Ritenuta d’acconto per cessione diritti d’autore senza limiti: come funziona e a chi si applica

Sempre più spesso, in ambito lavorativo si sente parlare della cessione dei diritti d’autore, una tipologia di contratto con cui l’autore, in cambio di un compenso economico pattuito in precedenza, cede la titolarità e i diritti di sfruttamento, dunque anche i proventi, di una sua opera. In altre parole, si tratta di una forma di collaborazione, in cui l’autore si impegna ad eseguire un’opera grazie al proprio ingegno, ma senza imposizione di orari di lavoro, né tanto meno di una sede prestabilita. La firma di un contratto di cessione dei diritti d’autore, fa rinunciare alla “paternità” dell’opera e agli eventuali proventi che deriverebbero dal suo utilizzo, facendoli passare al committente.

Il contratto di cessione dei diritti d’autore non implica, di per sé, l’apertura obbligatoria della Partita IVA. Nella generalità dei casi, infatti, il prestatore può svolgere l’attività di scrittura, disegno, composizione e molto altro, in qualsiasi forma, senza che questa sia soggetta ai limiti che sussistono, invece, per le prestazioni occasionali. L’utilizzo delle prestazioni occasionali è consentito solo per collaborazioni di breve durata – massimo 30 giorni per anno solare per ciascun committente – e non ripetute nel tempo. I lavoratori che non sono titolari di partita Iva, sovente, vengono ingaggiati, laddove i compensi non superino i 5.000,00 € annui, per prestazioni d’opera occasionali.

Diritti d’autore e ritenuta d’acconto

La ritenuta d’acconto, ormai entrato nel gergo comune come sinonimo della collaborazione occasionale, è una trattenuta che viene operata dal datore di lavoro nei confronti di un collaboratore o fornitore. Come illustrato dall’Agenzia delle Entrate, la ritenuta si applica sui seguenti redditi: per prestazioni di lavoro autonomo, anche occasionale, e anche sotto forma di partecipazione agli utili, per prestazioni rese a terzi o nell’interesse di terzi, agli utili spettanti in qualità di promotori o soci fondatori di s.p.a., s.a.p.a. e s.r.l, alla cessione di diritti d’autore, ai diritti per opere d’ingegno ceduti da persone fisiche non imprenditori o professionisti che le hanno acquistate.

Sono esclusi dall’applicazione della ritenuta i compensi di importo inferiore a 25,82 euro (sempre che non si tratti di acconti relativi a prestazioni di importo complessivo superiore a tale limite), corrisposti dagli enti pubblici e privati, non aventi a oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, per prestazioni di lavoro autonomo occasionale.

Con la ritenuta d’acconto, una parte del compenso non viene pagato al collaboratore ma direttamente allo Stato come acconto sull’IRPEF da pagare in relazione a quel reddito da parte del collaboratore stesso. In altre parole, si tratta di una trattenuta che il datore di lavoro opera nei confronti di dipendenti e collaboratori. Se il versamento all’Erario viene effettuato materialmente dal sostituto d’imposta, a pagare è il lavoratore, dipendente o professionista.

Le aliquote della ritenuta d’acconto sono di differenti percentuali di solito sono del 20% o del 30%. Ecco una sintesi delle aliquote delle ritenute d’acconto, in base al tipo di reddito:

Tipo di reddito Aliquota Base imponibile
Compensi per prestazioni di lavoro autonomo anche occasionale 20% 100%
Compensi per l’assunzione di obblighi di fare, non fare e permettere 20% 100%
Compensi ad associati in partecipazione che apportano solo lavoro 20% 100%
Partecipazione agli utili di soci fondatori o promotori 20% 100%
Compensi di qualsiasi natura per prestazioni di lavoro autonomo anche occasionale corrisposti a soggetti non residenti 30% 100%
Compensi per cessione di opere d’ingegno, brevetti industriali, marchi d’impresa, formule, ecc. corrisposti a soggetti non residenti 30% 100%

ll versamento della ritenuta d’acconto tramite modello F24 (per il pagamento si utilizzano i codici tributo identificativi del tipo di reddito corrisposto, reperibili sul sito dell’Agenzia delle entrate), va fatto dal sostituto d’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è avvenuto il pagamento. Se il 16 è sabato o festivo, il versamento è posticipato al primo giorno successivo utile. Fa eccezione il mese di agosto in cui, in genere, la scadenza per il versamento della ritenuta è fissato al giorno 20.

Quando lavorare con ritenuta d’acconto

Lavorare mediante la collaborazione occasionale con ritenuta d’acconto conviene solo quando, non si prevede di poter ottenere altre collaborazioni nel medio termine con lo stesso committente o con altri committenti dello stesso settore, o più in generale, quando si ha una sola e breve collaborazione con un soggetto. Di contro, se il lavoratore ritiene di avere una professionalità in uno specifico settore e poter operare su più collaborazioni, sarà preferibile aprire una partita Iva.

