Indennità Iscro 2023 per lavoratori autonomi. Al via le domande

Dal giorno 8 maggio 2023 e fino al 31 ottobre 2023 i lavoratori autonomi iscritti alla gestione Separata Inps possono chiedere di accedere all’indennità Iscro 2023. Ecco chi può chiederla e come.

Cos’è L’Iscro 2023 per lavorartori autonomi?

L’Iscro, Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa, è una misura di sostegno per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata Inps, per potervi accedere è necessario che si verifichino dei requisiti economici. L?Iscro è stata introdotta in via sperimentale con Legge 30 dicembre 2020 numero 178 (Legge di Bilancio 2021) per sostenere il reddito dei liberi professionisti compresi professionisti in studi associati. Le modalità per richiedere quest’anno le prestazioni Iscro sono state rese note dall’Inps con il Messaggio 1636 del 5 maggio 2023. Con questo si ricorda inoltre che nell’arco del triennio è possibile accedere alla prestazione una sola volta.

Chi può accedere all’indennitàIscro 2023?

Possono presentare istanza per accedere all’Iscro 2023 i professionisti lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata Inps che:

  • non sono titolari di trattamenti pensionistici o percettori di reddito di cittadinanza;
  • non sono assicurati presso altre presso altre forme di previdenza obbligatorie;
  • nell’anno precedente alla presentazione della domanda, quindi 2022, hanno prodotto un reddito da lavoro autonomo almeno il 50% inferiore rispetto alla media dei redditi percepiti nei tre anni precedenti;
  • hanno dichiarato nel 2022 un reddito non superiore euro 8.972,04;
  • sono in regola con il versamento dei contributi obbligatori;
  • alla data della presentazione della domanda devono essere titolari di partita Iva da almeno 4 anni.
  • Il Messaggio Inps sottolinea che tranne nel caso in cui i redditi da dichiarare siano già a disposizione dell’Inps, gli stessi devono essere autodichiarati dal contribuente.

Alla presenza di questi requisiti è possibile proporre domanda per accedere all’indennità Iscro 2023.

Vediamo ora come fare.

Come proporre la domanda per accedere all’indennità Iscro 2023?

Abbiamo anticipato che la finestre per proporre istanza è aperta dal giorno 8 maggio 2023 e si chiuderà il giorno 31 ottobre.

La domanda deve essere proposta dal sito Inps accedendo alla propria pagina personale con l’identità digitale ( Spid, Cie o Cns). Effettuato questo passaggio le mosse da compiere sono:

  • “Sostegni, sussidi ed indennità”;
  • “Esplora Sostegni, Sussidi e Indennità”;
  • selezionare la voce “Vedi tutti”;
  • “Strumenti” ;
  • “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche” ;
  • “Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (ISCRO)” .

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Stralcio cartelle esattoriali contributi previdenziali: è allarme pensione per i lavoratori autonomi

A lanciare l’allarme è l’Inps con una nota inviata all’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili: lo stralcio delle cartelle esattoriali fino a 1000 euro mette a rischio i lavoratori autonomi, artigiani, commercianti e iscritti alla Gestione Separata Inps. Al mancato versamento corrisponde il non accredito dei contributi previdenziali, ecco perché si rischia la pensione.

Stralcio cartelle esattoriali: a rischio la pensione dei lavoratori autonomi

La legge di bilancio 2023 prevede diverse misure di pace fiscale, tra queste vi è lo stralcio delle cartelle esattoriali di importo fino a 1.000 euro affidate all’agente di riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2015. La ratio della norma è nell’eccessiva onerosità della riscossione che potrebbe portare maggiori costi rispetto al reale rientro economico. Tra le cartelle esattoriali che sono oggetto di stralcio automatico vi sono anche quelle dell’Inps, gli altri enti previdenziali privati invece devono deliberare se aderire o meno.

In merito però a tale stralcio l’Inps ha preferito fornire delucidazioni ai professionisti che sono al fianco dei lavoratori autonomi nella gestione delle pratiche, cioè dottori commercialisti ed esperti contabili, sottolineando che il mancato versamento degli importi delle cartelle dell’Inps porta al non accredito dei contributi previdenziali e di conseguenza si allontana la pensione.

