Sblocco licenziamenti ma c’è anche chi non riesce ad assumere

Lo sblocco licenziamenti è appena diventato realtà. Vediamo quali sono gli scenari che potrebbero aprirsi, anche se c’è chi non riesce ad assumere.

Sblocco licenziamenti, facciamo il punto della situazione

Lo sblocco licenziamenti collettivi o individuali per le piccole e grandi imprese si è concluso. Così le imprese potranno ricominciare tranquillamente a licenziare. Almeno che le stesse aziende non abbiano deciso di richiedere la cassa integrazione Covid prolungata fino a fine 2021.

Il periodo lungo il quale poter utilizzare la Cig varia a seconda della categoria:

  • massimo 13 settimane per le piccole imprese del terziario, commercio, artigiani, giornalisti (a condizione che abbiano esaurito le 28 settimane della precedente proroga).
  • massimo di 9 settimane per tessile, abbigliamento e pelletteria (se hanno esaurito le 17 settimane precedenti)

Ma a far fronte alle difficoltà di molti settori come quello della moda, edili, tessile, pelletteria e ristorazione ci potrebbe pensare la nuova manovra sul lavoro. Infatti sono previste circa 119 mila assunzioni nella pubblica amministrazione, 33 mila nella sanità e 2500 insegnanti di educazione fisica. 

Le figure lavorative maggiormente richieste

Il primo sblocco dei licenziamenti è avvenuto a giugno di quest’anno. Questo ha fatto si che circa 10 mila posti di lavoro sono andati perduti. Anche se  non si può parlare di vero e proprio boom di licenziamenti che si pensava avesse dei valori peggiori.

Accanto allo scenario dei possibili licenziamenti, c’è quello della difficoltà di alcune imprese, di reperire nel mercato alcune figure professionali. Infatti mancano ingegneri elettronici, tecnici industriali, specialisti nel taglio, cuochi, saldatori e camerieri. Sembra che non ci siano circa il 36% delle figure richieste. Non solo manca anche il 50 per cento degli operai specializzati. Mentre secondo il governo ci sarebbero fino a 1.4 milioni di contratti a tempo determinato legati al Recovery found entro il fine anno.

Lo strano caso delle dimissioni in Italia

Il valore che però stupisce è quello delle dimissioni da parte dei lavoratori italiani. Si parla di circa 484 mila dimissioni tra il mese di aprile e quello di giugno di quest’anno. I motivi sono molti, anche legati al patimento psicologico dovuto alla pandemia. Anche se rimangono validi altri due motivi legati alla fuga verso l’estero di personale specializzato soprattutto nel settore della ristorazione.

Forse il bisogno di libertà o la ricerca di un posto di lavoro meglio pagato al di fuori dell’Italia ha fatto registrare un innalzamento del valore di coloro che hanno scelto di dimettersi dal proprio posto di lavoro. Cosa ci aspetterà nei prossimi mesi? beh staremo a vedere, anche perché entro fine anno dovrebbe essere approvato al Senato il decreto fiscale, che contiene anche le novità sugli ammortizzatori sociali.

 

 

Lavori gravosi, ecco le nuove categorie ammesse per le pensioni Ape sociale

Con il disegno di legge di Bilancio 2022 sono varie le categorie ammesse tra i lavori gravosi ai fini delle pensioni Ape sociale. Oltre alle 15 esistenti, infatti, sono state incluse dal governo altre 23 categorie di professioni che permetteranno ai lavoratori coinvolti di poter andare in pensione anticipatamente a 63 anni di età.

Pensioni Ape sociale, i requisiti di uscita a 63 anni

Al momento i requisiti di uscita per le pensioni con Ape sociale rimangono invariati. Infatti, possono accedere all’anticipo pensionistico i lavoratori che abbiano compiuto i 63 anni di età e che rientrino, alternativamente, in una delle seguenti situazioni:

  • essere disoccupati e aver terminato di percepire le prestazioni di disoccupazioni da almeno 3 mesi;
  • invalidi per una percentuali di almeno il 74%;
  • essere caregiver, ovvero prestare assistenza al coniuge o a un parente convivente di primo grado con invalidità grave;
  • rientrare in una delle categorie di lavori cosiddetti “gravosi” e aver prestato lavoro in questa attività per almeno 6 degli ultimi 7 anni, o per 7 degli ultimi 10 anni.

Per chi rientri un una delle prime tre categorie di condizioni, sono necessari almeno 30 anni di contributi versati. Per i gravosi gli anni di contribuzione minimi devono essere pari a 36.

Ape sociale, nelle nuove professioni gravose anche le maestre della scuola

Con la legge di Bilancio 2022 si andranno ad aumentare le categorie di categorie di lavori gravoso rispetto alle 15 previste fino a oggi. In tutto, le mansioni gravose diventeranno 82. Infatti, alle 27 professioni comprese già nelle 15 categorie lavorative, se ne andranno ad aggiungere altre 55. Per la scuola, oltre alle maestre degli asili nido e delle scuole dell’infanzia, la legge di Bilancio 2022 allargherà il beneficio della pensione dei 63 anni anche alle maestre delle scuole primarie, pre-primarie e professioni assimilate (codice Ateco professioni 2.6.4).