Dettagli ritenuta d’acconto per i redattori, senza limite dei 5000 euro

Rispetto alla ritenuta d’acconto per la cessione dei diritti d’autore normale ovvero quella riferita a titolo d’esempio, per un autore di un libro o di un brano musicale, per quando riguarda i redattori per articoli giornalistici o per articoli da inserire in un blog, si applica una tassazione differente e inoltre, non è previsto il limite della soglia dei 5000 euro annui prevista per il lavoro occasionale con ritenuta d’acconto. Il trattamento fiscale per i contratti del diritto d’autore ove l’utilizzazione economica dell’opera dell’ingegno dell’autore non è immediatamente riconducibile alla prestazione lavorativa, prevede che alla somma spettante all’autore, venga assoggetta una ritenuta alla fonte del 20% sulla base imponibile, che viene elevata al 30% nel caso di soggetto non residente in Italia.

Per quanto riguarda la base imponibile, su cui si applica l’imposizione fiscale, sono previste le seguenti regole:

  • per autori con meno di 35 anni, la base imponibile (a cui si applica l’aliquota IRPEF) è pari al 60% del compenso (viene, quindi, prevista una deduzione forfettaria del 40%);
  • per autori con età pari o superiore ai 35 anni, la base imponibile è pari al 75% del compenso (viene, quindi, prevista una deduzione forfettaria del 25%).

 

Pensione di vecchiaia a 67 anni: quando non bastano solo i 20 anni di contributi

Attualmente il requisito anagrafico minimo per l’accesso alla pensione di vecchiaia è posizionato a 67 anni di età, con annessa maturazione di almeno 20 anni di contribuzione, requisiti validi sia per i dipendenti del settore pubblico sia per quello privato, oltre che per i lavoratori autonomi.

Nel calcolo dei 20 anni di contributi maturati, si sommano tutti i periodi contributivi accreditati o versati dal lavoratore a qualsiasi titolo. Dai contributi da lavoro a quelli da riscatto, e passando per i contributi figurativi e per quelli volontari. Sebbene, è da precisare che nel caso in cui non venga rispettato il requisito anagrafico per l’accesso alla pensione di vecchiaia balza a 71 anni, ma con un requisito contributivo che è più basso (di soli 5 anni di contributi effettivi, ossia, al netto di eventuali contributi figurativi.

Non sempre i 20 anni di contributi bastano per garantire l’accesso alla pensione di vecchiaia.

I 20 anni di contributi di solito bastano per accedere alla pensione di vecchiaia, sebbene, va precisato che per chi ha iniziato a versare i propri contributi a partire dal 1°gennaio 1996 è necessario soddisfare un altro requisito per accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni. Ovvero, dovrà essere rispettato un requisito economico, infatti, sarà necessario che l’importo della prima rata di pensione non risulti inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale che per l’anno in corso 2020 ammonta ad euro 459,83.

Ad ogni modo, qualora il lavoratore risulta essere in possesso dei requisiti, per ottenere la pensione di vecchiaia è necessario presentare domanda all’INPS. Quest’ultima potrà essere presentata mediante il sito dell’Inps, previo accesso mediante le proprie credenziali o Spid. In alternativa, ci si potrà rivolgere a Enti di patronato autorizzati dall’INPS che supporteranno i cittadini, per la compilazione della domanda. All’accoglimento della domanda.

Bonus cultura di 500 euro ai diciottenni: come richiederlo dal 1° aprile 2021

Il Bonus Cultura, istituito dal governo Renzi, è un’iniziativa a cura del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri dedicata a promuovere la cultura. Le domande per richiedere il bonus cultura del valore di 500 euro, partiranno alle ore 12:00 del prossimo 1° aprile (questa di quest’anno sarà la quinta edizione). ll bonus Cultura 2021 spetta a chi ha compiuto 18 anni nel 2020 ( ovvero, i nati nel 2002).

L’importo del bonus potrà essere speso per acquistare libri, musica, cinema, teatro, danza, musei, monumenti e parchi archeologici, eventi culturali, corsi di musica, teatro o lingua straniera, prodotti dell’editoria audiovisiva. Inoltre, da quest’anno 2021 potrà essere speso, anche per acquistare abbonamenti ai quotidiani digitali.

Non ci sono limiti di spesa per un singolo acquisto effettuabile, sebbene, non sarà possibile comprare più di una unità di uno stesso bene o servizio: non si possono quindi acquistare ad esempio più biglietti per uno stesso spettacolo al cinema o più copie dello stesso libro.

