Agricoltura: novità per i percettori di Naspi e Dis-Coll

L’INPS con il messaggio 4079 del 23 novembre 2021 ha precisato i limiti entro i quali i percettori di Naspi e Dis-Coll possono lavorare in agricoltura senza perdere il diritto alla percezione della disoccupazione.

Cosa sono NASpI e Dis- Coll

La NASpI è la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego e spetta a coloro che perdono il lavoro. La normativa prevede che non possano accedere a questo contributo alcune categorie di lavoratori e tra queste vi sono gli operai agricoli a tempo determinato e indeterminato. L’INPS eroga tale sussidio mensilmente per un numero di settimane pari alla metà di quelle effettivamente lavorate negli ultimi 4 anni, rispetto al momento in cui si perde il lavoro .

La Dis- Coll invece è una prestazione sociale a favore di lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, contratti a progetto, titolari di assegni di ricerca, dottorato di ricerca con borsa di studio iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata INPS. L’indennità viene corrisposta per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione maturati tra il 1° gennaio dell’anno civile precedente rispetto alla cessazione del rapporto di lavoro e la cessazione stessa.

Percettori di NASpI e Dis-Coll possono lavorare in agricoltura senza perdere le prestazioni sociali

Naturalmente il diritto a percepire tali sussidi viene meno quando si trova una nuova collocazione nel mondo del lavoro, ma a causa del Covid e delle difficoltà di trovare manodopera in agricoltura derivata dalla pandemia, il legislatore ha previsto delle deroghe. Il Decreto Rilancio 34 del 2020 nell’articolo 94 ha previsto la possibilità di derogare al regime generale. Di conseguenza ha previsto la possibilità per coloro che percepiscono la NASpI o la Dis- Coll di essere impiegati per brevi periodi in agricoltura senza perdere questi importanti sostegni. Il Decreto Sostegni BIS ha ulteriormente prorogato la disciplina. Il messaggio 4079 dell’ INPS ha provveduto quindi a riepilogare la disciplina e di conseguenza a stabilire anche i limiti entro i quali è possibile usufruirne.

I percettori di NASpI e Dis-Coll possono entro il 31 gennaio 2021 maturare 30 giornate di lavoro in agricoltura. Tale periodo di 30 giorni può essere ulteriormente prorogato per altri 30 giorni, ma nel complesso non deve essere superato il limite di reddito percepito da tali attività di 2.000 euro nell’arco di un anno. Deve essere sottolineato che non deve essere complessivamente considerato il periodo di lavoro, ma le effettive giornate di lavoro prestate.

Colui che essendo percettore degli assegni NASpI e Dis-Coll che dovesse stipulare un contratto di lavoro nel settore dell’agricoltura, deve comunicare all’INPS utilizzando il modello modello Naspi-Com le effettive giornate di lavoro in agricoltura prestate.

Infine, l’INPS nel Messaggio sottolinea che le giornate di lavoro effettivamente prestare in agricoltura saranno considerate ai fini della maturazione di eventuali prestazioni di disoccupazione.

Per saperne di più sulla disoccupazione in agricoltura, ti propongo l’articolo: Disoccupazione agricola: cos’è, chi può percepirla e a quanto ammonta

 

Cartelle da pagare al 30 novembre, potrebbe arrivare la proroga della scadenza

Per le cartelle fiscali, l’Irap e gli avvisi bonari potrebbero allungarsi i tempi per il pagamento previsto per il 30 novembre 2021. Ma non si tratterebbe di tempi lunghi per i pagamenti: per le cartelle non si andrebbe oltre la scadenza del 9 dicembre 2021, con una proroga massima fino al 14 dicembre per i 5 giorni di tolleranza. Saranno in tutto 62 gli adempimenti fiscali con la scadenza fissata all’ultimo giorno di novembre 2021. Tra oggi e domani potrebbe arrivare la risposta del Senato e del governo su nuove proroghe di fine anno.

Cartelle esattoriali da pagare entro il 30 novembre 2021

Nel caso in cui il governo dovesse decidere per nuove scadenze, dovrebbe arrivare un comunicato legge dal momento che le nuove disposizioni entrerebbero in vigore soltanto successivamente alla scadenza del 30 novembre. In ogni modo, le cartelle esattoriali da pagare entro la prossima scadenza riguardano le 8 rate della rottamazione ter relative al 2020 e al 2021 e le quattro rate del saldo e stralcio. L’ipotesi che si è fatta è quella di una mini-proroga: scadenza posticipata al 9 dicembre con termine massimo di pagamento al 14 dicembre 2021 comprendendo i 5 giorni di tolleranza fissati dalla legge.

