Bonus sport 2022, aiuti alle famiglie fino a 1.600 euro

Il bonus sport 2022 prevede delle agevolazioni per le famiglie che si trovano in difficoltà economica, ecco tutti i dettagli del bando.

Bonus sport 2022, chi e quanto può beneficiarne

Lo sport è una componente importante nella crescita di un bambino. Ma in generale, insieme al mangiare sano, garantiscono un elisir di lunga vita. Ritornare a fare sport all’aperto e nelle palestre, vuol dire anche migliorare la condivisione e i rapporti sociali. Il Bonus sport 2022 prevede proprio l’obiettivo di praticare sport, soprattutto per i più piccoli.

Il bonus sport per le famiglie prevede un contributo sotto forma di voucher. L’importo oscilla da 400 a 1.600 euro per i figli che praticano attività sportiva a qualsiasi livello. Inoltre il bando si rivolte a quei nuclei familiari in cui ci sono minori di età compresa tra i 6 e i 15 anni. Proprio l’età di sviluppo in cui lo sport riveste un ruolo molto importante anche per la formazione del carattere.

Bonus sport 2022, la Campania fa da apri pista

Il Bonus sport 2022 è un’idea della Regione Campania. Anche se in altre regioni l’iniziativa sembra essere piaciuta e quindi ci si muove in tal senso. Ma ad oggi la Campania fa da apri pista. Infatti per accedere al voucher occorre essere residenti proprio in Campania.

Altro importante requisito è quello dell’ISEE. In particolare fino a tre figli la soglia è di 17.000 euro, mentre da 4 figli in su il tetto sale a 28.000. In base alla combinazione quindi tra numero dei figli e figlie che praticano sport e reddito, il contributo oscilla da 400 a 1.600 euro. Una bell’aiuto per le famiglie che permette di garantire anche una valvola di sfogo ai ragazzi che possono scegliere lo sport che vogliono senza gravare troppo sul budget familiare.

Come presentare la domanda

Per accedere al contributo occorre presentare apposito domanda. La domanda può essere presentata dal 21 settembre 2022 fino ad esaurimento fondi. Quindi è meglio affrettarsi e procedere attraverso:

  • trasmissione all’ARUS all’indirizzo PEC: aru2019@pec.regione.campania.it;
  • a mezzo posta mediante raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo ARUS c/o Mostra d’Oltremare (Teatro Mediterraneo – 3° piano) in Via J. F. Kennedy n. 54 – 80125 Napoli;
  • o sul portale telematico della regione

In seguito l’ARUS verificherà le domande pervenute e formerà la graduatoria dando priorità al valore Isee più basso, alla composizione del nucleo famigliare, la presenza di minori con disabilità e data di presentazione della stessa domanda.  Una volta formata ed approvata la graduatoria, si procederà all’assegnazione e liquidazione dei voucher agli aventi diritto, secondo tempistiche che verranno successivamente comunicate agli interessati.

 

 

Tariffe e commissioni per utenti e consumatori: come funziona PayPal

L’utilizzo di PayPal da parte di milioni di acquirenti, venditori e aziende in tutto il mondo, necessita di informazioni rispetto alle tariffe applicate agli acquirenti e ai commercianti, che variano da settore a settore, tenendo conto che grazie al wallet ormai è possibile inviare e trasferire denaro in riferimento alle transazioni di ogni comparto merceologico e di servizio.

Ecco, dunque, una lista delle principali tariffe e commissioni applicate da PayPal, distinte per settore.

Le tariffe per i consumatori

In prima battuta va specificato che le tariffe applicate sulle transazioni cambiano a seconda che mittente e destinatario siano entrambi residenti nello Spazio economico europeo, oppure appartenenti a mercati diversi di riferimento. 

PayPal dispone dunque di una Tabella dei Codici mercati, per individuare di volta in volta il codice che verrà applicato, in base a questo parametro. 