Come richiedere il bonus cultura?

La richiesta del bonus avviene mediante la registrazione sul sito dedicato ovvero www.18app.Italia.it, che si effettua tramite le credenziali dello Spid ( Sistema Pubblico di Identità Digitale). La registrazione potrà essere effettuata fino al prossimo 31 agosto 2021. A seguito dell’accesso con Spid nell’app si potranno generare i buoni per acquistare quello che più interessa, sia nei differenti negozi online convenzionati sia nei negozi fisici degli esercenti registrati al servizio. Si precisa che, per gli esercenti, che non hanno ancora aderito a 18app, potranno effettuare la registrazione sul sito dal 1 aprile al 31 agosto 2021 con le credenziali Agenzie delle Entrate o SPID. Infine, si precisa che, i 500 euro stanziati dal Governo per spese inerenti l’aggiornamento culturale dovranno essere spesi entro il bonus entro il 28 febbraio 2022.

In definitiva, i neo-maggiorenni per usufruire del bonus dovranno scaricare la app “18App” o registrarsi sul sito 18app,italia.it in modo da ottenere il voucher elettronico da spendere nel corso dell’anno.
Per completare l’operazione è necessario:

  • avere lo Spid, il sistema di identità digitale;
  • essere residenti nel territorio italiano o in possesso di un permesso di soggiorno in corso di validità.

Il bonus non viene erogato in contanti ma è virtuale. È vietato monetizzare il bonus o i prodotti acquistati con la card.

Si precisa, che nella sezione dell’app riferita ai negozi online e negozi fisici è possibile trovare tutti gli esercenti che aderiscono al programma bonus cultura.

Marchio, cos’è, come si registra e come si perde la tutela

Il Marchio è un segno che consente all’azienda di distinguere i propri prodotti/servizi da quelli di aziende competitor. La registrazione del marchio è utile, dunque, sia per la tutela del marchio in sé, come autonomo bene immateriale, sia per evitare che possa essere impiegato da terzi e perdere così il suo carattere distintivo.

Il marchio deve avere delle caratteristiche specifiche e funzionali a renderlo unico e quindi diverso da quello di altre imprese. La registrazione del marchio è il modo principale, ancorché non l’unico, per assicurare al marchio d’impresa una tutela giuridica, che attribuisce, al titolare del marchio, il diritto esclusivo di utilizzo e di sfruttamento.

Il marchio, per un imprenditore, non rappresenta solamente un segno distintivo della sua attività, spesso necessario per operare in un settore economico concorrenziale, ma ha anche un valore economico di per sé, potendo essere il veicolo per far conoscere ai consumatori un prodotto o un servizio. Il marchio d’impresa, altro non è che un segno distintivo, che ha lo scopo, per l’appunto di  distinguere il prodotto oppure il servizio offerto dall’impresa, dagli altri prodotti o servizi presenti sul mercato.

Il Marchio possibilità di registrarlo online

È anche possibile registrare il marchio online, se si dispone di un dispositivo di firma digitale. In tal caso, la registrazione avviene mediante la piattaforma dei servizi online del MISE: Ministero dello Sviluppo Economico.

Per avviare la registrazione con modalità telematiche, occorre preliminarmente munirsi di una marca da bollo da 42,00 euro (nella fase di registrazione andranno inseriti numero di serie e data di emissione) della marca da bollo e creare l’immagine del marchio su un file.
In alternativa, è possibile pagare la marca in modalità telematica.
Dopo l’invio della domanda, si riceverà una e-mail contenente un modello F24 precompilato, per il pagamento delle tasse.

Tipologie di Marchio “registrato” e “non registrato”

La prima, fondamentale distinzione da farsi è quella tra marchio depositato (o registrato) e marchio non registrato o “marchio di fatto“., dove, la differenza sostanziale risiede nel fatto che, il marchio registrato riceve una tutela più forte.

La registrazione dei marchi in Italia è di competenza della Camera di Commercio, mentre per i marchi comunitari, la competenza è dell’UAMI. La tutela conseguente alla registrazione del marchio è, come anticipato, il diritto di farne un utilizzo esclusivo.
In particolare, il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, di usare nella loro attività economica, un segno identico al marchio per prodotti o servizi.

Come si perde la tutela del Marchio?


Nella registrazione del marchio (che ha una durata di dieci anni), potrebbe succedere che, esso, si riferisca a prodotti di classi diverse e quindi rientri sotto diverse classi di registrazione del marchio. Quindi, sarà opportuno registrare il marchio sotto più classi di marchi, con un conseguente aumento del costo di registrazione del marchio.

