Cartelle, più tempo per pagare: al 9 dicembre rottamazione ter, 180 giorni per quelle di fine 2021

Arrivano le attese proroghe per i pagamenti delle cartelle esattoriali, delle rate scadute della rottamazione ter e saldo e stralcio e per l’Irap da restituire dal decreto Fisco Lavoro approvato nel pomeriggio del 30 novembre. Il provvedimento è stato emanato dopo l’approvazione del Senato al termine di scontri nella maggioranza. I contribuenti avranno qualche giorno per saldare i debiti con il Fisco rispetto ai vari pagamenti fissati tutti nella giornata di ieri.

Rottamazione ter e saldo e stralcio, si possono pagare le rate entro il 9 dicembre 2021

La mini-proroga delle rate non pagate della rottamazione ter e del saldo e stralcio è arrivata. Entro il 9 dicembre prossimo andranno pagate le 8 rate della rottamazione ter e le 4 rate del saldo e stralcio. Il termine massimo per saldare può arrivare al 14 dicembre per via dei 5 giorni di tolleranza massima. Non c’è stato, tuttavia, il rinvio al 2022 come termine ultimo per il pagamento.

Cartelle esattoriali ricevute tra il 1° settembre e il 31 dicembre 2021: cambiano i termini

Più giorni per pagare le cartelle esattoriale già notificate a partire dal 1° settembre 2021 o che arriveranno entro il 31 dicembre prossimo. La scadenza fissata dal decreto Fisco Lavoro viene prorogata ulteriormente, passando dai 150 giorni del provvedimento originario a 180 giorni. Trenta giorni in più per pagare a partire dalla data della notifica.

Avvisi bonari: la scadenza è al 16 dicembre 2021

Il decreto Fisco Lavoro fissa, poi, al 16 dicembre 2021 la data ultima per pagare gli avvisi bonari. Si tratta dei pagamenti che erano stati sospesi durante la prima ondata della pandemia da Covid-19, ovvero dall’8 marzo 2020 al 31 maggio 2020, e che dovevano essere saldati entro il 16 settembre 2020.

Irap, restituzione sanzioni e interessi primavera 2020: scadenza 1° gennaio 2022

Un mese in più di tempo, anche se la comunicazione è arrivata oltre la scadenza del 30 novembre 2021, per la restituzione delle sanzioni e degli interessi dell’Irap delle imprese. Si tratta di saldi che non erano stati versati durante la prima ondata della pandemia da Covid-19 e relativi al superamento del plafond di aiuti di Stato messo in campo proprio per contrastare le prime crisi derivanti dallo stop alle attività. Il termine per il pagamento passa dunque dal 30 novembre 2021 al 1° gennaio 2022.

Cartelle da pagare al 30 novembre, potrebbe arrivare la proroga della scadenza

Per le cartelle fiscali, l’Irap e gli avvisi bonari potrebbero allungarsi i tempi per il pagamento previsto per il 30 novembre 2021. Ma non si tratterebbe di tempi lunghi per i pagamenti: per le cartelle non si andrebbe oltre la scadenza del 9 dicembre 2021, con una proroga massima fino al 14 dicembre per i 5 giorni di tolleranza. Saranno in tutto 62 gli adempimenti fiscali con la scadenza fissata all’ultimo giorno di novembre 2021. Tra oggi e domani potrebbe arrivare la risposta del Senato e del governo su nuove proroghe di fine anno.

Cartelle esattoriali da pagare entro il 30 novembre 2021

Nel caso in cui il governo dovesse decidere per nuove scadenze, dovrebbe arrivare un comunicato legge dal momento che le nuove disposizioni entrerebbero in vigore soltanto successivamente alla scadenza del 30 novembre. In ogni modo, le cartelle esattoriali da pagare entro la prossima scadenza riguardano le 8 rate della rottamazione ter relative al 2020 e al 2021 e le quattro rate del saldo e stralcio. L’ipotesi che si è fatta è quella di una mini-proroga: scadenza posticipata al 9 dicembre con termine massimo di pagamento al 14 dicembre 2021 comprendendo i 5 giorni di tolleranza fissati dalla legge.

Irap, ipotesi di slittamento della scadenza al 31 gennaio 2022

La proroga del versamento dell’Irap dovuto al 30 novembre 2021 potrebbe riguardare le imprese che hanno superato i tetti degli aiuti di Stato. Lo slittamento della scadenza è contenuto in un emendamento al decreto Fisco e lavoro presentato da Forza Italia. La scadenza per il pagamento dell’Irap potrebbe dunque essere posticipata al 31 gennaio 2022.

Avvisi bonari, nuova scadenza al 16 dicembre 2021

Un emendamento al decreto Fisco Lavoro riguarda anche gli avvisi bonari che erano in scadenza dall’8 marzo al 31 maggio 2020, proprio nel pieno della prima ondata della pandemia. Si potrebbe arrivare alla nuova scadenza del 16 dicembre 2021 nella quale si dovranno pagare, in un’unica rata e senza interessi e sanzioni, le somme richieste per i controlli formali sulle dichiarazioni dei redditi. L’alternativa è pagare quanto dovuto in quattro rate mensili, da versare ogni 16 del mese.

