Agricoltura: nuovo fondo a rimborso dei danni per alluvioni, gelo, brina e siccità

La legge di Bilancio 2022 ha istituito un nuovo fondo per l’agricoltura e, in particolare, per il rimborso agli agricoltori dai danni causati da alluvioni, da gelo, da brina e dalla siccità. La dotazione del fondo è di 50 milioni di euro per tutto il 2022. L’istituzione del fondo mostra l’attenzione del legislatore per i fenomeni del cambiamento climatico che vanno a danneggiare l’agricoltura.

Fondo per rimborsare i danni causati agli agricoltori dai fenomeni climatici: riferimenti normativi

L’istituzione del fondo per il rimborso delle calamità climatiche ai danni dell’agricoltura è disciplinata dai commi 515-519 dell’articolo 1 della recente legge di Bilancio 2022. Il fondo assicurerà la gestione dei rischi delle imprese che operano nell’agricoltura, beneficiarie dei pagamenti della Politica agricola comune (Pac). La copertura assicurata del fondo sarà in tempi brevi ed ex post, ovvero al verificarsi del danno agli agricoltori. La copertura dei rischi potrà continuare a essere ottenuta ex ante anche tramite le compagnie assicuratrici. Dunque le misure pubbliche e private sono cumulabili.

Copertura dei danni alle strutture agricole: come chiedere il rimborso al Fondo

Per l’operatività del fondo stesso è necessario attendere il decreto del Mipaaf. Il provvedimento andrà a disciplinare il riconoscimento, il finanziamento e la gestione del fondo per i danni arrecati dai fenomeni climatici al settore agricolo. Il fondo è affidato alla gestione di Ismea, mentre i criteri e le modalità di intervento verranno definiti, per ciascun anno, dal Piano di gestione dei rischi in agricoltura secondo quanto prevede il decreto legislativo numero 102 del 2004 all’articolo 4.

Imprenditore agricolo: deroga alla perdita della qualifica per eventi dannosi riconosciuti dal Mipaaf

Sempre in tema di danni al settore agricolo, il comma 988 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2022 introduce una deroga alla regola generale della prevalenza lavorativa per la qualifica di imprenditore agricolo. Infatti, rispetto a quanto disciplina l’articolo 2135 del Codice civile, l’imprenditore agricolo non perde la qualifica nel caso in cui si verifichi un evento calamitoso o epidemiologico. L’eccezionalità dell’evento deve essere dichiarata da un decreto declaratorio del Mipaaf. La deroga ha validità per tre anni dal provvedimento del Mipaaf.

Contributi previdenziali, esonero contributivo 2022 e finanziamenti all’imprenditoria dell’Ismea

In tema di esonero contributivo dei coltivatori diretti, il comma 520, dell’articolo 1, della legge di Bilancio 2022 produce la proroga per i lavoratori agricoli fino a 40 anni che si dovessero iscrivere, nel 2022, alla previdenza. I commi dal 521 al 525, inoltre, potenziano i contributi assegnati dall’Ismea all’imprenditoria giovanile e femminile nel settore agricolo.

 

 

Qual è il guadagno netto di una partita IVA che fattura 1500-2000 euro?

Avere una partita IVA implica la necessità di dover pagare le imposte e i contributi previdenziali, questo vuol dire che dagli importi lordi che ogni mese si guadagnano devono poi essere sottratte le imposte. Cercheremo di capire qual è il guadagno netto di una partita IVA che fattura 1.500-2.000 euro al mese. Ricordiamo che sono stime molto approssimative.

Quanto pesano le imposte sul reddito delle partite IVA?

La prima cosa da dire è che molto dipende dalla situazione concreta del singolo titolare di partita IVA e dal regime fiscale a cui aderisce. I calcoli inoltre saranno abbastanza flessibili perché molto poi dipende dalle addizionali regionali e comunali che possono avere diverse forbici. Una volta ricavato il netto devono essere considerati i costi di gestione della Partita IVA, ad esempio i costi della fatturazione elettronica e del commercialista, questo ha una media di 800-1000 euro l’anno.

Chi ha un fatturato mensile tra 1.500-2.000 euro in media guadagna su base annuale dai 18.000 ai 24.000 euro. Calcoliamo quindi quanto gli resta in tasca dopo aver pagato le tasse.

Calcolo della base imponibile per il regime forfettario

Per capire quanto resta in tasca al contribuente titolare di partita IVA che fattura 1500-2000 euro al mese la prima cosa da fare è calcolare la base imponibile. Su questa sarà poi applicata l’aliquota IRPEF che cambia in base al regime a cui si aderisce. Per il regime ordinario la base imponibile viene calcolata sottraendo le spese sostenute. Per chi aderisce al regime forfettario, la base imponibile viene determinata in base al codice ATECO, attraverso il coefficiente di redditività. Ad esempio per il commercio all’ingrosso e al dettaglio è al 40%, per le attività professionali è al 78%, per il settore immobiliare al 86%. Le differenze tra i vari coefficienti dipendono dai costi che solitamente le varie tipologie di attività devono sostenere.

