Bonus affitto 2022 per il turismo: questo e altri aiuti nel Sostegni Ter

Il decreto Sostegni Ter prevede misure importanti per il settore del turismo, in particolare il credito di imposta pari al 60% dei canoni di locazione per le imprese del settore turismo, anche conosciuto come Bonus Affitto 2022. Ecco come richiederlo.

Bonus Affitti 2022 per il settore turismo

Il Bonus Affitto 2022 per il settore turismo è legiferato all’interno del decreto Sostegni Ter e comprende i mesi di gennaio, febbraio e marzo 2022. Prevede il riconoscimento in forma di credito di imposta del 60% del canone di locazione versato dalle imprese che operano nel settore del turismo.

Affinché si possa ottenere questo riconoscimento è però necessario rispettare dei requisiti, in particolare, occorre una riduzione del fatturato almeno del 50% rispetto al 2019, cioè l’anno precedente all’inizio dell’emergenza Covid che ha comunque ridotto di molto le entrate di questo settore particolarmente colpito.

Il Ministro del Turismo aveva in realtà richiesto il provvedimento per almeno 6 mesi, ma il Consiglio dei Ministri ha riconosciuto tale beneficio solo a metà. Nel provvedimento viene sottolineato che la misura rientra nel quadro degli aiuti di Stato e di conseguenza i beneficiari devono comunicare all’Agenzia delle Entrate l’autodichiarazione sul rispetto dei limiti e delle condizioni stabilite nella relativa disciplina. La Commissione Europea dovrà quindi dare l’autorizzazione alla fruizione del Bonus Affitto 2022 per le imprese del settore turismo.

Dal comunicato del Ministero del Turismo emerge che il fondo stanziato è di 128 milioni di euro.

Altri aiuti del decreto Sostegni Ter per il settore Turismo

Nel comunicato si possono trovare anche altre novità in favore di questo settore fortemente provato dall’emergenza Covid.

Sono stanziati 40 milioni di euro per garantire la decontribuzione dei lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali. Gli imprenditori del settore turismo che sono costretti a mettere in cassa integrazione i dipendenti saranno esonerati dal versare il contributo addizionale fino al 31 marzo 2022. Questa misura riguarda tutti i rami del comparto turistico, ad esempio B&B, alberghi, agenzie di viaggi, tour operator, ristorazione, parchi tematici, terme, impianti di risalita, bar turistici. Per i parchi tematici inoltre sono stanziati ulteriori 20 milioni di euro.

Credito di imposta su superbonus 110% e bonus edilizi: è corsa alla cessione entro il 7 febbraio 2022

È corsa alla cessione del credito di imposta derivante dalle agevolazioni edilizie di superbonus 110% e altri bonus per ristrutturazioni e interventi vari. Entro il 7 febbraio 2022, i creditori di imposta devono inviare la comunicazioni all’Agenzia delle entrate. La data fa dunque da spartiacque nell’utilizzo dell’opzione della cessione dei crediti di imposta. L’adempimento della comunicazione serve infatti a chiarire la volontà dell’operatore di utilizzare l’opzione della cessione del credito di imposta affinché la “moneta fiscale” del bonus possa circolare ancora una volta. Le ultime novità sulla cessione del credito di imposta sono in dirittura di arrivo nel decreto “Sostegni ter”. Ulteriori variazioni riguardano anche l’opzione dello sconto in fattura.

Superbonus 110% e altri bonus edilizi: come si utilizzano credito di imposta e sconto in fattura?

La bozza del decreto “Sostegni ter”, ancora in fase di approvazione definitiva, contiene novità per le due opzioni di utilizzo delle detrazioni fiscali derivanti dagli interventi di superbonus 110% e degli altri bonus edilizi: la cessione del credito di imposta e lo sconto in fattura. Quest’ultima opzione permette di generare il credito di imposta corrispondente allo sconto stesso applicato dall’impresa che esegue i lavori. L’impresa, dunque, matura il credito che può utilizzare cedendolo. Il decreto “Sostegni bis” andrà a regolare l’utilizzo diretto del credito di imposta mediante cessione. Ma conseguentemente anche il credito maturato dall’applicazione dello sconto in fattura.

Cessione credito di imposta su superbonus 110% e altri bonus edilizi: cosa cambia con il decreto ‘Sostegni ter’?

L’articolo della bozza del decreto “Sostegni ter” che riguarda la nuova disciplina sulla cessione del credito di imposta e dello sconto in fattura su superbonus e bonus edilizi è il numero 26. Nell’articolo si introduce il limite di un solo passaggio nella cessione del credito di imposta. Ciò significa che, dopo il primo passaggio, il credito di imposta non potrà essere più ceduto ulteriormente. Pertanto, il cessionario del credito di imposta, cioè chi lo riceve dopo il primo passaggio, dovrà utilizzarlo direttamente. Si esclude la possibilità che chi riceve il credito di imposta possa continuare a farlo girare ulteriormente ad altri soggetti.

Cessione credito di imposta su superbonus 110% e bonus edilizi, la prima scadenza del 7 febbraio 2022

La prima scadenza del 7 febbraio 2022 della cessione del credito di imposta sugli interventi rientranti nel superbonus 110% e negli altri bonus edili deriva direttamente dalla bozza del decreto “Sostegni ter”. Nel testo entrato nel Consiglio dei ministri lo scorso 21 gennaio si legge che i crediti di imposta già oggetto di cessione del credito di imposta o di sconto in fattura alla data del 7 febbraio 2022, possono “costituire oggetto esclusivamente di una ulteriore cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari”. Nel caso in cui gli operatori non siano in regola con la disciplina del decreto, i relativi contratti di cessione del credito di imposta verranno dichiarati nulli.

