Servizio civile universale 2022, domande entro il 26 gennaio

Servizio civile universale 2022, è stato pubblicato il nuovo bando per la selezione di volontari. Ecco come presentare la domanda.

Servizio civile universale 2022, cos’è?

Sono circa 56.205 i posti disponibili per il servizio civile universale 2022. Tuttavia i volontari devono avere un’età compresa tra i 18 e i 28 anni che intendono diventare operatori volontari di servizio civile. I progetti saranno svolti nel 2022 e nel 2023 su tutto il territorio nazionale e all’estero. Inoltre i soggetti avranno una durata variabile tra gli 8 e i 12 mesi.

In particolare gli operatori dovranno essere così suddivisi:

  • 54.181 operatori volontari saranno avviati in servizio in 2.541 progetti, relativi a 484 programmi di intervento, da realizzarsi in Italia;
  • 980 operatori volontari saranno avviati in servizio in 170 progetti, relativi a 35 programmi di intervento, da realizzarsi all’estero;
  • 37 operatori volontari saranno avviati in servizio in 4 progetti, relativi a 2 programmi di intervento, finanziati dal PON-IOG “Garanzia Giovani” Misura 6 bis e da realizzarsi nelle regioni Calabria e Sicilia, con il riferimento all’asse di finanziamento asse 1 bis – giovani disoccupati;
  • 1007 operatori volontari in 103 progetti (della durata di 12 mesi), relativi a 45 programmi di intervento specifici per la sperimentazione del “Servizio civile digitale”.

Ai soggetti selezionati e che svolgeranno regolarmente il loro servizio, sarà riconosciuto un contributo mensile pari a 444.30 euro.

Altri requisiti dei candidati per il servizio civile universale 2022

I potenziali volontari del servizio civile universale 2022 devono avere dei requisiti ben precisi:

  • età compresa tra i 18 e i 28 anni alla data di presentazione della domanda;
  • avere la residenza in Italia;
  • avere almeno la cittadinanza italiana se residenti in altro paese europeo;
  • non aver riportato alcuna condanna, alla pena della reclusione superire ad un ann per delitto non colposo oppure ad una pena, anche di entità inferiore, per un delitto contro la persona o concernente detenzione, uso, porto, trasporto importazione o esportazione illecita di armi  materie esplodenti. Infine anche nel caso per delitti riguardanti l’appartenenza o il favoreggiamento a gruppi eversivi, terroristici o di criminalità organizzata.

Come presentare le domande

Sul sito dedicato al servizio civile è possibile scegliere il progetto sia all’Italia che all’estero. Attraverso le varie schermate si può scegliere i progetti per Regione, città e durata. Questo per permette di trovare i potenziali volontari. Le domande possono essere presentate entro le ore 14 di mercoledì 26 gennaio 2022. Le domande dovranno essere presentate attraverso il seguente link:  https://domandaonline.serviziocivile.it Tuttavia l’accesso alla piattaforma è per i cittadini italiani residenti in Italia  all’estero.

Inoltre per accedere occorre utilizzare lo SPID, il sistema pubblico di Identità Digitale. Mentre per i cittadini appartenenti ad altri Paesi sia dentro che fuori l’Unione Europea, potranno accedere attraverso le credenziali da richiedere al Dipartimento, con un’apposita procedura.

 

 

Superbonus 110%, le novità del 2022: Sal al 30% entro giugno per le ‘villette’ unifamiliari

La proroga a tutto il 2022 del superbonus 110% richiede, per le villette unifamiliari, il raggiungimento di almeno il 30% dello stato di avanzamento dei lavori (Sal) entro il 30 giugno 2022. Tra le altre novità del superbonus per il prossimo anno anche il mancato tetto dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee). Va a decadere anche la regola sulla mancanza di una data certa entro la quale deve essere presentata la Cilas o la domanda del titolo urbanistico.

Superbonus 110% nel 2022, quali sono le novità al decreto legge numero 34 del 2020?

Rimane, dunque, come condizione essenziale per le agevolazioni fiscali del superbonus per il 2022, l’aver concluso almeno il 30% dei lavori entro fine giugno. L’adempimento riguarda le cosiddette “villette” unifamiliari. Più nel dettaglio, il nuovo comma 8 bis dell’articolo 119 del decreto legge numero 34 del 2020, specifica che la detrazione del superbonus 110% “spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022, a condizione che alla data del 30 giugno 2022 siamo stati effettuati i lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo”. Sono le persone fisiche, così come previsto dal comma 9 della lettera b) del citato decreto, a richiedere lo svolgimento degli interventi agevolati. 

Superbonus 110%, ecco cosa si intende per villette e unità plurifamiliari

La condizione dell’avanzamento dei lavori del superbonus al 30% entro il 30 giugno 2022 interessa gli edifici unifamiliari, ovvero le cosiddette “villette”, e le unità situate nei contesti plurifamiliari. Queste ultime devono essere funzionalmente indipendenti e dotate di un accesso autonomo. Risulta importante stabilire cosa significhi completare almeno il 30% dei lavori entro il 30 giugno 2022.

Cosa significa raggiungere il 30% di Sal a fine giugno 2022 nei lavori del superbonus 110%?

Il raggiungimento del 30% di stato di avanzamento dei lavori (Sal) del superbonus 110% va rapportato all’intervento considerato nel suo complesso e non soltanto alle spese agevolate. In attesa di ulteriori indicazioni, si può prendere in esame quanto ha chiarito l’Agenzia delle entrate nell’interpello numero 791 del 2021. Nel calcolo del 30% di Sal devono essere incluse tutte le spese inerenti il capitolato di spesa, sia quelle agevolate che quelle non agevolate. Tale procedura risulta essere differente rispetto a quella richiesta per l’attestazione del 30% su un singolo intervento agevolato ai fini dello sconto in fattura o della cessione del credito di imposta.

