Controllo del fisco su giacenza media e movimenti contro l’evasione fiscale

Caccia ai redditi nascosti da parte dell’Agenzia delle Entrate, ad essere tenuti d’occhio sono i movimenti del conto corrente, ma anche libretti di risparmio e investimenti. Si potenzia così la lotta all’evasione fiscale.

Evasione fiscale

L’evasione fiscale è uno dei problemi che l’Italia proprio non riesce a risolvere e, sebbene la pandemia abbia fatto capire a tanti che occultare dei redditi può creare difficoltà nel momento del bisogno (molti aiuti elargiti in questi due anni hanno in considerazione come punto di riferimento i redditi prodotti nel 2019 e le perdite maturate nei mesi successivi, ma se nel 2019 c’erano redditi occultati risulta difficile dimostrare la perdita o la riduzione di reddito disponibile), le cose comunque non sono cambiate. L’Agenzia delle Entrate quindi ci riprova con controlli pesanti sui conti degli italiani e, vista l’invasività dei controlli, ha prima chiesto, e ottenuto, l’autorizzazione del Garante della Privacy.

Controlli attraverso incrocio di banche dati

L’Agenzia nella circolare ha sottolineato che i controlli saranno effettuati incrociando i dati delle diverse banche dati e con l’uso di algoritmi con elevata capacità di incrociare numerosi dati. Saranno creati due database, il primo conterrà l’elenco delle persone da tenere sotto controllo, questo database avrà il nome di “analisi”. Il secondo database è frutto di un’ulteriore scrematura dei dati del primo database, sarà chiamato “controlli” e coloro che entreranno in esso saranno molto probabilmente sottoposti ad accertamenti e dovranno quindi giustificare entrate ed uscite.

I parametri che saranno tenuti in considerazione per attenzionare i contribuenti saranno diversi:

  • in primo luogo sarà tenuta in considerazione la giacenza media di conti corrente e libretti di risparmio;
  • saranno attenzionate entrate ed uscite, ad esempio se un contribuente preleva poco, non preleva e non usa il denaro su conti e carte prepagate, molto probabilmente ha entrate in nero con cui sostiene le spese quotidiane;
  • naturalmente si avrà riguardo anche per la fonte da cui arrivano i soldi, cioè chi effettua il bonifico in favore del contribuente sottoposto ad attenzione.

Altri strumenti di lotta all’evasione fiscale

Ricordiamo che il limite ai pagamenti in contante è stato portato a 2.000 euro con il decreto Milleproroghe per il 2022 ciò solo per il 2022, dovrebbe ritornare a 1.000 euro nel 2023. Infine, le banche possono consentire prelievi in contanti anche di somme maggiori rispetto al limite all’uso del contante, ma per prelievi da 5.000 euro dovrà chiedere l’uso che deve essere fatto del denaro, naturalmente per iscritto.

Nella lotta all’evasione fiscale assume particolare rilevanza l’uso di strumenti elettronici di pagamento e la fatturazione elettronica che molto probabilmente nel 2022 sarà estesa anche a soggetti che in passato erano esclusi da tale obbligo. Si tratta dei soggetti in regime forfettario che possono ancora utilizzare la fatturazione cartacea tradizionale, ciò in attesa dei provvedimenti successivi.

Per conoscere l’iter che sta portando all’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica, leggi l’articolo: Fatturazione elettronica: novità in arrivo dal 2022 per i forfettari?

Obbligo fatturazione elettronica per i forfettari: ultime notizie

Ricordiamo che in caso di controlli, il contribuente può comunque dimostrare che non ci sono entrate in nero. Ad esempio un soggetto che preleva poco può dimostrare di vivere con un’altra persona, ad esempio convivente, coniuge o genitori che provvedono alle spese quotidiane.

Si sottolinea che nel momento in cui sono effettuati degli accertamenti, il contribuente può allegare documenti che dimostrano che non c’è evasione fiscale e nell’emettere il provvedimento finale l’amministrazione finanziaria deve utilizzare il metodo analitico per contestare la posizione del contribuente e le prove da questi fornite. Inoltre in una recente ordinanza della Corte di Cassazione è stato ribadito che tale onere spetta anche al giudice che non deve limitarsi a una motivazione sintetica che risulterebbe solo apparente.

Per maggiori informazioni sull’ordinanza della Corte di Cassazione, leggi l’articolo: Redditometro: il giudice non può limitarsi a una motivazione sintetica.

Banche russe fuori dal sistema Swift, le conseguenze della guerra

Banche russe fuori dal sistema Swift a seguito dell’attacco verso l’Ucraina. Ma quali sono le conseguenze e cosa vuol dire questa esclusione?

Banche russe, la finanza risponde alla guerra

I ministri delle finanze del G7 hanno risposto alle armi con un attacco finanziario. Se il Presidente Putin ha attaccatto l’Ucraina con le armi, l’Europa risponde colpendo le banche. Infatti le banche russe, ben sette, sono state estromesse dal circuito Swift. Ad oggi le banche escluse sono: VTB Bank, VEB.RF, Sovcombank, Novikom bank, Bank Rossiya e Bank Otkritie. Ma non si esclude che potrebbe essere inserita, a breve, la banca dell’Esercito russo.

Tuttavia sembra che per il momento sia stata esclusa dal provvedimento la Banca del gas russa Gazprombank. Questo fa si che ancora la Russia possa incassare i soldi italiani, e non solo, per la vendita del metano. Manca anche il maggior gruppo bancario russo, Sberbank. Ma sembra che l’Europa non voglia fermarsi qui. Mosca lavora ad un decreto per impedire agli imprenditori di lasciare la città con le sue aziende.

Cos’è il sistema di pagamento Swift?

La parola SWIFT è l’acronimo di Society for Worldwide Interbank Financial Telecomunication. E’ un sistema di pagamento di messaggistica veloce, sicuro ed accettato in tutto il mondo. Viene usato per i pagamenti di beni, servizi, prodotti energetici e materie prime. Si tratta quindi di un modo di far girare soldi in modo veloce in tutto il mondo. Ad oggi sono circa 11 mila tra aziende e istituzioni che uilizzano il sistema Swift.

Mentre ad essere scambiati sono circa 42 milioni i messaggi al giorno. Quindi volumi di compravendite, valute, ordini, vendite che fanno girare la testa. Ecco sette banche russe sono fuori da questo circuito, causando perdite senza precedenti sui mercati finanziari. Si ricorda anche la Borsa russa è chiusa e che la moneta si sta svalutando con una velocità incredibile.

