Reddito di cittadinanza, incentivo avvio attività di 4680 euro: l’Inps paga a due mesi dalla domanda

Il beneficio di 4680 euro per chi percepisce il reddito di cittadinanza e avvia un’attività lavorativa autonoma o un’impresa individuale o una società cooperativa spetta entro due mesi dalla presentazione della domanda. L’Inps eroga il beneficio in un’unica soluzione. L’Istituto previdenziale ha fornito ulteriori chiarimenti operativi con la circolare del 22 novembre 2021, la numero 175.

Incentivo ad avviare un’attività per chi percepisce il reddito di cittadinanza: qual è l’importo?

Nella circolare, l’Inps precisa i requisiti necessari ai percettori del reddito di cittadinanza per presentare la domanda di incentivi all’autoimprenditorialità. Il beneficio addizionale viene corrisposto per 6 mensilità e va ad aggiungersi all’importo del Reddito di cittadinanza. Il limite massimo dell’incentivo corrisponde a 780 euro per le 6 mensilità. L’incentivo spetta per un limite massimo di 4680 euro.

Reddito di cittadinanza, chi può presentare domanda per l’incentivo di avvio attività?

L’incentivo è legato alla fruizione del reddito di cittadinanza. Pertanto chi presenta domanda per l’incentivo deve percepire, come nucleo familiare, il reddito di cittadinanza. Può ottenere l’incentivo chi ha avviato, entro i primi dodici mesi dall’inizio della fruizione del reddito di cittadinanza, un’attività lavorativa autonoma o un’impresa individuale o abba sottoscritto una quota di capitale sociale di una cooperativa. Il rapporto mutualistico nella cooperativa deve avere a oggetto la prestazione di un’attività lavorativa da parte del socio.

Reddito di cittadinanza, chi non può presentare domanda per l’incentivo all’attività autonoma?

Diversamente dal punto precedente, chi presenta domanda di incentivo lavorativo al reddito di cittadinanza, non deve aver cessato, nei dodici mesi precedenti, un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o aver partecipato, come quota di capitale sociale, in una cooperativa. Inoltre, non può presentare domanda di incentivo chi ha già fruito del beneficio in questione.

Esempi di richiesta dell’incentivo per l’avvio di attività autonoma con reddito di cittadinanza

Poniamo il caso di un cittadino che abbia presentato domanda di reddito di cittadinanza e la stessa sia stata accolta il 15 gennaio 2021. Se inizia un’attività lavorativa autonoma il 20 marzo 2021, può ottenere il beneficio. In questo caso, infatti, l’attività lavorativa viene avviata nei primi 12 mesi di fruizione del reddito di cittadinanza. Se passa più di un anno tra l’inizio di fruizione del reddito di cittadinanza e l’inizio dell’attività lavorativa autonoma, l’incentivo non viene corrisposto. Ad esempio, se la domanda del reddito di cittadinanza viene accolta il 15 settembre 2020 e l’inizio dell’attività autonoma è fissato al 20 settembre 2021.

Domanda incentivo attività lavorativa: è necessario fruire già del reddito di cittadinanza

Infine, è importante verificare che l’attività autonoma inizi nel periodo di fruizione del reddito di cittadinanza. Se l’attività lavorativa autonoma inizia in data anteriore a quella di accoglimento della domanda di reddito di cittadinanza, la domanda di incentivo all’attività lavorativa non viene accolta perché il nucleo familiare non risulterebbe in corso di godimento del reddito di cittadinanza. Ad esempio, l’inizio dell’attività lavorativa è fissato al 15 giugno 2021 e la domanda di reddito di cittadinanza è accolta in data 15 settembre 2021.

Quali attività avviare con l’incentivo al reddito di cittadinanza?

L’Inps, inoltre, sottolinea che le attività lavorative per le quale spetta l’incentivo devono corrispondere a quelle previste per l’anticipazione della Naspi. Rientrano in queste attività:

  • quelle professionali che vengono esercitate dai liberi professionisti;
  • le attività di impresa individuale nei settori del commercio, dell’artigianato o dell’agricoltura;
  • la costituzione di società unipersonali;
  • ingresso o costituzione in società di persone o di capitali.

Come comunicare l’avvio di un’attività autonoma con la fruizione del reddito di cittadinanza?

L’inizio dell’attività autonoma mediante incentivo legato alla fruizione del reddito di cittadinanza va comunicato:

  • entro 30 giorni dall’inizio mediante il modello “Rdc-Com Esteso“;
  • per le attività già avviate e comunicate, il modello deve essere ripresentato entro 15 giorni dalla fine di ogni trimestre di fatturazione.

Polizza Rc capofamiglia, quali sono i danni coperti e quelli esclusi dalle assicurazioni?

Con la polizza Rc capofamiglia si può coprire se stessi e i propri cari dalla possibilità che si verifichino imprevisti nella vita di tutti i giorni. In particolare, la polizza copre l’eventuale risarcimento da corrispondere per un evento che possa cagionare involontariamente danni a terzi o ai loro beni. La polizza, in questi casi, garantisce proprio il risarcimento del danno al terzo che lo ha subito.

Chi può essere protetto dalla polizza Rc capofamiglia?

La polizza copre il sottoscrittore e i componenti della propria famiglia. Risultano coperti, dunque anche i figli. Inoltre, l’assicurazione copre anche i danni provocati da eventuali collaboratori domestici e, perfino, da animali domestici. Nel dettaglio, la polizza copre i danni arrecati a terzi, come le lesioni o addirittura il decesso, ed eventuali danni ai beni dei terzi. La polizza è personalizzabile in base alle esigenze del sottoscrittore: nella scelta del pacchetto è possibile scegliere dunque le coperture che maggiormente interessano al sottoscrittore in base alla composizione della famiglia, alle attività svolte (anche sportive, ad esempio) e allo stile di vita.