Superbonus 110%, le agevolazioni fiscali dei condomini, edifici plurifamiliari e Iacp

Diversa è invece la scadenza applicata agli edifici degli Iacp per poter beneficiare del superbonus 110%. Condomini, edifici plurifamiliari che abbiano un solo proprietario, edifici Iacp, cooperative di abitazioni. Ma anche Onlus e tutti gli altri enti previsti dal comma 9 lettera d bis) hanno altre scadenze sugli interventi di superbonus 110% per il 2022. In tutte queste situazioni, infatti, la scadenza del 30 giugno 2022 è perentoria e non prorogabile. Dunque gli interventi devono essere portati a termine entro fine giugno prossimo. Agli enti appartengono anche quelli sportivi in quanto non considerati persone fisiche.

Hai vinto a una lotteria? Scopri come riscuotere i premi e i costi

Gli italiani amano le lotterie e i giochi in genere. Dai dati rilevati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, quindi dati ufficiali sui giochi legali, nel 2020 sono stati giocati 88,38 miliardi di euro, il 20% in meno del 2019, ma la riduzione è dovuta alle restrizioni Covid 19. In media ogni italiano maggiorenne spende 1.760 euro, naturalmente ci sono italiani che non spendono un euro e altri che ne spendono molti di più, proprio per questo si parla di ludopatie. A fronte di queste spese, ci sono poi le vincite e se riscuotere piccole somme è abbastanza facile, infatti basta recarsi dal tabaccaio in ricevitoria per riscuotere le piccole somme, tutto cambia per le vincite importanti. Per le giocate online invece i premi vengono accreditati nel conto di gioco. Scopri come riscuotere i premi delle lotterie nazionali e i costi da sostenere.

Come riscuotere i premi del Lotto

Le modalità per la riscossione cambiano leggermente in base al gioco che ha determinato il fortunato evento. Chi ha giocato e vinto al lotto può riscuotere somme piccole fino a 543,48 euro recandosi presso una qualsiasi ricevitoria, per riscuotere somme comprese tra 543,48 euro e 2.173 euro è necessario recarsi presso la ricevitoria che ha emesso la giocata, in questo caso è possibile prenotare il pagamento del premio tramite accredito bancario. Per i premi da 2.173 euro a 10.500 euro è invece possibile prenotare l’accredito della vincita sul proprio conto presso una qualunque ricevitoria, deve naturalmente essere presentato lo scontrino della vincita e il codice del conto su cui versare gli importi. La vincita può essere prenotata anche indicando come modalità di pagamento l’assegno bancario da riscuotere presso Banca Intesa.

Per le vincite di importo maggiore a 10.500 euro la procedura si complica, infatti è necessario recarsi presso una filiale di Banca Intesa con la ricevuta della giocata oppure presentarsi all’Ufficio al Pubblico in via del Campo Boario 56/d 00154 – Roma. In entrambi i casi occorre avere con sé documenti di identità in corso di validità, codice fiscale, occorre compilare la richiesta di pagamento, indicando anche la forma di pagamento preferita. Con la copia di questi documenti, nel caso in cui la richiesta venga fatta direttamente a Roma, sarà necessario recarsi presso uno sportello di Banca Intesa per riscuotere la vincita. La richiesta deve essere fatta entro 60 giorni dalla vincita. Naturalmente le somme saranno versate al netto delle imposte dovute pari al 20%, con franchigia di 500 euro (in passato si applicava l’aliquota del 12%). Si chiama la Tassa sulla fortuna.

Hai vinto al Superenalotto? Ecco come riscuotere i premi

La procedura è molto simile nel caso in cui la vincita sia al Superenalotto. In questo caso è possibile riscuotere presso una qualunque ricevitoria abilitata importi fino a 520 euro chiedendo gli importi in contanti oppure con assegno bancario non trasferibile. Per importi fino a 5.200 euro il premio può essere ritirato in con assegno non trasferibile o bonifico bancario presso qualunque ricevitoria. Infine, per somme superiori a 5.200 euro, ma inferiori a 52.000 il pagamento può essere richiesto presso ricevitorie abilitate a erogare questa tipologia di premi, ma in questo caso deve essere prenotato e può essere versato solo con bonifico bancario.

Per premi di valore superiore a 52.000 euro la riscossione deve essere prenotata presso gli uffici SISAL:

  • Via A. di Tocqueville 13 – 20154 Milano
  • Viale Sacco e Vanzetti 89 – 00155 Roma

Aperti dal lunedì al venerdì dalle ore 9:00 alle ore 13:00.

Per i premi di entità minore il termine della richiesta è 60 giorni da quello successivo all’estrazione, mentre per i premi di valore superiore a 5.200 euro la richiesta può essere inoltrata entro 60 giorni presso la ricevitoria (nei casi in cui si può fare) ed entro 90 giorni direttamente alla SISAL.

Per le vincite delle giocate online gli importi fino a 5.200 euro si riscuotono direttamente sul conto di gioco, mentre per le somme maggiori occorre inoltrare una richiesta alla SISAL con le modalità viste. Anche per il Superenalotto c’è la Tassa sulla fortuna. Occorre anche ricordare che devono essere pagate delle commissioni di incasso,  queste non sono dovute per vincite fino a 100 euro mentre l’importo è variabile da 1,03 a 6,20 euro in base all’entità della vincita.

Come riscuotere i premi Gratta E Vinci

Diversa è la riscossione dei premi del Gratta E Vinci. Per importi inferiori a 500 euro è possibile presentare il biglietto presso una ricevitoria e ottenere gli importi. Per importi maggiori e fino a 10.000 euro è necessario prima far validare il biglietto presso un centro autorizzato e scegliere il metodo di pagamento con cui riscuotere la vincita tra assegno circolare emesso da Banca Intesa, bonifico bancario o postale. In questo caso è necessario consegnare il biglietto al rivenditore che rilascerà uno scontrino con i dettagli della vincita (sperando che il rivenditore non scappi).

Per gli importi superiori a 10.000 euro è necessario: recarsi presso uno sportello Banca Intesa e inoltrare la richiesta, naturalmente occorre avere i documenti di riconoscimento, codice fiscale e il titolo. In alternativa è possibile rivolgersi allUfficio Premi Lotterie Nazionali s.r.l.
Per farlo, è possibile consegnare il biglietto fortunato all’indirizzo “Viale del Campo Boario 56/D, 00154 Roma”.
In questo caso è possibile anche inviare un plico contenente il biglietto con raccomandata con ricevuta di ritorno.

