Petizione salario minimo, è boom di firme

Uno dei dibattiti che sta infuocando l’estate 2023 è quello sul salario minimo, online è disponibile la petizione per la raccolta firme che ha ottenuto subito un successo inaspettato, ma cosa vuol dire salario minimo?

Salario minimo, gli svantaggi

Il salario minimo a 9 euro l’ora (lordi) è una misura richiesta dalle opposizioni, tranne Italia Viva, che chiedono di fissare con legge una paga minima oraria sotto la quale non si può andare.A supporto del salario minimo anche la CGIL, mentre la UGL è contraria.

Le forze di maggioranza dal loro canto osteggiano questa misura in quanto ritengono che per molti lavoratori potrebbe deteriorare le condizioni di lavoro visto che molti contratti collettivi di lavoro prevedono un salario minimo più elevato rispetto a tali 9 euro.

Le forze di maggioranza, tra cui Fratelli d’Italia, la Lega e Forza Italia, preferiscono agire sul cuneo fiscale come misura per aumentare gli stipendi. Si è parlato del salario minimo come una misura assistenzialista, una misura che potrebbe deprimere la contrattazione privata e in molti settori portare una riduzione dei salari e, infine, di una misura che potrebbe mettere in difficoltà molte imprese.

Petizione salario minimo, un boom di firme in poche ore

Proprio per questo motivo si è pensato di lanciare una petizione, cioè lasciare che siano gli italiani a manifestare la loro volontà e “scegliere” se chiedere un salario minimo previsto da legge.

La petizione può essere firmata al sito https://www.salariominimosubito.it/ e in poche ore ha avuto un successo inaspettato. Infatti, nonostante i problemi tecnici verificatisi nelle prime ore dal lancio della piattaforma, in soli due giorni, sebbene l’iniziativa non abbia ricevuto adeguata pubblicità, sono state raccolte 240 mila firme e si ritiene che con il rientro dalle vacanze che inizia in questi giorni le firme possano ulteriormente incrementarsi. Segno che gli italiani ritengono il salario minimo una misura auspicabile. L’obiettivo è raggiungere un milione di firme.

Per firmare non serve un’identità digitale, infatti la raccolta non mira a una proposta di legge che d’altronde già esiste, ma solo a manifestare la volontà degli italiani. Basta inserire nome e cognome e in pochi minuti la procedura è conclusa.

Contrasto al lavoro povero affidato al CNEL

Si ricorda che il presidente del consiglio Giorgia Meloni, in seguito a pressioni, ha deciso di chiedere al CNEL di esprimersi sulla questione e di avanzare una proposta di legge sul lavoro povero, non deve per forza trattarsi del salario minimo, ma di misure volte a superare lo sfruttamento nel mondo del lavoro. In Italia infatti vi sono molti lavoratori, quindi non disoccupati, che purtroppo ricevono un salario insufficiente a una vita dignitosa.

Non manca chi, come il Fatto Quotidiano, è andato a ritroso e ha trovato proposte di legge dei partiti dell’attuale maggioranza governativa che auspicavano l’applicazione di un salario minimo previsto per legge che evitasse l’odiosa pratica dello sfruttamento dei lavoratori.

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BCE annuncia un nuovo aumento del costo del denaro. Critiche dall’Italia

Il presidente della Bce, Christine Lagarde, nel suo intervento in occasione dell’Ecb Forum on Central Banking 2023 del 27 giugno 2023 ha annunciato un nuovo, imminente, aumento del costo del denaro. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ribadito che non è la soluzione.

Lagarde: nuovo aumento del costo del denaro a Luglio

L’ultimo aumento del costo del denaro è solo di qualche giorno fa, ha portato un aumento dei tassi di interesse su mutui a tasso fisso e variabile, ma ha un forte impatto anche sulle imprese che, se hanno bisogno di liquidità per fare investimenti, sanno che avranno condizioni di prestito particolarmente gravose.

L’obiettivo della BCE è contenere l’inflazione attraverso una politica monetaria in grado di incidere sulla domanda di beni e quindi sui prezzi. A un anno dall’inizio della nuova strategia della Bce, gli effetti sull’inflazione sono ridotti, le famiglie e le imprese italiane hanno difficoltà a far fronte agli impegni economici e sono in molti ad annunciare un rischio recessione per l’Italia.

