Inps, basta un Qr-code per far conosce i servizi ai giovani lavoratori

L’Inps si evolve e dà il benvenuto ai giovani lavoratori attraverso un Qr-code per presentargli tutti i servizi, vediamo i dettagli di questa novità.

Inps, arriva il Qr-code di benvenuto

L’Istituto Nazionale di previdenza sociale ha avviato una recente campagna rivolta ai giovani lavoratori. Si tratta di una campagna sperimentale per la realizzazione di uno dei progetti previsti nel PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza inclusi nella linea di innovazione “Comunicazione digitale”: il progetto PNRR – Sistema di comunicazione personalizzata approfondita con QR-Code.

Infatti basterà un solo Qr-code per accedere a tutti i servizi messi a disposizione dall’Inps. Un’iniziativa  messa a disposizione di tutti i lavoratori dipendenti tra i 18 i 30 anni che risultano, a luglio 2022, neo iscritti al Fondo Lavoratori Dipendenti Privati. Attraverso un semplice smartphone potranno conoscere le prestazioni e i servizi di loro interessi. Ma anche come conoscere tutte le informazioni ed eventualmente richiederli.

Inps, così si connette con i lavoratori

Il metodo scelto dall’istituto di previdenza è originale, ma senza dubbio moderno. Così invece di mandare una classica lettera di benvenuto, basta inquadrare con lo smartphone il Qr-code animato. Si potranno cosi conoscere molti dei servizi riservati ai lavoratori. Si potrà anche aprire attraverso il lik la guida interattiva con comandi a schede del portale istituzionale. Inoltre la guida è pubblicata nella sezione “Guide interattive” del portale INPS.

La guida in 10 passi, tutto quello che si può conoscere

La guida si snoda in 10 passi. Basta accedere a Myinps con il proprio spid, o la carta di identità elettronica. Una volta entrati è possibile conoscere tutti i servizi dedicati, le operazioni per ottenere benefici previdenziali e assistenziali, interagendo con l’istituto. Dopo l’autenticazione si consiglia di verificare subito i dati di contatto. A questo punto si può:

  • verificare la propria posizione contributiva;
  • riscattare gli anni della laurea ai fini pensionistici;
  • richiedere l’Isee;
  • ottenere il congedo di maternità/paternità;
  • richiedere l’assegno unico universale;
  • richiedere il Bonus asilo nido;
  • come usufruire della Naspi;
  • richiedere assistenza virtuale.

Piccoli passi avanti che permettono di migliorare il rapporto tra la pubblica amministrazione ed il cittadino, al fine di ridurre burocrazia e tempi di attesa nell’assistenza.

 

 

Stop alert codice della crisi di impresa: boccata d’ossigeno per le imprese

Il Codice della crisi di impresa è ormai entrato in pieno vigore e prevede diverse misure volte a evitare il fallimento attraverso la composizione negoziata della crisi. Le difficoltà economiche a cui purtroppo stanno andando incontro le imprese ha però determinato di fatto l’aprirsi di numerose procedure di crisi aziendale e proprio per questo già nel decreto aiuti Quater potrebbe esservi lo stop agli alert previsti dal Codice della crisi di impresa e inviati dal Fisco.

Cosa sono gli alert nel Codice della crisi di impresa?

La disciplina da poco entrata in vigore prevede che il Fisco, al verificarsi di insolvenze, inviti il contribuente a una composizione negoziata della crisi, cioè il Fisco dal mancato pagamento dei debiti erariali deduce che l’impresa abbia delle difficoltà, non sia sana e di conseguenza per evitare una procedura di fallimento successiva, segnala l’impresa stessa, le soglie attualmente previste sono:

  • doppia soglia: 5.000 euro di debito Iva con esposizione che supera il 10% dell’ammontare del volume d’affari. Implica che in nessun caso si effettua la segnalazione se il debito Iva è inferiore a 5.000 euro. Superata tale soglia, la segnalazione avviene se il rapporto tra volume d’affari e debito supera il 10%.
  • La seconda soglia riguarda il debito Iva superiore a 20.000 euro segnalato indipendentemente dal volume di affari.

