Snc: le società in nome collettivo ecco come sono regolate

La snc o società in nome collettivo fanno parte delle società di persone. Di seguito, tutte le caratteristiche di questo tipo di imprese.

Snc: la responsabilità dei soci

Secondo l’art. 2291 del codice civile tutti i soci di una snc rispondono illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali. Qualsiasi altro patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi. Infatti, l’elemento che caratterizza queste società è che i soci rispondono personalmente dei debiti contratti dall’esercizio della società. La responsabilità dei soci è:

  • illimitata, perché i debiti sociali rispondono, non solo con il patrimonio societario, ma anche personale;
  • solidale, in quanto i creditori possono rivalersi, per l’intero credito, sul patrimonio di uno qualsiasi dei soci;
  • sussidiaria, perché scatta solo se il patrimonio è insufficiente a pagare i creditori della società.

Per tale morivo l’amministrazione della società spetta a tutti i soci, ma si può disporre che venga riservata anche a solo parte di essi. In altre parole, può essere disgiunta e allora ogni socio può compiere operazioni sociali disgiuntamente dagli altri. Oppure, congiunta ma in questo caso è necessario il consento di tutti i soci.

Snc: la costituzione della società

Quando si costituisce una Snc deve essere redatto un atto costitutivo. Se la stipula è avvenuta tramite un atto pubblico, è obbligatorio il deposito del notaio. Quest’ultimo deve contenere il nome e il cognome e gli elementi identificativi di tutti i soci, la ragione sociale, la durata, la sede principale e secondaria, l’oggetto sociale ed i conferimenti. Inoltre, alcune due formalità devono essere espletate. Entro 20 giorni dalla stipula l’atto deve essere registrato presso l’Ufficio del registro, contestuale al versamento della relativa imposta. Inoltre, entro 30 giorni dalla stipula, l’atto deve essere depositato per l’iscrizione nel Registro delle imprese della camera di commercio. Altri adempimenti da fare sono:

  • la comunicazione all’Ufficio Iva dell’inizio di attività;
  • la trasmissione dell’atto costitutivo, entro 3 mesi, all’Ufficio delle imposte dirette;
  • il deposito della firma degli amministratori, entro 15 giorni dalla nomina.

Quali sono i costi di apertura di una Snc?

Prima di procedere facciamo un breve riassunto sui prezzi da sostenere per aprire una Snc. Nel momento della costituzione del’atto costitutivo da parte del Notaio, vi è da pagare anche la sua parcella. Un costo medio potrebbe essere di 1500 euro, più IVA. A questa somma occorre sommare la ritenuta del 20% compresi i bolli. Inoltre, tutta la pratica relativa alle imposte viene trattata da un commercialista, con importo medio 350-400 oltre IVA. Il commercialista è quello che poi tiene tutta la contabilità annualmente, con tutte le implicazioni. Stiamo un costo di 1500 euro annuo, sempre se non sono previsti operazioni extra. Infine, rimane da valutare l‘INPS. Circa 3000 euro annui per ogni socio. Tale somma viene ripartita in 4 rate, una ogni trimestre.

Come funzionano i conferimenti in società?

Con la costituzione dell’atto costitutivo i soci si impegnano ad apportare qualcosa in società. Tra questi rientrano: i beni, il denaro, un’azienda funzionante oppure una prestazione d’opera. Anche se a dire il vero il denaro è il caso di apporto più utilizzato. Ma può succedere che un socio conferisca in azienda dei beni, se si tratta di qualcosa che può essere utilizzato dall’impresa. Ad esempio si parla di terreni, fabbricati, macchinari o merci. Il caso di apporto di un’azienda funzionante, si verifica quando un’impresa individuale si trasforma in società. Tutti questi apporti andranno a formare l’inventario iniziale, la base su cui procedere e crescere.

Come vengono ricompensati i soci?

Il compenso ai soci si chiama partecipazione agli utili. Si tratta di redditi da lavoro autonomo e per questo motivo sottoposti alla ritenuta fiscale del 20%. Ma a questa va aggiunta anche la ritenuta di 1/3 del contributo e l’INPS del 12%. Inoltre, l’utili di esercizio può anche non essere distribuito ai soci, ma destinati ad una riserva volontaria. Questa può essere utilizzata per coprire eventuali difficoltà che lungo il corso di vita di un’azienda possono capitare. Ed è anche abbastanza normale che questo accada.

Snc: il recesso, lo scioglimento e l’esclusione di un socio

Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio per recesso, esclusione o morte, pone il problema della liquidazione della sua quota. Secondo l‘art 2289 del cc la liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento e che il pagamento deve essere eseguito entro sei mesi dalla data dello stesso. In questo caso si dovrà redigere un bilancio straordinario. Proprio perché l’assenza di una quota, deve comportare il “rimpasto” delle quote. Infine, la snc può anche sciogliersi per il decorso del termine della durata, il conseguimento dell’oggetto sociale o per improvvisa impossibilità di continuare. Sciolta la società, si procede alla nomina di un liquidatore che provvederà a riscuotere i crediti, pagare i debiti e liquidare, ripartendo tra i soci il patrimonio che residuerà. Al termine della liquidazione, sarà richiesta la cancellazione della società dal Registro delle imprese.

Pensione di vecchiaia: requisiti e condizioni di accesso

La pensione di vecchiaia consiste in una prestazione previdenziale. In particolare, una rendita vitalizia che viene erogata mensilmente dello Stato, attraverso i suoi enti. Ma chi può accedervi?

 Pensione di vecchiaia: facciamo un pò di chiarezza

Secondo il nostro ordinamento, in questo momento, visto che spesso ogni nuovo governo apporta le sue modifiche vige la seguente legge. E’ possibile andare in pensione al raggiungimento dei 67 anni di età. Ma se dovesse aumentare la speranza di vita, non è detto che questo limite non sia ulteriormente alzato. L’anzianità contributiva deve essere di almeno 20 anni.

Nel decreto ministeriale del 5.11.2019 è stata confermata l’età di 67 anni anche per il biennio 2021-2022,  a seguito dei rilevamenti ISTAT che non hanno registrato un incremento della speranza di vita. Inoltre, sono obbligatori, come già anticipato almeno 20 anni di contributi versati. Oltre a questa opzione, lo Stato ha varato anche altri strumenti come l’opzione donna o l’ape sociale.

Pensione di vecchiaia: almeno 20 anni di contributi

Per poter andare in pensione oltre al raggiungimento del limite di età, esiste anche un limite contributivo. Per il raggiungimento dei 20 anni contributivi possono essere sommati anche i tempi per il riscatto della laurea. Il riscatto della laurea però è valido solo se il contribuente ha conseguito il titolo. Il contribuente però deve anche essere iscritto all’INPS per il riconoscimento degli anni. Il riscatto è a pagamento. Ma sono anche accettati gli accrediti per il servizio militare, la maternità e la contribuzione figurativa collegata alla disoccupazione Naspi.

