Divieto vendita auto a benzina e diesel dal 2035: accordo raggiunto

Negli ultimi giorni si è più volte parlato di uno slittamento dei termini per il divieto di vendita di auto a benzina e diesel, invece l’accordo tra Parlamento e Consiglio europeo è stato raggiunto e dal 2035 c’è il divieto vendita di questi veicoli. Approvata anche la norma “salva Ferrari”.

A chi si applica il divieto di vendita auto benzina e diesel? Cos’è la clausola “salva Ferrari”?

L’obiettivo è ridurre le emissioni inquinanti attraverso il supporto della mobilità sostenibile. I cambiamenti climatici che si stanno registrando con caldo anomalo e scioglimento dei ghiacciai ha messo in allarme l’Europa e sono in tanti a credere che sia arrivato il momento di non ritardare interventi.

Naturalmente non si può vietare nell’immediato la vendita di veicoli con alimentazione diesel e benzina, è necessario fornire un congruo lasso di tempo per dare alle aziende del settore il tempo per convertire le loro produzioni. Non solo, è necessario che i Paesi Membri riescano a produrre energia da fonti rinnovabili. Solo in questo modo si possono abbattere le emissioni inquinanti.

In base all’accordo raggiunto, i produttori che producono da 1.000 a 10.000 vetture nuove ( e da 1.000 a 22.000 furgoni) dovranno adeguarsi entro il 2035, mentre le imprese con produzioni ridotte, cioè meno di 1.000 veicoli l’anno, saranno esentati da tale obbligo. Questa clausola ha preso anche il nome di “salva Ferrari” infatti i produttori di auto extra lusso e personalizzate hanno lamentato l’impossibilità nel breve termine di applicare ai loro veicoli motori a zero emissioni di CO2. Il caso è quello della casa automobilistica Ferrari.

Le tappe per il passaggio al divieto di vendita auto a benzina e diesel

Per le imprese ci saranno inoltre passaggi intermedi per le imprese, il primo è già nel 2025, mentre il secondo sarà nel 2030. Entro tale seconda data dovrà essere raggiunto l’obiettivo di una riduzione di emissioni di CO2 del 50% per i furgoni e 55% per le auto nuove.

Entro la fine del 2025 l’esecutivo comunitario dovrà pubblicare una prima relazione sull’andamento della transizione ecologica, la stessa toccherà diversi aspetti come l’impatto sui consumatori e sull’occupazione, i progressi in termini di efficienza energetica e di accessibilità economica dei veicoli a zero e a basse emissioni.

Le aziende costruttrici non hanno mancato di far pervenire critiche al piano ritenendolo troppo repentino in quanto ancora mancano le infrastrutture per poter effettuare un passaggio agevole all’elettrico. Oliver Zipse, presidente della European Automobile Manufacturers Association e amministratore delegato della casa automobilistica tedesca Bmw ha espresso dubbi sulla possibilità di realizzare gli obiettivi. Ha sottolineato che l’azienda può anche adeguarsi, ma restano perplessità circa la capacità dell’Europa di garantire una quantità sufficiente di energia rinnovabile per il parco mezzi e infrastrutture di ricarica capillari.

Tegole fotovoltaiche, azzerano i costi in bollette e salvano l’estetica

Le tegole fotovoltaiche potrebbero essere una svolta per abbassare il costo delle bollette, di seguito le caratteristiche, il costo e la potenza.

Tegole fotovoltaiche, che cosa sono?

Le bollette dell’energia continua a gravare sulle tasche degli italiani. Mentre il sole è gratis ed è per tutti. Per questo motivo anche l’Unione Europea si sta muovendo sempre più verso il settore del fotovoltaico. Anche se a volte, si contesta di deturpamento dello skyline delle città mettendo sui tetti gli impianti fotovoltaici. Per molti sono anti estetici, insomma proprio brutti, anche se efficienti e fanno risparmiare sulla bolletta.

