Lavoro occasionale, i professionisti sono obbligati alla comunicazione?

I liberi professionisti, nell’esercizio della propria attività, sono obbligati alla comunicazione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro per i lavori occasionali? Sul punto è intervenuto lo stesso Ispettorato del Lavoro con la nota numero 109 del 2022 stabilendo che i liberi professionisti non sono obbligati alla nuova “Co” per il lavoro occasionale. Infatti i liberi professionisti non risultano qualificati come imprese.

Liberi professionisti esonerati dal nuovo obbligo di comunicazione per attività occasionale

Il chiarimento dell’Ispettorato del Lavoro, dunque, stabilisce che i liberi professionisti non sono soggetti a dover comunicare, obbligatoriamente, l’avvio dell’attività come invece succede per i lavoratori autonomi nelle attività occasionali. Esempi di mancato obbligo della comunicazione all’Ispettorato si ravvisano nelle attività dei redattori degli articoli o dei correttori di bozze, o per i progettisti di grafica.

Lavoro occasionale, quando non si deve fare la comunicazione all’Ispettorato?

L’obbligo di comunicazione per l’inizio di un’attività occasionale è previsto dalla legge numero 215 del 2021. La norma è stata introdotta per contrastare le forme di irregolarità di lavoratori autonomi occasionali. L’obbligo di comunicare l’inizio dell’attività rientra nell’ambito della normativa sulla sospensione dell’attività di impresa per la quale gli imprenditori risultano committenti dei lavoratori autonomi occasionali. L’obbligo della comunicazione dei lavoratori occasionali non sussiste per le attività svolte nei confronti:

  • della Pubblica amministrazione;
  • delle famiglie datrici di lavoro domestico;
  • dei liberi professionisti;
  • degli enti non profit.

Lavoro occasionale, chi risulta obbligato alla comunicazione all’Ispettorato?

Sono obbligati alla comunicazione i lavoratori autonomi occasionali rientranti nella disciplina dell’articolo 2222 del Codice civile. Non devono, altresì, fare la comunicazione i lavoratori con rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.); le prestazioni occasionali rientranti nei vecchi voucher (che hanno altri obblighi di comunicazione); le professioni intellettuali; le attività autonome soggette al regime Iva.

Lavoro occasionale, quali attività non sono obbligati alla comunicazione?

Non risultano inoltre soggetti alla comunicazione per le attività occasionali:

  • l’incaricato alle vendite occasionali;
  • il procacciatore d’affari occasionale;
  • il lavoro autonomo occasionale a favore delle associazioni dilettantistica sportiva e società sportiva dilettantistica;
  • gli enti pubblici non economici sono esonerati dalla nuova “Co”;
  • prestazioni autonome dello spettacolo.

 

IMU: arrivano i controlli sulla residenza dei coniugi, ma senza sanzioni

E’ dovuta l’IMU se due coniugi hanno due case intestate, ciascuna a uno solo, e allo stesso tempo hanno anche residenze diverse? Questa è la domanda che per molto tempo si sono posti contribuenti e tribunali. Ora sembra esserci chiarezza, ma nel frattempo non si applicano sanzioni in seguito a controlli del fisco sulla residenza dei coniugi.

IMU e doppia residenza cosa succede?

L’IMU è una delle imposte più odiate dagli italiani. Nel tempo la disciplina ha avuto diverse modifiche, attualmente è prevista l’esenzione dall’IMU per l’abitazione principale, mentre il pagamento avviene per le seconde e ulteriori case. Coloro che si ritrovavano quindi con due case hanno preferito spesso diversificare l’intestazione dell’immobile in modo da far risultare un’unica casa per ogni coniuge. Su tale abitudine ci sono state però interpretazioni contrastanti, infatti nella circolare 3/DF del 2012 il Ministero dell’Economia e Finanze ha sottolineato che era giusta l’esenzione dal pagamento dell’IMU per i coniugi che vivono separati e hanno ciascuno una propria abitazione, ad esempio nel caso in cui gli stessi lavorino in città diverse.

La sentenza della Corte di Cassazione n° 20130 del 24 settembre 2020 ha invece ribaltato tale interpretazione e ha previsto l’obbligo di assoggettamento all’IMU dell’abitazione principale in quanto il proprietario per motivi lavorativi aveva trasferito la residenza in altro Comune in cui aveva un altro immobile di proprietà.

La legge di bilancio 2022 ha provveduto invece a sistemare la questione in modo più equilibrato stabilendo l’obbligo di pagare l’IMU solo per una delle due abitazioni in cui i coniugi hanno la residenza e affida ai proprietari la facoltà di scegliere quale immobile adibire ad abitazione principale e quindi quale immobile esonerare dal versamento dell’IMU. La decisione deve essere palesata in sede di dichiarazione e quindi entro mese di giugno.

Controlli ma senza sanzioni: le precisazioni del MEF a Telefisco 2022

Fatta questa scelta, la domanda che molti si sono posti è: come devono essere svolti i controlli sulla veridicità delle dichiarazioni? A questa il MEF ha risposto il 27 gennaio 2022, nel corso di Telefisco, fornendo importanti chiarimenti.

Il MEF ha ribadito che vi sarà applicazione dell’articolo 10 dello Statuto del Contribuente il quale tutela la buona fede del contribuente e stabilisce che, in caso di controlli, non possono essere applicate sanzioni se l’errore del contribuente è determinato dall’essersi conformato ad indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria e dalla stessa successivamente modificate.