PayPal è gratuito per donazioni e compravendite online e in negozio, salvo i casi in cui si applichi una conversione di valuta. 

Nel caso delle raccolte fondi che prevedono una transazione commerciale, la tariffa applicata è del 3,4% + la tariffa fissa, con quota aggiuntiva nel caso di operazioni internazionali.

Le transazioni di tipo personale come l’invio di denaro agli amici sono gratuite se nazionali, mentre viene applicata la tariffa di 1,99 euro o di 3,99 euro nel caso rispettivo che il mercato di residenza del destinatario sia l’Europa o gli Stati Uniti, oppure altri territori al di fuori di questi spazi.                  

La ricezione di denaro da parte di amici e parenti non è invece soggetta all’applicazione di tariffe da parte del wallet. 

Le tariffe per gli utenti di servizi in Rete

L’utilizzo di PayPal per i pagamenti online di servizi al cittadino come ad esempio tasse, bollette e utenze quotidiane reso possibile dagli erogatori , così come anche la possibilità di usare il wallet per accedere a programmi di cashback in ambito e-commerce, oppure, dal lato entertainment – e in particolare nel gioco legale a distanza, nel crescente caso dei casinò che accettano PayPal come mezzo sicuro di deposito e prelievo – impone spesso trasferimenti dal conto PayPal alle carte/conti correnti dell’utente. 

Se i trasferimenti al conto corrente sono gratuiti in caso di non necessità di conversione di valuta, la tariffa applicata è pari al 3% se verso i mercati statunitensi, e, nel caso di collegamento con carte di credito o debito, la tariffa standard è pari all 1% dell’importo trasferito

Le condizioni variano comunque in base alla valuta di trasferimento, in un range minimo o massimo che il wallet elenca nel proprio sito 

ufficiale, paese per paese, con possibilità di variazioni sull’importo massimo, stabilite di volta in volta da PayPal in base alla tipologia di servizio. 

Tra le altre attività, le tariffe applicate da PayPal sugli storni sono pari a 3 euro, e si applicano quando una transazione non va a buon fine, spesso per errore nell’indicazione delle coordinate bancarie, nel caso di operazioni che avvengono fuori dal circuito del wallet. 

In caso di richiesta di documentazione circa l’esito negativo di una determinata transazione viene invece richiesto un contributo di 12 euro per ogni voce specificata. 

Nel caso, infine, di inattività del conto, viene applicata da PayPal una tariffa basata sul saldo residuo, in riferimento a parametri standard individuati in un’apposita tabella, consultabile anch’essa dal sito ufficiale del wallet. 

Stando alle ultime dichiarazioni di PayPal, l’11 febbraio 2022 è in realtà entrato in vigore un cambiamento del servizio, che prevede un addebito di 10 euro per inattività al consumatore che non abbia fatto accesso al proprio conto per più di 12 mesi consecutivi, con estensione dell’applicazione di questa tariffa anche ai venditori, a partire però dal prossimo ottobre. 

 

Superbonus, la svolta sulle cessioni arriva da Poste Italiane

Novità sul superbonus e sulla cessione dei crediti arrivano da Poste italiane. Ecco cosa c’è da sapere e la procedura da attuare.

Superbonus, Poste italiane ha riaperto la piattaforma

Il nodo sulla cessione dei crediti per gli interventi edili è uno dei temi focali legati al superbonus. Tuttavia Poste italiane procede con la sua acquisizione dei crediti. Ma non per tutti, ma attraverso determinate caratteristiche. Dunque, il servizio di cessione del credito è rivolto a privati, imprese e liberi professionisti che sono titolari di un credito d’imposta. Ecco la prima regola: poste italiane non acquisce crediti oggetto di precedente trasferimento.

Inoltre un’altra regola è che le quote annuali saranno fruibili a partire dal 2023 in relaziona ai crediti maturati a fronte di spese sostenute nel 2022 o a rate residue di spese sostenute negli anni precedenti. Infine l’importo massimo cedibile è pari a 150 mila euro.

