Registratori telematici, si torna indietro, nessuna comunicazione per le ferie

Nei giorni scorsi avevamo dato la notizia che l’Agenzia delle Entrate con il provvedimento direttoriale 15943/2023 aveva rilasciato le specifiche tecniche per comunicare tramite il registratore telematico all’Agenzia il fermo delle attività commerciali per le ferie estive di durata superiore a 12 giorni o chiusure a tempo indeterminato. C’è ora un dietro front, infatti non è più richiesto alcun adempimento. Ecco cosa succede.

Approvato il nuovo ordine del giorno, nessuna comunicazione ferie con il registratore telematico

Aveva molto preoccupato i commercianti la notizia di dover comunicare all’Agenzia delle Entrate la sospensione delle attività per ferie nel caso in cui l’attività fosse rimasta chiusa per oltre 12 giorni. La comunicazione doveva essere effettuata attraverso la nuova funzionalità inserita nel registratore telematico con codice 608. La comunicazione del periodo di inattività può avvenire anche attraverso il proprio cassetto fiscale a cui si accede con codice Spid o Cie.

La Camera nel corso della discussione sulla legge di conversione del dl 75/2023 (PA2), su specifica richiesta dei deputati Gusmeroli – Bagnai – Cavandoli e Centemero (Lega) ha approvato un ordine del giorno del governo volto ad eliminare l’obbligo per i commerciati di comunicare chiusure per ferie e per qualunque altro motivo di durata superiore ai 12 giorni.

Il motivo è semplice, si ritiene che trattasi di un adempimento superfluo e contrario all’ottica della semplificazione burocratica nella cui direzione si sta muovendo l’Italia. I commercianti possono quindi andare in ferie tranquilli senza temere che ci possano essere disguidi in caso di mancata comunicazione o errori nella stessa.

Leggi anche: Registratore telematico fuori uso in caso di chiusura per ferie

Qual è la differenza tra misuratore fiscale e registratore telematico

In Italia gli operatori del commercio al minuto, e quelli delle attività assimilate, sono chiamati ai sensi di legge, ed ai fini fiscali, a registrare ed a certificare i corrispettivi. Ed a trasmetterli al Fisco. Vediamo allora, tra gli scontrini fiscali, le ricevute fiscali ed i documenti commerciali, quali sono gli obblighi per gli esercenti l’attività di commercio al minuto. Partendo, in particolare, dalla differenza sostanziale che c’è tra il misuratore fiscale ed il registratore telematico.

Dal misuratore fiscale al registratore telematico dei corrispettivi per i commercianti

Nel dettaglio, il misuratore fiscale è il vecchio apparecchio che in passato veniva utilizzato dai commercianti per il rilascio degli scontrini fiscali. Mentre il registratore telematico, essendo dotato di modulo fiscale, è in grado di memorizzare e di certificare in automatico i corrispettivi. E di trasmetterli in modalità telematica all’Agenzia delle Entrate.

L’introduzione in Italia del misuratore fiscale è davvero di vecchia data. In quanto è stato istituito nel 1983 prima con la legge del 26 gennaio, e poi con il successivo Decreto ministeriale nel mese di marzo dello stesso anno in accordo con quanto riporta il sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.

L’introduzione del registratore telematico, invece, è partita nel 2019 al fine di sostituire gradualmente proprio il misuratore fiscale. Passando così dall’emissione degli scontrini e delle ricevute fiscali all’emissione del documento commerciale. Che si può emettere solo con il registratore telematico oppure attraverso una procedura web. E questo al fine di rispettare, verso l’Agenzia delle Entrate, l’obbligo di certificazione dei corrispettivi attraverso la memorizzazione e la trasmissione telematica.

Come mettersi in regola con la trasmissione telematica dei corrispettivi

Essendo quello della trasmissione telematica dei corrispettivi un obbligo, gli esercenti attività di commercio al minuto, al fine di essere in regola con il Fisco, possono adattare il vecchio registratore di cassa rendendolo un registratore telematico. Oppure possono acquistare un nuovo registratore telematico. E comunque, in entrambi i casi, l’esercente ai fini fiscali può beneficiare della maturazione di un credito di imposta.

L’obbligo di utilizzo del registratore telematico, con la trasmissione dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate, non è inoltre legato ai ricavi. Tutti, infatti, devono rispettare tale obbligo indipendentemente da quello che è il volume d’affari per l’attività commerciale di vendita al minuto esercitata.

Pos, sanzioni dal 30 giugno 2022: dati transazioni da trasmettere ogni giorno

Dal 30 giugno 2022 per commercianti e professionisti scattano le sanzioni per ogni transazione per la quale si sia impedito il pagamento tramite Pos, con carte di credito, bancomat e applicazioni varie. Lo prevede il decreto “Pnrr 2” che fissa gli obiettivi di disincentivazione dei pagamenti mediante l’utilizzo del contante e di maggiori controlli ai fini del contrasto all’evasione fiscale. La norma anticipa le sanzioni che sarebbero dovute entrare in vigore a partire dal 2023.