Al termine, dei 10 anni previsti per la durata della registrazione del marchio, essa può essere rinnovata. Nel caso, non venga rinnovata la registrazione si avrà l’estinzione e la perdita dei diritti collegati alla registrazione del marchio. Altra causa di estinzione, oltre che per mancato rinnovo, è la decadenza.  La decadenza avviene per il mancato uso effettivo per  almeno cinque anni, se perde il carattere distintivo ovvero per volgarizzazione e per illiceità sopravvenuta.
Infine, il marchio si estingue per rinuncia da parte del titolare.


Bonus Baby sitting per lavoratori autonomi, fino al 30 giugno: tutto quello che c’è da sapere

Per sostenere le famiglie, il Governo Draghi tra le altre cose ha reintrodotto il bonus baby-sitting, per aiutare a fronteggiare la crescita dei figli, con età inferiore ai 14. Il bonus baby-sitting 2021 prevedi aiutare le seguenti categorie di lavoratori:

  • gli operatori sanitari del pubblico e privato accreditato, appartenenti alle categorie dei medici, infermieri, tecnici di laboratorio biomedico, tecnici di radiologia medica, operatori socio sanitari;
  • forze dell’ordine e di soccorso pubblico;
  • iscritti alla gestione separata Inps e autonomi.

Per gli operatori sanitari, l’Inps, nel comunicato del 23 Marzo 2021, ha specificato che il bonus baby sitter spetta anche a medici di base e pediatri

Dettagli Bonus Baby Sitting: iscritti alla gestione separata Inps e autonomi

Il bonus baby sitter è un contributo economico per aiutare le famiglie con figli in cui padre e madre lavorano, durante l’emergenza epidemiologica da covid-19. Esso, potrà essere fruito alternativamente da entrambi i genitori, esclusivamente se non possono lavorare da casa. In pratica viene introdotto uno speciale bonus baby sitter fino a 100 euro a settimana.

Per il momento, non è ancora possibile presentare domanda, bisogna attendere la nota operativa Inps. Con ogni probabilità le domande andranno presentate con le stesse modalità usate per gli aiuti concessi lo scorso anno. I lavoratori autonomi e iscritti alla Gestione Separata Inps, per poter presentare domanda dovranno essere in possesso dei seguenti requisiti:

  • avere figli minori che non devono aver compiuto 12 anni alla data del 5 marzo ( il limite di 12 anni non si applica ai figli con disabilità in situazione di gravità accertata, iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale) , a partire dalla quale è stata disposta la chiusura e la sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado;
  • il genitore beneficiario dell’agevolazione deve convivere con il/i minore/i per il/i quale/i ha ottenuto il bonus;
  • nel nucleo familiare non deve esserci altro genitore disoccupato, non lavoratore, che lavora in smart working, sospeso dal lavoro o che usufruisce del congedo;
  • nessuno dei genitori deve beneficiare di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa quali Naspi, CIGO, indennità di mobilità e simili.

Gli importi di bonus erogati dall’Inps, come è avvenuto lo scorsa anno 2020, saranno remunerati tramite il libretto di famiglia, ovvero il libretto rivolto alle persone fisiche che non esercitano attività professionale o d’impresa. In altre parole, l’importo del bonus in erogazione sul portafoglio elettronico presente nella sezione libretto di famiglia del sito dell’Inps del genitore richiedente potrà essere utilizzato per retribuire il lavoro occasionale prestato dalla baby-sitter o i centri infanzia durante la dad. Non è compatibile con il bonus asilo nido, quest’ultimo prevede il rimborso delle rette versate per il pagamento dell’asilo nido. Il contributo per il pagamento di servizi di baby sitting vale fino al 30 giugno 2021.

Pensione di vecchiaia contributiva con soli 5 anni di contributi

Nel 2021 si potrà accedere alla pensione di vecchiaia con: 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi per la generalità dei lavoratori. Sebbene, ci sono differenti casistiche che permettono, ai lavoratori in possesso dei requisiti previsti dall’Inps, di poter accedere prima alla pensione in termine di età o di contributi versati. Infatti è addirittura possibile pensionarsi con soli 5 anni di contributi. Stiamo parlando della «pensione di vecchiaia contributiva». Tale pensione, posticipa l’età pensionabile a 71 anni d’età (non è accessibile a 67 anni d’età), ma permette l’accesso alla pensione soltanto con 5 anni contributivi.

Pensione con 5 anni di contributi

Per ottenere questa pensione, però, è necessario essere assoggettati al calcolo integralmente contributivo della prestazione. Quindi, hanno diritto alla pensione di vecchiaia con 5 anni di contributi, tutti i lavoratori la cui prestazione deve essere calcolata col sistema interamente contributivo. In altre parole, potranno accedere alla pensione di vecchiaia con 5 anni di contributo, i lavoratori che: non possiedono contributi versati prima del 1° gennaio 1996; che possiedono contributi soltanto nella gestione separata o hanno optato per il computo della contribuzione in questa gestione e che hanno optato per il sistema di calcolo contributivo.

