Vendita casa all’asta? Si può evitare con la vendita diretta del bene pignorato

Può purtroppo capitare di accumulare nel tempo dei debiti e di conseguenza il creditore può iniziare una procedura esecutiva su un immobile. La procedura esecutiva generalmente ha come obiettivo quello di ristorare il creditore e può quindi succedere, e in realtà succede quasi sempre, che la vendita del bene all’asta avvenga per un prezzo inferiore al valore del bene. Questo per il soggetto sottoposto a pignoramento può tramutarsi in un grave danno economico. Per evitare questo il decreto legislativo 149 del 2022 ha previsto la possibilità di vendita diretta del bene pignorato. Ecco come funziona.

Vendita di casa all’asta: richiedi la vendita diretta del bene pignorato

La vendita forzata di un bene è una procedura straordinaria a tutela di coloro che sono in possesso di un titolo esecutivo, può trattarsi di una sentenza oppure provvedimenti ed altri atti a cui la legge attribuisce efficacia esecutiva. Generalmente si provvede alla vendita all’asta con prezzo base fissato. Si deve precisare che quando un soggetto richiede tale tipologia di atto, ad esempio nel caso in cui una banca  titolare di un contratto di mutuo con iscrizione di ipoteca su un immobile chieda la vendita, arrivato al momento dell’esecuzione forzata si tende a tutelare solo tali interessi. L’immobile non viene venduto tenendo in considerazione il suo valore, ma tenendo in considerazione il credito vantato. Questo anche perché la legge non ammette l’ingiusto arricchimento e di conseguenza, se anche dalla vendita dovessero emergere somme maggiori rispetto al credito vantato, le stesse dovrebbero comunque essere restituite al proprietario.

Naturalmente per il proprietario del bene sottoposto a ipoteca e venduto all’asta viene economicamente danneggiato da tale atteggiamento. Per evitare questa distorsione si è quindi provveduto a una modifica delle norme che disciplinano la vendita di un bene pignorato. In particolare il decreto legislativo 149 del 2022 prevede la possibilità per il debitore di richiedere con istanza, non oltre dieci giorni prima dell’udienza prevista dall’articolo 569 del c.p.c (udienza di comparizione), il provvedimento di autorizzazione alla vendita diretta del bene per un prezzo non inferiore al valore indicato nella relazione di stima.

Posticipato lo sgombero dell’immobile pignorato, ma in quali casi?

Non è questa l’unica novità, infatti vi sono importanti tutele per il debitore anche in relazione allo sgombero dell’immobile sul quale si procede all’esecuzione forzata. In primo luogo se il debitore/esecutato e il suo nucleo familiare non abitano nell’immobile oggetto di vendita forzata, deve sgomberarlo nel momento in cui è pronunciata l’ordinanza di autorizzazione alla vendita o sono autorizzate le operazioni di vendita. La stessa norma si applica nel caso in cui l’immobile sia occupato da altro soggetto che non abbia titolo per restarvi.

Nel caso in cui l’immobile sia invece abitato dall’esecutato e/o dal suo nucleo familiare lo sgombero può avvenire anche in un secondo momento, in particolare quello dell’aggiudicazione del bene, cioè quando c’è il decreto di trasferimento della proprietà del bene.

Limiti al posticipo dello sgombero del bene

Occorre però ricordare che lo sgombero non può essere posticipato nel caso in cui sia necessario al fine di consentire le attività degli ausiliari del giudice oppure nel caso in cui l’immobile debba essere visitato da potenziali acquirenti. Il giudice può disporre lo sgombero dell’immobile anche nel caso in cui il debitore abbia omesso la manutenzione dell’immobile o in violazione di altri obblighi.

Leggi anche: Acquisto casa all’asta, tutte le novità del Fisco per il 2023

Stralcio delle mini cartelle, tregua fiscale e non solo

.Stralcio delle mini cartelle, tregua fiscale e non solo sono contenuti all’interno della circolare pubblicata dall’Agenzia delle entrate, eccone i dettagli.