Per una maggiore conoscenza della procedura, leggi: Segnalazione Iva per insolvenza: nuove soglie nel codice crisi di impresa

Nel decreto Aiuti Quater gli alert potrebbero cessare

Tali soglie sono però state ritenute troppo basse e proprio per questo tra le misure allo studio del nuovo Governo  rientranti nel decreto Aiuti Quater, che dovrebbe essere licenziato a breve, c’è lo stop agli alert dell’Agenzia delle Entrate. In questo modo le imprese riuscirebbero ad avere maggiore spazio temporale per il rientro nei debiti. A ciò si aggiunge la possibile rottamazione quater con pace fiscale che potrebbe ulteriormente aiutare i contribuenti a rientrare nel debito fiscale e quindi anche ad evitare l’inizio di procedure di composizione negoziata con la nomina di un esperto indipendente e l’attivazione della procedura attraverso la piattaforma della camera di Commercio.

Detrazioni Irpef: ecco come potrebbero cambiare a breve

Si sta molto parlando della nuova manovra di bilancio e delle possibili novità per i contribuenti, tra queste vi è una modifica del regime delle detrazioni Irpef con una rettifica dei redditi che possono beneficiarne.

Mef: le entrate tributarie sono in forte aumento

Il Mef ha reso noto che le entrate fiscali dei primi 9 mesi del 2022 sono aumentate. L’incremento dichiarato dal Ministero è 37.086 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+10.9%). Questo è dovuto a diversi fattori, tra questi vi è l’aumento dei prezzi, noto a tutti, che però porta come conseguenza un aumento del gettito Iva. A ciò si aggiunge l’effetto positivo dei trascinamenti delle imposte dovute alle sospensioni degli anni 2020 e 2021. Infine, c’è un aumento delle entrate tributarie dovute a un lieve aumento dei redditi, in questo caso si parla anche di drenaggio fiscale che nel prossimo anno dovrebbe avere un effetto ancora maggiore. Il gettito dell’IRPEF ha registrato un aumento di 5.551 milioni di euro (+3,8%).

Nelle scorse ore è però arrivata anche un’altra notizia importante, cioè la flat tax di fatto ha portato a una crescita dell’evasione fiscale. Questa premessa è importante per capire i possibili futuri scenari. In primo luogo la flat tax per tutti, tra cui lavoratori dipendenti è ormai abbandonata, si ipotizza un allargamento del regime forfetario fino alla soglia di 85.000 o 90.000 euro, ma per tutti gli altri italiani si lavora a una modifica delle detrazioni Irpef. Si erra nel pensare che visto l’aumento dei redditi nominale e non reale e soprattutto aumento dei redditi non proporzionale all’inflazione, si attui un regime di agevolazione, tutt’altro.

Detrazioni Irpef: ecco come potrebbero cambiare

La situazione attuale prevede una riduzione delle detrazioni fiscali al superamento di 120.000 euro di redditi, questa riduzione delle detrazioni aumenta al crescere del reddito fino ad azzerarsi raggiunta la soglia di 240.000 euro. Ricordiamo che le detrazioni vanno a incidere sull’imposta dovuta, di conseguenza si calcola la base imponibile, si applicano le aliquote previste, ricordiamo che l’applicazione è per scaglioni, e si prosegue quindi con il calcolo dell’imposta dovuta. Fatta questa operazione si procede a sottrarre il valore delle detrazioni. Nel nostro sistema fiscale le detrazioni sono numerose, ad esempio spese funebri, spese mediche, per istruzione, assicurazione, fondi pensione

Nelle ipotesi allo studio del nuovo Governo, al fine di redistribuire ricchezza e in particolare di agire per contrastare il caro energia, si sta ipotizzando una riduzione a metà delle fasce previste attualmente. Di conseguenza le detrazioni verrebbero ridotte per coloro che hanno un reddito superiore a 60.000 euro per poi sparire con redditi superiori a 120.000 euro. Le conseguenze potrebbero essere rilevanti per le fasce di reddito medio-alte. L’effetto potrebbe essere mitigato con il quoziente familiare che consente di calcolare la ricchezza effettiva delle famiglie tenendo in considerazione il numero di figli.

Superbonus e cessioni del credito, Poste italiane sospende il servizio

Superbonus e cessioni del credito viaggiano spesso di pari passo. Ma è arrivata la notizia che Poste italiane ha sospeso il servizio di cessione, perché?