Cosa avviene per i crediti di imposta che si formeranno dopo il 7 febbraio 2022?

Rispetto ai crediti di imposta sui bonus edilizi che matureranno entro il 7 febbraio prossimo, quelli generati dal giorno successivo potranno essere oggetto di una sola cessione in assoluto. La nuova regola riguarderà anche lo sconto in fattura. In altre parole, le imprese che praticano lo sconto per i lavori effettuati matureranno un credito di imposta relativo allo sconto applicato. Tale credito potrà essere oggetto di un’unica cessione a soggetti terzi. Questi ultimi potranno utilizzare direttamente il credito di imposta ma non potranno cederlo ulteriormente. Rimane confermata tuttavia la regola già vigente secondo la quale l’unica cessione del credito di imposta può essere fatta anche agli istituti di credito e agli altri intermediari finanziari.

Credito di imposta su superbonus 110%, con la stretta alla cessione favoriti quelli entro il 7 febbraio 2022: ecco perché

Con la stretta della “circolazione fiscale” del credito di imposta del superbonus 110% e degli altri bonus edilizi alcuni crediti saranno più favoriti rispetto agli altri. In particolare, i crediti di imposta già oggetto di cessione al 7 febbraio prossimo avranno il vantaggio di poter essere trasferiti ulteriormente (anche se per un’unica volta) rispetto a quelli ceduti successivamente che non potranno più essere fatti circolare. In tal caso, il credito di imposta ulteriormente cedibile avrà un valore più alto rispetto a quello non più trasferibile. Quest’ultimo può essere portato unicamente in detrazione.

Modello F24: l’errore da evitare per non essere soggetto a sanzioni

Per versare le tasse in Italia c’è un modello grazie al quale i contribuenti possono pagare il dovuto all’erario per quel che riguarda la stragrande maggioranza delle imposte. Ci riferiamo, nello specifico, all’F24 che, tra l’altro, è noto per essere un modello di pagamento unificato. Dato che, con un’unica operazione non solo si possono pagare le tasse, ma queste si possono pure compensare con eventuali ed altri crediti fiscali maturati.

Pur tuttavia, anche per il modello F24 occorre fare molta attenzione alla fase di compilazione evitando degli errori. Vediamo allora qual è l’errore, o comunque quali sono gli errori più comuni che, per il modello F24, occorre sempre evitare. Altrimenti poi il contribuente può essere anche soggetto a sanzioni.

Quali sono gli errori più comuni legati all’utilizzo del modello di pagamento unificato F24

Nel dettaglio, l’errore più comune nella compilazione e nella trasmissione del modello F24 è quello relativo alla scelta corretta del codice tributo. In tal caso, infatti, con tale errore si rischia di pagare una tassa per un’altra. Gli altri due errori più comuni, compilando il modello di pagamento unificato F24, sono invece legati sia al periodo di riferimento. Sia alla corretta indicazione del codice fiscale.

Un altro errore da evitare, per non essere soggetto a sanzioni inevitabili, è quello relativo alla mancata trasmissione quando l’F24 è a saldo zero. Pure con saldo zero, infatti, il modello di pagamento unificato deve essere comunque trasmesso al Fisco. Altrimenti scatterà una sanzione che è pari a 100 euro. E che si dimezza a 50 euro se e solo se il ritardo nella trasmissione non supera i 5 giorni lavorativi.

Per non commettere questi ed altri tipi di errori sull’F24, la soluzione migliore è quella di affidarsi ad un esperto fiscale e contabile. Per esempio, al proprio commercialista di fiducia. O comunque leggere attentamente le istruzioni di compilazione dell’F24 che sono reperibili insieme al modello collegandosi al sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.

Agricoltura: aiuti dell’Unione Europea ai settori vitivinicolo e ortofrutticolo

L’Unione Europea ha particolarmente in considerazione le sorti degli agricoltori, proprio per questo prevede diverse misure di sostegno alle loro attività e soprattutto al reddito. Abbiamo visto in precedenza gli aiuti riconosciuti alle piccole e medie imprese che operano in agricoltura, ora vediamo gli aiuti dell’Unione Europea specifici per i singoli settori. In questa sede ci occuperemo in particolare del sostegno previsto per il settore vitivinicolo e ortofrutticolo.

Aiuti dell’Unione Europea ai settori vitivinicolo e ortofrutticolo: perché?

Janusz Wojciechowski, Commissario per l’Agricoltura, ha sottolineato che gli ultimi anni per i settori vitivinicolo e ortofrutticolo sono stati molto difficili e questo a causa delle gelate primaverili, inondazioni e condizioni meteorologiche estreme. Queste condizioni si sono sommate alle difficoltà generate dal Covid che hanno portato perdite importanti sia a causa delle difficoltà a trovare manodopera, sia a causa della contrazione dei consumi. Questo naturalmente ha portato pesanti perdite per i produttori e quindi difficoltà per gli agricoltori, proprio per questo l’Unione Europea ha varato un pacchetto di aiuti specifico per gli agricoltori che lavorano in questi settori.

Agricoltura: aiuti dell’Unione Europea per il settore vitivinicolo

Gli aiuti sono divisi e diversi in base alle peculiarità delle tipologie di produzione.