Pagamenti con Pos dal 30 giugno 2022, la finalità della trasmissione dei dati giornalieri delle transazioni

Per gli esercenti e i professionisti arriva anche l’obbligo di trasmettere, giorno per giorno, i dati relativi alle transazioni elettroniche effettuate. L’obbligo persegue le finalità contenute nell’articolo 18 del decreto legge numero 36 del 2022. Ovvero di dare attuazione alla Missione M1 C1 del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) nella parte in cui si dà attuazione alle norme sul rispetto degli obblighi fiscali e al miglioramento dei controlli.

Quali dati devono essere trasmessi giornalmente da professionisti ed esercenti sui pagamenti Pos?

L’obbligo che esercenti e professionisti avranno nel dover trasmettere i dati giornalieri all’Agenzia delle entrate risponde alla finalità di mettere più strumenti a disposizione per combattere l’evasione fiscale. I soggetti obbligati dovranno trasmettere giornalmente:

  • l’ammontare complessivo delle transazioni effettuate durante la giornata lavorativa;
  • i dati identificativi di tutti i pagamenti elettronici ricevuti nella giornata;
  • le informazioni sui metodi di pagamento, anche in considerazione delle specifiche caratteristiche tecniche.

La trasmissione dei dati e delle informazioni da trasmettere sarà oggetto di un altro provvedimento dell’Agenzia delle entrate. Il decreto individuerà le modalità con le quali effettuare l’operazione.

Quali sanzioni sono previste a commercianti e professionisti dal 30 giugno 2022?

A partire dal 30 giugno 2022 è prevista l’applicazione delle sanzioni per i commercianti e i professionisti che non accettino pagamenti dai clienti con gli strumenti elettronici. Il mancato pagamento tramite Pos, carte di credito, bancomat o altre applicazioni specifiche, comporterà una sanzione composta da due parti:

  • una quota fissa, della misura di 30 euro per ogni pagamento non accettato tramite Pos, indipendentemente dall’importo della transazione;
  • una parte variabile, pari al 4% dell’importo della transazione per la quale non sia stata accettato il pagamento tramite Pos.

Obbligo di ricevere pagamenti tramite Pos: cosa avviene se ci sono problemi tecnici?

L’obbligo di accettare pagamenti elettronici è già operativo dal 30 giugno 2014. Lo stabiliva l’articolo 15 del decreto legge numero 179 del 2012. A partire dal prossimo 30 giugno saranno anticipate, dunque, le sanzioni che erano previste a decorrere dal 1° gennaio 2023. In attesa di ulteriori chiarimenti dell’Agenzie delle entrate, la sanzione non verrà comminata nei casi di oggettiva impossibilità tecnica. Anche in questo campo, si attendono maggiori delucidazioni dell’Agenzia delle entrate per delimitare le ipotesi nelle quali, effettivamente, commercianti e professionisti siano impossibilitati a ricevere i pagamenti tramite carta di credito, di debito o altri strumenti elettronici.

Contributi volontari INPS 2022: quanto costano ai lavoratori?

Chi è vicino a maturare i requisiti pensionistici, ma ha perso il lavoro o semplicemente è disoccupato, ha i requisiti per accedere alla pensione, ma vuole incrementare l’importo del futuro assegno, può versare i contributi volontari. Molti si chiedono: quanto costano i contributi volontari? Vedremo ora il costo per il 2022 in base alle varie categorie di lavoratori.

In quali casi è possibile versare i contributi volontari INPS 2022?

Affinché un lavoratore possa versare contributi volontari è necessario che ci siano dei presupposti. In primo luogo è necessario avere versato almeno 5 anni di contributi, pari a 260 contributi settimanali o 60 contributi mensili. Inoltre occorre aver versato almeno 3 anni di contributi negli utili 5 anni. La contribuzione volontaria è utile a coprire buchi, ma sia chiaro, non si possono versare contributi per gli anni passati. Cioè se Tizio, ad esempio nel 2010, non ha versato i contributi, oppure ha perso alcune settimane o mesi, oggi non può decidere di versare i contributi a copertura di quel periodo.

La copertura può riguardare periodi in cui non sono stati versati fino ad un periodo antecedente rispetto a quello della domanda massimo di sei mesi. Quindi oggi si può proporre la domanda a copertura anche dei sei mesi precedenti. Non si può andare oltre. Per poter pagare i contributi volontari INPS è inoltre necessario non avere un rapporto di lavoro in corso e non essere titolari di una pensione diretta.

Quanto costa versare i contributi volontari INPS 2022?