Superbonus, e tutti gli altri crediti cedibili

Poste italiane concede la cessione sul Superbonus 110% ai sensi dell’articolo 119 del Decreto Rilancio (DL n.34/2020) per spese riguardanti: l’efficienza energetica, l’istallazione di impianti fotovoltaici, riduzione dei rischio sismico, infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici ed eliminazione delle barriere architettoniche. Si tratta di 5 quote annuali o 4 quote annuali per le spese sostenute dal 2022.

Tuttavia Poste italiane si occupa della concessione dei crediti anche di altri bonus ai sensi dell’art 121 del Decreto Rilancio e sono:

  • recupero e restauro di facciate, in quote annuali per 10 anni;
  • ecobonus ordinario, ripartito in 10 anni in quote annuali;
  • sismabonus ripartito in 5 quote annuali;
  • eliminazione di barriere architettoniche a fronte di spese sostenute dal primo gennaio 2022, e ripartito in 5 quote annuali;
  • ristrutturazione e recupero patrimoni edilizio ripartito in 10 quote annuali;
  • installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici, ripartito in 10 quote annuali.

Il corrispettivo della cessione

L’importo liquidato per la cessione di crediti d’imposta con recupero sarà pari a:

  • 99 euro per ogni 110 euro di credito d’imposta acquistato da Poste Italiane per gli interventi relativi al Superbonus 110% con recupero in 4 anni. E’ pari al 90% del valore nominale del credito d’imposta maturato;
  • 87 euro per ogni 100 euro di credito d’imposta acquistato da Poste Italiane per gli interventi diversi da quelli qualificanti per il Superbonus 110% con recupero in 5 anni. E’ pari all’87% del valore nominale del credito d’imposta maturato;
  • 70 euro per ogni 100 euro di credito d’imposta acquistato da Poste Italiane per gli interventi diversi da quelli qualificanti per il Superbonus 110% con recupero in 10 anni. E’ pari al 70% del valore nominale del credito d’imposta maturato.

Inoltre in caso di esito positivo delle pratiche dei richiedenti la liquidazione del corrispettivo avverrà solo sul conto BancoPosta del cliente, in circa due mesi e mezzo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Bonus TV: a chi spetta e come chiederlo

Nel mese di marzo 2022 ci saranno ancora cambiamenti per le nostre TV, ma come stare al passo di questo cambiamento? Il Bonus TV come può venire incontro al consumatore? A chi spetta e come richiederlo? Scopriamolo in questa rapida guida sulla questione.

TV, cosa cambia da Marzo 2022

Dal prossimo 8 Marzo 2022 tutte le TV dovranno essere risintonizzate, dopo un anno di transizione, lo switch off finale arriva entro tale data, per il passaggio definitivo al digitale terrestreDVB-T2.

Dopo tale data, infatti, tutte le emittenti nazionali e locali dovranno aver completato la migrazione dall’MPEG-2 all’MPEG-4, codec, il che consentirà una migliore visione grazie all’alta qualità della trasmissione.

Ma come stare al passo, per chi non ha un televisore che supporta tale cambiamento? Il Bonus TV può venire incontro in tal senso? E a chi spetta?

Scopriamolo nel prossimo paragrafo.

Bonus TV, a chi spetta e come richiederlo

Partiamo col dire che il bonus TV consiste in uno sconto del 20% sul prezzo d’acquisto di un nuovo televisore (o di un decoder), fino a un massimo di 100 euro, rottamando apparecchi acquistati prima del 22 dicembre 2018, i quali non risultano più idonei ai nuovi standard tecnologici di trasmissione televisiva del digitale terreste.

Chi è che può usufruire di questo appetibile sconto? 

