Errore nella dichiarazione, c’è tempo fino al 31 ottobre per sanarli

La legge di bilancio 2023 all’articolo 1, commi da 166 a 173, ha previsto la possibilità di regolarizzare entro il 31 ottobre 2023 gli errori formali presenti nelle dichiarazioni commessi fino al 31 ottobre 2022. Per chi aderisce salta l’irrogazione delle relative sanzioni amministrative, da parte dell’Agenzia delle entrate. Vediamo come funziona la regolarizzazione dell’errore nella dichiarazione fiscale.

Cosa fare per sanare un errore nella dichiarazione fiscale?

Come risaputo la legge di bilancio 2023 ha previsto una serie di misure di pace fiscale, tra queste le più conosciute sono la rottamazione quater e lo stralcio delle cartelle di importo fino a 1.000 euro, ma non sono le uniche due, vi è infatti anche la possibilità di regolarizzare gli errori formali contenuti nelle dichiarazioni senza l’applicazione delle sanzioni amministrative, ma versando 200 euro per ciascun periodo d’imposta a cui si riferiscono.

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Deve essere precisato che la procedura non può essere utilizzata per regolarizzare qualunque errore, ma solo nel caso in cui gli stessi:

  • non siano rilevanti sulla determinazione della base imponibile;
  • non incidano sulla liquidazione e sul pagamento di Iva, Irap, imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, ritenute alla fonte e crediti d’imposta.

L’adempimento va eseguito utilizzando il modello F24, nel quale deve essere riportato il codice tributo “TF44”, istituito con la risoluzione n. 6/2023.

Per perfezionare la procedura, bisogna anche rimuovere irregolarità, infrazioni od omissioni entro il termine fissato per il versamento della seconda rata, cioè entro il 31 marzo 2024.

Quali errori formali possono essere sanati?

A definire gli errori che possono essere sanati sono gli esperti dell’Agenzia delle Entrate che hanno individuato una casistica, ad esempio:

  • dichiarazioni annuali redatte e presentate non in conformità ai modelli approvati ovvero con errata indicazione o incompletezza dei dati relativi al contribuente;
  • l’omessa o irregolare presentazione delle liquidazioni periodiche Iva (non sanabile se la violazione ha inciso sulla determinazione del quantum del tributo);
  • l’omessa, irregolare o incompleta presentazione degli elenchi Intrastat;
  • irregolare tenuta delle scritture contabili;
  • la mancata restituzione dei questionari inviati dagli uffici fiscali o dalla Guardia di finanza ovvero loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere;
  • irregolare applicazione dell’inversione contabile;
  • omessa comunicazione della proroga o della risoluzione del contratto di locazione soggetto a cedolare secca;
  • mancata iscrizione al Vies
  • irregolarità compiute dagli operatori finanziari;
  • tardiva trasmissione delle dichiarazioni da parte degli intermediari;
  • omissione, incompletezza o inesattezza della dichiarazione d’inizio o variazione dell’attività ovvero della dichiarazione per l’identificazione ai fini Iva
  • violazione del principio di competenza fiscale.

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Modello 770 condomini, cos’è e la scadenza per la presentazione

Il modello 770 condomini serve a comunicare all’Agenzia delle entrate le ritenute operate dal condominio nel periodo d’imposta considerato, vediamolo nel dettaglio.

Modello 770 condomini, il sostituto d’imposta

Il condominio a partire dal primo gennaio 1998 è considerato sostituto d’imposta. Quindi è il soggetto che ha l’obbligo di versare le imposte allo Stato su prestazioni rese. Sulle prestazioni rese da giardinieri, portieri, lavoratori autonomi, professionisti,  il condominio deve calcolare la ritenuta d’acconto e versarla al fisco. E lo fa appunto attraverso il modello 770, le cui istruzioni per la compilazione sono presenti sul sito dell’Agenzia delle entrate.