Giorgia Meloni: l’aumento dei tassi non è la soluzione

Il premier Giorgia Meloni nel discorso alla Camera ha sottolineato “la semplicistica ricetta dell’aumento dei tassi non pare a molti la strada più corretta da perseguire. Questa inflazione non è figlia di un economia che cresce ma di fattori esogeni come la crisi energetica. Non si può non considerare il rischio che l’aumento dei tassi finisca per colpire più le economie che l’inflazione, che la cura si riveli più dannosa della malattia”. Secondo il Presidente del Consiglio l’Italia ha bisogno di sostegno alla crescita e non di misure che rischiano di mettere in difficoltà ancora di più le persone.

Certo per chi ha stipulato un mutuo a tasso variabile nell’ultimo anno e che quindi ancora beneficia poco degli effetti sulla rata dell’ammortamento, ha notevoli difficoltà e ha visto la rata crescere a dismisura. Chi vuole accedere ora a un finanziamento sa che le condizioni sono proibitive, non solo perché i tassi sono alti, ma anche perché le banche hanno stretto le maglie del credito.

Antonio Tajani: errati gli annunci con largo anticipo

Sulla stessa linea il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani che è intervenuto al X Congresso confederale nazionale della Confsal, dove ha sottolineato che il costante aumento del costo del denaro non favorisce la crescita, inoltre critica la politica dell’annuncio con largo anticipo perché va a irrigidire ancora di più gli operatori. Tajani sottolinea che l’aumento del costo del denaro non è la soluzione giusta perché noi soffriamo un’inflazione non dovuta a situazioni interne, ma a fattori esterni come la guerra ai confini dell’Europa che ha portato aumenti nel settore energetico che a catena si sono riversati su tutto il sistema a causa del loro perdurare. Insomma l’aumento dei prezzi non è dovuto all’aumento della domanda quindi non si deve agire sulla domanda di beni e ricalibrare domanda/offerta.

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Giorgia Meloni, Fisco deve essere amico delle imprese. Stop comportamenti vessatori

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha partecipato attraverso un video-messaggio all’Assemblea dell’Ance ( associazione nazionale costruttori edili) che si è tenuta a Roma. Diversi i punti toccati nel suo intervento, ma ha puntato soprattutto sulla necessità di un Fisco alleato delle imprese, obiettivo da realizzare con la riforma fiscale.

Giorgia Meloni ai costruttori edili: il fisco deve essere amico delle imprese

La partecipazione di Giorgia Meloni all’assemblea dell’Ance ha un importante significato, infatti la categoria dei costruttori edili è in allarme a causa delle difficoltà create dal blocco delle cessioni del credito e dai crediti incagliati. Non ha però toccato l’argomento. Ha invece concentrato l’attenzione sul disegno di legge di delega fiscale sottolineando che fin dalla prima stesura è stata chiesta la collaborazione dei professionisti che si occupano di fisco e in particolare dei commercialisti e che molti spunti da loro offerti sono entrati nel disegno di legge di delega.

Giorgia Meloni ha ribadito che è arrivato il momento di cambiare passo, non è giusto che le imprese siano sempre accompagnate dal pregiudizio di evasione fiscale, deve essere data loro fiducia perché sono il fulcro dell’economia, solo nel momento in cui effettivamente si scoprono comportamenti non leali con il Fisco è necessario prendere provvedimenti. Il fisco non deve più avere un atteggiamento vessatorio.

Interventi in favore delle imprese

Dal punto di vista pratico questo nuovo atteggiamento si sostanzia nella semplificazione burocratica, a cui si aggiungono sgravi per le aziende che assumono. Il principio deve essere che più si assume più si aiuta lo Stato e di conseguenza chi assume deve essere premiato. Il meccanismo di premialità dovrà tenere in considerazione il rapporto tra fatturato e spesa per il personale.

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Un altro principio base della riforma fiscale è la riduzione del carico fiscale e in questo caso Giorgia Meloni accenna nuovamente alla flat tax incrementale per i lavoratori dipendenti, ipotesi che sembrava accantonata nei giorni passati.

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Naturalmente anche la riduzione delle aliquote Irpef da tre a due e l’eliminazione delle microtasse, come il Superbollo contribuscono effettivamente a ridurre la pressione fiscale.