Copertura danni derivanti dallo svolgimento di attività nel tempo libero con la polizza Rc capofamiglia

Nella scelta del pacchetto della polizza Rc capofamiglia il sottoscrittore può scegliere varie tutele per i danni provocati a terzi. Una prima polizza, già accennata, è quella per i danni derivanti dallo svolgimento delle attività nel tempo libero. In questa categoria rientrano i danni procurati dallo svolgimento di varie attività, come quelle dentro casa utilizzando dei macchinari e delle attrezzature. A titolo di esempio, se si stanno effettuando dei lavori di ristrutturazione su un balcone e qualcosa cade provocando un danno a un’auto parcheggiata. In questi casi è l’assicurazione a risarcire.

Danni per veicoli non obbligati all’assicurazione o per incendio di veicolo

L’assicurazione copre anche i danni causati dal possesso o dall’utilizzo di veicoli che non sono soggetti a obbligo di assicurazione. Ad esempio, i danni causati da biciclette o da monopattini per i quali non vige l’obbligo di assicurazione. Si può anche assicurare l’eventuale danno provocato dal proprio veicolo a motore nei casi di incendio, di scoppio o di esplosione in un parcheggio in area privata o recintata. Qualora il danno si verifichi durante la circolazione del veicolo, interviene l’assicurazione Rca.

Copertura di danni compiuti da figli minori

La polizza Rc capofamiglia può coprire anche eventuali danni per fatti illeciti o dolosi commessi dai figli minori. Il danno può verificarsi a terzi o ai loro beni. Può accadere, ad esempio, la rottura di un vetro di una finestra mentre il figlio gioca a calcio. Ma la copertura è estesa anche a fatti più gravi che provochino danni a terzi, come ad esempio guidare un veicolo senza avere la patente.

Danni provocati da animali domestici o dall’uso di armi

L’assicurazione Rc capofamiglia copre anche eventuali danni procurati da animali domestici. Ad esempio, un morso a terzi o ad altri animali. La copertura risulta estesa anche se l’animale provochi il danno in un momento in cui è stato dato alla persona in custodia, senza esserne il proprietario. Situazione, quest’ultima, che secondo il Codice civile implica la responsabilità per i danni procurati. Anche il possesso e l’uso delle armi può rientrare nella polizza Rc capofamiglia. In questo caso sono coperti gli eventuali danni solo per le armi detenute regolarmente. Anche le armi da caccia non rientrano nella copertura perché hanno una polizza assicurativa a parte.

Copertura dei danni procurati dall’utilizzo della propria abitazione o spargimento di acqua o da collaboratori domestici

La copertura dei danni si estende all’utilizzo della propria abitazione o a quella in affitto con relative pertinenze, giardini, impianti, attrezzature, per eventi dannosi e accidentali attribuibili alla responsabilità personale. Un esempio potrebbe essere il ferimento di un passante per un oggetto caduto dal balcone. Si possono coprire anche i danni derivanti dallo spargimento di acqua. Ciò può capitare, ad esempio, se si lascia un rubinetto aperto. Sono esclusi i danni provocati dalla rottura accidentale di una tubazione dell’appartamento: tali danni sono coperti da altre assicurazioni specifiche. Rientrano tra i danni coperti dalla polizza anche quelli procurati da colf, badanti, lavoratori domestici e giardinieri. La copertura vige solo se i collaboratori sono assunti regolarmente.

Quali sono i danni non coperti dalla polizza Rc capofamiglia?

Accanto ai danni coperti dalla polizza Rc capofamiglia, risultano situazioni ed eventuali risarcimenti non coperti dall’assicurazione. Innanzitutto i danni procurati dal sottoscrittore della polizza per dolo. Ulteriori danni non coperti sono quelli relativi alla proprietà di un immobile o causati durante i lavori di manutenzione straordinaria, situazioni queste ultime coperte da polizze specifiche. Lo stesso succede nel caso di danno procurato durante l’attività lavorativa, la cui copertura avviene grazie alla polizza Rc professionale.

Quali altri danni non sono coperti dalla polizza Rc capofamiglia?

Non sono coperti dalla polizza Rc capofamiglia nemmeno i danni procurati dal possesso o dalla custodia di animali che non sono domestici o l’utilizzo di armi da caccia. Non rientra nemmeno la copertura dei danni derivanti dalla circolazione degli autoveicoli per i quali agisce la Rc auto. Infine non sono soggetti a copertura i danni da furto.

Bonus a imprese e cittadini, quali sono quelli ancora attivi fino alla fine del 2021?

Ancora più di 5 miliardi di euro da assegnare alle imprese e alle famiglie per i bonus del 2021. Alcuni contributi hanno già terminato i fondi e le domande hanno visto l’assegnazione delle somme al 100% come, ad esempio, il bonus terme. Per altri contributi, invece, si è in tempo per presentare le domande. La quota maggiore delle risorse sarà destinata al fondo perduto perequativo che, da solo, vedrà l’assegnazione di oltre 4 miliardi di euro.

Bonus a imprese e cittadini dal Sostegni bis, quante risorse ancora da assegnare entro il 31 dicembre 2021?

I bonus, per lo più provenienti dal decreto Sostegni bis, hanno svincolato fondi per 10,5 miliardi di euro, da sommare ai 34 miliardi di euro delle norme autoapplicative. Finora circa l’89% delle risorse è stato già assegnato. Rimangono ancora da distribuire fondi per oltre 5 miliardi di euro, corrispondenti al rimanente 11%. Per alcuni bonus è necessario tuttavia presentare presto la domanda per evitare di arrivare quando le risorse siano già terminate.

Fondo perduto perequativo, da quando si potranno presentare le domande?

Oltre 4 miliardi di euro saranno assegnate alle partite Iva con il fondo perduto perequativo. Il contributo andrà a beneficio dei lavoratori autonomi che abbiano subito un calo degli utili o un aumento delle perdite per almeno il 30% in relazione al periodo di emergenza sanitaria ed economica. Il relativo decreto è stato firmato dal ministero dell’Economia, ma non è stato ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Con la pubblicazione, dovrebbe arrivare anche l’accesso alla piattaforma per la presentazione della domanda. Il tutto dovrebbe avvenire entro la fine di novembre per i 30 giorni di tempo per l’invio della domanda entro il 31 dicembre 2021.