Stralcio dei contributi per i dipendenti, nessun rischio per loro

La prima cosa da sottolineare è che la cancellazione automatica dei debiti con l’istituto di previdenza per le singole cartelle esattoriali fino a 1000 euro riguarda non solo i contributi versati a proprio favore, ma anche quelli versati per i dipendenti, ma per questi non vi sono rischi, infatti il mancato pagamento delle cartelle esattoriali per i loro contributi non andranno a inficiare la maturazione del diritto alla pensione per i lavoratori dipendenti, questo perché si andrebbe ad intaccare un loro diritto anche se non hanno alcuna responsabilità inerente il mancato pagamento.

Si applica quindi in loro favore il principio di automaticità delle prestazioni previsto dall’articolo 2116 del codice civile. La stessa regola non vale però per i contributi che il lavoratore autonomo, commerciante, artigiano, iscritto alla Gestione Separata Inps versa per se stesso. In questo caso infatti al mancato pagamento dei contributi corrisponde il non accredito del relativo periodo a fini contributivi, quindi alla cancellazione del carico presso l’agente di riscossione fa da contraltare la cancellazione dall’estratto conto Inps.

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Come evitare il mancato accredito dei contributi previdenziali?

Sottolinea l’istituto di previdenza che vi è un maggiore rischio per i lavoratori autonomi agricoli in quanto il mancato pagamento anche di una sola rata comporta il mancato accredito dell’intero anno.

Per evitare questo effetto, la soluzione è procedere al pagamento delle cartelle esattoriali inerenti i contributi previdenziali che rischierebbero di essere cancellate al 31 marzo 2023. Spetta naturalmente al lavoratore autonomo valutare quale soluzione è più conveniente in base alla situazione personale.

Non manca chi propone solo per questa tipologia di cartelle esattoriali l’introduzione dello stralcio volontario in modo da evitare effetti negativi di cui molti non sono a conoscenza. In alternativa molti propongono la possibilità di recuperare questi contributi in un secondo momento con pagamenti volontari.

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Gestione Separata Inps: le aliquote contributive aggiornate

Con la Circolare 12 del primo febbraio 2023 l’Inps ha provveduto a rendere note le aliquote contributive previste per gli iscritti alla Gestione Separata Inps. Ecco quanto dovranno pagare di contributi gli iscritti alla cassa previdenziale.

Cos’è la Gestione Separata Inps e chi deve iscriversi

La Gestione Separata Inps è la cassa previdenziale rivolta ai liberi professionisti non ricadenti in altre casse previdenziali, o meglio, non tenuti ad iscriversi ad altre casse previdenziali, ad esempio gli avvocati devono iscriversi alla cassa forense. Solo a fini esemplificativi, ricordiamo che devono iscriversi alla Gestione Separata Inps i venditori a domicilio, gli amministratori locali, i beneficiari di assegni di ricerca, dottorati di ricerca, borse di studio, spedizionieri doganali senza cassa, liberi professionisti senza cassa.

Aliquote Gestione Separata Inps 2023

Le aliquote contributive previste dalla circolare 12 del 2023 per gli iscritti alla Gestione Separata Inps sono:

  • 26,23% per i professionisti non iscritti ad altre forme previdenziali, in questo caso l’aliquota è formata dal 25% a cui si aggiunge lo 0,72% per maternità, assegni nucleo familiare, malattia, degenza ospedaliere e si aggiunge lo 0,51% come contributo Iscro.
  • Aliquota del 24% per professionisti e collaboratori titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica;
  • 33,72% per collaboratori e altre figure professionali assimilate per i quali non è prevista la contribuzione Dis-Coll;
  • 35,03% per collaboratori e altre figure professionali per le quali è prevista la contribuzione aggiuntiva Dis-Coll.

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Minimali e massimali per iscritti alla Gestione Separata Inps

L’iscrizione alla Gestione Separata Inps resta obbligatoria per coloro che dalla attività generano un reddito imponibile superiore a 5.000 euro.