Il contribuente non è destinatario di sanzioni anche nel caso in cui gli errori siano dovuti a ritardi, omissioni o errori degli uffici fiscali. Infine, sempre a norma dell’articolo 10 dello Statuto del Contribuente non possono essere irrogate sanzioni se gli errori dei contribuenti sono dovuti a incertezze sulla portata e sull’ambito di applicazione di una norma tributaria.

Nel caso dell’IMU sulla seconda casa intestata a ciascuno dei coniugi, gli errori potrebbero essere determinati dal fatto che nel tempo si sono succedute interpretazioni diverse della normativa generando una possibile confusione nel contribuente.

Per ulteriori informazioni sui casi in cui l’IMU non è dovuta, leggi l’articolo: IMU, se la casa è occupata non va pagata, si cambiano le regole

Bonus decontribuzione Sud Italia, la guida completa

Il bonus decontribuzione Sud Italia, riguarda è stato prorogato fino a giugno 2022. Ecco la guida e le istruzioni per le imprese.

Bonus decontribuzioni Sud Italia, lo scopo dello sgravio

Lo scopo del bonus decontribuzioni nasce per facilitare l’assunzione in alcune regioni d’Italia. Mira a cercare di appoggiare le imprese affinché possano assumere nuovo personale all’interno delle loro aziende site nel sud Italia. Tuttavia si tratta di un beneficio che somma insieme sgravi per l‘assunzione di giovani e donne, a seguito della recente autorizzazione europea per la concessione di aiuti di stato destinati ai datori di lavoro.

Infatti a fruizioni della Decontribuzione Sud è considerata solo per lavoratori che prestano la loro attività nelle seguenti regioni italiane:

  • Abruzzo;
  • Basilicata;
  • Calabria;
  • Campania;
  • Molise;
  • Puglia;
  • Sardegna;
  • Sicilia.

Del resto si tratta di tutte le regioni che compongono il sud della penisola Italiana. E non a caso sono le regioni in cui il tasso occupazionale è più basso rispetto al resto della Nazione.

In cosa consiste il bonus decontribuzione Sud Italia?

Il bonus decontribuzione Sud Italia non è che un incentivo che corrisponde ad una riduzione dal 30% al 10% sul totale dei contributi previdenziali che l’azienda deve versare. Possiamo così riassumere il quadro degli esoneri:

  • 30% della contribuzione previdenziale gravante sul datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, fino al 31 dicembre 2025;
  • 20% della contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, per gli anni 2026 e 2027;
  • 10% della contribuzione previdenziale gravante sul datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, per gli anni 2028 e 2029.

Ecco quindi fare parecchia attenzione al calcolo delle percentuali sull’ammontare della contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro.

Bonus decontribuzione per quali aziende spetta?

Secondo quanto stabilito dall’Inps (messaggio n.403 del 26/01/2022) il bonus decontribuzione prevede un esonero dei contributi pari al 30% dei complessivi contributi previdenziali, con esclusione dei premi e dei contributi spettanti all’INAIL. Inoltre la decontribuzione Sud è soggetta alla normativa sugli aiuti di Stato definita dal quadro emergenziale. Infatti i parametri di riferimento prevede che i contributi siano:

  • importi compresi tra 1.800.000 euro 270.000 euro per impresa operante nel settore della pesca dell’acquacoltura;
  • concessi entro il 31 dicembre;
  •  imprese non in difficoltà prima del 31 dicembre 2019;
  • concessi a microimprese o piccole imprese che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019, purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione.

Alcune precisazioni finali sul bonus decontribuzione Sud Italia

A questo punto occorre precisa che l’approvazione di tali contributi spetta sempre alla Commissione europea. Quest’ultima con la sesta modifica, ha innalzato il massimale di erogazione degli aiuti temporanei a:

  • 290.ooo euro per le imprese operanti nella produzione primaria di prodotti agricoli;
  • 345.000 euro per le imprese operanti nel settore dall’acquacoltura e pesca;
  • 2.3 milioni di euro per le imprese operanti in altri settori.

Infine sono misure importanti per incentivare le assunzioni sia di donne che di giovani, che sono le due categorie più in difficoltà nella ricerca e nel trovare un lavoro stabile. Soprattutto un problema per i giovani che non possono così avere una base su cui fondare una famiglia, un altro grande problema in Italia.

Targhe estere: le nuove regole per stranieri e italiani in vigore

E dopo i decreti Sicurezza di Matteo Salvini ai tempi del primo governo guidato dal Premier Giuseppe Conte, quello giallo-verde, i veicoli a targa straniera hanno visto un netto inasprimento delle regole.

Il fenomeno della “estero-vestizione” è ciò che si è deciso di contrastare duramente. Troppe le auto con targa straniera i circolazione in Italia. Una moda che non è passata inosservata e che adesso si è deciso di limitare seriamente.

Alla luce di alcune sentenze dei giudici e di altre evidenze tecniche in materia, le regole introdotte dal già citato decreto Sicurezza dell’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini, è stato recentemente ritoccato. E non sono poche le novità che riguardano i possessori di auto a targa estera, sia stranieri che italiani.

L’auto in Italia, costi e spese non sempre bassi

Per capire i vantaggi, reali o solo ipotetici che hanno portato ad un esponenziale aumento delle auto con targa estera nel Bel Paese, occorre fare una piccola descrizione del mondo auto in Italia.

Avere una automobile in Italia, cioè esserne il proprietario, espone l’interessato ad una serie di adempimenti e ad una serie di costi. E sono costi che non hanno eguali probabilmente in nessun altro Paese Europeo. Già in fase di acquisto per esempio, occorre fare in conti con salati passaggi di proprietà, versamenti, bolli e balzelli vati tra IPT e registrazioni.