Così una valida alternativa è rappresentata dalle tegole fotovoltaiche o solari. Si tratta di speciali tegole che funzionano come i pannelli fotovoltaici e che quindi sfruttano l’energia verde del sole per produrre elettricità. Le tegole hanno in genere una struttura in ceramica ed un cella fotovoltaica di dimensione contenute e di forma proprio identica alle classiche tegole in cotte usate per la copertura dei tetti e realizzate con materiali plastici.

Quanto costano le tegole fotovoltaiche?

Prendiamo in esame i consumi per un contatore di una famiglia normale. Di solito c’è bisogno di un impianto da 3hWh. Ogni singola tegola ha in genere una potenza di picco di 100wp, quindi per ottenere un impianto composto da 30-50 tegole con cella. Quindi occorre avere un tetto abbastanza grande e capace di istallare il numero indicato.

In media, il costo di una tegola fotovoltaica sul mercato può andare da 50 a 100 euro, con un prezzo al mq delle tegole fotovoltaiche di circa 70 euro. Un impianto completo costa in media circa 15-20 mila euro, un pò più di  un impianto fotovoltaico con i pannelli. Ma la buona notizia è che anche questi prodotti rientrano nelle detrazioni del 50% e con Iva agevolata al 10%. Quindi è possibile accedere al bonus fotovoltaico.

I pro e i contro di questa scelta

Rifare il tetto con le tegole fotovoltaiche è una scelta green che rispetta l’ambiente. Ma ci sono una serie di pro e contro da prendere in esame. Tra i pro c’è anche il ridotto impatto estetico, sono belle e si possono anche alternare con le tegole classiche. Sono eco sostenibili e hanno un ottimo rendimento. E poi è possibile ottenere le detrazioni fiscali come per i pannelli classici.

Mentre tra i contro c’ è l’elevato costo di acquisto. Infatti costano qualcosa in più rispetto agli impianti fotovoltaici che siamo abituati a vedere sui tetti delle abitazioni. Non sono consigliati nei tetti in cui non c’è un’inclinazione o in posti in cui ci sono delle zone d’ombra. Tuttavia sembra abbiano una resa leggermente minore dei pannelli, anche se forse nel tempo una maggiore durata.

 

 

 

Bonus occhiali da vista: via libera dal Garante Privacy

Per le famiglie con Isee inferiore a 10.000 euro è disponibile il bonus occhiali  da vista e lenti a contatto correttive. Ecco come ottenerlo.

A chi spetta il bonus occhiali da vista e lenti correttive?

Con decreto del Ministro della Salute è stato previsto un bonus di 50 euro per l’acquisto di occhiali e lenti a contatto correttivi in favore delle famiglie che hanno un reddito Isee inferiore a 10.000 euro. La misura è valida per i dispositivi acquistati dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2023. Lo schema di decreto è stato quindi sottoposto alla valutazione del Garante Privacy e in seguito alla sua approvazione, diventa operativo.

Come fare richiesta del Bonus occhiali da vista?

Coloro che rientrano nei requisiti, potranno fare richiesta del bonus occhiali da vista, che viene erogato sottoforma di voucher, sul sito del Ministero della Salute. Per poter procedere è necessario identificarsi con CIE, SPID o CNS. Al momento della presentazione della domanda occorre allegare la copia della fattura o della documentazione che dimostra l’acquisto. Inoltre in tale sede è necessario indicare l’Iban sul quale ricevere le somme.

Il bonus occhiali da vista potrà essere richiesto una sola volta per ogni membro del nucleo familiare. Una volta inoltrata la domanda l’Inps provvederà a controllare la stessa la fine di verificare che risponda ai requisiti previsti dal decreto. Per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, i “bonus vista” sono emessi secondo l’ordine temporale di arrivo delle istanze fino a esaurimento dei fondi. Una volta erogato il contributo in favore del richiedente, ne sarà data comunicazione all’Agenzia delle Entrate.

Torna l’ora solare, ma quanto si risparmierebbe restando con l’ora legale?

Nella notte tra sabato e domenica torna l’ora solare e le lancette degli orologi dovranno essere spostate indietro di un’ora. Questo vuol dire un’ora in meno di luce perché la sera sarà buio prima. Quanto impatterà il ritorno dell’ora solare sulle tasche degli italiani soprattutto ora che i costi dei kW sono alle stelle?