Ricordiamo che per avere il riconoscimento di un’annualità piena di contributi è necessario avere un minimale di reddito per il 2023 di 17.504,00 euro.

I contributi minimi da versare di conseguenza saranno:

  • 4.200,96 euro per chi applica l’aliquota al 24%;
  • 4.591,30 euro per chi applica l’aliquota del 26,23%;
  • 5.902,35 euro per chi sconta l’aliquota del 33,72%;
  • 6.131,65 euro per chi sconta l’aliquota del 35,03%.

Ricordiamo che chi versa meno perché di fatto ha un reddito inferiore, vedrà riconosciuti in proporzione i contributi a fini previdenziali. Infine, il massimale di reddito oltre il quale non aumentano i contributi da versare è di 113.520,00 euro.

 

Influencer: in quali casi è obbligatorio aprire la partita Iva?

Il mondo degli influencer diventa sempre più nutrito e, sebbene questa professione non sia ancora del tutto riconosciuta, ci sono in realtà delle regole da rispettare per quanto riguarda tasse da pagare sui guadagni, obblighi Iva e contributi da versare. Ecco cosa sapere per fare l’influencer nel rispetto della legge.

Chi è l’influencer?

Partiamo dalla definizione, l’influencer è una persona che ha un certo seguito e quindi riesce a influenzare gli altri, in particolare riesce a influenzarne le scelte di acquisto. Riconosciute queste capacità, basate soprattutto sul numero di follower, le imprese possono scegliere un influencer per pubblicizzare i loro prodotti o servizi e quindi aumentare la clientela.

Naturalmente trattasi di un servizio a pagamento che di conseguenza genera un reddito e quindi è necessario essere in regola dal punto di vista fiscale. Tra gli influencer più conosciuti al mondo vi è sicuramente Chiara Ferragni che però gestendo un’attività piuttosto complessa viene definita anche “imprenditrice digitale” infatti la sua attività è ormai molto ampia e comprende diverse funzioni, tra cui anche stilista. Non è però l’unica, in Italia ogni giorno c’è un nuovo personaggio che si definisce influencer, ormai sono un piccolo esercito e non va diversamente nel resto del mondo, complice anche la diffusione di social come Instagram, il più utilizzato, facebook, tik tok. Molti però iniziano per gioco non rendendosi conto dei riflessi che qualunque attività generi reddito può avere.

Inquadramento professionale e codice Ateco dell’influencer

La prima cosa da sottolineare è che dal punto di vista dell’inquadramento professionale un influencer è considerato un “addetto a campagne marketing”, di conseguenza nel momento in cui si vuole iniziare l’attività in modo professionale è necessario aprire la partita Iva utilizzando il codice Ateco 73.11.02. La partita Iva per svolgere l’attività di influencer deve essere obbligatoriamente aperta nel momento in cui si svolge l’attività in maniera continuativa e abituale. Viene considerata occasionale l’attività svolta per meno di 30 giorni.

Ricordiamo che è possibile aprire una partita Iva anche con più codici Ateco e che questi possono essere aggiunti anche in un secondo momento. Ad esempio si potrebbe aggiungere il codice Ateco 73.11.01 in caso di Ideazione di campagne pubblicitarie”, in questo caso non si va semplicemente a sponsorizzare il prodotto, ma si entra anche nella parte creativa della campagna. Questo è solo un esempio.

Una volta aperta la partita Iva è necessario trattare anche l’aspetto contributivo, gli Influencer non hanno una cassa previdenziale di riferimento (ad esempio per gli avvocati c’è la Cassa Forense), di conseguenza è necessaria l’iscrizione alla Gestione Separata Inps nella sezione riservata ai liberi professionisti.

Ricordiamo che nel momento in cui si percepiscono compensi da un’azienda per proporre un servizio, anche solo per indossare un abito facendo vedere il marchio senza invitare all’acquisto in modo diretto, è necessario indicare nel contenuto stesso che si tratta di una pubblicità, basta inserire la dicitura ADV ( abbreviazione di advertising, cioè pubblicità).

Regime ordinario o forfetario?