Il costo dei contributi volontari INPS 2022 è stato reso noto con la circolare INPS 24 dell’11 febbraio 2022. L’aliquota contributiva per lavoratori ( non lavoratori agricoli) che hanno ottenuto l’autorizzazione a versare contributi volontari dopo il 31 dicembre 1995, è del 33%. Questa aliquota viene applicata sulla retribuzione minima settimanale aggiornata in base ai dati Istat sull’inflazione. Per il 2022 è previsto l’importo di retribuzione minima settimanale di 210,15 euro, naturalmente ciò deve essere moltiplicato per 52 settimane, cioè quanto è necessario maturare per avere un anno di contributi INPS. Si tratta quindi di un importo minimo di reddito di 10.927,80 su questa deve essere applicata l’aliquota del 33%. Il risultato è 3.606, 174 euro.

Questa aliquota oltre ad essere applicata ai lavoratori iscritta all’INPS, si applica anche agli iscritti delle gestioni:

  • Elettrici;
  • autoferrotranvieri;
  • telefonici;
  • fondo dipendenti delle ferrovie;
  • dirigenti ex INPDAI .

L’aliquota viene aumentata di un punto percentuale nel caso in cui i redditi dichiarati da coloro che vogliono versare contributi volontari è pari o superiore a 48.279,00 euro.

L’aliquota vista scende per coloro che hanno fatto domanda di versare i contributi volontari e sono stati autorizzati con decorrenza antecedente al 1° gennaio 1996. In questo caso l’aliquota è del 27,87%.

I contributi volontari INPS 2022 hanno un’aliquota leggermente più bassa per alcune categorie di lavoratori, infatti per i dipendenti del settore sanità e degli enti locali, per i lavoratori del settore servizi postali, telegrafici, telefonici, la stessa è fissata al 32,65%.

Costo contributi volontari INPS 2022 per partita IVA

Il calcolo è diverso per i titolari di partita IVA che versano, o hanno versato, i contributi in qualità di commercianti o artigiani. In questo caso si parte dal reddito medio degli ultimi 36 mesi di attività e si applica un’aliquota diversa in base alla categoria. La stessa è del:

  • 22,80% per gli artigiani titolari di età inferiore a 21 anni e 24% in caso di età superiore a 21 anni.
  • 23,28% per commercianti di età inferiore a 21 anni e 24,48% per commercianti età superiore a 21 anni.

Per gli iscritti alla Gestione Separata INPS il minimale su cui viene calcolato l’importo dei contributi volontari INPS è di 16.243 euro e su questo importo viene applicata un’aliquota del 25% per i professionisti senza cassa obbligatoria e del 33% per i collaboratori a progetto e altri professionisti. Di conseguenza per i primi un anno di contributi volontari costa 4.060,75 euro mentre per i secondi 5.360,28 euro .

Deve essere ricordato che i contributi volontari INPS una volta versati non possono essere recuperati. Proprio per questo prima di presentare al domanda è bene calcolare in modo attento se è davvero necessario e utile versarli.

Per informazioni sulle rare ipotesi in cui è possibile ottenere la restituzione dei contributi versati, leggi l’articolo: Contributi volontari INPS: si può chiedere la restituzione?

Pos, dal 1° gennaio 2022 sanzioni a chi nega i pagamenti elettronici

Ritornano le sanzioni per i commercianti e professionisti che negano il pagamento con il Pos. La nuova stretta arriva dal decreto di attuazione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) che rilancia la lotta all’evasione fiscale attraverso i pagamenti elettronici. Il provvedimento porta la firma di Roberto Pella di Forza Italia e di Gian Pietro Dal Moro del Pd ed è stato approvato nella giornata del 13 dicembre alla Commissione Bilancio della Camera.

Commercianti e professionisti dal 1° gennaio 2022 sono obbligati ad accettare i pagamenti elettronici

In base al provvedimento normativo, dal 1° gennaio 2022 arriveranno sanzioni per i commercianti e per i professionisti che non accetteranno i pagamenti con carta di credito o con il bancomat. I pagamenti saranno relativi, dunque, sia per la vendita di beni che per la prestazione di servizi professionali.

Come si calcola l’importo della sanzione se non si accetta il pagamento con il Pos?

La sanzione amministrativa per i commercianti e i professionisti che dovessero rifiutare il pagamento elettronico sarà di 30 euro più il 4% dell’importo della vendita o del valore della prestazione. Si tratta di un provvedimento chiave nella lotta all’evasione fiscale. Peraltro, come specificato nell’emendamento, il commerciante e il professionista sono obbligati ad accettare almeno una tipologia di carta di credito o di carta di debito. Altri provvedimenti sono attesi anche per quanto riguarda il mancato rilascio dello scontrino o della fattura.

Lotta all’evasione fiscale come obiettivo del Pnrr

La lotta all’evasione fiscale rappresenta uno degli obiettivi del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Tra gli indicatori presi in esame a livello europeo per il rispetto del Piano, si fa riferimento al “tax gap”, ovvero alla quota del gettito che lo Stato non riesce a incassare a causa proprio dell’evasione fiscale. Sulla base degli ultimi dati disponibili, il tax gap è attualmente al 18,5%, percentuale che è già risultata in calo negli anni dal 2014 al 2019 del 3,6%. Ma il Pnrr chiede altri sforzi per ridurre questa percentuale.