In caso di vincita con il Gratta e Vinci online le modalità di riscossione sono leggermente diverse, infatti per importi fino a 10.000 euro le somme vengono accreditate direttamente sul conto di gioco, mentre per somme superiori è necessario presentare la richiesta a una filiale della Banca Intesa oppure all’ufficio del Viale del Campo Boario presentando la stampa di promemoria del gioco.

Vuoi mantenere l’anonimato sulla vincita? Rivolgiti al notaio. Ecco quanto costa

In ogni caso, qualunque sia la fonte della vincita (Lotto, Superenalotto, Gratta e Vinci) se si vuole mantenere l’anonimato (è sempre consigliato farlo) ed essere sicuri che tutto vada per il meglio, è possibile rivolgersi a un notaio e delegarlo nella riscossione e nell’adempimento di tutte le procedure. In questi casi alla Tassa sulla Fortuna, alla commissione d’incasso che abbiamo visto prima c’è la parcella del notaio che varia dall’1% al 3% della vincita. Infine, le somme non riscosse sono devolute all’erario.

Coltivatori diretti, come si calcolano i contributi Ivs?

Oltre all’iscrizione all’Inps per i contributi, i coltivatori diretti devono versare anche l’Ivs, l’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti. Il metodo di calcolo è differente rispetto a quello previsto dal legislatore per i contributi Inps. Questi ultimi sono dovuti in presenza di 104 giornate lavorative annue per ogni unità attiva nell’attività che sia chiamata a contribuire.

Contributi Ivs per i coltivatori diretti, i riferimenti normativi

La legge numero 1047 del 26 ottobre 1957 dispone che viene “istituita presso l’Istituto nazionale una Gestione speciale per i coltivatori mezzadri“. La gestione ha lo scopo di prevedere l’obbligo dell’assicurazione Ivs per i coltivatori diretti che siano i proprietari, gli affittuari, gli usufruttuari, gli enfiteuti e i pastori che si occupano, in maniera diretta e abituale, alla coltivazione manuale dei fondi o all’allevamento del bestiame.

Contribuzione Ivs, da chi è dovuta?

Pertanto, la contribuzione Ivs è dovuta sia dai coltivatori diretti che da ciascun altro membro della famiglia che vi sia iscritto. Il legislatore ha voluto estendere le tutele assicurative a tutti i familiari che siano addetti in maniera attiva nei lavori agricoli. L’assicurazione può essere fatta anche a favore di parenti e affini fino al quarto grado.

Contributi Ivs, come si calcolano per i coltivatori diretti e i familiari attivi nella coltivazione?

Sia i coltivatori diretti che i familiari iscritti all’assicurazione Ivs devono determinare i contributi dovuti applicando l’aliquota del 24%. Tale aliquota è rimasta invariata dal 2018 ad oggi. Il 24% si applica al reddito convenzionale che viene individuato seguendo una classificazione a 4 fasce di reddito. Per il calcolo del reddito convenzionale si fa riferimento alla legge numero 233 del 1990.

Coltivatori diretti, le quattro fasce di reddito previste dalla legge 233 del 1990

Secondo la legge numero 233 del 1990, “con decorrenza dal 1° luglio 1990 sono istituite, per gli assicurati iscritti alla gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, di cui alla legge del 26 ottobre 1957, la numero 1047, e successive modificazioni ed integrazioni, quattro fasce di reddito convenzionale individuate in base alla tabella D allegata alla presente legge ai fini del calcolo dei contributi e della determinazione della misura delle pensioni”.

Come si calcola il reddito convenzionale dei coltivatori diretti per l’applicazione del 24%?

Il comma 5 della citata legge spiega come procedere con il calcolo del reddito medio convenzionale per ogni fascia di reddito agrario prevista dalla tabella D. La determinazione avviene annualmente su base nazionale mediante il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con riferimento alle retribuzioni medie giornaliere di cui al primo comma dell’articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, numero 488. Il reddito medio convenzionale dei coltivatori diretti si determina, dunque, moltiplicando il reddito medio convenzionale giornaliero degli operai agricoli per il numero di giornate indicate nella tabella D allegata alla legge 233.

Contribuzione Ivs, come verificare a quale fascia di reddito si appartiene?

Il risultato che si ottiene dalla moltiplicazione rappresenta la soglia di reddito per verificare in quale fascia debba essere inserito il reddito agrario  denunciato dall’azienda nel momento in cui ha provveduto all’iscrizione. Se l’azienda risulta essere iscritta nella previdenza per l’attività di allevamento, il contribuente deve far riferimento al reddito agrario calcolato dall’articolo 32 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).

Coltivatori diretti: i versamenti dell’addizionale fissa giornaliera

Il contributi annuo ottenuto deve essere sommato all’addizionale fissa giornaliera. Tale addizionale è pari a 0,68 fino a un limite di 156 giorni. Il coltivatore diretto deve inoltre versare i contributi per l’indennità di gravidanza e puerperio. Infine sono da versare i contributi Inail che vengono riscossi dall’Inps grazie alla contribuzione unificata.

Contributi coltivatori diretti: quando scadono le quattro rate annuali?

I contributi, nel totale, si possono versare in quattro rate con le seguenti scadenze, sempre nel giorno 16 dei mesi di:

  • luglio;
  • settembre;
  • novembre;
  • gennaio (dell’anno successivo).

Infine, i coltivatori diretti e i loro familiari possono richiedere la riduzione dei contributi Ivs pari al 50% se hanno già superato i 65 anni.

Agricoltura sostenibile tra passato e futuro l’ Italia conquista il primo posto

L’agricoltura è uno dei settori che negli ultimi anni è stato riscoperto e che riesce a produrre PIL, questo grazie anche a un maggior sostegno da parte delle Istituzioni, attraverso incentivi volti sia alle aziende agricole in generale, sia ai giovani che vogliono intraprendere questo lavoro. La maggiore attenzione all’agricoltura sostenibile è un altro tratto distintivo e si avvale di conoscenze antiche tramandate di generazione in generazione e oggi supportate anche da studi scientifici e dalle tecnologie dell’agricoltura 4.0.