In altre parole il modello  serve a comunicare all’Agenzia delle Entrate: le ritenute operate dal condominio nel periodo d’imposta considerato; gli estremi dei versamenti a cui si riferiscono le ritenute; l’elenco dei percipienti, cioè dei soggetti che hanno percepito compensi

Un adempimento che viene svolto dall’amministratore di condominio in quanto legale rappresentante del condominio. Secondo quanto previsto dall’art.113o co 5 del c.c. è l’amministratore che ha tra i suoi compiti quello di effettuare anche gli adempimenti fiscali, compreso il modello 770.

Quando deve essere presentato?

Il modello 770 condomini deve essere presentato online dall’amministratore di condominio oppure da un suo incaricato, come ad esempio un commercialista. La scadenza è fissata per il 31 ottobre di ogni anno, come previsto dal comma 4 bis dell’art. 4 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.

Si ricorda che qualora l’amministratore non svolgesse il suo incarico rischia di cadere in gravi sanzioni. Da un punto di vista amministrativo, infatti, l’omessa presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta è sanzionata con una misura che va dal 120% al 240% dell’importo delle ritenute non versate, con un minimo di 250 euro.

Altre precisazioni in merito al modello 770

Per i piccoli condomini (con massimo otto appartamenti e per i quali non sussiste l’obbligo di nominare un amministratore) il modello 770 può essere presentato: da uno dei condòmini oppure dall’amministratore di condominio se comunque nominato.

Tra gli obblighi dell’amministratore c’è quello di redigere ed inviare ai condòmini la certificazione sui pagamenti che il condomìnio e i condòmini hanno eseguito nel caso di lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria che prevedano benefici fiscali.

 

 

Addio anticipo sull’Irpef, si pagherà a rate da gennaio

Addio all’anticipo sull’Irpef nel mese di novembre, evitando la stangata per i contribuenti. Ma c’è la possibilità di pagare a rate da gennaio fino giugno, in che modo?

Addio anticipo sull’Irpef, la rata di novembre

Buone notizie per i possessori di partite Iva italiane. Secondo quanto previsto dalla nuova legge di bilancio, gli autonomi potrebbero dire addio all’anticipo sull’ Irpef del mese di novembre. Un mese che già di per se è abbastanza pesante, visto che occorre versare anche il pagamento trimestrale INPS per i contributi volontari. Ma da novembre potrebbe quindi cambiare il sistema di pagare le tasse.

In pratica non è che non si paga l’anticipo, ma viene semplicemente rinviato a gennaio 2024. E non solo si potrà pagare a rate da gennaio a giugno 2024 per non gravare in unica soluzione su un unico mese, come è stato fino ad oggi. Una rivoluzione storica per il nostro sistema contributivo, che vede un cambiamento a 50 anni dall’ultima volta.

Come funziona nello specifico?

Il Governo di Giorgia Meloni ha senza dubbio introdotto questo cambiamento per venire incontro anche ai lavoratori autonomi.  “Posso dirvi che la rateizzazione dell’acconto di novembre verrà già applicata da questo novembre 2023 per una platea abbastanza ampia di contribuenti“, ha detto Alberto Gusmeroli, presidente della Commissione attività produttive della Camera e responsabile Fisco della Lega. Nello specifico il cambiamento nel versamento spetta:

  • solo per il 2023 e per le persone fisiche titolari di partita Iva;
  • nel periodo d’imposta precedente non si siano dichiarati ricavi o compensi superiori a 170 mila euro;
  • il versamento del secondo acconto delle imposte sui redditi, con esclusione dei contributi previdenziali, entro il 16 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento, senza interessi. 

E poi a seguire i pagamenti entro il 16 di ogni mese fino a quello di giugno. Possiamo affermare che il concetto è più, pagare man mano che si guadagna, e non anticipare l’anno prima per il successivo, visto l’imprevedibilità di tutti i mercati.

Irpef per i dipendenti, cos’è cambiato con la legge di bilancio?