Stralcio delle mini cartelle e tregua fiscale, il contenuto della circolare

L’Agenzia delle entrate con la circolare n.2 del 27 Gennaio 2023, ha definito quelle che sono le linee guida per i contribuenti che intendo beneficiare delle misure di tregua fiscale previste dall’ultima legge di bilancio (legge n. 197 del 2022). In particolare il documento contiene le indicazioni per sistemare le irregolarità formali relative a imposte sui redditi, Irap ed Iva commesse fino al 31 ottobre 2022. Ma anche il “ravvedimento speciale”è previsto per la violazione sulle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta 2021, la definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento.

Il documento contiene le indicazioni per lo stralcio delle mini cartelle con debiti minori di mille euro affidati all’Agenzia riscossione. Debiti che riguardano il periodo dal 2000 al 2015 e sulla definizione agevolata dei carichi affidati dal primo gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Inoltre spazio alle indicazioni sulle misure in materia di contenzioso pendente dovuto a controversi tributarie innanzi alle Corti di giustizia tributaria.

Come regolarizzare le irregolarità e nuovo ravvedimento speciale

Secondo la circolare la regolarizzazione avviene secondo il versamento di una somma di 200 euro per ciascun periodo d’imposta cui si riferiscono le violazioni. Il versamento si esegue in due rate di 100 euro ciascuna. La prima è entro il 31 marzo 2023 e la seconda entro il 31 marzo 2024.

Il ravvedimento operoso speciale permette di regolarizzare le violazioni concernenti le dichiarazioni presentate nel periodo d’imposta al 31 dicembre 2021 e nei periodi precedenti. Questa agevolazione permette ai contribuenti di versare un importo pari a un diciottesimo del minimo edittale delle sanzioni previsto dalla legge. Oltre al versamento del’imposta e agli interessi dovuti. Entro il 31 marzo 2023 si effettua il pagamento dell’intero importo oppure della prima rata nel caso di pagamento rateale. Sempre entro il 31 marzo andranno rimosse le irregolarità e le omissioni oggetto del ravvedimento

Stralcio delle mini cartelle e omessi pagamenti

Previsto lo stralcio delle mini cartelle per debiti fino a mille euro affidati all’Agenzia delle entrate Riscossione. Dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 e dal primo gennaio 2000 al 30 giugno 2022 per la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione.

La procedura di regolarizzazione si applica agli importi, anche rateali, relativi alle conciliazioni scaduti al 1° gennaio 2023. E per i quali non sono stati ancora notificati la cartella di pagamento oppure l’atto di intimazione. Tramite questa procedura è possibile pagare anche le rate non ancora versate per precedenti piani di rientro accordati.

In merito alla controversie tributarie  la circolare specifica che possono essere definite non soltanto le controversie instaurate avverso atti di natura impositiva, quali gli avvisi di accertamento e atti di irrogazione delle sanzioni, ma anche quelle inerenti atti meramente riscossivi. La definizione agevolata si perfeziona con la presentazione di una domanda di definizione e con il pagamento eseguito, entro il 30 giugno 2023, dell’integrale importo dovuto per ciascuna controversia autonoma.

Infine è esclusa la possibilità di fruire della compensazione prevista dall’articolo 17 del d.lgs. n. 241 del 1997. Nel caso in cui gli importi dovuti superino euro 1.000 è ammesso il pagamento rateale. Un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo, da versare, entro il 30 giugno, 30 settembre, 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno.

 

 

Pensione a 70 anni: l’ultima novità del Governo

Il tema pensioni è tra i più caldi da sempre perché arrivare all’agognato traguardo del riposo dal lavoro è interesse di molte persone. Il Governo ha annunciato di voler mettere mano a una riforma strutturale del sistema pensionistico in modo da superare la legge Fornero ed evitare tutti gli scivoli pensionistici. Tra le ipotesi che stanno circolando vi è anche la pensione a 70 anni, ma per quali lavoratori? Ecco una delle proposte.