Cos’è l’agricoltura sostenibile?

L’agricoltura sostenibile consiste in una serie di pratiche il cui obiettivo è tutelare l’ambiente, evitare l’eccessivo sfruttamento delle risorse, preservare la fertilità dei terreni, ridurre il più possibile lo spreco di acqua e quindi nel complesso fare in modo che la produzione di quelle che sono poi risorse soprattutto legate all’alimentazione sia il meno possibile impattante sull’ambiente. Non solo, infatti oggi per agricoltura sostenibile si intendono una serie di pratiche il cui obiettivo è anche preservare la salute delle persone e assicurare la giusta quantità di cibo a tutti. Inoltre il concetto comprende la tutela dei diritti umani dei lavoratori e l’equità sociale.

Il Green Deal e il Farm To Fork

Tali principi sono contenuti nel Farm To Fork, piano decennale presentato a maggio del 2020 e parte del Green Deal , cioè il Patto Verde il cui obiettivo è arrivare alla neutralità climatica entro il 2050 e di ridurre le emissioni nette di gas serra del 55% rispetto al 1990 entro il 2030. Il Farm To Fork (F2F), elaborato dalla Commissione Europea, mira a guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente.

In realtà molti dei principi contenuti del Green Deal derivano dal paper della FAO, Food and Agriculture Organization, pubblicato nel 2018 e che contiene i 5 principi dell’agricoltura sostenibile.

Paradossalmente il patto più che guardare al futuro guarda al passato, cioè alle tecniche di produzione utilizzate nei tempi passati e che avevano un maggiore rispetto per quelli che sono i cicli naturali della produzione agricola. Naturalmente occorre riadattare le tecniche perché oggi è disponibile meno suolo coltivabile e ci sono più bocche da sfamare perché di fatto, a parte l’impatto negativo della pandemia che ha portato a una riduzione globale della popolazione, comunque ci sono più persone da nutrire rispetto a decenni fa.

Gli interventi dell’Unione Europea

Gli interventi comunitari mirano a una riduzione dello sfruttamento delle risorse fossili, si è già detto che l’obiettivo è vietare l’installazione di caldaie, inoltre vi è l’obiettivo preservare le foreste, in modo da evitare la deforestazione che ha un impatto negativo sul clima. La Comunità Europea prevede inoltre sussidi per la gestione sostenibile dei pascoli ( In Italia una disciplina per la gestione dei pascoli è prevista dalla Regione Marche) in modo da favorire la biodiversità e l’aumento delle specie arboree. Ad esempio il bando della Regione Marche prevede contributi per gli agricoltori che si impegnano a tenere i campi puliti da deiezioni degli animali e che eliminano in modo naturale (non con pesticidi e mezzi meccanici) le erbe infestanti in modo da favorire la biodiversità.

Agricoltura sostenibile e agroforestazione

Non solo tutela del suolo destinato al pascolo, ma anche agroforestazione. In passato vi era l’abitudine di campi con diverse colture e in particolare nei campi, sebbene fossero seminativi, vi erano degli alberi, anche se per gli agricoltori del tempo non c’era piana consapevolezza dell’importanza di questa usanza, in realtà questa tutelava la biodiversità, in quanto nei seminativi gli alberi attiravano anche le api essenziali per l’impollinazione.

Con il tempo, per facilitare i lavori e renderli più veloci, questa abitudine è stata persa a scapito della biodiversità e anche della capacità naturale delle varie coltivazioni di difendersi dagli attacchi dei parassiti. Ora c’è un’inversione di tendenza, è stato calcolato che la presenza di alberi in un’area agricola porta a un aumento della produzione del 40%, ciò anche in combinazione con una riduzione della meccanizzazione e dell’uso di pesticidi. Dagli studi emerge che usare questi “trucchi” su larga scala riduce lo stress climatico.

Sia chiaro, il ritorno al passato implica anche un massiccio uso di nuove tecnologie e in particolare connettività, geolocalizzazione, internet of things (domotica), queste infatti possono aiutare a sviluppare un’agricoltura di precisione in cui ogni coltura ottiene esattamente ciò di cui ha bisogno senza sprechi, ad esempio di acqua, razionalizzando l’uso dei fertilizzanti in base alle vere esigenze dei terreni e delle colture. Proprio per questo si parla anche di agricoltura 4.0.

Green Italy: l’Italia ha l’agricoltura più sostenibile d’Europa

L’agricoltura sostenibile si sviluppa anche attraverso un controllo stretto della filiera e quindi con una gestione a 360° delle produzioni con la trasformazione delle materie prime. In questo settore occorre sottolineare che secondo il rapporto di Green Italy relativo al 2020 l’agricoltura italiana è la più sostenibile d’Europa. L’Italia ha ottenuto questo importante podio per diversi motivi, in primo luogo c’è uno sviluppo considerevole dell’agricoltura biologica, inoltre vi è un’attenta gestione del territorio volta non solamente a produrre di più, ma a preservare le bellezze naturali e paesaggistiche del Paese che sono anche fonte di turismo, basti pensare alle campagne della Toscana e dell’Umbria conosciute in tutto il mondo oppure gli uliveti pugliesi. Gli ulivi monumentali pugliesi hanno ottenuto il riconoscimento di Patrimonio dell’UNESCO.

Contribuiscono all’agricoltura sostenibile italiana anche l’uso di energie rinnovabili, la riduzione degli scarti attraverso il loro riutilizzo. Tali risultati sono stati raggiunti nonostante le politiche italiane e gli incentivi sulla sostenibilità dell’agricolatura sono di importo ridotto rispetto ad altri Paesi dell’Unione Europea che investono di più come Germania e Francia. Nonostante questo non mancano sussidi e di seguito puoi trovare alcuni approfondimenti.

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Arrivederci al 2022 per tutte le novità sull’agricoltura e, si spera, nuovi incentivi!

Stretta sui tirocini nella legge bilancio 2022: stop abusi

Dalla legge di bilancio 2022 arriva la stretta sui tirocini, la stessa è volta a evitare abusi di questo strumento da parte delle aziende. Ecco cosa prevede la nuova disciplina.

