Bonus nido, come avere fino a 3.600 euro

Dal mese di marzo è possibile presentare la domanda per accedere al bonus nido 2024, ecco i criteri e i beneficiari che possono avere fino a 3.600 euro.

Bonus nido, cos’è

Il bonus nido 2024 è un contributo rivolto alle famiglie in cui sono presenti minori fino a 36 mesi. Si tratta di un contributo volto a far fronte alle spese sostenute dalla famiglia per il nido o per l’assistenza domiciliare. Questta seconda possibilittà è offerta solo a famiglie con bambini, con meno di tre anni, affetti da gravi patologie croniche.

La domanda si può presentare dal mese di marzo 2024 ed entro il 31 dicembre 2024 e mira ad ottenere il rimborso delle spese sostenute per la retta per un totale di massimo 11 mesi nell’arco di un anno. Nella domanda devono essere indicate le mensilità relative ai periodi di frequenza scolastica, compresi tra gennaio e dicembre 2024. Il contributo viene erogato dopo la presentazione dei documenti, che attestano l’avvenuto pagamento delle rette. Le ricevute dei pagamenti delle rette non presentate all’atto della domanda potranno essere allegate entro il 31 luglio 2025.

Come otttenere il bonus nido fino a 3.600 euro

Il bonus vale per il pagamento delle rette degli asili nido, pubblici e privati, e per forme di supporto domiciliare per bambini con meno di 3 anni di età affetti da gravi patologie croniche. Le patologie croniche devono essere attestate pediatra che dichiari per l’intero anno l’impossibilità del bambino a frequentare gli asili nido, a causa di una grave patologia cronica.

Gli importi effettivamente erogati dipendono dall’Isee:

  • 3.000 euro annui con Isee inferiore a 25mila euro;
  • 2.500 euro annui con Isee tra 25mila e 40mila euro;
  • 1.500 euro con Isee oltre 40mila euro.

Per le famiglie con un reddito Isee fino a 40.000 euro, per i nuovi nati nel 2024, in caso di presenza di altro figlio di età fino a 10 anni l’importo può arrivare a 3.600 euro.

Leggi anche: Isee corrente, può essere utile per accedere a nuovi bonus

Denatalità: quali sono gli incentivi per fare figli in Italia e in Europa?

L’Italia ha un problema di bassa natalità e mentre il Governo cerca di arginarlo in vari modi, in Europa c’è chi ha già affrontato la denatalità con aiuti alle famiglie, ma quali sono le tipologie di intervento messe in atto?

Denatalità, l’Italia deve raggiungere quota 2

La media dell’Italia è di 1,24 figli a coppia, l’obiettivo dichiarato dal Governo è arrivare a 2 figli a coppia, sembra facile ma non lo è. Difficoltà nella conciliazione dei tempi di lavoro con i carichi familiari, problemi economici esasperati dall’inflazione, difficoltà a trovare un lavoro stabile in età giovane, portano molte coppie a rinunciare ai figli, spesso anche a causa di una diminuzione della fertilità legata all’età. Raggiungere quota 2 permetterebbe all’Italia di mantenere inalterata la situazione e nel tempo anche una facilità di gestione del sistema pensionistico e del welfare in generale, infatti la popolazione sta invecchiando.

Tra le proposte volte a raggiungere quota 2 c’è quella del ministro Giorgetti che propone di azzerare le tasse alle donne con figli, ma come si comportano gli altri Paesi dell’Unione Europea?

Il Welfare in Europa per contrastare la denatalità

Svezia, Francia e Germania hanno adottato un modello di welfare che mira ad agevolare le famiglie nella conciliazione di lavoro e famiglia, in particolare hanno realizzato un sistema di nidi sufficienti ad accogliere i bambini. La Germania dedica al welfare familiare circa il 3% del Pil e attualmente ha una media di figli per coppia di 1,6. Tra i vantaggi vi sono i nidi gratuiti, ma anche una questione di mentalità, infatti in Germania si è generalmente portati a ritenere che presso i nidi i bambini crescano meglio.

