Pensioni, stop alla riforma ma proroga per Ape Sociale e Opzione donna

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha indicato la strada da seguire nei prossimi mesi, non sono mancate puntualizzazioni sulle pensioni. Purtroppo per ora c’è lo stop alla riforma che consenta di superare la legge Fornero, ma ci sarà la proroga di due importanti misure in scadenza al 31 dicembre 2022.

Il programma del prossimo Governo: pensioni, cuneo fiscale, contrasto ai rincari energetici

Oggi c’è stato il discorso alle Camere di Giorgia Meloni, passo precedente rispetto al voto di fiducia praticamente scontato. Ha anticipato nel discorso quella che sarà l’agenda del prossimo futuro parlando sia degli interventi da eseguire nell’immediato, come il contrasto al rincaro energetico, sia le misure a più ampio raggio come la riforma fiscale che dovrebbe portare negli anni alla riduzione di almeno il 5% del cuneo fiscale, la riforma sulle fonti energetiche che devono prevedere un maggiore sfruttamento del gas che l’Italia ha e delle fonti rinnovabili al Sud.

Tra le riforme ad ampio raggio c’è quella del sistema pensionistico che deve tutelare le giovani generazioni e gli importi delle loro pensioni. A breve non ci sarà la riforma delle pensioni, ma il rinnovo di Opzione Donna e dell’Ape Sociale, non ha però citato Quota 102 anch’essa in scadenza al 31 dicembre.

Pensioni, a breve la proroga di Opzione Donna e Ape Sociale

Opzione Donna prevede la possibilità per le donne che hanno compiuto 58 anni di età ( 59 anni per le lavoratrici autonome ) di andare in pensione purché abbiano maturato un’anzianità contributiva superiore o pari a 35 anni.

Opzione donna prevede però il calcolo dell’assegno pensionistico con il metodo contributivo e quindi con una perdita netta sull’importo pensionistico di circa il 25%- 30%. Per il calcolo dei contributi si considerano i contributi obbligatori; i contributi volontari; da riscatto oppure da ricongiunzione. Sono esclusi quelli figurativi accreditati per malattia e disoccupazione dei lavoratori dipendenti privati.

L’Ape Sociale è invece un anticipo pensionistico riconosciuto in presenza di determinate condizioni. In particolare viene riconosciuto a coloro che:

  • svolgono lavori gravosi;
  • disoccupati con almeno 30 anni di contributi;
  • lavoratori che assistono da almeno sei mesi un congiunto in gravi condizioni di salute;
  • invalidi civili con un grado di invalidità pari o superiore al 74%, con 30 anni di contributi versati.

Per conoscere i lavori che sono considerati gravosi e che di conseguenza possono accedere all’Ape Sociale leggi l’articolo: Lavori gravosi, ecco la lista delle nuove categorie di mansioni per l’Ape Sociale.

Nel discorso per la fiducia Meloni ha inoltre annunciato un’estensione della flat tax per lavoratori autonomi e professionisti e la flat tax incrementale per tutti gli altri lavoratori. Particolarmente severa è invece la posizione verso l’Agenzia delle Entrate per la quale si studiano strumenti volti a migliorarne l’efficienza attraverso maggiore riguardo all’evasione scovata e non al numero di istruttorie aperte.

Leggi anche: Flat Tax incrementale: cosa vuol dire? Ecco una simulazione

Non sono mancate critiche al reddito di cittadinanza che dovrebbe essere riformulato in modo che sia potenziata la funzionalità dell’inserimento nel mondo del lavoro.

Reddito di cittadinanza: si può avere anche in caso di interdizione dai pubblici uffici

Sappiamo che vi sono reati che precludono la possibilità di ottenere il Reddito di Cittadinanza, ma la Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la sentenza 38383 del 2022 ha posto un limite a tale diniego stabilendo che l’interdizione perpetua dai pubblici uffici non preclude la possibilità di accedere a tale agevolazione. Ecco cosa dice la sentenza.