Perché è difficile scrivere la riforma delle pensioni?

Quando si tratta di pensioni l’interesse delle persone è sempre molto alto. Il Governo intende superare la Legge Fornero, ma deve fare i conti con ostacoli di tipo economico. Dai calcoli dell’Inps emerge che attualmente il rapporto tra lavoratori e pensionati è di 1,4, nel 2029 scenderà a 1,3, continuando di questo passo nel 2050 arriverà a 1. Per avere conti stabili il rapporto dovrebbe essere a 1,5, cioè per ogni 1,5 lavoratori vi dovrebbe essere un pensionato. Siamo quindi già fuori nonostante, anche se può sembrare cinico dirlo, l’emergenza Covid abbia aiutato l’Inps ha tenere sotto controllo i conti.

Le ipotesi allo studio per la riforma delle pensioni parlano di una Quota 41, cioè possibilità di andare in pensione dopo aver maturato 41 anni di contributi senza alcun riferimento all’età anagrafica. L’Inps rende però noto che è necessario pensare anche ai giovani che hanno rapporti di lavoro discontinui e rischiano di non arrivare mai alla pensione.

Pensione a 70 anni: i lavoratori coinvolti

Proprio per questo motivo il Governo sta pensando a diversificare le ipotesi e quindi prevedere il pensionamento a 70 anni per gli statali. Naturalmente attraverso degli incentivi economici che stimolino i lavoratori a restare ancora in attività. Tra le proposte vi è anche innalzare l’età del pensionamento per i medici a 72 anni. Sembra che l’obiettivo non sia solo ridurre l’impatto economico sul sistema pensionistico, ma anche evitare buchi nel personale addetto alla sanità e al pubblico impiego.

La proposta in oggetto è parte di un emendamento al decreto Milleproroghe che deve essere convertito nelle prossime settimane ed è a firma dell’onorevole Domenico Matera di Fratelli d’Italia. In base a quanto contenuto nell’emendamento tale opzione sarebbe esercitabile dai dipendenti che hanno compiuto 67 anni di età e quindi hanno il requisito anagrafico per andare in pensione con la legge Fornero (tutt’ora in vigore), ma non hanno raggiunto i 36 anni di anzianità contributiva. In base alle disposizione il pensionamento a 70 anni dovrebbe essere richiesto dal lavoratore, ma l’Amministrazione Pubblica interessata può rifiutare tale proposta.

Naturalmente i sindacati sono scettici su tale proposta e il tavolo delle trattative è aperto.

Leggi anche: Bonus 10% per chi rimanda la pensione: a quanto ammonta davvero al netto delle tasse?

Manutenzione della caldaia, cosa succede se non si fa?

La manutenzione della caldaia negli appartamenti è un obbligo molto importante da assolvere. Ecco quindi chi deve farlo, e cosa succede se si dimentica.

Manutenzione della caldaia, perché è importante?

La caldaia di casa è un elemento fondamentale per il giusto riscaldamento degli ambienti. Utilizzando gas e luce ha bisogno sempre di essere sottoposta a manutenzione, almeno una volta all’anno da un tecnico esperto. Quest’ultimo controllerà i fumi ed il corretto funzionamento per evitare dei danni, anche irrimediabili come lo scoppio. Sono molti i casi di cronaca che raccontano di persone che hanno perso la vita per questo motivo.

La manutenzione ordinaria spetta al proprietario quando esso stesso vive nell’immobile di sua proprietà. La manutenzione è annuale a partire dall’anno dopo alla sua istallazione. Se l’unità non fa parte di un condominio con sistema di riscaldamento centralizzato, in quest’ultimo caso se ne deve occupare l’amministratore con lo specialista di fiducia con cui di solito ha stipulato con contratto annuale. I costi rientrano tra le spese a carico dei proprietari immobiliari e sono ripartiti in base alla scala millesimale.

Manutenzione della caldaia, cosa succede se l’immobile è in locazione?