Sempre in Germania sono in vigore due assegni, il primo viene riconosciuto indipendentemente dal reddito a tutti i figli fino al compimento del 18° anno di età, si tratta del Kindergeld che ammonta a contributo di 219 euro per il primo figlio, 225 per il secondo e 250 dal terzo in su ogni mese.

Il secondo sussidio è invece legato al reddito, viene riconosciuto fino al compimento del 14° mese del bambino ed è pari al 65% della perdita economica legata alla rinuncia al lavoro. L’importo massimo di questo assegno, denominato Elterngeld è di 1.800 euro.

Bonus nido e assegno unico e universale

L’Italia in realtà pur non avendo sufficienti posti in nidi pubblici ha adottano il bonus nido che permette alle famiglie di avere il rimborso delle spese per il nido. Proprio questa misura ha portato alla nascita di numerose strutture private. L’introduzione dell’Assegno Unico e Universale dovrebbe essere simile al Kindergeld, anche se gli importi in Italia sono legati al reddito.

Una strategia simile è quella della Danimarca, dove le famiglie possono ricevere un rimborso della retta dell’asilo nido che copre tra il 70% e il 100% della spesa sostenuta. La differenza tra Italia e Danimarca è data dai livelli occupazionali che in Danimarca sono altissimi, mentre in Italia c’è ancora molta disoccupazione, ma soprattutto discontinuità nei contratti.

Leggi anche: Bonus nido 2023: ora si può presentare la domanda. Tutorial dell’Inps

Aumenti Assegno unico e universale, ecco a chi spettano

Bonus nido e gli altri aiuti esclusi dall’assegno unico

Il bonus nido è una misura molto a sostegno delle famiglie che hanno bimbi all’asilo. Ecco come funziona e quali sono gli altri esclusi dall’assegno unico.

Bonus nido, come funziona?

L’assegno unico è una misura che ha assorbito tantissimi altri aiuti per le famiglie. Un contributo che spetta alle famiglie con figli a carico fino al compimento dei 21 anni e senza limiti di età per figli disabili a carico. E’ rivolta ai lavoratori dipendenti, pensionati, autonomi, disoccupati ed inoccupati. Inoltre viene erogato dall’Inps e sul sito è possibile conoscere tutte le caratteristiche.

Una delle misure che non sono state assorbite dall’assegno unico è il bonus asilo nido. Una misura strutturale e quindi fruibile ogni anno, senza necessità di proroghe da parte del Governo. Altro provvedimento rimasto in vita dall’assegno unico è l’assegno maternità erogato dai Comuni. Il sussidio è erogato dall’INPS ma in realtà è concesso dal Comune di appartenenza, al quale deve essere presentata la domanda entro i 6 mesi dal parto. Anche in questo caso deve essere allego il proprio ISEE 2023 in corso di validità ed indicato il  codice IBAN per ricevere l’accredito.

Bonus nido, ma come funziona l’agevolazione?

L’articolo 1, comma 355, legge 11 dicembre 2016, n.232 ha disposto che ai figli dal primo gennaio 2016 spetta un contributo di massimo tre mila euro, per il pagamento di rette per la frequenza di asili nido pubblici e privati autorizzati e di forma di assistenza domiciliare, in favore di bambini con meno di tre anni affetti da gravi patologie croniche.

L’importo erogato varia in base al reddito del nucleo famigliare, attestato mediante l’Isee. L’Isee 2023 è l’indicatore della situazione economica equivalente. E’ uno strumento che permette di misurare la condizione economica delle famiglie italiane. E’ un indicatore che tiene conto del reddito, del patrimonio e delle caratteristiche di un nucleo familiare. Possono richiedere l’Isee tutti i cittadini residenti in Italia che desiderano accedere a prestazioni sociali, agevolazioni o bonus vari.

