisiti della legge Fornero.

Pensioni, quali sono le previsioni del decreto ‘Aiuti’ di Mario Draghi?

Ad oggi non si fanno previsioni sulla ripresa dei tavoli di riforma delle pensioni. Il presidente del Consiglio Mario Draghi è impegnato nelle misure da adottare nel decreto legge “Aiuti”, alcune delle quali potrebbero riguardare i pensionati. Infatti, oltre al bonus 200 euro nel quale rientrano i contribuenti in quiescenza, il governo potrebbe prevedere misure per difendere il valore delle pensioni dall’inflazione causata dal conflitto in Ucraina. La road map dei lavori governativi prevede di entrare nel vivo del provvedimento all’incirca per il 20 giugno prossimo, in modo da avere tempo fino al 16 luglio per l’ok definitivo delle Camera.

Il governo pensa a misure nel decreto ‘Aiuti’ per difendere le pensioni  dall’inflazione

Quello della difesa del valore delle pensioni dall’inflazione è un cavallo di battaglia delle sigle sindacali. Che però vorrebbero riprendere i tavoli di trattativa con il governo per creare le condizioni necessarie affinché nella legge di Bilancio 2023 vengano attuate misure di riforma strutturale delle pensioni. A partire dalle uscite flessibili dei lavoratori dall’età di 62 anni o della stessa quota 41 per tutti. Un’ipotesi in comune con la politica di Matteo Salvini a favore dei lavoratori che hanno iniziato presto a lavorare in età adolescenziale e che hanno accumulato circa quattro decenni di contributi previdenziali.

Pensioni: Matteo Salvini propone quota 41 per tutti, Forza Italia risponde che è meglio la quota 104

La quota 41 per tutti è un modello previdenziale nemmeno recente di Matteo Salvini. Infatti, la misura avrebbe dovuto rappresentare il meccanismo da introdurre al termine dei tre anni di sperimentazione della quota 100, proprio a partire dal 1° gennaio 2022.

Quota 41 per tutti, ‘senza se e senza ma’

Si tratterebbe di considerare il solo requisito contributivo dei 41 anni di versamenti, “senza se e senza ma”. Ovvero il meccanismo di uscita sarebbe slegato da tutti i paletti che, nella misura attuale, restringono notevolmente la platea di chi può intraprendere questo canale di uscita. Peraltro, a Matteo Salvini ha risposto nei giorni scorso Antonio Tajani, coordinatore di Forza Italia, il quale ha espresso la preferenza per la quota 104 rispetto alla quota 41. Si tratterebbe di innalzare la quota con l’età minima di 64 anni di età, in linea con il requisito anagrafico richiesto per varie ipotesi di riforma e per la stessa quota 102, ma aumentando i contributi a 40 anni.

Pensioni, per Antonio Tajani ‘quota 104 è meglio di quota 41’

Quella di Antonio Tajani sarebbe una proposta di riforma delle pensioni che andrebbe ad assicurare l’uscita a chi ha parecchi anni di contributi e, probabilmente, accontenterebbe Bruxelles sui requisiti minimi dal momento che nei giorni scorsi è arrivata dall’Europa la bocciatura sia per la quota 102 che per la quota 100. Per il coordinatore di Forza Italia è occorrente “dare vita ad una nuova riforma che tuteli i contribuenti di oltre 60 anni di età, ma anche i giovani lavoratori”.

Riforma pensioni 2023, probabili tavoli delle trattative con i sindacati in autunno

La bocciatura di Bruxelles, peraltro, ha reso ancora più difficoltosa una riforma delle pensioni che riesca a mettere d’accordo partiti politici, sindacati, lavoratori e imprese. Dopo aver lavorato sui dossier ritenuti più urgenti e dettati dall’emergenza in Ucraina, Mario Draghi potrebbe sedersi al tavolo delle trattative per le nuove pensioni in autunno, quando la riforma dovrà trovare collocazione legislativa nella Manovra di Bilancio 2022.

Pensioni, Draghi sarebbe freddo all’ipotesi di quota 41: ecco perché

Al momento, infatti, il governo sarebbe piuttosto freddo rispetto all’ipotesi della quota 41, da adottare come baluardo per evitare un ritorno alla riforma Fornero. E anche di mettere mano alla misura dei 41 anni di contributi attualmente in vigore. L’uscita con l’odierna quota 41 è possibile solo per determinate categorie di lavoratori, come i precoci, e quelli che svolgono mansioni usuranti. La proposta di Matteo Salvini considera solo gli anni di contributi, a prescindere:

  • dall’età anagrafica di uscita dal lavoro;
  • dall’anno di contributo, attualmente richiesto, versato entro i 19 anni di età.