Irap, ipotesi di slittamento della scadenza al 31 gennaio 2022

La proroga del versamento dell’Irap dovuto al 30 novembre 2021 potrebbe riguardare le imprese che hanno superato i tetti degli aiuti di Stato. Lo slittamento della scadenza è contenuto in un emendamento al decreto Fisco e lavoro presentato da Forza Italia. La scadenza per il pagamento dell’Irap potrebbe dunque essere posticipata al 31 gennaio 2022.

Avvisi bonari, nuova scadenza al 16 dicembre 2021

Un emendamento al decreto Fisco Lavoro riguarda anche gli avvisi bonari che erano in scadenza dall’8 marzo al 31 maggio 2020, proprio nel pieno della prima ondata della pandemia. Si potrebbe arrivare alla nuova scadenza del 16 dicembre 2021 nella quale si dovranno pagare, in un’unica rata e senza interessi e sanzioni, le somme richieste per i controlli formali sulle dichiarazioni dei redditi. L’alternativa è pagare quanto dovuto in quattro rate mensili, da versare ogni 16 del mese.

 

 

L’Unione Europea approva il contributo a fondo perduto per attività chiuse

Arriveranno entro il 31 dicembre 2021 gli aiuti il contributo a fondo perduto per le attività chiuse, ciò è possibile grazie all’ok arrivato dall’Unione Europea. Si potranno ottenere fino a 25.000 euro.

Iter approvazione del contributo a fondo perduto per le attività chiuse

Arriva il via libera dell’Unione Europea allo stanziamento di 140 milioni di euro in favore delle attività che a causa del Covid hanno dovuto sopportare lunghi periodi di inattività, più di 100 giorni. Si tratta in particolare delle attività connesse al tempo libero, arte e cultura, eventi cerimonie. Per poter procedere ora occorrono solo le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate.

Il contributo a fondo perduto in favore delle attività che hanno subito lunghi periodi di chiusura a causa del Covid è contenuto nell’articolo 2 del decreto Sostegni Bis che ha istituito il Fondo per le attività economiche chiuse per un periodo di almeno 100 giorni.

Se vuoi conoscere i dettagli di tale fondo, leggi l’articolo: Attività chiuse oltre 100 giorni causa Covid: arriva il fondo di sostegno

Il 7 ottobre 2021 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo del Ministero dello Sviluppo Economico.

Il 19 novembre è arrivata l’approvazione da parte dell’Unione Europea. Proprio la Commissione Europea nel suo provvedimento ha precisato che l’approvazione arriva in quanto il contributo per ogni impresa non supera 1,8 milioni di euro, inoltre sarà concesso entro il 31 dicembre.

La Commissione ha sottolineato che questa misura appare necessaria, adeguata e proporzionata all’obiettivo di porre rimedio a una situazione di grave turbamento per l’economia di uno Stato Membro.

Come richiedere il contributo a fondo perduto

Per poter conoscere nel dettaglio le istruzioni per la richiesta del contributo a fondo perduto bisognerà attendere il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, lo stesso comunque dovrebbe arrivare entro il 6 dicembre, quindi a breve. Nel frattempo possiamo ricordare che le richieste dovranno essere inoltrate telematicamente all’Agenzia delle Entrate e i contributi approvati saranno erogati su conto corrente, quindi già al momento della domanda dovrà essere fornito un codice IBAN.

Il calcolo del contributo effettivamente dovuto a ogni richiedete sarà effettuato tenendo in considerazione i ricavi e i compensi dichiarati nel 2019, cioè l’ultimo anno prima della pandemia.

Gli importi massimi sono però rivolti solo alle attività con codice ATECO 93.29.10 , cioè sale da ballo, discoteche. A queste attività è destinata una quota di 20 milioni di euro. Le altre attività invece avranno un contributo compreso tra 3.000 euro e 12.000 euro e saranno comunque calcolate sui compensi relativi al 2019.

Le soglie sono di:

  • 3.000 euro per le attività che dichiaravano un fatturato di 400.000 euro;
  • 7.500 euro per soggetti con ricavi compresi tra 400.000 euro e 1 milione di euro;
  • 12.000 euro per attività che dichiaravano un fatturato superiore a 1 milione di euro.

Nel caso in cui i fondi dovessero risultare insufficienti, l’Agenzia delle Entrate provvederà a ripartire gi stessi riducendo proporzionalmente i contributi.

Codici Ateco ammessi al contributo

Naturalmente gli imprenditori hanno bisogno di sapere se rientrano tra coloro che hanno diritto ad accedere ai contributi a fondo perduto per attività chiuse a causa Covid, proprio per questo inseriamo la lista dei codici Ateco che rappresentano il migliore punto di riferimento per sapere se si rientra tra coloro che hanno diritto a percepire il contributo a fondo perduto per le attività che hanno subito chiusure di almeno 100 giorni approvati dall’Unione Europea.