Superbonus e cessioni del credito, l’avviso di Poste italiane

Arriva una notizia non bella per molti contribuenti e utilizzatori del superbonus 110%. Infatti Poste Italiane S.p.A. ha appena sospeso il servizio di acquisto dei crediti d’imposta edilizi ai senti dell’art. 121 del Decreto Legge n.34/2020 (Decreto Rilancio). Basta andare sul sito delle poste italiane, cercare la pagina dedicata alla cessione del credito superbonus 110 e l’avviso che si trova in bacheca è il seguente:

“Gentili clienti, 
il servizio di acquisto di crediti d’imposta ai sensi del DL 19 maggio 2020 n.34, convertito con modificazioni nella legge 17 luglio 2020 n.77 e s.m.i., è sospeso per l’apertura di nuove pratiche.  È possibile seguire l’avanzamento delle pratiche in lavorazione e caricare la documentazione per quelle da completare.” 

Ciò che sembra chiaro è che poste italiane ha sospeso l’acquisizione di nuove pratiche. Tuttavia porterà a compimento quelle che sono ad oggi in lavorazione, anche se con qualche documento da allegare.

Superbonus e cessione del credito, tutta colpa della Cassazione?

Poste italiane non ha precisato il motivo del cambio di rotta. Ma le cause possono essere sostanzialmente due: le sentenze della Cassazione e l’affievolirsi della risorsa finanziaria messa a diposizione del Governo. In merito al primo punto la Cassazione ha emesso ben cinque sentenze con cui ha confermato la possibilità dell’Amministrazione finanziaria di sequestrare i crediti, in capo al cessionario, nel caso in cui ci sia sospetto di frode.

Una delle sentenze ha riguardato un ricorso  proprio di Poste, mentre le altre hanno respinto i ricorsi di Cassa Deposti,  Illimity Bank, Groupama e Banco Desio e della Brianza. Tuttavia la Cassazione ha specificato che in caso di truffa, il sequestro è sempre ammesso, a prescindere dal fatto di chi sia la responsabilità e quindi anche se i cessionari sono del tutto estranei al reato e se, nell’acquistarli, hanno agito con buona fede.

In merito al secondo punto, sembra che le risorse finanziarie messe a disposizione dal Governo Draghi siano ormai in fase di esaurimento. Ecco perché si porterebbero avanti solo le pratiche già in lavorazione. Tuttavia ad oggi Poste italiane non ha motivato le sue ragioni della sospensione.

Le parole del sottosegretario Federico Freni

Il sottosegretario al Ministero dell’Economia, Federico Freni ai microfoni di Radio 24 ha lasciato al seguente dichiarazione: «C’è una sola cosa che non possiamo più accettare: che ci siano imprese con cassetti fiscali pieni di crediti che non riescono a scontare. Ci sarà un nuovo intervento sui crediti, qualcosa per sbloccarli in modo definitivo. Se c’è una cosa che non è accettabile è che questa normativa cambi ogni mese e mezzo, questo non ce lo possiamo più permettere. Troveremo una soluzione per dare respiro a queste imprese, ma questo respiro non può essere un bagno di sangue per le casse dello Stato».

Novità sul reddito di cittadinanza, si perde se si rifiuta il lavoro

Novità sul reddito di cittadinanza sono in arrivo, non potrà essere a vita e si perde se si rifiuta una congrua offerta di lavoro,  tutti i dettagli.

Novità sul reddito di cittadinanza, la povertà si combatte con il lavoro

Importanti novità potrebbero arriva sul reddito di cittadinanza. La tendenza del nuovo governo Meloni è molto chiara: non potrà essere a vita. Anzi, con il passare del tempo, il beneficiario vedrà ridursi l’importo a fronte di una ricerca di un nuovo impiego. Ma la vera novità riguarda la possibilità di perdere il sussidio se si rifiuta anche una sola offerta di lavoro. Attualmente sono previsti due rifiuti prima di perdere il contributo di Stato.

A dirlo è il leghista, Claudio Durigon, che dal 1º marzo al 2 settembre 2021 è stato sottosegretario di Stato al Ministero dell’economia e delle finanze nel governo Draghi ed oggi siede accanto alla Meloni. La misura necessita per forza di un intervento, in modo da destinare quei fondi risparmiati verso le pensioni. Ma soprattutto per reimpiegare i disoccupati che costano troppo alle casse dello stato e che sono più produttivi all’interno delle aziende.