A questo punto per un guadagno lordo di 24.000 euro l’anno, se applichiamo il coefficiente del 78%, cioè quello dei professionisti, il reddito imponibile sarà 18.720 euro, mentre per un reddito di 18.000 euro, l’imponibile sarà 14.040 euro.

Da questo reddito imponibile devono essere sottratti i contributi previdenziali che dipendono dal reddito, ma anche dalla Cassa di appartenenza, ad esempio Cassa Forense, Gestione Separata INPS, le aliquote sono naturalmente diverse. L’aliquota per la Gestione Separata INPS varia dal 24% al 34%. Si applica, ad esempio, il 25,98% per soggetti non assicurati presso altre casse.

Sottratte queste somme, si può calcolare effettivamente l’IRPEF.

Qual è il guadagno netto di una partita IVA che fattura 1.500-2.000 euro al mese?

Un titolare di partita IVA che fattura 1.500-2.000 euro è nella condizione di aderire al regime forfettario. Questo prevede una tassazione IRPEF del 5% per le nuove attività (fino a 5 anni) e del 15% per le altre attività. Nel regime forfettario non è possibile dedurre le spese dal reddito maturato, quindi abbiamo la base imponibile determinata da coefficiente di redditività, sottrazione dei contributi (INPS o altra cassa) e applicazione dell’aliquota.

A questo punto su un reddito di 2.000 euro abbiamo una base imponibile di 18.720 euro, se il coefficiente di redditività è al 78%, a cui sottraiamo per comodità, viste le differenze tra le varie casse, una media di 5.000 euro di contributi annui e arriviamo a 13.720 euro. A questi applichiamo l’aliquota del 5% e abbiamo 686 euro di IRPEF. L’importo annuale che resta è di 18.131 euro, circa 1.510 euro il mese.

Nel caso in cui l’aliquota IRPEF sia del 15% l’imposta dovuta sarà di 2.058 euro, quindi ci sarà un netto di circa 16.942 pari a 1.411 euro al mese.

Regime ordinario

Se il titolare di partita IVA si trova in un regime IVA ordinario, occorre ricordare che si possono scalare le spese quindi la base imponibile diminuisce e devono essere applicati i nuovi scaglioni IRPEF. Gli stessi sono:

  • 23% se il reddito è compreso tra 0-15.000 euro;
  • 25% per redditi compresi tra 15.001 e 28.000 euro.

In questo caso l’ammontare del reddito netto dipende dalle spese.

Si deve ricordare che questi calcoli sono molto approssimativi perché non possiamo considerare le aliquote contributive delle varie Casse e non possiamo valutare le addizionali IRPEF regionali e comunali, inoltre abbiamo applicato un coefficiente di redditività unico, ma ve ne sono diversi.

Infine, consigliamo una consulenza presso uno specialista visto che gli importi netti dipendono da numerose varianti che a loro volta dipendono dalla condizione del singolo.

Lavoro autonomo occasionale, uno obbligo per i committenti

Nel campo del lavoro autonomo occasionale sono state introdotte alcune novità. Nuovi obblighi e sanzioni previsti per i committenti.

Lavoro autonomo occasionale, le novità della legge

Il decreto fiscale ha introdotto una novità già operativa dallo scorso 21 dicembre in merito al lavoro autonomo occasionale. Ma solo adesso il Ministero dell’Economia e finanze, insieme l’ispettorato Nazionale del lavoro, hanno fornito le indicazioni ai committenti. E lo hanno fatto attraverso la nota numero 29 dell’11 gennaio 2022.

Infatti nella nota viene riportato l’obbligo di comunicazione preventiva per i datori di lavoro, in  merito alla collaborazione che verrà svolta con i lavoratori autonomi occasionali. Dunque la norma prevede l’obbligo di comunicazione all’ispettorato del lavoro. al fine di contrastare fenomeni di abuso del lavoro autonomo, come scappatoia alle assunzioni di personale dipendente.

In cosa consiste l’obbligo per i datori di lavoro?

I datori di lavoro dovranno fare  la comunicazione all’inizio della prestazione lavorativa eventualmente risultante dalla lettera di incarico. Tuttavia solo per sfasamento temporarl dell’entrata in vigore della legge (21 dicembre 2022) e le istruzioni dell’istituto nazionale (11 gennaio), i committenti hanno tempo fino al 18 gennaio 2022.

Tuttavia solo per lo sfasamento temporale tra l’entrata in vigore della norma e le istruzioni dell’INL, l’Istituto permette ai datori di provvedere entro la scadenza del 18 gennaio 2022. In merito alla scadenza si fa riferimento a due situazioni:

  • rapporti istaurati prima del 21 dicembre e in corso alla data dell’ 11 gennaio 2022;
  • rapporti nati a partire dal 21 dicembre, ma cessati.

Ma comunque entro il 18 gennaio 2022 devono essere segnalate tutte all’autorità competenti per territorio.