Banche russe escluse e gli effetti sull’economia

Escludere le banche russe dal sistema Swift vuol dire tagliare dai mercati finanziari molte trattazioni economiche. Ma un duro colpo potrebbero avere proprio le imprese russe. Infatti molte di loro non potranno più trasferire all’estero, anche per semplici pagamenti, il denaro. Non solo non potranno inviarlo, ma non potranno neanche riceverlo.

Questo perché su Swift viaggiano i messeggi con le istruzioni necessarie per trasferire i fondi, non il denaro. Tutto avviene tramire il codice Swift, che non è altro che una stringa di numeri e lettere che consente di effettuare i pagamenti tramite banche di tutto il mondo. Tutte le banche e le istituzioni lo usano, per questo motivo è un provvedimento di grossissima portata e che colpisce l’economia russa.

 

 

Sistema Swift: cos’è, perché è importante e cosa comporta il blocco?

Negli ultimi giorni sentiamo spesso parlare di sistema Swift in relazione alle sanzioni comminate alla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina, ma cos’è esattamente il sistema Swift e perché è così importante?

Cos’è il codice SWIF e perché è importante?

Il codice Swift è una realtà quotidiana che riguarda ognuno di noi, ma fino a pochi giorni fa nessuno lo sapeva, oppure conosceva la sua esistenza senza però capirne utilità e funzionalità. Il termine Swift è acronimo di Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, si tratta di una società cooperativa nata nel 1973 e che è sottoposta al controllo della BCE, Federal Reserve e la Banca Centrale Belga e altri istituti centrali dislocati in varie parti del mondo.

L’obiettivo è consentire transazioni rapidissime a livello globale e questo perché la cooperativa è impegnata nel rendere tutte le transazioni sicure e rapide attraverso controlli telematici. Il fatto che sia sottoposta a controllo di banche centrali praticamente di tutto il mondo e che sia utilizzato da 10 mila aziende e istituti finanziari per le transazioni, rende il sistema SWIFT un nodo centrale nell’economia mondiale. Ordini, acquisti, pagamenti di soggetti privati o di aziende, e quindi anche con alti volumi, passano attraverso questo sistema.

Dove trovo il codice Swift della mia banca e quando devo usarlo?

Ad ogni banca che usa il sistema Swift viene assegnato un codice da 8 o 11 caratteri denominato appunto codice SWIFT, si tratta di un codice univoco che identifica la singola banca.

  • I primi 4 caratteri rappresentano il codice bancario;
  • i successivi 2 caratteri il Paese, ad esempio per l’italia IT;
  • seguono 2 lettere o due numeri che individuano la località;
  • gli ultimi 3 caratteri sono opzionali e individuano la filiale di riferimento, in alternativa a questi sono indicate XXX ed indicano uffici centrali della banca.

All’interno di un bonifico il codice Swift viene indicato solo per i pagamenti internazionali, si tratta di una sorta di IBAN che però opera a livello sovranazionale. Proprio il fatto che l’indicazione esplicita sia richiesta solo per queste tipologie di pagamento, fa in modo che generalmente le banche segnalino al cliente tra le coordinate bancarie solo il codice IBAN, mentre non segnalano il codice Swift, che potrà comunque essere richiesto alla propria filiale nel caso in cui dovesse essere necessario utilizzarlo.

Il blocco dello Swift delle banche russe sta creando problemi alla popolazione che quotidianamente effettua pagamenti, ma l’obiettivo non è questo, o almeno non è questo il principale. Tra i cambiamenti immediati c’è stata l’impossibilità di accedere ai pagamenti attraverso i sistemi Visa e Mastercard, quindi con i pagamenti digitali bloccati si ritorna all’uso prevalente del contante.

Perché il blocco del sistema Swift si utilizza come “arma di guerra”?

Tra le transazioni che passano attraverso il sistema Swift ci sono quelle per l’acquisto di gas dalla Russia da parte dell’Europa, ma non solo, anche da parte di tutti gli altri Paesi che sfruttano le risorse energetiche di questo Paese. Affari di diversa natura intercorrono invece con gli Stati Uniti. Ne consegue che escludere la Russia dai sistemi di pagamento vuol dire tagliare di netto la fornitura economica che alimenta le casse della Russia e consente di avere armi che saranno poi utilizzate contro l’Ucraina.

Non si tratta di una decisione senza conseguenze perché questo taglio, da un lato rischia di mettere in ginocchio la Russia, ma dall’altro mette in difficoltà i Paesi che non hanno autonomia energetica, tra cui l’Italia che sicuramente per un breve periodo può garantirsi una certa autosufficienza, ma nel tempo potrebbe avere notevoli difficoltà. L’Italia dipende dal gas russo per circa il 46% del fabbisogno. Dai dati resi noti dal Ministero della Transizione Ecologica emerge che nel 2020, l’Italia ha importato quasi 66,4 miliardi di metri cubi di gas naturale, di cui il 43,3% (pari a circa 28,6 miliardi di metri cubi) dalla Russia.

Al fine però di evitare il blocco del gas proveniente dalla Siberia, la Commissione UE al tavolo Coreper che riunisce gli ambasciatori dei 27 Paesi Membri dell’Unione Europea ha proposto di escludere dal blocco dei codici Swift quello di Gazprombank cioè la banca attraverso la quale l’ENI effettua le transazioni per l’approvvigionamento del gas.

Escludere la Russia del sistema Swift non vuol dire bloccare ogni flusso di denaro, ma semplicemente costringe il colosso ad adottare circuiti lenti per le sue transazioni.

I precedenti

Deve essere ricordato che non è l’unica volta in cui si è proceduto a questa tipologia di sanzione, infatti già nel 2012 si era provveduto all’esclusione dal sistema Swift dell’Iran. L’obiettivo in quel caso era fermare il programma nucleare. Da quella decisione derivò un notevole calo di PIL dovuto proprio a questa sanzione.