In primo luogo per i produttori di uva e vino, cioè il settore vitivinicolo è prevista flessibilità dei piani di aiuto: i Paesi dell’Unione Europea godono, grazie al regime straordinario previsto per il 2022, di una maggiore flessibilità nella gestione dei piani di aiuto agli agricoltori. In genere gli stessi possono essere modificati solo 2 volte l’anno, entro il 1° marzo ed entro il 1° giugno, invece ora potranno modificare in base all’andamento dell’anno i piani e questo si traduce in minori vincoli e limiti anche per coloro che lavorano nel settore vitivinicolo.

La maggiore flessibilità prevista dall’Unione Europea prevede anche che fino al 15 ottobre 2022 per le aziende vitivinicole che si occupano di riconversione dei vigneti, promozione, ristrutturazione, informazione, vendemmia verde e investimenti, ci siano maggiori aiuti rispetto a quelli inizialmente previsti.

Grazie alle nuove misure aumenta anche la partecipazione dell’Unione Europea a fondi e assicurazioni a tutela del raccolto, in particolare il contributo dell’Unione Europea all’assicurazione sul raccolto aumenta dal 70% all’80%. Aumenta anche la partecipazione dell’Unione Europea ai costi di costituzione dei fondi di mutualizzazione, il contributo è stato raddoppiato: dal 10%, 8% e 4% nel primo, secondo e terzo anno di attuazione al 20%, 16% e 8% .

Aiuti al settore ortofrutticolo

Per il settore ortofrutticolo gli aiuti alle organizzazioni di produttori, che poi naturalmente devono ricadere sui singoli agricoltori, è solitamente calcolato sui livelli di produzione. Per il 2022 l’Unione Europea provvede alla compensazione dei fondi fino a raggiungere i livelli ordinari di produzione.

Ricordiamo che il settore ortofrutticolo riceve aiuti soprattutto attraverso le OP (Organizzazioni dei Produttori) a questi l’Unione Europea in misura ordinaria riconosce un aiuto comunitario pari al 4,1% del valore della produzione commercializzata dalle OP, questo aiuto può essere elevato al 4,6% al fine di attivare o estendere le misure di prevenzione e gestione delle crisi.

Ricordiamo che oltre agli aiuti dellè’Unione Europea ci sono misure previste anche dall’Italia, per ulteriori informazioni si consiglia la lettura: Agricoltura: tutte le novità nella legge di bilancio 2022

Pensioni 2022 a 63 anni? come fare e chi può accedere

Il 2022 lascia in dote dal punto di vista previdenziale l’ennesimo anni di Ape sociale. Parliamo dell’Anticipo pensionistico a carico dello Stato. Una misura che consente di accedere alle pensioni con un largo anticipo rispetto alle soglie ordinarie della pensione di vecchiaia. Ma si tratta di una misura che ha ancora delle sfaccettature che la allontanano da una classica misura pensionistica.

Infatti per natura la misura può essere considerata più assistenziale che previdenziale, soprattutto perché si parla di reddito ponte e perché è una misura destinata soprattutto a delle persone che hanno determinati problemi di varia natura. Infatti l’Ape sociale non è una misura generalizzata ed aperta a tutti. In altri termini non basta raggiungere le soglie dei contributi e dell’età necessarie, ma occorre rientrare in particolari tipologie di soggetti, evidentemente meritevoli di tutela da parte del legislatore.

Nella proroga di un altro anno di questa misura (scadeva il 31 dicembre 2021 ma si è deciso di prolungarla per tutto il 2022), non sono poche le novità introdotte. E molte di loro sono abbastanza importanti.

Ape sociale 2022, più lavori gravosi dentro la misura

L’allegato 1 della legge di Bilancio presenta il nuovo elenco delle attività gravose a cui è destinata l’Ape sociale. Alle 15 previste fino ad oggi (11 con la legge di Bilancio 2017 ed altre 4 con la manovra successiva), ne sono state aggiunte molte altre. E le pensioni con questa misura vengono evidentemente estese.

È il frutto dell’attività di studio che il Ministero del Lavoro ha assegnato ad una particolare Commissione. Parliamo di quella sui lavori gravosi che ha stabilito una graduatoria di attività che possono essere considerate troppo logoranti e meritevoli di una uscita agevolata come pensioni.

Prima di approfondire,  va sottolineato il fatto che le nuove attività gravose rispetto alle 15 precedenti, non godono del beneficio di una misura gemella all’Ape sociale, cioè alla quota 41. In pratica le nuove attività gravose della nuova legge di Bilancio valgono solo nel perimetro dell’Ape sociale e non in quello della quota 41 precoci.

Per i lavori gravosi tutti, l’Ape sociale si centra con almeno 36 anni di contributi versati e con almeno 63 anni di età. Solo per gli edili e i ceramisti (in entrambi i casi occhio al Codice Ateco dell’attività), la scende a 32 anni. Si tratta di una delle novità più importanti prodotte dalla manovra finanziaria sulle pensioni 2022.

Resta il vincolo che questa attività deve essere stata svolta in 7 degli ultimi 10 anni di carriera o in 6 degli ultimi 7.

Ape sociale, pensioni e disoccupati

Un’altra categoria di persone a cui è destinata l’Ape sociale è quella dei disoccupati. Per le pensioni anticipate questa Ape sociale è forse l’unica misura destinata a chi è senza lavoro. Infatti come dicevamo, si parla di una misura destinata a chi ha determinati problemi. I lavori gravosi e la loro attività particolarmente faticosa e pesante. Poi, i disoccupati e la loro condizione precaria dal punto di vista reddituale. Infine, i caregivers che hanno problemi familiari con l’invalido a carico e gli invalidi stessi e le loro problematiche di salute.