Novità sulla durata del reddito di cittadinanza

Durigon indica la via della riforma e parla di un percorso ragionevole che deve affrontare il disoccupato. Dopo i primi 18 mesi, l’assegno sarà sospeso, ma il percettore sarà inserito in un percorso, probabilmente a pagamento, di politiche attive. Ad esempio dovrebbe partecipare a corsi specializzanti o programmi di lavoro per rispondere alle maggiori esigenze delle aziende. E se ancora non trovasse lavoro, il reddito verrà riconsegnato, ma con una decurtazione del 25% per dodici mesi.

Se anche dopo questo periodo la persona non dovesse trovare lavoro, il sostegno continuerà per altri sei mesi ma con un ulteriore decurtazione del 25%. In altre parole, percepirà la metà dell’importo dell’assegno iniziale. Tutto questo per spingere quanto più possibile i percettori del reddito ad impegnarsi nella ricerca di un lavoro che gli dia un proprio reddito. Attenzione però se a proporre il lavoro dovesse essere il centro per l’impiego, ma viene rifiutato, il reddito viene subito perso e per sempre.

Tutte le altre modifiche della manovra

La modifica del reddito, insieme a quella del superbonus saranno messe a punto con la manovra per il 2023. Entro 10 giorni dovrebbe essere in Parlamento. Sempre all’interno della manovra è previsto lo stop alla legge Fornero, sostituita da quota 41, per andare in pensione dopo 41 anni di lavoro e 61-62 anni di età. Ed ancora previsto l’innalzamento della soglia per la flat tax da 65 mila euro a 85-90 mila, ancora in fase di rifinitura. Data per sicura anche una nuova pace fiscale e rottamazione per le cartelle esattoriali.

Pignoramento Buoni fruttiferi postali: una particolare forma di pignoramento presso terzi

I Buoni fruttiferi postali sono una forma di risparmio sempre apprezzata dalle persone, in passato consentivano ottimi rendimenti, oggi i rendimenti sono ridotti, ma in risalita grazie all’aumento del costo del denaro deciso dalla BCE. Ciò che però molti non sanno è che i buoni fruttiferi postali possono essere pignorati.

Pignoramento Buoni fruttiferi postali

Ciò che ha reso i Buoni fruttiferi postali molto amati non sono solo i rendimenti, ma il fatto che l’investimento fosse garantito dallo Stato attraverso Cassa Depositi e Prestiti, questo per gli investitori vuol dire che il capitale è sempre garantito ( fino a prescrizione). Ciò che però molti non sanno è che i buoni fruttiferi postali possono essere oggetto di pignoramento. Si tratta di una particolare forma di pignoramento presso terzi.

Questo implica che se una persona vanta dei crediti nei confronti di altro soggetto, potrà richiedere un decreto ingiuntivo. Nel caso in cui ci sia opposizione al decreto ingiuntivo, oppure il giudice in seguito a richiesta di tale provvedimento dovesse ritenere di non poter emettere un decreto ingiuntivo e quindi si proceda ad un ordinario giudizio per accertare il credito, si potrà utilizzare la sentenza per poter iniziare la procedura esecutiva. La procedura esecutiva prevede che si possa indagare al fine di reperire beni intestati al debitore e da questa indagine potrebbe emergere che il debitore ha anche dei Buoni fruttiferi postali. In questo caso potrà essere iniziata la procedura di pignoramento presso terzi delle somme.

Si può ottenere il pignoramento del buono fruttifero postale cointestato?

La cointestazione del buono fruttifero postale è una pratica molto comune, ma neanche tale escamotage protegge da una possibile esecuzione tramite pignoramento del buono fruttifero postale. In questo caso infatti le somme maturate saranno divise e il 50% delle stesse vanno al proprietario non debitore, mentre la rimanente parte andrà al creditore.

Come avviare una procedura esecutiva per pignoramento dei buoni fruttiferi postali?