Rispetto al 2012 però qualcosa è cambiato, infatti, la Cina non si è schierata, ma da sempre esprime posizioni vicine alla Russia. Entrambe queste potenze avevano provato in passato a creare un sistema analogo, tentativo poi fallito a causa delle scarse adesioni, ma ora la Cina lavora in modo assiduo alla creazione di piattaforme digitali (yuan) e crypto asset che potrebbero essere rese disponibili alla Russia, superando così anche questo ostacolo. Rispetto al blocco all’Iran c’è anche un’altra differenza e cioè il livello di operazioni internazionali eseguite che per la Russia è molto più elevato e proprio a causa di questo fattore, oltre che al bisogno di gas, si è pensato non a un blocco totale, ma parziale con salvaguardia di alcuni istituti finanziari.

PayPal: commissioni sui conti dormienti e regole per protezione vendite

Entrerà in vigore il 6 maggio 2022 la modifica contrattuale di PayPal che applicherà commissioni sui conti dormienti. Di cosa si tratta e come funziona?

Cos’è PayPal

PayPal è probabilmente la piattaforma di pagamento digitale più conosciuta al mondo ed è molto utilizzata anche in Italia. Consente di disporre e ottenere pagamenti e fare acquisti online sicuri. Per aprire un conto PayPal non sono necessarie formalità, infatti basta avere una casella di posta elettronica e il gioco è fatto.

Non sono previste commissioni fisse, cioè non c’è un prelievo periodico dei fondi. Sono però applicate piccole commissioni ad alcune transizioni, in particolare quando si effettuano e si ricevono pagamenti. Ad esempio in caso di acquisti non ci sono commissioni sul conto PayPal. Proprio la sua versatilità ha portato molte persone ad aprire un conto senza poi utilizzarlo effettivamente. Naturalmente su tutti questi utenti non c’è alcun guadagno da parte di PayPal e quindi la società ha previsto dei cambiamenti. Gli stessi saranno attivi dal 6 maggio 2022. Il principale cambiamento è rappresentato dalle commissioni sui conti dormienti.

PayPal e le commissioni sui conti dormienti

Trattandosi di una modifica contrattuale unilaterale, affinché sia efficace è necessario che ne sia data comunicazione agli utenti entro 2 mesi dal momento in cui prende il via l’applicazione della nuova regola. Entro il 6 marzo molti riceveranno la comunicazione, altri già la stanno ricevendo. Cosa cambia per gli utenti?

Le nuove regole si applicano ai conti dormienti, cioè ai conti in cui nell’arco di un anno non sono state compiute operazioni, può trattarsi di un accredito, un pagamento, un acquisto, insomma un’operazione qualunque. Per costoro ci sarà una commissione di 10 euro. La modifica entra in vigore il 6 maggio 2022, ma i primi prelievi saranno effettuati ad ottobre 2022 per i venditori e ad ottobre 2023 per i conti personali. Per evitare questo addebito, in particolare per chi non solo ha un conto dormiente, ma nello stesso tiene solo pochi spicci, cosa frequente perché solitamente chi non lo usa, non lo carica e quindi si ritroverebbe in passivo, è necessario effettuare almeno un’operazione l’anno. In alternativa per chi non lo usa più, e non ha intenzione di ricominciare, potrebbe essere conveniente chiudere il conto prima del 6 maggio 2022 e quindi recedere dal contratto.

C’è da ricordare che chi non riceve la comunicazione entro il 6 marzo non dovrà temere nulla, infatti le modifiche contrattuali unilaterali, come ricordato già in precedenza, non sono valide se non comunicate almeno 60 giorni prima. E’ bene però anche controllare la casella di posta Spam, infatti spesso le e-mail “commerciali” oppure provenienti da indirizzi e-mail che solitamente il titolare non apre, vengono classificate in modo automatico come Spam.

Ulteriori novità da PayPal

Questa però non è l’unica novità prevista da PayPal, infatti viene meno la protezione sugli acquisti in NFT. Generalmente PayPal offre una protezione sugli acquisti, questo vuol dire che nel caso in cui il prodotto acquistato tramite l’uso di un conto PayPal non arrivi a destinazione oppure non sia conforme alle aspettative, facendo ricorso a PayPal è possibile ottenere la restituzione delle somme pagate. Esiste però una lista di venditori per i quali non è fornita tale protezione. Tra gli acquisti che saranno esclusi a partire dai prossimi mesi ci sono quelli di NFT di valore superiore a 10.000 dollari.

Un’altra importante modifica riguarda la legge applicabile. Chi fino ad ora ha aderito a un contratto per aprire un conto PayPal, sa che la legge applicabile è quella del Regno Unito, ora tutto cambia. La legge applicabile al contratto in caso di controversie sarà quella del Lussemburgo e di conseguenza cambia anche il foro, la competenza per la decisione su controversie tra PayPal e utenti sarà di spettanza dei tribunali del Lussemburgo. Dopo la Brexit questa modifica si è resa necessaria per allinearsi alla sede di PayPal (Europe) S.à r.l. et Cie, S.C.A., banca registrata nel Lussemburgo.

Paypal ha reso noto che ci sarà anche una modifica alla sezione Reclami, infatti sarà necessario fornire una maggiore quantità di dati per poter procedere.

Fondo pensione: quanto si risparmia con la deduzione?

Hai aderito a un fondo pensione o stai pensando di farlo? In questo caso devi sapere che tale forma di previdenza complementare è particolarmente ben vista dal legislatore e quindi sono previste importanti agevolazioni. Tra queste, consente un ottimo risparmio la deduzione delle quote versate, ma quanto si può risparmiare?

Cos’è il fondo pensione?

Il fondo pensione è una forma di previdenza complementare gestita da banche, intermediari finanziari, imprese di assicurazione, Società di Gestione del Risparmio (SGR) e Società di Intermediazione Mobiliare (SIM). L’obiettivo è fare in modo che il lavoratore al termine della vita lavorativa possa accedere a una pensione complementare rispetto a quella gestita dalle casse previdenziali di riferimento ( ad esempio INPS). L’adesione a questa forma di previdenza è sempre stata fortemente incentivata perché con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo gli importi delle pensioni sono fortemente diminuiti e i fondi pensione rappresentano per i lavoratori un modo per mantenere un tenore di vita costante anche al momento del pensionamento. Tra le misure di incentivazione più importanti vi è la deduzione dei versamenti nel fondo pensione.

Quali sono le peculiarità del Fondo Pensione?