Se l’immobile è dato in locazione con contratto regolarmente registrato presso l’Agenzia delle entrate le cose sono diverse. Infatti la manutenzione ordinaria della caldaia spetta all’inquilino. Quest’ultimo deve occuparsi di controlli periodici, quindi della pulizia della caldaia, il controllo dei fumi e la sostituzione dei componenti usurati. Queste operazioni devono essere fatte dall’inquilino proprio perché è lui utilizza l’elettrodomestico.

Il proprietario però deve rispondere di interventi di manutenzione straordinaria della sostituzione della caldaia, dell’istallazione ed il collaudo. In ogni caso deve tenere e conservare il libretto di impianto. Questo contiene tutti i dati, colui che ha effettuato i controlli, anche se annuali, e le caratteristiche in toto, comprese le eventuali sostituzione dei pezzi.

Cosa succede se non si eseguono questi controlli?

La mancata compilazione del libretto comporta una multa da 500 a 600 euro per il soggetto responsabile della manutenzione. Mentre se  non viene effettuata la manutenzione la sanzione va da 50 a 3000 euro. In particolare è meglio avvisare che è possibile fare dei controlli a campione preceduti dalla ricezione di un avviso di ispezione con anticipo di almeno due settimane. Si ricorda inoltre che le tempistiche in merito al controllo dei fumi sono ogni:

  • 2 anni per le caldaie a combustibile liquido o solido e potenza compresa fra 10 e 100 kW.
  • ogni anno per le caldaie con potenza superiore a 100 kW.
  • 4 anni per le caldaie a gas, metano o gpl e potenza compresa fra 10 e 100 kW.
  • Ogni anno per le caldaie a gas, metano o gpl e potenza superiore a 100 kW.

Il controllo periodo è quindi non solo un obbligo di legge, ma anche un importante passo ai fini della salute e sicurezza propria e delle abitazioni e persone vicine.

Risarcimento blocco Libero mail e Virgilio mail: come fare?

Nei giorni scorsi molti utenti con indirizzo di posta elettronica Libero mail e Virgilio mail hanno avuto difficoltà in quanto per problemi tecnici è stato impossibile l’accesso. Molte le critiche per questa sospensione improvvisa a cui Italiaonline, società che gestisce i due domini di posta elettronica, non ha dato immediata risposta lasciando gli utenti senza informazioni per molte ore. Ora si profila la possibilità per gli utenti di richiedere un risarcimento danni, ma quali sono i termini per poterlo fare? Ecco qualche delucidazione.

Perché le caselle di posta elettronica di Virgilio e Libero erano fuori uso?

La prima cosa da dire è che ci sono numerose associazioni dei consumatori che stanno provvedendo a fornire consulenza a tutti coloro che ritengono di essere danneggiati dal blocco delle caselle di posta elettronica. Nel frattempo Italiaonline ha provveduto a rendere noto che non si è verificata alcuna violazione dei dati personali e di conseguenza, almeno da questo punto di vista, gli utenti possono stare sereni. Il guasto è stato dovuto a un aggiornamento che ha generato un bug del sistema operativo che ha compromesso il sistema operativo delle caselle di posta elettronica.

Come fare per ottenere il risarcimento?

A dare le prime indicazioni sulla procedura da eseguire per ottenere il risarcimento dei danni dovuto al mancato funzionamento della casella di posta elettronica, è Altroconsumo. L’associazione a tutela dei consumatori consiglia di inoltrare un reclamo a Italiaonline in cui si richiede:

  • il ripristino immediato della funzionalità della casella di posta elettronica;
  • la garanzia che siano state attivate tutte le misure necessarie per evitare la violazione della privacy e quindi la diffusione dei dati personali;
  • un ristoro che la mancata possibilità di accesso alla propria casella di posta elettronica.

Secondo i consigli di Altroconsumo, la diffida per conoscenza deve essere inviata anche all’AgCom.