 

 

Tasse, ingorgo scadenze 30 novembre 2021: Irpef, Ires, Irap, pace fiscale e dichiarazioni

Si avvicina la data del 30 novembre 2021, giornata segnata dall’ingorgo delle scadenze di varie tasse e contributi. Nella stessa giornata i contribuenti sono chiamati a versare il secondo acconto delle imposte dirette. In pagamento l’Irpef, l’Ires, l’Irap, le imposte sostitutive ovvero la cedolare secca e i versamenti delle partite Iva a regime forfettario.

Versamento entro il 30 novembre 2021 delle rate non pagate della rottamazione ter e saldo e stralcio

In più quest’anno c’è la scadenza della pace fiscale: dovranno essere pagate tutte le rate sospese a causa dell’emergenza sanitaria ed economica nel corso del 2020 e del 2021. Le rate fanno riferimento alla rottamazione ter e al saldo e stralcio. Per questi pagamenti c’è una tolleranza di alcuni giorni: il termine ultimo per pagare è fissato al 6 dicembre 2021.

Invio al 30 novembre dichiarazioni fiscali 2021

Sempre al 30 novembre è fissata la data di scadenza per l’invio, da parte degli intermediari, delle dichiarazioni fiscali 2021 inerenti l’anno di imposta 2020. Si tratta della scadenza del più importante adempimento fiscale dell’anno. Nel 2021 l’invio sarà condizionato dalla complessità di redazione del quadro Rs. Il quadro, infatti, dovrà riportare i vari aiuti di Stato che sono stati elargiti dal governo nel corso dell’emergenza sanitaria ed economica causata dalla Covid. Ulteriore quadro da compilare è quello Ru, inerente all’iscrizione dei crediti fiscali accumulati a partire da marzo 2020.

Scadenza del 30 novembre 2021: non si può rateizzare il pagamento del saldo

Non è possibile rateizzare il secondo acconto delle dichiarazioni fiscali 2021. Infatti, come dispone il comma 1 dell’articolo 20 del decreto legislativo numero 241 del 1997, il pagamento delle imposte e dei contributi dovuti dai soggetti titolari delle posizioni assicurative gestite dall’Inps, deve essere completato entro il mese di novembre del medesimo anno in cui è stata presentata la dichiarazione o la denuncia dei redditi. Pertanto, mentre si può dilazionare il saldo e il primo acconto delle imposte, ciò non è possibile per il saldo.

Riforma fiscale 2022, le ipotesi della legge di Bilancio: dal taglio Irpef all’aumento del bonus 80 euro

Ancora un mese di tempo per il governo e il Parlamento per decidere quale sarà la riforma del Fisco del 2022. L’obiettivo è quello di ridurre la pressione fiscale portandola al 41,7% del Prodotto interno lordo dalla percentuale del 42,8% raggiunta nel 2020. Sono varie le ipotesi sul tavolo della riforma: si va dal taglio delle aliquote Irpef all’aumento del bonus di 80 euro (ex Renzi, attualmente arrivato a 100 euro con il taglio del cuneo fiscale), fino alla possibilità di tagliare decisamente l’Irap. Nella legge di Bilancio 2022 il governo ha stanziato 8 miliardi di euro per attuare la riforma.

Ipotesi di riduzione delle aliquote Irpef nella riforma del Fisco 2022

La prima ipotesi di riforma del Fisco per il 2022 è quella di un intervento sulle aliquote dell’Irpef. Si tratta di una strada che già in passato si era ipotizzata con delle opportune simulazioni. Aliquota cruciale per la riforma è quella del 38% dei redditi medi, applicata dai 28 mila ai 55 mila euro. C’è distanza dell’applicazione dell’aliquota a questo scaglione rispetto a quello più basso: 11 punti percentuali rispetto al 27%.

Quali potrebbero essere le aliquote Irpef del 2022 con la riforma?

L’ipotesi della riduzione delle aliquote Irpef per attuare la riforma del Fisco andrebbe a limare le due aliquote in questo modo:

  • redditi fino a 25 mila euro aliquota del 23%;
  • fino a 55 mila euro di reddito l’aliquota sale al 33%;
  • per redditi superiori aliquota Irpef del 43%.

Peraltro, l’intervento sulle aliquote Irpef andrebbe anche ad assorbire le detrazioni e il bonus di 80 euro di Renzi (aumentato a 100 euro) per un costo complessivo di 10 miliardi di euro annui.