Gli importi per le famiglie

Come abbiamo già detto gli importi del bonus asilo nido cambia al variare dell’importo Isee. In particolare gli importi sono:

  • 3 mila euro annui per chi ha un Isee fino a 25 mila euro;
  • 2.5 mila euro per importi compresi tra 25 mila e 40 mila euro;
  • 1.5 mila euro oltre i 40 mila euro o senza presentazione Isee.

La domanda di Bonus nido deve essere presentata attraverso il sito web dell’INPS, utilizzando il servizio dedicato. Le domande possono essere presentate fino al 31 dicembre 2023. Inoltre il bonus nido è pagato mensilmente, a partire dal mese successivo a quelle in cui è stata presentata la domanda. Lo stato di lavorazione della pratica è visibile accedendo ai servizi online Inps con credenziali SPID, CIE o CNS.

 

 

Bonus asilo nido: terminati i fondi, migliaia di famiglie senza copertura

Il bonus asilo nido prevede per le famiglie che hanno figli iscritti alle scuole dell’infanzia la possibilità di ottenere un bonus di ammontare compreso tra 136 euro mensili e 272 euro ( in base all’Isee). L’Inps ha reso noto che nel frattempo sono già finite le risorse. Ecco cosa succederà alle famiglie.

Cos’è il bonus asilo nido

Il bonus asilo nido nasce con l’obiettivo di favorire la conciliazione tra famiglia e lavoro e soprattutto permettere alle donne dopo la gravidanza di poter ritornare a lavoro. Si tratta di un rimborso delle spese effettivamente sostenute dai genitori per l’iscrizione dei figli al nido (privato o pubblico autorizzato). Ogni bambino può fruirne per un periodo massimo di 11 mesi l’anno.

Leggi anche: Bonus Nido 2022: dal 24 febbraio si può presentare la domanda. Guida

Nel frattempo a causa della mole di domande presentate i fondi sono esauriti e questo ha portato a protocollare molte domande con riserva, questo vuol dire che le domande sono accolte in quanto aventi tutti i requisiti per poter accedere al beneficio, ma di fatto non possono essere smaltite a causa dei fondi terminati. L’Inps ha già provveduto a chiedere al governo di rifinanziare la misura, ma nel frattempo i genitori non potranno avvalersene.

Quando saranno sbloccate le risorse del bonus nido?

Si è detto che i genitori possono fruirne per un periodo massimo di 11 mesi l’anno, ma capita che alcuni genitori preferiscono fruirne per un periodo più breve, questo vuol dire che già a fine anno potranno liberarsi delle risorse dovute alla mancata fruizione da parte di coloro che già hanno ottenuto riscontro positivo alla propria istanza. Le stesse saranno distribuite vagliando in ordine di arrivo le domande già presentate.

I numeri delle domande protocollate con riserva sono elevati. Infatti nel corso degli anni questa misura ha avuto un sempre maggiore successo di richieste. Nel 2022 le risorse disponibili 553,8 milioni di euro mentre nel 2020 erano 197 milioni di euro. L’Inps non si spiega numeri così importanti, infatti le domande del 2022 già acquisite per il 2022 sono 365mila, mentre altre 61.565 sono protocollate con il meccanismo della riserva. Molte di queste non troveranno alcun riscontro nel caso in cui non si dovesse provvedere a un nuovo finanziamento.

Modello 730/2022 precompilato: cosa controllare prima dell’invio?

Dal 23 maggio 2022 è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate il modello 730/2022 precompilato, lo stesso prevede la possibilità di accettare la dichiarazione precompilata, modificarla o integrarla, ma per poter procedere è necessario prima controllare le varie voci. Ecco a cosa è bene prestare attenzione.

Come viene formato il modello 730/2022 precompilato

Per capire cosa controllare nel modello 730/2022 precompilato si deve prendere il via dalla base di partenza. L’Agenzia delle Entrate realizza i modelli precompilati avendo come punto di riferimento i dati in suo possesso ( ad esempio le rendite catastali) e che arrivano da terzi soggetti, ad esempio i datori di lavoro devono inviare anche all’Agenzia i CU dei dipendenti. Tra i dati forniti dai terzi ci sono anche quelli provenienti dalla fatturazione elettronica e da qui arrivano le possibili deduzioni e detrazioni, ad esempio il bonus musica viene riconosciuto se le spese sono state affrontate con strumenti di pagamento tracciabili.