Elenco delle professioni gravose ai fini delle pensioni Ape sociale dal 2022

Ecco tutte le altre professioni incluse tra i nuovi gravosi dalla legge di Bilancio 2022:

  • i tecnici della salute (Ateco professioni 3.2.1);
  • gli addetti alle professioni qualificate dei servizi sanitari e sociali (professioni Ateco 5.3.1.1);
  • addetti alla gestione dei magazzini e professioni assimilate (Ateco 4.3.1.2);
  • gli operatori della cura estetica (5.4.3);
  • professioni qualificate nei servizi personale e assimilati (professioni Ateco 5.4.4);
  • gli artigiani, gli operai specializzati e gli agricoltori;
  • i conduttori di impianti e macchinari per l’estrazione e il primo trattamento dei minerali;
  • i conduttori di forni ed altri impianti per la lavorazione del vetro, della ceramica e di materiali assimilati;
  • gli operatori di impianti per la trasformazione e lavorazione a caldo dei metalli;
  • i conduttori di impianti per la trasformazione del legno e la fabbricazione della carta;
  • gli operatori di macchinari e di impianti per la raffinazione del gas e dei prodotti petroliferi;
  • i conduttori di veicoli, di macchinari mobili e di sollevamento;
  • i conduttori di mulini e impastatrici; i conduttori di forni e di analoghi impianti per il trattamento termico dei minerali;
  • i conduttori di impianti per la produzione di energia termica e di vapore, per il recupero dei rifiuti e per il trattamento e la distribuzione delle acque;
  • gli operai semiqualificati di macchinari fissi per la lavorazione in serie e operai addetti al montaggio;
  • gli operatori di macchinari fissi in agricoltura e nella industria alimentare;
  • il personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli;
  • i portantini e professioni assimilate;
  • il personale non qualificato addetto allo spostamento e alla consegna merci;
  • i giardinieri  e le professioni non qualificate in agricoltura, nella manutenzione del verde, allevamento, nella silvicoltura e nella pesca;
  • le professioni non qualificate nella manifattura, nell’estrazione di minerali e nelle costruzioni.

 

G20: storico accordo per eliminazione dazi doganali su acciaio e alluminio

Il G20 tenutosi a Roma ha portato molte novità nel mondo dell’economia e tra quelle che appaiono molto importanti vi è l’eliminazione dei dazi doganali tra Unione Europea e USA su acciaio e alluminio.

Eliminazione dei dazi doganali tra USA e Unione Europea

Il G20 sembra essere stato molto proficuo, infatti sebbene si ritiene che l’impatto sarà minimo, dal 2023 sarà applicata la Global Minimum Tax. Inoltre è arrivata la notizia dell’eliminazione dei dazi doganali tra USA e Unione Europea su metalli importanti come acciaio e alluminio. A introdurre tali misure protezionistiche era stato il Presidente degli Stati Uniti  Donald Trump e molti auspicavano un cambio di passo con il cambio della presidenza degli USA. Questi materiali sono alla base di molte produzioni sia in America, sia in Unione Europea, ad oggi il maggiore produttore resta la Cina e l’applicazione di dazi sui prodotti provenienti dall’Unione Europea aveva scoraggiato la domanda dall’Unione Europea con un danno economico non da poco.

Quando sono stati introdotti i dazi doganali?

La disciplina introdotta da Trump prevedeva dazi doganali pari al 25% del valore delle importazioni sull’acciaio e il 10% sull’alluminio. Trump aveva giustificato l’introduzione di questi dazi come una misura di “sicurezza nazionale” ma in pochi vi avevano creduto, ritenendo invece che fosse solamente un modo per proteggere l’economia del Paese, andando così a violare accordi precedenti.

La risposta a questi dazi non si fece attendere, infatti l’Europa a sua volta decise di imporre dei dazi sulle importazioni di prodotti iconici per gli United States  e in particolare Harley Davidson, whiskey Bourbon, ma anche su alcuni prodotti alimentari come il mais e il burro d’arachidi. Tale contropartita aveva comunque un valore inferiore rispetto ai danni prodotti dai dazi su acciaio e alluminio imposti dall’America.

G20: cadono i dazi doganali su acciaio e alluminio

L’annuncio ufficiale sull’accordo per l’eliminazione dei dazi doganali è arrivato durante il G20 dal Segretario al Commercio americano Gina Raimondo e dalla Rappresentante per il commercio degli USA Katherine Tai. Da questi dazi erano scaturite anche molte controversie proposte davanti agli organi del Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Non si tratta di un dettagli di poco conto infatti l’accordo prevede che con la caduta dei dazi doganali cadranno anche tutte le controversie già iniziate su tali temi.

Il valore della rimozione dei dazi oscilla intorno a 10 miliardi di dollari. Resta ora l’ultimo passo da compiere, infatti l’accordo dovrà essere ufficializzato e sarà sottoscritto da Joe Biden per gli USA e dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyern. Gli accordi erano già in itinere, ma si è deciso per un cambio di passo repentino, in modo da velocizzare l’eliminazione degli stessi, quindi è probabile che già dal 2023 tali novità saranno operative.

Riforma fiscale 2022, le ipotesi della legge di Bilancio: dal taglio Irpef all’aumento del bonus 80 euro

Ancora un mese di tempo per il governo e il Parlamento per decidere quale sarà la riforma del Fisco del 2022. L’obiettivo è quello di ridurre la pressione fiscale portandola al 41,7% del Prodotto interno lordo dalla percentuale del 42,8% raggiunta nel 2020. Sono varie le ipotesi sul tavolo della riforma: si va dal taglio delle aliquote Irpef all’aumento del bonus di 80 euro (ex Renzi, attualmente arrivato a 100 euro con il taglio del cuneo fiscale), fino alla possibilità di tagliare decisamente l’Irap. Nella legge di Bilancio 2022 il governo ha stanziato 8 miliardi di euro per attuare la riforma.