Altroconsumo rende noto che il ristoro può essere richiesto sia dai clienti business che usano l’indirizzo di posta elettronica per lavoro, sia dai clienti privati che comunque hanno bisogno di accedere a comunicazioni ufficiali, ad esempio da parte del datore di lavoro. Il fatto che per i clienti privati la posta elettronica sia un servizio gratuito non costituirebbe, secondo la nota associazione dei consumatori, un ostacolo all’ottenimento del ristoro.

Le indicazioni per ottenere il risarcimento di Codacons

L’associazione Codacons mostra le stesse perplessità e in particolare sottolinea che il black out di Vigilio Mail e Libero Mail durato quasi 3 giorni ha causato ripercussioni e problemi tecnici agli utenti a cui si aggiungono problemi organizzativi a livello personale e lavorativo.

Occorre sottolineare che ad oggi tutti hanno almeno un indirizzo di posta elettronica e tramite la stessa si gestiscono numerosi rapporti interpersonali e lavorativi, diventa infatti un mezzo di scambio di informazioni e documenti che tradizionalmente passavano attraverso la posta cartacea e che ora possono avere il vantaggio dell’immediatezza dovuto alla posta elettronica. Proprio per questo chi è abituato a scambi quotidiani di corrispondenza ha avuto ripercussioni anche di tipo economico dovute al rallentamento del lavoro.

Anche attraverso Codacons è possibile prendere parte alla class action.

Carta della Cultura: via libera del Garante della Privacy

La Legge di Bilancio 2023 ha portato molte novità e tra queste un radicale cambio per la disciplina del Bonus Cultura riservato ai diciottenni, sostituito con due strumenti: la Carta della Cultura e la Carta del Merito. A quasi un mese dall’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2023 il Garante per la Privacy ha dato il via libera a questi due strumenti. Ecco cosa prevedono.

Carta della Cultura: di cosa si tratta?

Il bonus cultura fino a un anno fa era erogato indistintamente a tutti i diciottenni, l’importo era 500 euro e consentiva l’acquisto di una moltitudine di prodotti afferenti il mondo della cultura, ad esempio anche biglietti per i concerti. Con l’arrivo del Governo Meloni si è ritenuto necessario procedere a una modifica della disciplina legata a merito e reddito.

La Carta della Cultura ha presupposti totalmente diversi rispetto alla 18App, sebbene per la gestione sarà utilizzata la stessa App. Si tratta di una misura volta a fronteggiare la povertà educativa legata a condizioni economiche svantaggiate. Si legge nel provvedimento che trattasi di uno strumento volto a promuovere la diffusione della lettura. A differenza della carta 18App non viene rilasciata al compimento del diciottesimo anno di età, non vi sono requisiti anagrafici, ma è rilasciata a cittadini italiani e stranieri residenti in Italia con Isee inferiore a 35.000 euro.

Nel provvedimento adottato dal Garante della Privacy si legge: La Carta della Cultura di cui al comma 1 dell’articolo 6, legge 15 del 2020 è una carta elettronica di importo nominale pari a euro 100, utilizzabile dal titolare, entro un anno dal suo rilascio, nei pagamenti per l’acquisto di libri, anche digitali, muniti di codice ISBN.

Nel provvedimento adottato viene sottolineato che la carta della Cultura è gestita esclusivamente attraverso la piattaforma 18App e prevede la possibilità di usufruire dei servizi tramite commercianti abilitati tramite identità digitale.

Gli esercenti già iscritti possono richiedere la cancellazione dall’elenco.

Tutela del dati personali nella Carta della Cultura

Si sottolinea che gli unici dati personali da inserire sono il codice fiscale del richiedenti e i dati del nucleo familiare al fine di determinare l’Isee. Gli stessi dati devono essere trattati con le specifiche tecniche previste in apposito provvedimento. Di conseguenza la misura così, come delineata nel decreto attuativo, rispetta tutte le specifiche volte a tutelare la privacy.

La Carta della Cultura può essere richiesta tramite App IO.