Riforma Fisco 2022, c’è l’ipotesi di aumentare il bonus 100 euro (ex bonus Renzi)

Proprio sul bonus Irpef è concentrata la seconda possibilità di riforma del Fisco. Si andrebbe a intervenire sul bonus aumentando il tetto di detrazione mensile dagli attuali 100 euro a 120 euro. E si potrebbe allargare anche la platea dei lavoratori coinvolti nella detrazione incrementando l’attuale limite di reddito per la misura ai redditi oltre i 28 mila euro. Con le modifiche intervenute negli ultimi anni, tra i 28 mila e i 40 mila euro di reddito annuo, il bonus viene assicurato in misura decrescente. Il sistema di decalage del bonus potrebbe essere applicato per i redditi fino a 55 mila euro.

Abolizione dell’Irap, la strada meno percorribile per la riforma del Fisco

La strada dell’abbattimento dell’Irap sui redditi delle imprese sembrerebbe la meno attuabile. Intanto perché l’uscita di scena dell’imposta regionale sarà progressivo riducendo le aliquote, come già indicato dal documento di delega fiscale. Molto probabilmente le richieste del mondo dell’imprenditoria rimarranno ferme al palo: il costo dell’abolizione totale dell’imposta regionale risulta elevato. Troppo rispetto agli 8 miliardi di euro che il governo ha stanziato per la riforma del Fisco. Più fattibile, dunque, la riduzione delle aliquote Irap per avviare il progressivo abbattimento dell’imposta regionale. Meno probabili risultano altre ipotesi richieste dalle imprese, consistenti nell’eliminazione dal calcolo della base imponibile degli interessi passivi e dalla fusione dell’Irap con l’Ires.

Cartelle esattoriali, quali vanno pagate entro il 30 novembre 2021?

Il decreto Fiscale numero 146 del 2021 ha messo ordine ai pagamenti delle cartelle esattoriali dei contribuenti con la scadenza entro il 30 novembre 2021 di quelle insolute. Ma è necessario verificare quali siano esattamente i termini e a quali cartelle si deve far riferimento con il versamento. La norma riguarda anche i mancati pagamenti nei termini della rottamazione ter (i cosiddetti “rottamati decaduti”).

Cartelle, scadenza del 30 novembre 2021 per le rate non pagate nel 2020 e 2021

Proprio l’articolo 1 del decreto Fiscale disciplina la rimessione in termini per la rottamazione ter e il saldo e stralcio. La norma, nel dettaglio, è a vantaggio dei contribuenti che non abbiano rispettato i termini per i pagamenti delle rate secondo il calendario di dilazione dettato dal decreto “Sostegni bis” (il decreto legge numero 73 del 2021).

Entro quando vanno pagate le rate della rottamazione ter e saldo e stralcio del 2020 e 2021?

A questi debitori, che non abbiano eseguito i versamenti delle rate del 2020 e del 2021 della “Pace fiscale”, si può evitare la decadenza pagando entro il 30 novembre 2021 tutte le rimanenti rate. Al termine di novembre, pertanto, si sommano sia le rate che erano in scadenza nel 2020 che le rate a saldo del 2021 sospese per l’emergenza sanitaria.

Fisco, alla scadenza del 30 novembre 2021 vanno pagate cartelle, Ipef, Irap, Ires e contributi previdenziali

La scadenza delle cartelle fiscali, alla quale il decreto offre un periodo di tolleranza che da calendario è fissato al 6 dicembre 2021, è la stessa di altri adempimenti. Infatti, al 30 novembre è fissato anche il pagamento dell’acconto delle imposte dirette, Irpef, Irap e Ires. Alla stessa data scadono altresì le imposte sostitutive e gli adempimenti legati ai contributi previdenziali. In caso di difficoltà di liquidità, i contribuenti non potranno procedere a dilazionare ulteriormente il debito residuo (le rate rimanenti) delle cartelle oltre la scadenza del 30 novembre.

Cartelle ricevute dal 1° settembre al 31 dicembre 2021: 150 giorni per pagare

Il decreto Fiscale disciplina anche l’estensione dei termini di pagamento per le nuove cartelle esattoriali. Si tratta degli avvisi di pagamento che i contribuenti hanno ricevuto a partire dal 1° settembre 2021 o che potrebbero ricevere entro la fine dell’anno. Rispetto all’ordinaria normativa, i termini per il pagamento sono stati allungati dal decreto. Dunque, anziché i consueti 60 giorni di tempo dalla notifica, i contribuenti possono pagare entro 150 giorni. Resta invariato il termine per presentare ricorso. Infatti, l’impugnativa può avvenire entro il consueto periodo di 60 giorni.

Pagamento rate esattoriali in essere all’8 marzo 2020: come procedere con il versamento?

Più complessa è la disciplina all’articolo 3 del decreto legge numero 146 del 2021. La norma riguarda l’estensione della rateazione per i piani di dilazione. Nell’articolo si fa riferimento alle cartelle in essere al giorno 8 marzo 2020 con la previsione di due situazioni. La prima situazione è quella di allungare il termine di decadenza a 18 rate non pagate, rispetto alle 10 precedentemente previste. La seconda riguarda i contribuenti che alla scadenza del 30 settembre 2021 non hanno provveduto ai pagamenti di quanto dovuto. A fine settembre era previsto il versamento minimo di nove rate, più quella di settembre, per non incorrere nella decadenza del piano di rateazione.