Bonus con bandi ancora aperti, quello Tv e affitti

Il bonus Tv aveva il click day per la presentazione della domanda a partire dal 23 agosto 2021. Tuttavia sono ancora disponibili le risorse: si può presentare domanda fino al 31 dicembre 2022, a meno che non vadano esaurite. Possono presentare domanda tutti i cittadini italiani, senza limiti di Isee. La condizione necessaria è che si sia in regola con il pagamento del canone della Rai. Scadeva il 6 ottobre 2021 il bonus affitti. L’Agenzia delle entrate, con il provvedimento del 27 ottobre 2021, ha stabilito che a chi ha presentato domanda verrà erogato il 100% del contributo. Il bonus spetta ai locatori degli immobili a uso abitativo che dal 25 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021 abbiano accordato al conduttore una riduzione del canone del contratto di locazione.

Bonus vacanze, si può ancora usufruirne fino al 31 dicembre 2021

Chi aveva presentato domanda per il bonus vacanze può ancora usufruirne (se non l’ha fatto) entro il 31 dicembre 2021. La richiesta andava fatta entro la fine del 2020 dalle famiglie con Isee non eccedente i 40 mila euro. Dall’ultimo monitoraggio risultano risorse ancora non utilizzate per mezzo miliardo di euro. Entro la fine dell’anno, dunque, si potranno pagare le vacanze anche ad agenzie viaggio e tour. operator.

Bonus acqua potabile, più tempo per presentare la domanda

C’è più tempo per poter richiedere il bonus acqua potabile. Si tratta di un contributo spettante per le spese sostenute tra il 1° gennaio 2021 e la fine del 2022 da chi decide di acquistare e installare dei depuratori per filtrare, mineralizzare, raffreddare o aggiungere anidride carbonica all’acqua. L’ammontare delle spese deve essere comunicato all’Agenzia delle entrate nel mese di febbraio dell’anno successivo a quello nel quale si è sostenuto il costo.

Bonus condizionatori da richiedere in fase di dichiarazione dei redditi

Il bonus condizionatori deve essere richiesto durante la dichiarazione dei redditi o la presentazione del modello Unico o 730. Si può utilizzare il bonus con uno sconto immediato nella fattura o come detrazione fiscale da convertire in credito di imposta cedibile. In quest’ultimo caso, il contributo viene assegnato nel caso di bonus condizionatori senza l’ecobonus per la ristrutturazione. È inoltre necessario comunicare all’Enea i lavori effettuati entro 90 giorni dalla fine degli stessi. Possono beneficiare del bonus i residenti e non residenti, proprietari dell’immobile sul quale vengono fatti gli interventi. Non c’è limite di Isee e il bonus può essere fruito anche dai titolari di reddito di impresa.

Bonus sanificazione, domanda scaduta: ai richiedenti il 30% della spesa a fondo perduto

È scaduto il termine per presentare domanda per il bonus sanificazione. La data finale delle domande era il 4 novembre 2021. Invitati alla presentazione delle domande erano i soggetti che svolgono attività di impresa, di arti e di professioni, gli enti non commerciali del Terzo settore, gli enti religiosi civilmente, le strutture ricettive non alberghiere e non imprenditoriali. L’aggiornamento arriva dall’Agenzia delle Entrate che ha stabilito la misura del 30% delle spese sostenute per la sanificazione alle imprese che hanno comunicato il relativo costo sostenuto entro il 4 novembre scorso.

Incentivi auto, rimangono ancora disponibili risorse per acquisto di nuovo e usato

Sono già partiti invece i nuovi incentivi ecobonus per l’acquisto di veicoli non inquinanti nuovi o usati che vanno a sommarsi alle risorse residue dei precedenti provvedimenti. Rimangono dunque disponibili dai precedenti decreti circa 210 mila euro per i veicoli N1 e M1 elettrici dalla legge di Bilancio 2021; circa 37 milioni per i veicoli usati; oltre 7 milioni di per i veicoli di categoria L. Si può presentare domanda sulla piattaforma Ecobonus del sito del ministero per lo Sviluppo economico.

Associazioni e società sportive dilettantistiche, nuovi aiuti economici: domande da oggi, 22 novembre 2021

È stato firmato il decreto con il quale si sbloccano i 50 milioni di euro di fondo perduto stanziati dal decreto “Sostegni” a favore delle associazioni (Asd) e società sportive dilettantistiche (Ssd). Si tratta di due possibilità di presentare domanda per i contributi a fondo perduto. La prima tranche di domanda può essere presentata da oggi, 22 novembre 2021, al 30 novembre prossimo. La seconda tranche di domande potrà essere inoltrata dal 1° al 10 dicembre 2021.

Decreti per i sostegni alle associazioni e società sportive dilettantistiche

Il sostegno alle società e associazioni sportive dilettantistiche trova disciplina secondo quanto previsto dall’articolo 14 bis del decreto legge numero 41 del 2021 (decreto “Sostegni”), poi convertito dalla legge numero 69 del 2021. Le relative modalità di partecipazione al sostegno, i termini per presentare le domande e i criteri per l’ammissione alle stesse sono contenute nel decreto del 15 novembre 2021 firmato da Michele Sciscioli, capo del Dipartimento dello sport.

Chi può fare richiesta per il fondo perduto dello sport?

I contributi a fondo perduto verranno erogati alle società e alle associazioni sportive dilettantistiche che abbiano dovuto sospendere l’attività sportiva a causa dell’emergenza sanitaria ed economica. Condizione essenziale di accesso al sostegno è il non aver già beneficiato di altri aiuti di precedenti misure.