Deve essere ricordato che quando si apre la partita Iva è possibile scegliere tra diversi regimi fiscali e in particolare ordinario, oppure Forfetario. Nel secondo caso si applica un’aliquota agevolata per l’Irpef, ma non possono essere detratte in modo analitico le spese seguendo il principio dell’inerenza, ma le spese sono calcolate in modo forfetario applicando il coefficiente di redditività. Nei due codici Ateco che abbiamo visto, lo stesso è fissato al 78%.

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NASpI, per non perdere il sussidio occorre la comunicazione dei redditi

La NASpI è la nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, si tratta di un sussidio di disoccupazione che spetta a coloro che perdono il lavoro. La Naspi può essere usufruita anche dai lavoratori iscritti alla Gestione Separata Inps, ma in questo caso è necessario rispettare precisi termini per l’invio della comunicazione dei redditi presunti e dei redditi effettivi, pena la decadenza dalla Naspi. Ecco i termini da rispettare.

Chi deve effettuare la comunicazione dei redditi per la NASpI?

I lavoratori autonomi e professionisti iscritti alla Gestione Separata Inps non perdono lo status di disoccupato nel caso in cui percepiscano dei redditi inferiori a 4.800 euro. Questo vuol dire che tali lavoratori possono continuare a percepire il sussidio Naspi. Naturalmente è essenziale che tale reddito sia dimostrato, proprio per questo motivo è prevista la decadenza dalla percezione della NASpI per gli iscritti alla Gestione Separata Inps che non adempiono a determinati oneri. In particolare, devono comunicare:

  • entro il 31 gennaio i redditi presunti che ritiene possano essere percepiti nell’anno in corso;
  • entro il 31 marzo 2023 devono essere comunicati all’Inps i redditi percepiti nell’anno 2022.

La comunicazione deve essere effettuata anche se nell’anno di riferimento il reddito è pari a 0 (zero).

Come effettuare la comunicazione dei redditi ai fini NASpI?

La comunicazione dei redditi può essere effettuata autonomamente dal singolo iscritto alla Gestione Separata Inps attraverso il modello NASpI Com disponibile sul sito Inps a cui accedere con le proprie credenziali Spid, Cie o Cns.

Il modello è semplice da compilare, dopo aver controllato i dati anagrafici, occorre selezionare la voce “Avanti”, a questo punto nella schermata successiva è necessario cliccare sulla voce “eventi che influiscono il pagamento della prestazione “ e alla successiva voce “Attività di lavoro autonoma”.

Si apre quindi un ulteriore menù a tendina in cui selezionare:

  • tipo di comunicazione: reddito effettivo per attività autonoma,
  • alla voce reddito effettivo, deve essere inserita la somma percepita ai fini Irpef nell’anno precedente,
  • occorre quindi indicare l’anno di riferimento.

Infine è presente la voce “note” in cui devono essere inserite eventuali informazioni integrative.

Coloro che non adempiono in tali modalità entro i termini previsti decadono dalla percezione dell’assegno Naspi

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NASpI: si può ottenere in caso di licenziamento disciplinare?

Indennità Iscro 2023: chi potrà fruirne e quali termini rispettare?

Coloro che sono iscritti alla Gestione Separata Inps potranno usufruire delle prestazioni Iscro 2023. Ecco i termini e le condizioni da verificare per ottenere l’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa.

A chi spetta l’indennità Iscro 2023?

Nella legge di bilancio 2021 è prevista la possibilità per i lavoratori autonomi di ottenere l’indennità straordinaria di continuità reddituale ed operativa. Si tratta di una misura non strutturale, ma straordinaria di conseguenza non è dato sapere ad oggi fino a quando sarà erogata, l’unica certezza è la conferma anche per il 2023. L’indennità Iscro 2023 spetta a coloro che sono iscritti alla Gestione Separata Inps e che esercitano in modo abituale l’attività in qualità di lavoratori autonomi.

Affinché si possa ottenere l’indennità straordinaria continuità reddituale e operativa è necessario che si verifichi una determinata condizione economica e in particolare che sia stato prodotto un reddito inferiore almeno del 50% rispetto alla media dei redditi da lavoro autonomo prodotta nei tre anni antecedenti rispetto a quello per il quale si chiede l’integrazione. Nel 2023 sarà possibile chiedere l’indennità Iscro riferita al reddito prodotto nel 2022 che deve appunto essere del 50% inferiore rispetto alla media dei tre anni antecedenti.