Tornando alle pensioni per i disoccupati, per l’Ape sociale servono sempre non meno di 63 anni di età. Ma per il montante contributivo utile la soglia è pari a 30 anni. Per il 2022 è stato eliminato un paletto che per molti in questi anni ha significato l’esclusione dalla misura o la perdita di mesi di prestazione. È stato deciso di eliminare il vincolo dei 3 mesi dall’ultima Naspi percepita. Viene meno il paletto dello status di disoccupazione e dei tre mesi di assenza da copertura da ammortizzatori sociali.

L’Ape sociale nel 2022, ancora invalidi e caregivers per le pensioni in anticipo

Sempre con almeno 63 anni di età e sempre con 30 anni di contributi, anche gli invalidi e chi ha invalidi a casa da assistere, sono potenziali beneficiari dell’Ape sociale. Gli invalidi devono avere una percentuale di invalidità certificata dalle competenti commissioni mediche Asl superiore al 74%.

Per i caregivers, cioè per chi assiste un familiare stretto, disabile e fiscalmente a carico, serve che questa assistenza sia scattata da almeno 6 mesi rispetto alla data di maturazione degli altri requisiti utili o dalla data in cui si intende beneficiare della misura.

Alcuni chiarimenti utili per l’Ape sociale nel 2022

Quando si va a definire l’Ape sociale come una misura lontana dal poter essere considerata strettamente previdenziale, si guarda al suo particolare meccanismo. Si fa riferimento al fatto che parliamo di una misura che ha una sua struttura che la differenzia da tutte le altre. Ad esclusione del doppio requisito anagrafico contributivo, per tutto il resto le particolarità sono evidenti e cioè:

  • La misura non è reversibile a causa di prematuro decesso del titolare della prestazione;
  • Non ci sono maggiorazioni e assegni familiari;
  • La misura è basata su 12 mensilità, cioè è priva di tredicesima;
  • La prestazione è di natura temporanea. Vale solo per gli anni di anticipo rispetto ai 67 anni della pensione di vecchiaia o del raggiungimento delle soglie utili alle pensioni anticipate.

Va sottolineato che per poter beneficare dell’Ape sociale occorre provvedere a presentare all’Inps una domanda di certificazione del diritto alla prestazione. Una domanda propedeutica rispetto a quella di Ape sociale vera e propria.

La domanda di certificazione del diritto, che non è quindi la vera domanda di pensione con l’Ape, andrebbe presentata entro la fine del mese di marzo del 2022. Una scadenza che nasce in modo tale da consentire all’Inps i controlli del caso. Dal punto di vista del richiedente invece,la scadenza è importante per un altro motivo. Rispettandola non si rischia di finire dentro il problema dell’esaurimento delle risorse. Infatti l’Ape non ha risorse illimitate ma si basa sugli stanziamenti del governo. Uscire fuori dalle risorse non fa perdere il diritto alla pensione, ma rischia di far slittare la decorrenza.

Assegno unico figli, Isee se in famiglia ci sono divorziati, altri familiari, separati mai sposati, padre risposato

La pratica dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (Isee) ai fini della presentazione della domanda per l’ottenimento dell’Assegno unico per i figli può generare difficoltà nell’individuazione dei membri della famiglia richiedente. La definizione del nucleo familiare diventa, pertanto, indispensabile ai fini del calcolo dell’Isee e per la determinazione della nuova misura introdotta nel 2022. Possono presentarsi, infatti, casi di famiglie allargate, di presenza di altri familiari, del padre risposato o della presenza di un figlio maggiorenne, di genitori mai sposati o di uno dei due che viva all’estero. Infine, è da prendere in considerazione anche il caso di un genitore straniero.

Isee, come si calcola l’indicatore se si tratta di famiglia allargata ai fini dell’Assegno unico per i figli?

In linea di massima, la famiglia è composta, ai fini dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (Isee) da tutte le persone presenti nello stato di famiglia. Il documento si può richiedere all’anagrafe comunale. Tuttavia, rispetto a questa regola generale, si possono verificare vari casi. Ad esempio, i due coniugi possono avere una differente residenza. Ciò può presentarsi nel caso della domanda di Assegno unico quando la madre divorziata e con due figli minori ha un nuovo convivente. In questo caso fanno parte sempre dello stesso nucleo familiare per il calcolo dell’Isee? I coniugi, anche se hanno una differente residenza, costituiscono un medesimo nucleo familiare per il calcolo dell’Isee. Il nuovo convivente, dunque, se figura nello stato di famiglia della madre divorziata, fa parte del nucleo familiare ai fini dell’Isee della famiglia di quest’ultima. Se scegliesse tuttavia la famiglia del coniuge, non potrebbe rientrare nel nucleo della madre divorziata.

Isee, come vanno considerati i figli maggiorenni non conviventi fino a 26 anni e oltre per l’Assegno unico?

I figli maggiorenni e fino a 26 anni e oltre, ai fini dell’Isee necessario per l’Assegno unico, se non sono conviventi, hanno diversa disciplina. Ovvero, se non hanno ancora compiuto i 26 anni fanno parte del nucleo familiare dei genitori nel caso in cui risultano a carico per il calcolo dell’Irpef. Se hanno già compiuto i 26 ani di età o li hanno superati fanno parte di un nucleo familiare a sé stante anche nel caso in cui dovessero risultare ancora a carico dei genitori. In tal caso, dunque, il figlio maggiorenne che abbia già compiuto i 26 anni o li abbia superati costituisce un nucleo familiare a parte ai fini dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente.