Poi però c’è da fare i conti con il bollo auto, cioè con la tanto discussa tassa di proprietà. E ancora, la revisione auto. Infine, per circolare in maniera consona alla legge italiana, occorre una assicurazione RCA. La polizza obbligatoria sulla responsabilità civile (Rc Auto), in Italia è piuttosto salata, basata sul meccanismo bonus malus e variabile da Regione a Regione in base all’incidenza dei sinistri in quella determinata zona.

I vantaggi della targa estera, ecco perché era diventata una moda

Detto dei tanti balzelli e costi che in Italia è chiamato a sostenere chi ha una auto di proprietà e regolarmente intestata al Pubblico Registro Automobilistico, vediamo i perché sembra che a molti convenisse immatricolare l’auto all’estero.

Circolare in Italia con una auto a targa straniera significa circolare con una auto immatricolata fuori dal territorio italiano, e quindi non registrata alla nostra MTCT (Motorizzazione Civile) e al nostro Pubblico Registro Automobilistico (PRA).

In questo modo, non si è assoggettati al bollo auto italiano. Le polizza assicurative sono state contratte nel Paese di provenienza e non in Italia, sicuramente a miglior prezzo. Passaggio di proprietà, tasse di immatricolazione, imposte e tributi all’estero sembra siano meno cari che in Italia.

Auto estere, fantasmi in materia di multe o no?

Infine, per le infrazioni del Codice della Strada, con la targa straniera si diventa in pratica, assoluti fantasmi di fronte alla legge. A dire il vero però,  c’è chi contesta questa presunta trasparenza di fronte alle leggi. Dal momento che l’incrocio dei dati tra forze dell’ordine italiane ed estere, e tra organi di controllo, negli ultimi anni hanno avuto una netta accelerata, non è detto che su una targa estera non possa pervenire una multa.

Resta il fatto che le auto estere possono passare inosservate ad una telecamera che coglie il passaggio con semaforo rosso o ad un semplice autovelox. Apparecchiature che fotografando una auto con targa estera,  mettono in difficoltà le autorità competenti sia nell’invio della multa che per l’incasso. Una multa differita, da inviare a casa del proprietario dell’auto, in un Paese estero, non è facilmente incassabile.

Le targhe straniere in Italia, una moda che adesso viene limitata

Il decreto Sicurezza ha puntato l’indice contro questa moda. Ed ha introdotto regole ferree in materia. Si stabilì l’obbligo di immatricolare di nuovo l’auto in Italia per permanenza lunga in Italia. Infatti,  nel caso in cui il suo proprietario aveva la residenza in territorio della Penisola da più di 60 giorni, la nuova immatricolazione divenne obbligatoria. In alternativa, l’esportazione del veicolo nel Paese di provenienza.

Regole che sono state fin da subito criticate, soprattutto perché non facevano distinzione  tra persone che vivono al di fuori del nostro territorio, ma in Paesi di confine, come può essere Campione d’Italia per esempio.

Ma anche San Marino era diventato uno Stato la cui auto intestata diventava illegale anche se il proprietario viveva a pochi chilometri dalla Repubblica sammarinese, magari in Riviera Romagnola.

Ma allo stesso modo anche il decreto Sicurezza aveva lasciato in campo deroghe e scappatoie. Scorciatoie a queste limitazioni che finivano con il fornire alibi e soluzioni atte proprio a dribblare le severe norme. Il noleggio o il leasing, ma anche il comodato d’uso erano soluzioni idonee a svincolarsi dagli obblighi. Infatti, pur se verso aziende e società estere, questi contratti davano il vantaggio di non dover sottostare alla limitazione. Tutto questo a prescindere dalla residenza italiana di lunga data.

Problemi quindi da entrambi i lati, sia sull’applicazione delle norme che dei troppi e pesanti vincoli che le stesse producevano.

Cosa è cambiato con le novità sulle targhe estere in Italia

Multe e sanzioni piuttosto pesanti per chi non immatricola l’auto nel nostro Paese entro tre mesi da quando ha ottenuto la residenza. Da ieri primo febbraio, via libera ai cambiamenti e di fatto gran parte delle norme sulle targhe straniere del decreto Sicurezza possono dirsi superate.

Più tempo concesso a chi deve mettersi in regola dal momento che da due mesi si passa a tre mesi dalla data di residenza in Italia per il proprietario della auto. Ma aumentano le multe e le sanzioni per chi viene colto a guidare l’auto con targa estera, nonostante siano passati i 90 giorni dalla data in cui si è presa la residenza in Italia. Le multa arrivano a 3.000 euro, cioè un autentico salasso.

Perché si è dovuto intervenire a correggere i decreti Sicurezza sulle targhe estere?

Perché queste novità? Come detto, le critiche al decreto Sicurezza sono nate per via del fatto che non si facevano distinzioni tra Stati e tra situazioni. E così anche chi per evidenti questioni territoriali, nonostante la residenza in Italia, aveva l’auto acquistata oltre confine, magari dove lavorava, veniva considerato il classico furbetto.

Un caso eloquente e diventato noto in tutta Italia per via del suo passaggio su diversi organi di stampa, riguardava due coniugi trovati in una auto immatricolata in Slovacchia. L’auto era intestata alla moglie, regolarmente residente in Slovacchia. Alla guida però c’era il marito, residente in Italia.