Controllare dati anagrafici

Il primo controllo deve essere effettuato sui dati anagrafici, codici fiscali, dati dei familiari a carico.

Controllare sezioni per beni e redditi

Si procede quindi al controllo dei dati inerenti i beni immobili e che la CU presentata dal datore di lavoro coincida con quanto inserito nel modello precompilato. Ricordiamo che nel caso in cui nel corso dell’anno siano intercorsi rapporti di lavoro con più soggetti, l’Agenzia delle Entrate riceve i dati da parte di tutti.

Controlli modello 730/2022 precompilato: detrazioni per spese mediche

Più difficile può essere il controllo delle deduzioni e detrazioni, infatti non per tutte le spese vi è l’obbligo di pagamento con moneta elettronica ( carta di credito/debito, bonifici, assegni). Ad esempio, le prestazioni sanitarie e mediche che permettono di avere le detrazioni e in alcuni casi anche le deduzioni, possono essere pagate anche in contanti se usufruite presso strutture pubbliche, oppure presso strutture private convenzionate. Sebbene professionisti debbano inviare le fatture emesse all’Agenzia delle Entrate, i dati potrebbero non essere presenti, quindi meglio controllare. Questo implica che potrebbero esservi delle spese non considerate nel modello 730 precompilato e che invece possono essere portate in detrazione.

Anche per le spese sostenute presso la farmacia è possibile ottenere la detrazione anche se il pagamento è avvenuto in contanti.  Naturalmente è necessario conservare lo scontrino e che nello stesso sia indicato anche il codice fiscale del soggetto che ha usufruito della prestazione, occorre quindi consegnare la tessera sanitaria al momento di effettuare il pagamento.

Per conoscere tutte le deduzioni per spese mediche e sanitarie, leggi l’articolo: deduzioni per spese mediche e sanitarie: quali sono e quando si possono ottenere

Controllo modello 730/2022 interessi sui mutui

Occorre controllare anche che tra le detrazioni ci siano gli interessi sui mutui pagati. I dati in questo caso sono comunicati all’Agenzia delle Entrate dalle banche, ma è sempre bene verificare che effettivamente tale comunicazione sia avvenuta.

Bonus nido e mensa scolastica

Deve anche essere ricordato che le famiglie che si avvalgono del bonus nido non possono portare il detrazione il 19% delle spese sostenute per le rette dell’asilo. Cumulando le due agevolazioni vi è un errore e di conseguenza in seguito si può andare incontro a sanzioni.

Attenzione deve essere posta anche alle spese per le mense scolastiche, queste di solito sono comunicate dall’istituto. Nel caso in cui le spese effettuate nel 2021 siano state trasmesse subito dopo il loro pagamento dall’istituto e sono poi state restituite perché non c’è stata frequenza scolastica a causa del Covid, è necessario modificare il dato eventualmente presente in dichiarazione.

Ristrutturazioni edilizie in condominio

Un’altra nota da tenere presente sono le detrazioni per le ristrutturazioni edilizie. Nel caso in cui le stesse siano avvenute in condomini in cui è presente all’amministratore, deve ricordarsi che le spese pagate e comunicate dagli amministratori sono già inserite in dichiarazione; le spese saldate dai singoli contribuenti sono presenti nel foglio informativo, ma non nella dichiarazione e per avvalersene è quindi necessario inserirle.

Nel caso di condomini senza amministratori invece tutti i dati devono essere aggiunti in dichiarazione.

Ricordiamo che la modifica del modello 730 precompilato può avvenire dal 31 maggio.

Parità di genere nei consigli di amministrazione delle società. Impegno del ministro Orlando

Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali  Andrea Orlando ha partecipato nei giorni scorsi al Consiglio dell’UE su Occupazione, Politica sociale, Salute e Consumatori (EPSCO) e da questa sede ha preso l’impegno per il recepimento in breve tempo della direttiva dell’Unione Europea per la parità di genere nei consigli di amministrazione delle società.