Ipotesi di riduzione delle aliquote Irpef nella riforma del Fisco 2022

La prima ipotesi di riforma del Fisco per il 2022 è quella di un intervento sulle aliquote dell’Irpef. Si tratta di una strada che già in passato si era ipotizzata con delle opportune simulazioni. Aliquota cruciale per la riforma è quella del 38% dei redditi medi, applicata dai 28 mila ai 55 mila euro. C’è distanza dell’applicazione dell’aliquota a questo scaglione rispetto a quello più basso: 11 punti percentuali rispetto al 27%.

Quali potrebbero essere le aliquote Irpef del 2022 con la riforma?

L’ipotesi della riduzione delle aliquote Irpef per attuare la riforma del Fisco andrebbe a limare le due aliquote in questo modo:

  • redditi fino a 25 mila euro aliquota del 23%;
  • fino a 55 mila euro di reddito l’aliquota sale al 33%;
  • per redditi superiori aliquota Irpef del 43%.

Peraltro, l’intervento sulle aliquote Irpef andrebbe anche ad assorbire le detrazioni e il bonus di 80 euro di Renzi (aumentato a 100 euro) per un costo complessivo di 10 miliardi di euro annui.

Riforma Fisco 2022, c’è l’ipotesi di aumentare il bonus 100 euro (ex bonus Renzi)

Proprio sul bonus Irpef è concentrata la seconda possibilità di riforma del Fisco. Si andrebbe a intervenire sul bonus aumentando il tetto di detrazione mensile dagli attuali 100 euro a 120 euro. E si potrebbe allargare anche la platea dei lavoratori coinvolti nella detrazione incrementando l’attuale limite di reddito per la misura ai redditi oltre i 28 mila euro. Con le modifiche intervenute negli ultimi anni, tra i 28 mila e i 40 mila euro di reddito annuo, il bonus viene assicurato in misura decrescente. Il sistema di decalage del bonus potrebbe essere applicato per i redditi fino a 55 mila euro.

Abolizione dell’Irap, la strada meno percorribile per la riforma del Fisco

La strada dell’abbattimento dell’Irap sui redditi delle imprese sembrerebbe la meno attuabile. Intanto perché l’uscita di scena dell’imposta regionale sarà progressivo riducendo le aliquote, come già indicato dal documento di delega fiscale. Molto probabilmente le richieste del mondo dell’imprenditoria rimarranno ferme al palo: il costo dell’abolizione totale dell’imposta regionale risulta elevato. Troppo rispetto agli 8 miliardi di euro che il governo ha stanziato per la riforma del Fisco. Più fattibile, dunque, la riduzione delle aliquote Irap per avviare il progressivo abbattimento dell’imposta regionale. Meno probabili risultano altre ipotesi richieste dalle imprese, consistenti nell’eliminazione dal calcolo della base imponibile degli interessi passivi e dalla fusione dell’Irap con l’Ires.

Bollo auto, i trucchi per non pagare vengono dalla Cassazione

Oggi andremo a verificare alcune soluzioni, che potremmo definire “trucchi” per non pagare, il bollo auto. Andiamo a scoprire cosa accade a detta della Cassazione, in merito ai bollo auto.

Bollo auto, di cosa si tratta

Innanzitutto, soprattutto per i neo patentati o per coloro che ancora non sono pratici di auto e del loro mantenimento, andiamo a specificare cosa è il bollo auto.

Il bollo auto, spesso definito anche come il “calcolo della tassa regionale automobilistica” non è altro che un tributo regionale il cui versamento spetta a tutti i possessori di un’auto indicati dal Pubblico Registro Automobilistico.

Appurato ciò, andiamo a vedere cosa ci dice la Cassazione, curiosamente, per non pagarlo.

Bollo auto, come non pagarlo

Già potremmo dire che il bollo auto sia una delle tasse più evase dagli italiani. Una tassa di possessione e non più di circolazione che va pagato ogni anno, indipendentemente dal fatto che il veicolo venga utilizzato o meno. Il pagamento, infatti, lo deve effettuare anche chi parcheggia l’auto in garage, chi è all’estero per lavoro, l’erede che ha lasciato la macchina del defunto nel cortile condominiale in attesa di dividere la successione con gli altri familiari. 

La prima possibilità, o possiamo dire il primo trucco per non pagare il bollo auto passa per la verifica del rispetto dei termini da parte dell’ente titolare del credito.

Per riscuotere il bollo auto, è necessario prima inviare al titolare del veicolo un avviso di pagamento. Da questa premessa parte il “trucco”. Dunque, a spedirlo deve essere l’ente titolare del credito che è, di regola la Regione, tranne per il Friuli Venezia Giulia e per la Sardegna ove la competenza è dell’Agenzia delle Entrate.

Tale avviso, però, ricorda una recente sentenza della Cassazione, deve essere spedito entro il 31 dicembre del terzo anno successivo rispetto a quello in cui era dovuto il pagamento. Diversamente, la richiesta di pagamento del bollo è illegittima.