Un altro punto toccato riguarda le sanzioni tributarie che secondo il Presidente del Consiglio devono essere proporzionate in modo da non mettere in eccessiva difficoltà le imprese.

Giorgia Meloni ha sottolineato che il cambio di passo del Governo verso le imprese è molto evidente, infatti già nei mesi scorsi vi sono stati provvedimenti come la sospensione dell’invio di avvisi di accertamento nel mese di agosto e lo spostamento dei termini di versamento che ricadono nel periodo feriale.

Nuovo codice degli appalti. Le principali novità per le imprese

Con l’obiettivo di rendere celeri le procedure di appalto in modo da rappresentare un volano per l’economia del Paese, Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini, ha approvato il decreto legislativo di riforma del codice degli appalti. Ecco le novità principali nuovo codice degli appalti.

Digitalizzazione nel nuovo codice degli appalti

Il nocciolo principale della riforma del codice degli appalti riguarda la digitalizzazione che viene posta al centro della riforma con l’obiettivo di rendere celeri le procedure senza rinunciare ai principi cardine che sono alla base del nostro ordinamento e quindi trasparenza della Pubblica Amministrazione, celerità ed efficienza. I pilastri della digitalizzazione sono la banca dati nazionale dei contratti pubblici e il fascicolo virtuale dell’operatore economico messo a punto dall’Anac, Autorità nazionale anti-corruzione. Con la nuova riforma, oltre ad avere una procedura di affidamento completamente digitalizzata, ci sarà anche l’accesso agli atti solo digitale. A loro volta tutti i cittadini potranno chiedere la documentazione degli appalti attraverso l’accesso civico generalizzato agli atti.

Opere prioritarie

Particolare attenzione viene posta a quelle che sono classificate come opere prioritarie, le stesse hanno una disciplina particolareggiata di cui la sintesi è:

  • all’interno del Def (documento di economia e finanza) in seguito a un confronto con gli enti locali, il Governo dovrà inserire le opere prioritarie.
  • i termini per la progettazione saranno ridotti;
  • all’interno del Consiglio superiore dei lavori pubblici viene istituito un comitato speciale che avrà il compito di esaminare questi progetti;
  • la nuova disciplina prevede anche un meccanismo di superamento del dissenso qualificato all’interno della conferenza dei servizi attraverso un decreto del Presidente del Consiglio;
  • al fine di ridurre i termini ci sarà una valutazione in parallelo inerente l’interesse archeologico.

Le altre novità del nuovo codice degli appalti

Tra le importanti novità vi è l’esclusione degli appalti per le opere di manutenzione ordinaria.

Nel nuovo codice degli appalti viene reintrodotta la figura del contractor general si tratta di un professionista privato che dietro contratto “rappresenta gli interessi della Pubblica Amministrazione”. Viene inoltre semplificata la partecipazione degli investitori istituzionali alle gare per l’affidamento di progetti di partenariato pubblico-privato (PPP) per il promotore viene confermato il diritto di prelazione sull’opera.

Per i settori speciali ( acqua energia e trasporti) si procede con una maggiore flessibilità attraverso l’introduzione di un elenco di “poteri di autorganizzazione” riconosciuti alle imprese pubbliche e ai privati titolari di diritti speciali o esclusivi.

Si introduce il subappalto a cascata.

Per i concessionari scelti senza gara d’appalto viene introdotto l’obbligo di subappaltare il 50-60% del lavori. L’obbligo non si estende ai settori speciali come gas, luce, ferrovie e aeroporti.

Il nuovo codice degli appalti prevede anche un rafforzamento delle funzioni di vigilanza e sanzionatorio dell’Anac.

Il nuovo codice degli appalti entra in vigore dal primo aprile 2023 mentre l’abrogazione del codice previgente avviene il 1° luglio 2023.

Superbonus 110%: addio a ogni ipotesi di proroga per i condomini

Gli interessati al Superbonus 110% in queste settimane hanno vissuto un vero bombardamento di notizie che confermavano o smentivano la proroga al 31 dicembre e in alcuni casi si è vociferato anche il 15 gennaio, ma ora il Governo Meloni sembra aver messo definitivamente fine a questo alternarsi di notizie di senso contrario. Ecco cosa succede.