Per gli accrediti per il servizio militare occorre anche almeno un contributo obbligatorio versato, anche dopo il militare, in riferimento ad un rapporto di lavoro in Italia o all’estero. In merito alla  maternità la normativa italiana riconosce, alle lavoratrici dipendenti, i contributi figurativi per 5 mesi di congedo obbligatorio. Ebbene si tratta del classico congedo previsto due mesi prima del parto e tre mesi dopo, oppure i alcuni casi un mese prima del parto e quattro dopo.

Il cumulo contributivo gratuito

Grazie al cumulo contributivo è possibile sommare tutta la contribuzione versata, anche se in diverse gestioni pensionistiche. Rientrano in questa categoria anche le casse professionali. Inoltre, il cumulo consente di ottenere una pensione calcolata sulla base delle regole delle singole gestioni, per la parte di contributi in essa versati. L’operazione è totalmente gratuita per il contribuente. La richiesta del cumulo contributivo viene richiesta, su domanda, presso il Fondo previdenziale dove si è versato nell’ultimo periodo.

Il cumulo riguarda anche i dipendenti pubblici, compreso il mondo scuola. Attenzione diversa dal cumulo è la ricongiunzione ai fini pensionistici. In questo caso i contribuenti, che hanno posizioni assicurative in gestioni previdenziali diverse, possono riunire tutti i periodi contributivi presso un’unica gestione. Così facendo si raggiungerà lo scopo di avere un’unica pensione.

Pensione anticipata: alcune deroghe

L’alternativa alla pensione di vecchiaia è quella anticipata che si raggiunge con 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne, un anno in più per gli uomini. Ma esiste la possibilità di pensionamento anticipato in deroga, vediamo quali sono le misure che lo permettono.

Esistono alcune categorie di lavoratori che possono andare in pensione in modo anticipato. E’ il caso di coloro che svolgono mestieri usuranti. Rientra in questa categoria chi svolge lavori:

  • ad alte temperature;
  • in cassoni ad aria compressa;
  • svolti dai palombari;
  • lavorazione del vetro cavo;
  • asporto di amianto;
  • dentro galleria, cava o miniere;
  • su “catena di produzione”;
  • autisti;
  • in spazi ristretti come intercapedini, pezzetti o doppi fondi.

In questo caso l’età pensionabile scende a 61 anni e 7 mesi, ma in ogni caso servono 35 anni di contributi e il raggiungimento della quota 97,6. Esiste anche la pensione agevolata per i lavoratori notturni, se l’attività è svolta per almeno 7 anni, negli ultimi 10 anni di vita lavorativa. Inoltre, il lavoro notturno deve essere svolto per almeno metà di tempo rispetto a tutta la vita lavorativa del contribuente.

Opzione donna e quota 100

Per le donne è confermata l’opzione donna. Le lavoratrici potranno andare in pensione avendo raggiunto 57 anni per le lavoratrici dipendenti e 58 anni per quelle autonome. Invece, non può usata dalle lavoratrici iscritte alla gestione separata. Infine, non è esercitabile il cumulo retributivo.

Per l’anno 2021 resta in vigore la finestra mobile, cioè l’assegno viene erogato 12 mesi prima dalla maturazione dei requisiti per le dipendenti e 18 mesi per le autonome. Mentre Quota 100 è una misura sperimentale valida solo per il triennio 2019-2021 (Decreto 4 del 2019.) In questo caso il lavoratore può andare in pensione se la somma tra l’età pensionabile e i contributi faccia 100. In altre parole, 62 anni di età e 38 di contributi. Fino ad oggi tutti i provvedimenti fino a qui elencati, sono in vigore.

Come si richiede la pensione di vecchiaia?

Per andare in pensione è necessario richiedere la relativa domanda. Quest’ultima può essere presentata in qualsiasi ufficio INPS, anche attraverso le sedi periferiche. Può espletare questo incarico anche tramite Patronato, oppure collegandosi al sito dell’Ente. Alla domanda vanno allegati i seguenti documenti:

  • documenti di identità e codice fiscale;
  • autocertificazione dello stato di famiglia;
  • reddito;
  • dichiarazione di cessazione dell’attività lavorativa;
  • dichiarazione sul diritto alla detrazione d’imposta;
  • modalità di pagamento;
  • la dichiarazione del datore di lavoro un merito all’attività lavorativa degli ultimi due anni.

I moduli per la domanda sono scaricabile dal sito INPS nella sezione dedicata “MODULISTICA”.

Pip: la guida completa sui piani individuali pensionistici

Pip è l’acronimo di piani individuali pensionistici. Una guida completa per conoscere questi prodotti finanziari, chi può aderire e a cosa servono.

Pip: cos’è un piano individuale pensionalistico?

I piani individuali pensionistici sono una forma di previdenza privata proposta dalle compagnie di assicurazione. Fanno parte della contribuzione volontaria. In altre parole, consente di destinare parte dei risparmi ad integrazione della pensione di base. Questo permette di avere una pensione mensile più elevata, in quanto complementare alla prima. Inoltre, questo tipo pensione è anche reversibile, in favore del coniuge, un figlio, o qualsiasi altro destinatario indicato.

I pip permettono anche di affrontare delle spese mediche non previste, ristrutturare casa, gestire dei periodi di inoccupazione o magari agevolare l’uscita dal mondo del lavoro. Possiamo quindi tranquillamente affermare che i pip sono piani di investimento. Sono stati introdotti in Italia, con la legge 8 agosto 1995 n.335.  

Pip: come funzionano?

Il pip è un piano di accumulo che permette di distribuire i risultati di un investimento attraverso una rendita vitalizia al raggiungimento dell’età pensionabile. Una qualsiasi persona può decidere di aprire il proprio piano. A questo punto verserà periodicamente una quota monetaria, che poi vengono gestite dal titolare del fondo.

Esistono infatti, varie imprese e soggetti che offrono soluzioni di questo tipo. A seconda delle caratteristiche del pip si può scegliere di collegare la rivalutazione della pensione individuale ad una gestione separata, a uno o più fondi interni. Ma esiste anche qualche soluzione che è una combinazione delle due precedenti. I fondi pensione interni sono gestiti e dipendono da diversi prodotti finanziari con altrettanti difficili rendimenti.

Chi può aderire al Pip?