Chi deve rispettare l’obbligo di comunicazione

Come specifica la nota la disposizione interessa “i lavoratori autonomi occasionali, ossia i lavoratori inquadrabili nella definizione contenuta all’art. 2222 c.c. – riferito alla persona che “si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente” – e sottoposti, in ragione dell’occasionalità dell’attività, al regime fiscale di cui all’art. 67, comma 1 lett. l), del D.P.R. n. 917/1986.”

E cioè coloro che svolgono un’attività in maniera occasionale e non abituale. Ed è anche vero che per questo tipo di prestazioni, il lavoratore versa una ritenuta d’acconto pari al 20% sul compenso. Inoltre per importi superiori a 77,47 euro occorre l’obbligo di apposizione della marca da bollo del valore di due euro. Per tutti questi lavoratori, il committente deve effettuare la segnalazione obbligatoria.

Lavoro autonomo occasionale, le modalità di comunicazione

La comunicazione all’ITL deve essere effettuata tramite sms, posta elettronica secondo le modalità operative stabilite dall’articolo 15, comma 3,del decreto legislativo 15 giugno 2015, numero 81 in materia di lavoro intermittente. Tuttavia la comunicazione deve avere dei requisiti minimi:

  • dati del committente (datore di lavoro);
  • dati del lavoratore (prestatore di lavoro);
  • descrizione dell’attività lavorativa;
  • il luogo in cui verrà svolta la prestazione;
  • la data di inizio e l’eventuale durata del periodo lavorativo;
  • il compenso stabilito al momento dell’incarico.

Infine si precisa che deve essere presentato anche il modello Uni- intermittente. Perché la comunicazione del datore di lavoro non sostituisce la trasmissione del  modello Unilav di assunzione. Infine il modello Uni- intermittenti deve contenere gli stessi elementi della comunicazione. Quest’ultimo modello si trasmette attraverso:

  • il servizio informatico sul portale ClicLavoro;
  • sms al numero 339.9942256;
  • la mail all’indirizzo pec intermittenti@pec.lavoro.gov.it;
  • App “Lavoro intermittente” disponibile per tablet e smartphone.

Le sanzioni previste per la mancata comunicazione in merito al lavoro autonomo occasionale

La violazione dell’obbligo comporta una sanzione amministrativa che va da 500 a 2.500 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa  o tardata la comunicazione. Ma non basta perché si corre anche il rischio di incorrere nella sospensione dell’attività imprenditoriale.

Infine le sanzioni potrebbero scattare anche nel caso in cui il rapporto di lavoro si protragga oltre il periodo inizialmente comunicato, senza aggiornale la comunicazione. Quindi c’è da stare proprio attenti nel caso in cui si voglia chiedere la collaborazione di lavoratori autonomi occasionali, perché la comunicazione all’Ispettorato è di importanza assoluta.

 

 

Bonifico bancario o postale, è possibile senza conto corrente?

In questa rapida ma esaustiva guida andremo a verificare se è possibile effettuare un bonifico bancario o un bonifico postale senza conto corrente. Quando e se è possibile effettuarlo, lo scopriamo nei paragrafi seguenti.

Bonifico è possibile senza conto corrente?

Al tempo d’oggi possiamo ben dire che è sempre meno frequente effettuare pagamenti in contanti ed è sempre più consono effettuare il pagamento mediante strumenti alternativi, come ad esempio carte di credito, assegni od anche bonifici.

Questo avviene anche perché con tali strumenti si ottiene l’enorme vantaggio di rendere sicure le transazioni e di proteggersi dai furti: pur smarrendo o subendo il furto di una carta di credito o una prepagata, infatti, non la si potrebbe utilizzare senza conoscere le credenziali. Con la seguente guida vedremo come si fa un bonifico bancario o postale senza conto corrente.

E’ giusto mettere in chiaro che per effettuare un pagamento alle coordinate Iban del destinatario non occorre necessariamente essere titolari di un conto, bancario o postale che sia. È necessario, difatti recarsi presso un istituto di credito e chiedere di fare un bonifico versando direttamente i soldi in contanti.

Come fare bonifico senza conto corrente

Vediamo di seguito come è possibile effettuare un bonifico senza un conto corrente.

È dunque fattibile effettuare un bonifico a favore di un’altra persona pur non avendo un proprio conto corrente. Esistono di fatto due modi per poter compiere un’operazione del genere:

  • recandosi presso un istituto di credito (banca o posta) e quindi versando il danaro allo sportello, chiedendo che lo stesso venga trasferito mediante bonifico ad altra persona. Si tratta del cosiddetto bonifico per cassa;
  • avvalendosi di una carta prepagata munita di codice Iban.

Quando si parla di codice Iban occorre sapere che non è possibile effettuare un bonifico se non si conosce l’Iban del destinatario del pagamento. L’Iban (sigla che sta per International Bank Account Number) non è altro che un codice costituito da 27 caratteri che si riferisce alle coordinate bancarie o postali.