Ora legale e risparmio energetico in Europa

Il passaggio dall’ora legale all’ora solare ci sarà nella notte tra il 29 ottobre e il 30 ottobre, sarà necessario spostare l’orologio indietro di un’ora. Questo vuol dire che sarà possibile godersi un’ora in più nel letto al mattino, ma di fatto la sera sarà buio molto prima e di conseguenza si avrà la necessità di accendere la luce. Fortunatamente il cambio orario ci sarà in un periodo festivo in cui gli italiani avranno l’opportunità di abituarsi al nuovo orario senza troppi traumi, ma di fatto questa scelta peserà sulla bolletta energetica.

L’ora legale infatti entra nella nostra quotidianità proprio per risparmiare energia. In passato il passaggio dall’ora legale a quella solare avveniva l’ultima domenica di settembre, ci fu quindi il posticipo proprio per aumentare i benefici sui consumi energetici.

Nel frattempo il Parlamento europeo ha deciso di lasciare agli Stati Membri la libertà di decidere quale orario applicare e rimuovere l’obbligatorietà dell’alternanza. Inoltre, entro la fine del 2021 i Paesi avrebbero dovuto scegliere quale orario applicare durante tutto l’arco dell’anno, di fatto però questa scelta non è stata fatta da nessuno e l’alternanza continua ad esservi.

Quanto si risparmia con l’ora solare?

I dati disponibili derivano da uno studio di Terna. Da questo emerge che l’Italia nei sette mesi in cui è stata in vigore l’ora legale ha risparmiato 420 milioni di chilowattora corrispondenti, visti i prezzi di mercato attuali, ben 190 milioni di euro.

Secondo i dati del Centro Studi di Conflavoro Pmi basati sui consumi del 2021 resi disponibili da Terna, se l’Italia mantenesse l’ora legale per tutto il 2023, i risparmi potrebbero arrivare a 2,7 miliardi di euro.

Leggi anche: Caro energia: l’Antitrust su 4 società per comportamento ingannevole

Bonus genitori separati: pubblicato il decreto operativo

Nella Gazzetta Ufficiale del 26 ottobre 2022 è stata pubblicato il decreto operativo per il Bonus genitori separati o divorziati.

A chi spetta il bonus genitori separati

Il contributo è stato istituito con il decreto legge del 2021 mentre i criteri per l’erogazione sono stati definiti con il decreto fiscale collegato alla manovra di bilancio 2022, si tratta quindi di un lungo iter che finalmente sembra essere arrivato al punto definitivo.

Hanno diritto al bonus i genitori separati o divorziati che devono provvedere al mantenimento dei figli minorenni o maggiorenni con handicap grave e che non hanno ricevuto dall’altro genitore l’assegno di mantenimento disposto in sede di separazione.

Il bonus viene riconosciuto nel caso in cui l’inadempimento dell’altro genitore sia dovuto a cause indipendenti dalla volontà di questo:

  • in caso di cessazione, riduzione o sospensione dell’attività lavorativa dell’ex, a decorrere dall’8 marzo 2020 e per almeno 90 giorni;
  • in caso di riduzione del reddito pari almeno al 30 per cento rispetto a quello percepito nel 2019.

Sono previsti requisiti economici anche per il richiedente che deve avere un reddito inferiore o uguale a 8.174 euro. Affinché si possa ottenere il bonus genitori separati è necessario che l’assegno di mantenimento non sia stato versato o sia stato versato solo in parte nel periodo compreso dall’8 marzo 2020 al 31 marzo 2022 cioè nel periodo compreso tra l’emergenza covid.

A quanto ammonta il bonus genitori separati

Il bonus genitori separati può avere un importo massimo di 800 euro mensili e viene erogato per massimo 12 mensilità. L’importo è comunque commisurato all’assegno di mantenimento disposto in sede di separazione, cioè se l’importo previsto era inferiore a 800 euro mensili viene corrisposto quell’importo e non quello massimo. Inoltre l’importo sarà determinato in base alle domande pervenute nel limite dei fondi disponibili che sono 10 milioni di euro.