Ratio dei tirocini, o stage, e abusi

Supportare i giovani nella formazione e nell’inserimento nel mondo del lavoro è molto importante, ma non mancano delle evidenze che fanno pensare che i tirocini extra curricolari, cioè indipendenti dalla formazione scolastica, siano abusati al fine di ottenere privilegi fiscali e versare stipendi ridotti a fronte di vere prestazioni lavorative. E’ stato evidenziato che nel solo secondo trimestre del 2021 sono stati stipulati 90.000 contratti di tirocinio, 62.000 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Da ciò è derivata una stretta sui tirocini extracurriculari inserita all’interno della legge di bilancio per il 2022.

Stretta sui tirocini: cosa prevede?

Deve essere in primo luogo sottolineato che l’emendamento contiene solo le linee guida generali dei nuovi tirocini, mentre entro 6 mesi la Conferenza Stato-Regioni dovrà provvedere a dettare le norme specifiche. Naturalmente in questa sede dovremo soffermarci solo sulle regole generali dettate dalla legge di bilancio per la stretta sui tirocini extracurriculari. La legge di bilancio 2022 inoltre provvede a dare sostegno al contratto di apprendistato di primo livello.

La normativa in vigore

La normativa in vigore prevede la possibilità per le aziende di attivare tirocini extracurriculari, o stage lavorativi, retribuiti, questi rappresentano per i giovani che vogliono inserirsi nel mondo del lavoro una buona esperienza, mentre per le aziende vi sono dei vantaggi economici, infatti in primo luogo la retribuzione non è quella generalmente prevista dai CCNL per l’inquadramento, o meglio per le mansioni, svolte dallo stagista. In secondo luogo per gli stagisti non sono previste ferie, indennità di maternità, permessi, trattamento di fine rapporto, indennità di malattia. Nonostante questo, i tirocinanti o stagisti comunque sono produttivi.

Principi generali contenuti nella legge di bilancio 2022 per la stretta sui tirocini

Proprio a causa di questi “favori” previsti per le aziende che decidono di attivare gli stage, molto probabilmente si è verificato un abuso e da qui la necessità di disciplinare la stretta sui tirocini. La legge di bilancio prevede:

  • i tirocinanti dovranno essere scelti tra soggetti con difficoltà di inclusione sociale;
  • il compenso, il cui valore minimo dovrà essere fissato dalla Conferenza, deve essere congruo;
  • deve essere definita la durata massima del periodo di tirocinio;
  • occorre definire nella legge di dettaglio il numero di tirocinanti che si possono avere in organico in riferimento alle dimensioni aziendali;
  • nel momento in cui inizia il periodo di tirocinio deve essere redatto un bilancio delle competenze del tirocinante, al termine deve invece essere redatto un bilancio delle competenze acquisite. Al tirocinante deve essere rilasciata una certificazione delle competenze acquisite;
  • Una norma che appare essere una vera stretta sui tirocini è quella che prevede il divieto per le aziende di attivare nuovi contratti di stage se non dopo aver rispettato una quota minima di assunzioni dei precedenti tirocinanti;
  • infine le aziende devono determinare in anticipo, in modo specifico, le attività richieste allo stagista.

L’emendamento presente nella legge di bilancio 2022 precisa anche le sanzioni previste in caso di violazione delle norme ora viste. In base alla gravità dell’illecito commesso sarà possibile comminare una sanzione amministrativa minimo di 1.000 euro e massimo di 6.000 euro.

Sgravi per contratti di apprendistato di primo livello

La legge di bilancio 2022 prevede anche misure in favore delle aziende che attivano contratti di apprendistato di primo livello. Si tratta di attività di apprendistato rivolte all’ottenimento della qualifica professionale, un diploma professionale, un diploma di scuola secondaria superiore o certificato di specializzazione tecnica superiore.

Le stesse prevedono uno sgravio contributivo al 100% per le aziende che attivano il contratto di apprendistato a condizione che non abbiano più di 9 dipendenti. Lo sgravio contributivo sarà attivo per tre anni, mentre per i periodi contributivi successivi l’aliquota sarà al 10%. Per poter gestire lo sgravio contributivo per l’apprendistato sono stati stanziati fondi specifici:

  • 1,2 milioni di euro per il 2022;
  • 2,9 milioni di euro per il 2023;
  • 4 milioni di euro per il 2024;
  • 2,1 milioni di euro per il 2025.

Donazioni, atti liberi che non piacciono alle banche

Le donazioni sono atti di libera scelta con cui si trasferisce un bene, un immobile o altro. Ma le banche non li amano, ed ecco il perché.

Le donazioni, cosa son da punto di vista normativo

La donazioni sono secondo l’articolo 769 del codice civile degli atti liberi. In particolare la donazione è il contratto con quale una parte, per spirito di liberalità, arricchisce l’altra tramite l’attribuzione di un diritto ovvero l’assunzione di una obbligazione. Dunque lo spirito del contratto è quello della liberalità, inteso come arricchimento disinteressato di una parte nei confronti di un’altra.

L’esempio classico è quello della donazione di una bene dai genitori nei confronti dei figli, che “regalano” un immobile ai propri figli, evitando così di sostenere i costi dell’acquisto. Però è anche vero che il contenuto della donazione può essere l’arricchimento in termini di assunzione di una obbligazione. Infine molto frequente è l’attribuzione di un diritto. Mentre non è ammessa la donazione di beni futuri o di beni altrui.

Alcuni tipi di donazione

Esistono vari tipi di donazione. Ad esempio quella modale, che è gravata da un onere o modo che il donatario è tenuto a eseguire. Tuttavia si ricorda che l’onere è spesso legato a qualcosa che deve fare chi riceve il bene. Ad esempio dono un immobile ad un’altra persona con l’obbligo ad esempio di realizzare qualcosa di utile per il sociale.

La donazione remuneratoria è quella fatta per riconoscenza ovvero in considerazione dei meriti del donatario, ovvero per speciale remunerazione. Inoltre la donazione è manuale quando la liberalità ha ad oggetto beni mobili ed è di modico valore, avuto anche riguardo alla condizione economica del donante.