Occorre sottolineare che tra le peculiarità di questa forma di investimento vi è la possibilità di ricevere una pensione complementare reversibile. La reversibilità non viene riconosciuta solo in favore dei soggetti che avrebbero diritto alla reversibilità della pensione “tradizionale”, infatti il sottoscrittore del fondo pensione può scegliere un altro beneficiario e non vi sono limiti percentuali alla reversibilità, come accade con la pensione tradizionale. Il fondo pensione può essere utilizzato anche per affrontare difficoltà momentanee e in anticipo rispetto alla “riscossione “ concordata, ad esempio per spese sanitarie, acquisto o ristrutturazione della prima casa. Tra i vantaggi vi è la possibilità di riscattarlo al verificarsi di eventi come un periodo di disoccupazione superiore a 48 mesi oppure invalidità permanente.

Hai bisogno di conoscere tutti i casi in cui si può avere un anticipo ? Leggi l’articolo: Anticipo fondo pensione: in quali casi si possono ritirare i soldi

Se mancano non più di 5 anni al pensionamento e il sottoscrittore del fondo pensione ha maturato almeno 20 anni di contributi, può accedere alla Rendita Integrativa “RITA”. In caso di premorienza può essere riscattato dagli eredi o dai beneficiari indicati dal sottoscrittore.

Per conoscere i dettagli della rendita RITA, puoi leggere l’articolo: RITA: hai perso il lavoro? Scopri se puoi avere la pensione anticipata

La deduzione dei versamenti nel fondo pensione

Il decreto legislativo Dlgs 252 del 2005 all’articolo 8 comma 4 stabilisce che i versamenti effettuati nel fondo pensione sono deducibili, è però previsto un importo massimo per tale beneficio, cioè 5.164,57 euro su base annua. Nel determinare tale quota non deve essere tenuto in considerazione il TFR maturato ed eventualmente devoluto a tale forma di previdenza complementare.

La normativa prevede anche che sia possibile portare in deduzione i versamenti effettuati nel fondo pensione di un familiare a carico, anche in questo caso è però previsto lo stesso limite. Il comma 5 dell’articolo 4 del decreto legislativo 252 del 2005 stabilisce che il limite di 5.164,57 euro è da intendersi complessivo, questo vuol dire che il totale dei versamenti in fondo pensione per sé e per i familiari a carico fiscalmente, non può superare tale soglia. L’effettivo risparmio di cui può beneficiare il singolo contribuente dipende da molti fattori, infatti l’aliquota minima IRPEF prevista è del 23%, ma sale all’aumentare del reddito.

Cosa vuol dire che i versamenti nel fondo pensione sono deducibili? La risposta è molto semplice, nel limite di 5.164,57 euro è possibile sottrarre gli importi versati nel fondo pensione annualmente dall’imponibile IRPEF, questo si traduce in minori tasse da pagare.

Deve essere precisato che non ci sono limiti di età per costituire un fondo pensione in favore di un familiare a carico, in teoria un genitore può aderire a questa forma di previdenza complementare in favore del figlio anche quando lo stesso è ancora minorenne, ad esempio a 7 anni di età.

Gli altri vantaggi fiscali

Questo però non è l’unico vantaggio fiscale, infatti i fondi sono comunque investiti dal gestore e vi sono dei rendimenti, ma gli stessi non sono tassati al 26%, come ordinariamente sono tassate le rendite finanziarie, ma al 20%. Se si aderisce ad un fondo che investe in Titoli di Stato il beneficio è ancora maggiore perché i rendimenti di tali titoli sono tassati al 12,50%.

Altrettanto vantaggiosa è la tassazione della pensione complementare, infatti l’aliquota applicata è compresa tra 9% e il 15% in base al numero di anni di partecipazione al fondo. Per ogni anno di adesione ulteriore al quindicesimo, l’aliquota del 15% viene ridotta dello 0,30%. L’aliquota minima ordinariamente applicata alle pensioni  è solitamente al 23% e si applicano i classici scaglioni IRPEF progressivi.

Segnalazione al CRIF senza preavviso del cattivo pagatore: si può fare?

Se ti sei accorto di essere stato segnalato al CRIF come cattivo pagatore anche senza aver ricevuto alcun preavviso, devi sapere che ci sono dei casi in cui questo è possibile. Ecco quando per la Corte di Cassazione è lecita la segnalazione al CRIF senza preavviso.

Cos’è il CRIF e quali segnalazioni raccoglie

Il CRIF è una società creditizia, la sigla è acronimo di Centrale Rischi Finanziari. Nel CRIF non sono iscritti esclusivamente coloro che risultano essere cattivi pagatori, ma anche i soggetti che hanno in corso dei pagamenti rateali, coloro che chiedono un prestito e un mutuo. In questa centrale sono inoltre registrati i pagamenti effettuati, gli eventuali ritardi e i mancati pagamenti e vuole essere un punto di riferimento per le banche e gli istituti di credito che prima di erogare prestiti, mutui, finanziamenti, possono valutare la solvibilità del richiedente.

Nel caso in cui si verifichi una situazione di effettiva crisi, questa non vi è nel caso di ritardo nel pagamento di una rata, si viene segnalati come cattivi pagatori sia al CRIF e sia alla Centrale Rischi della Banca d’Italia.

Per conoscere i dettagli sul funzionamento della segnalazione al CRIF quindi quando può essere eseguita e i limiti segnalati dalla Corte di cassazione, ti consiglio di leggere gli articoli:

Segnalazione CRIF e alla Centrale Rischi della Banca d’Italia: differenze

e l’articolo Segnalazione Centrale Rischi: cos’è e come funziona

Segnalazione al CRIF senza preavviso del cattivo pagatore

Per capire quando è possibile che non vi sia preavviso della segnalazione è necessario avere in considerazione diverse norme. La prima è generale, si tratta dell’articolo 4 delibera del Garante della privacy n. 8 del 2004 , il quale prevede che in caso di ritardi nei pagamenti, la banca unitamente ai solleciti di pagamenti, può inviare un avviso inerente l’imminente registrazione dei dati sui sistemi di informazione creditizia. I dati possono essere resi noti agli altri partecipanti a tali sistemi (cioè le altre banche che possono accedere a questo grande database) non prima che siano trascorsi 15 giorni dall’invio del preavviso.