Pensioni con quota 41, i requisiti richiesti in comune con l’Ape sociale

A questi requisiti si aggiungono quelli in comune con la misura di pensione dell’Ape sociale, ovvero:

  • la situazione di disoccupazione;
  • lo svolgimento di attività usuranti o gravose per almeno gli ultimi 7 anni su 10 e per non meno di 6 degli ultimi 7 anni;
  • lo stato di invalidità civile per almeno il 74%;
  • l’essere caregiver, ovvero prendersi cura di familiari conviventi in condizione di handicap grave.

Pensioni a quota 41 per tutti, quanto costa la misura?

Al di là della volontà politica di aprire tavoli di riforma delle pensioni che abbiano tra le ipotesi quella della quota 41 per tutti, è necessario tener presente i conti dell’Inps sulla misura. L’Istituto previdenziale, infatti, calcola che la quota 41 per tutti costerebbe:

  • quattro miliardi di euro nel primo anno di adozione del meccanismo;
  • valori elevati per tutta la durata;
  • 9 miliardi di euro nell’ultimo anno di un percorso decennale.

Pensioni, la soluzione flessibile dell’Inps che costa meno

Conti alla mano, dunque, il governo sarebbe rimasto freddo di fronte all’ipotesi di una misura così costosa. Le possibilità di uscita anticipata rispetto alla pensione di vecchiaia convergono su un requisito anagrafico di almeno 63 o 64 anni di età. La spesa per queste misure con requisiti anagrafici si abbasserebbe a 400 milioni di euro. Ma occorrerebbe che il neo pensionato accetti l’assegno calcolato solo con il contributivo fino all’età della pensione di vecchiaia. Dunque, dai 67 anni di età i lavoratori con contributi versati prima della fine del 1995, recupererebbero la quota retributiva.

Si può continuare a lavorare se si va in pensione con quota 102?

Si potrebbe continuare a lavorare nel caso in cui si vada in pensione con la nuova quota 102? La richiesta, per svariati versi, ricalca ciò che successe con la quota 100. Ovvero, la possibilità di continuare a lavorare e, dunque, di cumulare redditi da lavoro con redditi da pensione è circoscritta a specifiche situazioni e condizioni da rispettare. In mancanza di queste condizioni, il neopensionato dovrebbe rinunciare a eventuali contratti di lavoro. La rinuncia riguarda anche i casi di iscrizione alla gestione separata. O per i rapporti di collaborazione. Nel momento in cui si effettui la domanda di pensione per quota 102 è necessario non avere attività lavorative alle dipendenze o autonome in essere.

Quando un neo-pensionato con quota 102 può continuare a lavorare?

Un contribuente che va in pensione con quota 102 (analogamente a quanto avviene con la quota 100) può continuare a lavorare a determinate condizione. Ovvero, può cumulare il reddito da lavoro con quello da pensione solo nel caso in cui svolga un lavoro autonomo occasionale. L’importo massimo ammesso di reddito lordo annuo dall’attività lavorativa occasionale è pari a 5.000 euro.

Cosa succede se il lavoratore occasionale supera il tetto dei 5.000 euro nel caso di pensione a quota 102?

Il pensionato con quota 102 che dovesse svolgere un lavoro autonomo occasionale e sforare il tetto di reddito da lavoro di 5 mila euro, andrebbe incontro all’incumulabilità della pensione con il reddito da lavoro. Secondo quanto prevede il comma 87 alle lettere b) e c) dell’articolo 1, della legge numero 234 del 2021 (legge di Bilancio 2022) che modifica il comma 1, dell’articolo 14, del decreto legge numero 4 del 2019, in tal caso il lavoratore occasionale, nonché percettore di pensione con quota 102, potrebbe andare incontro alla sospensione del trattamento pensionistico.

Cosa deve fare il lavoratore per andare in pensione con quota 102?

Ai fini dell’andata in pensione con quota 102, il contribuente deve cessare il rapporto di lavoro alle dipendenze prima di presentare domanda di pensione. Per la stessa finalità, ai lavoratori autonomi non è richiesta la cessazione dell’attività. Ovvero, il lavoratore autonomo non deve procedere con la cancellazione dagli elenchi dei lavoratori autonomi, oppure cancellare l’iscrizione camerale, o dagli albi professionali o chiudere la partita Iva. Rimane, tuttavia, sottinteso che il conseguimento della pensione a quota 102 comporta l’incompatibilità della stessa con il continuare a svolgere l’attività lavorativa autonoma, se non meramente occasionale.