Il bonus tv dal massimo di 100 euro spetta a quei cittadini residenti in Italia titolari di un contratto elettrico su cui è addebitato il canone tv o che pagano il tributo tramite modello F24 o che sono esenti dal pagamento dello stesso in quanto soggetti a basso reddito di età pari o superiore ai 75 anni. L’agevolazione è concessa una sola volta, fino alla scadenza del prossimo 31 dicembre 2022.

Per dirla più dettagliatamente, possono accedere al bonus TV e decoder tutte le famiglie con un Isee inferiore ai 20.000 euro e che abbiano cittadinanza italiana. Lo sconto deve essere applicato direttamente nel negozio che vende la tv o il decoder. Per ottenere il bonus servono un documento d’identità valido e il codice fiscale.

Andando a vedere nello specifico, possiamo dire che il bonus tv da 100 euro va a suddividersi in due tipologie:

  • Bonus TV decoder: per poterlo richiedere sarà necessario che il valore ISEE relativo al proprio nucleo familiare sia inferiore a 20.000 Euro. Allo stesso tempo bisogna evitare che altri componenti della propria famiglia abbiano già usufruito di questa agevolazione.
  • Bonus TV rottamazione: per poter mandare in pensione il proprio televisore è necessario che questo fosse acquistato prima del 22 dicembre 2018. La consegna del dispositivo deve avvenire o presso il rivenditore o in un centro comunale preposto alla raccolta di questo genere di materiali.

Come richiedere il Bonus TV

Per richiedere il bonus tv è necessario presentarsi dal rivenditore o presso un’isola ecologica autorizzata portando con sé la vecchia tv e l’apposito modulo di dichiarazione sostitutiva scaricabile dal sito del Mise. Nel primo caso il venditore si occuperà direttamente dello smaltimento dell’apparecchio, mentre nel secondo caso verrà rilasciata un’attestazione di avvenuta consegna dell’apparecchio, con la relativa documentazione, da consegnare poi al venditore.

Questo, dunque, è quanto di più necessario ed essenziale ci sia da sapere in merito alla possibilità di ottenere ed usufruire del Bonus TV, in un momento in cui si è in prossimità di un cambio definitivo di ricezione del segnale televisivo per tutto il nostro paese.

 

Guerra del gas: l’Italia potrebbe non condividere le scorte di metano. Ecco perché

La tensione causata dalla guerra in Ucraina è elevata, l’aumento dei costi dell’energia sta mettendo a dura prova anche i saldi nervi delle alte sfere politiche. La tensione è aumentata anche a causa del vistoso danneggiamento, pare non recuperabile, del gasdotto Nord Stream che potrebbe mettere la parola fine definitiva alle forniture verso l’Europa.  In questo frangente appare particolare la posizione dell’Italia che potrebbe scegliere di non condividere le scorte di metano, innescando così un ulteriore rafforzamento della guerra del gas.

Italia: se l’Europa continua in questa direzione non condividiamo nel scorte di metano

Durante i mesi estivi abbiamo visto il Presidente del Consiglio Mario Draghi, i suoi ministri e alti funzionari impegnati nel cercare nuove forniture di gas che potessero liberare l’Italia dal ricatto della Russia sul gas/metano. Le scorte dell’Italia sono, proprio grazie a questo impegno, superiori all’80% del fabbisogno. Questo vuol dire che con un certo impegno di tutti, viste le misure restrittive adottate, è possibile affrontare il prossimo inverno.

Leggi anche: Draghi in Algeria: non solo gas. Ecco tutti i pubti dello storico accordo

Le normative europee però prevedono anche la redistribuzione tra i Paesi dell’Unione Europea, ciò che  sta succedendo nelle ultime ore sta portando Mario Draghi, che è ancora Presidente del Consiglio e sembra in questo momento in sintonia con Giorgia Meloni, potenziale successore, a una decisa presa di posizione che potrebbe indurre a decidere di non condividere il metano andando così ad inasprire la guerra del gas.