La domanda dovrà essere presentata attraverso il portale del Dipartimento per le politiche della famiglia . La nuova piattaforma deve ancora essere lanciata quindi è necessario attendere ancora qualche giorno per poter proporre la domanda.

I dati da inserire nella domanda per il bonus genitori separati

La domanda deve essere presentata dal coniuge che doveva percepire l’assegno di mantenimento in favore dei figli. Questi, oltre a indicare le sue generalità, deve indicare:

  • l’importo dell’assegno di mantenimento di cui è titolare il richiedente, relativo al periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 marzo 2022, e l’ammontare delle somme non versate a titolo di mantenimento;
  • se l’ex coniuge percepisce redditi da lavoro dipendente;
  • l’ammontare del reddito del richiedente;
  • la dichiarazione attestante il nesso di causalità tra l’inadempienza e l’emergenza epidemiologica da COVID-19
  • codice iban e indirizzo di posta ( ordinaria o elettronica).

Pignoramento, ipoteca e fermo, quando possono scattare?

Il pignoramento, l’ipoteca e fermo sono delle misure che nascono a seguito di un debito non pagato dal contribuente, ma ecco in cosa consistono.

Il pignoramento, ipoteca e fermo, da parte dell’Agenzia delle entrate

Tutte le tre le misure: fermo, ipoteca o pignoramento possono essere da parte dell’Agenzia delle entrate. Tuttavia non è una scelta che fa a caso, ma ci sono delle regole che le caratterizzano. Per pignoramento si intende un’ingiunzione che un ufficiale giudiziario fa nei confronti di un debitore. In particolare sottrae, a garanzia di un credito, il bene indicato ed oggetto di espropriazione e i suoi frutti. Il debitore così non può godere del bene fino a quando non avrà estinto il proprio debito.

Il pignoramento viene eseguito dall’ufficiale della riscossione con la notifica del verbale al debitore. Inoltre non può essere eseguito prima che decorrano 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Mentre perde efficacia trascorsi 200 giorni senza l’effettuazione del primo incanto. Possono essere venduti all’asta i beni del debitore, tranne il caso in cui sia l’unico immobile di proprietà del debitore, sia adibito a residenza e non sia di lusso.

Il pignoramento ed il caso dell’ipoteca

L’ipoteca su uno o più immobili scatta se il debito iscritto a ruolo è maggiore del tetto di 20 mila euro. Per quanto riguarda i limiti di pignorabilità di pensioni e stipendio è di un decimo se lo stipendio o la pensione sono inferiori a 2.500 euro. Mentre di un settimo se l’importo è compreso tra 2.500 e 5 mila euro.

L’ipoteca viene iscritta direttamente sui beni del debitore. E’ possibile vedere anche tramite la conservatoria dell’ufficio catastale di competenza le cartelle esattoriali che hanno generato l’ipoteca. Cioè il titolo che ha portato all’iscrizione dell’ipoteca. Tuttavia vendere una casa con ipoteca è possibile. L’atto di compravendita è valido dal punto di vista giuridico, ma solo se l’acquirente è a conoscenza del vincolo esistente sull’oggetto della transazione prima della stipula dell’atto di vendita.

Quando scatta il fermo amministrativo?

Il fermo amministrativo rappresenta una peculiare tipologia di misura cautelare, disciplinata dall’art. 86, DPR n. 602/73, diretta a garantire la riscossione di crediti tributari (e non) già scaduti, a seguito dell’intervenuto decorso del termine di 60 giorni dalla notifica della relativa cartella di pagamento.

Il provvedimento dell’Agenzia  delle entrate può essere impugnato davanti al giudice tributario, se il credito riguarda l’omesso versamento di tasse o sanzioni. Mentre davanti al giudice di pace se il provvedimento scatta a seguito di mancato pagamento di multe per infrazione del codice della strada. Infine si può impugnare davanti il giudice della sezione lavoro se si tratta di contributi previdenziali non pagati.