I requisiti per poter avviare il pignoramento dei buoni fruttiferi postali sono gli stessi del pignoramento in genere, quindi il creditore deve avere in mano un titolo esecutivo, può trattarsi di sentenza, decreto ingiuntivo, cambiali sottoscritte dal debitore, ordinanze previste dagli artt. 186 bis, ter e quater c.p.c., di condanna al pagamento di somme, le ordinanze interinali (art 423 c.p.c.), la condanna provvisionale (art 278 c.p.c. comma 2), i provvedimenti cautelari, atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli (art. 474 c.p.c.).

Isee 2022, tutte le probabili modifiche del nuovo decreto

L’Isee 2022 potrebbe portare con se delle modifiche apportate dal nuovo Governo Meloni. Ecco quali potrebbero essere e come inciderebbero.

Isee 2022, è utile per richiedere molti bonus

L’ISEE è l’indicatore della situazione economica equivalente, uno strumento che permette di misurare la condizione economica delle famiglie nella Repubblica italiana. E’ un indicatore che tiene conto di patrimonio, reddito e delle caratteristiche del nucleo familiare.

  • Reddito e pensione di cittadinanza;
  • Assegno unico universale per figli a carico;
  • Bonus affitto;
  • Bonus prima casa per i giovani under 36;
  • Esenzione dal ticket sanitario;
  • Bonus asilo nido;
  • Reddito di emergenza;
  • Bonus energia e bollette;
  • Riduzione delle tasse universitarie;
  • Bonus cultura, scuola e musica.

Pertanto le famiglie lo richiedono proprio per poter accedere a diverse agevolazioni. Anche se, come ben noto, l’assegno unico ha sostituito molti bonus per i figli.

Isee 2022, le modifiche proposte dal Governo

Il nuovo Governo Meloni sembra si stia muovendo verso la modifica dei limiti degli importi, per far pesare meno i valori delle proprietà immobiliari sui valori dell’Isee stesso. Tuttavia modificare il requisito relativo al patrimonio immobiliare familiare potrebbe essere una scelta importante. Questo perché è un ostacolo che incide sull’Isee per il 20%. Ma solo nei casi in ci si ha un reddito superiore a 52 mila euro. Perché per redditi minori non ha una grande influenza.

La proposta del Governo sembra essere quella di portare da 52 mila a 80 mila questa soglia. Di conseguenza potrebbe aumentare il numero di soggetti pronti a richiedere anche gli altri bonus il cui valore dell’Isee è elemento essenziale. In particolare gli importi dell’assegno unico, misura che spetta a tutti coloro che hanno dei figli a carico. Per questo motivo si sta vagliando tutti gli effetti ed i benefici di una scelta di questo tipo.

Nessuna modifica per la presentazione

Nessuna modifica in merito alla modalità e alla tempistica di presentazione. Infatti secondo quanto indicato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per richiedere l’Isee è necessario presentare a DSU in qualsiasi periodo dell’anno. Gli Isee avranno comunque validità un anno, cioè fino al 31 dicembre. Infine rimangono invariate le modalità di presentazione e cioè attraverso: l’Inps, il Caf o l’isee precompilato.

 

Buoni Fruttiferi Postali arrivata la multa dell’Antitrust. Chiesti rimborsi

Nuove brutte notizie per Poste Italiane in merito ai buoni fruttiferi postali: l’Antitrust, su esposto dell’Adiconsum Sardegna, ha comminato una sanzione di 1,4 milioni di euro per comprotamento ingannevole.

Antitrust: le informazioni sulle scadenze dei buoni fruttiferi sono ingannevoli

I buoni fruttiferi postali hanno rappresentato per decenni una forma di risparmio molto amata da tutti i cittadini che erano soliti utilizzarli anche come regali per nipoti e figli. A renderli appetibili erano i rendimenti, ma a un certo punto il rapporto di fiducia tra i risparmiatori e Poste Italiane si sono rotti e sono iniziate numerose azioni giudiziali volte al riconoscimento di maggiori interessi o minori imposte. Ora un’altra tegola cade su Poste Italiane, infatti l’Antitrust ha comminato a Poste Italiane (partecipata al 65% dallo Stato) una sanzione di 1,4 milioni di euro perché ha omesso e/o formulato in modo ingannevole informazioni essenziali relative ai termini di scadenza e di prescrizione dei titoli.