Perché l’Italia ha intrapreso la guerra del gas nell’Unione Europea?

Il primo punto dolente è rappresentato dalle remore dell’Unione Europea ad adottare il price cap, cioè il tetto al prezzo del gas, fortemente voluto dall’Italia e da altri 15 Paesi Membri, ma osteggiato dall’Olanda. Si parla anche di “bullismo olandese” appoggiato da Ursula von der Leyen.

Il secondo punto dolente è rappresentato dalla decisione della Germania, adottata senza considerare i partner, di varare un piano di 200 miliardi di euro per aiutare le famiglie tedesche ad affrontare la spesa energetica e ha fissato un “price cap interno” andando così a far leva sul fatto che l’economia tedesca è più solida di quella di altri Paesi dell’Unione Europea. Secondo Draghi il piano provocherebbe una rottura della solidarietà europea, potrebbe configurarsi come Aiuto di Stato e quindi violerebbe le normative e potrebbe rappresentare come una distorsione del mercato in materia energetica.

Proprio per questi motivi Draghi starebbe facendo la voce grossa, come dire “ se l’Unione Europea e la Germania fanno di testa loro e non ascoltano, noi non condividiamo le scorte di metano”. In parole povere, l’Italia rischia di dover condividere il metano con la Germania che poi lo venderebbe ai suoi cittadini ad un prezzo inferiore rispetto a quello che potrebbe essere praticato in Italia nel prossimo inverno.

Aziende: proroga del termine per presentare il rapporto di genere personale maschile e femminile

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha provveduto a prorogare il termine per l’invio del rapporto tra il personale dipendente di genere biennale. Ecco i nuovi termini.

Chi deve inviare il rapporto di genere tra personale maschile e femminile?

Il rapporto di genere serve a indicare il rapporto tra il personale maschile e femminile presente in azienda nei vari ruoli. Deve essere inoltrato dalle aziende che hanno più di 50 dipendenti attraverso il portale https://servizi.lavoro.gov.it/Public/login?retUrl=https://servizi.lavoro.gov.it/&App=ServiziHome

Molte aziende hanno però segnalato difficoltà nell’invio del rapporto di genere, proprio per questo motivo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha prorogato il termine, precedentemente in scadenza il 30 settembre 2022, al 14 ottobre 2022. Si tratta di due settimane cruciali per adempiere a questo obbligo.

I consulenti del lavoro, vista la mole di materiale da inviare e i rallentamenti del sito, avevano proposto una proroga al 31 ottobre, ma evidentemente si è preferita una soluzione intermedia.

A generare difficoltà sono state soprattutto le modifiche al Codice delle pari opportunità che ha esteso l’obbligo, prima ricadente solo su aziende del settore pubblico e privato con più di 100 dipendenti.

Avevamo parlato delle modifiche intervenute nell’articolo: Rapporto personale maschile e femminile: obbligo esteso per le aziende

Istruzioni per compilare il rapporto di genere

Il rapporto deve essere compilato avendo particolare attenzione. I dati da inserire sono relativi alla situazione esistente al 31 dicembre 2021 (inizialmente il rapporto di genere doveva essere presentato entro il 30 aprile, ma il termine è stato modificato per dare modo alle aziende di prendere confidenza con i nuovi strumenti).

I dati da inserire sono:

  • occupazione totale al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021;
  • gli impiegati devono inoltre essere divisi per: categoria professionale e livello di inquadramento e devono essere indicate le promozioni intervenute;
  • devono essere indicate nuove assunzioni, cessazioni dei rapporti, trasformazioni contrattuali, eventuale ricorso alla CIG. È necessario indicare i corsi di formazione tenuti dall’azienda, le modalità dei processi di reclutamento del personale, le condizioni di accesso, la retribuzione iniziale e tutti i dati inerenti la composizione dell’azienda in merito ai dipendenti, tenendo naturalmente in considerazione il rapporto tra i due sessi.