Prescrizione del bollo auto

Il bollo auto è provvisto di un termine di prescrizione di 3 anni: il più breve di tutte le imposte. Da questa premessa significa che chi dimentica di pagare il bollo auto può ricevere un accertamento solo per le ultime tre annualità e non per quelle anteriori. 

Quindi, ogni richiesta di pagamento del bollo ha una data di scadenza che è sempre di 3 anni. Questo non vale soltanto per l’avviso di pagamento, bensì anche per le successive cartelle esattoriali.

Dunque, possiamo accertare che la cartella per bollo auto che viene notificata dopo 3 anni da quando il bollo doveva essere versato può essere annullata dinanzi alla Commissione tributaria provinciale.

Inoltre, qualora l’importo fosse inferiore alla somma di tremila euro, il contribuente può anche presentare il ricorso da solo, senza usufruire di un’assistenza di avvocato e quindi senza ulteriori spese.

Mancata notifica di pagamento

Va precisato che per poter emettere cartella di pagamento, il contribuente deve aver ricevuto l’accertamento fiscale della Regione o dell’Agenzia delle Entrate. In caso contrario, quella cartella, risulterebbe nulla.

Capita, quindi, talvolta che questa notifica non avvenga o vengano disperse le prove amministrative. Per cui, chi riceve la cartella potrebbe pure contestare l’omessa notifica dell’avviso di pagamento che l’ente titolare del credito deve spedire.

Ecco che dunque, il pagamento del bollo auto andrebbe, legittimamente, a mancare.

Dunque, queste erano alcune papabili situazioni, coincidenze fortunose potremmo dire, in cui la Cassazione certifica che il pagamento del bollo auto può venire meno senza conseguenze per il mancato pagamento.

Questo è quanto vi fosse di più necessario da sapere in merito alle possibilità di non pagare il bollo auto, con queste curiose tipologie di “trucchi” leciti.

Il minore emancipato: lavorare non basta per ottenere il riconoscimento

Il bambini prodigio sono ormai un fenomeno ordinario e sempre più spesso sono anche fonte di guadagni ragguardevoli. Sebbene molti di questi ragazzi mostrino una consapevolezza da adulti e oculatezza nel pianificare il futuro, per il nostro ordinamento fino a quando non compiono 18 anni di età, sono considerati minorenni e da soli possono assumere ben poche scelte. C’è un unico caso in cui i giovani hanno una certa autonomia di scelta, si tratta del caso del minore emancipato.

La tutela dei minori

Si è visto in diversi articoli che i minori sono particolarmente tutelati dall’ordinamento e che per molti atti basta il consenso di un genitore (atti di ordinaria amministrazione), per altri è necessario il consenso di entrambi i genitori (atti di straordinaria amministrazione) che esercitano la responsabilità genitoriale, per altri atti ancora è addirittura necessario il consenso del giudice e si tratta di atti di disposizione di beni di particolare rilevanza. Il giudice inoltre può essere chiamato a intervenire nel caso in cui ci sia dissenso tra i genitori su scelte di particolare rilevanza, ad esempio cure mediche o adibire il giovane al lavoro. Vi è però anche un ulteriore caso, cioè quello il cui si è di fronte al minore emancipato.

La capacità di agire e il minore emancipato

Ciò che distingue il minore di 18 anni da colui che invece ha già compiuto tale età la capacità di agire: colui che ancora non ha compiuto di 18 anni di età non può compiere atti di particolare rilevanza. Non può porre in essere atti giuridici, ad esempio non ha facoltà di stipulare autonomamente un contratto di lavoro, non può acquistare casa, non può gestire il patrimonio, sebbene sia stato da lui stesso prodotto. Vi sono però dei casi in cui è previsto che il minore possa ottenere attraverso provvedimento del giudice, la capacità di agire prima dei 18 anni, ma comunque successivamente al compimento del sedicesimo anno di età.

I casi in cui è possibile che il minore sia emancipato sono comunque limitati, infatti l’articolo 84 del codice civile stabilisce che, ricorrendo gravi ragioni, il minore di 18 anni che abbia già compiuto 16 anni, possa ottenere l’autorizzazione a contrarre matrimonio e da questa discende l’emancipazione del minore, ma attenzione, acquista la capacità di agire per i soli atti di ordinaria amministrazione.

Il tribunale può autorizzare il minore, si istanza dell’interessato, a contrarre matrimonio per gravi motivi, la maggior parte delle volte questo si verifica in caso di gravidanza, ma comunque deve valutare la gravità della situazione che richiede il provvedimento di emancipazione, la maturità del minore e quindi non concede l’emancipazione del minore a prescindere. Il giudice prima di procedere deve sentire il pubblico ministero, i genitori ed eventualmente il tutore. Il parere di questi soggetti non è vincolante, cioè il giudice può anche disattendere le loro indicazioni e decidere in base a una valutazione globale della situazione.

Cosa può fare il minore emancipato: limiti

La figura del minore emancipato è prevista dal nostro codice civile nell’articolo 394 che delimita in modo abbastanza preciso cosa può fare un minore che si trova nella stessa condizione di un maggiorenne.

In base al comma 1 il minore emancipato può compiere autonomamente atti di ordinaria amministrazione. Non esiste una lista di tale tipologia, si parla generalmente di atti che non impegnano il patrimonio, ma hanno l’obiettivo di conservarlo.