I pip sono dei piani volontari, quindi può decidere di accenderne uno chiunque. Non c’è alcuna dipendenza dall’attività lavorativa, dalla presenza o meno di partita Iva o regimi fiscali scelti, o se si è liberi professionisti o dipendenti. In altre parole, chiunque voglia può aderire ad un piano pensionistico volontario, del resto sono somme accantonate, che verranno riscattata, secondo le caratteristiche del prodotto d’investimento. E’ possibile la sottoscrizione ai piani sia recandosi in sede della società ideatrice, ma anche tramite un promotore finanziario o anche tramite web, nei casi previsti.

Come e quando riscattare un piano pensionistico

Prima di ogni cosa è bene chiarire che per riscattare il piano occorre aver raggiunto l’età pensionabile. Ci sono dei casi però che permettono di anticipare questa data. Possono essere così riassunti:

  • dopo 8 anni dall’investimento, è possibile richiedere l’anticipo del 75% in caso di necessità di ristrutturazione o acquisto della prima casa;
  • sempre dopo 8 anni è possibile richiedere il 30% dell’ammontare versato;
  • è possibile ritirare fino al 75% del maturato in caso di gravi situazioni di salute proprie o di un familiare

Infine è bene ricordare che è possibile riscattare il piano sempre in caso di morte del lavoratore. In questo caso la somma verrà agli eredi. Un altro caso di riscatto anticipato è una sopravvenuta incapacità che riduce le capacità lavorative dell’intestatario. E ultimo caso è in riferimento ad un lungo periodo di disoccupazione.

Le agevolazioni fiscali e altre raccomandazioni

Lo Stato italiano riconosce delle agevolazioni fiscali a questo tipo di investimento. I versamenti fatti al pip sono deducibili fino a 5.164, 57 euro l’anno. Entro lo stesso limite è possibile portare anche i contributi fatti nei confronti di familiari a carico fiscalmente. I rendimenti sono tassati al 20%, molto meno rispetto ad altre forme di investimento, che solitamente si orientano al 26%.

Inoltre, sia la pensione che il capitale sono tassati all’aliquota che oscilla tra il 9% ed il 15%. Questo dipende dagli anni del pip. Infine, le anticipazioni o i riscatti per far fronte a spese urgenti sono tassati con l’aliquota agevolata che dal 15% al 9% in base sempre agli numero di anni. Per tutte le altre operazioni la tassazione è del 23%.

Esistono anche soluzioni per minori?

La risposta è si. Esistono anche soluzioni di investimento per minori. Però, in questo caso se da un lato funziona come qualsiasi altro pip, vi sono delle regole di maggiore flessibilità. Infatti, chi sottoscrivere il piano avrà la possibilità di riscuotere il 30% del premio versato, in caso di necessità scolastiche. Ma anche nel caso in cui si voglia avviare una nuova attività imprenditoriale. La persona che avrà fatto i versamenti, anche se non è il beneficiario, potrà godere della deducibilità delle quote versate.

Altre piccole informazioni

Un’altra informazioni importante è che i pip non sono pignorabili e neanche sequestrabili dall’autorità giuridica. Un vantaggio non da poco, perché ciò vale per tutta la durata del piano né prima e né dopo il riscatto. Infine, il piano individuale pensionistico è totalmente reversibile. 

Ciò vuol dire che in caso di morte del contraente può essere interamente riscattato dal coniuge, dai figli o da altri eredi. I fondi di questo tipo rappresentano senza dubbio un valido strumento di investimento del proprio capitale. Pertanto, prima di sottoscriverne uno, è meglio valutare le varie  opzioni. Ad esempio Poste italiane S.p.A., Cattolica gestione previdenza, Allianz, Mediolanum e tanti altri enti offrono il loro prodotto sul mercato. Pertanto, prima di firmare leggere attentamente tutte le clausole contrattuali.

 

Aprire una srl: le caratteristiche, gli adempimenti e costi

Aprire una srl vuol dire dal vita ad una società dotata di personalità giuridica. Ecco tutte le caratteristiche, gli adempimenti e i costi da sostenere.

Aprire una srl: alcune caratteristiche

Le srl fanno parte delle società di capitali. Le srl sono dotate di personalità giuridica, ossia soggetti capaci di assumere in propri i diritti e le obbligazioni che nascono dall’esercizio dell’attività economica per le quale sono costituite. Le società a responsabilità limitata godono di autonomia patrimoniale perfetta.

Ciò vuol dire che il loro patrimonio è del tutto autonomo da quello dei soci. Nelle società a responsabilità limitata per le obbligazioni risponde soltanto la società con il suo patrimonio. Inoltre, le quote di partecipazione non possono essere rappresentate da azioni. Non potendo emettere azioni, queste società sono spesso costituite su base familiare o tra persone legate da rapporti di reciproca conoscenza. Sono destinate a iniziative di piccolo e medie dimensioni. Le quote sociali possono essere di diverso ammontare. Gli organi delle srl sono:

  • l’assemblea dei soci;
  • gli amministratori;
  • il collegio sindacale.

A norma dell’art 2475 del Codice Civile, la srl può essere costituita anche attraverso un atto unilaterale, cioè con unico socio, senza che ciò comporti per lui l’assunzione di una responsabilità illimitata.

Aprire una srl: quali sono i costi da sostenere?

Per aprire una srl ci sono dei costi da sostenere. I costi sono più che altro relativi alle imposte da versare e alla tenuta dei libri sociali. Tra questi circa 200 euro per l’imposta di registro per la registrazione dei documenti costitutivi. Va aggiunta anche l’imposta di bollo, circa 156 euro che si applica sui documenti registrati. Ed ancora il Diritto annuale della Camera di commercio, pari a 120 euro di tributi da versare.

Altri 90 euro, per i diritti di segreteria, per iscrivere l’attività nel registro delle imprese. Da non sottovalutare l’onorario del notaio. E’ infatti lui che redige l’atto costitutivo della società. Quest’ultimo è proprio un atto pubblico che deve essere redatto secondo le normative della legge. Infine, l’atto costitutivo è un documento che regola tutte le caratteristiche e le attività che regolano il funzionamento dell’impresa. Per questo motivo la sua importanza è estrema. Pertanto, va sempre stilato da un notaio, anche perché poi va reso pubblico.

Aprire una srl: quali sono i documenti che servono al notaio?

Per redigere un atto costitutivo di una società occorrono alcuni documenti. Tra questi: i documenti di identità di tutti i soci, la sede legale, l’oggetto sociale e la durata. Inoltre, servono il capitale sociale, l’apporto dei soci, la distinta di versamento del 25% delle quote in denaro, la redazione giurata di stima sul valore degli eventuali beni conferiti in natura. Non può mancare la definizione degli organi societari ed i poteri di amministrazione e rappresentanza. Dal punto di vista degli adempimenti, sarà il commercialista a provvedere alla Registrazione presso la camera di Commercio, l’apertura della partita IVA, la vidimazione dei libri contabili e l’iscrizione all’INPS.