Sospensione del pagamento della pensione con quota 102 in caso di incumulabilità con i redditi da lavoro

Il pagamento della pensione da quota 102 è sospeso nell’anno nel quale siano stati percepiti redditi da lavoro:

  • da attività lavorativa diversa da quella autonoma occasionale;
  • per sforamento di redditi da lavoro del tetto dei 5 mila euro nel caso di svolgimento di attività autonoma occasionale;
  • nei mesi dell’anno precedenti a quello nel quale si compiano i 67 anni di età richiesti per la pensione di vecchiaia.

Quando l’attività lavorativa è cumulabile con la pensione a quota 102

A titolo di esempio, se un contribuente maturi il diritto alla pensione con quota 102 a giugno 2022 (64 anni di età e almeno 38 anni di contributi) e compia l’età della pensione di vecchiaia a giugno 2025, possono presentarsi vari casi di cumulabilità di lavoro e redditi da pensione. Ad esempio, se il contribuente percepisce da giugno a dicembre del 2022 reddito per attività di lavoro svolta da gennaio a maggio del 2022, l’attività lavorativa è compatibile con la pensione a quota 102 a partire da giugno perché l’attività lavorativa è stata svolta in un periodo antecedente la decorrenza della pensione. Diversamente, se l’attività lavorativa viene svolta da giugno a dicembre 2022, in concomitanza con la decorrenza della pensione a quota 102, vi è incumulabilità dei redditi.

Cosa deve fare il contribuente per svolgere l’attività occasionale in caso di pensione a quota 102?

Lo svolgimento dell’attività occasionale compatibile con la pensione a quota 102 necessita di una dichiarazione del lavoratore. Infatti, ai fini dell’accertamento della cumulabilità dei due redditi, il lavoratore deve darne comunicazione all’Inps. La comunicazione accerta che il lavoratore svolge solo attività occasionali dell’importo annuale lordo non eccedente i 5 mila euro. Nel caso di accertamento di incumulabilità di redditi da lavoro e redditi da pensione con quota 102, l’Inps:

  • sospende il trattamento di pensione;
  • recupera le mensilità corrisposte con riferimento all’anno nel quale ha pagato rate di pensione incompatibili con il reddito da lavoro.

Pensioni, quali possibilità di uscita con quota 102?

Quali possibilità vi sono per andare in pensione con quota 102 nel 2022? Fino alla fine di quest’anno si potrà andare in pensione anticipata con requisiti meno gravosi rispetto alla pensione di vecchiaia purché si maturino i 64 anni di età unitamente ad almeno 38 anni di contributi. Sulle chance di uscita con quota 102 l’Inps, lo scorso 8 marzo, è intervenuta con la circolare numero 38 per segnalare i passaggi utili per arrivare alla maturazione della quota 102.

Quota 102, quali differenze con le pensioni a quota 100?

Rispetto alla quota 100, in vigore fino al 31 dicembre 2021, con la quota 102 vi sono due novità. La prima è l’elevazione dell’età minima richiesta da 62 a 64 anni di età. La seconda novità riguarda la durata della sperimentazione. A differenza di quota 100, la quota 102 durerà solo per un anno. Tuttavia, ad oggi non si può essere certi che il governo consenta l’estensione anche al 2023 della quota 102. Molto dipenderà da come andrà il processo di riforma delle pensioni nel corso dell’anno.

Pensioni, quali lavoratori usciranno prima con la quota 102?

Con la circolare, inoltre, l’Inps ha già fissato le decorrenze del trattamento di pensione con quota 102 per l’anno 2022 in base alle differenti categorie lavorative. I prima a poter andare in pensione con quota 102 a decorrere dal 2 aprile 2022 saranno i lavoratori il cui trattamento previdenziale sia liquidato dalla gestione esclusiva dell’Assicurazione generale obbligatoria (Ago). Rientrano in questa categoria i lavoratori del Fondo Quiescenza delle Poste, ad esempio, o i lavoratori iscritti al Fondo Speciale delle Ferrovie dello Stato.

Quando andranno in pensione i lavoratori autonomi, del settore privato e quelli del pubblico impiego con quota 102?