Contributi a fondo perduto per società e associazioni sportive dilettantistiche: due le domande

Le domande per ottenere il contributo a fondo perduto dello sport dovranno essere presentate dalle Ssd e dalle Asd esclusivamente per via telematica. Per questa istanza è stata introdotta un’apposita piattaforma informatica. Le due tranche delle domande corrispondono al profilo dell’associazione o società richiedente. Infatti, la differenza consiste nel fatto che la società richiedente sia o meno titolare di contratto di locazione o concessione. È importante la distinzione perché una volta scaduto il termine per la presentazione della relativa domanda, il sistema non permetterà più di poterla inoltrare.

Presentazione domanda da oggi 22 novembre 2021 al 30 novembre: per quali associazioni e società sportive dilettantistiche?

La domanda di fondo perduto da inviare da oggi, 22 novembre, al 30 novembre 2021 corrisponde a un contributo pari a un canone mensile di locazione. L’istanza deve essere firmata dal legale rappresentante dell’associazione o della società sportiva dilettantistica richiedente. Il legale rappresentante deve autocertificare di possedere i seguenti requisiti:

  • la Ssd o Asd era iscritta al registro del Coni o Cip al giorno 23 maggio 2021;
  • alla stessa data la Ssd o Asd era affiliata a un organismo sportivo riconosciuto dal Coni;
  • la titolarità di uno o di più contratti di locazione a uso non abitativo. Il contratto deve essere intestato all’associazione o alla società sportiva e registrato all’Agenzia delle entrate. Lo stesso deve avere per oggetto un’unità immobiliare situata nel territorio italiano;
  • non aver già fruito di altri aiuti a fondo perduto per i canoni di locazioni dalle misure per l’emergenza del 2020 e del 2021;
  • svolgere attività sportive riconosciute dal Coni o dal Cip e utilizzare l’immobile oggetto di contratto di locazioni per dette attività;
  • che la società o associazione sia in regola con le autorizzazioni sanitarie e amministrative in merito allo svolgimento delle attività sportive;
  • inoltre, per i contratti già in essere prima del 1° gennaio 2020, essere in regola con i pagamenti dei canoni di locazione entro il 31 dicembre 2019.

Domanda società e associazioni sportive dilettantistiche dal 1° al 10 dicembre 2021

In merito alla seconda domanda, che potrà essere presentata dal 1° dicembre al 10 dicembre 2021, il contributo a fondo perduto verrà riconosciuto per l’importo corrispondente a 800 euro. Per questa domanda l’associazione o la società sportiva non deve risultare titolare di canoni di locazione o di concessioni.

Requisiti per la domanda delle Ssd o Asd non titolari di canoni di locazione

Per la presentazione di questa domanda per via telematica, il legale rappresentante deve autocertificare, sotto la propria responsabilità, che la Ssd o Asd sia:

  • iscritta al Coni o al Cip al 23 maggio 2021;
  • affiliata alla stessa data a un organismo sportivo riconosciuto dal Coni;
  • non beneficiaria di altri aiuti a fondo perduto erogati dal dipartimento per lo sport nel 2020;
  • non titolare di uno o più contratti di locazione commerciale o di concessione onerosa;
  • in regola con le autorizzazioni sanitarie e amministrative per lo svolgimento delle attività sportive;
  • alla data del 15 ottobre 2021 con almeno 20 tesserati;
  • avere un istruttore laureato in Scienze motorie o con diploma Isef o con qualifica tecnica di istruttore rilasciata dal Coni o dal Cip.

Polizza Rc capofamiglia, che cos’è e cosa controllare prima di sottoscriverla

La polizza Rc capofamiglia in generale è utile a tutti. Oltre a sottoscrivere un’assicurazione contro gli infortuni o una polizza sulla vita, con la polizza Rc capofamiglia si può tutelare se stessi e i propri cari. Sono compresi nella polizza, dunque, i membri della propria famiglia, inclusi i lavoratori e gli animali domestici. La protezione nei riguardi di se stessi e degli altri assicurati copre gli eventuali danni provocati a terze persone.

Cosa succede se non si ha la polizza Rc capofamiglia e si provocano dei danni?

Infatti, in assenza della polizza Rc capofamiglia si rischia di dover sborsare delle cifre, anche piuttosto elevate, nel caso in cui si dovesse verificare un evento dannoso a terzi. Si pensi, a titolo di esempio, a qualche imprevisto che causi danni da parte di un minore o di un animale domestico. In specifici casi, la polizza copre anche i danni provocati da un collaboratore domestico.

Danni provocati da minori o da cani domestici

La polizza Rc capofamiglia trae la sua giustificazione del Codice civile. Secondo l’articolo 2048, infatti, “il padre e la madre o il tutore sono responsabili dei danni provocati dai figli minori che abitano con loro”. Il successivo articolo 2052 stabilisce, inoltre, che “il proprietario di un animale è responsabile dei danni cagionati dallo stesso, sia nel caso in cui si trovi sotto la sua custodia, sia nel caso in cui sia fuggito o smarrito”.

A chi è consigliata la polizza Rc capofamiglia?

Soprattutto se si hanno figli minori o animali domestici risulta indicata la sottoscrizione di una polizza Rc capofamiglia. In questi casi il rischio di danni è nettamente maggiore. Ma la stessa assicurazione può essere fatta da chiunque, dal momento che a ciascuno può capitare di subire un evento dannoso o di provocare dei danni. La polizza può coprire tutti i casi in cui può risultare probabile il verificarsi di un danno. Ad esempio, le situazioni di svolgimento di attività sportive. Oppure le forme alternative di mobilità come biciclette o monopattini.

Quanto può costare la polizza Rc capofamiglia?

Il costo della polizza Rc capofamiglia può essere molto variabile. Ciò dipende dalle tipologie e dal numero delle coperture richieste. Tuttavia, è consigliabile prestare attenzione alle soluzioni troppo economiche. Infatti, una polizza che possa sembrare molto conveniente, in realtà potrebbe avere delle esclusioni da ritenere importanti. Oppure a una polizza a basso costo potrebbero corrispondere dei massimali troppo bassi.

Cosa valutare nella scelta di una polizza Rc capofamiglia?