La donazione obnuziale è la liberalità fatta in riguardo di un futuro matrimoniale dagli sposi tra loro, sia da altri a favore degli sposi o dei loro figli nascituri, alla celebrazione del matrimonio. Questa donazione non ha bisogno di accettazione.

Infine le donazioni possono essere indirette, poiché il fine di arricchimento si realizza in maniera indiretta, tramite atti e negozi che hanno un fine tipico diverso da quello della liberalità. Rientrano tra questi casi:

  • l’intestazione di un bene a nome altrui;
  • l’adempimento di un terzo;
  • la remissione del debito;
  • la rinuncia dell’usufrutto.

Ma perché le donazioni non piacciono alle banche?

La donazione è un atto in cui il donante trasferisce ad un altro soggetto un proprio bene per spirito di libertà, senza, cioè alcun corrispettivo. Si tratta però di un atto che viene spesso richiesto sia perché ha un costo molto basso, rispetto ad una vendita. Infatti viene spesso usata per “gestire” i patrimoni familiari, anche ai fini di pagare meno in merito alle tasse sugli immobili che sono sempre abbastanza alte, soprattutto per gli immobili non destinati alla prima casa.

Tuttavia è un atto che ha molti inconvenienti, perché è un atto revocabile e impugnabile per molti motivi. L‘azione revocatoria può essere esperita anche dai creditori del donante i quali ritengano che l’atto abbia recato pregiudizio alle loro ragioni. Anche in questo caso è necessaria una pronuncia giudiziale. In entrambi i casi però l’esperimento vittorioso dell’azione revocatoria (da parte del donante o dei creditori) comporta il venir meno degli effetti della donazione con conseguente restituzione dei beni in natura o dell’equivalente in denaro.

Ecco che quindi quando le banche devono concedere un mutuo, ci pensano davvero mille volte. Proprio perché l’atto può essere revocabile. E le banche potrebbero trovare difficoltà, qualora l’immobile subisse un’azione revocatoria e quindi perdere il loro “credito” sulla rivendita del bene, qualora il mutuo non fosse interamente ripagato.

Problemi anche in caso di rivendita

Come abbiamo detto la donazione è astrattamente a rischio di un’impugnazione, magari degli eredi, che renda inefficace la successiva rivendita. Infatti, rivendere un bene ricevuto in donazione, non è semplicissimo. Questo perché se ad ipotesi chi ha ricevuto il bene, dovesse decidere di vendere, cosa succede?

Se il terzo dovesse aver bisogno di fare mutuo, potrebbe riceve un due di picche. Questo perché le banche non accettano di essere garantite da un’ipoteca su di un bene che un domani potrebbe essere loro sottratto, magari da un’azione di rivendica da parte di qualche altro erede.

La azioni di rivendica da parte di vari soggetti

Tuttavia ci sono delle azioni di rimedio più o meno efficaci per cercare di ovviare alla situazione, come la prescrizione di alcune situazioni:

  • azione di revocatoria per sopravvivenza di figli si prescrive in 5 anni dal giorno della nascita del figlio o dalla notizia dell’esistenza del figlio o dell’avvenuto riconoscimento del figlio naturale;
  • l’azione di riduzione proposta dagli eredi legittimari si prescrive in 10 anni dalla morte del donante;
  • azione revocatoria proposta dal donante per ingratitudine si prescrive in un anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione;
  • l’azione di restituzione proposta dagli eredi legittimi si prescrive in 20 anni dalla donazione;
  • azione di revocatoria proposta dai creditori del donante si prescrive in 5 anni alla data dell’atto.

Inoltre il consiglio è quello di fare attenzione al tempo trascorso: 20 anni dalla donazione, sempre non vi è opposizione da parte di altri aventi diritto. Tuttavia un altro consiglio molto utile è quello di rivolgersi sempre ad un notaio per la valutazione di fare o meno l’atto di donazione. E se si deve fare un mutuo, meglio evitare questo tipo di immobili o magari parlare con il proprio consulente finanziario, per evitare spiacevoli “sorprese” in fase di richiesta e accettazione di mutuo.

 

 

 

 

Le 10 offerte di lavoro con più posti da dicembre 2021 a febbraio 2022

Saranno 1,4 milioni le entrate nel mondo del lavoro previste nel periodo da dicembre 2021 a febbraio 2022. I dati sono forniti da Anpal e Unioncamere che sottolineano anche una ripresa del +28% di richieste da parte delle imprese rispetto allo stesso periodo di fine 2019 e inizio 2020. Tuttavia, parallelamente alle professioni più richieste, le imprese faranno fatica a reperire i profili giusti. Si tratta essenzialmente di profili di alta specializzazione, di operai specializzati e di conduttori di impianti e di macchinari fissi e mobili.

Quali sono le 10 professioni più richieste da dicembre 2021 a febbraio 2022?

Nel rapporto Unioncamere e Anpal, si possono scorgere le 10 professioni più richieste da dicembre 2021 a febbraio 2022. Le maggiori opportunità di lavoro riguarderanno:

  • gli addetti nelle attività di ristorazioni con 113.330 opportunità di lavoro;
  • gli addetti alle vendite con 105.670 offerte di lavoro;
  • i conduttori di veicoli a motori con 97.410 offerte di lavoro;
  • personale non qualificato nei servizi di pulizia con 82.810 opportunità di lavoro;
  • addetti non qualificati per lo spostamento e la consegna delle merci con 52.490 posti;
  • impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali con 48.570 posti;
  • tecnici dei rapporti con i mercati con 48.110 posti;
  • artigiani e operai specializzati delle costruzioni e nel mantenimento di strutture edili con 47.740 posti;
  • meccanici artigianali, montatori, riparatori e manutentori di macchine fisse e mobili con 47.500 posti;
  • fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori carpenteria metalli e professioni assimiliate con 43.350 posti.

Quali sono i settori dove ci saranno più opportunità di lavoro tra dicembre 2021 e febbraio 2022?