Il Governo mette la parola fine al Superbonus 110%: nessuna proroga per i condomini

A dire il vero Giorgia Meloni che guida il Governo non ha mai avuto dubbi: il Superbonus costa troppo e di conseguenza è ora di cambiare rotta, lo ha detto da sempre, fin dalla campagna elettorale. Di conseguenza, nonostante la normativa prevedeva che i condomini avrebbero potuto sfruttare gli effetti del Superbonus 110% per tutto il 2023, le norme sono state cambiate. La nuova disciplina, inserita nel decreto Aiuti Quater, prevede che potranno avvalersi del Superbonus 110% solo i condomini che entro il 25 novembre hanno presentato la Cilas (Comunicazione inizio lavori asseverata Superbonus ).

L’alternarsi di notizie su una eventuale proroga al 31 dicembre 2022 o addirittura a 15 giorni successivi all’entrata in vigore della legge di bilancio 2023, quindi tendenzialmente il 15 gennaio 2023, è dovuto al fatto che molti partiti hanno presentato emendamenti volti ad estendere tale diritto.

Avevamo però già fatto notare nei precedenti articoli che una proroga con queste date sarebbe quasi inutile perché di fatto i condomini fino all’approvazione della legge di Bilancio 2023 non hanno certezze e quindi sono fermi, non procedono alla progettazione dei lavori, sarebbe troppo rischioso e di fatto la legge sarà approvata dopo il 20, molto probabilmente dopo il 25 e quindi i tempi sono davvero troppo ristretti.

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Ipotesi per sbloccare le cessioni del credito

Nonostante questo, le notizie hanno continuato a rimbalzare dando quasi per certa la proroga, mentre il Presidente del Consiglio Meloni continuava a dire che non c’era spazio. Arriva ora l’ennesima doccia fredda dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che continua a sottolineare che non vi sono risorse per una proroga del Superbonus e che il nodo principale da sciogliere riguarda i crediti incagliati e proprio per questo si sta lavorando all’ipotesi di allargare le maglie della cessione dei crediti maturati. Tra le proposte vi è anche la possibilità di ottenere la garanzia dello Stato in favore delle imprese che hanno crediti incagliati derivanti dal Superbonus.

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Decontribuzione Sud: nuova proroga per imprese fino al 31 dicembre 2023

Continua anche per il 2023 la misura denominata Decontribuzione Sud che prevede una riduzione del 30% del costo dei contributi in favore delle aziende che assumono al Sud. Ecco i dettagli.

Arriva la proroga di Decontribuzione Sud per tutto il 2023

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato che la Commissione europea ha autorizzato anche per il 2023 l’applicazione della misura denominata Decontribuzione Sud e che mira ad agevolare le imprese del Meridione che decidono di assumere. L’obiettivo è rendere la misura strutturale. Deve sottolinearsi che la misura ha visto la luce per la prima volta nella legge di bilancio 2021 e prevede l’applicazione fino al 2029, ma l’Unione Europea provvede ad autorizzazioni solo temporanee, l’ultima in scadenza al 31 dicembre 2022.

La buona notizia è che la misura, non solo è stata prorogata al 30% fino al 31 dicembre 2023, ma non è stata considerata dall’Unione Europea un Aiuto di Stato, questo vuol dire che non rientra tra le misure da indicare nell’Autodichiarazione Aiuti di Stato e non contribuisce al raggiungimento delle soglie previste dalla relativa disciplina. Inoltre la decontribuizione non incide negativamente sulla maturazione del requisito pensionistico.

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Particolare soddisfazione è stata espressa non solo da Giorgia Meloni, ma anche dal Ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto che ha sottolineato come questa possa essere considerata un’importante misura per le imprese del Sud che soffrono più delle altre la particolare congiuntura economica del periodo.

Cosa prevede Decontribuzione Sud

A questo punto è bene delimitare il campo di applicazione. Decontribuzione Sud è una misura in favore delle Regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia, Sardegna, Basilicata, Puglia, Calabria. Spetta per le assunzioni in tutti i settori, esclusi il settore agricolo e il lavoro domestico. Lo sgravio contributivo è del 30%, ma non si applica ai premi Inail e ai versamenti in favore dei vari fondi. Inoltre non possono usufruirne consorzi, enti ecclesiastici, IACP, fondazioni.