Questa norma può però essere considerata di rango inferiore rispetto all’art. 125, comma terzo, del Testo Unico Bancario (TUB), come modificato dall’art. 1 D.Lgs. n. 141 del 2010. Questo infatti prevede che il preavviso di segnalazione come cattivo pagatore al CRIF debba essere fornita dal finanziatore al consumatore. Tale norma è inserita nel TUB, all’interno del capo II del titolo VI, “Credito ai consumatori” , quindi non vi sono dubbi sul fatto che si tratti di una norma specifica per questo particolare segmento di credito e non una norma generale. Infatti dall’ambito di applicazione del capo sono esclusi in modo specifico dall’articolo 122 i finanziamenti destinati all’acquisto e alla conservazione di diritti di proprietà su beni immobili esistenti i progettati e acquisto di terreni.

Ordinanza 39769/2021 sulla segnalazione al CRIF senza preavviso

Dall’applicazione letterale di questa norma fatta da alcuni giudici è emerso che in realtà il preavviso risulta obbligatorio solo nel caso in cui il ritardo nel pagamento o il mancato pagamento sia inerente un rapporto tra la banca e il debitore avente a oggetto un prestito che rientra nelle operazioni di credito al consumo e non negli altri rapporti. Ad esempio, secondo questa interpretazione restritttiva e letterale della norma, nel caso in cui il mancato pagamento sia inerente la rata di un mutuo per l’acquisto di casa, non trattandosi di credito al consumo è legittima la segnalazione al CRIF senza preavviso. Questa interpretazione ha trovato l’appoggio anche dalla Corte di Cassazione in una recente ordinanza, la 39769/2021.

Tale legittimità, in limitati casi, della segnalazione al CRIF senza preavviso non fa però venire meno l’eventuale risarcimento del danno legato a una segnalazione illeggittima che cioè non doveva avvenire. Il risarcimento può essere richiesto anche per il danno all’immagine, ma deve essere provato. Naturalmente la banca che nota mancati pagamenti può inviare in ogni caso il preavviso anche quando non è obbligata limitando così il rischio di richieste di risarcimenti.

Prestiti INPS: chi può richiederli e perché sono convenienti?

I prestiti INPS sono finanziamenti erogati direttamente dall’INPS attraverso i Fondi dell’INPS, quindi in forma di prestiti diretti oppure attraverso convenzioni con istituti di credito. La caratteristica principale dei prestiti INPS è il loro tasso agevolato.

Cosa sono i prestiti INPS

La prima cosa da sottolineare è che non tutti possono accedere ai prestiti INPS, questi infatti sono diretti solo ad alcune categorie di persone e in particolare i pensionati, i dipendenti del Gruppo Poste Italiane, gli insegnanti (piccolo prestito gestione assistenza magistrale) e i dipendenti pubblici iscritti alla Gestione Unitaria. Gli importi possono essere richiesti direttamente all’INPS che ogni anno destina una quota di fondi ai prestiti a dipendenti e pensionati. In caso di incapienza, cosa che succede frequentemente, sarà possibile rivolgersi a banche convenzionate con l’INPS, queste potranno erogare i prestiti alle stesse condizioni e con gli stessi requisiti dell’INPS. Naturalmente viste le convenzioni, anche le pratiche saranno più veloci.

Quali sono i prestiti INPS? Piccoli prestiti e prestiti pluriennali

Le forme dei prestiti erogati o convenzionati dall’INPS sono diverse e quindi si può accedere a piccoli prestiti, prestiti pluriennali, cessione del quinto. Per controllare tutti i prestiti erogati dall’INPS, in forma diretta o indiretta puoi controllare la pagina INPS, dove potrai avere accesso anche a simulazioni.

I piccoli prestiti prevedono la possibilità di ottenere somme di denaro da restituire nell’arco di 24 mesi. Ad esempio il prestito con gestione assistenza magistrale può essere richiesto per un importo massimo corrispondente in due mensilità in godimento al momento della richiesta.

Il prestito pluriennale diretto della Gestione Unitaria, invece è diretto esclusivamente a dipendenti pubblici iscritti al fondo da almeno 4 anni oppure pensionati ex dipendenti pubblici. Un’altra peculiarità di questo prestito è il fatto viene erogato solo a fronte di determinate esigenze familiari o personali, quindi è necessario indicare il motivo per il quale occorre utilizzare il denaro.  Prevede la possibilità di ottenere importi anche di una certa entità, fino a 60.000 euro da restituire secondo un piano di rimborso che può avere una durata massima di 10 anni.

La cessione del quinto

Tra i prestiti agevolati c’è la cessione del quinto dello stipendio INPS. Si tratta di un prestito particolarmente apprezzato in quanto se nell’arco del periodo di restituzione dovessero esservi dei problemi, ad esempio la perdita di lavoro, oppure in caso di morte, sarà la compagnia di assicurazione a dover rimborsare il prestito. Di conseguenza per poter ottenere le somme non è necessario che siano stipulate delle garanzie, ad esempio ipoteche su beni immobili, oppure la presenza di un garante. Un’altra caratteristica che rende questa formula molto apprezzata è il fatto che non è necessario indicare il motivo per il quale si ha bisogno di avere le somme richieste.

La cessione del quinto prevede che l’importo della rata sia detratto direttamente dallo stipendio o dalla pensione e che esso corrisponda a 1/5 dell’importo della pensione o dello stipendio. Può essere richiesta anche da pensionati che non siano ex dipendenti pubblici.

L’importo massimo erogabile dipende da diversi fattori, infatti la legge 184 del 1950 per la cessione del quinto prevede che il piano di ammortamento debba avere una durata massima di 10 anni, inoltre è previsto il limite di età di 87 anni e 11 mesi. Questo implica che  cioè il piano di ammortamento dovrà comunque terminare entro il compimento di tale età. Di conseguenza un ottantenne non potrà chiedere un prestito con cessione del quinto per la durata di 10 anni.

Perché chiedere i prestiti INPS?

Questa è la domanda che molti si pongono, cioè perché invece di rivolgersi a una banca oppure a una finanziaria per ottenere un prestito, una persona dovrebbe rivolgersi all’INPS o a un istituto di credito convenzionato? La risposta è molto semplice, infatti i tassi di interesse applicati sulle varie forme di prestito sono bassi rispetto ai tradizionali finanziamenti. Ad esempio la cessione del quinto, viste le sue peculiarità solitamente ha un costo non basso, infatti prevede che sia stipulata un’assicurazione a copertura del rischio di perdita di lavoro o perdita vita, ma nonostante questo con l’INPS diventa economicamente vantaggioso accedervi.