Assegno unico, come bisogna considerare il padre risposato e gli altri familiari, come zii e nonni, ai fini dell’Isee?

Nel calcolo dell’Isee per l’Assegno unico devono essere inseriti anche gli altri familiari come zii e nonni, nel caso in cui risultino conviventi con la famiglia. In tal caso, fa sempre fede lo stato di famiglia: se gli altri familiari risultano presenti vanno inclusi. Il padre che si è risposato, che normalmente risulta estraneo alla famiglia di un figlio minore, deve essere incluso ai fini dell’Isee per minorenni. Si tratta di un “componente aggiuntivo”. Nell’Isee della madre dovrà essere indicato l’importo versato ai fini del mantenimento del minore. Tale disciplina incontra due limiti nei casi in cui:

  • non sia presente il provvedimento dell’autorità giudiziaria che stabilisca l’obbligo di versare il mantenimento al figlio da parte del padre risposato;
  • sia presente un provvedimento di allontanamento, di esclusione della potestà genitoriale oppure di estraneità nei rapporti economici ed affettivi.

Come calcolare l’Isee nel caso di due genitori mai sposati, con diversa residenza, e figlio minore per l’assegno unico?

Il caso dei genitori separati e mai sposati può avere due soluzioni. La situazione è quella nella quale i due genitori abbiano un figlio minore e una residenza differente. Ai fini dell’Assegno unico per il figlio minore, è necessario alternativamente:

  • presentare un’unica Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) per il calcolo dell’Isee da parte del genitore che conviva con il minore. Nella dichiarazione deve essere indicato il genitore esterno al nucleo familiare, a meno che non vi sia un provvedimento dell’autorità giudiziaria;
  • in alternativa si possono presentare due Isee diversi. Il primo si riferisce al nucleo familiare del minore e del genitore convivente, mentre il secondo fa capo al genitore esterno. Nel Documento sostitutivo unico è necessario indicare il protocollo Dsu del genitore esterno già inoltrato all’Inps.

Calcolo Isee ai fini dell’Assegno unico per genitori che lavorano all’estero o per genitore straniero

Se uno dei due genitori lavora all’estero pur avendo la residenza in Italia, la famiglia del minore ha diritto a una maggiorazione dell’Assegno unico. La condizione è che il genitore che lavora all’estero debba pagare le imposte in Italia. Se uno dei due genitori è un cittadino straniero senza codice fiscale lo si può indicare nella domanda. In tal caso, è necessario seguire nella pratica i passaggi nella sezione dei dati del figlio: “Il nucleo familiare del figlio comprende uno solo dei 2 genitori”, “Genitore unico” e successivamente “Altro genitore cittadino straniero senza codice fiscale”. Con questa procedura, quanto spetta per l’assegno viene riconosciuto a chi ha presentato richiesta senza che sia possibile procedere con la ripartizione del 50%.

Quarantena COVID lavoratori: quando è pagata e quando no?

Dal primo gennaio 2022 ci sono nuove regole per la quarantena Covid dei lavoratori, se fino al 31 dicembre 2021 la stessa consentiva di avere la retribuzione prevista per la malattia, ora non è più così. Scopriamo quando la quarantena Covid lavoratori è pagata e quando invece no.

Quarantena Covid lavoratori: cambiano le regole

Dal primo gennaio 2022 sono cambiate le regole per la quarantena precauzionale dei lavoratori: coloro che hanno avuto un contatto stretto con un positivo non possono più percepire l’indennità di malattia. Cosa devono fare quindi per non perdere la retribuzione?

La prima cosa da sottolineare è che sono cambiate le regole per la quarantena, infatti dal primo gennaio se:

  • si è positivi sintomatici è necessario restare in quarantena per 10 giorni dall’inizio dei sintomi, eseguire quindi un tampone antigenico o molecolare almeno 3 giorni dopo il termine dei sintomi. In caso di esito negativo si può tornare a lavoro, in caso contrario si resta a casa e si ripete il tampone;
  • se si è positivi asintomatici, dal momento in cui c’è il risultato positivo è necessario attendere 10 giorni e svolgere un nuovo tampone antigenico o molecolare. Se questo è negativo si può riprendere la vita sociale. Nel caso in cui il soggetto sia vaccinato con la terza dose, oppure abbia ricevuto la seconda dose da meno di 120 giorni, è possibile ripetere il tampone di controllo dopo 7 giorni;

Quarantena per contratto stretto

Regole diverse sono previste per chi ha avuto contatti stretti con un positivo, in questi casi le differenze sono dovute anche all’essersi sottoposti a vaccino. In questo caso:

  • Se non si hanno sintomi e si è vaccinati con terza dose, oppure con seconda dose da meno di 120 giorni, non è necessario stare in isolamento, ma occorre indossare la mascherina ffp2;
  • Se si hanno sintomi, sebbene vaccinati, è necessario eseguire un tampone molecolare o antigenico dopo 5 giorni dal contatto;
  • nel caso in cui la seconda dose sia stata effettuata da oltre 120 giorni occorre restare in quarantena (isolamento) per 5 giorni dal momento del contatto e quindi eseguire un tampone;
  • per i non vaccinati in seguito a contatto con un positivo è necessario trascorrere 10 giorni in quarantena e di seguito procedere al tampone molecolare o antigenico.

Quarantena Covid Lavoratori: quando viene pagata?

Fatta questa premessa occorre vedere come comportarsi con il lavoro. Nel caso in cui si sia costretti alla quarantena precauzionale, se il datore di lavoro può “trasformare” il rapporto in smart working, si può procedere in tal modo. In caso contrario non si potrà avere la malattia. Questo vuol dire che, per evitare di perdere la retribuzione, si possono sfruttare le ferie o in caso contrario il datore di lavoro può concedere permessi retribuiti aggiuntivi.