Con la Circolare 90 del mese di luglio 2022 l’Inps aveva invece provveduto a chiarire ulteriormente i requisiti necessari per poter ottenere l’agevolazione. La stessa infatti è riservata ad imprese che:

  • siano in regola con gli obblighi di contribuzione previdenziale secondo la normativa del Durc ( Documento Unico regolarità contributiva);
  • rispettino le norme fondamentali sulla sicurezza sul luogo di lavoro;
  • rispettino accordi e contratti collettivi.

Leggi anche Durc online: entro quanto tempo dalla richiesta viene rilasciato?

Resta infine da sottolineare che decontribuzione Sud è compatibile con altre forme di incentivo o aiuto, tranne nel caso in cui sia proprio la disciplina specifica a vietare il cumulo.

Salta il tetto all’uso del contante. Cosa sta succedendo?

Circola ormai da ore la notizia che il tetto all’uso del contante innalzato a 5.000 euro è sparito dal decreto Aiuti Quater, ma cosa sta succedendo?

Corsa ad ostacoli per il decreto Aiuti Quater: salta il tetto all’uso del contante a 5.000 euro

Mancano ormai poche ore alla pubblicazione del tanto agognato decreto Aiuti Quater e arrivano brutte sorprese per chi pensava di poter usare liberamente il contante fino a 5.000 euro. Le prime indiscrezioni ci sono state già ieri sera, poi è arrivata la conferma, il tetto all’uso del contante previsto nel decreto Aiuti Quater non c’è più. La norma aveva portato il tetto all’uso del contante da 2.000 euro a 5.000 euro, le proposte iniziali erano di portare tale limite addirittura a 10.000 euro.

In molti avevano criticato questa scelta in quanto potrebbe aumentare la potenziale evasione e ha fatto scalpore una lettera arrivata al Corriere della Sera di un artigiano che candidamente ammetteva che grazie a questa soluzione poteva dare ai clienti prodotti non fatturati facendo loro risparmiare sul prezzo. La lettera inziava candidamente così: “Sono uno dei tanti che fattura solo una parte delle sue entrate e prima vivevo nel timore di essere segnalato all’Agenzia delle entrate“. La mancata fatturazione, dice l’artigiano, consente di risparmiare su Iva, Irpef e contributi.

Innalzamento del tetto del contante a 5.000 euro non è urgente

Forse è stata proprio questa lettera a portare il Presidente della Repubblica Mattarella che, ricordiamo, “promulga le leggi ed emana i decreti legge” dopo un controllo sul rispetto della Costituzione, a indurlo a chiedere al Governo di eliminare questa norma del decreto Aiuti Quater.

La motivazione formale è che l’aumento del tetto del contante a 5.000 euro non è una misura avente il carattere dell’urgenza e di conseguenza non può essere inserito all’interno del decreto legge. Secondo fonti varie, la segnalazione del problema sarebbe stata fatta dal Presidente Mattarella a Giorgia Meloni in via informale nei normali rapporti di interlocuzione tra Colle e Palazzo Chigi. Occorre ricordare che nella formulazione presente nel decreto Aiuti Quater l’innalzamento del limite al contante a 5.000 euro sarebbe comunque entrata in vigore solo da gennaio 2023 e proprio questa caratteristica ha fatto propendere per la non urgenza del provvedimento.

Naturalmente il Governo ha promesso di inserire tale norma all’interno della legge di bilancio ci sarà ancora ulteriore tempo quindi per scrivere il provvedimento. Questa però non è l’unica novità, infatti il ministro Giorgetti ha dichiarato ieri che nella legge di bilancio ci saranno provvedimenti di pace o tregua fiscale, ma nessun condono penale per chi incorre in reati tributari. La bozza della legge di bilancio dovrebbe arrivare in Parlamento alla fine della prossima settimana.

Superbonus e bonus edilizi: le ipotesi allo studio del Governo

Continuano gli approfondimenti per le modifiche più o meno strutturali al Superbonus 110% e allo studio c’è l’ipotesi della semplificazione dei bonus edilizi con accorpamento in un’unica agevolazione fiscale.

Superbonus e bonus edilizi: saranno accorpati?