Per scegliere la polizza Rc capofamiglia giusta alle proprie esigenze è necessario fare un confronto di più preventivi messi a disposizione delle compagnie assicurative. Risulta altresì necessario stare attenti anche a includere le coperture giuste, ovvero quelle che permettono eventuali risparmi consistenti nel caso in cui si debba risarcire qualcuno per aver causato dei danni.

Cosa controllare nel momento in cui si stipula una polizza Rc capofamiglia?

Prima, dunque, di stipulare una polizza Rc capofamiglia è necessario controllare alla voce “danni a terzi” che tra questi non siano inclusi i familiari conviventi. Normalmente, la polizza Rc capofamiglia dovrebbe includere le attività sportive. Ma è importante controllare attentamente anche le esclusioni. Ad esempio, varie polizze potrebbero escludere dal risarcimento dei danni la circostanza di possedere dei cani definiti “pericolosi”.

Sottoscrizione polizza Rc capofamiglia, prima di firmarla controllare le esclusioni

Altre esclusioni potrebbero riguardare, ad esempio, la proprietà di alberi di alto fusto. Risulta pertanto fondamentale verificare che le coperture incluse nella polizza Rc capofamiglia rientrino in ciò che si possiede che potrebbe causare dei danni o nelle attività normalmente svolte.

Partita Iva inattiva e chiusa d’ufficio, cosa deve fare il soggetto che fa operazioni imponibili?

Cosa deve fare una partita Iva inattiva e chiusa d’ufficio, nel caso in cui il soggetto titolare continui a effettuare operazioni imponibili? Sulle questione è anche intervenuta recentemente la Corte di Giustizia dell’Unione europea con la sentenza alla causa C 358/20, portata avanti dai giudici nazionali per uniformare le norme in materia. Come dichiarato dalla Corte di Giustizia dell’Ue, la detrazione dell’imposta deve essere concessa in presenza dei requisiti sostanziali anche se parte di quelli formali siano stati omessi

Cosa deve fare una partita Iva chiusa d’ufficio se continua a effettuare operazioni imponibili?

La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che una partita Iva, chiusa d’ufficio perché l’inattività si è protratta nel tempo, nel caso in cui continui a effettuare delle operazioni imponibili, deve:

  • assoggettare le operazioni all’Iva;
  • detrarre l’imposta pagata sugli acquisti;
  • identificare la partita Iva stessa nuovamente come soggetto passivo di imposta.

Sentenza Corte di Giustizia Ue su chiusura d’ufficio partita Iva, quando si verifica?

La sentenza della Corte di Giustizia Ue, dunque, va a disciplinare come debbano comportarsi le partite Iva che siano state cancellate d’ufficio come contribuenti Iva per non aver dichiarato alcuna operazione in uno specifico arco di tempo. La questione, in particolare, è stata sollevata ai giudici della Corte per la compatibilità della disciplina rumena in materia rispetto ai principi unionali dell’Unione europea. Infatti, la questione investe due situazioni nella disciplina rumena:

  • la prima è la cancellazione della partita Iva d’ufficio per il fatto di non aver dichiarato alcuna operazione assoggettate a Iva;
  • inoltre, la disciplina ammette la possibilità di detrazione solo mediante un nuovo numero identificativo;
  • infine, la stessa disciplina ostacola il rilascio di un nuovo identificativo per motivazioni formali.

Partita Iva inattiva da 6 mesi, ha diritto alla detrazione?

Pertanto, il contesto che è stato sottoposto al giudizio della Corte mira a far chiarezza sul fatto che un’amministrazione nazionale abbia annullato la partita Iva di un contribuente inattivo da 6 mesi consecutivi; che tale inattività abbia determinato l’impossibilità per il contribuente di poter applicare il diritto alla detrazione per le operazioni soggette a Iva in quanto non in possesso di un nuovo identificativo. Ragioni formali abbiano negato l’attribuzione di un nuovo identificativo.

Sentenza della Corte di Giustizia Ue: partita Iva chiusa d’ufficio e richiesta nuovo identificativo

Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che “l’articolo 168, l’articolo numero 213, paragrafo 1, l’articolo 214, paragrafo 1, e l’articolo numero 273 della direttiva 112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, inerente al sistema d’imposta comune sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 45/Ue del Consiglio del 13 luglio 2010, nonché il principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto (Iva), letti alla luce dei principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano, nel caso in cui l’identificazione di un soggetto passivo ai fini dell’Iva sia stata annullata a causa della mancata menzione di operazioni imponibili nelle sue dichiarazioni Iva presentate per 6 mesi consecutivi, ma tale soggetto passivo continui a esercitare la propria attività nonostante detto annullamento, a una normativa nazionale che consenta all’amministrazione fiscale competente di imporre allo stesso soggetto passivo l’obbligo di riscuotere l’Iva dovuta sulle sue operazioni soggette a imposta, purché egli possa chiedere una nuova identificazione ai fini dell’Iva e detrarre l’Iva assolta a monte”.

Detrazione Iva da concedere con i requisiti sostanziali, anche se omessi quelli formali

La sentenza della Corte di Giustizia sul caso mira dunque a disciplinare la situazione come mancanza dei requisiti sostanziali ai fini del versamento dell’imposta. Infatti, nella legislazione nazionale, l’amministrazione sottopone il diritto alla detrazione ai soli obblighi formali. Ma non prende in considerazione gli obblighi sostanziali della partita Iva. E, pertanto, non verifica la sussistenza e il rispetto di questi ultimi ai fini della riscossione dei tributi.

Partita Iva inattive in Italia, quando si chiude d’ufficio?

A conclusione della questione, è importante ribadire quale sia la presa di posizione dell’Italia in merito alla chiusura d’ufficio di una partita Iva non attiva. La  questione è disciplinata dal comma 15 quinquies dell’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972. In particolare, le partite Iva che risultano inattive da tre anni consecutivi sono cessate d’ufficio. Ai fini della determinazione dell’inattività, i soggetti titolari di partita Iva non devono aver esercitato nel periodo considerato l’attività di lavoro autonomo o di impresa. Tale inattività si desume dalla non presentazione della dichiarazione annuale dei redditi o della dichiarazione Iva.