A seguire, i lavoratori prossimi all’uscita per la pensione con quota 102 saranno quelli appartenenti al settore privato e gli autonomi. La decorrenza della pensione è prevista a partire dal 1° maggio 2022. A tale data corrisponde la regola del primo giorno del mese susseguente allo scadere dei tra mesi susseguenti alla maturazione dei requisiti. Infine, per i lavoratori del pubblico impiego, la prima data utile è quella del 2 luglio 2022.

Requisiti utili per la pensione a quota 102 maturati nel 2022, il diritto si cristallizza anche per gli anni successivi

Come specifica l’Inps nella circolare, inoltre, i requisiti utili per la maturazione della quota 102 devono essere raggiunti nell’anno 2022. Al raggiungimento dei requisiti, il lavoratore può decidere di andare in pensione anche nei prossimi anni con la misura in vigore nel 2022. Come per la quota 100, dunque, il diritto alla pensione con quota 102 si cristallizza e si può decidere di differire ai prossimi anni l’uscita da lavoro. Risulta decisivo, pertanto, raggiungere l’età di 64 anni e 38 anni di contributi nel corso dell’anno.

Quante settimane di lavoro sono necessarie per raggiungere i contributi per la quota 102?

I 38 anni di contributi necessari per maturare la quota 102 sono pari a 1976 settimane di lavoro. I contributi necessari possono ottenersi anche sommando i contributi non coincidenti accreditati nelle gestioni pensionistiche obbligatorie differenti, a eccezione che si tratti di contributi versati alle Casse previdenziali professionali.

Come avviene il calcolo della pensione per la quota 102?

Inoltre, il pensionamento con quota 102 è calcolato normalmente con il sistema pensionistico misto. Ovvero, una quota parte della pensione è calcolata con il metodo retributivo (normalmente fino a tutto il 1995); la restante quota con il sistema previdenziale contributivo, per i versamenti effettuati dal 1° gennaio 1996. Tuttavia, la quota 102 si può esercitare anche dopo aver esercitato l’opzione per il sistema contributivo. Si possono riscattare anche periodi antecedenti l’anno 1996 con il sistema agevolato, proprio per maturare i 38 anni di contributi richiesti.

Arrivare a 38 anni di contributi per la quota 102: il riscatto

Per arrivare ai 38 anni di contributi necessari per le pensioni a quota 102 si può procedere con il riscatto di periodi di studio. Ad esempio, se un lavoratore nel 2022 compie 64 anni ed ha 36 anni di contributi, può procedere con il riscatto di due anni del corso di laurea per perfezionare il requisiti contributivo. Dovrà procedere con il versamento di tutto l’onere e inoltrare la domanda della quota 102. Tale operazione può essere fatta anche successivamente al 2022.

Pensioni con quota 102, si può procedere con il cumulo lavoro-pensione?

Come per la quota 100, anche per la pensione a quota 102 non si può procedere con il cumulo dei redditi da lavoro con quelli da pensione. La data di decorrenza del divieto di cumulo è quella coincidente con il primo giorno di decorrenza della pensione stessa. Il cumulo persiste fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Attualmente, e probabilmente fino a tutto il 2026, l’età fissata per la pensione di vecchiaia è pari a 67 anni, unitamente a 20 anni di contributi. Come per la quota 100 si può procedere a un’attività lavorativa purché:

  • si tratti di un lavoro autonomo occasionale;
  • gli incassi siano limitati ai 5 mila euro lordi all’anno.

Pensioni quota 102, decorrenza dal 2 aprile 2022: ecco tutte le istruzioni

Prime indicazioni dell’Inps delle pensioni a quota 102. L’Istituto previdenziale, infatti, è intervenuto per chiarire le regole valide per questa formula di pensione anticipata con decorrenza della pensione a partire dal 2 aprile 2022. I requisiti di accesso alla quota 102 sono fissati nell’età di 64 anni e nel numero di anni di contributi pari a 38. Entrambi i requisiti devono essere maturati nell’arco dell’anno 2022. Inoltre, l’Inps ha formulato le ipotesi per le quali si potrà accedere alla quota 102 anche dopo il 2022.

Pensioni anticipate a 64 anni con quota 102, chi può accedere al prepensionamento?

Con la circolare numero 38 dell’8 marzo 2022, l’Inps ha fornito le istruzioni per le pensioni a quota 102. Possono accedere alla formula di pensionamento anticipato, in via sperimentale fino al 31 dicembre di quest’anno, gli iscritti:

  • all’assicurazione generale obbligatoria;
  • alla Gestione separata Inps;
  • alle formule esclusive e sostitutive gestite dall’Inps rispetto all’assicurazione generale obbligatoria.