Per conoscere i dettagli della vicenda, si può leggere l’articolo precedentemente pubblicato sul caso: Buoni Fruttiferi Postali: Antitrust apre un’indagine per pratiche scorrette

Motivazioni della sanzione dell’Antitrust

L’Antitrust ha basato la sanzione sul fatto che la normativa prevede la prescrizione dei diritti dei risparmiatori una volta che siano decorsi 10 anni dalla scadenza dei buoni fruttiferi postali. Trascorso tale lasso di tempo, i buoni non sono più esigibili e il risparmiatore perde interessi e investimento iniziale. Gli importi sono devoluti allo Stato per i buoni emessi fino al 13 aprile 2001 e al Fondo per indennizzare i risparmiatori rimasti vittime di frodi finanziarie per quelli emessi successivamente.

L’Antitrust ha censurato Poste Italiane in quanto non ha fornito idonee informazioni a riguardo, inoltre non ha tempestivamente informato i risparmiatori della prossimità della scadenza dei titoli stessi causando così il mancato rimborso degli stessi. Questo comportamento secondo l’Antitrust viola:

  • il principio di correttezza e buona fede;
  • viola i doveri di diligenza professionale;
  • infine, tale comportamento è idoneo ad alterare il comportamento economico del consumatore in relazione all’esercizio dei diritti di credito relativi ai buoni fruttiferi postali.

Adiconsum: siano rimborsati i risparmiatori

Nonostante tali rilievi, l’Antitrust ha comunque ritenuto opportuno ridurre la sanzione nei confronti di Poste Italiane. Infatti in seguito all’esposto ha intrapreso la strada della trasparenza nel rapporto con i risparmiatori andando a specificare le clausole del contratto attraverso un’idonea informativa in favore dei risparmiatori al momento della sottoscrizione dei buoni fruttiferi postali.

Il caso ha preso il via in seguito a un esposto dell’associazione dei consumatori Adiconsum Sardegna ed è proprio tale associazione oggi a richiedere oltre alla sanzione anche il rimborso in favore di tutti i risparmiatori coinvolti nel caso.

Quiet quitting: l’abbandono silenzioso del lavoro che preoccupa le aziende

La locuzione Quiet Quitting vuol dire abbandono silenzioso ed è un fenomeno sottovalutato, ma sempre più frequente nell’epoca post covid e consiste in una nuova filosofia del lavoro (e di vita) che prevede di fare lo stretto indispensabile.

Post covid tra smart working, abbandono del lavoro tradizionale e quiet quitting

La dimensione post covid ha tratti riguardanti il mondo del lavoro nuovi. Sono nati dai lunghi periodi di isolamento in cui molti non hanno potuto lavorare e quindi sono stati “costretti” per un periodo a misurarsi con nuovi ritmi casalinghi. Altri hanno iniziato lo smart working rendendosi conto che non passare ore nel traffico, non dover sopportare il collega per tutto il giorno in ufficio, non avere il datore di lavoro sempre presente, migliora la qualità della vita, consente di gestire al meglio la vita privata e quindi di trovare una dimensione nuova.

È capitato così che al rientro post covid molti non ce l’hanno fatta e hanno abbandonato il lavoro tradizionale per impegnarsi in qualcosa di più aderente al proprio concetto di vita di qualità, altri lavoratori hanno chiesto di poter continuare lo smart working, altri ancora desiderano la settimana corta per poter trascorrere più ore fuori dall’ufficio. Ora c’è un altro fenomeno che si sta silenziosamente manifestando e che secondo molti dovrebbe preoccupare i datori di lavoro, si tratta del Quiet Quitting.

Come nasce il Quiet Quitting?

Il fenomeno Quiet Quitting nasce quando un ingegnere ventenne di New York, Zaid Khan ha lanciato su Tik Tok l’hashtag “#quietquitting” e a suon di like e visualizzazioni il fenomeno è diventato condiviso, sebbene già prima silenziosamente si stava verificando forse con poca consapevolezza.

Sempre più spesso i lavoratori rinunciano a ritmi frenetici di lavoro e preferiscono fare lo stretto necessario in termini di orario e mansioni. L’obiettivo è riprendersi la quotidianità, riprendersi la propria vita e mirare alla qualità della stessa.