  • 47.78.31 commercio opere d’arte;
  • 49.39.01 gestione impianti sci;
  • 56.21.00 catering;
  • 59.14.00 cinema;
  • 79.90.11 biglietteria per eventi teatrali, sport e spettacolo in genere;
  • 82.30.00 convegni e fiere;
  • 85.51.00 corsi per sport e ricreativi;
  • 85.52.01 corsi di danza;
  • 90.01.01 attività connesse alla recitazione;
  • 90.01.09 rappresentazioni di tipo artistico;
  • 90.02.09 aziende che svolgono attività di supporto rispetto alle attività di tipo artistico e culturale;
  • 90.04.00 imprese che si occupano della gestione di teatri e altri luoghi deputati allo spettacolo e all’arte;
  • 91.02.00 musei;
  • 91.03.00 gestione monumenti;
  • 92.00.02 gestione macchine giochi;
  • 92.00.09 attività connesse alle lotterie;
  • 93.11.10 gestione stadi;
  • 93.11.20 gestione piscine;
  • 93.11.30 e 93.11.30 imprese che si occupano degli impianti sportivi;
  • 93.13 palestre;
  • 93.21 parchi divertimento;
  • 93.29.10 discoteche;
  • 93.29.30 sale giochi;
  • 93.29.90 imprese che operano nel settore dei divertimenti;
  • 96.04 centri benessere;
  • 96.09.05 organizzazione feste.

Cyber monday, continuano le super offerte anche online

Cyber monday, è oggi  il lunedì d’affari che permette di completare i regali di Natale. Dopo il successo del Black Friday, arriva questa nuova occasione.

Cyber Monday, da dove nasce questa giornata d’affari

Il Cyber Mondayè il primo lunedì dopo il Black Friday.  Pertanto quest’anno capita proprio oggi 29 novembre 2021. Alle ore 24 finiranno tutte le promozioni e gli sconti fino al 50% su tantissimi prodotti online. Il termine di marketing è stato coniato da Ellen Davis della National Retail Federation e Scotto Silverman. Ma è stato introdotto per la prima volta il 28 novembre 2005, proprio il primo lunedì dopo la Festa del Ringraziamento negli Stati Uniti. Una delle feste molto sentita per gli americani.

Ma la festa nasce sopratutto per la vendita di prodotti di elettronica, anche se poi trova largo uso in tantissimi altri campi. E le offerte, come il Black Friday, coinvolgono sia la vendita di prodotti online, che quelli nei negozi. Tanto che si parla sempre più di Black week-end che comprende dal Venerdì mattina al lunedì sera.

Cyber Monday, si scatenano i venditori di elettronica e non solo

Il Cyber Monday 2021 è una giornata piena d’affari e di offerte da parte delle grandi catene di elettronica, e non solo. Infatti già nei giorni scorsi si sono fatte delle stime sulle vendite probabili. Infatti la stima dell’Osservatorio eCommerce B2c di Netcomm e Politecnico di Milano, tra Black Friday (venerdì 26 novembre) e Cyber Monday (lunedì 29), gli italiani quest’anno spenderanno online circa 1,8 miliardi di euro, ovvero il 21% rispetto al 2020.

Inoltre secondo le previsioni del Codacons infatti 27 milioni gli italiani pronti a fare acquisti in occasione del Black Friday, con una crescita di acquirenti del +8% rispetto al 2020. Notizie ottime visto che piano piano si sta cercando di tornare alla normalità dopo gli effetti della pandemia ancora in corso. Anche perché le vendite non riguardano solo gli acquisti online, ma anche i negozi fisici che vogliono sfruttare questa occasione per vendere e risanare un pò le finanze.

Quali sono i prodotti più richiesti dai consumatori?

Rimangono i prodotti di elettronica quelli più richiesti dai consumatori. Sono giorni idilliaci per siti come Amazon e compagnia. Ma sfruttano il filone anche le grandi compagnie di prodotti di consumo con Mediaword, Euronics e Trony. Tra i prodotti più richiesti ci sono gli Apple watch, smartphone, Tv, pc, scopa elettrica, lavatrice, friggitrice ad aria, epilatore a luce pulsata, spazzolini elettrici. Mentre tiene bene anche il settore dei giocattoli e degli accessori auto.

Tuttavia quest’anno pare che sia fortemente in crescita il settore della moda ed abbigliamento. Infatti secondo la Federezione Moda Italia di Confcommercio ci sarà un incremento medio delle vendite del settore di circa il 50% rispetto al 2020. Parametro che invece va ad allinearsi con i risultati del 2019, con un volume d’affari di circa 500 milioni di euro. Beh non resta che aspettare domani per fare i conti, ma nel frattempo Buoni acquisti!