Crypto Smart: la piattaforma per investire in criptovalute tutta italiana

Tutti abbiamo sentito parlare di criptovalute e bitcoin e quasi tutti siamo stati tentati almeno una volta di fare un investimento per provare a guadagnare, ma la prospettiva di affidare a società di cui non si sa nulla i nostri risparmi è sicuramente un deterrente. Ora per chi vuole provare, c’è la piattaforma tutta italiana Crypto Smart.

Chi c’è dietro Crypto Smart

Crypto Smart è una piattaforma tutta italiana, nata a febbraio 2021 da un’idea di:

  • Alessandro Frizzoni, laureato in Statistica all’Università degli studi di Perugia e in informatica all’Università dell’Essex, tra le esperienze vanta la fondazione di Ariadsl che è riuscita ad aggiudicarsi all’asta le frequenze Wimax che consentono la diffusione di internet in zone non particolarmente semplici da raggiungere. Inoltre ha ricoperto il ruolo di Amministratore Delegato e CTO di Go Internet;
  • Alessandro Ronchi, laureato a Siena in Scienze Bancarie, ha condiviso con Alessandro Frizzoni l’esperienza con Ariadsl. Ha ricoperto anche il ruolo di CFO di Go Internet, portando la società alla quotazione su AIM di Borsa Italiana;
  • Claudio Baldassarri, laureato in ingegneria meccanica;
  • Massimo Zamporlini, laureato in Economia e Commercio con esperienza nell’amministrazione di impresa e gestione dei capitali;
  • Alice Ubaldi, laureata in Accounting & Finance presso la Cass Business School di Londra, si occupa prevalentemente di finanza aziendale.

Tutta la sicurezza della normativa italiana a tutela degli investitori

I fondatori hanno investito i loro soldi, insomma dietro non ci sono banche italiane o estere, in questo progetto e di conseguenza il loro obiettivo è portarlo al successo. La società ha sede in Italia, a Perugia, quindi si applicano le severe regole della legge italiana in materia di investimenti, trasparenza e tutela. Questa è sicuramente una garanzia per chi vuole provare un nuovo modo di guadagnare, vuole vedere crescere i propri risparmi e diversificare il portafoglio. Finora infatti gli investimenti in bitcoin e criptovalute sono stati effettuati con società Off Shore, con sede all’estero, nella maggior parte dei casi paradisi fiscali che di conseguenza hanno una normativa che non prevede scambio di informazioni con l’Italia.

Tutto questo costituisce un rischio per chi vuole investire e che rischia di ritrovarsi con le tasche vuote senza neanche sapere a chi ha affidato i soldi. Crypto Smart invece ha profilo rassicurante, infatti, sono noti i nomi dei proprietari, si applica la legge italiana e dell’Unione Europea, è una società registrata e autorizzata a operare su questi mercati.

Cos’è Crypto Smart e come funziona

Cos’è Crypto Smart? Si tratta di uno strumento da gestire tramite smartphone o PC che consente di acquistare, depositare, vendere Bitcoin, Ethereum, criptomonete, token e asset digitali. Questa è la proposta attuale rilevata oggi dal sito Crypto Smart ma si attende una implementazione degli strumenti messi a disposizione dei clienti.

Aprire un conto con Crypto Smart è semplice e veloce, infatti basta registrarsi sulla piattaforma, occorre disporre di un indirizzo e-mail e indicare una password, quindi si procede con l’identificazione, nel pieno rispetto della normativa sulla privacy italiana. Ora il conto è attivo, è necessario però effettuare un bonifico per caricare il proprio wallet, si potrà scegliere la valuta con cui operare e per il bonifico viene fornito un IBAN da Crypto Smart, alla voce “causale” è necessario inserire il proprio codice univoco fornito dalla piattaforma. In questo modo tutto diventa più semplice. E’ altrettanto facile prelevare, infatti occorre inoltrare una richiesta indicando la somma che si vuole prelevare e la valuta, infine deve essere indicato un codice IBAN per l’accredito delle somme richieste.

Cosa si può fare con Crypto Smart

L’apertura del conto è totalmente gratuita e in ogni momento è possibile controllare i propri fondi, convertirli in criptovalute e riconvertirli in euro quando lo si desidera. La piattaforma è integrabile con i maggiori e-commerce tra cui woocommerce, shopify, drupal, magento, prestashop e sicuramente questo rappresenta un modo per convertire immediatamente i propri guadagni.

Inoltre la piattaforma consente di depositare sul proprio conto anche valute digitali acquistate presso altri exchange, dettaglio non da poco perché in un certo senso consente di mettere al sicuro in un sistema italiano i guadagni maturati su altre piattaforme.

Chi decide di aprire un proprio conto è completamente autonomo, non subisce pressioni per investire, tanto meno viene indotto a compiere azioni rischiose. Naturalmente per poter avere dei guadagni è necessario avere una buona passione per la finanza e in particolare per le cryptovalute.

Le commissioni

Ti starai chiedendo: se l’apertura del conto non prevede spese con cosa guadagna Crypto Smart?, Semplice, ci sono delle commissioni applicate alle transazioni, l’ammontare delle commissioni dipende dai valori movimentati e si parte dallo 0,2% per investimenti fino a 100.000 euro, cioè di una certa importanza, la successiva fascia prevede l’applicazione di una commissione dello 0,1% e poi man mano le stesse diminuiscono, si riduce la percentuale della commissione, ma aumenta l’importo sul quale si calcola e quindi comunque “aumenta” la commissione sulla singola operazione. L’ammontare è comunque più basso rispetto a quello generalmente applicato.

Chi decide di investire con la piattaforma Crypto Smart potrà inoltre avere a disposizione un efficiente sistema di assistenza attivo dalle ore 7:00 alle ore 23:33.

Infine, per chi ha spiccato interesse per il mondo della finanza, empatia e voglia di mettersi in gioco c’è la possibilità di inviare il proprio curriculum e collaborare con Crypto Smart.

Dal punto di vista pratico, la grafica di Crypto Smart è essenziale, quasi spartana, ma proprio per questo semplice da usare anche per chi ha la passione della finanza ma poca dimestichezza con gli strumenti digitali. Il consiglio in ogni caso è quello di agire con prudenza, fare investimenti che siano alla propria portata, diversificare il portafoglio evitando così rischi inutili.