Diverso è il caso del genitore che è costretto a restare in casa perché il figlio, minore di 14 anni, è in DAD (didattica a Distanza) in questo caso è possibile usufruire fino al 31 marzo 2022 del congedo speciale per Covid-19 retribuito al 50%. Se lo studente ha più di 14 anni per i genitori non è possibile usufruire di tale congedo speciali e si viene trattati alla stregua di tutti gli altri lavoratori.

Restano senza particolari tutele anche i lavoratori fragili che, se tenuti alla quarantena precauzionale, non hanno diritto alla malattia ma devono sfruttare le proprie ferie.

Quarantena dei positivi è retribuita?

Naturalmente nel caso in cui la quarantena non sia precauzionale, cioè si tratti di una quarantena per aver contratto il Covid 19, il periodo ha il trattamento economico dell’astensione dal lavoro per malattia. In questo caso è necessario che il medico curante invii il relativo certificato all’INPS come una comune malattia.

La scelta di non considerare più la quarantena precauzionale, cioè quella dovuta a contratto stretto con un positivo periodo di malattia, può sembrare un’ingiustizia.  In realtà tutela tutti coloro che per vari motivi hanno dovuto usufruire per più volte di periodi di malattia per quarantena precauzionale nel 2020 e nel 2021.  Numerosi contratti di lavoro prevedono che non si possa superare il periodo di comporto di 180 giorni e quindi rischierebbero il licenziamento.

Esenzione Canone RAI 2022: ancora pochi giorni per chiederla

L’esenzione Canone rai 2022 è in scadenza, mancano pochi giorni. Tuttavia solo in alcuni casi è prevista l’esenzione dal pagamento, eccoli.

Esenzione canone rai 2022, come quando si paga

Il canone rai è una delle tasse mal digerite dagli italiani. E’ una tassa che si paga proprio per l’utilizzo di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di araioaudizioni televisive nel territorio italiano. Per l’anno 2022 l’importo del canone di abbonamento alla televisione per uso privato resta invariato e ammonta a 90 euro.

Tuttavia dal 2016 il canone tv è addebitato sulle fatture emesse dalle imprese elettriche in dieci rate mensili, da gennaio ad ottobre di ogni anno. Però se nessun componente della famiglia, tenuto a pagare il canone rai, è titolare di un contratto elettrico di tipo domestico residenziale, il canone si pagata tramite modello F24, entro il 31 gennaio 2022. 

Casi di esenzione dal pagamento, gli ultra settantacinque anni

I cittadini che hanno compiuto 75 anni e che hanno un reddito proprio e del coniuge inferiore a 8 mila euro, possono essere esonerati. Questi soggetti possono presentare una dichiarazione sostitutiva con cui attesta il possesso dei requisiti per essere esonerati dal pagamento del canone TV.

Inoltre l’esenzione spetta solo per l’apparecchio che riguarda la residenza del titolare. Tuttavia l’agevolazione spetta per l’intero anno se il compimento del settantacinquesimo anno è avvenuto entro il 31 gennai dell’anno stesso. Mentre se il compimento avviene dopo tale date, l’agevolazione spetta per il secondo semestre. Infine i soggetti che hanno già pagato, nonostante avere i requisiti, hanno diritto al rimborso.

Altre categorie di esenzione del canone Rai

Oltre agli ultra settantenni, c’è un’altra categoria di persone che non pagano il canone Rai. A causa di convenzioni internazionali, sono esentati:

  • funzionari o gli impiegati consolari, ai sensi dell’articolo 49 della Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963;
  • agenti diplomatici, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961;
  • funzionari di organizzazione internazionali, esenti in base allo specifico accordo di sede applicabile;
  • militari di cittadinanza non italiana o il personale civile non residente in Italia di cittadinanza non italiana appartenenti alle forze NATO di stanza in Italia, ai sensi dell’articolo 10 della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951.

Infine sono esentati anche i cittadini destinatari di un’utenza residenziale che non posseggono la tv o apparecchi preposti alla ricezione di radioaudizioni televisive. Tuttavia i termini di efficacia delle dichiarazioni di non detenzione sono i seguenti:

  • dichiarazione presentata dal 1° febbraio al 30 giugno: esonera dall’obbligo di pagamento per il secondo semestre dello stesso anno
  • dichiarazione presentata dal 1° luglio al 31 gennaio dell’anno successivo: esonera dall’obbligo del pagamento per l’intero anno successivo.

Dove spedire il modulo di esenzione canone rai 2022

Si ricorda che la dichiarazione sostitutiva e la richiesta di rimborso possono essere:

  • spedite a mezzo del servizio postale in plico raccomandato, senza busta, al seguente indirizzo Agenzia delle entrate – Direzione Provinciale I di Torino – Ufficio Canone TV – Casella postale 22 – 10121 Torino (in tal caso va allegata copia di un valido documento di riconoscimento);
  • trasmesse, firmate digitalmente, tramite posta elettronica certificata all’indirizzo cp22.canonetv@postacertificata.rai.it
  • consegnate dall’interessato presso un qualsiasi ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate.

Infine si ricorda che l’esenzione ha il valore di un anno, quindi ogni anno deve essere presentata a carico del contribuente.

Rateizzazione cartelle esattoriali, conviene? la guida

Le cartelle esattoriali sono una esperienza con cui un contribuente su due ha avuto a che fare, almeno stando alle statistiche. Non bisogna essere evasori fiscali per trovarsi ad avere a che fare con una cartella di pagamento per un tributo, una tassa o una multa non pagate per tempo.