 

 

Come aderire all’accertamento fiscale con adesione e quali sono i vantaggi

In Italia, nel rapporto tra il contribuente ed il Fisco, ci sono degli strumenti che sono in grado di garantire il giusto equilibrio tra la pretesa erariale da un lato, ed i diritti del cittadino o dell’impresa dall’altro. E questo, tra l’altro, tenendo conto pure dell’effettiva capacità contributiva del soggetto.

Tra questi strumenti cosiddetti deflativi, in particolare, spicca l’accertamento fiscale con adesione. Ed allora, nell’ambito del rapporto tra l’Agenzia delle Entrate ed il contribuente, vediamo come si fa a aderire al cosiddetto accertamento fiscale con adesione. Analizzando, inoltre, pure quali sono i vantaggi previsti rispetto, per esempio, all’insorgere di una lite tributaria.

Cos’è l’accertamento fiscale con adesione e chi può accedervi

Nel dettaglio, l’accertamento fiscale con adesione si presenta in tutto e per tutto come una forma di definizione concordata del rapporto tributario. E quindi si tratta di un accordo tra un ufficio del Fisco ed il contribuente. Con quest’ultimo che può avvalersi di questo strumento deflativo non solo prima, ma anche dopo l’emissione di un avviso di accertamento. Ma sempre a patto che il contribuente rinunci poi a presentare il ricorso davanti al giudice tributario.

Detto questo, all’accertamento fiscale con adesione possono potenzialmente accedere tutti i contribuenti. Quindi, non solo le persone fisiche, ma anche le società di persone e le società di capitali. E lo stesso dicasi per gli enti, per i sostituti di imposta e per le associazioni professionali.

Quando un ufficio del Fisco può proporre l’accertamento fiscale con adesione

Oltre che prima o dopo l’emissione di un accertamento fiscale, un ufficio del Fisco può proporre al contribuente l’accertamento fiscale con adesione pure dopo un controllo delle Entrate ed anche a seguito di un controllo eseguito dalla Guardia di Finanza tramite gli accessi, le verifiche e/o le ispezioni.

Vantaggi dell’accertamento fiscale con adesione, dalle sanzioni amministrative a quelle penali

A favore del contribuente, l’accertamento fiscale con adesione offre un vantaggio in termini di sanzioni. In quanto queste vengono applicate nella misura di un terzo del minimo che è previsto dalla legge. Inoltre può scattare, nel rispetto delle condizioni previste, pure un effetto premiale quando il contribuente per le violazioni rilevate è perseguibile anche penalmente.

Ai sensi di legge, infatti, l’accertamento fiscale con adesione costituisce una circostanza attenuante. Fino a permettere la riduzione fino a un terzo delle sanzioni penali previste. Nonché l’azzeramento delle sanzioni accessorie.

Come si presenta la domanda di richiesta di accertamento concordata

In più, si legge altresì sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, pure il contribuente può spontaneamente chiedere  l’accesso allo strumento deflativo che è rappresentato proprio dall’istituto dell’accertamento fiscale con adesione. Per farlo, in particolare, basterà al contribuente presentare al Fisco una domanda in carta libera.

Nella quale si chiede all’ufficio delle Entrate la formazione di una proposta di accertamento concordata. Per trovare un accordo tra le parti, in ogni caso, possono essere necessari più incontri tra il Fisco e il contribuente che al riguardo può pure farsi rappresentare o assistere da un procuratore.

30 novembre, la scadenza da rispettare per la cedolare secca

Il 30 novembre è la scadenza da rispettare per pagare l’acconto sulla cedolare secca. Di seguito tutte le indicazioni e le istruzioni utili.

30 novembre, chi deve pagare il secondo acconto

I proprietari che devono locare un immobile possono scegliere tra due strade, il normale pagamento delle tasse legato all’IRPEF, oppure aderire al regime agevolato della cedolare secca. Attraverso questo regime le tasse si pagano al 21% sulla somma dei canoni annui percepiti. Quindi chiunque abbia scelto di locare un immobile a qualsiasi titolo è soggetto al pagamento dell’imposta.

Chi ha aderito all’opzione per la cedolare secca sugli affitti paga l’imposta sostitutiva entro le stesse scadenze dell’IRPEF, a giugno si versano il saldo e la prima rata di acconto. Mentre il 30 novembre si versa il secondo acconto. In entrambi i casi il modello da utilizzare è il modello F24.