In termini pratici questo vuol dire che i lavoratori rinunciano a fare più del necessario al fine di raggiungere la mission aziendale, è come se vi fosse una sorta di distacco dall’azienda per la quale si lavora. Ciò implica anche che i lavoratori smettono di essere propositivi e partecipativi rispetto ai nuovi progetti. I lavoratori una volta lasciato l’ufficio (senza straordinario) non pensano ai problemi lasciati a lavoro anche se l’azienda dovesse avere difficoltà. Per le aziende questo può voler dire avere dipendenti poco motivati, ma anche dover incrementare la forza lavoro visto che viene a mancare il lavoro straordinario.

Chi sposa questa filosofia di vita ritiene che il lavoro non definisca più il valore personale. Questo fenomeno è incrementato anche dal fatto che molti non vedono più nel ruolo occupato dinamiche di crescita, insomma essere sempre sotto pressione e sotto stress senza vedere una crescita personale porta molti lavoratori a perdere passione e dedizione al lavoro.

Nuovi bonus ed incentivi auto, chi e come possono essere richiesti

I nuovi bonus ed incentivi auto sono relativi all’acquisto di auto elettriche o ibride ricaricabile, anche senza rottamazione, vediamo chi può richiederle.

Nuovo bonus ed incentivi auto, quello che c’è da sapere

Dal 2 novembre si possono richiedere i nuovi bonus o incentiva per l’acquisto di auto elettriche o ibride ricaricabili, anche senza la rottamazione. Gli sconti variano da 2 a 7 mila e 500 euro in base al tipo di auto acquistata. Ma variano anche in relazione alla quantità di emissione di C02 nell’aria. In pratica minori sono le emissioni più alto dovrebbe essere lo sconto.

Tuttavia il Governo il massimo del contributo è possibile, ma solo se il reddito famigliare è inferiore a 30 mila euro. Però questo incentivo può esser richiesto solo da un soggetto all’interno dello stesso nucleo familiare ei si applica solo alle fasce di auto 0-20 gCO2/km e 21-60 gCO2/km.

A chi sono dovuti i bonus ed incentivi auto?

Sul sito del Mise è possibile leggere tutte le novità e la modalità di richiesta del bonus. Le novità introdotte riguardano innanzitutto i cittadini con ISEE inferiore a 30 mila euro, che per l’acquisto di veicoli di categoria M1, elettriche e ibride plug-in, potranno beneficiare per l’anno 2022 di un incremento del 50% dei contributi finora previsti sulla base delle risorse già stanziate.
In particolare, gli incentivi saranno così rimodulati:

  • fino a un massimo di 7.500 euro di contributi con rottamazione (4.500 euro senza rottamazione) per l’acquisto di nuovi veicoli con emissioni comprese nella fascia 0-20 g/km CO2. E con prezzo di listino della casa automobilistica pari o inferiore a 35.000 euro IVA esclusa;
  • fino a un massimo di 6.000 euro di contributi con rottamazione (3.000 euro senza rottamazione) per l’acquisto di nuovi veicoli con emissioni comprese nella fascia 21-60 g/km CO2. E con prezzo di listino della casa automobilistica pari o inferiore a 45.000 euro IVA esclusa.

I contributi spettano anche alle persone giuridiche

Gli incentivi spettano anche alle persone giuridiche che svolgono attività di noleggio auto con finalità commerciali. Ma devono mantenere la proprietà dei veicoli per almeno un anno. I contributi sono così divisi:

  • fino a un massimo di 2.500 euro di contributi con rottamazione (1.500 euro senza rottamazione) per l’acquisto di nuovi veicoli con emissioni comprese nella fascia 0-20 g/km CO2. E con prezzo di listino della casa automobilistica pari o inferiore a 35.000 euro IVA esclusa;
  • fino a un massimo di 2.000 euro di contributi con rottamazione (1.000 euro senza rottamazione) per l’acquisto di nuovi veicoli con emissioni comprese nella fascia 21-60 g/km CO2. E con prezzo di listino della casa automobilistica pari o inferiore a 45.000 euro IVA esclusa.

Per accedere al contributo non occorre fare alcuna richiesta, ma chi ha diritto al contributo lo usufrerà al momento dell’acquisto dell’auto.