 

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Bonifico istantaneo, bastano solo 10 secondi per dar soldi

Il bonifico istantaneo è una proposta dell’Unione Europea che prevede il trasferimento di soldi in pochi secondi. Ecco perché è davvero comodo.

Bonifico istantaneo cos’è e quando viene usato

A molti utenti online che sfruttano la home bancking sarà comparso, a video, la possibilità di fare un bonifico classico oppure istantaneo per il pagamento di una somma. Infatti il pagamento istantaneo è la possibilità di trasferire denaro da un conto corrente all’altro in pochi secondi. Un servizio offerto da moltissime banche e che è attivo 24 ore su 24, sette giorni su sette. La somma così trasferita diventa immediatamente a disposizione del beneficiario.

Sull’utilizzo del bonifico istantaneo si è pronunciata anche la Commissione europea che ha avanzato la proposta di rendere i pagamenti in euro, più immediati, cioè in circa 10 secondi. Dunque si tratta di un modo molto sicuro e soprattutto più veloce dei tradizionali bonifici. La metodologia può anche essere usata da imprese e semplici cittadini, garantendo delle transazioni più immediate.

Bonifico istantaneo, cosa cambierebbe?

All’inizio del 2022 sono aumentati coloro che utilizzano i bonifici istantanei. Tanto che secondo la commissione europea occorre fare una modifica all’attuale sistema. Infatti se oggi si fa un bonifico in serata, passano almeno due giorni prima che il creditore lo riceva nel suo conto corrente. Mentre se il trasferimento è all’interno dello stesso circuito bancario per entrambi i clienti ne passa uno solo. Ma perché attendere per pagare o essere pagati?

Infatti i bonifici istantanei «Aumentano notevolmente la velocità, aiutano a migliorare significativamente il flusso di cassa e portano a risparmi sui costi per le imprese, in particolare per le Pmi, compresi i commercianti», spiegano ancora da Bruxelles. Quindi«liberano denaro attualmente bloccato in transito nel sistema finanziario, il cosiddetto “fluttuante di pagamento”, che può essere utilizzato prima per consumi o investimenti (quasi 200 miliardi di euro sono bloccati al giorno)».

Per cosa può essere usato?

Il bonifico istantaneo può essere usato anche per donare soldi ai figli. Tuttavia la somma massima trasferibile è pari a 100.000 euro. Quindi basta avere a disposizione il codice IBAN del beneficiario ed inserire la somma da inviare al proprio figlio. Confermare che si tratta di un’operazione con bonifico istantaneo SEPA/Instant Payment ed inserire la causale. A questo proposito si consiglia sempre di indicare e spiegare bene il motivo del trasferimento del denaro per evitare controlli fiscali.

A questo punto seguirà il riepilogo dell’operazione per la conferma della transazione che di solito avviene tramite pin o riconoscimento digitale, e il regola al proprio figlio è fatto. Entro pochi secondi, circa 10, il beneficiario avrà la somma richiesta. Infine non è  possibile revocare un bonifico di questo tipo, tranne casi di problemi tecnici o frode informatica.

 

 

Nuovo aumento del costo del denaro BCE: riflessi sui mutui

La BCE ha deciso un ulteriore aumento del costo del denaro di 75 punti base, si tratta di un ulteriore inasprimento della politica monetaria che andrà a rendere ancora più difficile sostenere il costo di un mutuo, in particolare quello a tasso variabile.

Costo del denaro al 2% con l’ultima decisione della BCE

A partire dal 2 novembre 2022 il costo del denaro sale al 2%, infatti dopo i primi due aumenti avvenuti a luglio e settembre, ora c’è il terzo aumento e dovrebbe essere l’ultimo almeno per il 2022. Questo vuol dire che le banche per ottenere soldi dalla BCE da reinvestire in un secondo momento concedendo mutui e prestiti, dovranno pagare di più rispetto a quanto pagavano in passato.

Leggi anche: Allarme mutui: cosa succederà dopo la decisione della BCE?