Aiuti Covid fino al 30 giugno 2022: nuovi contributi per le Pmi

La Commissione europea ha deciso di prolungare il regime degli aiuti di Stato dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2022. La proroga riguarda il cosiddetto “temporary framework” ovvero il quadro dei finanziamenti e degli incentivi a favore delle imprese e delle attività economiche danneggiate dall’emergenza sanitaria ed economica.

Proroga temporary framework fino al 30 giugno 2022

L’estensione del temporary framework consente agli Stati di poter prolungare gli aiuti alle categorie economiche più danneggiate dal Covid-19. Tuttavia, la Commissione europea ha anche varato altre due misure a sostegno degli investimenti e della solvibilità delle imprese per la ripresa.

Misure a sostegno delle imprese fino al 31 dicembre 2022

Fino a tutto il 2022, infatti, gli Stati potranno incentivare le imprese con misure che siano di supporto per la transizione digitale e verde. I sostegni dovranno assicurare che gli incentivi vadano a vantaggio del più alto numero di beneficiari ai quali andranno finanziamenti che dovranno essere tendenzialmente limitati. L’obiettivo è quello di aiutare il maggior numero di imprese senza che si verifichi l’effetto distorsivo.

Estensione aiuti a Pmi, start up e imprese a media capitalizzazione

La seconda misura riguarda l’estensione a tutti gli Stati europei di misure che vadano a incentivare i fondi privati a sostegno delle piccole e medie imprese, le start up e le piccole imprese a media capitalizzazione. Il sostegno mira, in particolare, a concedere garanzie agli intermediari affinché possano investire proprio nel sostegno delle imprese stesse.

Proroga fino al 30 giugno 2023 delle sovvenzioni dirette per prestiti e garanzie

Inoltre, la Commissione europea ha deciso di prorogare per un anno, dal 30 giugno 2022 alla fine di giugno del 2023, la possibilità per gli Stati membri di convertire gli strumenti di garanzia a sostegno delle imprese (tra i quali, prestiti, garanzie e anticipi) in altre formule di aiuto come le sovvenzioni dirette. In questa tipologia di sostegno rientra anche l’adeguamento degli importi massimi finanziabili di alcune tipologie di sostegni.

 

Pensioni integrative, vantaggi e rischi dell’adesione al fondo previdenziale

Le pensioni integrative, oltre a rappresentare una soluzione per mantenere il tenore di vita che si ha durante gli anni di lavoro, rappresentano anche un’opportunità di risparmio e di differenti vantaggi. Infatti, in vista di mantenere un livello di reddito simile a quello che si ha durante lo svolgimento del lavoro, la previdenza complementare va a integrare la futura pensione obbligatoria. Ma, durante gli anni in cui si effettuano i versamenti al fondo pensione, è possibile ottenere dei contributi dal proprio datore laddove sia previsto dal contratto di lavoro.

Reversibilità della pensione integrativa: a chi spetta?

Tuttavia, il fatto di poter disporre di una futura pensione aggiuntiva non rappresenta l’unico vantaggio riservato a chi investe nella previdenza complementare. Innanzitutto, la stessa pensione integrativa è reversibile al coniuge o agli eredi indicati dal sottoscrittore. Ma anche nella fase di accumulo del risparmio, il capitale può essere riscattato in un’unica soluzione dagli eredi designati dal sottoscrittore.

Previdenza complementare, la possibilità di scegliere la prestazione pensionistica

Ulteriore vantaggio spettante a chi investe nella previdenza complementare è la possibilità di scegliere il tipo di prestazione da ricevere dal fondo pensione stesso. Infatti, a seconda delle esigenze del sottoscrittore, è possibile richiedere tutto il capitale versato in un’unica soluzione nei casi previsti dalla legge oppure riceverne la metà, lasciando il rimanente alla rendita integrativa mensile. Se non si richiede parte o tutto il capitale, la rendita mensile andrà a integrare la pensione garantendo un tenore di vita simile a quello goduto durante gli anni di lavoro e di accumulo.

Flessibilità dell’investimento del risparmio nei fondi pensione: sospensione e riduzione importi

Tra i vantaggi di investimento del risparmio in un fondo pensione c’è la possibilità di accumulare con una certa flessibilità. Ciò significa che è possibile sospendere oppure modificare gli importi o la periodicità con la quale si effettuano i versamenti nella fase di accumulo. In caso di sospensione si possono riattivare i versamenti senza subire delle penalizzazioni.

Si può richiedere parte dei soldi versati al fondo pensione durante la fase di accumulo?

Il sottoscrittore del fondo pensione può anche richiedere una parte delle somme risparmiate e accantonate nel fondo pensione. Si tratta di eventi normalmente determinati da esigenze improvvise legate alle situazioni familiari, come ad esempio un’imprevista spesa sanitaria. Ma anche per ragioni lavorative, come può succedere nel caso del licenziamento. Ulteriori somme possono essere anticipate dal fondo per l’acquisto della prima casa.

Previdenza complementare, il vantaggio della deducibilità fiscale delle somme versate al fondo pensione

Tra i vantaggi dell’adesione alla previdenza complementare sono da inserire quelli fiscali. Infatti, i contributi che il sottoscrittore versa al fondo pensione sono deducibili dai redditi Irpef fino a un massimo di oltre 5.160 euro all’anno. Pertanto, nella fase di accumulo del risparmio nel fondo pensione si pagano da subito meno imposte sui redditi. Entro lo stesso limite si può sfruttare la deduzione anche sui versamenti effettuati a vantaggio dei familiari a carico fiscalmente. Inoltre, la pensione integrativa è tassata con un’aliquota che varia dal 15% al 9%: la percentuale scende a seconda degli anni in cui il sottoscrittore ha partecipato al fondo pensione.