Parità di genere in Europa

La parità di genere è un obiettivo che tutti si pongono ma di fatto sono persistenti gli squilibri, in tutta Europa e in particolare In Italia. Purtroppo le donne faticano a raggiungere ruoli di leadership e le statistiche dimostrano che ciò non è dovuto a una formazione non adeguata o a scarse capacità, ma a un fattore culturale che tende a ostacolare la carriera delle donne e a un costante impegno nella cura della famiglia che le porta ad avere minore tempo a disposizione per il lavoro.

Dai dati raccolti emerge che nell’ottobre 2021 le donne rappresentavano soltanto il 30,6% dei membri dei consigli di amministrazione e appena l’8,5% dei presidenti dei consigli di amministrazione, il divario all’interno degli Stati Membri è ancora più ampio. I Paesi che hanno raggiunto risultati migliori sono quelli in cui sono state adottate politiche attive per incentivare la presenza delle donne in ruoli gestionali o di comando. Si sottolinea anche che in realtà nell’Unione Europea il 60% dei laureati è donna, questo vuol dire che inserire donne nei consigli di amministrazione delle società vuol dire avere una maggiore probabilità di inserire personale qualificato.

Le misure adottate in Italia per colmare il gender gap

Le misure che si stanno proponendo nel tempo sono numerose, alcune blande, altre più incisive non da ultimo in Italia l’introduzione del congedo di paternità obbligatorio. Lo stesso per ora è attivo nei confronti dei dipendenti del settore privato e a breve sarà disponibile anche per i lavoratori del settore pubblico. Per approfondimenti leggi:

Congedi per padri lavoratori e tutela paternità: disciplina

Congedo di paternità: a breve sarà esteso anche ai dipendenti pubblici

Un’altra misura che tende ad agevolare il ritorno delle donne al lavoro dopo la gravidanza è il bonus nido, una delle poche misure di welfare che non è stata toccata dalla normativa sull’Assegno Unico proprio perché si tratta di una misura specifica che agevola le donne nel faticoso impegno per coniugare i tempi di vita e di lavoro.

Ora con questa direttiva l’obiettivo non è semplicemente favorire la presenza delle donne nel mondo del lavoro, ma aiutarle in modo attivo ad avere un ruolo di leadership andando così a colmare il gender gap.

Cosa prevede il testo della direttiva per la parità di genere nei consigli di amministrazione delle società?

La nuova direttiva prevede che entro il 2027 le società debbano introdurre dei correttivi che consentano di raggiungere il 40% di membri del sesso sotto-rappresentato per gli amministratori senza incarichi esecutivi, o il 33% per tutti i membri del consiglio di amministrazione. Saranno gli Stati Membri a dover scegliere tra questi due obiettivi quale intendono applicare. Ricordiamo che la direttiva richiede uno “sforzo” attivo da parte degli Stati Membri quindi non è immediatamente applicabile, di conseguenza gli Stati hanno un piccolo (a volte ampio) margine di manovra.

La normativa prevede che nel caso in cui siano presenti candidati con pari qualifiche di idoneità, competenze e rendimento professionale, sia assicurata la nomina del sesso sotto-rappresentato. La disciplina, come si può notare, non parla in modo univoco di tutela delle donne, ma di tutela del sesso sotto-rappresentato, quindi anche nel caso in cui dovesse presentarsi una situazione inversa, cioè un consiglio di amministrazione formato in prevalenza da donne, dovrà essere assicurata la piena rappresentanza anche degli uomini.

I Paesi che hanno già ottenuto buoni risultati inerenti la parità di genere in posizione di leadership possono sospendere i requisiti in materia di nomina o elezione previsti dalla direttiva.