Leggi anche: App IO: cos’è, come scaricarla e quali servizi sono accessibili?

Il via libera del Garante della Privacy implica che a breve gli aventi diritto potranno richiedere il Bonus Cultura in quanto sono ormai stabilite tutte le norme di dettaglio.

Ricordiamo infine che la Carta del Merito sarà erogata esclusivamente a coloro che nell’ambito dell’esame di maturità conseguiranno una votazione di 100/100.

Inflazione: misure contro il caro prezzi saranno confermate

Il ministro Giorgetti, nel corso dell’appuntamento con Telefisco, organizzato da Il Sole24Ore, ha confermato che entro il mese di aprile arriverà una nuova proroga delle misure contro il caro prezzi.

Proroga delle misure contro il caro-prezzi

Famiglie e imprese possono tirare un sospiro di sollievo, infatti il ministro Giorgetti ha confermato che si sta lavorando a nuove misure volte a contrastare gli effetti del caro-prezzi in modo da mitigarne gli effetti. Sappiamo che gli ultimi mesi sono stati difficili a causa di un netto aumento dei prezzi, contemporaneamente le misure di adeguamento dei salari sono state pressoché inutili o comunque blande e di conseguenza sono numerose le famiglie e le imprese in difficoltà.

Nel corso dell’anno 2022 il Governo ha provveduto a numerosi interventi volti soprattutto a mitigare gli effetti dei rincari dei prezzi legati al settore energetico (gas, elettricità, carburanti). Con il Governo Meloni vi è stato però un primo cambio di direzione, infatti è venuto meno il taglio delle accise sui carburanti, sono state introdotte le accise mobili, si è proseguito sulla strada dei crediti di imposta riconosciuti alle imprese per i costi del settore energia, è stato confermato il bonus energia.

Ora, in base alle dichiarazioni del ministro Giorgetti ci sarà un ulteriore cambio di direzione. Ha affermato durante la partecipazione a Telefisco che le misure finora adottate sono state una risposta a un’emergenza, ma che nei prossimi provvedimenti si cercherà di andare oltre la gestione emergenziale. In particolare, visto l’andamento dei prezzi dell’energia che sembra aver preso la strada in discesa, potrebbero esservi degli interventi in grado di dare aiuti che siano flessibili cioè in grado di adeguarsi in modo immediato e automatico all’andamento dei prezzi. In base a quanto affermato si sta pensando anche a una misura omogenea nell’ambito dell’Unione Europea.

Leggi anche: Riforma fiscale: pronta la nuova bozza. Ecco cosa contiene

Revisione dell’Ires

Tali dichiarazioni potrebbero essere correlate a quelle rilasciate nell’ambito del Forum dei Commercialisti e degli Esperti Contabili rilasciate dal viceministro all’economia Maurizio Leo il quale ha ribadito che nei primi giorni di marzo sarà pronta la legge di delega per la riforma fiscale e che questa prevederà una revisione proprio delle accise.

Dalle dichiarazioni emerge anche la volontà di rivedere l’Ires con l’obiettivo di attrarre investimenti esteri. La riforma dell’Ires punterà all’allineamento tra gli utili civilistici e la base imponibile dell’Ires.

Durante l’appuntamento con il Telefisco il ministro Giorgetti ha sottolineato che si sta lavorando a un pacchetto di misure orientato ad aiutare soprattutto le famiglie che si dimostrano più virtuose.

Non è mancato un riferimento al Pnrr considerato un importante strumento che necessita però di uno snellimento delle procedure al fine di ottimizzare i risultati.

Pellet 2023, rimane ancora tra le migliori scelte dei consumatori

Il pellet 2023 continua ad essere tra le migliori scelte effettuate dai consumatori per riscaldare la propria casa, ed ecco anche i perché che riguarda più aspetti.