Pensioni a quota 102, da quanto decorre il pensionamento anticipato?

Sulla decorrenza delle pensioni a quota 102, la prima data utile è per i lavoratori assicurati alle gestioni esclusive, come ad esempio il fondo dei dipendenti postali. Per questi soggetti, la decorrenza della quota 102 parte dal 2 aprile 2022. Per i lavoratori del settore privato, invece, la decorrenza inizia trascorsi i tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti. Pertanto, la decorrenza della pensione non può essere anteriore alla data del 1° maggio 2022.

Pensioni con quota 102, quando decorre il trattamento per i lavoratori della Pubblica amministrazione e della scuola?

Per i lavoratori dipendenti della Pubblica amministrazione, la decorrenza è fissata in sei mesi dalla maturazione dei requisiti previsti. Pertanto, il trattamento di pensione sarà liquidato a partire dal 1° agosto 2022. Per il personale impiegato nella scuola e nell’Afam, si deve continuare a far riferimento alle disposizioni specifiche previste dal comma 9, dell’articolo 59, della legge numero 449 del 1997.

Maturazione requisiti di pensione a quota 102, come vanno considerati i contributi versati?

Per la maturazione dei diritto ad andare in pensione con quota 102, i contributi richiesti sono di almeno 38 anni. Per raggiungere questo requisito, la circolare Inps specifica che risulta “valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità, ove richiesto dalla Gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico”. Inoltre, “i lavoratori che perfezionano i prescritti requisiti, nel periodo compreso tra il 2019 e il 2021, per la pensione quota 100, ovvero entro il 2022, per la pensione anticipata introdotta dalla disposizione in oggetto, possono conseguire il relativo trattamento pensionistico in qualsiasi momento, anche successivo alle predette date, al ricorrere delle condizioni previste”.

Pensioni a quota 102, diritto ‘cristallizzato’ per uscite anche dopo il 2022

Pertanto, chi perfeziona i requisiti di uscita per le pensioni a quota 102 nel 2022, potrà comunque richiedere di accedere alla misura anche dopo il termine di quest’anno. Il diritto alla quota 102, come per la quota 100, si intente pertanto cristallizzato alla maturazione dei requisiti di uscita richiesti maturati durante l’anno in corso.

Possibilità di cumulare i contributi per arrivare alla pensione a quota 102: ecco come

Come per la quota 100, anche per la quota 102 i lavoratori hanno la possibilità di cumulare i contributi. A tal proposito, l’Istituto previdenziale chiarisce che i lavoratori hanno la facoltà di cumulare i contributi accantonati in tutte le gestioni dell’Inps per arrivare ai 38 anni di versamenti richiesti. Inoltre, la circolare Inps chiarisce anche la possibilità dei riscatti contributivi. I lavoratori che avessero raggiunto nel 2022 il numero di anni di contributi previsti grazie al riscatto, potranno accedere alla pensione a quota 102. L’accesso è diretto, e può avvenire rispettando le finestre di uscita a seconda che si lavori nel pubblico o nel privato.

Accesso alla quota 102 per chi è titolare di assegno ordinario di invalidità

La circolare Inps, inoltre, chiarisce l’accesso alla pensione a quota 102 per chi fosse titolare di assegno ordinario di invalidità. Ci si riferisce all’istituto previsto dalla legge numero 222 del 12 giugno 1984. I soggetti che maturino i requisiti richiesti per la quota 102, hanno la possibilità di conseguire, mediante domanda, la pensione anticipata in argomento. Ciò può avvenire “subordinatamente alla cessazione della titolarità dell’assegno ordinario di invalidità, per mancata conferma o a seguito di revisione per motivi sanitari”.

Trattamento di fine rapporto (Tfr) o di fine servizio (Tfs) con la pensione a quota 102

L’erogazione delle indennità di Trattamento di fine rapporto (Tfr) per i lavoratori del settore privato o del Trattamento di fine servizio (Tfs) per quelli del pubblico, anche nel caso di uscita con le pensioni a quota 102, non è contestuale alla conclusione del rapporto di lavoro. Pertanto, i lavoratori interessati non riceveranno il Tfr o il Tfs a decorrere dal collocamento a riposo. Ma dalla data in cui il lavoratore avrebbe maturato il diritto al trattamento pensionistico secondo le disposizioni in vigore.

Quanto viene pagato il Tfr o il Tfs dalla data di pensionamento anticipata con quota 102?