Il caso: interdizione perpetua dai pubblici uffici con sequestro del reddito di cittadinanza

Nell’ambito di un’indagine per truffa finalizzata all’ottenimento di erogazioni pubbliche, una persona ha visto effettuare il sequestro delle somme in quanto 30 anni prima della richiesta del reddito di cittadinanza aveva avuto una condanna, con sentenza definitiva, per aver commesso il reato di rapina e sequestro di persona. Tra le pene accessorie per tale reato vi era l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Sulla base di questa pena accessoria, il tribunale di Vibo Valentia aveva disposto la decadenza dal beneficio del reddito di cittadinanza e il sequestro delle somme erogate. Tale sanzione si commina in applicazione dell’articolo 28 comma 5 del codice penale il quale stabilisce che coloro che sono condannati all’interdizione perpetua dai pubblici uffici non possono percepire stipendi, pensioni e altri assegni che siano a carico dello Stato o di altri enti pubblici.

Il reddito di cittadinanza ha natura ibrida

La Corte di Cassazione è però stata di contrario avviso e in particolare non ha ricompreso il reddito di cittadinanza tra gli emolumenti previsti dall’articolo 28 comma 5 del codice penale. Secondo i giudici della Suprema Corte, il reddito di cittadinanza non può essere parificato agli emolumenti prima visti in quanto viene caricato su Carta Acquisti non utilizzabile liberamente in tutti gli esercizi commerciali.

Trattasi invece di una “prestazione assistenziale finalizzata a soddisfare le proprie esigenze di vita” . In tal senso si è espresso anche il Ministero del Lavoro interpellato sul punto dall’INPS. La Corte di Cassazione sottolinea inoltre la natura ibrida del reddito di cittadinanza, infatti si tratta di una misura che include anche le politiche attive del lavoro con formazione e interventi volti ad evitare l’esclusione sociale. Trattasi di una misura di contrasto alla povertà e alla disuguaglianza e visto che comunque la pena in Italia è volta anche alla rieducazione del condannato, non avrebbe senso escludere una persona che si trova in tale situazione da politiche volte proprio alla rieducazione e reinserimento sociale.

La portata delle norme penali non può essere estesa

A ciò si aggiunge che la disciplina del Reddito di Cittadinanza contiene già dei casi di esclusione e in particolare prevede che per poter ottenere il sussidio è necessario che siano intercorsi 10 anni dalla sentenza di condanna definitiva. Nel caso in oggetto gli anni effettivamente intercorsi sono invece già 30, quindi il soggetto poteva tranquillamente presentare la domanda. Inoltre la natura afflittiva delle sanzioni penali impongono la loro applicazione letterale senza estensione a ipotesi simili ma non uguali. In nessun punto la normativa prevista per il reddito di cittadinanza impedisce l’erogazione del RdC a coloro che sono condannati all’interdizione e di conseguenza non è possibile un’applicazione per analogia.

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Reddito di cittadinanza: arriva una drastica riduzione dei fondi

Iniziano a profilarsi i primi dettagli della riforma che il futuro governo intende mettere in atto per riformare il reddito di cittadinanza. Ecco i tagli e le persone che potrebbero perdere il reddito di cittadinanza.

Maxi operazione contro i furbetti del Reddito di Cittadinanza

Nei giorni scorsi si sono concluse due maxi operazioni che hanno portato a sgominare due bande di cui facevano parte anche persone legate alla criminalità organizzata. La prima operazione ha portato in evidenza 662 persone che non avevano diritto a percepire il reddito di cittadinanza tra la provincia di Latina e quella di Napoli. La truffa è costata alle casse dello Stato 14.648.248 euro. La seconda operazione è stata conclusa poche ore fa in provincia di Roma, in questo caso sono 36 le persone denunciate e il valore della truffa è di 190 milioni di euro. Queste sono solo due delle operazioni condotte negli ultimi anni. Si trattava di immigrati che non avevano il requisito dei 10 anni di residenza “regolare” in Italia per poterne fruire.

Riduzione di 1/3 dei fondi: gli occupabili potrebbero perdere il reddito di cittadinanza

Di fatto Giorgia Meloni nel suo programma elettorale ha sempre detto di voler mettere mano al reddito di cittadinanza e nei mesi scorsi vi è anche stata l’iniziativa di Renzi per raccogliere le firme per il referendum abrogativo della misura, di fatto non è ben vista da molti. Uno scoglio sembra essere la sollecitazione della Commissione Europea ai Paesi Membri a offrire strumenti di sostegno al reddito per il contrasto alla povertà, ma in realtà si profila una riforma solo parziale.