Cambiamenti arrivano anche per i dipendenti privati. Si prevede una riduzione a tre degli scaglioni di reddito e delle corrispondenti aliquote progressive di tassazione del reddito delle persone fisiche, così come segue:

  • 23 per cento per i redditi fino a 28.000 euro;
  • 35 per cento per i redditi superiori a 28.000 euro e fino a 50.000 euro;
  • 43 per cento per i redditi che superano 50.000 euro.

Sempre per il 2024, si innalza da 1.880 a 1.955 euro la detrazione prevista per i titolari di redditi da lavoro dipendente (esclusi i redditi da pensione) e di alcuni redditi assimilati fino a 15.000 euro.

Approvata la legge di bilancio, le misure per famiglie ed imprese

Approvata la nuova legge di bilancio 2024-2006 dal Consiglio dei ministri. Ecco tutte le misure a favore delle famiglie, delle imprese e dell’economia.

Approvata la legge di bilancio, il taglio del cuneo fiscale

Il taglio del cuneo fiscale è una delle misure più attese. Secondo quanto riportato dal Mef, la misura finanziata in manovra con 4,3 miliardi. Ebbene circa dieci miliardi sono destinati la rinnovo nel 2024 del taglio del cuneo fiscale contributivo. In particolare:

  • 7% per i redditi fino a 25 mila euro,
  • 6% per i redditi fino a 35 mila euro.

A questa misura si aggiunge la riforma delle aliquote Irpef con l’accorpamento delle prime due fasce (0-15mila al 23% e 15-28mila al 23%) al 23% per tutti i redditi fino a 28 mila euro l’anno. La contemporanea applicazione della riduzione del cuneo contributivo e della nuova aliquota Irpef avrà l’effetto di rafforzare le buste paga dei lavoratori dipendenti fino 1.298 euro annui (per 27.500 euro lordi annui).  E’ un aumento in busta paga che mediamente corrisponde circa 100 euro al mese per una platea circa 14 milioni di cittadini”, ha spiegato la premier Meloni.

Approvata la legge di bilancio, la misura in pillole

La legge di bilancio può quindi essere riassunta in pillole. Confermata la carta “Dedicata a te” per tutto il 2024 per coloro che hanno un reddito inferiore a 15 mila euro. L’assegno sarà pari a 382,50 euro per l’acquisto di beni alimentari di prima necessitàSempre a sostegno dei giovani che voglio acquistare casa si integra lo stanziamento dei mutui prima casa di circa 380 milioni. Riconfermato anche il bonus energia e il bonus sociale elettricità.

Le misure a favore della natività  prevede un aumento del fondo per gli asili nido. Infatti il servizio sarà gratuito dal secondo figlio in poi. Inoltre stabilita la decontribuzione per le madri con due o più figli e si aggiunge un nuovo mese di congedo parentale utilizzabile da entrambi i genitori, retribuito al 60% e fruibile nei primi sei anni del bambino.

Dal 1 gennaio 2024 prevista l’entrata in vigore della global minimum tax al 15% per i gruppi multinazionali con fatturato annuo superiore a 750 milioni di euro.

Tutte le novità previste

Il canone Rai scende da 90 a 70 euro. Mentre per le imprese stanziati circa 1,3 miliardi di euro per le nuove assunzioni. Per i lavoratori autonomi confermata la flat tax al 15% fino agli 85mila euro. Inoltre stabilita la possibilità di pagare l’anticipo Irpef cinque rate, da gennaio a giugno, invece in un’unica rata a novembre.

In manovra confermata la detassazione dei premi produttività al 5% e la soglia fino a 2000 euro dei fringe benefit per i lavoratori con figli a carico, fino a 1000 euro per tutti gli altri (si potranno utilizzare anche per pagamenti di affitto e mutuo prima casa). Invece rinviata fino al 1 luglio 2024 l’entrata in vigore della plastic e sugar tax. Addio anche al super bonus 110%.