Per questo, multati i coniugi, perché il marito non avrebbe dovuto guidare l’auto perché illegale secondo il decreto Sicurezza. Sono anomalie come questa che hanno spinto a correggere il tiro.

Come si circola con le auto a targa estera in Italia

Ricapitolando, possibile circolare in Italia con auto straniera solo per 3 mesi a partire dalla data di trasferimento in Italia. Guidare una auto sul territorio nazionale, avere la residenza in Italia, ma non essendo il proprietario del veicolo, necessita di un adempimento preciso. Infatti una situazione del genere,  presuppone  che a bordo dello stesso veicolo deve essere portato un documento.Si tratta del documento sottoscritto con data certa dall’intestatario (autenticato), dal quale risulti in modo chiaro il titolo e la durata della disponibilità del veicolo.

È ciò che prevede adesso la normativa, e lo consente per 30 giorni, decorsi i quali occorre registrare il titolo della disponibilità del veicolo, e la sua durata, direttamente al PRA (Pubblico Registro Automobilistico). Per i trasgressori una multa compresa nella forbice tra 712 euro e 3.558 euro.

Contributi a fondo perduto 2022: beneficiari per codice ATECO

Col decreto Sostegni ter, via ad una nuova tornata di aiuti per alcuni settori lavorativi. Nuova tornata di contributi a fondo perduto per il commercio. Ma niente a che vedere con i contributi erogati precedentemente, con gli altri decreti emergenziali del governo italiano.

I contributi a fondo perduto sono solo per determinate attività, e circoscritti al possesso di un determinato Codice ATECO.

Cosa prevede per il fondo perduto il nuovo decreto Sostegni

Nuovi aiuti alle attività colpite dalla crisi e dalla riduzione di fatturato e corrispettivi. Un nuovo fondo perduto 2022 è quanto stabilisce il nuovo decreto Sostegni.

Ma torna come fattore discriminante il codice ATECO. Per poter beneficiare dei nuovi contributi a fondo perduto previsti dal decreto Sostegni ter, serve che l’attività abbia subito una riduzione del fatturato in misura pari quanto meno al 30%.

Inoltre deve trattarsi di imprese con una mole di ricavi inferiori ai 2 milioni di euro.

In attesa che la nuova tornata di aiuti venga ufficializzata dalla canonica circolare esplicativa del Ministero dello Sviluppo Economico e che ottenga il via libera della Commissione Europea, va sottolineato che l’anno di riferimento su cui calcolare sia la riduzione di fatturato che il limite dei ricavi annui è il 2019.

Quali le attività che verranno finanziate dai nuovi contributi?

Ripetiamo, nulla ancora operativo in attesa dei necessari interventi del Mise (Ministero dello Sviluppo Economico) e della Commissione UE. Ciò che si sa è che sono o settori maggiormente colpiti dalla crisi economica collegata all’emergenza pandemica quelli che rientreranno nel novero delle attività potenzialmente beneficiarie del nuovo contributo a fondo perduto.

Col decreto Sostegni inevitabile che si sia arrivati a prevedere nuove agevolazioni per determinati settori, oltre al potenziamento dei precedenti provvedimenti.

Si parte per esempio, con la creazione di un fondo ad hoc per il rilancio delle attività commerciali al dettaglio. Dotazione importante per questo nuovo fondo, nella misura di 200 milioni di euro.

Sempre i ricavi e le perdite alla base degli aiuti

E da lì che si attingerà per l’erogazione dei nuovi contributi, differenziati come importo, in base ai ricavi e al calo di fatturato registrato in questo 2021 rispetto al 2019.

La percentuale spettante a ciascuna azienda sarà rapportata alla seguente tabella:

  • 60% della differenza tra fatturato 2019 e fatturato 2021 per imprese con ricavi fino a 400.000 euro;
  • 50% della differenza tra fatturato 2019 e fatturato 2021 per imprese con ricavi sopra i 400.000 euro e fino ad un milione di euro;
  • 40% della differenza tra fatturato 2019 e fatturato 2021 per imprese con ricavi sopra uno e fino a due milioni di euro.

Codici Ateco, l’elenco per rientrare tra i beneficiari del nuovo fondo perduto

Resta il problema delle risorse. Il decreto Sostegni infatti prevede che  qualora la dotazione finanziaria non basta, il contributo a fondo perduto potrebbe essere ridotto in misura proporzionale ai soldi disponibili.

Come detto in precedenza, la platea degli aventi diritto è basata sui codici ATECO. Nello specifico i contributi a fondo perduto del nuovo decreto Sostegni ter saranno destinati a:

  • Commercio al dettaglio in altri esercizi non specializzati codice Ateco 47.19;
  • Commercio al dettaglio di carburante per autotrazione in esercizi specializzati codice Ateco 47.30;
  • Commercio al dettaglio di apparecchiature audio e video in esercizi specializzati codice Ateco 47.43;
  • Commercio al dettaglio di altri prodotti per uso domestico in esercizi specializzati codice Ateco 47.5;
  • Commercio al dettaglio di articoli culturali e ricreativi in esercizi specializzati codice Ateco 47.6;
  • Commercio al dettaglio di articoli di abbigliamento in esercizi specializzati codice Ateco 47.71;
  • Commercio al dettaglio di calzature e articoli in pelle in esercizi specializzati codice Ateco 47.72;
  • Commercio al dettaglio di cosmetici, di articoli di profumeria e di erboristeria in esercizi specializzati codice Ateco 47.75;
  • Commercio al dettaglio di fiori, piante, semi, fertilizzanti, animali domestici e alimenti per animali domestici in esercizi specializzati codice Ateco 47.76;
  • Commercio al dettaglio di orologi e articoli di gioielleria in esercizi specializzati codice Ateco 47.77;
  • Commercio al dettaglio di altri prodotti (esclusi quelli di seconda mano) in esercizi specializzati codice Ateco 47.78;
  • Commercio al dettaglio di articoli di seconda mano in negozi codice Ateco 47.79;
  • Commercio al dettaglio ambulante di prodotti tessili, abbigliamento e calzature codice Ateco 47.82;
  • Commercio al dettaglio ambulante di altri prodotti codice Ateco 47.89;
  • Altro commercio al dettaglio al di fuori di negozi, banchi o mercati codice Ateco 47.99.