Rendimenti buoni fruttiferi postali, simulazioni e prospettive future

I buoni fruttiferi postali per molto tempo sono stati considerati un investimento molto produttivo e infatti fino a metà anni Ottanta i rendimenti erano davvero molto elevati, portando alcune famiglie ad accumulare dei veri tesoretti, poi inizia la curva discendente che ha toccato i minimi in questi anni. Ma oggi conviene investire in Buoni Fruttiferi Postali? Cercheremo di capirlo con delle simulazioni, inoltre non mancherà un’analisi sulle prospettive future.

Italiani: risparmiatori e amanti dei buoni

Gli italiani sono un popolo di risparmiatori: tendiamo ad accumulare denaro per paura di prospettive future infauste e vogliamo avere la casa di proprietà, costruiamo certezze giorno dopo giorno. In tale ottica un investimento molto apprezzato è quello in buoni fruttiferi postali anche se negli ultimi anni, complice il costo del denaro molto basso, tassi di interesse davvero irrisori e crisi economica globale, sono stati in parte abbandonati, anche se non del tutto. Il successo è dovuto al fatto che sono considerati un investimento sicuro in quanto garantiti dallo Stato. Proprio per questi motivi  spesso costituiscono anche regali per nascite, battesimi, comunioni e altri eventi importanti.

A fine 2019 i buoni fruttiferi postali (Bfp) nelle casse degli italiani valevano 163,2 miliardi, rispetto ai 101,8 miliardi dei libretti, si tratta di un vero e proprio tesoretto che regge bene la concorrenza con i prodotti bancari. Attualmente tra i prodotti convenienti vi sono i buoni fruttiferi postali 4X4 pensati per chi vuole un investimento a lungo termine, mentre chi preferisce un investimento a medio termine, può scegliere i 3X2.

I buoni fruttiferi postali 4×4

I buoni fruttiferi postali 4X4 hanno una durata di 16 anni, ma possono essere riscossi in qualunque momento, sebbene gli scaglioni di rendita abbiano scadenze fisse. Per tutto il tempo in cui restano investiti, consentiranno di avere un rendimento fisso e crescente. Sono però previste delle tappe, cioè per avere gli interessi devono essere lasciati in deposito per almeno 4 anni e si potrà ricevere un tasso di interesse dello 0,20%, dall’ottavo anno scatta la seconda fascia di interesse allo 0,30%. Dopo il dodicesimo, anno il tasso sale allo 0,50%, infine, dopo il sedicesimo anno si potrà contare su un tasso dello 0,75%. Certamente si tratta di interessi davvero esigui rispetto ai tempi d’oro dei buoni postali fruttiferi e a questo deve essere considerato che si tratta di interessi lordi e che ,sebbene abbiano una tassazione di favore, sono comunque soggetti a essa.

I buoni fruttiferi postali 3X4

Chi vuole investire per periodi più brevi, può oggi scegliere i buoni fruttiferi postali 3X4 che prevedono un investimento per 12 anni. Anche in questo caso gli interessi sono fissi e crescenti con flessibilità di rimborso dopo 3, 6 e 9 anni con scaglioni triennali, ecco perché si chiamano 3X4. Il primo scaglione è dopo tre anni e si matura un tasso di interesse dello 0,10% lordo. Dal termine del sesto anno il tasso di interesse è dello 0,20%, dal nono anno il tasso di interesse è dello 0,30%, infine dal dodicesimo anno si ottiene lo 0,50% lordo.

Occorre ricordare che in passato alla scadenza dei buoni vi era un periodo transitorio durante il quale maturava un rendimento con tasso di interesse corrente, oggi non è più così, alla scadenza i buoni fruttiferi postali non producono più alcun tasso di interesse quindi conviene liquidarli e magari investirli in nuovi prodotti finanziari. Dopo 10 anni dalla scadenza vi è la prescrizione quindi si perdono anche i fondi inizialmente investiti.

La tassazione dei tassi di interesse sui buoni fruttiferi postali è al 12,50%, questa percentuale la trattiene direttamente Poste Italiane al momento del rimborso agendo come sostituto d’imposta.

Simulazioni sul rendimento dei buoni fruttiferi postali

In passato i buoni fruttiferi postali avevano pochi tagli, oggi i tagli sono numerosi, infatti si parte da un  investimento minimo di 50 euro e multipli, inoltre andando sul sito di Poste Italiane e in particolare alla pagina dedicata alla singola tipologia di buono, si può simulare l’andamento di un buono. Ad esempio scopro che, se decido oggi di investire 50 euro per l’acquisto di un buono 4X4, al termine dell’investimento, cioè dopo 16 anni potrò avere ben 55,56 euro, si tratta del rimborso netto, quindi senza imposizione fiscale. Se la stessa 50 euro decido di investirla in un buono 3X4 potrò ottenere alla scadenza 52,69 euro, infine, se voglio acquistare un buono ordinario alla scadenza ordinaria, cioè dopo 20 anni posso avere ben 52,70 euro.

Diciamo che gli interessi diventano più consistenti se investo di più, ad esempio simulando l’acquisto di un buono da 1.000 euro posso avere 1.111,12 euro alla scadenza del 4X4; alla scadenza del 3X4 ricevo 1.053,97 euro e alla scadenza del buono ordinario posso riscuotere 1.054 euro.

Un’altra novità interessante è il Buono Minori, si tratta di un particolare buono fruttifero da liquidare al compimento del 18° anno del bambino, ad esempio ipotizzando un neonato nato il 5 ottobre 2021 e un buono acquistato nello stesso giorno, del valore di 100 euro, al compimento del diciottesimo anno di età potrà ottenere 148, 41 euro.

In tutte le simulazioni che abbiamo fatto, l’acquisto ha avuto ad oggetto buoni fruttiferi postali di piccolo taglio e abbiamo già sottolineato che i rimborsi sono netti, a ciò deve però essere aggiunto che al superamento del valore di 5.000 euro si applica l’imposta di bollo che nel tempo può variare. I buoni fruttiferi postali possono essere acquistati anche online sul sito di Poste Italiane.

Previsioni future sui tassi di interesse sui buoni di Poste Italiane

E’ difficile oggi fare previsioni per il futuro sui tassi di interesse. L’inflazione è in crescita, 2,2% nel 2021, previsione di 1,7% dnel 2022 e di conseguenza aumenterà molto probabilmente anche il costo del denaro, questo si traduce in un aumento dei tassi di interessi se il denaro lo chiediamo in prestito, ad esempio se decidiamo di sottoscrivere un mutuo, ma nella maggior parte dei casi implica anche una crescita dei tassi di interesse sui soldi che investiamo.