Tutti gli altri adempimenti da fare

Oltre agli adempimenti previsti per la costituzione della società ve ne sono di altri. Tra questi l’apertura della PEC, cioè l’indirizzo di posta certificata da comunicare alla Camera di commercio. Mediamente il costo di questa operazione oscilla dalle 5 alle 15 euro a seconda del fornitore scelto. A dire il vero ce ne sono tanti, basta valutare. Tuttavia, un altro passo indispensabile è l’ apertura della partita IVA. Anche in questo caso è meglio affidarsi a professionisti del settore, per non rischiare di commettere errori.

Ed ancora la tassa di concessione governativa da pagare per la vidimazione dei libri contabili. Il costo è pari a 309,87 euro. A questo vanno aggiunte anche le marche da bollo da 16 a 64 euro. Infine, va presentata la SCIA, cioè la segnalazione certificata di inizio attività. L’importo varia in base al tipo di attività, alle certificazioni da allegare e al comune di riferimento. In genere, il costo è compreso tra €50 ed €1.000.

Quali sono i costi annuali dell’attività?

I costi annuali relativi alla gestione di un’attività riguardano il pagamento delle tasse. Ad esempio, oltre al rinnovo della tassa governativa, va pagata la tassa sul deposito del bilancio societario. Il costo dovrebbe aggirarsi intorno a 100 euro. Sotto il profilo della tassazione, la società è tenuta al pagamento dell’IRES (Imposta sul reddito della società con aliquota unica del 24%) e dell’IRAP (Imposta regionale sulle attività produttive con aliquota variabile, in genere intorno al 5%).

Deve essere poi versata la quota annuale di contributi all’INPS come società iscritta che ammonta ad un minimo di €3.800 Ovviamente, non vanno dimenticati i costi di gestione delle retribuzioni dei dipendenti,  i costi di acquisto e gestione dai macchinari agli articoli di cancelleria. Quindi, anche in questo caso è da considerare il costo del commercialista che segue l’intera attività.

Quanto tempo ci vuole per aprire una srl?

I tempi per aprire una srl sono abbastanza brevi, anche perché molti adempimenti si possono fare online. Dal momento in cui si mettono le firme davanti al notaio, bastano pochi giorni per essere operativi. Tra vidimazione dei libri, ottenimento della partita IVA, ed iscrizione alla camera di commercio ci vogliono circa 15-20 giorni. Per tale motivo, è sempre consigliabile prendere appuntamento  con i vari enti con cui si interaggisce, per evitare di fare file estenuanti e relative perdite di tempo. Comunque sia, prima di fare impresa valutare bene e tutti i costi, e poi dotarsi di pazienza e tanta, ma proprio tanta voglia di creare qualcosa che possa fare lavoro anche a molte persone.

Isee ordinario: la guida che contiene tutto ciò che c’è da sapere

L’Isee ordinario è un indicatore economico della situazione economica di una famiglia italiana. E’ un valore importante, anche perché su di esso, si basano anche tanti bonus per i contribuenti. Di seguito tutte le informazioni su cosa sia, come si calcola e come utilizzarlo.

Isee ordinario: cos’è?

Il modello ISEE non è altro che una fotografia della situazione economica, di un soggetto, in un determinato periodo. Il periodo di riferimento è l’anno solare. Per poterlo calcolare però, è necessario munirsi di alcuni documenti. Il primo è la sommatoria di tutti  i redditi percepiti nell’anno di riferimento. Vengono anche presi in considerazione, tutti gli elementi che hanno in qualche modo un impatto sul reddito familiare. E’ il caso degli immobili di proprietà, dei conti correnti ed mezzi di proprietà. Per il calcolo dell’ISEE 2021, saranno presi in considerazione i due anni precedenti e cioè 2019 e 2020.

Da chi viene richiesto?

La Dichiarazione ISEE viene presentata da chiunque vuole ottenere delle agevolazioni per un servizio o una prestazione economica. AD esempio, per richiedere il reddito di cittadinanza, assegni di maternità, tasse universitarie o similari. Quindi, chi non vuole questo tipo di agevolazioni, non è obbligato a richiedere l’ISEE. 

Isee ordinario: i documenti reddituali richiesti

Per il calcolo dell’ISEE 2021 occorrono diversi documenti. I primi sono di carattere personale: la copia della carta d identità e la tessera sanitaria del dichiarante e dei suoi familiari. Se ci sono contratti di locazione, va allegata anche la copia dell’ultimo versamento del canone di affitto pagato. Ed ancora, la presentazione di tutti i documenti reddituali degli ultimi due anni. In questa categoria entrano: il Modello 730 e CUD (nel caso di dipendenti), mentre il modello UNICO (nel caso di lavoratori  autonomi). Necessaria, per gli imprenditori agricoli, è anche la dichiarazione IRAP. Inoltre, qualsiasi certificazione che attesti il ricevimento di ulteriori  compensi, redditi prodotti all’estero, borse e/o assegni di studio, assegni di mantenimento del coniuge e dei figli.

Isee ordinario: i documenti immobiliari richiesti

Oltre ai documenti già indicati sono da indicare quelli in merito al patrimonio immobiliare, posseduto fino al 31 dicembre 2019. Rientrano in questa categoria anche le visure catastali, gli atti notarili di vendita, successione, donazioni, incluso il valore IVE degli immobili detenuti all’estero. Non dimenticare la certificazione delle quote di mutuo stipulati per l’acquisto o la ristrutturazione di immobili di proprietà.

Isee ordinario: i possedimenti bancari e mezzi di trasporto

Altra documentazioni necessaria è quella dei vari possedimenti bancari e postali. Infatti, occorre richiedere la giacenza media di tutti i conti, libretti, depositi, sia bancari che di Poste Italiane. Inoltre per i  lavoratori autonomi e le società occorre indicare il patrimonio netto che risulta dall’ultimo bilancio presentato ovvero la somma delle rimanenze finali e dei beni ammortizzabili al netto degli ammortamenti. Anche i mezzi di trasporto posseduti concorrono alla determinazione del valore ISEE. Per questo motivo, sono inserite anche le targhe o gli estremi di registrazione al PRA/ o al Rid di veicoli di cilindrata superiore a 500cc. Se si dovessero possedere navi, barche di riporto o moto occorre eseguire la stessa procedura.

Come si calcola l’Isee?