Nel caso in cui il minore debba riscuotere dei capitali è invece necessaria la presenza del curatore e si procede all’autorizzazione se l’impiego dei capitali è da considerare idoneo.

Chi viene nominato curatore del minore emancipato

Il tribunale provvede alla nomina del curatore nel momento in cui provvede ad emancipare il minore, nel caso in cui il futuro coniuge sia maggiorenne, solitamente la nomina di curatore ricade su costui.

Se i futuri coniugi sono entrambi minori, viene nominato un curatore esterno alla coppia, un solo curatore per entrambi, e di solito viene preferito un genitore.

Le autorizzazioni

Nel compiere gli atti di che eccedono l’ordinaria amministrazione, come atti di disposizione di patrimonio, il curatore deve apporre la firma per assistenza. In caso di rifiuto, ad esempio perché ritiene che l’atto sia sfavorevole al minore, questo può rivolgersi al giudice tutelare che dovrà valutare se il singolo atto risponde all’interesse del minore.

Per gli atti di straordinaria amministrazione, in base all’articolo 394 del codice civile oltre al consenso del curatore è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare.

Infine, quando il curatore non è un genitore, per gli atti di straordinaria amministrazione, compresi nell’articolo 375 del codice civile, cioè quegli atti che richiedono una particolare cura e che possono danneggiare fortemente il minore, come la vendita di beni (eccetto i frutti) l’autorizzazione è data dal tribunale su autorizzazione del giudice tutelare.

Il legislatore ha previsto anche il caso in cui si verifichi un conflitto di interessi tra il minore e il curatore. In questo caso deve essere nominato un curatore speciale.

Atti che può compiere il minore emancipato

Tra gli atti che può compiere un minore emancipato c’è l’apertura di un’attività di impresa, in questo caso però è necessario un’autorizzazione all’esercizio dell’attività di impresa e naturalmente occorre la presenza di un curatore che dovrà vigilare sull’operato del minore. Il minore emancipato potrà anche diventare socio di una società di persone o capitali, con le stesse procedure viste.

Come si può notare il nostro ordinamento è abbastanza rigido e non consente al minore di compiere da solo atti di una certa rilevanza sebbene si tratti di un minore emancipato. Tali regole valgono nonostante oggi vediamo molti minori impegnati in attività che espongono in maniera elevata gli stessi, ad esempio partecipano a reality, sono modelli, sono attivi nel mondo dell’arte o sono esposti al mondo dei social come i baby influencer.

Si può notare che l’emancipazione può essere ottenuta da un giovane che abbia i genitori ma che sia autorizzato a contrarre matrimonio, invece nel caso in cui resti orfano di entrambi i genitori, oppure questi non siano in grado di assolvere per qualunque motivo il loro ruolo genitoriale, non potrà ottenere l’emancipazione e di conseguenza sarà collocato presso case famiglia, saranno attivati i servizi sociali, potrà essere separato da eventuali fratelli, magari dati in adozione.

Quanto costa una casa al metro quadro? Ecco come ottenere una quotazione gratuita online in pochi click

Qual è il valore e quanto costa una casa al metro quadro? Un indicatore fondamentale è quello offerto dall’Agenzia delle entrate che, all’interno del proprio portale, pubblica i valori dell’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi). Ma la quotazione si fa capillare con lo strumento messo a disposizione proprio dall’Agenzia delle entrate per avere una stima del costo al metro quadro in una città, in una zona e in una via che sia di interesse.

Quotazioni immobili al metro quadrato: che cos’è l’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi)

Le quotazioni immobiliari dell’Osservatorio del mercato immobiliare offrono stime sempre aggiornate. Infatti, la rilevazione viene effettuata ogni semestre. La zona di quotazione (zona Omi) è relativa a ciascun comune italiano e offre una valutazione minima e massima per unità di superficie in euro al metro quadro. Dall’intervallo sono esclusi gli immobili di particolare pregio o, al contrario, quelli di degrado. Sono esclusi anche gli immobili che per caratteristiche non rientrano nell’ordinarietà della tipologia edilizia della zona di ricerca.

Quotazioni a metro quadro: per quali tipi di immobili si può fare una simulazione web sul sito Agenzia delle entrate?

Sono presi a riferimento i valori di mercato e della locazione, per tipologie immobiliari e per stato di conservazione.  Le quotazioni restituiscono valori sia per le abitazioni che per i box, i negozi, gli uffici e i capannoni. Attualmente sono disponibili le quotazioni aggiornate al primo semestre del 2021.

Come utilizzare lo strumento dell’Agenzia delle entrate per la quotazione a metro quadro degli immobili?

Lo strumento messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate per conoscere il valore al metro quadro di un immobile è consultabile all’interno del sito istituzionale. Entrando sul sito dell’Agenzia è necessario andare nella sezione dedicata all’Osservatorio del mercato immobiliare. Alla sezione si accede dalla schermata “Home”, poi “Aree tematiche”, “Osservatorio del mercato immobiliare”. Successivamente è necessario entrare nella sezione “Banche dati” e, infine, in “Quotazioni immobiliari.

Come sapere il costo al metro quadro di un immobile di interesse?