Dichiarazione redditi 2022: quali novità per superbonus, detrazioni, prima casa e pagamenti?

I modelli di dichiarazione dei redditi per l’anno 2022 (e anno di imposta 2021) sono stati resi definitivi. Per le persone fisiche che dovranno presentare i modelli dei redditi vi sono varie novità che implicano la corretta applicazione delle regole per il superbonus 110%, le detrazioni, le agevolazioni per l’acquisto della prima casa agli under 36 e l’applicazione delle agevolazioni fiscali in tema di abbattimento delle barriere architettoniche. Inoltre, sono state rese definitive le disposizioni relative ai versamenti del 2022, con le relative modalità di invio, cartaceo e telematico, della dichiarazione dei redditi.

Dichiarazione redditi 2022, anno di imposta 2021: visto di conformità superbonus 110% per le fattura dal 12 novembre scorso

Una prima novità della dichiarazione dei redditi 2022 delle persone fisiche è la corretta applicazione delle regole sui lavori rientranti nel superbonus 110%. Risulta necessaria l’apposizione del visto di conformità delle spese per i lavori a vantaggio del contribuente. In particolare, l’apposizione del visto è necessaria per le fatture la cui data di emissione sia quella compresa dal 12 novembre al 31 dicembre 2021. Rientrano nel 110% anche i lavori svolti nel 2021 in merito all’eliminazione delle barriere architettoniche. In particolare, per i lavori dello scorso anno, è necessario che le barriere architettoniche siano state fatte rientrare tra gli interventi in ecobonus e in sisma bonus.

Crediti di imposta prima casa under 36 e detrazioni nella dichiarazione dei redditi 2022

Tra le novità della dichiarazione dei redditi 2022 per le persone fisiche c’è la minore pressione fiscale per chi risulti lavoratore alle dipendenze. Dallo scorso anno, infatti, è possibile beneficiare dell’aumento delle detrazioni e del trattamento integrativo annuale per 1.200 euro. Nella dichiarazione dei redditi 2022 si può fruire del credito di imposta maturato per l’acquisto della prima casa dai giovani under 36 anni. Risulta indispensabile, a tal proposito, avere un Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) che non superi i 40 mila euro all’anno.

Pagamenti risultanti dalla dichiarazione dei redditi 2022, ecco tutte le date e come fare

In merito ai pagamenti risultanti dalla dichiarazione dei redditi del 2022 per l’anno di imposta 2021 è necessario tener presente che:

  • il saldo del 2021 e il primo acconto del 2022 devono essere effettuati entro il 30 giugno di quest’anno;
  • si può rateizzare quanto dovuto con pagamento a partire dal 1° luglio al 22 agosto 2022 con la maggiorazione dello 0,40%;
  • la dichiarazione dei redditi delle persone fisiche del 2022 deve essere presentata nella modalità cartacea in un ufficio postale tra il 2 maggio e il 30 giugno del 2022;
  • è fissata al 30 novembre 2022 la scadenza per presentare, on line, la dichiarazione dei redditi. L’invio può essere fatto sia direttamente dal contribuente che da un intermediario abilitato.

Detrazioni canoni di affitto: le agevolazioni per studenti, lavoratori, famiglie

La locazione ad uso abitativo può dar luogo al diritto alle detrazioni canoni di affitto. Questo implica che i locatari possono detrarre dall’IRPEF una quota di quanto pagato per l’affitto di casa. Vediamo in quali casi di può usufruire di tale beneficio.

Principi generali per ottenere la detrazione dei canoni di affitto

La prima cosa da sottolineare è che la legge prevede diverse detrazioni in favore di coloro che stipulano un regolare contratto di locazione ad uso abitativo (legge 431 del 1998). Ogni “inquilino” deve scegliere di quale usufruire, cioè le varie agevolazioni non sono cumulabili. In secondo luogo nel caso in cui il contratto sia stipulato da più inquilini, ad esempio affitti di case per studenti o lavoratori, ogni inquilino può ottenere l’agevolazione per la sua quota. Si può ottenere il beneficio anche per la locazione di una sola stanza.

Detrazione canoni di affitto: regola generale

Fatta questa premessa vediamo nel concreto quali agevolazioni e detrazioni si possono ottenere. La prima detrazione riguarda i contratti di locazione a uso abitativo purché i locali siano adibiti ad abitazione principale. Colui che vuole beneficiarne deve quindi fissare la residenza nel comune e all’indirizzo dell’abitazione, inoltre per poterne usufruire è necessario non superare il reddito di 30.987.41 euro. L’ammontare del contributo dipende dal reddito dichiarato:

  • se il reddito è pari o inferiore a 15.493,71 euro, la detrazione è pari a 495,80 euro annui;
  • per redditi compresi tra 15.493,71 e 30.987.41 euro, la detrazione è pari a 247,90 euro annui.