L’Isee prende in esame due fattori: l’indicatore della Situazione economica e la scala di equivalenza. Il primo indicatore è la somma dei redditi sulla base dell’indicatore della situazione patrimoniale immobiliare e mobiliare. Mentre per il secondo indicatore è uno strumento che permette di comparare i redditi del contribuenti con quelli delle famiglie con una struttura diversa tenendo conto anche di una scala di maggiorazioni. Di solito queste maggiorazioni sono così raggruppabili:

  • 0,35 per ogni ulteriore componente;
  • 0,2 se nel nucleo familiare ci sono tre figli;
  • 0,5 in caso di disabilità di un soggetto componente della famiglia;
  • 0,2 con nuclei familiari con figli minori;
  • 0,2 nel caso in cui all’interno della famiglia c’è un solo genitore disoccupato e figli minori.

A disposizione dei contribuenti vi è anche un simulatore del calcolo del valore ISEE. Non ha valore giuridico, ma sicuramente permette di fare una valutazione della situazione.

Modello Isee a cosa serve?

Una volta ottenuto il Modello Isee è possibile utilizzarlo per presentare la Dichiarazione Sostitutiva Unica. Quest’ultima può essere richiesta al Comune, all’INPS presso una sede, agli enti che erogano la prestazione sociale agevolata. Ma ancora si può presentare sul portale dell’INPS o semplicemente presso i Caf.  Di conseguenza, presso gli stessi enti possono ricevere la dichiarazione unica sostitutiva. Infine, è giusto ricordare che l’ISEE ha la sua validità entro il 31 dicembre dell’anno in cui viene richiesto. Pertanto, chiunque vuole aderire a tutti i bonus in cui sono previsti limiti reddituali non deve perdere tempo e provvedere a richiedere l’Isee. Del resto le agevolazioni ed i bonus sono sempre graditi!

 

Srl semplificata: i costi, gli adempimenti e come funziona

Srl semplificata acronimo di società a responsabilità limitata semplificata rientra tra le società di capitali. E’ una particolare forma di Srl, che si differenzia da essa per alcuni elementi. Di seguito come funziona, i costi e gli adempimenti da seguire.

Srl semplificata: cos’è e come funziona?

La Srls è stata introdotta, nel nostro ordinamento, dall’art 3 del D.L. n.1/12 e successivamente convertito in Legge n.27/12. Lo scopo di questo tipo di società è quello di venite incontro alle esigenze degli imprenditori più giovani. Infatti, prevede una serie di agevolazioni, che possiamo così riassumere. I soci all’interno della Srls dovevano avere tutti un’età compresa tra i 18 e i 35 anni.

Ma fortunatamente questo limite è stato superato. Inoltra l’ammontare del capitale sociale può oscillare da 1 solo euro a 10 mila euro. Il capitale sottoscritto deve essere versato al momento della costituzione della società. La società a responsabilità limitata semplificata a tutti gli effetti è un soggetto giuridico, ma rispetto a quella ordinaria ha minori costi e un capitale minimo non imposto. Ma quali sono i costi da affrontare quando si apre una Srls?

Srl semplificata: i costi relativi alla costituzione

I costi iniziali da sostenere sono circa 200 euro, per il Diritto Annuale, 200 euro per l’imposta di registro, 309,87 euro per la tassa di concessione governativa per la vidimazione dei libri sociali. Inoltre, una manca da bollo da 16 euro (ogni 100 pagine dell’atto costitutivo) e circa 25 euro a libri per i diritti di vidimazione. Quando si costituisce una società a responsabilità limitata occorre andare dal Notaio. Quindi occorre valutare i costi in termini di parcella del professionista.

Questo perché deve essere redatto in forma di atto pubblico tipizzato. In questo caso, si applicano le regole degli atti tipici delle normali Srl. Per la redazione dell’atto costitutivo si consiglia di ben chiarire le dichiarazioni dei soci resa nell’atto costitutivo in merito agli adempimenti da seguire. Inoltre, l’indicazione della durata dell’esercizio sociale. Mentre nelle Srls questi costi notarili non sono dovuti.

Srl semplificata: cosa contiene un atto costitutivo?

A questo punto, si può aggiungere che possono esserci anche delle società a responsabilità limitata semplificata e unipersonale. Viene da se che in questo caso la stipula sarà fatta con un atto unilaterale. L’atto costitutivo deve indicare:

  • cognome, nome, cittadinanza e domicilio di ogni socio;
  • comune e sede della società;
  • se ci sono sedi secondarie, queste vanno indicate;
  • denominazione sociale seguita dall’acronomo srls;
  • ammontare del capitale sociale;
  • l’oggetto sociale;
  • le quote di ogni socio;
  • le morative di funzionamento della società;
  • le persone a cui è affidata l’amministrazione
  • l’eventuale incaricato della revisione legale
  • luogo e data di sottoscrizione

L’atto costitutivo deve essere depositato entro 20 giorni presso l’Ufficio del Registro delle imprese della provincia in cui ha sede la società. Il deposito deve avvenire per via telematica, attraverso la Comunicazione unica.

Altri adempimenti da seguire

La società deve anche offrontare le spese relative all’apertura della partita IVA. Occorre ricordare che deve essere fatta anche l’iscrizione presso la Camera di commercio. In questa fase è anche prestare particolare attenzione al codice ATECO della propria  attività. La Srls è sottoposta inoltre agli stessi obblighi contabili di quella tradizionale. I libri contabili però possono essere tenuti sia su supporto cartaceo, oppure con modalità informatica. Si tratta di forme di registrazione su supporti di immagine.

Per quanto riguarda le tasse da pagare, si ricorda IRES (imposta sul reddito delle società) e l’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive). Fondamentale è anche considerare la posizione contributiva in materia di INPS. I soci che svolgono la loro attività per la società devono avere tutti iscrizione regolare presso l’Istituto. Si consideri circa 3.700 euro annuali, divisi in 4 rate. I contributi minimi sono calcolati su un imponibile base di circa 15.000 euro applicando l’aliquota del 22,5%. Nel caso in cui a fine esercizio l’imponibile fiscale a carico del singolo socio superi tale importo, si dovrà pagare un’integrazione.

Vantaggi e svantaggi

Se da una parte avere un capitale basso può sembrare un vantaggio, non è detto che lo sia. Infatti, valore troppo  basso potrebbe non essere capace di coprire tutte le spese iniziali. Anche i creditori potrebbero essere poco invogliati a prendere commesse per una società il cui capitale è troppo basso.

Questo inevitabilmente si tradurre in poca fiducia e credibilità della società che sta per nascere. Diciamo, che potrebbe cominciare a lavora sotto una cattiva luce. Sono previsti anche costi di gestione amministrativa-fiscale e contabile da parte di professionisti che devono appunto essere pagati. Rimane sicuramente evidente che il maggiore tra i vantaggi è quello che i soci rischiano solo il capitale aziendale e non il loro, quindi una tutela non indifferente.