Oltre a questo requisito è necessario:

  • non essere titolari di reddito da pensione;
  • non essere percettori di reddito di cittadinanza;
  • non essere iscritti ad altre forme previdenziali;
  • essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali;
  • essere iscritti alla Gestione Separata Inps da almeno 4 anni.

Quando presentare la domanda Iscro 2023?

Generalmente la domanda per poter richiedere le prestazioni Iscro possono essere presentate dal primo maggio di ogni anno, fino al 31 ottobre, si attende però la circolare dell’Inps per le istruzioni operative.

A quanto ammonta l’indennità Iscro 2023?

L’indennità Iscro non è particolarmente elevata, infatti è pari al 25% dell’importo dichiarato nell’ultimo semestre il richiedente ha prodotto reddito.

L’indennità viene erogata per un periodo massimo di 6 mesi a partire dal mese successivo rispetto alla presentazione della domanda. Una delle particolarità legate a questa indennità è il fatto che può essere percepita per una sola volta, questo vuol dire che chi ha presentato la domanda nel 2022 e ha ottenuto il contributo economico non potrà presentare istanza Iscro 2023. La normativa prevede comunque che non si possa superare l’importo massimo di 815,20 euro mentre l’importo minimo è di 254,75 euro.

La domanda può essere presentata autonomamente identificandosi sul sito Inps con Cie, Spid o Cns.

Iscro 2022: entro il 31 ottobre i beneficiari devono presentare la domanda

I lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata Inps possono chiedere l’integrazione dle reddito entro il 31 ottobre 2022. Ecco i requisiti e le modalità per presentare la domanda Iscro 2022.

Iscro 2022: cos’è e chi può richiederla

L’Iscro è l’Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa, è stata introdotta dalla legge 178 del 2020, legge di bilancio 2021, e mira a dare continuità reddituale ai lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata Inps.

Per l’anno 2021 è possibile richiedere l’ISCRO entro il 31 ottobre 2022. Ecco i requisiti:

  • non essere titolari di un trattamento pensionistico diretto e non essere assicurati presso altre gestioni pensionistiche;
  • non essere beneficiari di reddito di cittadinanza;
  • aver maturato un reddito, nell’anno precedente rispetto a quello della presentazione della domanda (2021), che sia inferiore del 50% alla media dei redditi da lavoro autonomo prodotti nei tre anni antecedenti;
  • avere dichiarato un reddito, sempre nell’anno precedente rispetto a quello di presentazione della domanda (2021) non superiore a 8.299,76 euro ;
  • essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali;
  • al momento della presentazione della domanda occorre essere titolari di una partita Iva da almeno 4 anni per l’attività che ha dato titolo all’iscrizione alla gestione previdenziale in corso.

Tali requisiti devono essere posseduti congiuntamente, quindi devono verificarsi tutti per poter accedere alla ISCRO.

Importi riconosciuti per ISCRO 2022

Il beneficio viene riconosciuto per un periodo massimo di 6 mensilità a partire dal giorno successivo a quello della presentazione della domanda. Ammonta, su base semestrale, al 25% dell’ultimo reddito certificato all’Agenzia delle Entrate. In poche parole se nell’ultima dichiarazione il reddito prodotto era di 8.000 euro, viene calcolato il 25% sulla base di 4.000 euro. Occorre però ricordare che l’importo non può essere inferiore a 250 euro mensili e non può essere superiore a 800 euro mensili.

La domanda ISCRO 2022 deve essere presentata entro il 31 ottobre 2022 all’Inps utilizzando il canale telematico o il contact center al numero verde gratuito 803 164 da rete fissa oppure al numero 06 164 164 dal cellulare. In questo caso viene applicata la tariffa prevista dal proprio operatore telefonico.