Questa detrazione si applica nel caso in cui si stipuli in contratto a canone concordato.

Nel caso in cui il contratto sia a canone libero con durata minima di 4 anni + 4 anni di rinnovo automatico, la detrazione spettante è:

  • per la prima fascia vista prima, è pari a 300 euro;
  • per la seconda fascia 150 euro annui.

Se il soggetto è titolare di due contratti di locazione, ad esempio uno come abitazione principale e uno per i figli universitari, deve scegliere su quale immobile avvalersi delle detrazioni.

Detrazioni canoni di affitto giovani 20-31 anni

Sappiamo che in Italia vi è una certa difficoltà per i giovani a lasciare la casa dei genitori e questo anche perché spesso gli stipendi dei primi anni di lavoro sono bassi e quindi vi è anche un’oggettiva difficoltà. Proprio per questo se il titolare del contratto di locazione ha un’età compresa tra i 20 e i 31 anni ci sono detrazioni canoni di affitto particolarmente convenienti.

In questo caso la detrazione può arrivare al 20% del canone annuo per i primi quattro anni del contratto di locazione. Per quanto riguarda gli importi, tale detrazione non può essere inferiore a 991,60 euro e non può essere superiore a 2.000 euro l’anno. Anche in questo caso vi sono però dei limiti di reddito, infatti il beneficio è riconosciuto a coloro che hanno un reddito annuo inferiore a 15.493,71 euro, inoltre l’immobile non deve essere lo stesso in cui hanno la residenza anche i genitori. Questo vuol dire che se si vuol tentare un gesto di furbizia di stipulare il contratto e intestarlo al figlio con l’obiettivo di risparmiare, non si può fare.

Detrazioni canoni affitto per universitari

Per gli studenti iscritti a un regolare corso universitario la detrazione dei canoni di affitto è del 19% degli importi versati. Questa detrazione può essere usufruita direttamente dagli studenti oppure da coloro che li hanno fiscalmente a carico, ad esempio i genitori. La detrazione può essere fatta valere su un importo massimo di 2.633 euro.

Vi sono però delle condizioni da rispettare, in primo luogo deve trattarsi di studenti universitari, non possono ottenere l’agevolazione gli studenti che frequentano master, dottorati di ricerca, corsi di specializzazione o post laurea. In secondo luogo l’immobile deve trovarsi nello stesso comune in cui ha sede l’università frequentata o in un comune limitrofo. Inoltre l’università deve trovarsi ad almeno 100 KM, misurati da linee di comunicazione come ferrovia o strada, dall’indirizzo di residenza, oppure in uno stato dell’Unione Europea, in Norvegia o Islanda.

Detrazione dei canoni di locazione per lavoratori fuori sede

Può purtroppo capitare che la propria sede di lavoro sia molto distante dal comune di residenza e di conseguenza sia necessario avere una casa in affitto. In questo caso è necessario che coloro che usufruiscono di tale beneficio siano titolari di un contratto di locazione come abitazione principale in un comune che si trovi ad almeno 100 km dal comune in cui prestano servizio.

Inoltre occorre che i lavoratori trasferiscano la residenza nel comune di lavoro o in uno dei comuni limitrofi.

La detrazione dei canoni di affitto in questo caso viene riconosciuta per redditi inferiori a 30.987,41 euro. La misura è la stessa prevista nella regola generale.

I 10 lavori più richiesti fino a marzo 2022: mancano soprattutto operai

Mercato del lavoro in fermento nel primo trimestre del 2022, complice anche la fase di ripresa dall’emergenza Covid-19. Da gennaio a marzo le imprese faranno richiesta di oltre 1.158.000 profili, un numero che può essere riassunto nel dato secondo il quale sei imprese su 10 sono pronte ad assumere. Ma mancano alcune figure, come quelle degli operai e degli ingegneri. Imprese digitali e delle costruzioni guidano la ripresa del mercato del lavoro andando oltre il periodo Covid: +1,9% delle nuove opportunità di lavoro rispetto allo stesso periodo del 2019. Ecco quali sono le professioni maggiormente richieste dalle imprese nei primi tre mesi dell’anno analizzando i dati di Unioncamere-Anpal, Sistema Informativo Excelsior.

Offerte di lavoro, quali sono i settori che assumono di più?

Nel primo trimestre del 2022 le professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi si confermano il settore dove si assume di più. All’inizio del 2022 le imprese operanti in questo settore prevedono 259.240 nuove assunzioni. A seguire sono ricercati gli operai specializzati (203.590 assunzioni previste nei primi tre mesi del 2022); le professioni tecniche (186.700 nuove assunzioni); i conduttori di impianti e gli operai di macchinari fissi e mobili (175.570 nuove assunzioni); le professioni non qualificate per i servizi di pulizia o di spostamento e di consegna delle merci (156.640 assunzioni); gli impiegati nelle varie mansioni (96.560 nuove assunzioni); le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione (77.350 nuove assunzioni); infine i dirigenti, richiesti per 2.510 posti da coprire.

Offerte di lavoro, in quali settori si fa più fatica a trovare nuove opportunità?

Dall’analisi dei dati della ricerca di Unioncamere e Anpal, emerge che l’apporto del settore delle costruzioni, spinto dal superbonus 110% e dai vari bonus edilizi, è quello che maggiormente necessita di nuove assunzioni con circa 424 mila unità ricercate. Allo stesso modo, anche i settori della metallurgia, della meccanica e dell’elettronica, coinvolti nella trasformazione digitale delle imprese, fanno registrare numeri di crescita delle assunzioni programmate. In sofferenza, invece, i settori del tessile, dell’abbigliamento e delle calzature, dove le opportunità di lavoro non hanno raggiunto i numeri del pre-Covid.