All’interno della sezione delle quotazioni immobiliari dell’Agenzia delle entrate, la consultazione delle quotazioni può avvenire in due modi. Ovvero si può fare una ricerca puntuale della zona di interesse interrogando il sistema in due diversi modi. Il primo consiste nella consultazione classica delle quotazioni per semestre, oppure per provincia, per comune, per zona Omi o per destinazione. Il secondo metodo consiste nell’individuare la zona di interesse attraverso la cartografia. Si tratta di un sistema cartografico denominato “Geopoi – Geocoding points of interest” che è stato realizzato dalla Sogei e che permette di consultare le quotazioni individuando sulla mappa geografica la zona Omi che interessa.

Conoscere la quotazione al metro quadro di un immobile: la ricerca nella banca dati

In merito alla prima modalità di ricerca della quotazione al metro quadro, è necessario accedere dal sito dell’Agenzia delle entrate alla sezione delle “Quotazioni immobiliari”, come spiegato in precedenza. La ricerca “classica” si attiva cliccando su “Ricerca testuale”. Nella pagina che si apre, è necessario selezionare la provincia per cercare i comuni che ne fanno parti. Insieme al comune è necessario selezionare il semestre di riferimento (delle quotazioni). In successione si seleziona la fascia o la zona all’interno del comune (o zona Omi) e, infine, il tipo di destinazione di interesse (ad esempio, “Residenziale”).

Quotazione al metro quadro di una zona di interesse: come ottenerla?

Con i valori immessi, il sistema dell’Agenzia delle entrate restituisce come risultato:

  • il tipo di immobile;
  • lo stato di conservazione (ottimo, normale o scadente);
  • il valore di mercato con una quotazione minima e una massima espressa in euro al metro quadro;
  • il valore di locazione espresso in euro al metro quadro riferito alla superficie netta (N) o lorda (L);
  • i valori di locazione minimi e massimi di euro al metro quadro per mese.

Come utilizzare la mappa dell’Agenzia delle entrate per sapere il costo al metro quadro di un immobile?

Il secondo metodo disponibile sul sito dell’Agenzia delle entrate per ottenere le quotazioni al metro quadro di una zona Omi avviene utilizzando il sistema cartografico “Geopoi”. Per accedere alle mappe dalla sezione “Quotazioni immobiliari” vista in precedenza è necessario selezionare il link “Ricerca su mappa”. Sulla mappa si può individuare la zona Omi di proprio interesse utilizzando l’oggetto “Pan” che contiene le frecce per muoversi sulla mappa. Per ingrandire o diminuire la scala della mappa si possono utilizzare i segni “+” e “-” dello zoom.

Ricerca per mappe della quotazione delle case di proprio interesse

Ulteriori strumenti a disposizione degli interessati sulle mappe Geopoi sono la “Ricerca per toponimo” e la “Ricerca Zone Omi”. Si trovano in alto a destra dello schermo e permettono di visualizzare una porzione del territorio su richiesta dell’interessato. La ricerca per toponimo si attiva digitando nello spazio corrispondente l’indirizzo di interesse. La ricerca è più precisa indicando nell’ordine: provincia, città, toponimo e numero civico.

I risultati della ricerca sulle mappe del costo al metro quadro di acquisto e vendita o di locazione

Anche con la ricerca tramite mappe, il sistema dell’Agenzia delle entrate restituisce i risultati corrispondenti:

  • la tipologia di immobile;
  • lo stato di conservazione;
  • il valore di mercato minimo e massimo espresso in euro per metro quadrato;
  • il valore di locazione, espresso in euro per metro quadrato al mese.

Riapertura termini concorsi ACI: iscriviti fino al 29 novembre

L’ACI nel 2019 aveva provveduto alla pubblicazione di due bandi di concorso, nel frattempo la pandemia ha rallentato le operazioni e ci sono state nuove normative inerenti proprio i concorsi e le loro modalità di svolgimento. Ora c’è una nuova opportunità, infatti i termini per l’iscrizione ai concorsi ACI sono stati riaperti e di conseguenza, chi inizialmente non aveva presentato la propria candidatura, ora potrà farlo. In vista della riapertura termini concorsi ACI, vediamo quali sono i profili richiesti, entro quando presentare la candidatura e come fare.

Riapertura termini concorsi ACI: profili

La riapertura dei termini concorsi ACI (Automobile Club D’Italia conosciuto perché si occupa delle pratiche per immatricolazione auto e veicoli a motore nel registro pubblico, per tutte le modifiche inerenti la proprietà e per la riscossione del bollo auto) ha ad oggetto due profili:

  • Categoria C, si ricercano figure con profilo amministrativo da inquadrare nell’area economica C1. Si tratta in totale di 235 posti di cui il 30% riservati al personale di ruolo. Le sedi disponibili sono dislocate su tutto il territorio italiano;
  • Categoria B, anche in questo caso il profilo è amministrativo con inquadramento economico B1 e riserva del 50% a personale di ruolo.

In entrambi i casi i vincitori avranno la possibilità di essere assunti con contratto a tempo indeterminato. Con la riapertura dei termini concorsi ACI si potranno inviare le candidature dal 30 ottobre 2021 al 29 novembre 2021 alle ore 11:59.

Chi ha già presentato la domanda nel rispetto delle vecchie scadenze, non dovrà presentarla nuovamente.