Riduzione del mancato gettito entro il 2024: gli strumenti di lotta all’evasione fiscale

Infatti, tra gli obiettivi del Pnrr in tema di evasione fiscale, sono stati fissate le percentuali di riduzione del tax gap nei prossimi anni. La decurtazione dovrà essere di non meno del 5% entro il 2023 e di non meno del 15% al 2024. Un percorso alla portata del governo che, oltre all’accettazione dei pagamenti tramite la moneta elettronica, ha già individuato altri strumenti per la lotta all’evasione fiscale.

Gli strumenti di lotta all’evasione fiscale che potrebbero essere intensificati nel 2022

Tra questi strumenti che il governo metterà in campo per la lotta all’evasione fiscale rientrano:

  • la precompilata Iva;
  • l’utilizzo dell’anagrafe dei rapporti finanziari;
  • la revisione delle sanzioni per la mancata emissione dello scontrino fiscale;
  • l’accrescimento delle lettere di incentivo per l’adempimento spontaneo.

Su questi quattro strumenti il governo intensificherà il proprio lavoro nei primi sei mesi del nuovo anno.

 

Bonus vendita prodotti sfusi alimentari e detergenti: guida alla domanda

Sono partite il 23 novembre 2021 le domande per poter ottenere fino a 5.000 euro per la vendita di prodotti sfusi o alla spina, può trattarsi di alimentari o detergenti venduti senza imballaggi di carta, cartone o plastica. A gestire il Bonus è Invitalia. Ecco i requisiti e la guida alla domanda.

Iter legislativo per bonus vendita prodotti alla spina

Il decreto Clima (decreto legge del 14 ottobre 2019) prevede incentivi per i commercianti che contribuiscono all’abbattimento del consumo di plastiche e materiali inquinanti per imballaggi per alimenti e detergenti. Questa normativa è rimasta però in sospeso per molto tempo, fino a quando, il 22 settembre, il Ministero per la Transizione Ecologica (MiTE) non emana il decreto attuativo. La pubblicazione in Gazzetta però c’è solo un mese dopo, cioè il 23 ottobre 2021. La presentazione delle domande per aderire è invece partita il 23 novembre 2021 e ci sono 60 giorni di tempo per poter accedere, ecco la procedura per poter ottenere tutti i benefici.

Requisiti: quali soggetti possono ottenere il Bonus vendita prodotti sfusi?

Il bonus vendita prodotti alla spina mira a premiare tutti i negozi che predispongono all’interno dei locali degli spazi dedicati alla vendita di prodotti alla spina, può trattarsi di detergenti e alimentari. Possono inoltre ottenere il beneficio anche attività commerciali di nuova apertura e dedicati esclusivamente alla vendita di prodotti alla spina. Si tratta quindi di prodotti senza confezioni, ogni cliente di conseguenza deve avere i propri contenitori per i detersivi, ad esempio quello per i piatti, la lavatrice, ammorbidente, contenitori per pasta, legumi e altri alimentari venduti a misura. In particolare possono usufruirne:

  • negozi di vicinato;
  • media e grande distribuzione.

La copertura prevista per questo particolare aiuto è di 40 milioni di euro ed ogni commerciante può avere un bonus vendita prodotti sfusi o alla spina di valore massimo 5.000 euro. Le domande sono vagliate in ordine cronologico di arrivo.

Gli aiuti ricevuti sono a fondo perduto, quindi non vanno restituiti, devono essere computati all’interno nella fascia degli aiuti de minimis e quindi concorrono anche a determinare l’ammontare massimo di essi che si può ottenere.

Per saperne di più sugli aiuti del minimis, leggi l’articolo: Aiuti de minimis: cosa sono, limiti, ammontare e come ottenerli

Naturalmente il bonus vendita prodotti sfusi è legato a spese sostenute. La copertura è di 20 milioni per le spese sostenute nel 2020 (domande scadono il 23 gennaio 2022) e 20 milioni per le spese sostenute nel 2021 (domande scadono 2022).

Come presentare la domanda per il bonus vendita prodotti alla spina?

La domanda deve essere presentata tramite il portale https://padigitale.invitalia.it/. Naturalmente la spesa deve essere documentata, può trattarsi di spese sostenute per l’adeguamento dei locali o comunque necessarie per creare lo spazio diretto alla vendita di prodotti sfusi, acquisto di attrezzature e attività di comunicazione/informazione e formazione.

Per poter presentare l’istanza è necessario avere uno SPID, a questo punto occorre compilare i vari campi della domanda, lo stesso comprende anche il codice IBAN che è quindi necessario avere a portata di mano. Nei documenti da caricare c’è anche l’attestazione delle spese, questa deve essere sottoscritta da un dottore commercialista, revisore contabile, oppure presidente di un collegio sindacale.