Con il codice Iban i pagamenti si possono fare e ricevere bonifici e ricevere sul proprio conto grossi accrediti come stipendio o pensione.

Come effettuare bonifico con carta prepagata

A tal proposito, andiamo dunque a vedere come si effettua un bonifico, senza conto corrente, con una carta prepagata.

Come è stato detto, è possibile effettuare un bonifico bancario od anche un bonifico postale senza possedere un conto corrente, avvalendosi semplicemente di una delle tante carte prepagate fornite di un codice Iban.

Effettuare tale operazione di pagamento è semplicissimo. Innanzitutto, è necessario caricare la propria carta con il denaro sufficiente a fare il pagamento. A questo punto, per poter effettuare un bonifico si può usare una delle seguenti modalità:

  • andare dall’ istituto di credito che ha emesso la carta prepagata, quindi portare con sé la tessera e disporre il bonifico allo sportello;
  • effettuare tale operazione online, facendo accesso alla propria pagina personale. Nel caso di bonifico con carta Postepay Evolution, è sufficiente effettuare il login sul sito delle Poste Italiane, aprire il menu a tendina, posizionarsi su Ricariche e pagamenti e selezionare la voce Bonifico Sepa. Il costo del bonifico online è di 1 euro;
  • effettuare il pagamento direttamente da smartphone o tablet attraverso la apposita App. La procedura è praticamente la stessa di quella usata per il bonifico online.

Questo, dunque è quanto di più utile, esaustivo e necessario da sapere in merito alla questione di un bonifico da effettuare senza conto corrente.

Contributi alle Pmi: quale fondo perduto per l’internazionalizzazione dal 2022 al 2026?

I fondi per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese (Pmi) sono stati confermati dalla legge di Bilancio 2022 fino al 2026. Per il 2022 le tre misure sicure di poter assegnare contributi a fondo perduto e finanziamenti alle Pmi sono quelle della transizione ecologica e digitale, della partecipazione alle fiere e allo sviluppo dell’e-commerce all’estero. La legge di Bilancio 2022 ha assegnato per l’internazionalizzazione delle imprese 1,5 miliardi di euro per ogni anno a partire dal 2022 al 2026.

Contributi a fondo perduto per le piccole e medie imprese: quali sono le misure a disposizione nel 2022?

Il miliardo e mezzo di euro va a finanziare il fondo rotativo, uno dei due cespiti a disposizione delle piccole e medie imprese per le attività nei mercati esteri. Le tre misure attive per le Pmi riguardano:

  • la transizione ecologica e digitale delle piccole e medie imprese a vocazione internazionale;
  • partecipare a fiere e mostre internazionali, svolte anche in Italia, e le missioni di sistema;
  • sviluppare il commercio elettronico delle piccole e medie imprese nei Paesi esteri.

Contributi a fondo perduto Simest, per il 2022 è possibile che gli ambiti di intervento tornino a sette

Tuttavia, al di là degli ambiti di intervento attuali del fondo, i settori del Simest potrebbero tornare a essere sette, come avveniva in passato. Per le piccole e medie imprese si tratterebbe di un allargamento delle possibilità di ottenere i contributi a fondo perduto per le attività di internazionalizzazione. Quest’ultima interpretazione è stata presa in considerazione anche dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. I sette ambiti di intervento a favore delle Pmi potrebbero tornare a essere nel 2022:

  • la partecipare alle fiere internazionali;
  • l’inserimento delle piccole e medie imprese nei mercati esteri;
  • l’acquisizione di sevizi di export manager;
  • lo sviluppo di interventi in ambito di commercio elettronico;
  • la ricezione dell’assistenza tecnica all’estero;
  • la patrimonializzazione delle Pmi;
  • lo svolgimento di studi di fattibilità.

Gestione Simest dei contributi a fondo perduto alle Pmi

La gestione dei contributi a fondo perduto per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese è affidata al Simest. Il fondo era già stato rifinanziato dal decreto legge 121 del 2021 che, all’articolo 11, prevedeva nuove risorse per 1,2 miliardi di euro del Fondo 394. Le risorse della Legge di Bilancio 2022 vanno ad aggiungersi a quanto stanziato nello scorso anno. Simest gestisce i fondi attraverso due canali: il primo prevede i prestiti alle piccole e medie imprese; il secondo i contributi a fondo perduto.

Contributi a fondo perduto e prestiti del Fondo Simest per le piccole e medie imprese

Il canale dei prestiti del Fondo Simest prevede finanziamenti a tasso agevolato per le piccole e medie imprese. La dotazione del canale nello scorso anno era pari a 800 milioni di euro. Il canale dei contributi consente il cofinanziamento a fondo perduto che può arrivare al 50% delle spese ammissibili finanziate con il tasso agevolato. La dotazione dello scorso anno era pari a 400 milioni di euro. La programmazione dei fondi per i prossimi anni dovrà arrivare dal decreto del ministero degli Esteri, dal ministero per lo Sviluppo Economico e da quello dell’Agricoltura.