Quali sono i 10 lavori più ricercati dalle imprese fino a marzo 2022?

Entrando nel dettaglio delle professioni, nei primi tre mesi del 2022 ecco quali sono i 10 lavori più ricercati dalle imprese:

  • gli addetti alle attività di ristorazione con 111.300 nuove assunzioni;
  • addetti alle vendite con 87.690 nuove offerte di lavoro;
  • il personale non qualificato nei servizi di pulizia con 78.730 nuove opportunità di lavoro;
  • i conduttori di veicoli a motore con 70.470 nuove assunzioni;
  • gli artigiani e gli operai specializzati delle costruzioni e nel mantenimento delle strutture edili con 54.660 nuove opportunità di impiego;
  • il personale non qualificato addetto allo spostamento e alla consegna delle merci con 47.850 nuove offerte di lavoro;
  • i tecnici dei rapporti con i mercati con 42.010 nuove opportunità di lavoro;
  • i meccanici artigianali, i montatori, i riparatori e i manutentori di macchine fisse e mobili con 30.830 assunzioni;
  • i tecnici della salute con 30.050 nuove opportunità di assunzione;
  • gli artigiani e gli operai specializzati addetti alle rifiniture nelle costruzioni con 29.900 nuove offerte di lavoro dalle imprese.

Offerte di lavoro, quali sono le altre più ricercate dalle imprese entro marzo 2022?

Tra le altre professioni e mansioni più ricercate dalle imprese all’inizio del 2022 troviamo:

  • gli impiegati addetti ad accogliere e a fornire informazioni alla clientela con 23.800 nuove opportunità di assunzione;
  • i conduttori di macchine per il movimento della terra, per il sollevamento e per il maneggio dei materiali con 23.660 nuove offerte di lavoro;
  • i tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni con 23.490 nuove assunzioni;
  • le professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali con 23.410 nuove offerte di lavoro;
  • i fonditori, i saldatori, i lattonieri, i calderai, i montatori di carpenteria metallica e professioni simili con 20.190 nuove assunzioni;
  • gli artigiani e gli operai specializzati di installazione e manutenzione delle attrezzature elettriche ed elettroniche con 16.290 nuove offerte di lavoro;
  • gli operai addetti all’assemblaggio dei prodotti industriali con 16.130 nuove opportunità di lavoro;
  • i tecnici in campo ingegneristico con 15.860 nuove offerte di lavoro;
  • i tecnici dell’organizzazione e dell’amministrazione delle attività produttive con 15.400 nuove offerte di lavoro;
  • gli ingegneri e le professioni assimiliate con 15.280 nuove opportunità di impiego;
  • le professioni qualificate nei servizi personali e mansioni assimilate con 14.660 nuove offerte di lavoro.

Offerte di lavoro, dove le imprese hanno più difficoltà a trovare i profili ricercati?

Spesso i settore dove c’è il maggior numero di offerte di lavoro e le possibilità di assunzioni, sono anche quelli dove le imprese faticano a trovare i profili ideali. È il caso delle costruzioni, dove per alcune mansioni, come quella degli artigiani e degli operai specializzati addetti alle rifiniture, il 62,3% dei posti potrebbe rimanere vacante per la mancanza di candidati. Percentuali più alte di posti di lavoro con difficoltà a reperire candidati si riscontrano nelle professioni tecniche informatiche e delle telecomunicazioni con il 68,1% delle opportunità di lavoro destinate ad andare vacanti. A seguire gli attrezzisti, gli operai e gli artigiani del trattamento del legno e delle professioni assimilate con il 67,9% di difficoltà a reperire figure ideali rispetto ai posti di lavoro messi a disposizione e i fonditori, i saldatori, i lattonieri, i calderai, i montatori di carpenteria metallica e le professioni assimilate con il 62,4% di difficoltà.

Offerte di lavoro, dove ci sono maggiori opportunità di essere assunti?

Tra le regioni con il maggior numero di offerte di lavoro nei vari settori nei primi tre mesi del 2022 ritroviamo:

  • la Lombardia con 255.340 nuove offerte di lavoro;
  • il Veneto con 123.000 nuovi posti di lavoro;
  • il Lazio con 112.290 opportunità di lavoro;
  • l’Emilia Romagna con 111.090 nuove offerte di lavoro;
  • la Campania con 85.950 nuove opportunità di lavoro;
  • il Piemonte con 81.630 nuove offerte di lavoro;
  • la Toscana con 76.060 posti di lavoro.

In generale, il Nord Ovest dell’Italia ha la maggiore distribuzione dei posti di lavoro con 368.010 nuovi posti entro marzo 2022; a seguire il Nord Est con 288.450 nuovi posti; il Sud e le isole con 270.980 offerte di lavoro e il Centro con 230.710 nuove opportunità di impiego.

Come non pagare le tasse in modo legale

L’Italia, tra i Paesi più industrializzati, è nota per il suo elevato livello della pressione fiscale. Si pagano infatti tante tasse, spesso troppe anche perché il nostro Paese ha un debito pubblico elevato.

Ma nello stesso tempo c’è anche da dire, proprio sulle tasse in Italia, che nel nostro Paese c’è pure un sistema consolidato di detrazioni e di agevolazioni fiscali che, se accessibili, possono permettere di ridurre le imposte da pagare e, quindi, da versare all’Agenzia delle Entrate.