Quali sono i rischi per il sottoscrittore di un fondo pensione?

Tuttavia, l’investimento dei propri risparmi nel fondo pensione non è esente da alcuni rischi. Questi ultimi sono relativi alla possibilità che la pensione complementare che si ottiene quando si esca dal lavoro risulti insufficiente rispetto alle aspettative del sottoscrittore. In particolare può risultare che i versamenti effettuati e la durata del periodo in cui il sottoscrittore ha partecipato al fondo pensione non siano adeguati.

Il rischio di sbagliare investimento nell’adesione al fondo pensione

Può capitare, inoltre, che la linea di investimento che il sottoscrittore del fondo pensione ha scelto risulti non adeguata e ottimale rispetto all’età del sottoscrittore stesso o al suo profilo. Infatti, al momento dell’adesione al fondo, il sottoscrittore sceglie come il fondo pensioni debba investire i propri risparmi se in titoli azionari, obbligazionari oppure se adottare una soluzione intermedia. Nel caso di un sottoscrittore agli ultimi anni di lavoro vengono consigliate, di norma, soluzioni non troppo remunerative ma poco rischiose.

Adesione al fondo pensione: il rischio di costi alti o di impossibilità di utilizzo di quanto accantonato

Possono verificarsi altri rischi legati all’adesione a un fondo pensione. Innanzitutto che il fondo scelto applichi dei costi troppo elevati rispetto al profilo del sottoscrittore. Oppure che vengano previste delle limitazioni nell’uso delle somme accantonate e, dunque, che l’utilizzo possa essere consentito solo per specifiche finalità. Importante poi, per un sottoscrittore, controllare che non sia prevista l’irrevocabilità della scelta di aderire alla previdenza complementare.

Previdenza complementare, il rischio di non avere informazioni sui prodotti di investimento

Infine, è sempre bene ricevere tutte le informazioni in maniera dettagliata prima di aderire al fondo pensione. Può capitare, infatti, di ricevere delle informazioni insufficienti per capire correttamente il funzionamento del fondo pensione e le sue finalità. Nella fase di sottoscrizione, inoltre, è indispensabile che al soggetto vengano fornite tutte le informazioni sui prodotti di investimento presenti sul mercato.

Acquistare un fabbricato recuperato da più di 5 anni dall’impresa di recupero, quali tasse da pagare?

Quali tasse e imposte bisogna pagare per comprare un fabbricato strumentale recuperato da oltre 5 anni nel caso in cui l’acquisto è fatto direttamente dall’impresa di recupero? In primo luogo è bene specificare il concetto di “fabbricato strumentale“. Si tratta di immobili che sono accatastati nella categoria catastale A/10 e nei gruppi catastali B, C, D ed E. Per impresa di recupero si intende qualsiasi soggetto Iva che svolga gli interventi previsti dal comma 1, lettera c), d), ed f) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica numero 380 del 6 giugno 2001.

Quali sono gli interventi di recupero dei fabbricati strumentali?

Gli interventi in questione riguardano il restauro o il risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia o la ristrutturazione urbanistica. Nel caso di recupero da oltre 5 anni, ai fini delle tasse e delle imposte è necessario distinguere se l’impresa di recupero eserciti l’opzione Iva oppure no.

Comprare un fabbricato recuperato da oltre 5 anni da impresa che non esercita l’opzione Iva

Nel caso in cui si compri un fabbricato strumentale recuperato da più di 5 anni dall’impresa di recupero, se quest’ultima non esercita l’opzione Iva la vendita ne risulta esente all’Iva secondo quanto previsto dall’articolo 10 numero 8 ter, punto 127 quinquiesdecises, Tabella A, III, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972. L’esenzione si applica sia se il compratore è un soggetto qualsiasi, che nel caso di acquisto da parte di un fondo immobiliare.

Quali imposte per acquisto di fabbricato senza opzione Iva?

Nel caso di fabbricato strumentale acquistato dall’impresa di recupero che non eserciti l’opzione Iva sono da pagare, in ogni modo, le seguenti imposte:

  • imposta di registro per 200 euro, ai sensi del comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • l’imposta di bollo di 230 euro, secondo quanto prevede il comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria pari a 90 euro ai sensi dei punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Imposta ipotecaria e imposta catastale per acquisto fabbricato senza opzione Iva

Se un soggetto qualsiasi compra un fabbricato strumentale dall’impresa che non eserciti l’opzione iva, l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale sono pari rispettivamente al:

  • 3% ai sensi della Nota all’articolo 1 bis della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990;
  • all’1% secondo quanto prevede il comma 1, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Se l’acquisto viene effettuato da un fondo immobiliare, all’imposta ipotecaria si applica la riduzione  all’1,5%. Lo dispone il comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006. L’imposta catastale, invece, è dello 0,5%.

Acquisto fabbricato strumentale recuperato da più 5 anni e con opzione Iva dell’impresa di recupero: è dovuta l’Iva?

Se il fabbricato strumentale è stato recuperato da più 5 anni e l’impresa di recupero esercita l’opzione Iva, è opportuno distinguere tre figure di compratori: il soggetto Iva, quello diverso da soggetto Iva e il fondo immobiliare. Per tutti e tre i casi si applica l’Iva al 10% secondo quanto prevede l’articolo 10 numero 8 ter, punto 127 quinquiesdecies, Tabella A, III del Dpr numero 633 del 1972.

Quali tasse si pagano se si acquista un fabbricato strumentale e l’impresa di restauro eserciti l’opzione Iva?

Il compratore soggetto Iva e quello diverso dal soggetto Iva pagano le stesse imposte e tasse nel caso di acquisto di fabbricato recuperato da oltre 5 anni e nell’ipotesi in cui l’impresa che fa fatto il restauro eserciti l’opzione Iva. Sono da versare, infatti, le seguenti imposte e tasse:

  • l’imposta di registro pari a 200 euro;
  • imposta ipotecaria corrispondente al 3%;
  • la tassa ipotecaria pari a 90 euro;
  • l’imposta di bollo di 230 euro;
  • imposta catastale applicata all’1%.