Come vengono finanziate le piccole e medie imprese con i fondi di internazionalizzazione?

Delle tre misure attualmente in vigore, la prima prevede la transizione digitale delle piccole e medie imprese. Almeno il 50% delle risorse deve essere stanziato a favore di questo obiettivo. La quota residuale delle risorse viene ripartita tra competitività internazionale e transizione ecologica. Con la prima misura si possono finanziare progetti fino a 300 mila euro. Il finanziamento previsto è di 6 anni, dei quali due di preammortamento. Possono accedere le piccole e medie imprese costituite nella forma di società di capitale, che abbiano un fatturato export di minimo il 10% nell’ultimo anno oppure del 20% negli ultimi due anni.

Misura della partecipazione alla partecipazione di fiere delle Pmi: quali progetti si possono finanziare?

Con la seconda misura il Fondo Simest finanzia la partecipazione delle piccole e medie imprese a mostre e a fiere internazionali. Gli eventi si possono svolgere anche in Italia. I finanziamenti concessi devono essere utilizzati per non meno del 30% nelle spese digitali. I progetti finanziabili possono arrivare a 150 mila euro. Ma non devono essere superiori del 15% dei ricavi iscritti nell’ultimo bilancio. I finanziamenti della seconda misura hanno una durata di quattro anni.

Misura dello sviluppo di ecommerce tra gli obiettivi dei fondi per l’internazionalizzazione delle Pmi

L’ultima misura attualmente in vigore per l’internazionalizzazione delle Pmi è quella dello sviluppo dell’e-commerce nei Paesi esteri. Si possono ottenere i contributi a fondo perduto e i finanziamenti, ad esempio, per:

  • creare una piattaforma o migliorare una già esistente di e-commerce;
  • accedere a una piattaforma e-commerce di terzi per vendere servizi e beni la cui produzione sia avvenuta in Italia o che porti il marchio italiano.

 

Reddito di cittadinanza 2022, si perde se non si ha il green pass

Il Reddito di cittadinanza 2022 potrebbe essere perso se non ci si vaccina. Ecco le nuove regole anche per il sussidio di stato.

Reddito di cittadinanza 2022 e la visita al centro per l’impiego

Il Governo sta studiando un nuovo DPCM anche in merito al reddito di cittadinanza. A quanto emerso da alcune indiscrezioni, sembra che si stia puntando ad un obbligo vaccinale indiretto anche per i percettori del reddito. In altre parole, chi vorrà continuare a godere del sussidio dovrà fare visita obbligatoriamente al centro per l’impiego.

Ma se il certificato verdeè obbligatorio per accedere a qualsiasi ufficio pubblico, ed i centri per l’impiego lo sono, è chiaro che si deve correre a vaccinarsi. Infatti solo se si ha il green pass, si potrà accedere al centro per l’impiego ed adempiere così al proprio obbligo.

Cosa succede se non si va a far visita al centro per l’impiego?

La combinazione tra la legge di bilancio ed il decreto del 7 gennaio tendono a stringere ancora di più il numero dei non vaccinati presenti ancora in Italia. Stando infatti a queste nuove regole, che percepisce il reddito dovrà frequentare il centro per l’impiego.

Ma per entrare occorre almeno il green pass light, cioè quello che si ottiene con il tampone. E quindi se non si vuole correre il rischio, di non poter andare all’ufficio ciò che potrebbe verificarsi è proprio la perdita del diritto a ricevere l’assegno. Forse una misura che punta ancora di più a vaccinarsi non solo per motivi di salute, ma anche per quelli economici.

Reddito di cittadinanza e regole dal 1 febbraio

Dal primo febbraio i No Vax avranno vita ancora più dura. Infatti per entrate in qualsiasi ufficio pubblico, scuole, banche, uffici postali, ci vuole il green pass. Una solta di lockdown light per coloro che sono ancora duri a volersi vaccinare. Il super green pass si ricorda essere obbligatorio anche su tutti i mezzi di trasporto pubblici, come autobus e treni.

Ma anche a lavoro occorre mostrare il certificato verde. Ma non solo, adesso chi è disoccupato dovrà cercare di mettersi in regola, altrimenti non potra andare al centro dell’impiego e di conseguenza nessun reddito di cittadinanza. Che sia l’ora giusta per vaccinarsi tutti? Sembra proprio di si, e non solo gli over 50.

Costi della fatturazione elettronica per i forfettari obbligatoria e tempistiche

Come ormai sanno tutti coloro che hanno aderito al regime forfettario, il 17 dicembre 2021 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la decisione del Consiglio che autorizza l’Italia a estendere l’obbligo di fatturazione elettronica e ad applicarlo anche a soggetti finora esclusi, cioè coloro che appunto adottano il regime forfettario, minimi e associazioni sottosoglia. Naturalmente questo si traduce in nuovi adempimenti e sappiamo che ai nuovi adempimenti sono solitamente correlati dei nuovi costi. Cerchiamo quindi di capire quale potrebbero essere i costi della fatturazione elettronica per i forfettari che potrebbe diventare obbligatoria già da quest’anno.