La circolare, pertanto, chiarisce anche la decorrenza del Trattamento di fine rapporto o di fine servizio a decorrere dal collocamento a riposo con quota 102. “Il trattamento di fine servizio o di fine rapporto – si legge nella circolare Inps – sarà pagabile decorsi 12 mesi dal raggiungimento del requisito anagrafico utile alla pensione di vecchiaia ovvero dopo 24 mesi dal conseguimento teorico del requisito contributivo per la pensione anticipata”. Alla decorrenza dei 12 o dei 24 mesi, partono gli ulteriori tre mesi di intervallo temporale affinché l’Inps possa provvedere al pagamento della prestazione previdenziale.

 

Pensioni quota 100: completare i contributi nel 2022 da diritto alla pensione, ecco quando

Se c’è una categoria di lavoratori che può essere considerata sfortunata in materia pensioni è senza dubbio quella dei nati nel 1959 che non sono riusciti ad entrare in quota 100.

Una specie di nuovi esodati come vedremo, perché sono quelli che oggi pagheranno dazio al fatto che si è deciso di interrompere la sperimentazione triennale di quota 100 e di introdurre la quota 102. Oggi però spiegheremo che è possibile ancora recuperare la quota 100 per chi non è riuscito a rientrare per via della carenza dei contributi maturati alla data di scadenza della quota 100.

Naturalmente si tratta di una possibilità non aperta a tutti perché altrimenti la quota 100 non sarebbe cessata come invece lo è. Ma qualcuno forse non è a conoscenza del fatto che anche se a ritroso, è possibile recuperare contributi validi per avere accesso alla quota 100 così come alle altre misure che magari oggi sono terminate.

Cosa succede alle pensioni per i nati nel 1959

Parliamo del nato nel 1959 perché è l’ultimo beneficiario della quota 102. L’ultimo che è riuscito a centrare i 62 anni durante la durata della quota 100. La quota 100 è terminata ufficialmente il 31 dicembre 2021. Come è noto, per completare il doppio requisito entro la fine dello scorso anno occorrevano almeno 62 anni di età ed almeno 38 anni di contributi.

E sono proprio i nati nel 1959 che non sono riusciti a completare il secondo requisito, quello dei 38 anni di contributi ad essere penalizzati sia dalla fine di quota 100 che dalla nascita di quota 102.

Il governo con la legge di Bilancio e con il pacchetto pensioni della stessa, ha deciso di sostituire la quota 100 con la quota 102. L’età anagrafica minima prevista è passata dai 62 ai 64 anni. La dote dei contributi necessari invece è rimasta quella dei 38 anni. Ma la quota 102 vale solo per un anno, in una specie di fase transitoria che il governo ha deciso di varare in attesa di riformare profondamente il sistema. Ciò significa che per i nati nel 1959, si è doppiamente penalizzati.

Come sono penalizzati i lavoratori nati nel 1959

A chi mancava solo un anno ai 38 necessari per quota 100, anche completandoli nel 2022, si è tagliati fuori dalla quota 102 perché nel 2022 questi lavoratori completeranno 63 anni di età e non i 64 anni come misura prevede.

E nel 2023 la quota 102 non ci sarà più, cioè questi lavoratori non potranno centrare la quota 102 al compimento del 64imo anno di età nel 2023 perché sparirà la quota 102.

In altri termini, ai nati nel 1959 con piccole carenze contributive, prima è stata tolta da sotto il naso la quota 100, e poi verrà tolta, altrettanto improvvisamente la quota 102. Al momento non resta che aspettare i 67 anni della riforma Fornero, cioè 5 anni di attesa rispetto a chi ha avuto la fortuna di rientrare nella quota 100.

La cristallizzazione del diritto alla quota 100

Chiunque è riuscito a centrare entrambi i requisiti per la quota 100 entro il 31 dicembre 2021 e chiunque riuscirà a fare altrettanto con la quota 102 entro il 31 dicembre 2022, potranno acquisire definitivamente il diritto alla pensione con entrambe le misure. Anche se non lasciano subito il lavoro alla maturazione del diritto alla pensione.

Potranno sfruttare la misura anche l’anno o gli anni successivi. Il meccanismo si chiama cristallizzazione del diritto. Una salvaguardia che serve affinché chi ha maturato un diritto ad una prestazione pensionistica non sia penalizzato dalla chiusura della misura per il solo fatto che ha deciso di restare al lavoro senza cogliere immediatamente l’occasione di andare in pensione.