In altre parole, per ottenere questa pensione, il lavoratore dovrà essere assoggettato al calcolo integralmente contributivo della prestazione, ossia essere in possesso di “contributivi puri” (ovvero, di 5 anni di contributi effettivamente versati, in quanto non valgono gli accrediti figurativi). Inoltre, questa tipologia di trattamento pensionistico può essere liquidata solo agli iscritti Inps, non agli iscritti presso le casse professionali.

Le altre tipologie di pensione con 5 anni di contributi, sono per l’appunto quella contributiva erogate da determinate casse professionali (come a titolo d’esempio, la Cassa Forense, la Cassa dei dottori commercialisti, l’ente di previdenza degli psicologi e la generalità delle nuove casse private) anche per altre tipologie di pensioni. Altre tipologie di pensioni con 5 anni di contributo, è la pensione d’inabilità al lavoro.

Assegno ordinario di invalidità

Essa spetta se l’interessato, con inabilità riconosciuta permanente ed assoluta a qualsiasi attività lavorativa, possiede almeno 5 anni di contributi, di cui 3 accreditati nell’ultimo quinquennio. La pensione con 5 anni di contributi spetta anche a chi percepisce l’assegno ordinario d’invalidità: l’assegno, nel dettaglio, spetta se l’interessato, con invalidità al lavoro riconosciuta in misura superiore ai 2/3, possiede almeno 5 anni di contributi, di cui 3 accreditati nell’ultimo quinquennio.

Pensione anticipata contributiva a 64 anni con 20 anni di contributi

La pensione anticipata contributiva che permette l’accesso al compimento dei 64 anni per chi ha maturato almeno 20 anni di contributi, risulta essere una misura riservata esclusivamente a chi non ha versato contributi prima del 1996 o a chi può esercitare il computo nella Gestione Separata.

Pensione anticipata contributiva

La pensione anticipata a 64 anni è un’opzione che non tutti i lavoratori potranno scegliere, in quanto per poter uscire dal mondo del lavoro prima del raggiungimento dei 67 anni è necessario anzitutto aver già raggiunto un requisito contributivo di 20 anni e non aver accrediti contributivi al 31 dicembre 1995 o poter esercitare il computo nella Gestione Separata.

Per poter presentare domanda per il pensionamento a 64 anni invece che a 67 serve un’anzianità contributiva di almeno 20 anni. L’importo dell’assegno pensionistico ne risulterà ridimensionato, esso, non dovrà risultare in ogni caso inferiore a 2,8 volte quello dell’importo mensile dell’assegno sociale.

In altre parole, possiamo dire che possono accedere alla pensione anticipata a 64 anni quei lavoratori (sia donne che uomini) che non hanno una contribuzione accreditata alla data del 31 dicembre 1995, che hanno un’età anagrafica di 64 anni. Il requisito dell’età anagrafica, non subirà variazioni almeno sino al prossimo 31 dicembre 2022, dopodiché è previsto l’adeguamento all’aspettativa di vita.

Infine, si precisa che i 20 anni di contributi dovranno essere conteggiati, con l’esclusione dei contributi figurativi. Per contributi figurativi, s’intende quelli accreditati, senza onere a carico del lavoratore, per periodi in cui l’interessato è costretto a interrompere l’attività lavorativa per diversi motivi (a titolo d’esempio periodi di gravidanza, malattia, disoccupazione).

In ogni caso la misura è destinata ad una platea abbastanza ristretta di lavoratori, in quanto, oltre al requisito anagrafico e a quello contributivo richiede anche che l’importo dell’assegno sia pari o superiore ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale INPS, che per il 2021 è pari a 460,28, che moltiplicato per 2,8 dà come risultato 1.288,78.

Da quanto sull’importo dell’assegno, si deduce che la pensione anticipata contributiva è destinata a chi ha avuto carriere brevi ma con retribuzioni molto alte, visto che con 20 anni di contributi non è facilissimo ottenere l’importo minimo richiesto per l’accesso.

Pensioni anticipate 2021: dall’ordinaria a quelle in deroga, tutti i requisiti

La pensione consiste in una rendita, erogata da un ente previdenziale sulla base dei requisiti previsti dalla legge o dal regolamento dell’ente. Nel 2021 si potrà accedere alla pensione di vecchiaia con: 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi per la generalità dei lavoratori. Per i lavoratori che svolgono lavori gravosi, la richiesta della pensione potrà essere anticipata a 66 anni e 7 mesi di età.