Tempi previsti per l’obbligo di fatturazione elettronica per i forfettari

La prima cosa da sottolineare è che attualmente, siamo al 13 gennaio 2022, non c’è ancora l’obbligo di fatturazione elettronica per chi aderisce, o ha derito, al regime forfettario. Possiamo ipotizzare un’entrata in vigore nei prossimi mesi, si dovrà prima procedere a un atto normativo che vada a modificare il decreto legislativo 127 del 2015. Naturalmente tale atto dovrà prevedere un termine congruo entro il quale adeguarsi, almeno 30 giorni. Solo da quel momento ci sarà l’obbligo di fatturazione elettronica.

Gli scenari più probabili sono però un avvio da gennaio 2023 in modo da coprire un intero anno solare e non cambiare regime di fatturazione in corso d’anno. In alternativa luglio 2022 in modo da dare comunque un giusto termine per adeguarsi partendo così dal terzo trimestre che comunque sarebbe scomodo. Infine, vi è la possibilità di una partenza dal primo aprile 2022, ma appare poco probabile. Naturalmente chi vuole anticipare e adeguarsi già, è libero di farlo. Vediamo però quali sono i costi per la fatturazione elettronica dei forfettari che potrebbe dover sostenere un professionista.

Come procedere alla fatturazione elettronica per i forfettari

Per delineare i potenziali costi per la fatturazione elettronica dei forfettari obbligatoria è bene capire quali sono le possibili modalità per operare. Per poter utilizzare la fatturazione elettronica che consente di trasmettere le fatture in formato Xml attraverso il Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate ci sono tre possibili strade. La prima è utilizzare il servizio di invio predisposto dall’Agenzia delle Entrate e il modello Xml messo a disposizione. In questo caso il servizio è completamente gratuito e di conseguenza l’uso della fatturazione elettronica da parte di chi è in regime forfettario potrebbe essere particolarmente economico e ridurre anche i costi relativi al commercialista. Si tratta però di una soluzione base che potrebbe far cadere in errore chi è poco pratico.

La seconda soluzione, perfetta per chi vuole essere sicuro di non commettere alcun tipo di errore, è affidarsi a un professionista,  il commercialista, e quindi delegare a lui il compito di gestire la fatturazione elettronica. In questo caso i costi dipendono dal volume d’affari del professionista/impresa in regime forfettario. In genere oscillano tra i 500 euro e i 1.000 euro annuali per la gestione della fatturazione elettronica di una piccola attività ( il regime forfettario è comunque rivolto alle piccole attività). Il vantaggio di questa soluzione è la certezza di non commettere errori anche se si dovrà avere un rapporto costante con il commercialista inviandogli tutti i dati delle varie operazioni, potrebbe essere semplice per chi nell’arco di un anno compie poche operazioni, mentre per chi magari emette molte fatture di importi ridotti, potrebbe essere pesante.

Costi della fatturazione elettronica per i forfettari obbligatoria con software gestionali

Infine, la soluzione che potrebbe essere definita intermedia è utilizzare un software gestionale per la fatturazione elettronica. I software attualmente disponibili per la fatturazione elettronica sono numerosi, alcuni sono ad elevata personalizzazione quindi l’utente entra nell’interfaccia e trova la fattura pre-compilata in molte sue parti, con le idonee diciture che l’utente può inserire in base alla tipologia di attività, altri sono molto più semplici e quindi richiedono un maggiore impegno dell’utente al fine di evitare errori.

Quali sono i costi di un software gestionale per la fatturazione elettronica per le partite IVA con regime forfettario? Naturalmente la fascia di costi è varia, cioè non c’è un prezzo unico. Il costo di un software per la fatturazione elettronica dei forfettari oscilla dai 29 euro +IVA l’anno ai 50 euro +IVA l’anno. La scelta dovrebbe essere fatta non pensando esclusivamente al costo, ma anche alle proprie abilità, alla possibilità di personalizzazione e quindi attraverso l’uso di programmi che consentano di avere un modello pre-compilato in cui inserire esclusivamente i prezzi fatturati, la data e i dati del destinatario.

Ricordiamo che nel momento in cui dovesse entrare in vigore l’obbligo di fatturazione elettronica per i forfettari, non vi sarebbe solo l’obbligo di emettere fatture in formato Xml da inviare tramite il Sistema di Interscambio, ma anche l’obbligo di ricevere le fatture elettroniche con questo sistema e di conservarle digitalmente attraverso il sistema sistema di conservazione SOGEI fornito dall’Agenzia delle Entrate.

Per conoscere nel dettaglio come redigere una fattura elettronica è possibile leggere la guida: Fattura elettronica: come emetterla se si è una partita IVA forfettaria.