Fisco, pagamenti entro il 2 novembre 2021: vanno versate almeno tre rate

Pertanto, per le cartelle in essere al giorno 8 marzo 2020, la decadenza del piano di rateazione viene determinato dal mancato versamento di 18 rate, anziché di dieci, anche non consecutive. A questi contribuenti il decreto consente di regolarizzare i propri versamenti pagando il nuovo minimo di rate per non incorrere nella decadenza entro il 31 ottobre 2021. Non considerando il 31 ottobre (domenica) e lunedì 1° novembre per la festività , il termine ultimo per il pagamento slitta al 2 novembre 2021.

Quali rate e cartelle i contribuenti devono pagare entro il 2 novembre 2021?

Entro domani 2 novembre 2021, pertanto, i contribuenti dovranno pagare il numero minimo di rate sospese di tutte quelle in scadenza durante l’emergenza sanitaria. Pertanto, i contribuenti che non abbiano effettuato dei pagamenti, potranno farlo nel numero minimo di tre rate. Si tratta di una rata in scadenza pregressa più le rate corrispondenti ai mesi di settembre e di ottobre 2021.

Taglio di 12 miliardi di tasse per il 2022: via libera alla manovra di bilancio

La manovra di bilancio è uno degli appuntamenti che solitamente lasciano in ansia i cittadini italiani abituati purtroppo a molte manovre “lacrime e sangue”, ma questa volta qualcosa sembra essere cambiato, infatti il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha annunciato il taglio di 12 miliardi di tasse in favore di società e persone.

Via libera alla manovra di bilancio

Il via libera alla manovra di bilancio è arrivato dopo 3 ore di camera di consiglio con i vari Ministri del governo Draghi, viene definita come una manovra “espansiva” quindi niente più tagli e ristrettezze. Alla conferenza stampa il Presidente ha subito sottolineato che ci sarà un taglio di tasse di 12 miliardi di euro, non 8 miliardi come inizialmente prospettato. L’obiettivo è tagliare le tasse stimolare gli investimenti, in questo modo sarà possibile agire, sebbene in modo indiretto, sulla domanda e di conseguenza accompagnare la ripresa economica che, secondo le stime di Mario Draghi, dovrà continuare anche nei prossimi anni. Il Presidente del Consiglio ha anche sottolineato che la crescita degli ultimi due trimestri non deve essere considerata un obiettivo a sé, ma deve essere coordinata in modo che sia equa e sostenibile. Un vero cambio di rotta.

Taglio di 12 miliardi di tasse per il 2022

Andando nel dettaglio, il taglio di 12 miliardi di tasse previsto per il solo 2022 sarà ripartito in 8 miliardi di tagli a IRPEF, IRAP e cuneo fiscale, quindi si tratta di un taglio mirato a favore di persone e aziende. Gli altri 4 miliardi non è ancora chiaro come saranno utilizzati nella riduzione delle imposte. Deve però essere sottolineato che questa è solo una prima parte degli “aiuti fiscali”, infatti per il triennio 2022, 2023 e 2024 è previsto un taglio complessivo delle imposte pari a 40 miliardi di euro, di questi 24 sono destinati al taglio del cuneo fiscale (somma delle imposte dirette e indirette che gravano sull’azienda e inerenti i rapporti di lavoro).

Questo potrebbe tradursi in una maggiore propensione delle aziende a investire in Italia e quindi anche in una maggiore occupazione, ad oggi infatti molte aziende hanno difficoltà a sostenere i costi previsti per i lavoratori dipendenti.

Come sarà attuato il taglio delle imposte da 12 miliardi di euro?

Il Presidente del Consiglio in conferenza stampa ha però dichiarato che la reale operatività di questi tagli sarà decisa in Parlamento. Secondo le prime indiscrezioni il taglio delle imposte sarà caratterizzato dalla riduzione di una o più aliquote delle imposte e da una revisione organica del sistema delle detrazioni. E’ previsto inoltre il taglio dell’IRAP (imposta da sempre odiata dalle aziende).

Le novità per le imprese però non finiscono qui, infatti ci saranno ulteriori 10 miliardi di euro, di questi 8 miliardi saranno destinati alla internazionalizzazione delle aziende, 900 milioni di euro saranno invece destinati al rifinanziamento della Nuova Sabatini e infine ci sarà il rifinanziamento del fondo per le PMI.

Se vuoi conoscere la Nuova Sabatini, leggi l’articolo: Imprese: la legge “Nuova Sabatini” per finanziare l’acquisto di macchinari

Critiche alla manovra di bilancio

Non sono mancate critiche alla manovra di bilancio annunciata e tra queste di particolare rilievo sono quelle di Carlo Cottarelli (direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica), più volte indicato nei mesi scorsi come probabile presidente del Consiglio, questi afferma che si tratta di una manovra che non affronta realmente i problemi e che per evitare conflitti sociali rimanda le decisioni realmente importanti a provvedimenti futuri.