Ape sociale e pensione donna vengono sostituiti da un unico fondo per la flessibilità in uscita. E ancora: ci sarà una rivalutazione del 100% per le pensioni fino a quattro volte il minimo, del 90% tra 4 e 5 volte il minimo. Poi scatta un meccanismo di decalage. La rivalutazione viene confermata per le pensioni minime di chi ha più di 75 anni.

 

Assegno unico 2024, gli importi per le famiglie che lo hanno richiesto

L’assegno unico 2024 è un’altra misura a sostegno delle famiglie italiane. Come già sperimentato, per coloro che hanno figli, è un valido aiuto per arrivare a fine mese.

Assegno unico 2024, cosa c’è da aspettarsi

Se c’è una misura che piace molto alle famiglie è proprio l’assegno unico emesso dall‘Inps. L’Assegno unico e universale è un sostegno economico alle famiglie attribuito per ogni figlio a carico fino al compimento dei 21 anni (al ricorrere di determinate condizioni). Mentre è senza limiti di età per i figli disabili, presenti all’interno di un nucleo familiare.

L’importo spettante varia in base alla condizione economica del nucleo familiare sulla base di ISEE valido al momento della domanda, tenuto conto dell’età e del numero dei figli nonché di eventuali situazioni di disabilità dei figli. Viene accreditato direttamente sul conto corrente del genitore, indicato in fase di presentazione della domanda. Oggi gli importi dell’assegno unico variano da circa 54 euro al mese a 189,20 euro per ogni figlio.

Assegno unico 2024, come dovrebbero variare gli importi

Come stabilito dal decreto legislativo n. 230 del 29 dicembre 2021, il valore dell’assegno unico dovrebbe essere aumentato a causa dell’adeguamento relativo al costo della vita. Quindi anche il prossimo anno, c’è in vista un aumento del bonifico mensile tanto atteso dai genitori. Anche perché l’ultima legge di bilancio ha previsto un ulteriore aumento del 50% solo per chi ha famiglie numerose, dal terzo figlio in su. Alla luce di queste considerazioni, gli importi dovrebbero così variare:

Se ipotizziamo una rivalutazione del 5,3% (calcolata sull’attuale tasso di inflazione), l’importo massimo dell’assegno “base” potrebbe salire da 189 a 199 euro per ogni figlio, mentre quello minimo solo di pochi euro. Insomma, ci sarebbe un aumento massimo di 10 euro. Ma non è detto questi calcoli siano corretti anche perché da qui a dicembre il tasso di interesse potrebbe cambiare, quindi occorre capire quali diventi il parametro di riferimento.

Tutte le altre misure a sostegno delle famiglie

Il Governo Meloni, come ha più volte ribadito, sta concentrando i suoi interessi sul taglio del cuneo fiscale. In altri termini aumentare le buste paghe, riducendo le tasse da pagare. Maggiori soldi nelle tasche degli italiani equivarrebbero ad un aumento del potere d’acquisto delle stesse famiglie, rimettendo in moto l’economia italiana che stenta a crescere.

Tuttavia c’è chi consiglia di aumentare di più gli importi degli assegni unici come  mezzo per aiutare le famiglie in difficoltà. Ma questo pensiero potrebbe tagliare fuori tutti coloro che non hanno figli, mentre un taglio del cuneo fiscale potrebbe essere una misura a favore di una platea più ampia. Non resta che aspettare le decisioni da prendere sulla prossima legge di bilancio, sentendo tutte le parti in coinvolte.

Giorgetti, ecco cosa ci sarà nella legge di bilancio 2024

Il ministro dell’Economia Giorgetti, nella conferenza stampa di presentazione della Nadef (Nota di Aggiornamento al DEF, Documento di Economia e Finanze) ha anticipato i principali interventi che saranno presenti nella legge di bilancio 2024. Ecco quali novità dovrebbero arrivare già a gennaio.