Attualmente sono in vigore diverse misure per i bonus edilizi. Per la semplice ristrutturazione si può ottenere il 50%, per la ristrutturazione con efficientamento energetico si può ottenere la detrazione al 65%, per i lavori di efficientamento energetico che portano al recupero di almeno due classi energetiche c’è il 110%, ma solo per lavori trainanti e trainati, ormai sono escluse le villette e case unifamiliari ( compresi però interventi antisismici e eliminazione delle barriere architettoniche). Infine, c’è il bonus facciate che nel 2022 è stato portato al 60% (prima era al 90%). Naturalmente in questi anni tutti hanno provato ad ottenere il Superbonus 110%, sebbene le condizioni di cessione del credito nella realtà dei fatti non consentono di avere questa percentuale di detrazione.

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L’esigenza attuale è quella di ridurre la spesa pubblica impegnata nel Superbonus 110% e negli altri bonus edilizi, ma di fatto anche semplificare la normativa. Il problema economico non è recente, infatti i fondi stanziati sono terminati già da mesi. Non ci sono quindi nuove approvazioni e il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni fin da subito ha ribadito che solo i progetti già iniziati avrebbero avuto copertura con le aliquote precedentemente fissate. Anche la semplificazione è una necessità impellente, infatti la disciplina iniziale era prevista nell’articolo 119 del decreto legge 34 del 2020, ma nel tempo questa ha avuto notevoli modifiche con il tentativo anche di evitare le truffe. La stratificazione normativa ha portato molta confusione anche agli addetti.

Come cambierà il Superbonus?

Di fatto il governo Meloni ha comunque annunciato che ci saranno modifiche, ecco le possibili strade:

  • Accorpamento di tutti i bonus edilizi in un’unica misura con percentuale ridotta ( si ipotizza tra il 70% e l’85%);
  • diversificazione del Superbonus tra prime e seconde case con aliquote differenziate, ma comunque non superiori all’80% in nessun caso);
  • un’ulteriore ipotesi allo studio è di restringere il campo di applicazione del Superbonus avendo in considerazione redditi e patrimoni dei richiedenti. Si ipotizza di utilizzare il quoziente familiare per la valutazione dei redditi che possono ottenere i benefici.

In ogni caso l’aliquota dovrebbe essere ridotta, insomma il Superbonus 110% sembra debba essere messo in cantina.

 

Proroga obbligo di mascherine e stop obbligo vaccino

Dal primo Consiglio dei Ministri operativo arrivano importanti novità in materia Covid: è stato prorogato l’uso delle mascherine nelle strutture sanitarie, mentre possono rientrare in servizio tutti coloro che non hanno adempiuto all’obbligo vaccinale.

Covid: nel primo Consiglio dei Ministri arriva il via libera ai medici e infermieri non vaccinati

Il resoconto del Consiglio dei Ministri appena terminato sarà diramato alle 16:30, sarà presentato in conferenza stampa dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dal Ministro della Giustizia, Nordio e dal Ministro della Salute, Schillaci. Già ci sono molte indiscrezioni su ciò che è stato deciso. La prima importante novità è rappresentata dalla possibilità per i medici e il personale sanitario che non si sono sottoposti al protocollo di vaccinazione anti covid di tornare in servizio anche a contatto con i pazienti.

Mascherine: proroga negli ospedali e nelle RSA

La seconda novità importante è la proroga dell’obbligo di indossare la mascherina negli ospedali e nelle RSA. Nelle ore appena passate si era parlato di una caduta di tale obbligo, molte sono state le reazioni da parte dei tecnici che hanno ritenuto inopportuno in un periodo in cui il Covid ancora circola, mettere a rischio persone che spesso hanno le difese immunitarie compromesse, come i degenti delle RSA e degli ospedali. Già nel primo pomeriggio inoltre era arrivata l’ordinanza del Presidente della Regione Campania, De Luca, che aveva prorogato l’uso della mscherina negli ospedali e delle RSA della Regione, ciò in aperto contrasto con quanto si stava decidendo in sede nazionale. Ora arriva la decisione anche del Consiglio dei Ministri.

Slitta l’entrata in vigore della riforma Cartabia

Nella seduta di oggi è stato anche disposto il rinvio al 30 dicembre dell’entrata in vigore della riforma Cartabia inerente il processo penale e l’ergastolo ostativo che era stato giudicato anticostituzionale dalla Corte Costituzionale. A tal proposito ha espresso soddisfazione l’Associazione Nazionale Magistrati che ritiene opportuno determinare una disciplina transitoria prima dell’entrata in vigore della riforma Cartabia.  Questo rinvio consente comunque di rispettare i termini previsti dall’Unione Europea che ha chiesto l’applicazione della riforma entro la fine dell’anno al fine di non precludere l’erogazione degli ulteriori fondi PNRR.