Dettagli: età e requisiti per la pensione di vecchiaia fino a fine 2022

Dal 2019 l’età per la pensione di vecchiaia è fissata a 67 anni per tutte le categorie. Il requisito dei  67 anni resterà valido  anche per ottenere l’assegno sociale fino a tutto il 2022. Al requisito anagrafico si aggiunge il requisito contributivo di  20 anni: per raggiungerlo sono validi i contributi lavorativi e quelli versati per:

  • riscatti di laurea,
  • accrediti gratuiti del servizio militare ,
  • contribuzione figurativa correlata alla indennità di disoccupazione Naspi
  • maternità.

I 20 anni di contributivi gratuito possono essere raggiunti sommando contributi  versati in tutte le gestioni Inps o anche presso Casse professionali.  ll sistema previdenziale italiano, oltre al pensionamento ordinario prevede altre modalità di uscita dal mondo del lavoro, ossia, la pensione anticipata 2021. Cerchiamo di capire nel dettaglio quali sono le diverse tipologie di prestazioni pensionistiche 

La pensione Anticipata 2021

L’INPS eroga differenti tipologie di prestazioni pensionistiche in base alla gestione o al fondo di appartenenza degli iscritti e ai requisiti contributivi e anagrafici previsti dalla legge. Eccole nello specifico:

  • Pensione “Quota 100”: spetta ai lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, gestite dall’INPS, nonché ai lavoratori iscritti alla Gestione Separata.
  • Pensione di vecchiaia: per il suo conseguimento gli iscritti devono essere già assicurati alla data del 31 dicembre 1995 o assicurati dal 1° gennaio 1996 e rispettare determinati requisiti.
  • Pensione Anticipata: potrà essere richiesta se esistono delle disposizioni eccezionali di legge riferiti ai requisiti contributivi e anagrafici. In particolare, esistono poi categorie di soggetti, considerati “svantaggiati”, che possono ottenere la pensione in anticipo, ovvero con meno contributi, vale a dire: i lavoratori cd. “precoci” e i lavoratori impiegati in attività gravose ed usuranti.
  • Pensione “Opzione Donna”: è un beneficio che consente alle lavoratrici di ottenere la pensione di anzianità con requisiti anagrafici più favorevoli.
  • Pensione “Ape Sociale”: anticipo pensionistico riservata a  lavoratori del cd. categorie deboli: disoccupati, disabili .

Dettagli: pensione anticipata con Opzione Donna e Quota 100

Con la pensione “Opzione Donna”, l’ordinamento previdenziale da la possibilità alle lavoratrici di andare in pensione con il sistema di calcolo contributivo  con 35 anni di contribuzione  (con esclusione dei contributivi figurativi)  a:

  • 58 anni per le lavoratrici dipendenti e
  • 59 anni per le lavoratrici autonome.

Sia il requisito anagrafico che quello contributivo vanno centrati al 31 dicembre 2020.

Per quando riguarda, la pensione “quota 100” , in deroga ai requisiti ordinari, permette di conseguire il diritto alla pensione anticipata al ricorrere delle seguenti condizioni:

  • età anagrafica non inferiore a 62 anni;
  • anzianità contributiva non inferiore a 38 anni.

Inoltre, si precisa che, la Pensione “Quota 100” è una prestazione economica erogata, a domanda, ai lavoratori dipendenti e autonomi che maturano, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2021, i requisiti prescritti dalla legge.

I requisiti pensionistici possono essere raggiunti anche cumulando i periodi assicurativi.

Dettagli: Pensione anticipata per lavoratori con mansioni usuranti o gravose

Per i lavoratori addetti a mansioni usuranti o gravose e pesanti definite dal d.lgs n. 67 2011 e dalla legge di stabilità 2018, resta ancora in vigore il sistema delle Quote. A decorrere dal 1° maggio 2017 l’articolo 1, comma 199 della legge 232/2016 ha introdotto una riduzione del requisito contributivo a 41 anni sia per gli uomini che per le donne che abbiamo svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età e che si trovino in particolari situazioni di tutela.