Bonus 200 euro autonomi: istruzioni per richiederlo da domani 26 settembre 2022

Finalmente è arrivato il decreto attuativo che consente ai lavoratori autonomi di richiedere da domani, 26 settembre 2022, il bonus da 200 euro previsto den decreto Aiuti Bis e che gli altri lavoratori e pensionati hanno percepito a partire dal mese di luglio 2022.

Bonus 200 euro lavoratori autonomi: da domani 26 settembre è possibile presentare la domanda

Mentre molti lavoratori sono già pronti a presentare l’autodichiarazione per ricevere il bonus 150 euro previsto nel decreto Aiuti Ter ci sono molti lavoratori che ancora non hanno ricevuto il bonus da 200 euro previsto nel decreto Aiuti Bis. Ora finalmente sembra che potrà essere messo il punto. I lavoratori autonomi e professionisti da domani 26 settembre 2022 potranno fare richiesta per il bonus 200 euro.

È stato pubblicato ieri, sabato 24 settembre, il decreto attuativo, lo stesso era stato approvato già nelle settimane scorse e aveva poi dovuto superare il vaglio della Corte dei Conti. Il 20 settembre avevamo già annunciato che molto probabilmente la procedura sarebbe stata attiva dal 26 settembre, ed infatti questa data prima solo ipotizzata ora è stata confermata. Il fondo stanziato è di 600 milioni di euro.

Come richiedere il bonus 200 euro per lavoratori autonomi e professionisti?

Il Bonus 200 euro lavoratori autonomi potrà essere chiesto attraverso le piattaforme  online messe a disposizione dalle varie casse di previdenza a cui sono iscritti. I lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS dovranno andare sul sito INPS, mentre coloro che sono iscritti ad altre casse, ad esempio Inarcassa, Cassa Forense o altre dovranno andare sul sito delle singole casse. I lavoratori autonomi possono presentare le domande  a partire dalle ore 12:00. Naturalmente ognuno dovrà ustilizzare le proprie credenziali per accedere alla piattaforma di riferimento.

Riteniamo che nelle prime ore, a causa dell’elevato accesso, potrebbero esservi dei problemi di rallentamento dei vari siti. Per poter ottenere il Bonus da 200 euro per i lavoratori autonomi è necessaria l’autodichiarazione di non aver percepito nel 2022 un reddito superiore a 35.000 euro nel 2021. Inoltre per poter accedere è necessario avere un partita Iva aperta e attiva e aver versato almeno una quota di contributi alla cassa di previdenza.

Fondo casalinghe INPS: cos’è? Conviene iscriversi? Importi

Chi non lavora e quindi non matura contributi può avere una vecchiaia davvero dura da gestire. Per queste persone un’opportunità per maturare una rendita è il Fondo Casalinghe dell’INPS. Ecco come funziona, quali sono gli importi da versare e sopratuttto quale rendita si può maturare.

Perché può essere vantaggioso versare contributi nel Fondo Casalinghe dell’INPS?

In Italia le persone che non hanno versato i contributi necessari per il raggiungimento della pensione di vecchiaia solo in limitati casi possono accedere alla pensione casalinghe. Si ottiene al verificarsi di determinati requisiti reddituali:

  • reddito personale non superiore a 6.085,30 euro;
  • reddito non superiore a 12.170,60 euro per le persone coniugate .

A ben vedere si tratta di limiti molto bassi e che non consentono ad oggi di vivere in modo dignitoso.

Per evitare questo rischio, chi non riesce a trovare lavoro oppure ha scelto di prendersi cura della propria famiglia al 100%, può versare i contributi al fondo casalinghe dell’INPS. Questo offre alcuni vantaggi: permette di maturare la pensione indipendentemente dalla percezione di altri redditi. Se, ad esempio, il marito ha una pensione, il coniuge non rischia di non ottenere alcun sussidio. Cosa che oggi capita a molte persone che hanno una piccola pensione in famiglia e non riescono quindi ad accedere alla pensione casalinghe tradizionale. Vediamo quindi come funziona il fondo pensione casalinghe dell’INPS.