Riapertura termini concorsi ACI: requisiti e come iscriversi

Per potersi iscrivere ai concorsi, oltre ai vari requisiti richiesti in genere per i concorsi pubblici, è necessario per la categoria C essere in possesso della laurea specialistica, magistrale o laurea vecchio ordinamento. Non sono richieste particolari facoltà, quindi chiunque sia in possesso di una laurea può partecipare al concorso. Il bando può essere reperito qui http://www.aci.it/laci/la-federazione/amministrazione-trasparente/archiviofile/aci/utente2291/bando%20area%20C%202021%20-%20ripertura%20termini.pdf

Per la categoria B, il titolo di accesso è il diploma di scuola secondaria di secondo grado. Anche in questo caso non è richiesto un indirizzo specifico. Il bando può essere letto qui http://www.aci.it/laci/la-federazione/amministrazione-trasparente/archiviofile/aci/utente2291/bando%20AREA%20B%202021%20-%20riapertura%20termini.pdf

La domanda deve essere presentata telematicamente attraverso la pagina https://concorsi.aci.it/concorso/8/login

Come si svolgeranno le prove

Con la riapertura dei termini concorsi ACI ci sono ulteriori novità, in particolare è stata modificata anche la procedura del concorso, infatti la prova preselettiva è stata eliminata. Inoltre non sarà pubblicata alcuna banca dati ufficiale. Il concorso prevede il superamento di una prova scritta in cui il candidato dovrà riportare un punteggio minimo di 21/30 e una prova orale. La prima prova è un questionario a risposta multipla e sarà svolta con l’utilizzo di strumenti informatici e digitali.

Entrambe le prove avranno ad oggetto le materie di concorso.

I candidati per conoscere le date delle prove e le sedi in cui saranno svolte dovranno attendere la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale – IV Serie Speciale “Concorsi ed Esami” del giorno 4 gennaio 2022. Tale pubblicazione vale come convocazione ufficiale. L’avviso sarà pubblicato anche sul sito istituzionale dell’ente.

Tutte le prove si terranno a Roma.

Materie oggetto di concorso

Per il concorso in categoria B le prove verteranno su elementi di diritto amministrativo con particolare attenzione alla disciplina del lavoro pubblico e al procedimento amministrativo. La prova inoltre verterà su elementi di diritto civile e in particolari, contratti, obbligazioni, diritti reali di garanzia e disciplina dei beni mobili registrati. La prova prevede quesiti per valutare la conoscenza di elementi di informatica e inglese, inoltre nel questionario a risposta multipla ci saranno domande di cultura generale e quesiti psicoattitudinali.

Per la categoria C il questionario verterà su diritto amministrativo con le stesse peculiarità viste per la categoria B e diritto civile con riferimento in particolare alle materie già viste per la categoria B.

La prova sarà formata da 100 quesiti da risolvere in 60 minuti.

Marca da bollo e i suoi vari importi, quando si usa e perché?

La marca da bollo è un contrassegno di pagamento con valore diverso a seconda del servizio richiesto. Una panoramica può essere utile.

La marca da bollo: com’è fatta?

La marca da bollo è un tagliandino che ha un valore variabile a seconda dell’imposta da pagare. Ha il logo dell’Agenzia delle entrate e del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Guardandolo con attenzione si vede anche una seria di codici, tra cui l’identificativo di 14 cifre per identificare una singola marca da bollo. Di solito le scritte sono di colore nero, su uno sfondo azzurro o verde chiaro. Mentre vi è una parte argentata tutta a sinistra, come quella delle banconote.

Tuttavia la marca da bollo ha una funzione molto importante. Serve appunto a validare un atto o un documento spesso da presentare ad uffici relativi alla pubblica amministrazione. Infatti, l’applicazione della marca su una parte del documento serve a testimoniare l’avvenuto pagamento della relativa tassa. L’applicazione è molto semplice, nella parte posteriore infatti è adesiva.

Quali sono gli importi più comuni?

La  marca da bollo è un’imposta che deve essere applicata in alcuni casi. Tuttavia di solito i suoi importi variano da 2 a 16 euro, e dipende dal tipo di documento su cui viene incollata. Di solito gli importi sono:

  • marca da bollo da 16 euro per atti della pubblica amministrazione, documenti societari o notarili, contratti di locazione;
  • marca da bollo da 2 euro per fatture non soggette ad Iva o ricevute fiscali che hanno un importo superiore a 77,47 euro.

Esiste anche la marca da bollo da 1 euro per i servizi offerti dal Catasto, quando si richiede una visura catastale o una planimetria immobiliare. Ma di solito le prime due sono più gettonate. Anche se prima della legge n. 71/2013, avevano degli importi differenti, 14,62 per la prima e 1,81 per la seconda.

E’ possibile utilizzare anche la marca da bollo virtuale

Nel 2017 l’Agenzia delle entrate ha introdotto la marca da bollo virtuale. Secondo quanto stabilito dall’agenzia delle entrate coloro che devono adempiere al pagamento dell’imposta di bollo sulle istanze inviate telematicamente alla Pubblica amministrazione, possono comprare online il bollo digitale. Il servizio si chiama @e.bollo, disponibile utilizzando i canali telematici delle amministrazioni. L’imposta può essere pagata avvalendosi di uno dei PSP (Prestatori di servizi di pagamento) che aderiscono a PagoPA, convenzionato al servizio @e.bollo.

Se non si sceglie il bollo virtuale la marca può essere acquistata in qualsiasi tabacchino autorizzato che può vendere beni che sono soggetti al monopolio di Stato.  A partire dal 2005 il punto vendita è in grado di produrre, in tempo reale, un’unica marca da bollo del valore desiderato. Si evita, così il disagio causato dal dover applicare su un documento una moltitudine di marche da bollo fino al raggiungimento del valore desiderato.