Deve essere ricordato che la manovra di bilancio passa ora al vaglio del Parlamento che potrà anche proporre emendamenti e quindi non si tratta ancora di un atto definitivo.

Come aderire al regime opzionale Irap

Nel seguire le stesse regole che sono previste per le società di capitali, ed anche per gli enti commerciali, in Italia pure le società di persone, ai fini Irap, possono avvalersi del cosiddetto regime opzionale proprio per l’imposta regionale sulle attività produttive.

Precisamente, si tratta di andare a determinare il valore della produzione netta Irap, ovverosia la base imponibile, come il risultato della differenza tra il valore della produzione ed i costi della produzione. Vediamo allora chi è come può aderire al regime opzionale Irap, e come poi procedere ad un’eventuale revoca dell’adesione.

Ecco chi e come può aderire al regime opzionale Irap

Nel dettaglio, possono accedere al regime opzionale Irap. così come riporta il sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, le persone fisiche esercenti attività commerciali in regime di contabilità ordinaria. Nonché le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate.

Aderendo al regime opzionale Irap per la società l’opzione che è stata esercitata risulta essere irrevocabile per ben tre periodi di imposta. Inoltre, se la società nel frattempo non esercita la revoca, al termine del triennio il regime opzionale Irap si intenderà rinnovato tacitamente.

Per l’adesione o per la revoca dell’adesione al regime opzionale Irap, la comunicazione al Fisco avviene con la dichiarazione. Precisamente, con la dichiarazione che la società presenta in corrispondenza del periodo di imposta a decorrere dal quale si intende esercitare proprio l’opzione di adesione al regime opzionale Irap.

Con la presentazione all’Agenzia delle Entrate, il modello da utilizzare è quello relativo alle ‘Comunicazioni per i regimi di tonnage tax, consolidato, trasparenza e per l’opzione Irap‘. In particolare, nel modulo ‘Comunicazioni per i regimi di tonnage tax, consolidato, trasparenza e per l’opzione Irap’, la sezione relativa al regime opzionale Irap è la IV. Barrando nello specifico la casella ‘opzione’ in corrispondenza del rigo CR11.

Regime opzionale Irap, quali sono le tempistiche di comunicazione al Fisco

Il regime opzionale Irap è stato introdotto in Italia dal 2008. Con la società, che intende avvalersi di tale regime, che deve inviare la comunicazione al Fisco in modalità telematica entro 60 giorni dal periodo di imposta coinvolto. Per ragioni di convenienza a livello fiscale, l’adesione o meno a regime dipende, come sopra detto, dal calcolo della base imponibile Irap.

Ovverosia, quella applicata per i soggetti Ires, e quella prevista, invece, per le imprese individuali e per le società di persone. Una valutazione che è da fare, per chi aderisce, anche alla scadenza del triennio obbligatorio. Visto che, senza l’uscita esplicita dal regime, come sopra detto, a scattare sarà il rinnovo tacito.

Con la legge delega prende il via un’epocale riforma fiscale: novità

Si è svolta ieri, 5 ottobre 2021, la conferenza stampa del Presidente del Consiglio Draghi sulla delega per la riforma fiscale. Ecco cosa è stato annunciato e su cosa verterà la riforma che appare essere la più importante dopo decenni di stratificazione legislativa.

I passi da compiere per giungere alla Riforma Fiscale

Il sistema fiscale italiano è tra i più complessi e a sottolinearlo è lo stesso Presidente del Consiglio Draghi, nel tempo si sono accumulate tante imposte, le aliquote sono cresciute, ci sono stati provvedimenti parziali che di fatto hanno reso il sistema sempre più complesso portando la tassazione italiana a livelli altissimi. Questo ha avuto notevoli riflessi nella vita quotidiana, con aziende che fuggono dall’Italia, cittadini che sentono come iniquo l’intero sistema e larghe fasce di evasione.

Ieri in conferenza stampa è stato presentato il disegno di legge delega sulla riforma fiscale, la stessa, una volta approvata delegherà il Governo a realizzare entro 18 mesi la riforma del sistema fiscale. La legge delega è un atto con cui il Parlamento delega al Governo l’emanazione successiva dei provvedimenti attraverso decreti legislativi. L’obiettivo dichiarato è riordinare il sistema fiscale e sicuramente il Governo, vista la base ristretta può raggiungere più facilmente l’obiettivo senza la navetta continua che di solito caratterizza l’approvazione delle leggi in Parlamento con la presentazione di migliaia di emendamenti. Ora proveremo a capire quali sono le novità importanti emerse e le linee guida per il nuovo sistema fiscale.