Ma come detto per i nostri nati nel 1959, non avendo centrato entrambi i requisiti entro la fine dello scorso anno, la quota 100 non è diritto maturato per loro. DI penalità in penalità quindi, e tutto per via dei 38 anni di contributi mancanti.

Come riempire la carriera anche oggi ma con effetto retroattivo

Il sistema previdenziale italiano prevede numerosi strumenti utili a rendere validi ai fini pensionistici periodi pregressi e futuri per accedere a numerose misure. Ci sono i contribuiti volontari, che operano nel futuro però e non retroattivamente. In pratica si possono versare, a determinate condizioni, periodi di contribuzione per arrivare ad una determinata soglia in modo tale da centrare una pensione.

Non è il caso dei nostri nati nel 1959, perché ormai è passata la data ultima entro cui completare i 38 anni utili a quota 100. Ma ci sono anche i riscatti, la Pace contributiva, i corsi di studio universitari.

In pratica la normativa consente, sempre in base ad alcune specifiche situazioni, di riempire una carriera lavorativa, di periodi utili a completare la carriera, anche se trattasi di periodi passati.

Il riscatto dei contributi

La prima misura tra queste di cui parliamo oggi è senza dubbio il riscatto. Una misura già approfondita da noi con una guida dettagliata. Ed è una misura che può tornare utile a chi adesso è duramente penalizzato dalla cancellazione si quota 100.

Si tratta di uno strumento che permette al lavoratore, dietro pagamento di un onere, di recuperare periodi ai fini della pensione e di altre prestazioni previdenziali. Grazie al riscatto non sono pochi i lavoratori che possono anticipare la pensione.

Basti pensare a chi vorrebbe raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi utili alla pensioni anticipate. La misura è distaccata da qualsiasi limite di età e pertanto, se mancano due anni al raggiungimento di quella soglia e ci sono due anni di studio universitario che è possibile riscattare, ecco che la misura torna utile per anticipare la quiescenza di 2 anni.

Pensioni quota 100, buoni anche i contributi da riscatto

La pensione anticipata con quota 100 rispetto alle anticipate ordinarie, prevede un limite di età. Essa può essere ottenuta con un minimo di 62 anni di età e 38 anni di contributi versati di cui almeno 35 devono risultare effettivi, cioè  al netto di eventuali periodi di disoccupazione e malattia.

Per il tramite del riscatto, la pensione quota 100 si può centrare, ma solo se non sono stati ancora completati i 38 anni di contributi.

Quindi, per chi si trovava al 31 dicembre scorso privo dei 38 anni di contributi, se nella carriera ha periodi riscattabili la soluzione può essere ancora centrata, evitando di dover attendere i 67 anni di età per la pensione di vecchiaia ordinaria.

Come opera il riscatto dei contributi per le pensioni

Va ricordato che si possono riscattare solo i periodi non coperti da altra contribuzione. Questa via è fattibile dal momento che conta la collocazione di questi periodi. Il riscatto infatti opera in maniera particolare, andando a collocare temporalmente i contributi versati negli anni o nei periodi in cui questi dovevano essere versati. A dispetto dei contributi volontari che sono successivi, cioè che valgono per i periodi successivi a quelli in cui sono stati pagati, nel riscatto la data di pagamento non fa testo.

In altri termini, riscattare 12 mesi da gennaio a dicembre del 1997, riempie il 1997. A chi mancava magari solo un anno per completare i 38 anni utili alla quota 100, facendo questa operazione e pagando qualcosa, i benefici di quota 100 possono ancora essere sfruttati. E lo stesso vale per chi vorrebbe uscire subito con la pensioni anticipate, per la quale magari manca solo un anno al completamento dei 42 anni e 10 mesi necessari.

Pensioni 2023: la legge Fornero sarà definitivamente superata?

La riforma pensionistica introdotta con la Legge Fornero (decreto legge 201 del 2011) ha messo in difficoltà molti lavoratori perché, al fine di ridurre il debito pubblico, ha innalzato molto i requisiti per andare in pensione. Prevede il pensionamento a 67 anni di età oppure 42 anni e 10 mesi di contributi che scendono a 41 anni e 10 mesi per le donne. Dopo l’approvazione di Quota 102 fino al 31 dicembre 2022, i lavoratori fanno domande sulle pensioni 2023 sperando in una riforma che possa far superare definitivamente la Legge Fornero.