Contributi a fondo perduto bando Isi Inail, la detrazione 65% su interventi non ancora iniziali

I contributi a fondo perduto Isi Inail fino al 65% delle spese degli interventi inerenti l’avviso del 16 dicembre 2021, possono riguardare solo gli interventi non ancora iniziati. Gli ordini, invece, possono essere già sottoscritti. La novità emerge da un’attenta verifica dei bandi dei contributi e delle spese ammissibili al finanziamento.

Contributi a fondo perduto Isi-Inail, quali spese sono ammissibili?

I contributi a fondo perduto del bando Isi Inail ammettono la copertura di spese previste in cinque assi di intervento. In concreto, le spese devono riguardare i progetti:

  • di investimento in macchinari, in attrezzature e in impianti e i progetti che adottino modelli di responsabilità sociale e organizzativi;
  • per le micro e le piccole imprese operanti nei settori di produzione agricola primaria e dei prodotti agricoli;
  • atti a ridurre il rischio da movimentazione manuale dei carichi;
  • per la bonifica di materiali che contengano amianto;
  • per le micro e le piccole imprese che operino in settori specifici di attività.

Modalità di ottenimento dei contributi a fondo perduto Isi Inail

A eccezione dei contributi a fondo perduto destinati alle micro e le piccole imprese operanti nei settori di produzione agricola primaria, tutti gli altri soggetti destinatari non devono aver avuto in passato finanziamenti relativi agli assi di intervento previsti dal bando Isi Inail. Il contributo a fondo perduto è calcolato in conto capitale sulle spese giudicate ammissibili al netto dell’Iva.

Contributi a fondo perduto per le imprese agricole: maggiori agevolazioni per quelle condotte da giovani

I contributi a fondo perduto del bando Isi e Inail non possono superare la percentuale del 65% delle spese ammissibili. Tuttavia sono previsti alcuni limiti e ulteriori agevolazioni. Per le imprese agricole il contributo è fissato nella misura del 40% a favore di tutte le imprese. La percentuale si eleva al 50% per le imprese dei giovani agricoltori. Il finanziamento minimo è di 1.000 euro, quello massimo è di 60 mila euro.

Limiti dei contributi a fondo perduto alle imprese da Isi e Inail

Per i contributi relativi ai progetti di macchinari, attrezzature e impianti, per i modelli di organizzativi e di responsabilità civile, per la riduzione della movimentazione manuale dei carichi, per la bonifica dell’amianto il limite massimo sul quale calcolare il 65% è di 130 mila euro. Il limite minimo è di 5 mila euro per ogni progetto. Per i progetti delle micro e piccole imprese di specifici settori di attività si va da un minimo di 2 mila euro a un massimo di 50 mila euro.

Bando Inail Isi per i contributi a fondo perduto delle imprese: come si presenta la domanda

Le imprese possono presentare la domanda dei contributi a fondo perduto Inail Isi mediante procedura “a sportello” on line. Ovvero vale l’ordine di invio delle istanze. Presumibilmente la domanda si potrà presentare a partire da un giorno specifico la cui data non è stata ancora resa nota. Si tratta di un “click day“, pertanto è necessario affrettarsi nell’invio dell’istanza.

 

 

 

Esenzione canone RAI 2022: a chi spetta e quali moduli usare?

Il canone RAI è un appuntamento annuale fisso, viene pagato con quote bimestrali attraverso la bolletta energetica e di conseguenza per l’Agenzia delle Entrate è più facile da riscuotere rispetto al passato. Anche quest’anno ci sono esenzioni canone RAI 2022. Ecco a chi spettano.

Esenzione canone RAI 2022 per chi non possiede un televisore

Il canone Rai anche per il 2022 ammonta a 90 euro annuali da ripartire sulle bollette energetiche dell’anno di riferimento.

La prima cosa da sottolineare è che chi non ha un televisore e di conseguenza ritiene di essere esonerato dal pagamento del canone RAI per l’anno in corso, entro il 31 gennaio 2022 deve presentare una specifica domanda. Il pagamento infatti spetta a coloro che posseggono una TV oppure apparecchi atti o adattabili a ricevere il segnale dei canali televisivi, non è necessario che effettivamente si decida di guardarli, basta essere in possesso di uno strumento che possa essere adibito alla ricezione del segnale.

Esonero canone RAI per militari, forze armate e over 75

Le ulteriori esenzioni canone RAI 2022 sono:

  • persone che abbiano superato i 75 anni di età ed abbiano un reddito non superiore a 8.000 euro l’anno. In questo caso occorre porre attenzione perché il limite reddituale deve tenere in considerazione non solo quanto percepito dall’intestatario dell’utenza elettrica sulla cui bolletta sono caricati gli importi, ma anche i redditi (eventuali) del coniuge, inoltre devono essere tenuti in considerazione anche i redditi di altri soggetti conviventi con l’anziano. Sono esclusi dal calcolo collaboratori domestici, colf e badanti. Ad esempio l’anziano che percepisce meno di 8.000 euro, ma vive in casa con il figlio che ha un proprio reddito, è tenuto a pagare il canone, mentre l’anziano che “convive” con la badante e che non supera il limite degli 8.000 euro con i suoi esclusivi redditi, non paga il canone RAI;
  • ospedali militari, case del soldato e sale convegno dei militari delle Forze Armate. I militari che si trovano in un appartamento/abitazione privata non sono esonerati dal pagamento del canone RAI;
  • godono dell’esenzione dal canone RAI 2022 anche i militari di cittadinanza straniera appartamenti alle forze NATO e gli agenti diplomatici e consolari;
  • per ovvi motivi, sono esonerati dal pagamento del canone RAI i rivenditori di TV e i negozi in cui le stesse sono riparate.