Aumento in busta paga, pubblicate le istruzioni INPS

L’aumento in busta paga dovrebbe essere disponibile già dal mese di ottobre. Nell’articolo tutte le istruzioni dell’INPS già pubblicate.

Aumento in busta paga, le istruzioni INPS

Con la situazione difficile di molte per persone in questo momento, occorrono degli aumenti, almeno negli stipendi. Al via dell’aumento in busta paga, come previsto dal messaggio n. 3499/2022  dell’Istituto Nazionale di previdenza sociale (INPS). In particolare si forniscono le istruzioni per lo sgravio contributivo del 2% per il periodo che va da luglio a dicembre 2022.

Si sta parlando dello sgravio che riduce il cuneo fiscale aumentando l’importo degli stipendi netti. Il “bonus” è diviso in due soluzioni, quella che va da gennaio a giugno 2022 e la seconda che copre da luglio a dicembre, come stabilito dal decreto Aiuti bis.

Aumento in busta paga, in cosa consiste lo sgravio?

In realtà non è un bonus come quello da 15o euro o prima ancora da 200 euro già incassato da pensionati e dipendenti e in richiesta per i lavoratori autonomi. Si tratta di un vero e proprio sgravio, una riduzione fiscale. Per maggiore chiarimento, l’aliquota di contributi che paga il lavoratore dipendente è pari al 9,19% dello stipendio lordo. Grazie all’introduzione di questa misura, l’aliquota diminuisce fino all’8,39% per i primi sei mesi del 2022, mentre è del 7,19% per i mesi che vanno da luglio a dicembre 2022.

Alcune precisazioni dell’Inps

Nella circolare l’INPS ha tenuto, oltre al meccanismo dello sgravio del 2%, anche altre precisazioni. Ad esempio lo sgravio si applica anche alla tredicesima. Mentre non si applica qualora questa abbia un importo della stessa superiore a 2.692 euro (lordi). Inoltre le altre precisazioni riguardano:

  • per i rapporti di lavoro che sono cessati entro il 31 dicembre 2021, non è prevista l’agevolazione;
  • per la quattordicesima, l’esonero spessa solo se questa ha un valore superiore a 2.962 euro;
  • in presenza di più denunce individuali per lo stesso lavoratore, ad esempio per comunicare la trasformazione da tempo pieno a parziale, il massimale di 2.692 euro dovrà tener conto della complessiva retribuzione maturata in quello specifico mese.

E’ chiaro che meno tasse corrispondono ad un aumento dell’importo della busta paga. Anche se non si tratta di grosse cifre, circa sette euro per chi ha una retribuzione pari a mille euro. Tuttavia in questo periodo è davvero tutto importante, soprattutto per permette alle famiglie di far fronte a questa lunga crisi economica.

Mascherine: cosa cambia dal 1° ottobre? In quali casi resta l’obbligo

I casi di Covid ricominciano a crescere, molto probabilmente a causa della riduzione delle temperature e il ritorno a scuola senza regole di distanziamento. Nonostante questo, dal primo ottobre 2022 entrano in vigore le nuove disposizioni che riguardano le mascherine. Ecco dove non sarà più obbligatorio indossarle e dove, invece, andranno ancora indossate.

Dal 1° ottobre stop mascherine su mezzi pubblici

La maggior parte delle restrizioni adottate in periodo emergenziale sono ormai cadute, restava qualche baluardo come la mascherina obbligatoria in alcune situazioni a elevato rischio di contagio e in particolare sui mezzi pubblici di trasporto (bus, metro e treno), negli ospedali e nelle RSA.  Dal primo ottobre però cambiano le regole, infatti sui mezzi di trasporto pubblici, l’uso delle mascherine sarà solo raccomandato, mentre è annunciata la proroga dell’obbligo in ospedali e nelle RSA. Questo anche a causa delle risalita dei contagi sebbene la stessa non stia per ora provocando problemi negli ospedali.