Quali sono le sanzioni per chi non la applica?

Per il contribuente che non applica l’imposta ci sono delle sanzioni da pagare. Si tratta di sanzioni amministrative pecuniarie, regolate dall’articolo 23 del DPR 633/1972 (Decreto Iva) che regolamenta appunto il pagamento del bollo. La sanzione da applicare può essere da 1 a 5 volte l’imposta evasa e si applica per ogni singola fattura irregolare.

Infine si ricorda una regola molto importante. L’imposta deve avere la stessa data della fattura, che poi inviata al cliente. Al massimo può avere una data antecedente per non incorrere nelle sanzioni previste dall’art. 25 D.P.R. nr. 642/72. Ad esempio nei contratti di locazione il bollo viene messo lo stesso giorno in cui si firma l’accordo stesso. Va bene anche la data precedente, ma se invece si applica con data posteriore, scatta una piccola sanzione. Meglio pertanto rispettare queste piccole regole.

 

 

 

 

Imprenditrice digitale: che cosa vuol dire e come diventarlo

In questa rapida guida ci occuperemo di un nuovo modo di fare attività, prevalentemente da casa e con l’uso del web, ovvero il lavoro di imprenditrice digitale o imprenditore digitale. Vediamo di cosa si tratta.

Che cosa vuol dire imprenditrice digitale

Potremmo in breve dire che un imprenditore digitale (o imprenditrice digitale) è una persona che ha creato e gestisce un’attività online. Una qualsiasi attività digitale, quindi si tratta di una definizione piuttosto ampia. Sono imprenditrici digitali le Influencer, le Blogger, i Social Media Manager o anche le Networker o chi lavora nell’Affiliate Marketing.

Avrete spesso visto persone postare sui propri social, foto e post con slogan motivazionali e belle foto editate con filtri e filtrini, atte ad attirare la vostra attenzione. Ecco, molto spesso un influencer che vuole lanciare un prodotto o semplicemente un’attività di networker fa proprio questo.

Solitamente è un lavoro o un tentativo di fare cassa, da casa, per ragazze o donne in cerca di occupazione o predisposte a molto tempo libero che cercano di arrotondare le entrate casalinghe.

Come diventare imprenditrice digitale

Come si fa a diventare imprenditrice digitale partendo da zero? Questa è la domanda più canonica che un ragazzo o una ragazza si pone prima di avviare un’esperienza del genere.

Tutto ciò che fondamentalmente occorre è una connessione internet, un computer od anche semplicemente uno smartphone e una buona manualità con i social network.

Vediamo, di seguito alcuni step essenziali:

  1. Trovare un’idea di business.
  2. Inquadrare il proprio target (persone a cui indirizzare il prodotto).
  3. Osservare i propri competitor.
  4. Organizzare un business plan.
  5. Costruire la propria rete.
  6. Testare e lanciare la propria idea di business.

In breve, chi promuove questo tipo di attività, che spesso parte da vere e proprie aziende, inquadra i suddetti step per organizzare questo tipo di attività. Un imprenditore digitale non è altro che quella persona in grado di saper vendere online qualsiasi cosa abbia un mercato. L’ emblema dell’imprenditrice digitale è senza dubbio Chiara Ferragni, ad esempio.

Il networker: di cosa si tratta

Uno dei figuri inquadrabili nella categoria dell’imprenditoria digitale è il networker.

Il networker è un imprenditoreche svolge un attività sia imprenditorialeche manageriale. È compito del networker infatti occuparsi sia in modo diretto delle vendite sia della gestione di una rete di persone interessate alle vendite. Creando, dunque una vera e propria catena di vendite per il proprio prodotto.
Il network marketing è dunque un tipo di attività chiamata anche multi-level marketing e che è strettamente connessa alla vendita diretta. In pratica si tratta di vendere un determinato prodotto (o qualche volta anche servizio ma più raramente) creandosi una base di clienti attraverso la realizzazione di un network
Per poter ottenere guadagni efficaci e quindi pensare di diventare un buon networker, sarà però necessario affidarsi ad un azienda consolidata con anni di vendite alle spalle.

Quanto può guadagnare un imprenditore/imprenditrice digitale?

Volendo parlare di cifre ipotetiche, un imprenditore o un’imprenditrice digitale può anche guadagnare 9.000€ al mese se ha un’idea di business funzionante. Per quanto riguarda il guadagno annuale, può oscillare tra i 20.000 e i 100.000 euro annui, con alcune eccezioni che possono addirittura superare queste cifre.  
Tuttavia, si resta nel campo delle ipotesi, essendo un lavoro che dipende da molteplici fattori che possono variare a livello individuale. Usare ad esempio i social network con competenza e frequenza può rappresentare un fattore determinante, oltre alla capacità di perseguire e attuare gli step elencati in precedenza.
Non è da escludere di fatto che il tentativo sbilenco di fare i primi passi, senza un uso sapiente di social network e senza avere coscienza degli step elencati, possa tramutare la vostra “attività” di imprenditore/imprenditrice digitale in un sonoro fiasco, dove non otterrete nemmeno un centesimo di guadagno.
Dunque, questo è quanto vi fosse di più utile e necessario in merito alla questione dell’ imprenditoria digitale, come diventare attivo nel settore e come provare a guadagnare da imprenditrice digitale.