Tasse e imposte a carico se a comprare il fabbricato è un fondo immobiliare

Se l’acquisto di un fabbricato strumentale recuperato da oltre 5 anni avviene direttamente dall’impresa di recupero e l’acquirente è un fondo immobiliare, si applica l’aliquota del 10% di Iva. Le altre imposte e tasse a carico riguardano:

  • l’imposta di registro per 200 euro;
  • imposta ipotecaria pari all’1,5% con la riduzione dal 3% prevista dal comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006;
  • l’imposta catastale con aliquota dello 0,5%, dimezzata dalla stessa norma precedente;
  • l’imposta di bollo pari a 230 euro;
  • la tassa ipotecaria corrispondente a 90 euro.

Opzione donna, quanto conviene il riscatto laurea agevolato per i 35 anni di contributi?

Anche per il 2022 la misura di pensione con opzione donna verrà prorogata con i medesimi requisiti di accesso della precedente proroga. Il numero degli anni di contributi dovrà essere sempre pari ad almeno 35. Molte lavoratrici potrebbero trovare conveniente arrivare a questo traguardo recuperando anni di studi universitari mediante il riscatto della laurea. E, per questo obiettivo, ricorrere alla soluzione agevolata dettata dal decreto numero 4 del 2019 può essere quella ottimale per risparmiare sul riscatto stesso.

Che cos’è il riscatto agevolato della laurea ai fini della futura pensione?

Il riscatto agevolato della laurea permette, infatti, di recuperare i periodi di studi per un massimo di 4 o 5 anni a seconda del corso di laurea. L’onere da pagare risulta ridotto qualora i versamenti contributivi debbano essere valorizzati mediante il metodo contributivo. In altre parole, il riscatto agevolato della laurea vige per periodi di studi collocati nel sistema contributivo. Ovvero per periodi successivi al 31 dicembre 1995. Per queste lauree il costo agevolato è sempre consentito.

Riscatto laurea per periodi di studio prima del 1° gennaio 1996

Anche per le lauree conseguite prima del 1° gennaio 1996 il contribuente ha la possibilità di optare per il pagamento agevolato del riscatto. Ma, in questo caso, il lavoratore dovrebbe rinunciare ai vantaggi del sistema previdenziale retributivo di appartenenza per accettare il solo metodo contributivo, meno conveniente in vista dell’assegno di pensione ma con un costo di riscatto della laurea più contenuto. Si tratta di valutare, da un lato, la perdita di quote retributive di pensione e, dall’altro, il maggior risparmio del riscatto della laurea del contributivo.

Riscatto laurea con metodo agevolato per donne che hanno contributi nel sistema retributivo

Per l’opzione donna questa rinuncia, ai fini pensionistici, non fa molta differenza. Infatti, le lavoratrici che vanno in pensione con l’opzione donna accettano che la loro pensione venga ricalcolata interamente con il metodo contributivo, anche se hanno anni di contributi da calcolare con il meccanismo retributivo. Ovvero anni di contributi versati prima del 1996. Per questo motivo, ricorrendone la convenienza, le donne laureate possono trovare vantaggioso il riscatto della laurea a un costo contenuto.

Quanto costa il riscatto della laurea con il metodo agevolato?

Per il 2021, il costo del riscatto agevolato della pensione è di 5.264,49 euro per ogni anno universitario da riscattare. L’alternativa è calcolare il riscatto della laurea con la riserva matematica, ovvero applicando l’aliquota vigente presso il Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti dell’Inps, attualmente del 33%. Tale percentuale va moltiplicata per il reddito lordo dei 12 mesi precedenti a  quello della richiesta del riscatto della laurea. Per ottenere il costo totale il risultato ottenuto va moltiplicato anche per il numero di anni di corso di laurea. Questo meccanismo di calcolo può determinare un costo di gran lunga più alto rispetto ai 21.057,96 euro necessari per riscattare 4 anni di corso con il sistema agevolato del decreto 4 del 2019.

Come si va in pensione anticipata con l’opzione donna?

Per andare in pensione con l’opzione donna, oltre ai 35 anni di contributi, la legge richiede determinati requisiti anagrafici. L’età in vigore fino al termine del 2021 per le lavoratrici alle dipendenze è quella dei 58 anni, maturata entro il 31 dicembre 2020. Per le lavoratrici autonome l’età è quella dei 59 anni. Con la nuova legge di Bilancio i requisiti anagrafici e contributivi dell’opzione donna rimarranno invariati fino al 31 dicembre 2022. Analogamente alla precedente proroga dell’opzione donna, i requisiti 2022 dovranno essere maturati entro il 31 dicembre 2021.

Opzione donna e riscatto agevolato della laurea

Il traguardo dei 35 anni di contributi necessari per accedere all’opzione donna può essere agevolato dal riscatto della laurea. A tal proposito è importate precisare che per avvalersi del riscatto agevolato della laurea ai fini dell’opzione donna, è necessario presentare la domanda di riscatto contestualmente a quella di pensione. Scegliendo l’opzione donna, e dunque il ricalcolo della pensione con il metodo contributivo, la lavoratrice ha la possibilità di richiedere il riscatto agevolato della laurea in luogo di quello ottenuto con la riserva matematica. L’operazione in molti casi ha vantaggi dal punto di vista del costo del riscatto stesso.

Riscatto laurea, cosa succede se la lavoratrice dovesse rinunciare alla domanda di uscita con opzione donna?

Inoltre non ci sarebbero variazioni nel calcolo della pensione, come avverrebbe per altre misure di uscita anticipata. Chi richiede l’opzione donna accetta anche il ricalcolo con metodo contributivo della pensione. Solo se la lavoratrice dovesse rinunciare alla domanda di pensione con opzione donna, il costo del riscatto della laurea verrebbe rideterminato in base alle regole generali e avendo riguardo ai periodi nei quali sono collocati i periodi da riscattare.