Società: tutte le forme per una scelta consapevole

Aprire una società è possibile, ed è spesso il sogno di molti giovani. Ma prima di farlo è meglio capire realmente le caratteristiche delle varie tipologie offerte dall’ordinamento italiano. Una breve guida per capirne gli aspetti e fare una scelta consapevole.

Società: esistono quelle di capitali e di persone

Attraverso il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune, di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili (Art.2247 c.c.). Pertanto, gli elementi essenziali sono:

  • il conferimento da parte dei soci;
  • l’esercizio in comune di un’attività economica;
  • lo scopo di dividerne gli utili e quindi ottenere un vantaggio patrimoniale per i soci.

Proprio perché sia la società di capitali che di persone sono di tipo lucrativo. Tra queste rientrano le società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice, per azioni, a responsabilità limitata, in accomandata per azioni ed a responsabilità limitata uni personale. In tutti i casi si parla di società dotate di partita iva e proprio marchio.

Società e la figura dell’imprenditore

Prima di ogni cosa è perno di un’impresa la figura dell’imprenditore. Attraverso le aziende individuali vengono gestite le attività di modeste dimensioni. Al suo interno la struttura organizzativa è semplice e concentrata principalmente nella figura dell’imprenditore. Colui che ha spesso avuto l’idea imprenditoriale, che vuole svilupparla ed dedicare ad essa il suo lavoro.

Le scelte gestionali sono molto legate all’esperienza, al coraggio e all’intuizione personale del titolare. Spesso anche il raggio di azione è limitato nello spazio, ma è anche vero che è idee imprenditoriali semplici, sono spesso diventate leader di mercato. Tra le altre forme di piccola impresa vi è:

  • l’impresa familiare, nella quale uno o più membri della famiglia lavorano insieme e collaborano in modo continuativo prestando la loro attività come occupazione principale;
  • l’impresa coniugale, costituita dopo il matrimonio ed esercitata dai coniugi in regime di comunione dei beni;
  • l’associazione in partecipazione, nella quale l’imprenditore associante attribuisce all’associato solo un determinato apporto. In cambio ne ha una partecipazione agli utili.

A volte però le imprese crescono così tanto che si ha bisogno in un assetto manageriale più qualificato e l’ampliamento delle dimensioni rappresenta una necessità. In alcuni casi, se non cresce non sopravvive. In questo caso allora è meglio esaminare altri tipi di società.

Società di persone e capitali: alcune differenze

Le società di persone sono dotate di autonomia patrimoniale. Ciò vuol dire che il patrimonio della società è distinto da quello dei soci e su di esso dovranno innanzi tutto rifarsi i creditori sociali. Ma se il patrimonio risultasse insufficiente, per le obbligazioni sociali, rispondono anche i soci con il loro patrimonio personale, in modo illimitato e solidale. Rientrano in questa categoria: la società semplice, in nome collettivo, ed in accomandita semplice. Mentre le sono nelle società di capitali sono dotate di personalità giuridica e quindi per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società stessa con il suo patrimonio. Fanno parte di questa categoria le società per azioni, a responsabilità limitata ed in accomandita per azioni.

Le società & il principio di responsabilità

Se si considera la posizione di ogni singolo socio nei confronti delle obbligazioni sociali, cioè il loro grado di responsabilità, si può fare un’altra distinzione:

  • Società a responsabilità illimitata: nella quale i soci rispondono illimitatamente per le obbligazioni sociali (società in nome collettivo, identificate con l’acronimo snc);
  • Società a responsabilità limitata: nelle quali per le obbligazioni sociali risponde unicamente la società con il suo patrimonio (società per azioni, cioè S.p.A., e società a responsabilità limitata, cioè Srl);
  • Società a responsabilità mista: in cui alla responsabilità della società si aggiunge quella del singolo soci (società in accomandita semplice, cioè sas, oppure in accomandita per azioni, sapa).

Società cooperative: cosa sono e perchè sono differenti?

Accanto alle società fin ora elencate vi sono anche le società cooperative. Queste a differenza delle precedenti hanno un fine mutualistico. Ciò vuol dire che nell’offrire ai propri soci beni o servizi, ma anche occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle di mercato. Nelle società cooperative, inoltre, il capitale è detto variabile, in quanto le variazioni del loro capitale sono un fatto di normale amministrazione, mentre nelle società lucrative la situazione è differente. Infatti, nelle società di persone e di capitali, il capitale è detto fisso, perché l’entità del loro capitale è stabilita nel contratto sociale e può variare solo a causa di una sua modifica.

La scelta del tipo di società da cosa dipende?

A questo punto quando si vuole aprire una società occorre chiedersi, quale sia la tipologia che meglio si adatta alle esigenze dell’imprenditore. E’ evidente che la scelta della forma societaria con cui l’azienda si costituisce, va ben ponderata. Alcuni fattori da valutare possono essere:

  • la dimensione dell’impresa, in termini di bisogno finanziario di cui la nuova attività necessita. Se si ha bisogno di grossi capitali, allora la scelta di una società di capitali potrebbe essere scontata. Mentre se si tratta di un’impresa di tipo artigianale, magari basta una snc.
  • la responsabilità dei soci, cioè il grado di rischio che ogni socio vuole assumersi. Questo è sicuramente più alto nelle società di persone, piuttosto che in quelle di capitali;
  • la possibilità di ottenere finanziamenti, ad esempio posizionando le proprie azioni sul mercato. Ad esempio, le sapa possono finanziarsi collocando sul mercato obbligazioni di loro emissione.

Ma attenzione anche a valutare l’organizzazione amministrativa che si vuole adottare, il trattamento fiscale previsto per ogni tipologia, perché ogni società è dotata di caratteristiche specifiche. E se non si conosco bene, c’è il rischio di chiudere bottega subito dopo averla aperta. Pertanto, avere le idee chiare fin da subito e capire, attraverso un buon business plan, dove si vuole arrivare, può essere una scelta ottimale.

Auto elettriche: arrivano le novità sui contributi

Auto elettriche ed ambiente sono un connubio senza dubbio attuale. Per questo una breve guida sull’agevolazione completa per questo tipo di auto.

Auto elettriche: cos’è il contributo?

Il decreto attuativo del MISE pone l’accento sull’importanza dell’utilizzo di automobili elettriche, rispetto a quelle tradizionali. Il ministero dello sviluppo economico appoggia la stessa linea ed il nuovo bonus prevede il rinnovo dei mezzi in circolazione nelle nostre città. Il bonus consiste in un contributo del 40% per l’acquisto di un’automobile elettrica.

Ma sono indicati anche una serie di elementi che devono essere rispettati, per accedere al contributo. L’acquisto deve essere effettuato entro il 31 dicembre 2021. Inoltre, la potenza della vettura non deve superare 150 Kw. I beneficiari saranno tutte quelle famiglie che hanno un valore ISEE fino a 30 mila euro. Anche in questo caso il valore della Dichiarazione dei redditi, risulta determinante per il bonus. Mentre il prezzo ufficiale di listino del mezzo non deve superare 30 mila euro più IVA.