E sono davvero molteplici le cause che possono portare un contribuente ad impattare su una cartella esattoriale. Dimenticanza, difficoltà economiche anche momentanee, errate considerazioni. Da diversi anni a questa parte non passa manovra di Bilancio con il suo decreto Fiscale collegato, che non preveda sanatorie, rottamazioni cartelle e incentivi a regolarizzare la posizione.

Per esempio, i debiti fino a 5.000 euro che un contribuente si trova a carico fino a tutto il 2010, o meglio, i ruoli fino al 31 dicembre 2010, sono di fatto condonati. Ma per quelli successivi non ci sono sanatorie, nessuno sconto e nessuna scialuppa di salvataggio. Vanno onorati, cioè pagati. L’unica cosa che può offrire l’Agenzia delle Entrate Riscossione, nuovo Concessionario che ha sostituito Equitalia, è la rateizzazione.

Cartelle esattoriali e ruoli, cosa significa?

Il primo punto da tenere in considerazione per capire se si rientra o meno in un provvedimento di sanatoria è la data di iscrizione a ruolo. Quando si parla di debiti con il Concessionario della riscossione, entro una determinata data per poter rientrare in un provvedimento di sanatoria, si fa riferimento al cosiddetto ruolo.

Questo vale per il condono dei debiti fino a 5.000 euro di cui accennavamo prima, ma vale anche per i provvedimenti di sanatoria come la rottamazione o il saldo e stralcio. Si tratta di provvedimenti con cui il Agenzia delle Entrate Riscossione offriva al contribuente la possibilità di mettersi i regola in misura agevolata. In pratica, con sconti su sanzioni ed interessi e pure in diverse rate. Ma solo per i ruoli fino ad una determinata data, sia essa il 31 dicembre 2018 piuttosto che il 31 dicembre 2019.

Ruolo non significa debito con l’Ente a cui la multa o la tassa era dovuta. La data di iscrizione a ruolo è quella a partire dalla quale l’Ente a cui il balzello era dovuto, ha affidato ad Ader il compito di incassare. E così, tornando all’esempio dei debiti fino al 2010, può capitare che non vi rientri un bollo auto 2008 piuttosto che uno 2009, per il solo fatto che la data di iscrizione a ruolo era successiva al 31 dicembre 2010.

Le rate per le cartelle esattoriali, come funzionano?

Per debiti fiscali, tributari, per sanzioni e multe per violazioni del codice della strada e per qualsiasi altro debito che è a carico di un contribuente e sotto la gestione di Agenzia delle Entrate Riscossione, che non rientra in condoni, sanatorie e così via, non resta che la strada della rateizzazione.

Le cartelle esattoriali possono essere pagate a rate. La rata è mensile e fino ad un massimo di 72 rate, ovvero 6 anni. Per via della situazione emergenziale che da due anni stiamo vivendo con il Covid-19, in via eccezionale è stato predisposto un piano straordinario di rateizzazione che può arrivare a 120 rate, ovvero a 10 anni.

Ma questo solo in determinate circostanze, perché la soglia delle 72 anni è quella che possiamo benissimo definire canonica, o facente parte del piano ordinario di rateizzazione.

Quando le cartelle esattoriali rientrano nelle maxi rateizzazioni a 10 anni

La nuova rateazione decennale è possibile solo quando un contribuente si trova in una condizione di riduzione della propria capacità reddituale, piuttosto grave. In linea di massima ciò viene concesso a condizione che la rata fuoriuscita dal piano da 72 rate, sia superiore al 20% del reddito mensile del contribuente indebitato e del suo nucleo familiare.

La prova della situazione economica precaria di un nucleo familiare viene determinata in base all’Isee. Per questo il contribuente che vuole accedere al maxi piano rateale di 10 anni dovrà avere una Dsu (Dichiarazione Sostitutiva Unica) in corso di validità ed allegare l’Isee alla istanza di rateizzazione.

Domanda e interessi da applicare agli importi dovuti

Per poter ottenere la rateizzazione occorre presentare istanza all’Agenzia delle Entrate Riscossione. La domanda può essere prodotta in maniera cartacea recandosi agli uffici territoriali di Ader. In alternativa si può fare tutto con lo Spid, il Sistema Pubblico di Identità Digitale. Basta autenticarsi sul sito del Concessionario alla riscossione e presentare domanda in maniera telematica. Si può fare tutto anche per chi ha la Carta di Identità Elettronica che da lo stesso accesso ai servizi telematici della Riscossione.

Al termine dell’istanza, sarà Ader a confermare l’accettazione ed a rilasciare i bollettini per il pagamento rateale. Nelle istanze telematiche Ader rilascia i primi bollettini di pagamento,  in genere i primi 10 mesi, mentre i successivi arrivano a casa del contribuente o possono essere scaricati per la stampa, in una fase successiva.

Per un debito di importo inferiore ai 100mila euro, la rateizzazione è concessa automaticamente alla presentazione dell’istanza. Naturalmente l’operazione non è gratuita, ecco perché ogni contribuente deve verificare il parametro relativo al confronto costo beneficio. Infatti il piano di rateizzazione prevede l’applicazione degli interessi.