L’obiettivo iniziale della riforma che probabilmente sarà tra i primi provvedimenti del Governo sembra essere ridurre di un terzo la dotazione del reddito di cittadinanza. Questo dovrebbe essere fatto separando i percettori in due categorie: occupabili e inoccupabili. Si rafforzerebbero di conseguenza gli strumenti per le politiche attive per il lavoro, quindi per la ricerca di occupazione, per tali occupabili. Sembra che nelle intenzioni del futuro governo vi sia un ruolo maggiormente incisivo per i Comuni che sono il punto di riferimento più vicino ai cittadini e quindi i soggetti che più di altri possono individuare i percettori che non avrebbero diritto al reddito e posizioni di collocamento mirato per gli occupabili.

Tra le ipotesi allo studio vi è anche la creazione di una banca dati dei furbetto del reddito di cittadinanza.

Reddito di cittadinanza: aggiornato il modulo per la domanda e reati

Con il Messaggio 3684 del 7 ottobre 2022 l’Inps ha aggiornato il modulo per presentare la domanda per ottenere il reddito di cittadinanza.

Modulo domanda Reddito di cittadinanza: aggiornato il quadro su precedenti penali

La legge di bilancio 2022 ha introdotto delle novità sul reddito di cittadinanza e proprio per questo motivo l’Inps ha aggiornato il modulo per inoltrare la richiesta. Nel nuovo modulo devono essere inserite informazioni aggiornate inerenti le misure cautelari e le condanne in capo al beneficiario e al proprio nucleo familiare. Ricordiamo che la commissione di alcuni reati, a breve elencati porta alla decadenza del beneficio e all’impossibilità di riconoscere lo stesso per 10 anni dalla condanna definitiva.

Il nuovo Quadro F del modulo prevede la separazione dei dati relativi all’applicazione di misure cautelari e condanne relative al beneficiario da quelle relative agli altri appartenenti al nucleo familiare.

I reati che portano alla revoca del Reddito di Cittadinanza

Ecco le  tipologie di condanna previste nel codice penale che fanno scattare la revoca del reddito di cittadinanza.

  • 270 bis codice penale: associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale;
  • 280 codice penale: attentato per finalità terroristiche o di eversione:
  • 289 bis codice penale: sequestro di persona per finalità di terrorismo o di eversione;
  • 416 bis: associazione di tipo mafioso e aggravanti;
  • 416 ter: scambio elettorale politico-mafioso;
  • 422: strage;
  • 600: riduzione o mantenimento in schiavitù;
  • 600 bis: prostituzione minorile;
  • 601: tratta di persone;
  • 602: acquisto e alienazione di schiavi;
  • 624-bis: furto in abitazione;
  • 628: rapina;
  • 629: estorsione
  • 630: sequestro di persona a scopo di estorsione;
  • 640-bis: truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche;
  • 644: usura;
  • 648: ricettazione;
  • 648-bis: riciclaggio;
  • 648- ter: impiego di denaro, utilità o beni di provenienza illecita;
  • articolo 7 comma 1 decreto 4 del 2019: false documentazioni per ottenere il reddito di cittadinanza;
  • articolo 7 comma 2 decreto 4 del 2019: mancata comunicazione delle variazioni del reddito;
  • concorso di reati e recidiva.

Le condanne definitive per i reati visti portano alla decadenza immediata dal diritto a percepire il reddito di cittadinanza e all’impossibilità di riottenerlo nell’arco di 10 anni.

L’Inps sottolinea che sarà effettuato il controllo automatizzato nel Casellario centrale per tutti i percettori del reddito.

Pignoramento: il reddito di cittadinanza può essere pignorato?

La domanda se la sono posta in molti: il reddito di cittadinanza si può pignorare? Di primo acchito la risposta dovrebbe essere negativa, ma ci sono state già due pronunce di diverso avviso e le stesse sono basate su due elementi distinti. Vediamo in quali casi il reddito di cittadinanza può essere pignorato.

Il reddito di cittadinanza è mezzo di sostentamento o misura di politica attiva del lavoro?

In linea generale la legge dispone l’impignorabilità dei crediti di natura alimentare e visto che generalmente il reddito di cittadinanza si eroga in favore di persone prive di mezzi di sostentamento o che hanno mezzi irrisori, non dovrebbero essere pignorabili le somme. Tanto più che le stesse non sono totalmente prelevabili in contanti e l’uso della carta è limitato ad alcuni esercizi  indicati tassativamente dalla normativa, ad esempio alimentari, farmacia, sanitaria o esercizi che consentono il pagamento delle bollette.