IRAP: addio con la riforma fiscale

Il disegno di legge delega definisce il perimetro di azione che riguarderà le principali imposte italiane: IRAP, IRPEF, IRES, IVA, inoltre è prevista la riforma del catasto. Il Presidente del Consiglio Draghi ha però sottolineato che nel complesso la riforma dovrebbe portare ad una minore pressione fiscale, ciò anche al fine di allineare il sistema italiano a quello dell’Unione Europea, infatti abbiamo il sistema non solo più complesso ma anche con tassazione più elevata. Il disegno di legge comprende 10 articoli, nel primo è chiaramente indicato che la riforma dovrà essere terminata entro 18 mesi, ma soprattutto che dovranno essere rispettati gli articoli 3 (uguaglianza formale e sostanziale) e 53 ( principio della progressività del sistema fiscale) della Costituzione.

La prima novità importante riguarda l’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) da sempre è considerata un’imposta poco equa ed è molto avversata, il Governo mira ad eliminarla entro il 2026, l’unico ostacolo resta reperire una fonte alternativa per finanziare la sanità regionale.

Cosa si prevede per l’IRPEF

Un’altra imposta su cui si punta è l’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), qui diversi sono i temi toccati, in primo luogo le addizionali comunali e regionali vengono trasformate in “sovraimposte”, il loro ammontare dovrà essere comunque tale da assicurare lo stesso gettito a Regioni e Comuni, l’aliquota potrà essere aumentata nelle Regioni che mostrano delle sofferenze inerenti il sistema sanitario. Il Governo intende agire anche sulle aliquote medie, tra gli obiettivi c’è il riordino delle deduzioni e delle detrazioni.

La riforma dovrà comunque garantire il principio della progressività, ricordiamo che lo stesso prevede che chi ha di più, paghi di più ma non in modo proporzionale (tale sistema si realizzerebbe eliminando gli scaglioni), ma in modo più che proporzionale. Si vocifera di un’eliminazione del secondo scaglione, con accorpamento al primo scaglione, l’ipotesi non sembra probabile perché si tratterebbe di una riduzione di 11 punti percentuali, inoltre si parla di un ampliamento della no tax area che attualmente è di circa 8.000 euro.

IVA: Imposta sul Valore Aggiunto

Importanti novità potrebbero esservi anche per l’IVA, Imposta sul Valore Aggiunto, in questo caso si propone una semplificazione delle aliquote, non si specifica se si intende ridurre il numero delle stesse, l’obiettivo è comunque creare un sistema armonico all’interno dell’Unione Europea, semplificare la gestione e l’applicazione dell’imposta.

La tanto discussa Riforma del Catasto

Sicuramente ha fatto molto discutere la proposta di riforma del catasto, il Presidente del Consiglio ha più volte sottolineato che questa non mira ad aumentare il gettito fiscale e che le famiglie neanche si accorgeranno di questa modifica. L’obiettivo è allineare il valore delle rendite catastali al reale valore degli immobili. Si propone un nuovo censimento che mira a rilevare edifici abusivi e a riportare edifici agricoli situati in aree edificabili nella loro corretta “inquadratura”, a correggere le distorsioni inerenti la destinazione d’uso degli immobili (probabilmente si riferisce anche al catasto terreni. La nuova mappatura dovrebbe prendere il via il primo gennaio 2026 in questo lasso di tempo dovrebbero essere creati criteri uniformi per attuare la riforma.

IRES

Nella razionalizzazione del sistema rientra anche una riforma dell’IRES, Imposta sul Reddito delle Società, naturalmente le linee guida sono generiche, l’obiettivo è cercare di armonizzare la reale capacità di reddito a fini civili e fiscali puntando sulla revisione dei sistemi di ammortamento dei costi e riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle aziende. Cioè si punta a tassare il reale reddito tenendo in considerazione il complesso sistema dei costi che le aziende devono sostenere.

L’armonizzazione del sistema IRES dovrebbe puntare anche ad eliminare le distorsioni create al sistema fiscale dalla possibilità di scegliere tra diverse forme societarie e di impresa che di fatto hanno tassazioni diverse cercando il regime fiscale più favorevole, inoltre l’obiettivo anche in questo caso è allinearsi con il sistema europeo. Insomma l’obiettivo è neutralizzare le differenze tra regimi fiscali delle varie società e imprese.

Il governo per la riforma fiscale ha stanziato 2 miliardi di euro per il 2022 e 1 miliardo di euro per il 2023, questi fondi potranno essere implementati con quelli che derivano dalla lotta all’evasione fiscale. Tra gli obiettivi vi è anche la semplificazione del sistema di riscossione delle imposte implementando l’uso delle nuove tecnologie da parte dell’Agenzia Entrate e Riscossioni, questo dovrebbe portare un risparmio sulle spese per la riscossione.

Riforma fiscale Draghi, Irpef e Irap: delega in Cdm

Il Governo Draghi pare voglia muoversi nella direzione di un provvedimento che prevede il taglio dell’Irap e un intervento fiscale sul terzo scaglione dell’Irpef, quello che include i cosiddetti “redditi medi” tanto per intenderci. Non sarà un’impresa facile dialogare con i partiti politici con posizioni diverse, nonostante il premier Mario Draghi abbia dichiarato che il problema non sono loro ma che è presto per quantificare le risorse. Tuttavia, la Commissione MEF crede che possa trattarsi di una sfida difficile a livello politico. Ma entriamo nel merito della questione fiscale.