Nel Consiglio dei Ministri sono state disposte anche misure contro i Rave Party, sono state introdotte pesanti misure restrittive con reclusione da 3 a 6 anni e multe fino a 10.000 euro e, infine, confisca degli oggetti utilizzati durante l’occupazione.

Il prossimo Consiglio dei Ministri ci sarà venerdì  4  novembre 2022.

Superbonus 2023: cosa ci attende? Saranno ridotte le aliquote?

Con l’arrivo del nuovo Governo sono in molti a chiedersi quale potrebbe essere il futuro del Superbonus 2023 infatti non è ancora chiaro cosa ha intenzione di fare il nuovo esecutivo e lo studio pubblicato da Bankitalia non aiuta a diradare la foschia che si sta avviluppando intorno a questo importante provvedimento.

I numeri del Superbonus 110%

Il Superbonus 110% è  uno dei provvedimenti che ha incrinato il Governo Draghi. Più volte Draghi ha sottolineato che aveva generato  truffe, ciò ha portato a un irrigidimento dei rapporti tra il M5S e il Governo. Si è quindi arrivati alle elezioni e al nuovo Governo Meloni, nel frattempo L’Agenzia delle Entrate ha reso più stringenti le procedure per il Superbonus 110%.

In campagna elettorale più volte abbiamo sentito dire che è necessario rimodulare il Superbonus 110% in modo che abbia un costo minore per i conti pubblici. Le risorse stanziate sono terminate.  Giorgia Meloni ha rassicurato sull’obiettivo di trovare risorse per i cantieri già aperti, mentre per gli altri occorrevano delle modifiche al meccanismo. Con le norme attuali, il 31 dicembre scade il termine per i lavori sulle unifamiliari, a patto che entro il 30 settembre 2022 siano riusciti ad asseverare il completamento del 30% dei lavori.

Fondi stanziati terminati ad agosto: cosa ci attende per il Superbonus 2023?

Il 31 dicembre 2023 scadono invece i termini per i condomini ed edifici plurifamiliari ( anche appartenenti a un unico proprietario). Dal 1° gennaio del 2024 dovrebbe iniziare il meccanismo del decalage con contributi riconosciuti in forma ridotta. Secondo le indicazioni di ENEA i fondi che erano stati stanziati ( in parte provenienti dal PNRR) sono terminati ad agosto e attualmente c’è un elevato sforamento dai costi. Lo stanziamento era di 43 miliardi di euro, mentre il costo per lo Stato a fine agosto era di 47 miliardi e ora siamo a circa 56 miliardi di euro.

Secondo le anticipazioni di Giorgia Meloni il decalage potrebbe però iniziare prima, cioè già dal prossimo rifinanziamento necessario per poter proseguire con il Superbonus. Nelle indicazioni fornite dovrebbe essere riconosciuto il credito di imposta all’80% sulla prima casa, per la seconda casa dovrebbe invece scendere al 60% oppure addirittura il contributo potrebbe venir meno.

Lo studio di Bankintalia: il Superbonus 2023 per essere sostenibile deve essere al 40%

Nasce quindi il dubbio in molti professionisti che le critiche presenti nel documento di Bankitalia non siano altro che una sorta di supporto alla scelta di ridurre gli stanziamenti previsti per il Superbonus 110%. Ricordiamo che lo studio in oggetto sottolinea che il costo del Superbonus 110% è troppo elevato e potrebbe essere ripagato nel 2100, cioè rapportando costi -benefici si andrebbe in pari tra oltre 70 anni ( quando le strutture edilizie probabilmente saranno già obsolete da qualche decennio). Il costo sarebbe invece più facilmente ripagabile con un’aliquota per il Superbonus 2023 con detrazione al 40%, sarebbe più bassa anche degli incentivi fiscali in vigore tutt’ora, ma sfruttati prima del Superbonus e che vedevano detrazioni al 50% per i lavori di ristrutturazione e al 65% per l’efficientamento energetico.

Le teorie invece delle associazioni dei costruttori sono invece diverse, infatti sottolineano che il ritorno economico per lo Stato sia più elevato rispetto alle uscite e sarebbe generato soprattutto dall’aumento del Pil e dell’occupazione che di fatto genera entrate.