C’è però un’altra variabile da considerare, cioè il livello di risparmio e siccome gli italiani come detto in precedenza sono degli ottimi risparmiatori, è probabile che il tasso di interesse sui risparmi crescerà ma poco. In caso è bene sempre monitorare la situazione e capire se conviene liquidare gli investimenti già fatti per investirli in nuovi strumenti finanziari, ad esempio buoni fruttiferi postali emessi dal 2022, anno in cui probabilmente ci sarà una leggera flessione in alto.

Si può usare la carta di debito/credito di un’altra persona?

Ci sono gesti che molti di noi compiono quotidianamente e che in realtà non potrebbero essere fatti, ad esempio usare la carta bancomat di un genitore per gestire delle spese quotidiane, anche in favore dello stesso genitore. In realtà questi gesti non sarebbero ammissibili, ecco i limitati casi in cui si può usare una carta di debito/credito altrui.

La carta di credito/debito è un documento personale: vietato usare la carta di altre persone

La maggior parte delle persone oggi possiede una carta di debito, la classica carta bancomat, con cui è possibile fare prelievi ed effettuare pagamenti. L’uso della stessa, se intestata ad altri soggetti deve però essere oculato, infatti, espone al rischio di incorrere nel reato di appropriazione indebita, come nel caso di prelievo dal conto del defunto. La carta di credito/debito è un documento personale, questo vuol dire che ogni persona dovrebbe utilizzare esclusivamente la propria carta personale. La prima cosa da sottolineare è che la banca nel momento in cui concede la carta di debito/credito autorizza l’uso al solo intestatario e non ad altri soggetti. Di conseguenza è estranea al rapporto tra il suo cliente titolare della carta e il terzo.

Ad ogni conto corrente possono però essere collegate più carte di debito. Solitamente la prima è gratuita mentre le altre prevedono il pagamento di un canone mensile, proprio per questo molti vi rinunciano preferendo usare la carta di debito/credito altrui. Le carte ulteriori rispetto alla prima sono comunque di tipo personale e quindi recano un’intestazione specifica. Naturalmente tali caratteristiche espongono a problemi e dubbi. Ad esempio, è capitato spesso che recandosi presso un ufficio postale con la carta di debito di un genitore, è stato opposto dal dipendente che in realtà il pagamento non poteva essere accettato perché la carta è intestata a persona diversa rispetto a quella che stava effettuando l’operazione. Ulteriori problemi possono verificarsi quando il soggetto che ha la carta, la usa in modo indebito svuotando anche il conto. In tutti questi casi si configurano dei reati.

Uso indebito della carta di credito/debito

L’articolo da tenere in considerazione è il 55 del d.lgs 231 del 2007 che al comma 9 prevede in modo specifico tale reato, sottolineando però le caratteristiche per poter configurare tale fattispecie criminosa. Prevede che chiunque:

  • al fine di trarne profitto per sé o per altri;
  • utilizza indebitamente, senza esserne il titolare carte di credito o di debito;
  • è punito con la reclusione da uno a 5 anni e con multa da 310 a 550 euro.

A tale articolo si aggiunge anche la disciplina del decreto legge 143 del 1991 che all’articolo 12 dispone che “chiunque al fine di trarne profitto per se’ o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, e’ punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire seicentomila a lire tre milioni”.

Ammesso l’uso indiretto della carta di credito/debito altrui

Il punto da sottolineare è che per configurare il reato è necessario utilizzare la carta altrui, indebitamente, quindi senza aver ottenuto il consenso, e per trarne profitto per sé o per altri. In base a tale punto la giurisprudenza ha ammesso che non commette reato la persona che, avendo ricevuto la carta e il PIN dal legittimo titolare, utilizzi la stessa per acquisti autorizzati da questo soggetto e che siano in favore di questi.

Proprio per tale motivo generalmente quando si va ad effettuare un pagamento con la carta di un altro soggetto, ma il pagamento è riferibile al legittimo proprietario della carta, il pagamento viene accettato. Ad esempio il figlio che con la carta di debito della madre, si reca all’ufficio postale ed effettua il pagamento della bolletta energetica intestata alla madre, non ha intoppi. In questo caso si parla anche di uso indiretto da parte del titolare della carta in quanto chi effettua il pagamento agisce come longa manus dell’altra persona, ad esempio la madre impossibilitata a muoversi chiede al figlio di andare a pagare la bolletta.

Riconoscimento del debito

In realtà anche questa procedura potrebbe creare problemi in quanto in un secondo momento il titolare della carta potrebbe anche dire che in realtà lui non voleva che la bolletta fosse pagata, magari perché quel mese non aveva sufficiente liquidità. Ecco perché la procedura corretta sarebbe quella di un’autorizzazione sottoscritta dal titolare della carta per ogni pagamento/operazione, in questo modo il titolare riconosce il debito e autorizza il pagamento.

L’autorizzazione dovrebbe comunque essere concessa per la singola operazione, infatti la Corte di Cassazione con la sentenza 17453 del 2019, ha stabilito che il fatto che un soggetto consegni la carta ad un terzo e riveli anche il PIN, indicando un’operazione da compiere, non giustifica un successivo uso per altre operazioni. Di conseguenza, anche se il soggetto afferma di ritenersi autorizzato ad effettuare altre operazioni, comunque ciò non vale come esimente. Nel caso concreto l’imputato era stato querelato dal titolare della carta per l’uso indebito della stessa e si era difeso proprio affermando di avere ricevuto carta e PIN dal titolare. L’uso indebito è comunque perseguibile solo a querela di parte.

Usare la carta di credito aziendale

Un discorso analogo può essere fatto per l’uso della carta aziendale. Capita che alcuni dipendenti abbiano a disposizione la carta di debito/credito dell’azienda per effettuare, nella maggior parte dei casi, dei pagamenti correnti per conto della stessa azienda. Questi sono comunque leciti e non si può essere perseguiti per tali operazioni. Cambia, invece, la situazione nel caso in cui il dipendente effettui degli acquisti per fini privati, ad esempio se il dipendente, approfittando della custodia della carta stessa, la utilizzi per fare il pieno all’auto personale che comunque non utilizza per l’azienda. In questo caso si configura il reato di appropriazione indebita previsto dall’articolo 61 del codice penale.