La domanda dopo essere stata completata deve essere scaricata, stampata, firmata e ricaricata con firma.

Il consiglio per non commettere errori è di scaricare il manuale e leggerlo attentamente prima di procedere alla compilazione dei vari campi. Deve anche essere sottolineato che la compilazione può essere interrotta e ripresa in un secondo momento senza perdere i dati già immessi. Qui è possibile scaricare il Manuale Utente

Resto al Sud: estensione benefici per le isole e per i commercianti

L’articolo 13 del decreto leggi 121 del 10 settembre 2021, ha ampliato la portata dei beneficiari degli incentivi Resto al Sud. Grazie alle novità introdotte, potranno ottenere finanziamenti a fondo perduto e finanziamenti garantiti Fondo di Garanzia per le PMI con interessi a carico di Invitalia attività commerciali, inoltre vi è l’estensione dei benefici per area geografica. Ecco le novità.

Resto al Sud: estensione benefici alle isole

Il nuovo provvedimento amplia l’estensione territoriale delle aziende che possono accedere ai benefici, infatti sono ora ricomprese le isole del Centro Nord Italia, ad esempio Ponza, Porto Azzurro, Portovenere, Ventotene e Capraia, inoltre gli incentivi sono riconosciuti alle isole lacustri e in particolare le isole della Laguna di Grado, isole della laguna veneta, isole del Lago D’Iseo, di Garda, di Como, Trasimeno, isola d’Orta – San Giulio, isole Borromee. Puoi trovare tutte le isole comprese nella nuova estensione al link ufficiale di Invitalia https://www.invitalia.it/cosa-facciamo/creiamo-nuove-aziende/resto-al-sud/resto-qui

Estensione benefici Resto al Sud alle attività commerciali

Oltre all’estensione geografica, l’articolo 13 del decreto legge 121 del 10 settembre 2021, prevede anche un’estensione delle tipologie di attività che vi possono accedere, in particolare ora è possibile avere i benefici anche per le attività commerciali.

Le spese ammissibili variano dall’acquisto di macchinari ai costi di gestione e sono finanziabili al 100%. Di questo il 50% in forma di contributo a fondo perduto e il restante 50% come finanziamento garantito dal Fondo di Garanzia per le PMI e con interessi a carico di Invitalia. L’importo massimo del finanziamento è di 50.000 euro. Tale limite sale a 60.000 per le imprese individuali e a 200.000 euro per le imprese organizzate in forma societaria e con almeno 4 soci.

Spese finanziabili

Le spese finanziabili sono:

  • per la ristrutturazione o manutenzione straordinaria (massimo il 30% del totale della spesa);
  • spese per macchinari e impianti;
  • programmi informatici e nuove tecnologie;
  • spese di gestione, in questo caso l’importo finanziabile è il 20% del programma di spesa e rientrano in tale agevolazione anche i canoni di locazione, utenze e materiali di consumo;

Sono invece escluse le spese di progettazione, le spese per il personale e per le attività promozionali.

Per poter accedere ai benefici è necessario avere un’età compresa tra i 18 e i 55 anni di età. Il limite anagrafico non si applica nel caso in cui l’attività sia localizzata in uno dei 116 comuni del cratere sismico del Centro Italia. Un altro elemento ostativo alla percezione degli aiuti dei finanziamenti Resto al Sud è l’aver ottenuto nel triennio precedente aiuti per l’auto-imprenditorialità.

Bonus antiplastica in arrivo: contributo fino a 5mila euro per chi vende prodotti sfusi

È in arrivo il bonus antiplatica, il contributo che può arrivare fino a 5 mila euro  a favore degli esercenti che vendono prodotti sfusi. Il bonus, in particolare, andrà ai venditori che evitano il packaging. Per l’attivazione del contributo si attende l’attivazione della piattaforma per la presentazione delle domande sul sito del ministero della Transizione ecologica.

Bonus antiplastica, arrivato il decreto che contiene il contributo per ambiente e clima

Il bonus antiplastica è contenuto nel decreto attuativo adottato dal governo per incentivare gli esercenti a non utilizzare la plastica. Già previsto dal decreto sul clima del 14 ottobre 2019, il contributo assicurerà un incentivo al ritorno delle vendite senza packaging. Il provvedimento è stato firmato dal ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e dal ministro per lo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. L’obiettivo è quello di ridurre la produzione dei rifiuti in plastica, in linea con le esigenze di contrasto all’inquinamento e al cambiamento climatico.

Quanto si può avere con il contributo antiplastica?