Auto elettriche: Come si richiede il contributo?

In attesa del decreto attuativo, facendo riferimento ai bonus precedenti, il bonus per le macchine elettriche dovrebbe funzionare così. Per prenotare i contributi, i concessionari devono registrarsi all’apposita piattaforma, messa a disposizione dal MISE. Al momento dell’acquisto lo sconto del 40% viene anticipato dal concessionario. Il cliente otterrà così uno sconto del prezzo, e questo piace molto a qualsiasi acquirente. Entro 180 giorni, sempre i concessionari dovrebbero confermare e concludere la l’operazione comunicando tutti i dati. Tra questi ad esempio la targa del veicolo consegnato, o il numero di telaio. Il venditore otterrà a sua volta, dallo Stato, un credito di imposta da utilizzare come qualsiasi altra compensazione, cioè attraverso il modulo l’F24.

Le auto elettriche più economiche

Di seguito una piccola valutazione di alcuni marchi e relativi modelli che offrono la possibilità di acquistare un veicolo elettrico. Tra i marchi più conosciuti, ed in base al prezzo, esistono:

  • Prezzo 9.460 euro – Dacia Spring Comfort
  • Prezzo 12.450 euro – Renault Twingo Electriczen
  • Prezzo 13.750 euro- Volkswagen e-up
  • Prezzo 15.796/16.392 euro Smart Eq Fortwo o forfour Pure
  • Prezzo 15.900 euro – Fiat 500 elettrica Action
  • Prezzo 21.300 euro – Opel Nuova Corsa-e edition
  • Prezzo 23.750 euro – Peugeot e-208 Active
  • Prezzo 23.900 euro – Mini cooper SE
  • Prezzo 24.100 euro – Renault Zoe Life
  • Prezzo 24.290 euro – Volkswagen ID.3 City

Una delle maggiori osservazioni, riportate dei potenziali acquirenti, è che le macchine elettriche costano qualcosina in più di quelle tradizionali. Tuttavia, i prezzi sono orientativi e potrebbero essere oggetto di variazione in relazione ad eventuali ed ulteriori sconti previsti dalla casa costruttrice.

Bonus auto elettiche ed eco bonus sono la stessa cosa?

Da non confondere il bonus auto elettriche con l’eco bonus, sono due cose differenti. Infatti, l’ecobonus riguarda l’acquisto di una vettura con emissioni di CO2 da 0 a 135 g/km, senza alcun limite di soglia da ISEE. La metodologia di pagamento sarà la stessa a quella del bonus auto elettriche. La disponibilità dei nuovi incentivi è già realtà dal primo gennaio 2021. Inoltre, questi saranno attivi fino ad esaurimento dote finanziaria. Comunque fino al 30 giugno 2021 per le auto nella fascia di emissione 61-135 g/Km e al 31 dicembre 2021 per quelle 0-60 g/Km. Inoltre, per le prime è previsto un’ agevolazione pari a 3.500 euro, ma solo in caso di rottamazione di un vecchio mezzo con almeno 10 anni (immatricolazione ante gennaio 2011).

Incentivi rottamazione per le auto

Nello specifico l’agevolazione da Ecobonus offrirà uno sconto pari a da rottamazione, per l’acquisto con emissione di CO2 fino a 135g/Km e con un prezzo di listino fino a 61 mila euro, iva inclusa. In altre parole un costo non superiore a 50 mila euro, senza considerare l’IVA. Come spiegato sopra, l’incentivo con rottamazione è pari a:

  • 10.000 € per un’auto con emissioni fino a 20 g/km
  • 6.500 € per un’auto con emissioni fino a 60 g/km
  • 3.500 € per un’auto con emissioni fino a 135 g/km

Una buona opportunità per chi si trova nelle condizioni di poter acquistare un nuovo mezzo, perchè se da un lato può aderire ad agevolazioni fiscali, dall’altro rispetterà l’ambiente.

Bonus verde: la guida per conoscere le spese detraibili

Il Bonus verde è stato prorogato anche quest’anno. E dopo un anno di pandemia, terrazzi e balconi sono diventati davvero importanti. Ma come si possono ristrutturarli e detrarre le spese?

Bonus verde: cos’è e come funziona

Nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2019 n.305 è stato reso noto il Decreto Milleproroghe. Il Decreto ha dato attuazione al cosiddetto Bonus Verde. A dare ulteriore chiarimenti ci ha pensato l’Agenzia delle Entrate. Si tratta di un detrazione IRPEF del 36%, sulle spese sostenute nel 2020 e 2021 per alcuni tipi di interventi. Tra questi rientrano:

  • realizzazione di copertura a verde e di giardini pensili;
  • grandi potature;
  • sistemazione a verde di aree scoperte privati di edifici esistenti. Ma anche che unità immobiliari, recinzioni e pertinenze, impianti di irrigazione e realizzazione di pozzi.

Rientra anche la messa a dimora di piante, arbusti e alberi in giardino e terrazzo. Ma anche la stesura di manti erbosi, prati, coperture a verde come pensiline e pergolati.

Bonus verde: Chi ha diritto alla detrazione?

Per beneficiare della detrazione i contribuenti devono possedere o detenere, sulla base di un titolo legale, l’immobile sulla quale saranno effettuati gli interventi che interessano il bonus verde. Con l’espressione “Titolo idoneo” si fa riferimento all’esserne proprietario per atto di compravendita, o altri titoli come l’usufrutto, donazione, testamento o locazione.

Tuttavia, qualsiasi sia il titolo deve essere allegato al momento in cui si fa richiesta di accesso al bonus. A questo punto + bene fare anche una precisazione, per chi vive in condominio. Possono essere detraibili anche le spese sostenute dal condominio, per la sistemazione a verde, delle parti in comune; oppure il singolo condomino per le parti di quota a lui imputabili.

Esiste un tetto massimo di spesa detraibile?

La detrazione massima richiedibile è di 1.800 euro. Questo perché è stato fissato un importo massimo di spesa pari a 5 mila euro. Pertanto, calcolando il 36% di 5 mila euro, il calcolo è matematico. La detrazione va ripartita in dieci quote annuali di pari importo per una periodo massimo di 10 anni. Le spese che possono essere deducibili, inoltre, devono comprendere anche le spese di manutenzione connesse all’esecuzione degli interventi. Gli interventi devono essere di natura straordinaria. Inoltre, la detrazione non spetta, invece, per le spese sostenute per:

  • la manutenzione ordinaria periodica dei giardini preesistenti non connessa ad un intervento innovativo o modificativo nei termini sopra indicati
  • i lavori in economia o da fai da te.