Fondo casalinghe dell’INPS

La prima cosa da chiarire è che in contributi in tale fondo possono essere versati da uomini e da donne, anche in questo caso purtroppo le diciture adottate possono essere fuorvianti e sono il frutto di retaggi culturali. Il Fondo Casalinghe INPS è istituito dal 1° gennaio 1997. Possono iscriversi e versare i contributi le persone che svolgono il lavoro di cura e su cui ricadono le responsabilità familiari. Vi sono però dei requisiti da rispettare. In primo luogo possono iscriversi coloro che hanno compiuto i 18 anni di età e non hanno superato 65 anni di età. In secondo luogo deve trattarsi di persone non iscritte ad altre casse previdenziali. Ad esempio un lavoratore iscritto alla Gestione Separata INPS, oppure alla cassa forense non potrebbe iscriversi. Non può iscriversi un lavoratore dipendente iscritto all’INPS.

Vi è però un’eccezione, cioè il lavoratore dipendente con contratto part time il cui numero di ore di lavoro non consente di raggiungere i requisiti per la pensione di vecchiaia.

L’iscrizione al fondo casalinghe INPS è molto semplice, infatti è possibile procedere un modo autonomo attraverso il sito dell’INPS autenticandosi con le proprie credenziali, quindi con SPID, CIE o CNS. In alternativa è possibile rivolgersi a un patronato, chiamare il contact center INPS ai numeri 803.164 gratuito da rete fissa o 06.164 164 da rete mobile. Infine, è possibile rivolgersi a uno degli sportelli dell’INPS presenti sul territorio.

Quanto si versa?

La prima cosa da dire è che l’iscrizione al fondo è gratuita. Non vi è obbligo di versare tutti i mesi i contributi, ma se gli importi versati non sono sufficienti a raggiungere il diritto alla pensione, la stessa si perde e l’INPS non restituisce i soldi. L’importo per vedersi riconosciuto un mese di contributi è di 25,82 euro, quindi per ottenere l’equivalente di un anno di contributi è necessario versare 309,84 euro.

La pensione di vecchiaia viene erogata a partire dai 57 anni di età a condizione che sia stato versato l’equivalente 60 mesi di contributi, cioè 5 anni. Per ottenere la pensione a 57 anni di età è però necessario che l’importo dell’assegno maturato sia almeno il 20% superiore all’assegno sociale. Per il 2022 l’assegno sociale ha un importo di 468,10 euro. La pensione casalinghe maturata con il fondo casalinghe INPS viene versata senza condizioni al raggiungimento di 65 anni di età.

Quanto si potrà percepire di pensione?

Qui arrivano le brutte notizie perché in effetti la pensione casalinghe viene calcolata con il sistema contributivo e in base al montante versato moltiplicato per coefficiente di trasformazione che varia in base all’età a cui si vuole accedere alla pensione.

Facciamo il caso che una persona versi il minimo previsto per 10 anni e quindi 309,84 euro l’anno, anche applicando il coefficiente di trasformazione potrebbe arrivare a un montante finale di circa 4 mila euro. Naturalmente una pensione calcolata su tali importi sarebbe davvero bassa, basta considerare quanto costano i contributi previdenziali agli altri lavoratori per capire che la rendita non può essere paragonata. Nel caso che abbiamo esaminato il contribuente non riuscirebbe ad arrivare a 20 euro al mese da percepire a partire dai 65 anni di età. Anche versando questa quota per più anni, ad esempio 20 anni, cambierebbe molto poco la prospettiva.

Quando diventa conveniente versare i contributi al fondo casalinghe INPS?

Potrebbe essere conveniente nel caso in cui nel tempo il lavoratore abbia versato dei contributi da lavoro autonomo o dipendente e voglia maturare il requisito della pensione, oppure per integrare un lavoro part time. In alternativa si possono versare somme maggiori rispetto al minimo previsto dalle normativa, che come visto è poco più di 25 euro al mese.

Partite Iva e coltivatrici dirette, maggiori tutele per congedi parentali e indennità di maternità

Per le partite Iva, i liberi professionisti e i lavoratori autonomi arrivano maggiori tutele sui congedi parentali e sulle indennità di maternità. Le nuove disposizioni rientrano nella bozza del decreto legislativo di attuazione della direttiva europea numero 1158 del 2019. In particolare, ai lavoratori autonomi spettano maggiori tutele sulla maternità difficile e sul congedo parentale per quanto attiene le indennità.