Si tratta di un contributo a fondo perduto il cui importo può arrivare fino a 5 mila euro per spese di adeguamento dell’esercizio alla vendita di prodotti sfusi, senza packaging, o anche per un ritorno al sistema della cauzione sui contenitori. Le risorse stanziate sono pari a 40 milioni di euro, derivanti dagli stanziamenti del decreto legge “Clima” di 20 milioni per il 2020 e di altrettanti per il 2021. Non è possibile presentare domanda per questo contributo se già si è presentata istanza per altri contributi riguardanti le stesse voci di spesa.

Modalità di vendita per usufruire del bonus antiplastica

Le previsioni sulla platea del bonus antiplastica indicano nei piccoli esercizi di vicinato i più propensi a presentare domanda. Ma il contributo non esclude la media e la grande distribuzione. Nel dettaglio, i prodotti che determinano una vendita e consumo di materie plastiche riguardano biscotti e olio, per il settore alimentare, ma anche i saponi e i detersivi. Proprio per un ritorno vintage senza packaging, il venditore dovrà evitare di vendere i prodotti in contenitori monouso. Potrà, però, utilizzare il sistema della cauzione.

Contributo antiplastica, predisposizione di spazi di vendita di prodotti sfusi

In linea generale, dunque, piccoli e grandi venditori, secondo quanto prevede il decreto, dovranno predisporre “spazi dedicati alla vendita ai consumatori di prodotti alimentari e detergenti, sfusi o alla spina, o aprire nuovi negozi che prevedano esclusivamente la vendita di prodotti sfusi”. Si tratterà di un incentivo per tornare alla vendita con sistemi di qualche decennio fa. Lo svolgimento dell’attività di vendita deve avere un periodo minimo di 3 anni se non si voglia perdere il bonus.

Su cosa è possibile richiedere il bonus antiplastica? Le spese ammissibili

Per ottenere il contributo fino a 5 mila euro nella domanda dovranno essere indicate le spese ammissibili. Queste riguardano:

  • l’adeguamento dei locali;
  • la progettazione e la realizzazione dei punti vendita oppure di spazi dedicati;
  • l’acquisto di attrezzature che favoriscano la vendita di prodotti sfusi;
  • l’arredamento e l’allestimento del punto vendita o anche solo dello spazio dedicato;
  • le spese di pubblicità a favore dell’iniziativa.

Quali sono le spese sulle quali si può richiedere il contributo antiplastica?

Le spese devono riferirsi al 2021 ma possono essere rimborsare anche quelle sostenute nel 2020. Sono escluse, invece, le spese relative all’acquisto o all’igienizzazione dei contenitori o dei prodotti alimentari o dei detergenti che sono stati venduti.

Come si presenta domanda per il bonus antiplastica?

Sarà possibile presentare domanda per il bonus antiplastica non appena il ministero per la Transizione ecologica metterà a punto la relativa piattaforma internet. Per le spese inerenti l’anno 2020, il contribuente avrà 60 giorni per presentare domanda dalla data di attivazione della piattaforma stessa. Per le spese relative al 2021, invece, c’è tempo per presentare domanda fino al 30 aprile 2022. Entro 90 giorni dalla presentazione dell’istanza, sarà comunicata al contribuente l’accettazione o meno della domanda stessa. In caso di esito positivo, verrà specificato anche l’importo spettante in relazione alle spese sostenute.

 

Imposizione contributiva artigiani e commercianti, come scaricare F24 dal sito Inps

Sono disponibili sul sito Inps i dati relativi agli importi e ai codici utili per la compilazione dei modelli F24 ai fini dell’imposizione contributiva di artigiani e commercianti. È lo stesso Istituto di previdenza a informare le categorie lavorative interessate con la circolare numero 17 del 9 febbraio 2021 e con il messaggio numero 1861 del 10 maggio 2021.

Circolare Inps per i contributi di artigiani e commercianti

Con la circolare numero 17, avente a oggetto “Artigiani ed esercenti attività commerciali: contribuzione per l’anno 2021”, l’Inps ha comunicato gli importi dei contributi dovuti sia dai commercianti che dagli esercenti delle attività commerciali per il 2021. In particolare, gli autonomi appartenenti alle due categorie lavorative devono scaricare e pagare l’F24 ogni tre mesi, alle scadenze prefissate del 16 maggio, del 20 agosto, del 16 novembre e del 16 febbraio dell’anno successivo.

Imposizione contributiva artigiani e commercianti, la comunicazione Inps

Inoltre, l’Istituto previdenziale ha fatto presente che i dati di dettaglio della contribuzione dovuta per lo stesso anno alle scadenze fissate dalla legge, e i codici Inps (o codeline) necessari per compilare i modelli “F24” e le informazioni sul modello “F24 precompilato”, nonché quelle sull’Associazione di categoria e i relativi importi delle quote dovute per i soggetti interessati, sono reperibili sul sito stesso dell’Inps nella sezione del “Cassetto previdenziale per Artigiani e Commercianti”. Da questa sezione è necessario accedere alla “Posizione assicurativa” e, successivamente, ai “Dati del modello F24”.