Come ottenere l’esenzione canone RAI 2022

Per non vedersi addebitate le somme in bolletta è necessario però comunicare la propria posizione, in particolare per essere esonerati per l’intero anno, la domanda deve essere presentata entro il 2 maggio 2022. Si applica l’esonero annuale per chi compie 75 anni entro il 31 gennaio 2022.

Per avere un esonero semestrale deve essere presentata entro il 22 agosto (si deve tenere in considerazione la proroga feriale prevista dal 1° al 20 agosto. Si applica per chi compie 75 anni dopo il 31 gennaio 2022, ma entro il 31 luglio 2022.

Il modulo PDF per l’esenzione canone RAI 2022 over 75 può essere scaricato QUI

Per ottenere il rimborso delle somme erroneamente versate da over 75, il modulo specifico si può scaricare QUI

Per chi non ha un televisore, il modulo da utilizzare per inoltrare la domanda si può scaricare QUI.

Al fine di ottenere invece il rimborso delle somme erroneamente addebitate si può usare il modulo da scaricare QUI

I moduli devono essere presentati telematicamente sul sito dell’Agenzia delle Entrate, per poterlo fare è necessario avere le credenziali Fisconline o Entratel o tramite un intermediario.  La domanda si può inoltrare tramite posta elettronica certificata cp22.sat@postacertificata.rai.it. In alternativa a questi due strumenti è possibile presentare la domanda tramite raccomandata con ricevuta di ritorno all’indirizzo Agenzia delle Entrate- Ufficio di Torino 1, S.A.T. Casella Postale 22, 10121, Torino

Non dimenticare di allegare la copia di un documento di riconoscimento.

Ecobonus 2022, incentivo da 150 milioni per i ciclomotori

Ecobonus 2022, da oggi è possibile prenotarsi per gli incentivi destinati all’acquisto di ciclomotori e motocicli. Ecco cosa fare per ottenerlo.

Ecobonus 2022, la dotazione finanziaria

A partire della ore 10 di oggi 13 gennai 2022 si riaprono i termini per i concessionari per prenotarsi sulla piattaforna ecobonus.mise.gov.it. Dunque i concessionari potrano prenotarsi in  merito agli incentivi destinati all’acquisto di ciclomotori e motocicli.

Si ricorda che l’incentivo è promossa dal Ministero dello Sviluppo Economico che offre contributi per i veicoli a ridotte  emissioni. E’ stato introdotto dalla legge di bilancio 2019 e con le successive modifiche. Una dotazione finanziaria complessiva pari a 150 milioni di euro. In particolare 20 milioni per ciascun anno dal 2021 al 2021. E poi 30 milioni per ciascun anno dal 2024 al 2026. Quindi si parla di contributi vali almeno per altri 4 anni, a partire da oggi.

A chi è rivolto il contributo?

Il contributo è rivolto a coloro che acquistano un veicolo ibrido o elettrico. Tuttavia il mezzo deve essere nuovo di fabbrica e rientrare nelle seguenti categorie: L1e, L2e, L3e, L4e, L5e, L6e, L7e. Il contributo è calcolato sulla percentuale del prezzo di acquisto:

  • 30% per gli acquisti senza rottamazione, fino a 3.000 euro;
  • 40% per gli acquisti con rottamazione, fino a 4.000 euro

I mezzi devono essere stati compranti in Italia nell’anno 2020. Quindi possiamo dire che la misura rientra nel piano globale di riduzione delle emissioni nell’ambiente. Inoltre si va ad integrare alle vigente normativa europea sulla qualità dell’aria e dell’ambiente.

Ecobonus 2022, tutto l’iter previsto

Tutto il processo per l’assegnazione prevede la prenotazione dei contributi per i venditori attraverso:

  • la registrazione nell’area rivenditori;
  • prenotazione dei contributi e siamo proprio in queste fase a partire da oggi;
  • conferma per l’operazione entro 180 giorni dalla prenotazione, comunicando il numero di targa del veicolo nuovo consegnato e allegando la documentazione prevista.

Successivamente il contributo è corrisposto dal venditore all’acquirente attraverso la compensazione con il prezzo di acquisto. Inoltre le imprese importatrici o costruttrici del veicolo nuovo provvederanno a rimborsare il venditore dell’importo del contributo. Infine le imprese ricevono la documentazione necessaria dal venditore, e poi recuperano l’importo del contributo sotto forma del credito d’imposta.