In generale, i settori dove saranno maggiori le opportunità di lavoro tra dicembre 2021 e febbraio 2022 saranno, nell’ordine:

  • il settore degli operai specializzati con 275.720 opportunità di lavoro;
  • le professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi con 273.720;
  • i conduttori di impianti e gli operai di macchinari fissi e mobili con 259.030 posti di lavoro;
  • le professioni tecniche, tra le quali nei campi dell’informatica, dell’ingegneria, delle telecomunicazioni, della salute, della distribuzione commerciale con 204.520 opportunità di lavoro;
  • le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, tra le quali gli specialisti in scienze matematiche, informatiche, chimiche, fisiche, naturali, gli ingegneri e gli specialisti delle scienze gestionali, commerciali e bancarie con 91.180 posti;
  • i dirigenti con 3.370 opportunità di lavoro.

Le altre professioni più ricercate entro febbraio 2022

Tra le altre professioni maggiormente ricercate dalle imprese entro febbraio 2022 figurano:

  • gli artigiani e gli operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni con 36.230 posti;
  • gli impiegati addetti all’accoglienza e alle informazioni della clientela con 32.310 posti da occupare;
  • i conduttori di macchine per il movimento terra, per il sollevamento e il maneggio dei materiali con 29.560 posti;
  • i tecnici informatici, telematici e delle comunicazioni con 24.190 posti;
  • gli artigiani e gli operai specializzati nelle installazioni e nelle manutenzione di attrezzature elettriche ed elettroniche con 24.180 posti;
  • i tecnici della salute con 23.690 posti;
  • gli operai addetti all’assemblaggio di prodotti industriali con 23.680 posti;
  • i tecnici in campo ingegneristico con 22.940 posti;
  • gli operai di macchine automatiche e semiautomatiche per le lavorazioni metalliche e per i prodotti minerali con 22.770 offerte di lavoro;
  • i fabbri ferrai, i costruttori di utensili e i lavori assimilati con 22.170 posti.

Offerte di lavoro e professioni e profili difficili da reperire

Tuttavia, a fronte dell’elevato numero di opportunità di lavoro fino a fine febbraio 2022, molti profili risulteranno di difficile reperimento da parte delle imprese. Per più profili ricercati dalle imprese si arriverà alla media che uno su due rimarrà senza il corrispondente lavoratore, qualificato o meno, da assumere. Si riscontrano percentuali elevate di posti che rimarranno vacanti tra i dirigenti, tra le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione e tra gli operai specializzati.

Quali sono i 10 profili più introvabili dalle aziende?

Lo studio di Unioncamere e di Anpal mette in luce quali siano le professionalità più introvabili dalle imprese. Nel dettaglio:

  • specialisti in scienze matematiche, informatiche, chimiche, fisiche e naturali per i quali il 65,2% dei 17.390 posti potrebbe rimanere senza lavoratori;
  • fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori carpenteria metallica e professioni simili con il 59,4% di probabilità di non occupare i 43.350 lavoratori richiesti;
  • gli operatori della cura estetica con il 56,8% di posti che potrebbero andare vacanti;
  • i tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi con il 56,5% di probabilità di non riuscire a reperire i profili richiesti;
  • fabbri ferrai, costruttori di utensili e professioni assimilate con il 55,4% di difficoltà rispetto ai 22.170 posti disponibili;
  • operai specializzati e artigiani addetti alla pulizia e all’igiene degli edifici con il 55,2% di probabilità di non reperire i profili richiesti per 8.020 posti disponibili;
  • artigiani e operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni con il 53,8% di difficoltà;
  • gli operai di macchine automatiche e semiautomatiche per le lavorazioni metalliche e per la produzione di minerali (52,3% di difficoltà);
  • i meccanici artigianali, i montatori, i riparatori e i manutentori di macchine fisse e mobili con il 52,4% dei lavoratori di difficile ricerca;
  • ingegneri e professioni assimilate con il 52% di difficoltà a reperire le professionalità ricercate.

 

Quando il datore di lavoro può pagare in contanti i lavoratori?

La tracciabilità dei flussi di denaro è uno dei modi in cui lo Stato combatte l’evasione fiscale e proprio per questo la legge stabilisce che anche le prestazioni lavorative debbano essere pagate con strumenti tracciabili, ma vi sono dei casi in cui il datore di lavoro può pagare in contanti i lavoratori. Ecco le specifiche e i limiti all’uso dei contanti.

Obbligo di pagare i lavoratori con strumenti tracciabili

La legge 205/2017, legge di bilancio per il 2018, all’articolo 1 comma 910 stabilisce che dal primo luglio 2018 i datori di lavoro o committenti debbano usare strumenti tracciabili per il pagamento delle prestazioni lavorative. In particolare i lavoratori devono essere pagati con:

  • bonifico su IBAN indicato dal lavoratore;
  • strumenti di pagamento elettronici, ad esempio il POS, carte pre-pagate;
  • assegno o vaglia consegnato al lavoratore o a un suo delegato (la delega è possibile solo in caso di comprovata impossibilità di pagamento al lavoratore, può essere in favore del figlio almeno sedicenne, del coniuge o del convivente, familiare in linea retta o collaterale);
  • infine, può essere disposto il pagamento in contanti presso una banca o un ufficio postale, ma anche in questo caso il pagamento è comunque tracciabile perché vi è la presenza di un intermediario. Il datore di lavoro quindi non paga direttamente in contanti il lavoratore. Il pagamento deve essere disposto presso una banca o un ufficio postale dove il datore di lavoro abbia un conto corrente e dietro mandato di pagamento.

Nel caso in cui si dovesse contravvenire a queste regole, è prevista la somministrazione di una sanzione amministrativa compresa tra 1.000 euro e 5.000 euro. Non sono previste conseguenze penali.

Eccezioni: quando il datore di lavoro può pagare in contanti il lavoratore?

Vi sono limitati episodi in cui è possibile il pagamento in contanti delle prestazioni lavorative. Si tratta del caso in cui il pagamento avvenga in favore di stagisti, tirocinanti, colf, badanti e collaboratori occasionali.

Non solo, infatti vi sono alcune tipologie di “pagamenti” che possono essere effettuati in contanti, vediamo quindi quando il datore di lavoro può pagare in contanti i lavoratori.

Con la nota 16 luglio 2018, n. 6201 l’Ispettorato del Lavoro ha fatto sapere che non vi è l’obbligo del pagamento con strumenti tracciabili nel caso in cui le somme siano erogate per elementi diversi rispetto alla vera e propria retribuzione.