Naturalmente questo aumento si ripercuote a catena su tutti coloro che hanno bisogno di liquidità per compiere operazioni, che si tratti di imprese che vogliono finanziamenti per acquistare macchinari o di persone che vogliono stipulare un mutuo per acquistare casa o per ottenere credito al consumo.

Effetti dell’aumento del costo del denaro sui mutui a tasso variabile e fisso

Questo vuol dire che per chi stipulerà un mutuo a tasso fisso nei prossimi mesi ci sarà un deciso aumento del tasso di interesse rispetto a chi lo ha sottoscritto ieri. Chi ha un mutuo a tasso variabile, anche se sottoscritto mesi fa e con condizioni di mercato diverse, vedrà invece aumentare nettamente il costo della rata. I primi calcoli effettuati dicono che coloro che hanno sottoscritto un mutuo del valore di 100.000 euro, si prevede un aumento della rata di circa 35 euro al mese già dal mese di dicembre 2022.

Attualmente l’indice Eurirs applicato al mutuo a tasso fisso è al 3,19%, mentre per quanto riguarda l’indice Euribor a inizio anno era a -0.53% mentre a ottobre è arrivato a 1,97%. A queste percentuali deve essere aggiunto lo spread. A breve non si prevedono riduzioni, mentre su eventuali futuri aumenti dopo questo deciso ora dalla BCE, non si possono fare previsioni.

Superbonus 2023: cosa ci attende? Saranno ridotte le aliquote?

Con l’arrivo del nuovo Governo sono in molti a chiedersi quale potrebbe essere il futuro del Superbonus 2023 infatti non è ancora chiaro cosa ha intenzione di fare il nuovo esecutivo e lo studio pubblicato da Bankitalia non aiuta a diradare la foschia che si sta avviluppando intorno a questo importante provvedimento.

I numeri del Superbonus 110%

Il Superbonus 110% è  uno dei provvedimenti che ha incrinato il Governo Draghi. Più volte Draghi ha sottolineato che aveva generato  truffe, ciò ha portato a un irrigidimento dei rapporti tra il M5S e il Governo. Si è quindi arrivati alle elezioni e al nuovo Governo Meloni, nel frattempo L’Agenzia delle Entrate ha reso più stringenti le procedure per il Superbonus 110%.

In campagna elettorale più volte abbiamo sentito dire che è necessario rimodulare il Superbonus 110% in modo che abbia un costo minore per i conti pubblici. Le risorse stanziate sono terminate.  Giorgia Meloni ha rassicurato sull’obiettivo di trovare risorse per i cantieri già aperti, mentre per gli altri occorrevano delle modifiche al meccanismo. Con le norme attuali, il 31 dicembre scade il termine per i lavori sulle unifamiliari, a patto che entro il 30 settembre 2022 siano riusciti ad asseverare il completamento del 30% dei lavori.

Fondi stanziati terminati ad agosto: cosa ci attende per il Superbonus 2023?

Il 31 dicembre 2023 scadono invece i termini per i condomini ed edifici plurifamiliari ( anche appartenenti a un unico proprietario). Dal 1° gennaio del 2024 dovrebbe iniziare il meccanismo del decalage con contributi riconosciuti in forma ridotta. Secondo le indicazioni di ENEA i fondi che erano stati stanziati ( in parte provenienti dal PNRR) sono terminati ad agosto e attualmente c’è un elevato sforamento dai costi. Lo stanziamento era di 43 miliardi di euro, mentre il costo per lo Stato a fine agosto era di 47 miliardi e ora siamo a circa 56 miliardi di euro.

Secondo le anticipazioni di Giorgia Meloni il decalage potrebbe però iniziare prima, cioè già dal prossimo rifinanziamento necessario per poter proseguire con il Superbonus. Nelle indicazioni fornite dovrebbe essere riconosciuto il credito di imposta all’80% sulla prima casa, per la seconda casa dovrebbe invece scendere al 60% oppure addirittura il contributo potrebbe venir meno.