Partite Iva e professionisti, quali le novità in arrivo per la maternità e i congedi parentali?

Le nuove disposizioni comprese nel decreto legislativo prevedono che, i liberi professionisti e le lavoratrici autonome abbiano diritto alle indennità giornaliere anche nei periodi prima dei due mesi antecedenti il parto. Sarà estesa l’indennità di congedo parentale per i liberi professionisti e le partite Iva. Inoltre, per gli iscritti alla Gestione separata Inps, si innalzerà da sei a nove mesi il periodo di congedo parentale e la fruizione sarà allargata dai tre ai dodici anni del figlio.

Lavoratori autonomi e libere professioniste, le novità della maternità difficile

La prima disposizione in arrivo per le libere professioniste riguarda le iscritte alle Casse previdenziali autonome e le partite Iva per la maternità difficile. Tra le lavoratrici autonome rientrano:

  • le mezzadre, le colone e le coltivatrici dirette;
  • le commercianti e le artigiane;
  • le pescatrici autonome.

Professioniste iscritte alle Casse previdenziali e lavoratrici autonome avranno maggiori tutele in caso di maternità difficile. In particolare, entrambe le categorie autonome potranno beneficiare di un’indennità estesa a prima dei due mesi antecedenti il parto.

Cosa cambia per il parto difficile per le lavoratrici autonome e le professioniste?

La bozza del decreto legislativo, dunque, pone modifiche all’attuale disciplina sulla maternità difficile. Quest’ultima avviene nel caso di “gravi complicazioni della gravidanza o nel caso di persistenti forme morbose che potrebbero aggravare lo stato della gravidanza”. La maternità difficile deve essere accertata dalla Asl. Per tutti questi casi, la bozza del provvedimento estende il diritto a ottenere l’indennità. Attualmente, l’indennità è dell’80% di 5/12 del reddito professionale denunciato ai fini fiscali per le libere professioniste; per le lavoratrici agricole l’indennità è fissata all’80% della retribuzione minima giornaliera.

Partite Iva, in arrivo l’estensione del congedo parentale anche agli uomini

Ancora, il decreto legislativo pone maggiori tutele anche alle partite Iva e ai lavoratori autonomi per quanto attiene al congedo parentale. La misura attualmente in vigore prevede che il congedo parentale spetti alle lavoratrici autonome per un periodo di tre mesi da fruirne entro il compimento di un anno di vita del bambino. Se si tratta di adozione, entro il primo anno dall’entrata in famiglia. La bozza del provvedimento estende la stessa misura anche ai lavoratori autonomi padri.

Congedo parentale, le novità in arrivo per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata Inps

Infine, novità in arrivo anche per i professionisti senza la Cassa previdenziale. Si tratta di lavoratori autonomi, uomini e donne, iscritti alla Gestione separata Inps, che sono tenuti a versare contributi previdenziali con importi maggiorati. In tal caso, il congedo parentale verrebbe elevato da sei a nove mesi (per un periodo di almeno tre mesi da fruire da parte di ognuno dei due genitori). L’attuale normativa consente un periodo di fruizione del congedo parentale di sei mesi nei primi tre anni di vita del bimbo. Complessivamente, la coppia può usufruire di sei mesi di congedo parentale.

Congedo parentale, come potrebbe cambiare per partite Iva e professionisti della Gestione separata Inps?

Il cambiamento, rispetto all’attuale normativa, del congedo parentale per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata Inps prevederebbe:

  • un periodo di fruizione incrementato dagli attuali sei mesi a nove mesi;
  • si potrebbe usufruire del congedo parentale entro i primi dodici anni di vita del figlio;
  • ciascun genitore potrebbe beneficiare di un periodo minimo di tre mesi del congedo parentale;
  • a uno dei due genitori spetterebbe un periodo aggiuntivo di tre mesi (dunque, il congedo spetterebbe per tre mesi a un genitore e per sei mesi all’altro);
  • non si può superare il limite dei nove mesi sommando i congedi parentali dei due genitori.