Ci sono però due dettagli, il primo è che il reddito di cittadinanza è definito una <<misura di politica attiva del lavoro>>, il secondo dettaglio è rappresentato dal fatto che la legge istitutiva del reddito di cittadinanza non ha espressamente previsto l’impignorabilità delle somme. In un secondo momento si è pensato di inserire tale caratteristica nel Decreto Sostegni 2021, ma anche in questo caso la misura è saltata. Ciò ha portato molti a ritenere che il legislatore evidentemente non vuole inserire questo limite al pignoramento. Due le pronunce che hanno stabilito il pignoramento nel limite di 1/5 delle somme, una del tribunale di Trani e l’altra del tribunale di Catania. Entrambe le pronunce hanno fatto affidamento sul fatto che la legge istitutiva non prevedeva espressamente l’impignorabilità e in secondo luogo perché trattasi di una misura di politica attiva per il lavoro.

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La svolta: il reddito di cittadinanza non può essere pignorato

La legge di bilancio 2022 va invece nella direzione della non pignorabilità e l’INPS ha immediatamente recepito la novità. La legge stabilisce che il RdC si configura come sussidio di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri ai sensi dell’art. 545 del Codice di procedura civile

L’articolo 545 infatti prevede il divieto di pignoramento dei crediti alimentari con un solo limite, cioè se il pignoramento avviene in favore di altri crediti alimentari, sarebbero quindi crediti di uguale valore.

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Prendendo come punto di riferimento proprio la legge di bilancio 2022 l’INPS ha provveduto a pubblicare un Messaggio in cui si conferma l’assoluta impignorabilità delle somme erogate con il reddito di cittadinanza.

Reddito di cittadinanza e programmi elettorali: cosa cambierà?

Secondo i dati dell’INPS i nuclei familiari che beneficiano del reddito di cittadinanza sono 1.686.416 per un totale di 3.790.744 di persone coinvolte, il provvedimento bandiera del M5S, che ha sicuramente agevolato molte famiglie, potrebbe però subire importanti modifiche a partire dal mese di ottobre 2022 quando il peso delle elezioni del 25 settembre e del nuovo governo si farà sentire. Ecco cosa prevedono le varie coalizioni e i partiti nei loro programmi elettorali.

Reddito di cittadinanza e M5S: deve essere rafforzato anche con monitoraggio antifrode

Il reddito di cittadinanza è stata la misura bandiera del M5S, ha permesso a nuclei familiari senza reddito o con un reddito Isee inferiore a 9.360 euro all’anno di ottenere un’integrazione economica commisurata al reddito percepito. L’erogazione media nazionale è di 553,68 euro, ma ci sono nuclei che percepiscono meno e altri che invece percepiscono nettamente di più. Si tratta di una misura divisiva perché, mentre chi lo percepisce riceve sostegno, gli altri sono titubanti su questa misura ritenendola un costo eccessivo.

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Naturalmente il reddito di cittadinanza, insieme al bonus 110%, continua ad avere il sostegno incondizionato del M5S. Lo stesso ha però dichiarato che deve essere rafforzato, ma soprattutto deve essere migliorato il sistema di monitoraggio antifrode. Il problema c’è ed è evidente.

Programmi elettorali del centro-destra sul reddito di cittadinanza

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che ad oggi dai sondaggi è il partito con maggiori consensi, ritiene che disincentivi la ricerca di un lavoro, fino a definire questa misura come metadone di Stato. Questo nonostante alcune modifiche rispetto all’impostazione iniziale. Attualmente dopo la prima rinuncia a una proposta di lavoro, parte la decurtazione dell’importo percepito e alla seconda proposta invece si perde il beneficio.

Nel centro-destra è più defilata la posizione di Antonio Tajani, Forza Italia, che ha dichiarato l’obiettivo di ridurre il numero di beneficiari del reddito di cittadinanza, riconoscendolo solo a chi realmente si trova in uno stato di bisogno. Da questa riduzione dovrebbe derivare un risparmio di 4 miliardi di euro da destinare all’aumento delle pensioni minime. La Lega invece vorrebbe mantenere la misura sono in favore degli inidonei al lavoro, mentre negli altri casi punta all’abolizione, soprattutto ritiene che i controlli debbano essere delegati agli Enti Locali perché sarebbero maggiormente in grado di scoprire le frodi.