Questo implica che è possibile pagare in contanti i rimborsi spese, le spese di trasferta, gli anticipi di cassa, spese di vitto e alloggio. Anche in questi casi è però necessario prestare attenzione, infatti il pagamento in contanti di questi importi incontra un altro limite, cioè il limite all’uso dei contanti. Per il 2021, ormai agli sgoccioli, esso è fissato a 2.000 euro, ma per il 2022 il limite viene abbassato a 1000 euro. Questo vuol dire che il datore di lavoro potrà pagare la trasferta al dipendente in contanti per un importo massimo di 999,99 euro. La violazione di questa norma porta all’applicazione di sanzioni specifiche previste per il divieto di uso di contanti e quindi da 1.000 euro a 50.000 euro.

Ricordiamo inoltre che le spese di trasferta concorrono a formare il reddito del dipendente, mentre le spese per il vitto, l’alloggio, il viaggio e il trasporto fuori dal Comune di lavoro non concorrono a determinare il reddito, tali spese devono comunque essere documentate.

Per maggiori informazioni sulla tassazione dell’indennità di trasferta, leggi l’articolo: indennità di trasferta: come funziona il rimborso della diaria?

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Trasferte fisse e occasionali: quando sono dovuti i contributi

Cos’è la quietanza liberatoria, quando richiederla e come scriverla

Sicuramente più volte avrai sentito parlare di quietanza liberatoria, ma di cosa si tratta e quando è opportuno chiedere il suo rilascio? Ecco cosa sapere.

Cos’è la quietanza liberatoria

La quietanza liberatoria è un documento che con il tempo è sempre meno richiesto in quanto siamo abituati a pagare gli importi dovuti con sistemi tracciabili, ad esempio bonifici e di conseguenza appare più facile provare l’avvenuto pagamento di determinate somme in favore di un creditore. Può però capitare che un soggetto vanti un credito e che si decida di pagare lo stesso in contanti. In questo caso è bene richiedere una quietanza liberatoria. Sappiamo che i pagamenti in contanti hanno dei limiti, per il 2022 è previsto il limite di 999.99 euro, quindi è possibile recarsi da un professionista e scegliere di pagare in contanti, oppure si può chiedere una dilazione di pagamento, ad esempio di pagare gli importi in modo frazionato, ad esempio all’avvocato, oppure di ricevere della merce e chiedere di pagarla in un secondo momento.

In tutti questi casi, accanto alla ricevuta di pagamento, è possibile richiedere la redazione di una quietanza liberatoria. Nella stessa il creditore dichiara di non avere più nulla a pretendere dal debitore. Può essere usata anche nel caso in cui il creditore decida di ridurre gli importi inizialmente pattuiti con l’altra parte e quindi “libera” in anticipo il suo debitore.

Come redigere una quietanza liberatoria

La quietanza liberatoria deve essere redatta seguendo delle direttive ben precise, in particolare devono essere specificati i soggetti che partecipano a questo atto, quindi il creditore e il debitore, con relativi codici fiscali e indirizzo di residenza deve essere indicata la causale del versamento, ad esempio una consulenza professionale dell’avvocato X, oppure pagamento della fattura n°. .. emessa il giorno… deve essere indicata la somma pagata/ricevuta, la data e naturalmente deve esserci la firma. La quietanza liberatoria deve essere consegnata dal creditore al debitore. Non si tratta di un documento obbligatorio, ma nel momento in cui il debitore per una sua maggiore sicurezza la richiede, deve essere consegnata.

Si è detto che la quietanza liberatoria si richiede soprattutto quando i pagamenti avvengono in contanti, nel rispetto dei limiti previsti dalla legge, ma in realtà può essere utilizzata anche nel caso in cui il pagamento avviene con bonifico. Essa ha valore di prova, quindi il creditore in un secondo momento non potrà richiedere nuovamente il pagamento asserendo che in realtà il debito non è stato saldato, infatti in tal caso il debitore potrà difendersi attraverso l’uso della quietanza.

Spesso la quietanza liberatoria si utilizza anche nel caso di rapporti di lavoro, soprattutto in caso di cessazione del rapporto di lavoro, in questo caso il lavoratore dichiara di non avere più nulla a pretendere dal datore di lavoro.

Si ritiene che possa essere parificata alla quietanza liberatoria anche una registrazione da cui si possa evincere che effettivamente il creditore ha ricevuto quanto doveva avere, la ragione del credito e che il debito risulta estinto. Naturalmente in questo caso un giudice eventualmente chiamato a dirimere controversie dovrà valutare anche le circostanze in cui è avvenuta la dichiarazione.

Quietanza liberatoria in caso di levata di protesto

Un uso frequente della quietanza liberatoria riguarda il caso di una richiesta di pagamento di un assegno scoperto. In questi casi la prassi è solitamente così disposta, Tizio firma un assegno a Caio, Caio va in banca a riscuoterlo e si scopre che l’assegno è scoperto. In questo caso ci sarà il protesto che ha conseguenze piuttosto pesanti, infatti il debitore sarà segnalato alla Centrale Allarme Interbancaria e tale segnalazione avrà una durata di 5 anni. Inoltre ci sarà il divieto di emettere assegni per almeno 6 mesi e la pubblicazione del nominativo presso il Registro Protesti della Camera di Commercio territorialmente competente.

Per ridurre gli effetti negativi di tale protesto, il debitore può procedere al pagamento del dovuto e chiedere la creditore di firmargli una quietanza liberatoria, che sarà quindi consegnata alla banca con la richiesta di cancellazione della segnalazione. Questa procedura ha comunque un costo, infatti il protestato dovrà portare allUfficio della Camera di Commercio una visura dei protesti rilasciata dalla stessa Camera di Commercio, inoltre dovrà allegate il titolo protestato, una copia dei propri documenti e di una copia dei documenti del creditore, la quietanza liberatoria sottoscritta dal creditore e autenticata dal notaio ( che naturalmente chiederà un compenso per tale servizio) e una marca da bollo. Tale procedura deve comunque essere espletata entro 12 mesi dalla levata del protesto.