Artigiani e commercianti, accesso al sito Inps

Pertanto, la procedura per scaricare i contributi da versare tramite il modello F24 per artigiani e commercianti va fatta interamente sul sito Inps. Dal sito ufficiale è necessario accedere alla sezione “Entra in MyINPS” e inserire il codice fiscale e il Pin. In alternativa si può usare lo Spid, la Carta di identità elettronica (CIE) o la Carta nazionale dei servizi (CNS).

Sito Inps, come arrivare facilmente al ‘Cassetto previdenziale artigiani e commercianti’

Una volta che l’artigiano o il commerciante ha effettuato l’autenticazione sul sito dell’Inps si può procedere con il fare una ricerca dalla sulla barra posta in alto, in corrispondenza della lente di ingrandimento. Le parole da digitare per abbreviare il percorso sono “cassetto commercianti”. In base ai risultati della ricerca è necessario cliccare su “Cassetto previdenziale per artigiani e commercianti”. In questa sezione, il portale chiede di digitare il codice che compare nell’immagine per poter procedere.

I dati del modello F24 nel Cassetto previdenziale

Successivamente si accede nel dettaglio del cassetto previdenziale: dal menù di sinistra la sezione di interesse è “Posizione Assicurativa” e poi, dalla tendina che si apre, “Dati del modello F24“. Il sistema propone vari F24, ma i modelli di interesse sono quelli per i quali sono dichiarati gli importi. Il primo dato in alto della colonna che può comparire è quello del 16 febbraio che è relativo all’importo dell’anno precedente. In successione si visualizzano gli importi relativi all’anno in corso e, in particolare:

  • la scadenza del 16 maggio;
  • quella del 20 agosto;
  • la scadenza del 16 novembre;
  • in basso, la scadenza 16 febbraio dell’anno successivo.

Come leggere e scaricare i dai Inps relativi ad artigiani e commercianti

Nella stessa schermata, l’artigiano o il commerciante visualizzerà la colonna “Periodo dal” e “Periodo al” che descrive il periodo di competenza per il pagamento dei contributi. Nella colonna “Importo euro” il portale mostra i modelli F24 che sono stati già calcolati dall’Inps e la relativa data di scadenza. Per scaricare i modelli F24 è sufficiente cliccare sul simbolo del Pdf, posto all’estremità destra dello schema.

Quanti contributi si pagano con una partita Iva?

I titolari di partita Iva sono soggetti al pagamento dei contributi all’Inps o alla Cassa previdenziale di appartenenza. La contribuzione è legata ai soggetti che esercitano un’attività commerciale oppure professionale, in forma autonoma o associata. I contributi previdenziali, per chi vuole aprire una partita Iva o per chi già esercita in proprio, rappresentano una quota consistente delle uscite, pari mediamente a circa un quarto dei redditi annuali.

Contributi previdenziali, pagamento all’Inps o alla Cassa professionale?

Risulta importante chiarire fin dall’inizio che i contributi possono essere pagati all’Inps o alla Cassa previdenziale. Nel primo caso, sono tenuti al pagamento gli artigiani, i commercianti e i professionisti che non hanno una cassa previdenziale. A quest’ultima sono tenuti al pagamento dei contributi i professionisti iscritti a un albo o a un ordine professionale.

Contributi previdenziali: quali differenze in base all’attività che si esercita

I contributi da versare, all’Inps o alla Cassa previdenziale, non sono uguali per tutte le categorie di lavoratori autonomi. L’importo da versare, infatti, dipende da quale attività si svolga e a quale delle grandi categorie si rientri tra:

  • artigiani;
  • commercianti;
  • lavoratori autonomi senza Cassa previdenziale;
  • autonomi con Cassa previdenziale.

Contributi previdenziali di artigiani e commercianti

Rientrano nella categoria degli artigiani i lavoratori in proprio la cui attività è rivolta alla produzione di beni o di servizi. Esempi di artigiani si ritrovano negli idraulici, nei falegnami, negli elettricisti, nei pasticceri e gelatai, nei massaggiatori, nei parrucchieri ed estetisti, nei fotografi. I commercianti, invece, svolgono la propria attività autonoma acquistando e vendendo beni di consumo.

Contributi Inps fissi e a percentuale per gli artigiani e i commercianti

I contributi Inps che pagano gli artigiani e i commercianti partita Iva sono fissi e a percentuale. I contributi fissi sono sempre dovuti, indipendentemente dai compensi percepiti annualmente dalle due categorie. Se un artigiano, nell’anno di riferimento, non percepisce redditi, deve comunque versare all’Inps i contributi. La somma da versare è comunicata, anno per anno, proprio dall’Inps con apposita comunicazione. Per l’anno 2021 gli artigiani devono versare contributi fissi per 3.836 euro, mentre i commercianti 3.850 euro.