Per i lavoratori addetti a mansioni usuranti  o gravose e pesanti definite dal d.lgs n. 67 2011 e dalla  legge  di stabilità 2018,  resta ancora in vigore il sistema delle Quote, come da schemi seguenti:
Lavoratori addetti a mansioni particolarmente usuranti  per almeno 78 giorni/notti  in un  anno:

dipendenti quota 97,6 eetà minima 61 anni e 7 mesi
autonomi (o con versamenti in entrambe le gestioni) quota 98,6età minima  62 anni e 7 mesi
servono in ogni caso  35 anni di contributi versati;

 Lavoratori notturni a turni, con un numero di giorni lavorativi da 72 a 77 all’anno:

dipendenti quota 98,6 eetà minima 62 anni e 7 mesi
autonomi ( o con versamenti in entrambe le gestioni) quota 99,6età minima di 63 anni e 7 mesi
servono in ogni caso  35 anni di contributi versati;

Lavoratori notturni a turni con un numero di giorni lavorativi da 64 a 71 all’anno:

        dipendenti quota 99,6 eetà minima 63 anni e 7 mesi
autonomi ( o con versamenti in entrambe le gestioni) quota 100,6età minima  64 anni e 7 mesi
servono in ogni caso  35 anni di contributi versati;

Dettagli: pensione “Ape Sociale”

L’articolo 1, commi da 179 a 186, della legge di bilancio 2017 e s.m.i. prevede un’indennità a carico dello Stato erogata dall’INPS a soggetti in determinate condizioni previste dalla legge che abbiano compiuto almeno 63 anni di età e che non siano già titolari di pensione diretta in Italia o all’estero. L’indennità è corrisposta, a domanda, fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia.

L’Ape Sociale spetta ai lavoratori che ne fanno domanda e risultano essere nelle seguenti condizioni:

  • stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale,
  • assistere, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (L.104),
  • riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74% e in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
  • lavoratori dipendenti, al momento della decorrenza dell’indennità, in possesso di almeno 36 anni di anzianità.

Reddito di emergenza 2021: come cambiano i requisiti nel decreto Sostegni

Il Reddito di Emergenza REM è la misura di sostegno al reddito delle famiglie e dei cittadini che sono stati maggiormente colpiti dall’emergenza Coronavirus e che si trovano in difficoltà economiche. Le tre mensilità del Reddito d’Emergenza, previste dal Dl Sostegni saranno erogate a tutti coloro i quali saranno in possesso cumulativamente di determinati requisiti di residenza ed economici, patrimoniali e reddituali.

I cittadini in possesso dei requisiti di residenza ed economici, patrimoniali e reddituali riceveranno il beneficio del Reddito di Emergenza per il mese di marzo, aprile e maggio 2021. Gli importi sono gli stessi già previsti l’anno scorso, quindi possono andare da 400 a 800 euro al mese per un totale che va da 1200 a 2.400 euro.

La domanda per la richiesta del sussidio andrà presentata sul sito internet dell’INPS entro il prossimo 30 aprile, sebbene, al momento non risulta ancora attivo il servizio per l’inoltro dell’istanza. Si attendono, per i prossimi giorni le istruzioni dell’Istituto previdenziale.

I requisiti per la richiesta del Rem

In linee generali, i requisiti d’accesso al Reddito d’Emergenza dovrebbero essere gli stessi previsti lo scorso 2020. Eccoli nel dettaglio:

  • residenza in Italia,
  • ISEE fino a 15mila euro.
  • patrimonio mobiliare 2019 fino a 10mila euro, a cui si aggiungono 5mila euro per ogni componente successivo al primo fino a un massimo di 20mila euro (soglia aumentata di 5mila euro per ogni componente in condizione di disabilità grave o non autosufficienza);
  • reddito familiare relativo a febbraio 2021 inferiore all’ammontare del REM spettante: questa soglia è aumentata di un dodicesimo del canone di locazione per chi vive in affitto.

Inoltre, è previsto che potranno accedere al REM 2021, anche i lavoratori la cui indennità di disoccupazione è scaduta tra il 1 luglio 2020 ed il 28 febbraio 2021 e abbiano un ISEE inferiore a 30mila euro. L’importo del REM in tal caso sarà pari a 400 euro mensili.

La domanda per la richiesta del Rem andrà effettuata sul sito internet del Inps, previa autenticazione con PIN, SPID, Carta Nazionale dei Servizi e Carta di Identità Elettronica. In alternativa, i cittadini potranno rivolgersi agli istituti di patronato o centri di assistenza fiscale convenzionati con l’Inps.

Il pagamento del Reddito di emergenza può avvenire attraverso diverse modalità:

  • bonifico domiciliato: pagamento in contanti presso lo sportello di Poste Italiane;
  • bonifico bancario o postale;
  • accredito su libretto postale.

Infine, si precisa che il Rem NON spetta al nucleo familiare in cui vi sia un componente che percepisce o abbia percepito altri benefici .

Contributi volontari 2021: la guida al versamento e alle deduzioni

I lavoratori possono versare contributi Inps a proprio carico, per incrementare l’importo della pensione. Un’opportunità valida sia per dipendenti sia per collaboratori, oltre che per artigiani, commercianti, professionisti in Gestione Separata, ovvero i lavoratori autonomi. Inoltre, è possibile incrementare i contribuiti Inps a proprio carico anche per i titolari di assegni di invalidità. La normativa dell’istituto di previdenza dell’Inps prevede che possono essere coperti con la contribuzione volontaria i periodi di inattività lavorativa.