La successiva tappa sarà il 31 ottobre quando scadrà l’obbligo sui luoghi di lavoro di indossare la mascherina (al chiuso) nelle situazioni a rischio, cioè nel caso in cui non sia possibile gestire il distanziamento.

Occorre sottolineare che, nonostante la risalita del numero dei contagi, non sembrano esservi ripercussioni sulle strutture sanitarie, segno che il virus sta perdendo potenza. In base a quanto emerge, i ricoveri con Covid nella maggior parte dei casi non riguardano pazienti con problemi respiratori, ma ricoverati per altri motivi, e che sono risultati positivi al tampone di verifica. Ancora si registra il calo dei ricoverati in terapia intensiva.

Obbligo vaccinale

Nonostante questo vi sono persone preoccupate, come l’epidemiologo Bassetti che sottolinea lo scarso successo delle quarte dosi dei vaccini. Di sicuro con il prossimo governo ci sarà un deciso cambio di rotta anche perché già negli anni dell’emergenza Fratelli d’Italia aveva mostrato contrarietà all’obbligo vaccinale e a misure troppo restrittive che rischiavano di mettere in difficoltà l’economia del Paese. Attualmente l’obbligo vaccinale permane fino al 31 dicembre 2022 per il personale sanitario.

Cartelle esattoriali: allo studio il maxi condono fiscale. Le ipotesi

Iniziano a trapelare le prime informazioni su quelli che saranno i primi provvedimenti del prossimo governo. Tra le promesse elettorali c’era la pace fiscale e proprio in merito a questa ci sono le prime indiscrezioni. Vediamo cosa potrebbe profilarsi.

Le ipotesi di maxi condono fiscale

Ad annunciare la sanatoria, o condono fiscale, è stato Maurizio Leo, responsabile economico di Fratelli d’Italia. Non c’è una sola ipotesi in ballo, ma diverse, cercheremo quindi di delinerare i tratti delle varie possibilità.

Già nei giorni passati avevamo parlato di una rottamazione quater, ma ora iniziano a delinearsi meglio i dettagli.

La prima ipotesi in circolo riguarda i debiti fiscali inferiori a 1.000 euro che potrebbero essere cancellati, ecco perché si parla di stralcio.

La seconda ipotesi possibile è uno stralcio al 20% delle cartelle esattoriali di importo compreso tra 1.000 e 3.500 euro. In particolare il contribuente dovrebbe pagare solo il 20% del debito fiscale, mentre l’80% dovrebbe essere condonato. Da quanto trapela questi importi dovrebbero essere pagati in breve tempo, senza rateizzazioni, dovrebbero quindi consentire di fare cassa.

Sanzioni ridotte per le cartelle esattoriali superiori a 3.500 euro

Per le cartelle di importo superiore a 3.500 euro invece sarebbe previsto un mini condono, cioè l’applicazione all’importo iniziale di una maggiorazione solo del 5% senza ulteriori sanzioni. In questo caso verrebbe applicata in automatico una rateizzazione degli importi in 10 anni.

Secondo le indicazioni di Maurizio Leo, si tratterebbe di misure una tantum finanziate con l’extra gettito fiscale derivante dal caro bollette. Precisa però il responsabile economico di Fratelli d’Italia che per definire meglio il condono fiscale è necessario attendere il NADEF, la nota di aggiornamento al DEF ( Documento Economico Finanziario). Dalle prime indiscrezioni,  sembra sia disponibile un tesoretto da 20 miliardi, di questi 10 dovrebbero andare al contrasto dei rincari delle bollette.

Non è ancora nota la portata di questi provvedimenti che ad ora sono solo ipotesi, infatti non è stato delineato l’arco temporale interessato e se nel maxi condono fiscale o rottamazione quater dovrebbero rientrare anche le cartelle esattoriali che sono state oggetto di rottamazione ter e saldo e stralcio da cui i contribuenti sono decaduti per non aver rispettato i termini.