Quanto e come fare il versamento

Si ricorda che già dallo scorso anno il pagamento delle imposte non deve essere del 95%, ma bensì del 100%. Inoltre il pagamento dell’acconto ha delle scadenze ben stabilite a seconda che si paga in unica soluzione oppure in due rate. Nel primo caso si paga entro il 30 novembre, qualora l’importo da pagare è minore di 257,52 euro. Mentre nel secondo caso, si paga entro il 30 giugno la prima rata pari al 40% dell’imposta totale, per importi che superano i 257,52 euro. Il restante 60% va versato entro il 30 novembre.

Il pagamento si esegue attraverso il Modello F24. Infine i codici da utilizzare sono:

  • 1840 cedolare secca locazioni – acconto prima rata;
  • 1841 cedolare secca locazioni – unico soluzione oppure acconto seconda rata;
  • 1842 cedolare secca locazioni – saldo.

Infine il versamento dell’acconto è dovuto se l’imposta dell’anno precedente supera i 51,65 euro. 

Una precisazione per i contribuenti con approvazione ISA

Una precisazione arriva dall’Agenzia delle entrate in merito ai contribuenti per i quali sono stati approvati gli Isa. Infatti per questi operatori sono previste due rate di acconto uguali, e pari al 50%. A prescindere dal fatto che li applichino o meno, e dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito del Decreto ministeriale di approvazione. Tale regola si applica anche a coloro che:

  • applicano il regime forfetario agevolato (articolo 1, commi 54-89, legge n. 190/2014)
  • applicano il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (articolo 27, commi 1 e 2, decreto legge n. 98/2011)
  • determinano il reddito con altre tipologie di criteri forfetari
  • ricadono nelle altre cause di esclusione dagli ISA.

Il saldo si versa entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello cui si riferisce, o entro il 31 luglio, con la maggiorazione dello 0,40%.

Pmi, che cosa si intende per riorganizzazione al fine di rafforzare patrimonio e operatività?

Le piccole e medie imprese spesso procedono alla riorganizzazione della propria struttura. Le ragioni possono essere svariate, ma quasi sempre gli obiettivi sono due. Da un lato il rafforzamento del proprio patrimonio; dall’altro arrivare a creare un sistema integrato delle filiere produttive. In entrambi i casi, la riorganizzazione richiede competenze in ambito gestionale e organizzativo, ma anche in campo fiscale e giuridico. Ecco allora che, per arrivare alle ottimali aggregazioni patrimoniali e operative, sono tre gli strumenti che possono assicurare la giusta integrazione: le fusioni, i joint venture e le reti di impresa.

Pmi, le ragioni di una riorganizzazione

Un primo elemento che conduce alla decisione, da parte delle piccole e medie imprese, di procedere con una riorganizzazione è la patrimonializzazione. Quest’ultima, infatti, può rappresentare un limite significativo nell’esposizione verso il sistema creditizio, in particolare quando si tratta di gestione e di sofferenza dei crediti. Un’altra situazione interessante e frequente nelle piccole e medie imprese italiane è quella dell’alta percentuale di aziende a conduzione familiare. In questo caso, il limite potrebbe essere rappresentato non solo dal fatto che la famiglia tenda a mantenere il controllo totalitario dell’azienda, ma anche nella mancata apertura ad accordi con la filiera dello stesso settore produttivo.

Piccole e medie imprese, le difficoltà di tipo industriale, commerciale e finanziario

La ragioni sopra esposte portano spesso le piccole e medie imprese a risultare sottodimensionate, sottocapitalizzate e sottomanagerializzate. La somma di questi fattori produce difficoltà che si traducono, in termini industriali, nelle complicazioni a reperire le necessarie materie prime. Ma anche in termini commerciali le Pmi a conduzione familiare e poco dimensionate tenderebbero a riscontrare difficoltà nell’intraprendere politiche al rialzo dei prezzi al pari di quanto riescano invece le imprese di più grandi dimensioni. Infine, ulteriori e decisive difficoltà potrebbero riscontrarsi sulle leve finanziarie. Piccole e medie imprese poco patrimonializzate e a conduzione prettamente familiare potrebbero vedersi escluse dalla possibilità di finanziare nuovi investimenti e iniziative imprenditoriali.

Pmi, cosa succede se al proprio interno sussiste la non capacità manageriale?

Non da ultimo, una piccola e media impresa che non pensi a una ristrutturazione e riorganizzazione del proprio interno potrebbe riscontrare delle difficoltà di tipo manageriale. E, in questo ambito, risultare inadeguata rispetto agli obiettivi e alle capacità di muoversi sul mercato da parte di altre imprese che abbiano al loro interno manager qualificati.