Riforma fiscale: la legge delega

Il Governo procederà con cautela per quanto concerne il taglio delle tasse che sarà presente nella prossima Manovra, tanto che Daniele Franco, ministro dell’Economia, ha detto che l’anno prossimo, ossia nel 2022, sarà attuato solo un primo stadio della riforma fiscale. Intanto, è quasi certo che la legge delega relativa potrebbe essere approvata già la prossima settimana.

La legge delega dovrebbe definire solo il contorno degli interventi riguardanti la riforma fiscale, che quanto riportato dalla nota di Aggiornamento del DEF, farà sentire i suoi primi effetti a partire dal 2023. Il MEF che ha previsto una pressione fiscale che nel 2021 dovrebbe aggirarsi intorno al 41,9% del PIL (Prodotto interno lordo), nel 2022 si manterrà probabilmente stabile al 42% per poi scendere solo negli anni successivi di uno 0,2% medio, fino a giungere a una pressione fiscale del 41,5% nel 2024.

Come ribadito dallo stesso Draghi, sarà necessario un lavoro certosino sulle analisi economico giuridiche che darà luogo, in ogni caso, a una discussione in ambito politico.

I tagli

Tra le ipotesi della riforma fiscale più accreditate c’è il taglio dell’Irap che dovrebbero riguardare i professionisti e le imprese individuali, mentre l’Ires per le società rimarrebbe sotto forma di addizionale. In campo, pare possa scendere un’alternativa per le imprese, cioè il taglio del Cuaf (Contributo unico assegni familari).

A fine giugno 2021 le commissioni Finanze Camera e Senato hanno pubblicato un documento che servirà da base per la definizione della legge delega, suggerendo un intervento sul terzo scaglione dell’Irpef, quello comprensivo i redditi tra 28.000 euro e 55.000 euro, la cui attuale aliquota è pari al 38% e che potrebbe subire il taglio di almeno un punto, una mossa che costerebbe circa tre miliardi.

Secondo quanto detto da Mario Draghi, è presto per dare “i numeri”, se ne discuterà in sede di legge di bilancio per la quantificazione delle risorse da dover spostare, ma prima di tutto la legge delega fiscale che dovrà essere discussa nel Consiglio dei Ministri, forse, la prossima settimana.

LEGGI ANCHE: Aliquote e scaglioni IRPEF 2021: il calcolo sui redditi 2020

La riforma del catasto

Il Presidente del Consiglio Draghi ha rimarcato la necessità di effettuare una riforma del catasto che sarà avviata con la delega fiscale, premettendo che nessuno pagherà di più ma nemmeno di meno, ma il tutto deve rientrare nell’ambito della riforma fiscale.

Chi mostra subito il suo dissenso è Matteo Salvini. Per il leader della Lega si tratterebbe di una fregatura per gli italiani. Più o meno sulla stessa linea anche la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che si dice convinta sul fatto che la riforma del catasto con nuove rendite potrebbe portare ad una stangata sulle case.

Letta e Gelmini sulla delega fiscale

Enrico Letta, segretario del Partito Democratico spinge affinché siano premiati i contribuenti che hanno sempre pagato le tasse, sottolineando come nel passato non sia mai stato fatto. Il segretario PD ribadisce la sua contrarietà ai condoni, cui troppo spesso ci è rivolto a discapito di chi le tasse le ha sempre pagate e a favore, invece, dei soliti evasori.

Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Mariastella Gelmini, afferma che non ci dovranno essere nuove tasse sulla casa. Altresì, sarà di vitale importanza diminuire le tasse per il ceto medio, andando nella direzione di una progressiva abolizione dell’Irap e verso un richiamo allo Statuto del contribuente.

Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli è di altro avviso e crede che nella riforma fiscale si dovrà puntare al Codice Tributario Unico e alla ricerca di un nuovo punto di equilibrio tra pressione fiscale ed equità redistributiva del prelievo, è fondamentale abbassare la pressione fiscale”. Per quanto concerne il reddito d’impresa, “andrebbe reintrodotta l’Iri”, ha indicato Sangalli rafforza l’ipotesi di abilizione dell’Irap, facendo anche presente che andrebbe reintrodotta l’Iri Italia, l’Istituto per la Rcostruzione Indistriale leader nelle ricerche di mercato analisi, insight e piattaforme tecnologiche di supporto alla crescita delle aziende del largo consumo.

Ricordiamo che l’Iri, fondata a Roma nel 1933 e diventata Società per Azioni nel 1992 , cessò la sua attività nel 2002.