L’obiettivo del maxi condono fiscale sarebbe migliorare i rapporti tra fisco e contribuenti aprendo una nuova era caratterizzata dalla reciproca fiducia.

Per quanto riguarda i tempi, ricordiamo che solo il 13 ottobre vi sarà la prima seduta del Parlamento, stringendo al massimo i tempi, il 15 potrebbe esservi la designazione dei presidenti di Camera e Senato e subito dopo la convocazione del potenziale Presidente del Consiglio. La formazione del governo potrebbe però essere più difficile del previsto visto i primi screzi che sembrano esservi con la Lega.

Superbonus 110%: quali benefici ha portato all’economia del Paese?

Il Superbonus 110% è ormai attivo da oltre due anni. Nel frattempo tante precisazioni normative e cambiamenti, ma di fatto sono molti a ritenere che non si sia trattato solo di un costo, ma di un volano per l’economia del Paese. Ecco i dati più rilevanti.

Bonus 110%: tra i benefici l’aumento del Pil

Il superbonus 110% è la misura che consente di realizzare lavori trainanti e lavori trainati usufruendo di detrazioni fiscali fino al 110% oppure cedendo il proprio credito alle imprese e agli istituti di intermediazione bancaria. Ricordiamo a questo proposito che le regole per la cessione sono diventate man mano più rigide al punto che molti istituti di intermediazione, per evitare di ricadere in responsabilità gravi, chiedono in video per l’asseverazione dei lavori.

Presupposto per poter ottenere il Superbonus 110% è il recupero di almeno due classi energetiche. Il costo in detrazioni speso dallo Stato fino ad ora è di 38,7 miliardi di euro, ma secondo i dati Nomisma, questo esborso avrebbe anche permesso di recuperare un valore economico di 124,8 miliardi di euro, pari a 7,5% del Pil nazionale.

Benefici del Superbonus: riduzione dell’inquinamento

Dai dati emerge anche che gli interventi realizzati hanno consentito una riduzione di 979mila tonnellate di CO2, pari ad un risparmio di CO2 del 46,4%. Il 50% delle installazioni di pannelli fotovoltaici ha riguardato proprio interventi con il Superbonus 110%. La produzione di kW riferibile a questi interventi è di 106 milioni annui e si conta con i cantieri aperti di raggiungere ulteriori 37 milioni.

Leggi anche: Superbonus: si può avere per l’installazione di sistemi di accumulo per fotovoltaico?

Occupazione e recupero urbanistico nelle periferie degradate

Il Superbonus 110% ha portato benefici anche ai livelli di occupazione, infatti ha generato 634 mila occupati. L’intervento ha favorito non solo famiglie con reddito alto, ma ben 438 mila famiglie con reddito medio-basso, cioè inferiore a 1.800 euro mensili.

Secondo il Consiglio Nazionale degli Ingegneri un altro elemento positivo del Superbonus è dato dal fatto che ha consentito di rinnovare il parco edile italiano che in larga parte è stato costruito prima del 1977 e che ha dispersioni termiche notevoli. In questa direzione va anche l’Unione Europea che ha intenzione di obbligare i singoli Paesi Membri ad adottare misure simili.

Deve, infine, aggiungersi che il Superbonus ha contribuito al recupero del patrimonio edilizio di periferia, in molti casi gli interventi hanno riguardato edifici fatiscenti e datati dove eseguire lavori era impensabile, ad esempio anche gli IACP. Il recupero del patrimonio edile ha consentito anche un notevole risparmio di suolo visto che si sono evitate nuove costruzioni.

Sono aumentati gli introiti nelle casse comunali al seguito del pagamento di diritti di segreteria per Cilas, Scia, Permesso a costruire.