Riorganizzazione Pmi: fusioni, joint venture e reti di imprese

In tutti i casi descritti e per le difficoltà finanziarie, industriali, commerciali e manageriali che le piccole e medie imprese possono incontrare nella propria attività, spesso si ricorre alle aggregazioni societarie e industriali. Si tratta di vere e proprie fusioni e joint venture (aggregazioni reali) o di filiera (come le reti di imprese). I vantaggi, in tali operazioni, potrebbero risultare di tre tipi: di forza negoziale, di ottimizzazione operativa e di condivisione di tecnologie.

Quali vantaggi negoziali dall’aggregazione delle Pmi?

La maggiore capacità negoziale delle piccole e medie imprese che procedano con fusioni, aggregazioni e reti di imprese si manifesta nella possibilità di confrontarsi con i principali clienti e i maggiori fornitori del marcato di riferimento. Inoltre, dall’aggregazione con altre imprese potrebbe derivare una maggiore rappresentatività e visibilità nel mercato internazionale, oltre a una maggiore attrattività riguardo a possibili accordi industriali e commerciali.

Aggragazioni Pmi, quali sono i vantaggi in termini operatività e di condivisione?

Infine, la riorganizzazione delle piccole e medie imprese potrebbe garantire una maggiore ottimizzazione operativa. Si pensi, ad esempio, alle Pmi che procedano alla fusione e alla messa in comune dei propri servizi in ambito di ricerca e di sviluppo, di internazionalizzazione e di rotazione del personale. Tutto ciò favorirebbe anche maggiori opportunità professionali del personale interno alle imprese. Non da meno, la condivisione delle tecnologie tra imprese e di accessibilità ai finanziamenti potrebbe aprire le porte a nuovi modelli di business basati sull’effettiva domanda sul mercato dei consumatori finali.

Come inviare delega fattura elettronica

Di cosa parliamo quando ci riferiamo alla fattura elettronica e quando è possibile delegare qualcuno per tale proposito? Scopriamo in questa rapida guida come inviare una delega per fattura elettronica.

Fattura elettronica, di cosa si tratta

Per rispondere molto brevemente a questa domanda possiamo dire quanto segue.

La fattura elettronica non è altro che un documento digitale che contiene tutte le informazioni di una fattura cartacea. La fatturazione elettronica è stata introdotta dal Decreto Legislativo 52/2004 e le regole sulla fatturazione elettronica richiedono che le fatture vengano spedite attraverso il Sistema di Interscambio (SdI).

Il Sistema di Interscambio, gestito dall’Agenzia delle Entrate, è un sistema informatico in grado di:

  • ricevere le fatture sotto forma di file con le caratteristiche della FatturaPA;
  • inoltrare le fatture verso le amministrazioni pubbliche destinatarie, o verso cessionari/committenti privati (B2B e B2C).
  • inoltrare le fatture verso le amministrazioni pubbliche destinatarie, o verso cessionari/committenti privati (B2B e B2C).

Nel paragrafo successivo andiamo, invece a vedere cosa occorre in caso di delega.

Fattura elettronica, come inviare delega

Innanzitutto, sebbene tutti sappiano cosa sia una delega, ovvero incaricare qualcun’ altro ad un compito, andiamo a vedere come si delega la fattura elettronica. E cosa si intende con la delega di una fattura elettronica.

Dunque, con delega di fatturazione elettronica si va ad intendere il conferimento del permesso ad utilizzare il servizio di fatturazione dell’Agenzia delle Entrate e a consultare il Cassetto Fiscale di un contribuente obbligato concesso ad un soggetto terzo.

Quindi, a questo punto, andiamo a vedere come inviare una delega per fattura elettronica.

Il delegante, ovvero colui che incarica il delegato, può presentare la delega online, attraverso l’area riservata del servizio Entratel o Fiscotel (ovviamente sarà necessario che sia registrato a questi servizi); Oppure in alternativa, si può procedere all’invio della delega via pec.

Inviare delega fattura elettronica su Agenzia delle Entrate

Andiamo, quindi a vedere nello specifico quali sono i servizi da poter delegare da poter effettuare, sul sito delle Agenzia delle Entrate, per effettuare una delega di fattura elettronica.

Gli intermediari abilitati possono utilizzare i servizi di fatturazione elettronica, resi disponibili attraverso il portale Fatture e corrispettivi, per conto dei propri clienti (operatori economici) che abbiano conferito loro una specifica delega.

Si possono, pertanto delegare i seguenti servizi:

  1. Consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici
  2. Consultazione dei dati rilevanti ai fini IVA
  3. Registrazione dell’indirizzo telematico
  4. Fatturazione elettronica e conservazione delle fatture elettroniche
  5. Accreditamento e censimento dispositivi

Va aggiunto che la durata di una delega non può avere durata superiore di 2 anni ed ogni servizio ha un massimo di 4 soggetti delegabili.