Renzi e Calenda: passo indietro di Matteo Renzi

Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, aveva proposto una raccolta di firme per chiedere un referendum costituzionale per la sua abolizione, ma ha dovuto cedere il passo. Dall’accordo stipulato con Carlo Calenda per le prossime elezioni, il leader di coalizione sarà proprio quest’ultimo, è emerso che si propenderà per una riforma. Insomma Matteo Renzi ha ceduto e come molti altri leader di partito assume una posizione intermedia per non lasciare il malcontento a nessuno. La proposta di Calenda è quella di ridurre a una sola la proposta di lavoro dal cui rifiuto deriva la perdita del beneficio.

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D’altronde Calenda ha dichiarato che molto probabilmente il nuovo governo resterà in carica 3 mesi e dopo si dovrà ritornare a un governo “istituzionale” sulla scia del governo Draghi o che comunque porti avanti la famosa “agenda”. Proprio Draghi  aveva dichiarato che il reddito di cittadinanza deve essere riformulato.

Programmi elettorali del centro sinistra per il reddito di cittadinanza

Il Pd, non intende abolire il reddito di cittadinanza, anche in questo caso si parla di una riformulazione, il cui obiettivo dovrebbe essere non ledere le famiglie numerose.  La coalizione di centro-sinistra pensa di introdurre l’integrazione pubblica alla retribuzione (in-work benefit), si tratterebbe di una misura volta ad agevolare lavoratori e lavoratrici che hanno un reddito eccessivamente basso.

Enrico Letta, leader della coalizione di centro-sinistra che comprende Pd, +Europa, Sinistra Italiana di Fratoianni, Verdi e Di Maio e Tabacci con “ Impegno Civile”.

Dal reddito di cittadinanza al reddito di resilienza, cosa cambia?

Che sia stata forse la misura più discussa da diversi anni a questa parte lo dimostrano i fatti. Parliamo naturalmente del reddito di cittadinanza misura che il governo Conte 1 ha introdotto con l’obbiettivo di  contrastare le situazioni di povertà. Nata come misura idonea al ricollocamento lavorativo e sociale dei beneficiari, col tempo il reddito di cittadinanza si è dimostrato una misura sostanzialmente simile ad un autentico sussidio e basta. A dimostrazione di tutto ciò, il fatto che molti partiti politici e molti tecnici vorrebbero, se non cancellarlo del tutto, quantomeno rivisitarlo. E si cercano vie alternative alla misura, dal momento che il contrasto alla povertà è una esigenza che nessuno può negare.

Il reddito di cittadinanza, cosa ha funzionato e cosa no

Il reddito di cittadinanza consta in un beneficio economico mensile erogato dall’INPS ai beneficiari mediante una carta di credito vera e propria. I soldi caricati sulla card RDC possono essere prelevati in contanti solo in minima parte. Il resto va speso per beni di prima necessità, farmaci e bollette per le utenze domestiche. Limitazioni queste, nate per evitare che ci fossero persone che si approfittavano della misura, finendo con il richiederla senza averne la necessità.

Le nuove elezioni e il futuro del reddito di cittadinanza

Adesso che ci accingiamo alle nuove elezioni politiche, l’argomento reddito di cittadinanza è tornato di stretta attualità a tal punto che si susseguono proposte di rettifica della misura o di sua sostituzione. Infatti nessuno dice che la misura va cancellata e basta, perché sarebbe come negare la situazione di povertà in cui molte famiglie versano. Piuttosto, si parla di correggerla o di trovare uno strumento diverso. Per esempio Giovanni Toti con il suo nuovo partito “Italia al centro”, propone il reddito di resilienza. Il termine, diventato comune per via del PNRR e del Recovery plan adesso diventa utile per le misure di contrasto alla povertà. Dal momento che resilienza significa di fatto resistere a situazioni avverse e di difficoltà, la nuova misura punta a correggere gli errori commessi con il reddito di cittadinanza che ha fallito da tutti i punti di vista per quanto riguarda le politiche attive sul lavoro.

Reddito di resilienza, di cosa si tratta?