Dichiarazione Redditi e Irap 2021, indicazioni aiuti di Stato solo per la contabilità ordinaria

Nella dichiarazione dei Redditi 2021 l’indicazione dei contributi a fondo perduto e degli aiuti di Stato va messa solo in caso di contabilità ordinaria. Nel modello Irap 2021, invece, vanno riportati solo i contributi che incidono sul tributo stesso. Dopo le numerose interpretazioni riguardo all’allocazione degli importi nei diversi quadri, principalmente nei righi RS 401 e RS 402 del modello dei Redditi 2021 e IS 201 e IS 202 relativi al modello Irap, è necessario fare chiarezza su come registrare gli aiuti di Stato caso per caso. Chiarimenti che si sono resi necessari anche alla luce delle ultime indicazioni del 6 settembre 2021.

Redditi dei professionisti e imprese, il quadro RF della dichiarazione dei redditi 2021

Per il Reddito dei professionisti e delle imprese, gli aiuti di Stato ricevuti per l’emergenza coronavirus possono non essere indicati. Si tratta di contributi ricevuti che – in via generalizzata – seguendo le indicazioni dell’articolo 10 bis del Decreto legge numero 137 del 2020, godono della detassazione. Fanno eccezione i professionisti e le imprese in contabilità ordinaria. Infatti, nel quadro RF dovranno apportare la variazione in diminuzione per “sterilizzare” il provento a bilancio.

Compilazione facoltativa quadri dei Redditi dei contributi a fondo perduto

Per gli altri contribuenti, la compilazione facoltativa dei quadri di Reddito ha come conseguenza la necessità di compilare il prospetto degli aiuti di Stato relativo al quadro RS. In questo quadro trovano obbligatoria indicazione i contributi a fondo perduto versati dall’Agenzia delle entrate.

Contributi a fondo perduto pagati dall’Agenzia delle entrate:  quando non si devono indicare gli importi?

Per i contributi a fondo perduto dell’Agenzia delle entrate, relativi ai codici 20, 22, 23, 27 e 28 del rigo RS 401, non si devono “popolare” i campi relativi agli importi. Sarà la stessa Agenzia delle entrate che procederà al recupero di queste informazioni sulla base dei bonifici versati ai soggetti contribuenti.

Dichiarazione Redditi 2021, si devono indicare i contributi degli altri Enti?

I contributi versati durante la fase di emergenza dagli altri Enti, come l’Inps e le Casse previdenziali, non devono essere indicati nel quadro RS. Anche questi importi risultano detassati secondo quanto disposto dall’articolo 10 bis del Decreto legge numero 137 del 2020.

Crediti di imposta Covid, bonus sanificazione e ‘Botteghe e negozi’ nella dichiarazione Redditi 2021

I crediti di imposta Covid, invece, devono trovare allocazione nel quadro RU e in quello RF in diminuzione dal reddito. Inoltre, si devono indicare con l’importo del credito nel quadro RS e in quello IQ se inerenti all’Irap. Fa eccezione il bonus relativo alla sanificazione degli ambienti di lavoro e quello delle ‘botteghe e negozi’ del Decreto legge “Cura Italia”: entrambi non devono essere inseriti nel Quadro temporaneo.

Codici 24 e 8: devono essere indicati nei Redditi 2021?

Nel rigo RS 401 del modello dei Redditi 2021 e nel rigo IS 201 del modello Irap sono diventati, rispettivamente, inutili i codici 24 e 8. Infatti, l’articolo 1 bis del Decreto legge numero 73 del 2021 ne ha disposto l’abrogazione come qualifica di aiuto di Stato delle misure ricevute.

Modello Irap 2021, come si procede con i contributi a fondo perduto?

Nel modello Irap 2021 si devono riportare solo i contributi e gli aiuti ricevuti che incidono specificamente sul tributo stesso. Rientra in questa indicazione anche l’eliminazione del 1° acconto del 2020 per i soggetti passivi beneficiari della misura. Inoltre, si ritiene che si possa scegliere tra cassa e competenza nella compilazione del quadro RS. Ciò deriva dal fatto che le istruzioni al quadro Rs prevedono la procedura per competenza, mentre le Faq accolgono la compilazione per cassa.

Ulteriori indicazione nella compilazione del modello Redditi 2021

Maggiori indicazioni sono state diramate nel corso del Question time del 24 giugno 2021 (numero 506180) e nella lettera inviata dal direttore dell’Agenzia delle entrate ai Garanti dei contribuenti a fine luglio scorso. In entrambe le occasioni si è ribadito come alcune informazioni derivino direttamente dalla disciplina comunitaria. Pertanto, dette informazioni non sono rintracciabili nelle banche date a disposizione dell’Agenzia delle entrate.

Errori e sanzioni nella dichiarazione Redditi 2021

In questo ambito rientrano i casi di soggetti che svolgano più attività. Per queste situazioni è necessario far riferimento al settore e al codice dell’attività che ha percepito il contributo o l’aiuto di Stato. Per quanto concerne le eventuali sanzioni per errori e omissioni nei quadri dichiarativi dei contributi a fondo perduto Covid, anche qui vi è una divergenza tra normativa comunitaria e quella interna. Infatti, la risoluzione 26/E del 2021 contempla una sanzione fissa residuale, mentre nel Question time di giugno si ipotizza l’illegittimità della fruizione dell’aiuto stesso.