Va ulteriormente precisato che l’operatore economico può conferire la delega:

  1. attraverso le specifiche funzionalità rese disponibili nella propria area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate o presentando l’apposito modulo – pdf in un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, eventualmente incaricando un altro soggetto mediante conferimento di apposita procura speciale,
  2. consegnando il modulo – pdf , compilato e sottoscritto, unitamente agli importi relativi al “volume d’affari” e “IVA a credito/debito” riportati nella dichiarazione IVA presentata nell’anno precedente, direttamente all’intermediario delegato che può richiedere l’attivazione della delega:
    – utilizzando il servizio reso disponibile nella propria area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate, oppure inviando una comunicazione predisposta in accordo specifiche tecniche – pdf.

Questo è quanto vi fosse, dunque di più utile e necessario da sapere in merito alla modalità e possibilità di fare delega per fattura elettronica.

Comprare un fabbricato da impresa non costruttrice e non di recupero, quali tasse da pagare?

Quali imposte e tasse è necessario pagare nel caso in cui si acquisti  un fabbricato strumentale da un’impresa che non sia né quella costruttrice, né quella di recupero? Innanzitutto è opportuno specificare cosa si intenda per “fabbricato strumentale“. Si tratta un immobile accatastato nella categoria catastale A/10 e nei gruppi catastali B, C, D ed E.

Fabbricato strumentale da impresa non costruttrice e non di recupero: opzione o senza opzione Iva

Nel caso acquisto di un fabbricato strumentale, ai fini delle tasse e delle imposte da pagare, è opportuno fare una prima distinzione se l’impresa non di recupero e non costruttrice applichi o meno l’opzione Iva. Inoltre, nel caso di applicazione dell’opzione Iva, è necessario classificare l’acquirente come soggetto Iva, diverso da soggetto Iva e fondo immobiliare. Se senza opzione, la differenza del compratore è solo in un soggetto qualsiasi o fondo immobiliare.

Acquistare un fabbricato da impresa che non esercita l’opzione Iva

Nel caso in cui si acquisti un fabbricato strumentale da impresa non di recupero e non costruttrice, e quest’ultima non eserciti  l’opzione Iva, la compravendita risulta esente all’Iva secondo quanto specifica l’articolo 10 numero 8 ter, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972. L’esenzione si applica sia se chi acquista è un soggetto qualsiasi, sia per gli acquisti da parte di un fondo immobiliare.

Quali imposte per acquisto di fabbricato senza opzione Iva?

Nel caso di acquisto di un fabbricato strumentale da un’impresa non di recupero e non costruttrice che non eserciti l’opzione Iva sono da versare, in ogni modo, le seguenti tasse:

  • imposta di registro per 200 euro, secondo quanto prevede il comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • l’imposta di bollo di 230 euro, ai sensi del comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria corrispondente a 90 euro secondo quanto prevedono i punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Imposta catastale e imposta ipotecaria per acquisto fabbricato senza opzione Iva

Se un soggetto qualsiasi acquista un fabbricato strumentale dall’impresa non costruttrice e non di recupero che non eserciti l’opzione iva, l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale sono pari rispettivamente al:

  • 3% secondo quanto prevede la Nota all’articolo 1 bis della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990;
  • all’1% ai sensi del comma 1, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Nel caso in cui l’acquisto viene fatto da un fondo immobiliare, l’imposta ipotecaria è dell’1,5%. Lo specifica il comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006. L’aliquota dell’imposta catastale, invece, è applicata allo 0,5%.

Acquisto fabbricato strumentale con opzione Iva dell’impresa: si deve pagare l’Iva?

Nel caso di fabbricato strumentale acquistato da impresa, non di recupero e nemmeno costruttrice, che esercita l’opzione Iva, è necessario specificare tre figure di compratori: il soggetto Iva, quello diverso da soggetto Iva e il fondo immobiliare. Per tutti questi casi si applica l’Iva con aliquota al 22% come chiarisce l’articolo 10 numero 8 ter, articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972.

Quali tasse si pagano se si acquista un fabbricato strumentale e l’impresa di restauro eserciti l’opzione Iva?

Il compratore soggetto Iva e quello diverso dal soggetto Iva versano le medesime tasse e imposte nel caso di acquisto di fabbricato da impresa che non è né quella che ha costruito l’immobile e nemmeno quella che l’ha recuperato. Sono da pagare, dunque, le seguenti tasse e imposte:

  • imposta di registro di 200 euro;
  • l’imposta ipotecaria con aliquota del 3%;
  • la tassa ipotecaria corrispondente a 90 euro;
  • imposta di bollo pari a 230 euro;
  • l’imposta catastale con aliquota dell’1%.