Il pellet 2023,  analisi del costo

Il prezzo del pellet nel 2023 dovrebbe scendere. Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una crescita esponenziale del suo prezzo. Un sacco di 15 Kg è passato da un costo di 5-6 euro da un costo di circa 13-15 euro. Una situazione insostenibile soprattutto dall’inizio dell’autunno dello scorso anno. I motivi sono stati vari, l’aumento del costo del gas che ha fatto aumentare decisamente la richiesta di stufe a pellet e combustibile. Non solo, il blocco navale con le difficoltà di approvvigionamento per colpa della guerra tra Russia ed Ucraina. Per cui il pellet è riuscito a toccare delle cifre elevati, quasi da dubitare se fosse davvero cos conveniente rispetto al classico metano di casa.

Ma quest’anno le cose dovrebbero cambiare. A dire il vero già ci sono i primi segni. Tutti i rivenditori hanno potuto riempire i magazzini e la concorrenza sul prezzo si è attivata. Inoltre nella legge di bilancio 2023 è stata inserita una norma che prevede la riduzione dell’Iva sul pellet dal 22% al 10& nel primo trimestre del 2023, quindi fino a marzo.

Pellet 2023, una sicura scelta ecologica

E’ invece certo che l’utilizzo del pellet è una scelta che rispetta l’ambiente. Com’è noto il combustibile si ottiene dalla pressatura degli scarti che derivano dalla lavorazione del legno, perciò la produzione del pellet è del tutto ecologica. Ma anche ad impatto zero sulla deforestazione perché non ha bisogno dell’abbattimento di altri alberi per essere prodotto. E’ un prodotto naturale, quindi, anche quando si brucia non inquina l’aria e rispetta l’ambiente.

Anche perché rispetto al classico pezzo di legno, risulta essere migliore dal punto di vista della capacità di riscaldamento. Nel bruciare si consuma tutto, lascia molti meno residui e quindi ne giova anche al canna fumaria che non deve essere sempre pulita. Rispetto a un ciocco di legno stagionato anche più di 18 mesi, notiamo che, laddove il pellet brucerà quasi al 100%, il legno stagionato trasformerà almeno il 10% della sua massa in residui da pulire.

Il problema dello spazio e della reperibilità

Quando si decide di riscaldare casa con la legna, occorre anche avere un grande spazio a disposizione per farne scorta. Nel garage o nella legnaia, sicuramente occorre dello spazio importante per accatastare la legna. E spesso sono occorre chiamare proprio le ditte specializzate che portano la legna necessaria direttamente fino a casa. Mentre il pellet è facile da acquistare in sacchi, e si reperisce con molta più facilità. Per tutti e due i combustibili è comunque importante tenerli a riparo dall’umidità. Per tutta questa serie di motivi, il pellet anche nel 2023 sarà la scelta più fatta dai consumatori, almeno secondo le previsioni.

Si va verso l’abolizione dell’Irap, tutte le novità

Si va verso l’abolizione dell’Irap, questa l’importante novità annunciata nel corso di Telefisco, appuntamento organizzato da Il Sole 24Ore.

Annunciata nel corso di Telefisco l’abolizione dell’Irap

L’Irap è l’imposta Regionale sulle Attività Produttive, si tratta di una delle imposte dovute dalle imprese e maggiormente odiata dai contribuenti. Le entrate che derivano da questa imposta sono prevalentemente utilizzate per il sostegno economico del Servizio Sanitario Nazionale e proprio questo è il maggiore ostacolo alla eliminazione dell’Irap.

Già con la Legge di Bilancio 2022 ( Legge 234 del 2021) si è provveduto a una riduzione importante dei soggetti passivi dell’imposta, con l’obiettivo dichiarato di arrivare all’eliminazione dell’imposta.

Leggi anche: Dal 2022 addio all’IRAP per 835.000 contribuenti. Chi sono?