Vediamo allora, nel dettaglio, come non pagare le tasse in modo legale. O comunque quali sono le vie ai sensi di legge che permettono e che quindi garantiscono le riduzioni di imposta anche rilevanti.

Ecco come non pagare le tasse in modo legale, o comunque pagare meno al Fisco

Nel dettaglio, su come non pagare le tasse al Fisco italiano in modo legale, una soluzione c’è anche se è drastica. Ed è quella di trasferirsi all’estero pagando lì le tasse, magari perché queste sono più basse. Ma il tutto a patto che la residenza all’estero sia vera e non fittizia. In quanto bisogna trascorrere nella residenza estera almeno 184 giorni l’anno.

Per il resto, su come non pagare le tasse in modo legale, o comunque per pagarne di meno, al contribuente non resta che sfruttare tutte le agevolazioni che sono concesse dalla legge. Ovverosia, le esenzioni, le detrazioni fiscali e le deduzioni fiscali. Nonché i crediti fiscali già maturati che, se compensati con altre tasse da pagare, portano poi alla trasmissione di un F24 a saldo zero.

In più, su come non pagare le tasse in modo legale. c’è anche da dire che i contribuenti quando sono in difficoltà possono chiedere la rateizzazione. Ed in tal caso in modo legale le tasse non si pagheranno subito ed in un’unica soluzione. Ma un po’ per volta.

Contributo per genitori con figli con disabilità: via alle domande. Guida

L’INPS con il messaggio 471 del 2022, pubblicato il 31 gennaio 2022, rende noto che dal primo febbraio è possibile inoltrare le domande per ottenere il contributo per genitori con figli con disabilità che siano monoreddito oppure non abbiano reddito.

Contributo per genitori con figli con disabilità: dal 1° febbraio via libera alle domande

Il contributo per famiglie con disabili è previsto dall’articolo 1, commi 365 e 366, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di Bilancio 2021) ed è rivolto ai nuclei familiari in cui sia presente una persona con una percentuale di invalidità riconosciuta almeno del 60%. Tale beneficio è rivolto però alle famiglie con disabili che si trovano in particolari condizioni di reddito, cioè con genitore disoccupato oppure famiglia monoreddito che percepisca un reddito inferiore a 8.145 euro annuali se lavoratore dipendente e 4.800 euro se autonomo. Viene naturalmente riconosciuto anche alle famiglie in cui sia presente un unico genitore.

Affinché si possa ottenere questo aiuto sono però necessari anche ulteriori requisiti, in particolare il genitore che presenta la domanda deve:

  • essere residente in Italia;
  • avere un ISEE di valore non superiore a 3.000 euro (abbiamo quindi il doppio requisito, reddito e ISEE);
  • avere uno o più figli a carico con una disabilità non inferiore al 60%. Si considera come figlio a carico colui che, se inferiore a 24 anni ha un reddito non superiore a 4.000 euro e se di età superiore a 24 anni ha un reddito non superiore a 2.840,51 euro. Ricordiamo che coloro che hanno ottenuto il riconoscimeto della disabilità possono comunque lavorare e di conseguenza avere un reddito.

A quanto ammonta il contributo per famiglie con disabili?

L’ammontare del contributo dipende dal numero di figli con disabilità presenti in famiglia. Nel caso in cui ci sia un solo figlio disabile l’importo è di 150 euro al mese. Se in famiglia ci sono due disabili l’importo è di 300 euro, per famiglie con più di due disabili, si potranno percepire 500 euro mensili.

Come si può notare la percentuale di disabilità che permette di maturare il diritto a percepire il contributo per genitori con figli con disabilità è del 60%, cioè molto più bassa rispetto a quella richiesta per poter accedere all’indennità di invalidità.

Questo beneficio può essere cumulato con altri strumenti del welfare, ad esempio è compatibile con la percezione del reddito di cittadinanza. Un altro dettaglio molto rilevante è dato dal fatto che le domande possono essere presentate dal primo febbraio 2022, ma in realtà il contributo per famiglie con disabili è previsto per il triennio 2021-2023, quindi una volta inoltrata la domanda, seguendo la procedura che a breve vedremo, si potranno ottenere anche gli arretrati del 2021 e dei primi mesi del 2022. Questa operazione può essere eseguita spuntando semplicemente la voce “Dichiaro di voler presentare domanda anche per l’anno 2021”.

Come inoltrare la domanda?

La prima cosa da fare è collegarsi al sito dell’INPS e accedere con le proprie credenziali, cioè SPID, CIE o CNS. A questo punto è necessario andare alla voce “Prestazioni e servizi”. Da qui si deve raggiungere la voce “Contributo genitori con figli con disabilità”. Per poter inoltrare a domanda è necessario inserire i dati del figlio disabile per il quale si chiede il contributo in favore di famiglie con disabili e monoreddito o monoparentale e il codice IBAN dove effettuare l’accredito. La domanda deve essere presentata una volta l’anno e quest’anno deve essere presentata anche per ricevere gli arretrati maturati dal 1° gennaio 2022.

La domanda può essere inoltrata anche attraverso i patronati, gli stessi entrano nella pagina INPS e possono accedere alla piattaforma per l’inoltro attraverso la voce “Portale dei Patronati” .

Una volta inoltrata la domanda, la ricevuta della stessa è disponibile alla voce “Ricevute e provvedimenti” con il relativo numero di protocollo. Si dovrà quindi attendere l’esito dell’istruttoria. L’INPS fa sapere che ci sarà una seconda comunicazioen avente ad oggetto le modalità di riscossione degli importi e degli arretrati.