Tasse e imposte a carico se a comprare il fabbricato è un fondo immobiliare

Se l’acquisto del fabbricato strumentale avviene da impresa non costruttrice e non di recupero e il compratore corrisponde a un fondo immobiliare, come nei due precedenti casi l’Iva si applica con aliquota corrispondente al 22%. Le altre tasse e imposte a carico del fondo immobiliare comprendono:

  • imposta di registro pari a 200 euro;
  • l’imposta ipotecaria dell’1,5% (dunque ridotta dal 3% come previsto dal comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006);
  • imposta catastale pari allo 0,5%, ridotta dalla stessa norma precedente;
  • l’imposta di bollo del valore di 230 euro;
  • la tassa ipotecaria pari a 90 euro.

Chi è soggetto ISA

In questa rapida ed esaustiva guida andremo a scandagliare chi è soggetto ISA e cosa vuol dire esserne soggetti. Quesiti basici a cui daremo risposta nei prossimi paragrafi.

ISA, cosa vuol dire

Innanzitutto, partiamo dalle base della questioni, ovvero definendo cosa si intende con il termine ISA.

Gli ISA ovvero indici sintetici di affidabilità fiscale che dal 2019 (periodo d’imposta 2018) hanno sostituito in via definitiva gli studi di settore, sono degli indici che l’Amministrazione finanziaria ha messo a punto allo scopo di favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili, quindi stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti esercenti attività di impresaarti o professioni e il rafforzamento della collaborazione tra questi e l’Agenzia delle Entrate.

E, dunque vediamo chi sono coloro che sono soggetti a questa pratica di indici amministrativi finanziari.

Chi sono i soggetti ISA

Per dirla molto in breve, la risposta alla domanda in questione potremmo sintetizzarla nel seguente modo:

Gli ISA vanno applicati a quegli esercenti che costituiscono attività di impresa o di lavoro autonomo e che svolgono, come “attività prevalente”, una o più ‘attività tra quelle per le quali risulta approvato un ISA e che non presentano una causa di esclusione.

Per completare il discorso e definire ulteriormente cosa sono gli ISA, possiamo dire che essi esprimono su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente, anche al fine di consentire a quest’ultimo, stando alla base dei dati dichiarati entro i termini ordinariamente previsti, l’accesso ad un apposito regime premiale.

Chi è esonerato dagli ISA

Di controparte, è bene chiarire, dunque chi sono i soggetti che invece non rientrano nella questione e quindi chi sono coloro esonerati dagli ISA.

Andiamo a porre la questione, nello specifico, all’ anno in corso 2021.

Va detto che per gli ISA 2021, la crisi economica da Covid-19 ha avuto impatto sull’elenco dei soggetti esclusi. Pertanto, sono esonerati dall’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo d’imposta 2020 quei soggetti che, nel corso del 2020, hanno subito un calo di almeno il 33% dei ricavi o dei compensi, rispetto all’anno precedente, ovvero il 2019.

In ultimo, ma non ultimo, andiamo a vedere alcune ulteriori curiosità in merito agli ISA.

Punteggio ISA, a cosa serve

Tornando alla valutazione, di cui si parlava sopra, variabile da 1 a 10, esistono dei punteggi ISA.

Gli ISA tengono, quindi, conto di tutte le operazioni o azioni dei contribuenti, titolari di Partita Iva, al fine di redigere la valutazione finale, una sorta di pagella dell’imprenditore. Gli ISA valutano, dunque, secondo la normativa indicata, anche la storia del contribuente, ovvero compiono un’analisi sull’intero periodo, arrivando ad un vero e proprio punteggio applicabile.

Sempre tenendo conto dell’anno in corso, va detto che per gli ISA 2021, il provvedimento dello scorso 26 aprile conferma che bisognerà raggiungere un punteggio di affidabilità fiscale pari almeno ad 8 per accedere alle premialità relative all’utilizzo in compensazione dei crediti maturati senza l’apposizione del visto di conformità.

ISA, come trasferire nel reddito

Come si può trasferire nel proprio reddito, la condizione ed il punteggio ISA?

Per poter effettuare il trasferimento della propria posizione ISA è necessario accedere al software ministeriale e cliccare “Invia file”. Selezionare la posizione da trasferire, quindi cliccare “Trasferisci”. Il file è automaticamente salvato in un percorso utile a GB per allegarlo al telematico dei redditi.

Va aggiunto, necessariamente che per l’aumento delle soglie per l’accertamento sintetico del reddito, il punteggio ISA da conseguire è pari a 9, anche nel caso di media tra 2020 e 2019.

Questo, dunque è quanto di più necessario ed utile da sapere in merito alla situazione ISA nel 2021 e chi ne è soggetto a questi indici di affidabilità fiscale e finanziaria.