Ora sembra essere arrivato il momento giusto, infatti, il Governo sta lavorando alla legge di delega della riforma fiscale, ha già annunciato nei giorni scorsi il desiderio di semplificare il sistema fiscale e ora nell’ambito dell’incontro Telefisco ha ulteriormente precisato l’ambito in cui si intende intervenire. Tra le misure previste vi è proprio l’abolizione dell’Irap a cui segue una revisione dell’Ires. Entrambe sono imposte che riguardano le imprese e che potrebbero dare impulso al settore andando anche a semplificare le incombenze con il relativo risparmio di spesa.

Non solo abolizione Irap: misure fiscali annunciate dal Governo Meloni

Nelle misure annunciate dal ministro dell’Economia e dal sottosegretario Maurizio Leo non vi è solo l’abolizione dell’Irap ma anche vi sono anche altre novità. Tra queste:

  • l’eliminazione delle scadenze di versamento previste per il mese di agosto con slittamento a settembre;
  • la previsione di scadenze trimestrali per i contribuenti minori;
  • l’eliminazione di tributi minori.

Equo compenso: arriva il Sì della Camera. Novità per i professionisti

Approvato dalla Camera dei Deputati il disegno di legge sull’equo compenso che mira a tutelare i liberi professionisti attraverso la previsione di un corrispettivo minimo per le prestazioni professionali.

Tavolo tecnico sull’equo compenso

Il disegno di legge sull’equo compenso era stato proposto nella precedente legislatura guidata da Mario Draghi. Alla fine del 2022 è stato riproposto in versione pressoché identica dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Calderone. In tale versione l’equo compenso ha ottenuto l’approvazione all’unanimità dalla Camera il 25 gennaio 2023. Ciò implica che vi è un largo consenso tra tutti i partiti rappresentati in Parlamento.

L’iter di approvazione della normativa sull’equo compenso ha previsto il coinvolgimento delle varie parti sociali, nel mese di novembre 2022 il ministro Calderone ha incontrato in un tavolo tecnico rappresentanze degli Ordini, delle Casse e dei Sindacati dei professionisti e quelle delle associazioni di professionisti non iscritti a Ordini e Collegi professionali. Oggetto dell’incontro è stata l’implementazione delle tutele in favore dei liberi professionisti, tra cui anche quelli non iscritti in albi professionali e che non hanno una cassa di previdenza autonoma ( iscritti alla Gestione Separata Inps). L’ambito della discussione non è rimasto sul fronte dell’equo compenso, ma ha avuto ad oggetto anche temi come previdenza, formazione e orientamento, proprio come previsto dal tavolo del lavoro per gli autonomi (legge 81 del 2017).

Cos’è l’equo compenso?

L’equo compenso può essere definito come il corrispettivo minimo e adeguato da versare a un professionista in cambio del lavoro svolto. Si tratta di una sorta di parallelo rispetto alla equa retribuzione che l’articolo 36 della Costituzione riconosce in favore dei lavoratori dipendenti. La previsione di un corrispettivo minimo risponde a diverse esigenze, da un lato si tratta di una tutela che mira ad evitare che in settori in cui vi è un’elevata concorrenza e competitività a causa della presenza di numerosi professionisti, come nelle professioni legali, si possa giocare al ribasso con il rischio di creare ampie fasce di povertà. Dall’altro lato l’equo compenso evita che si possano dichiarare per le prestazioni dei compensi irrisori al fine di frodare il fisco.

In base alla disciplina attualmente in corso di approvazione, l’equo compenso ha però un’applicazione limitata al caso in cui il committente sia un’impresa con almeno 50 dipendenti e 10 milioni di euro di fatturato annuo. Proprio a causa di tali limiti, il Presidente di Confcommercio ha dichiarato all’Ansa che ci sono comunque ampi margini di miglioramento per la disciplina in oggetto. Sulla stessa linea è il presidente dell’Adepp ( associazione degli enti previdenziali privati) che parla di asimmetrie da correggere soprattutto per quanto riguarda il dimensionamento aziendale.

Leggi anche:

Bonus lavoratori autonomi e professionisti anche a chi non ha partita Iva

Indennità Iscro 2023: chi potrà fruirne e quali termini rispettare?