Artigiani e commercianti, quando si pagano i contributi fissi e i contributi a percentuale

Artigiani e commercianti pagano l’importo stabilito dall’Inps per i contributi fissi in quattro rate annuali. Il primo pagamento deve avvenire entro il 16 maggio, il secondo entro il 20 agosto, il terzo entro il 16 novembre e l’ultimo entro il 16 febbraio dell’anno successivo. Tuttavia, se il reddito annuale delle due categorie supera i 15.953 euro, si dovranno pagare anche i contributi a percentuale.

Partite Iva, contributi Inps a percentuale: quanto si paga?

Sono due essenzialmente le soglie di reddito per i pagamenti a percentuale di artigiani e commercianti con partita Iva. Tutte le percentuali vanno pagate per la parte di reddito che eccede i 15.953 euro. Le percentuali variabili, dunque, vanno ad aggiungersi ai contributi fissi da pagare all’Inps.  In particolare:

  • per redditi da 15.953 euro fino a 47.379 euro, gli artigiani nel 2021 pagano il 24%, i commercianti il 24,09%;
  • per redditi oltre la soglia dei 47.379 euro gli artigiani pagano il 25% e i commercianti il 25,09%.

Esempi di pagamento di contributi Inps per artigiani e commercianti

Se un contribuente, artigiano o commerciante con partita Iva, ha un reddito annuale di 11.000 euro, dovrà pagare i contributi fissi non superando la soglia minima di 15.953 euro. Il pagamento deve avvenire entro le 4 scadenze fissate annualmente. Se, invece, il reddito è pari a 26.000 euro, oltre ai minimi contributivi stabiliti annualmente, la partita Iva (ad esempio, un artigiano) dovrà pagare il 24% sulla differenza tra 26.000 euro e 15.953 euro (10.047 euro), pari a 2.411 euro.

Partite Iva, totale dei contributi Inps da versare tra fissi e a percentuale

Il totale dei contributi dovuti dall’artigiano sono pari a 3.836 euro di contributi fissi più 2.411 euro di contributi a percentuale, per un complessivo di 6.247 euro. Se il reddito è elevato, i contributi da pagare dall’artigiani possono essere molto più alti. Ad esempio, se il reddito da dichiarare è pari a 60.000 euro, oltre ai contributi fissi di  3.836 euro, l’artigiano dovrà pagare:

  • il 24% sulla differenza tra 47.379 euro e 15.953 euro, pari a 7.452 euro;
  • il 25% sulla differenza tra 60.000 euro e 47.379, pari a 3.155 euro;
  • il totale dei contributi che l’artigiano dovrà versare è pari a 3.836 euro più 7.452 euro più 3.155 euro, ovvero 14.443 euro di contributi previdenziali Inps.

Scadenze del pagamento dei contributi Inps a percentuale

I contributi a percentuale, a differenza di quelli fissi, hanno due scadenze: la prima al 30 giugno, la seconda al 30 novembre. Inoltre, artigiani e commercianti hanno massimali contributivi, oltre i quali non si pagano contributi. Per il 2021 il massimale fissato dall’Inps è pari a 103.055 euro. Eventuali redditi eccedenti questo massimale non sono soggetti ad alcun contributo previdenziale.

Contributi Inps dei lavoratori con partita Iva e senza Cassa previdenziale

I lavoratori autonomi con partita Iva e senza l’iscrizione a una Cassa previdenziale di appartenenza, hanno l’obbligo dell’iscrizione alla Gestione separata Inps. Dall’iscrizione ne deriva l’obbligo del pagamento dei contributi previdenziali che per il 2021 sono pari al 25,98% dei redditi dell’anno di riferimento. Rispetto agli artigiani e ai commercianti, i lavoratori autonomi come freelance e liberi professionisti senza albo a titolo di esempio, non pagano i contributi Inps fissi. L’importo da pagare, dunque, è in proporzione a quanto si guadagna. Tuttavia, è importante raggiungere il tetto minimo dei 15.953 euro fissati dall’Inps. Infatti, al di sotto di questa somma, l’Inps non accredita l’anno di contributi utile ai fini della pensione. Il massimale è fissato, invece, a 103.055 euro per il 2021.

Partite Iva con Cassa previdenziale autonoma: quali contributi?

I calcoli e i contributi fatti per artigiani, commercianti e autonomi con partita Iva ma senza albo o ordine professionale, non valgono per i professionisti appartenenti a una Cassa previdenziale. Ad esempio, gli avvocati hanno la propria Cassa previdenziale, come anche gli ingegneri, i giornalisti e gli architetti. Per il calcolo dei contributi da versare è necessario, pertanto, far riferimento alle regole e ai calcoli della propria Cassa previdenziale di appartenenza. Solo in mancanza di una Cassa previdenziale, come ad esempio avviene per i consulenti aziendali, sono da applicare le regole dei lavoratori autonomi con partita Iva ma senza Cassa.