La Legge Fornero, Quota 100 e Quota 102

La Legge Fornero fin dalla sua entrata in vigore ha destato molti malumori, d’altronde già il fatto che al momento della presentazione della stessa, il ministro Elsa Fornero piangeva a dirotto, ha fatto immaginare ai lavoratori scenari apocalittici. Proprio per questo nel tempo, al fine di mitigare il malumore e le oggettive difficoltà dei lavoratori, i vari governi e le varie maggioranze parlamentari hanno proposto delle alternative alla Legge Fornero, che resta tutt’ora applicabile.

Per mitigare gli effetti della Legge Fornero con il decreto legge 4 del 2019 è stata introdotta la Quota 100 che permetteva ai lavoratori di uscire in anticipo dal mondo del lavoro a patto però che maturassero 62 anni di età e almeno 38 di contributi. La Quota 100 è però definitivamente andata in pensione il 31 dicembre 2021, sostituita dalla Quota 102.

Si tratta di una misura ponte che porterà molto probabilmente all’applicazione delle Legge Fornero in maniera totale. Quota 102 dovrebbe terminare la sua funzione il 31 dicembre 2022 e prevede la possibilità di andare in pensione a 64 anni di età con 38 anni di contributi. Ricordiamo che coloro che non hanno i requisiti per Quota 102, Opzione Donna, Ape Sociale o non vogliono approfittare di queste misure vedono l’applicazione della Legge Fornero che quindi è ancora attiva.

Cosa ci sarà dopo Quota 102? Le ipotesi per le pensioni 2023

Ciò che molti si chiedono è se dal 2023 si ritornerà alla Legge Fornero che, essendo criticata anche da molti partiti, potrebbe di fatto con un po’ di impegno essere superata. Le ipotesi allo studio per evitare l’applicazione dal 2023 della Riforma Fornero sono diverse, infatti i lavoratori sperano in un ritorno a Quota 100 dal 2023, mentre il Governo sembra stia studiando l’ipotesi di un’ulteriore misura ponte, cioè la Quota 104 che permetterebbe di andare in pensione con con almeno 66 anni di età e 38 di contributi.

Un’ulteriore ipotesi per poter tenere alla larga l’entrata in vigore completa della Legge Fornero senza ulteriori misure di pensione agevolata, è l’introduzione del solo sistema contributivo che andrebbe però a ridurre molto l’importo della pensione maturato. Secondo il Presidente del Consiglio Mario Draghi però questo è l’unico modo per evitare l’applicazione delle riforma pensionistica ideata dall’allora ministro Elsa Fornero.

Nota sul sistema contributivo per le pensioni 2023

Attualmente la disciplina del sistema contributivo prevede che:

  • il sistema contributivo, più favorevole ai lavoratori, venga applicato in maniera integrale ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996;
  • per coloro che alla data del 31 dicembre 1995 avevano maturato un’anzianità contributiva di almeno 18 anni si applica un sistema misto fino al 1° gennaio 2012, cioè l’entrata in vigore della Legge Fornero del calcolo retributivo;
  • infine, per coloro che al 1° gennaio 1996 non avevano ancora maturato 18 anni di contributi, il calcolo dell’assegno pensionistico avviene con il sistema misto con applicazione del calcolo contributivo già dal 1° gennaio 1996. Con l’ipotesi allo studio verrebbe meno questa differenziazione.

Tra le ipotesi allo studio c’è anche Quota 41, presentata dalla Lega, che prevede la possibilità per i lavoratori di andare in pensione a 63 anni con almeno 41 anni di contributi. I sindacati invece chiedono una norma che consenta ai lavoratori di scegliere quando andare in pensione dopo aver raggiunto 62 anni di età e 41 di contributi, inoltre chiedono il riscatto gratuito della laurea e una pensione di garanzia per i giovani.

Pensioni 2023: resteranno Opzione Donna e Ape Sociale?

Ricordiamo che per agevolare il pensionamento ad oggi sono disponibili anche altre strade, cioè Opzione Donna che consente alle donne di andare in pensione a 58 anni di età, 59 per le lavoratrici autonome, con almeno 35 anni di contributi, ma perdendo però almeno il 30% dell’assegno in quanto gli importi sarebbero calcolati esclusivamente con il metodo contributivo. Infine è ancora possibile andare in pensione con l’APE Sociale che prevede anticipi pensionistici per chi ha perso il lavoro e ha difficoltà a collocarsi nel mondo del lavoro, per i lavori usuranti e per i care givers.

Per avere maggiori informazioni sulle attuali possibilità di pensionamento si consiglia la lettura di:

APE Sociale 2022: tutte le novità introdotte con la legge di bilancio

Legge di Bilancio 2022 novità per Quota 102 e Opzione Donna