È il corrispettivo da versare per la dilazione del pagamento che fa lievitare il totale da versare in maniera proporzionale al numero di rate richiesto. E gli interessi applicati variano in base alla natura del debito, cioè dal balzello da cui scaturisce la cartella esattoriale. In questo viene in aiuto il sito istituzionale del Concessionario, cioè agenziaentrateriscossione.gov.it che recita testualmente che:

  • Il tasso di interesse per la rateizzazione del pagamento dei debiti di natura erariale è pari a al 4,5% annuo;
  • Il tasso di interesse per la rateizzazione del pagamento dei debiti di natura previdenziale e assistenziale è pari al 6% annuo;
  • Per tutti i debiti diversi da questi, si applica il tasso previsto dall’art. 21 del DPR n. 602/1973.

Irap, con l’abolizione cosa bisogna versare nel 2022?

Il taglio dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) non elimina il saldo di giugno prossimo e la dichiarazione dei redditi del 2022. Delle nuove regole della riforma fiscale, inoltre, non ne beneficeranno le società di capitali e quelle di persone. L’abolizione dell’Irap, infatti, riguarda le persone fisiche che svolgono le attività commerciali, le arti e le professioni. La legge di Bilancio 2022 (la numero 234 del 2021) taglia l’imposta per determinati contribuenti, lasciando inalterate dunque le società collettive.

Irap, chi sono i soggetti passivi di imposta e a vantaggio di chi andrà il taglio

L’effetto che si ha con l’abolizione dell’Irap va a vantaggio dei lavoratori autonomi che svolgano la propria attività singolarmente. Se invece il lavoratore autonomo si unisce ad altri lavoratori (come, ad esempio, nelle società e negli studi associati), rimane soggetto passivo di imposta. In ogni caso, la legge di Bilancio 2022 rappresenta una parziale revisione della disciplina fiscale in materia. Si prevedono ulteriori provvedimenti che segneranno il graduale superamento dell’imposta regionale sulle attività produttive con l’introduzione di un’unica addizionale applicata al reddito di impresa.

Irap, quali sono i soggetti obbligati al pagamento?

L’Imposta regionale sulle attività produttive trova disciplina nel decreto legislativo numero 446 del 1997. L’introduzione dell’imposta risale al 1° gennaio 1998 in sostituzione di altri tributi come l’Ilor, la tassa sulle partite Iva e l’Iciap. L’Irap è dovuta per l’esercizio in forma abituale delle attività autonome organizzate, dirette a produrre o a scambiare beni o a prestare servizi. Chi esercita, pertanto, attività di lavoro autonomo e di impresa, sia nella modalità individuale che in forma associata, rientra tra i soggetti passivi dell’imposta. Sono soggetti anche le amministrazioni e gli enti pubblici, nonché gli enti non commerciali.

Deducibilità Irap e modifiche introdotte nel corso degli anni

Nel corso degli anni l’Irap è stata soggetta a varie modifiche. Una, in particolare, ha interessato l’ambito di applicazione della deducibilità dell’imposta sulle componenti di costo relative al lavoro. Tali costi sono divenuti totalmente deducibili se sostenuti per il lavoro dipendente a tempo indeterminato. Inoltre l’Irap, dal 2016, non deve essere più versata dai lavoratori autonomi delle attività agricole che rientrino nel reddito agrario.

Riforma Irap ed esenzione di soggetti passivi ai sensi della legge di Bilancio 2022

La riforma dell’Imposta regionale sulle attività produttive operata dalla legge di Bilancio 2022 permette alle persone fisiche che svolgano un’attività commerciale o l’esercizio di arte e professioni di non versare più l’Irap. Le attività esenti sono quelle riportate dalle lettere b) e c) del comma 1, dell’articolo 3, del decreto legislativo numero 446 del 1997. Il decreto, dunque, riporta tutti i soggetti passivi dell’imposta, includendo anche le società in nome collettivo (snc), quelle in accomandita semplice (sas) e le società a esse equiparate. L’equiparazione è riportata dal comma 3, dell’articolo 5, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). Il comma c) del decreto leggislativo 446, invece, aggiunte ai soggetti passivi delle imposta le persone fisiche, le società semplice e le società equiparate, oltre alle persone fisiche che svolgano attività di arti e di professioni.

Riforma Irap, chi non deve pagarla nel 2022 e chi deve versarla?

La cancellazione dell’Irap a partire dal 2022 riguarda, in altre parole, essenzialmente le persone fisiche. Risultano escluse dalla cancellazione delle imposte le società e gli enti assimilati. In base a quanto dispone la legge di Bilancio 2022, dunque, il taglio dell’imposta riguarda solo le persone fisiche, mentre continueranno a versarla gli studi associati e le società di professionisti, oltre a tutte le società di capitali e di persone. Non dovranno pagare l’Irap, in attesa di ulteriori delucidazioni dall’Agenzia delle entrate, le imprese familiari che si avvalgano di collaboratori domestici. Si tratterebbe, in questo caso, pur sempre di imprese qualificabili come individuali.

Decorrenza taglio Irap, cosa bisogna fare nella prossima dichiarazione dei redditi e saldo 2021?

La cancellazione dell’Irap entra in vigore, con la legge di Bilancio 2022, a decorrere dal periodo di imposta coincidente con l’anno solare 2022. Ciò significa che l’esercizio coincide con l’anno di entrata in vigore delle novità della legge di Bilancio 2022. Di conseguenza, anche le persone fisiche che beneficiano della cancellazione dell’Irap, nel corso del 2022 dovranno prestare attenzione a due adempimenti:

  • entro il 30 giugno del 2022 dovranno procedere con il pagamento del saldo 2021;
  • presentare il modello Irap 2022 entro il 30 novembre 2022;
  • non si dovranno pagare, invece, gli acconti.