Come effettuare i pagamenti?

Un altro elemento che è bene precisa a questo punto è la modalità con cui effettuare i pagamenti. Le spese inoltre, devono essere tutte tracciabili. Quindi, ciò vuol dire che ci deve essere la regolare fattura da parte di chi sta offrendo o svolgendo i lavori. Ma sono ivi inclusi anche i fiorai, vivai e fornitori di materiali. Ma è anche presentare la tracciabilità del pagamento avvenuto tramite bonifici postali o bancari, carte di credito, PostePay ed ogni altro mezzo legale ed idoneo a verificare l’avvenuto saldo. Quindi, è totalmente da escludere l’uso del contante per qualsiasi tipo di pagamento.

Possono richiedere il bonus verde i condomini?

Anche ai condomini spetta il bonus verde per le spese sostenute per interventi eseguiti sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali. Anche in questo caso, ogni condominio, può richiedere un importo massimo complessivo di 5 mila euro per unità a uso abitativo. Il singolo condominio ha diritto alla detrazione per la parte spettante alla sua quota di proprietà. A questo punto è compito dell’ Amministratore di condomino verificare sia la regolarità dei versamenti, sia l’intera procedura per scaricare le quote a lui spettanti.

Alcune domande & risposte frequenti

Una delle domande più frequenti riguarda il bonus verde, fa riferimento a cosa succede se l’immobile viene venduto? La risposta è molto semplice. In questo caso il diritto alla detrazione viene trasferito dal vecchio al nuovo proprietario, salvo diverso accordo. Il nuovo proprietario, può usufruire dell’agevolazione per il resto dei tempo in cui viene concesso. Altra domanda frequente è: cosa succede se un soggetto ha più immobili di proprietà? Il bonus verde è riferito all’immobile e non alla persona titolare o proprietaria di altro diritto. Pertanto, ogni persona fisica può sommare le detrazioni per le spese sostenute su ciascun immobile di cui è proprietario.

Qualche piccolo consiglio

Un piccolo consiglio da dare al contribuente è quello di conservare la documentazione presentata per la richiesta del bonus verde. In particolare:

  • tutte le fatture provenienti dai fornitori. Le fatture devono contenere il codice fiscale del soggetto beneficiario, la descrizione del tipo di intervento e l’importo;
  • copia di tutti i pagamenti (ad esempio le distinte dei bonifici);
  • Autocertificazione che le spese non eccedano il limite massimo richiesto;
  • nel caso di condominio, l’attestazione da parte dell’amministratore che ha provveduto ad adempiere a tutti gli obblighi di legge e che certifichi l’ammontare delle spese sostenute e le quote per ogni singolo condomino.

Beh una cosa è certa, grazie a questo bonus verde potremmo assistere ad un rifiorire di balconi, terrazzi e condomini. E se questo viene richiesto da molti proprietari immobiliari, potremmo vedere belle città colorate e piacevoli da vivere.

Casse previdenziali professionisti: tutto quello che c’è da sapere

Con la dicitura casse di previdenza per i professionisti si fa riferimento agli enti che come attività principale, si occupano di riscuotere e gestire i contributi previdenziali dei loro iscritti. Ecco come funzionano.

Casse previdenziali professionisti: quali sono i compiti?

Per quanto riguarda il profilo previdenziale, spesso molti professionisti, sono tutelati da casse per singola categoria. Per quelle figure professionali in cui invece non è prevista, vige l’obbligo di iscriversi presso l’INPS. L’istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) è il più importante ente previdenziale d’Italia. Tra le sue attività principale rientra, senza dubbio, quella del pagamento delle pensioni. Ma non solo, offre anche molteplici servizi tra cui la malattia, la disoccupazione, erogazione di assegni per nucleo familiare o similari. Inoltre, tramite il prelievo dei contributi si occupa:

  • dell’apertura del conto assicurativo di lavoratori autonomi e dipendenti, statali e privati;
  • dell’iscrizione delle aziende;
  • le visite mediche per le cure termali;
  • denunzia di rapporto di lavoro domestico;
  • rilascio dell’attestato conto assicurativo e certificativo;
  • emissione di modelli di certificazione fiscale.

Cassa previdenziale: alcune tra le quelle più importanti

Accanto all’INPS esistono anche altre casse specifiche per categorie di professionisti. Di seguito, quelle più comuni:

  • la Cassa dei Geometri;
  • la Cassa Nazionale di Previdenza dei Ragionieri;
  • la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Dottori Commercialisti;
  • Inarcassa (Architetti ed Ingegneri);
  • la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense;
  • l’INPGI Istituto nazionale di previdenza per i giornalisti italiani;
  • Epap per dottori agronomi, forestali, chimici e geologi;
  • Enpapi per la professione infermieristica;
  • Casagit, cassa autonoma per i giornalisti italiani.

Se da una parte lo scopo di queste casse è proprio gestire i contributi previdenziali e fornire assistenza agli iscritti, dall’altra rappresentano un costo per i liberi professionisti.

Cassa previdenziale: l’aspetto dei finanziamenti

Alle casse previdenziali non sono consentiti Finanziamenti pubblici con esclusione di quelli connessi a sgravi di tipo fiscale e riferiti a oneri sociali. Lo scopo delle casse è quindi di interesse pubblico. Le Casse sono pubbliche amministrazioni che si occupano dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità e vecchiaia rientrante nella previdenza sociale che, ex art. 38, quarto comma Cost. e art. 1 l. n. 146/1990, costituisce pubblico servizio.

Questo principio è stato sancito dalla Corte di Cassazione n. 7645 del 2020. Inoltre, le casse devono sempre trovarsi in una condizione di equilibrio finanziario, in riferimento ad un arco temporale di 30 anni. Questo principio permette di avere una fluidità e regola fiscalizzazione di contributi previdenziali. E’ ancora in sospeso l’aspetto relativo agli investimenti delle casse di previdenza.

Casse previdenziali: i codici di trasparenza

Tutte le casse previdenziali devono seguire codici di trasparanza, secondo le linee guida ADEPP. L’Adepp è l’associazione degli Enti previdenziali privati. Oggi al suo interno ci sono 18 casse di previdenza private e privatizzate e due casse di assistenza. Quindi rappresenta circa un milione di 600 mila professionisti. Le casse previdenziali devono svolge la loro attività in maniera chiara. E i bilanci devono quindi essere veritieri, secondo i principi contabili che impongono di usare il mark to market per valutare attività e passività finanziarie. Solo attraverso la trasparenza, infatti, è possibile assicurare la permanenza della cassa stessa e l’assistenza adeguata ai propri iscritti.