ISEE minorenni: cos’è, quando si usa e come viene compilato

Per accedere ad alcune prestazioni assistenziali molti genitori scoprono che è necessario avere l’ISEE Minorenni. Di cosa si tratta e in cosa differisce dall’ISEE ordinario? Scopriamolo insieme.

Cos’è l’ISEE Minorenni e quando viene richiesto

L’ISEE Minorenni viene richiesto per prestazioni in favore di minorenni ad esempio per ottenere il Bonus Nido. Viene richiesto però in condizioni particolari, cioè nel caso in cui i genitori non siano coniugati e non siano conviventi. Ad esempio in caso di un figlio riconosciuto da entrambi i genitori che però abbiano deciso di non avere una vita in comune. Oppure in caso di genitori separati/ divorziati. Si tratta quindi di un bambino con due genitori che però appartengono a due nuclei familiari differenti e naturalmente il minore può essere incluso in solo nucleo di uno dei due. L’ISEE Minorenni in questi casi si richiede perché ovviamente la situazione economica del figlio non corrisponde a quella del suo unico nucleo familiare di cui è parte.

E’ bene ricordare che già ora è possibile richiedere il Bonus Nido, per conoscere la procedura, leggi l’articolo: Bonus Nido 2022: dal 24 febbraio si può presentare la domanda. Guida

In passato l’ISEE Minorenni era necessario per presentare anche l’istanza per il bonus bebè, ma ricordiamo che da marzo 2022 questa prestazione è stata inglobata nell’Assegno Unico.

Come determinare il nucleo familiare del minore

La prima cosa da chiarire è come viene calcolato l’ISEE minorenni. L’ISEE è l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. Il primo nodo da risolvere in presenza di genitori non conviventi è: in quale nucleo familiare iscrivere il minore? Generalmente viene iscritto in quello del genitore con cui convive o in cui è in affido condiviso con collocamento prevalente. Può però capitare che un minore non conviva con nessuno dei due genitori, in questi casi:

  • se si trova in affido pre-adottivo, entra nel nucleo affidatario;
  • se si trova collocato in comunità/ casa famiglia, fa nucleo a sé;
  • qualora sia in affido temporaneo a uno dei genitori, viene considerato parte del nucleo in cui è in affido temporaneo.

Fatta questa premessa vediamo come si realizza l’ISEE Minorenni. Ci sono diverse ipotesi da considerare.

Come si calcola l’ISEE Minorenni? Tutte le ipotesi

La prima è quella dei genitori non conviventi tra loro, il minore convive con uno dei genitori e quindi è parte di quel nucleo, ma l’altro genitore a sua volta non convive con nessuno, non è coniugato e non ha figli. Esempio classico il bambino vive con la madre, ma il padre che lo ha riconosciuto non convive e non è coniugato con altri, non ha figli con altre persone . Al verificarsi di questo caso l’ISEE del genitore viene attratto all’ISEE del nucleo del bambino.

In questo caso deve essere compilato il Quadro A dell’ISEE con relazione di parentela GNC (che sta per genitore non coniugato e non convivente). Nel caso in cui il genitore non convivente ha autonomamente presentato una dichiarazione ISEE basta indicare il protocollo di riferimento nella DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica).

Questa ipotesi non può però verificarsi nel caso in cui l’altro genitore risulti:

  • coniugato con soggetto diverso dall’altro genitore;
  • genitore di altri figli generati con persona diversa dall’altro genitore.

In questi primi due casi l’altro genitore viene considerato come componente aggiuntiva nell’ISEE minorenni.

Le altre due ipotesi sono :

  • genitore obbligato con provvedimento dell’autorità giudiziaria a versare nei confronti dei figli un assegno di mantenimento;
  • genitore escluso dalla responsabilità genitoriale oppure è stato allontanato dal nucleo familiare.

 Nel primo di questi due casi nell’ISEE Minorenni contribuisce l’assegno di mantenimento e quindi non sono attratti altri redditi del genitore non convivente. Nell’ultimo caso, siccome il genitore ha perso la responsabilità genitoriale, il suo reddito non viene considerato di fini di determinare l’ISEE minorenne.