La proposta del partito del governatore della Regione Liguria Giovanni Toti, dovrebbe funzionare in maniera diversa dal reddito di cittadinanza. Infatti offrirebbe soldi a chi oltre a versare in condizioni di povertà come per il reddito di cittadinanza,  intende avviare un’attività di lavoro autonomo. In pratica si offrirebbero soldi a chi dimostra l’intenzione di voler mettersi in proprio creando reddito per sé e per altri. Una misura che potrebbe essere commisurata, come importo, in base alla zona di residenza del beneficiario. In pratica offrirebbe più soldi a chi vive in zone dove fare impresa è più difficili per via delle difficoltà oggettive della stessa zona.

Cambia il modello di domanda per il reddito di cittadinanza. Cosa fare?

Con il messaggio 2820 del 2022 l’Inps ha reso noto l’aggiornamento del modello di domanda per il Reddito di Cittadinanza in conformità alle modifiche indicate nella legge di bilancio 2022, legge 234 del 2021.

Nuovo modello di domanda per chiedere il reddito di cittadinanza

In particolare la legge 234 del 2021 ha apportato modifiche all’articolo 4 comma 4 del decreto legge 4 del 2019 istitutiva del reddito di cittadinanza. Con tale modifica è previsto che la domanda presentata per ottenere il Reddito di Cittadinanza equivale a Dichiarazione di Immediata Disponibilità al Lavoro (DID) per sé e per i componenti del nucleo familiare che siano maggiorenni. Di conseguenza la stessa viene trasmessa automaticamente all’ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive per il lavoro) al fine dell’inserimento nel sistema unitario delle politiche del lavoro.

Cosa cambia per chi deve chiedere il reddito di cittadinanza?

In base alle nuove disposizione, il Reddito di cittadinanza potrà essere richiesto ancora utilizzando le vecchie piattaforme e quindi:

www.redditodicittadinanza.gov.it nella sezione “Richiedi o accedi”;
www.inps.it/prestazioni-servizi/reddito-di-cittadinanza-e-pensione-di-cittadinanza.

Nella compilazione del modello sarà necessario flaggare le caselle F e G che corrispondono appunto alla propria autorizzazione a trasmettere i dati all’ANPAL per dare immediata disponibilità al lavoro.

In assenza di tale indicazione, la domanda sarà improcedibile, di conseguenza è necessario prestare molta attenzione, infatti una domanda improcedibile non permette di ricevere il sussidio. L’immediata disponibilità si intende rilasciata per il dichiarante/richiedente, ma anche per tutti i membri del nucleo familiare tenuti agli obblighi connessi alla fruizione del Rdc.

Eventuali integrazioni necessarie al completamento della dichiarazione di immediata disponibilità devono essere fornite entro 30 giorni dal riconoscimento del beneficio o, comunque, entro i tempi richiesti per la sottoscrizione dei Patti per il lavoro o dei Patti per l’inclusione sociale.

Questa modifica si inserisce tra le norme che mirano ad agevolare l’inserimento lavorativo dei percettori di reddito di cittadinanza. Per conoscere le nuove regole, leggi anche: Le nuove regole per il reddito di cittadinanza: cosa cambia per i percettori

Messaggio_numero_2820_del_14-07-2022

Stato di disoccupazione e reddito di cittadinanza: nuovi limiti

Con la nota 5824 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha indicato i nuovi limiti di reddito per poter conservare lo stato di disoccupazione e percepire il reddito di cittadinanza godendo di alcuni esoneri.

Come si conserva lo stato di disoccupazione anche lavorando?

Il decreto legge 4 del 2019, convertito in legge 26 del 2019, prevede all’articolo 4 comma 3 che alcune categorie di lavoratori, pur svolgendo attività di lavoro dipendente o autonomo, possano conservare lo stato di disoccupazione, continuare a percepire il reddito di cittadinanza e prevede che siano esonerate da alcuni obblighi connessi alla percezione del reddito di cittadinanza. In particolare non sono tenuti a dare la disponibilità immediata al lavoro ( ricordiamo che la stessa deve essere data da tutti i membri maggiorenni del nucleo familiare). Sono inoltre esonerati dall’obbligo di aderire al percorso finalizzato all’inserimento lavorativo.

Il limite per poter conservare lo stato di disoccupazione era pari al reddito corrispondente a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi.

Nuovi limiti di reddito per conservare lo stato di disoccupazione

La legge di bilancio per il 2022 ha provveduto a modificare tale limite previsto dall’articolo 13 del Tuir e ciò ha portato a una modifica anche del limite di reddito previsto per la conservazione dello stato di disoccupazione. I nuovi limiti sono:

  • 8.174 euro per il lavoro dipendente, anche di tipo intermittente ( in precedenza era 8.145 euro);
  • 5.500 euro in caso di lavoro autonomo. Questo limite si occupa anche in caso di prestazioni occasionali senza partita Iva, collaborazione in imprese familiari, partecipazione in qualità di coadiuvanti in imprese familiari ( limite precedente 4800 euro).