In altre parole, i lavoratori possono versare contributi Inps a proprio carico, per i periodi a titolo d’esempio come: l’aspettativa non retribuita o contratto part-time o in occasione di congedi per formazione, permessi per allattamento.

Il versamento dei contributi volontari prevede che sussistano uno dei seguenti requisiti:

  • almeno 5 anni di contributi;
  • almeno 3 anni di contribuzione nei 5 che precedono la presentazione della domanda.

L’autorizzazione al versamento sarà concessa dal primo sabato successivo alla data di presentazione della domanda per i lavoratori dipendenti, dal primo giorno del mese in cui è stata presentata la domanda nel caso di autonomi.

Le regole per il calcolo dell’onere contributivo sono diverse a seconda del soggetto assicurato: per i coltivatori diretti l’importo è settimanale calcolato sulla base della media dei redditi degli ultimi tre anni di lavoro, per i dipendenti l’importo dovuto è settimanale e si calcola sulla base delle ultime 52 settimane di contribuzione obbligatoria, mentre per gli autonomi (artigiani e commercianti) è mensile e determinato sulla media dei redditi da impresa denunciati ai fini Irpf nei 36 mesi di contribuzione precedenti la domanda.

Versamenti volontari nella Gestione separata

L’importo del contributo volontario dovuto alla Gestione separata deve essere determinato in base alle disposizioni di cui all’articolo 7 del D.lgs n. 184/1997, ossia applicando all’importo medio dei compensi percepiti nell’anno di contribuzione precedente alla data della domanda l’aliquota IVS (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) di finanziamento della Gestione.

Ai fini della determinazione del contributo volontario deve essere presa in considerazione esclusivamente l’aliquota IVS vigente per i soggetti privi di altra tutela previdenziale e non titolari di pensione pari, per l’anno 2021, al 25% per i professionisti e al 33% per i collaboratori e le figure assimilate.

Come presentare domanda per pagare i contributi volontari

I lavoratori presentano domanda di prosecuzione volontaria direttamente sul portale del sito dell’Inps tramite apposito servizio telematico accessibili tramite Pin. Nella domanda dovrà essere indicato anche la gestione assicurativa di destinazione dei versamenti volontari (a titolo d’esempio: Commercianti, Telefonici, Ferrovieri, CD/MC, Autoferrotramv, Gestione separata parasubordinati, ex INPDAI FPLD, Evidenza contabile separata, Fondo speciale, Artigiani, Elettrici).

All’accoglimento della domanda da parte dell’Inps, il lavoratore dovrà versare i contributi entro precise scadenze, per i pagamenti potrà anche utilizzare il Portale dei Pagamenti INPS (Versamenti Volontari). In alternativa, i contributi volontari possono essere versati:

  • utilizzando il bollettino MAV (Pagamento mediante avviso), che può essere pagato in una qualsiasi banca senza commissioni aggiuntive. Il bollettino Mav può essere richiesto, stampato e modificato, collegandosi al sito Internet www. inps.it, Portale Pagamenti – Versamenti Volontari
  • online sul sito Internet www.inps.it, utilizzando la carta di credito.
  • telefonando al numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico, utilizzando la carta di credito.

Si precisa che, nel caso in cui i contributi volontari vengano in ritardo  l’Inps provvederà a restituire la somma versata senza interessi e non accredita i contributi.  Tuttavia il lavoratore può sempre chiedere che l’importo pagato venga usato per coprire il trimestre successivo.

Sebbene, eccezionalmente e in considerazione dell’emergenza epidemiologica in atto, in caso di pagamento tardivo – rispetto ai termini decadenziali – della contribuzione volontaria dovuta a copertura del periodo dal 31 gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, le Strutture territoriali dovranno provvedere a validare il relativo versamento, purché effettuato entro i due mesi successivi alla scadenza naturale e, comunque, entro il 28 febbraio 2021.

Sono ricompresi nella proroga in analisi i contributi volontari riferiti:

– al 31 gennaio dell’anno 2020 (solo 1 giorno- con riferimento alle gestioni la cui contribuzione è espressa in giorni);

– ai mesi di febbraio e marzo dell’anno 2020;

– al secondo e al terzo trimestre dell’anno 2020.

Infine, si precisa che per chi effettua i versamenti volontari può fruire delle deduzione fiscali nel modello 730. Nel Rigo – “Contributi previdenziali e assistenziali” va indicato l’importo dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori e volontari versati.