Lo studio di Bankintalia: il Superbonus 2023 per essere sostenibile deve essere al 40%

Nasce quindi il dubbio in molti professionisti che le critiche presenti nel documento di Bankitalia non siano altro che una sorta di supporto alla scelta di ridurre gli stanziamenti previsti per il Superbonus 110%. Ricordiamo che lo studio in oggetto sottolinea che il costo del Superbonus 110% è troppo elevato e potrebbe essere ripagato nel 2100, cioè rapportando costi -benefici si andrebbe in pari tra oltre 70 anni ( quando le strutture edilizie probabilmente saranno già obsolete da qualche decennio). Il costo sarebbe invece più facilmente ripagabile con un’aliquota per il Superbonus 2023 con detrazione al 40%, sarebbe più bassa anche degli incentivi fiscali in vigore tutt’ora, ma sfruttati prima del Superbonus e che vedevano detrazioni al 50% per i lavori di ristrutturazione e al 65% per l’efficientamento energetico.

Le teorie invece delle associazioni dei costruttori sono invece diverse, infatti sottolineano che il ritorno economico per lo Stato sia più elevato rispetto alle uscite e sarebbe generato soprattutto dall’aumento del Pil e dell’occupazione che di fatto genera entrate.

Fermo amministrativo, numerosi cittadini stanno ricevendo gli avvisi

L’Agenzia Entrate e Riscossione ha avviato in questi giorni la procedura per la riscossione dei crediti fiscali e sta inviando numerosi preavvisi di fermo amministrativo. Ecco cosa sta succedendo.

Fermo amministrativo auto in arrivo a pioggia: ecco perché

Molti italiani stanno ricevendo in questi giorni atti di preavviso di fermo amministrativo da parte dell’Agenzia della Entrate. La raffica di invii è dovuta al fatto che durante la pandemia è stata sospesa l’attività di riscossione da parte dell’Agenzia e con essa anche l’applicazione di misure cautelari, come appunto è il fermo del veicolo. Con il termine dello stato di emergenza si ritorna però agli ordinari termini e di conseguenza stanno ripartendo i provvedimenti.

Deve essere ricordato che il preavviso di fermo amministrativo sul veicolo è differente dall’atto definitivo, infatti consente di circolare tranquillamente. L’atto accompagna però la cartella esattoriale, il contribuente viene quindi avvisato che entro 60 giorni deve provvedere al pagamento delle somme, in caso contrario come previsto dall’art. 86 c. 1 dpr 602/73, il provvedimento relativo al veicolo individuato nell’atto verrà iscritto al Pubblico registro automobilistico (Pra) senza ulteriori comunicazioni.

Una volta avviato il fermo amministrativo vero e proprio, come detto senza bisogno di ulteriori comunicazioni o notifiche, il veicolo non potrà più circolare su strada in quanto rientra nella disponibilità dell’Agenzia che può disporne anche la vendita forzata. Nel caso in cui il veicolo continui a circolare si può applicare una sanzione pecuniaria che va da 1.988 euro a 7.953 euro.

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Fermo amministrativo auto: cos’è e qual è la procedura

Si può disporre il fermo amministrativo sull’auto che uso per andare a lavoro?

Nel caso in cui il bene sia strumentale all’esercizio della propria professione, non può essere disposto il fermo amministrativo. Naturalmente tale beneficio non è automatico, infatti il soggetto che riceve il preavviso deve comunicare al riscossore che il bene è strumentale. La strumentalità deve però essere dimostrata dal soggetto interessato, su questo punto non vi è un criterio unico per capire se un bene sia o meno strumentale. Tra i fatti considerati incontrovertibili vi è l’iscrizione del mezzo nel registro dei beni ammortizzabili, mentre sembra difficile affermare che sia strumentale il veicolo utilizzato semplicemente per recarsi al lavoro. La sentenza del 17 giugno 2015, n. 3559/09/2015 della Commissione tributaria regionale della Regione Lazio conferma che “La natura strumentale del bene sottoposto a pignoramento comporta l’illegittimità dell’atto”.

Ricordiamo che non può essere sottoposta a tale misura cautelare neanche l’auto a disposizione di persone disabili.