Ricordiamo che questi non sono i limiti previsti per avere diritto al reddito di cittadinanza, infatti tale limite corrisponde a un Isee non superiore a 9.360 euro. Naturalmente in presenza di reddito e in base alle singole situazioni familiari, cambiano gli importi.

Nota 5824/2022 del Ministero del lavoro: limiti orari

La nota 5824/2022 del Ministero del Lavoro, oltre ad adeguare a questi nuovi limiti i requisiti per conservare lo stato di disoccupazione e quindi godere dei privilegi previsti dal reddito di cittadinanza, sottolinea che gli esoneri precedentemente visti, cioè dall’obbligo per i percettori e per i membri del nucleo maggiorenni di dare immediata disponibilità al lavoro e dal partecipare a percorsi di formazione, sussistono se il tempo impiegato nell’attività di lavoro sia superiore a 20 ore settimanali e quando, aggiungendo alle ore di effettivo lavoro il tempo impiegato per raggiungere il posto di lavoro, sono superate le 25 ore.

Leggi anche: Le nuove regole per il reddito di cittadinanza: cosa cambia per i percettori

Reddito di cittadinanza: gli sgravi contributivi per le assunzioni. Novità

 

Reddito di cittadinanza 2022, va in galera chi lavora in nero

Il reddito di cittadinanza 2022 può essere un valido aiuto per le famiglie. Ma se si percepisce e nel frattempo si lavora in nero, scattano le manette.

Reddito di cittadinanza 2022, la galera confermata dalla Cassazione

Il reddito di cittadinanza divide gli italiani. Ma ci separa anche dal resto del mondo, visto che il Fondo Monetario Internazionale lo ha bocciato. Tra chi lo vorrebbe annullare e chi lo vorrebbe tutelare a tutti i costi, ci sono anche i “furbetti”. Cioè coloro che pur percependo il reddito di cittadinanza, non ne avrebbero diritto oppure continuano a lavorare in nero, garantendosi, così una doppia entrata mensile.

Ma proprio su questo aspetto è intervenuta la Cassazione. Dunque la Carte di Cassazione con le sentenza n.25306 del 2022 ha accertato che chi prende il reddito e lavora in nero commette un reato. Proprio perché ad essere violato è l’articolo 7, comma 2, decreto n.4/2019.

Cosa rischia chi lavora in nero?

L‘articolo 7, comma 2, decreto n.4/2019 così recita: “L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all’articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, e’ punita con la reclusione da uno a tre anni“.

Se un soggetto prende il reddito di cittadinanza e lavora percepisce una somma di denaro che deve esser denunciata all’Inps in quanto cambia la sua posizione lavorativa. Mentre chi lavora in nero, prende lo stesso uno stipendio, ma non dichiara alcuna variazione del proprio reddito o del proprio patrimonio. Rimanendo così invariato il suo ISEE continua ad aumentare le sue entrate, senza perdere il beneficio del reddito di cittadinanza. Non sono più chiacchiere da bar, ma è la Cassazione a dirlo. E se il furbetto viene acciuffato la legge prevede una reclusione da uno a tre anni, perché è un reato a tutti gli effetti.

Reddito di cittadinanza 2022, il divieto vale per tutta la famiglia

Il divieto di lavorare in nero vale per tutta il nucleo familiare che percepisce il reddito di cittadinanza. Quindi anche moglie/marito e figli all’interno della stessa famiglia. Inutile anche l’eventuale dichiarazione di lavorare gratis o per piccole somme. Anche le “piccole somme” devono essere dichiarate in quanto alterano il reddito personale e della famiglia.

Infine si ricorda anche che il comma 1 dello stesso articolo così recita: “Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, e’ punito con la reclusione da due a sei anni“.

Quindi attenzione quando si decide di non rispettare le regole. Perché in caso di segnalazione, non si rischia una sanzione, ma la galera e la fedina penale macchiata. Ne vale la pena piuttosto che rinunciare al reddito di cittadinanza e combattere per un lavoro onesto e retribuito? Ad ognuno la sua scelta.