Riduzione aliquote Irpef nella legge di bilancio 2024

Tra le novità importanti che dovrebbero entrare nella legge di bilancio 2024 (ma il condizionale è d’obbligo) c’è l’attuazione della riforma dell’Irpef con riduzione da 4 a 3 aliquote con possibilità di risparmio per i redditi medio bassi. Per adottare questa misura devono essere trovati 4 miliardi di euro. Il primo scaglione dovrebbe risultare ampliato fino a 28.000 euro con aliquota al 23%, in busta paga l’aumento dovrebbe essere ci circa 20 euro. Attualmente il primo scaglione Irpef arriva a 15.000 euro, per redditi tra 15.001 euro e 28.000 euro attualmente si applica l’aliquota del 25%.

Ulteriori risorse saranno destinate al rinnovo dei contratti nella Pubblica Amministrazione.

Taglio del cuneo fiscale strutturale nella legge di bilancio 2024

Nella legge di bilancio 2024 dovrebbe entrare un’altra norma che aiuterà a ridurre le pressione fiscale in capo ai lavoratori dipendenti, infatti dovrebbe essere inserito, in forma strutturale, il taglio del cuneo fiscale per lavoratori con redditi fino a 35.000 euro, attualmente in vigore, ma in scadenza al 31 dicembre 2023.

La decontribuzione attualmente è così applicata:

  • al 7 per cento per le retribuzioni annue fino a 35.000 euro;
  • al 6 per centro per quelle fino a 25.000 euro.

La formula vista dovrebbe essere confermata, ma è necessario reperire solo per questa misura 10 miliardi di euro.

Resta che se si attua la riduzione dell’Irpef a 3 aliquote senza confermare il taglio del cuneo fiscale, al netto gli italiani si ritroveranno a pagare comunque più tasse, ad avere una busta paga più leggera.

Per i lavoratori dovrebbe entrare in manovra anche il taglio della tassazione sui premi di produttività con imposta sostitutiva al 5% e non al 10%.

Aiuti alle famiglie numerose

Ulteriori novità potranno esservi per le famiglie numerose, si stanno infatti studiando soluzioni per dare aiuti ulteriori alle famiglie con più di due figli.

Il contrasto alla denatalità dovrebbe avere in manovra una particolare centralità, infatti si sta pensando a misure economiche che possano aiutare le famiglie. La prima novità dovrebbe essere la modifica del calcolo dell’Assegno Unico per far in modo che sia più sostanzioso soprattutto per le famiglie numerose. Inoltre dovrebbe essere introdotto anche il Quoziente familiare, come sostitutivo dell’Isee al fine di individuare i nuclei aventi diritto alle prestazioni sociali. Il quoziente familiare dovrebbe essere in grado di rappresentare al meglio la ricchezza delle famiglie italiane.

Di quoziente familiare si è già parlato un anno fa, ma di fatto è stato introdotto solo per il calcolo del reddito per l’accesso al Superbonus.

Leggi anche: Quoziente familiare: in quali casi può essere svantaggioso

Incassi Pos non dichiarati, arrivano gli avvisi del Fisco

Arrivano i primi avvisi bonari per l’anno 2022 per il riscontro di difformità tra gli scontrini emessi e i dati provenienti dal Pos, l’Agenzia delle Entrate effettua i controlli in tempi record.

Avvisi del Fisco su incassi Pos non dichiarati

Migliaia di contribuenti stanno ricevendo comunicazioni inerenti le difformità riscontrate dall’Agenzia delle Entrate in merito a difformità tra le entrate registrate con il Pos e gli scontrini emessi, questi avrebbero un valore inferiore rispetto alle reali transazioni effettuate e di conseguenza è necessario regolarizzare la posizione. Avere entrate registrate con il Pos di valore superiore rispetto agli scontrini fiscali, di fatto vuol dire che c’è una fetta di potenziale evasione fiscale.

L’avviso che l’Agenzia delle Entrate sta inoltrando in questi giorni contiene un elenco dettagliato dei pagamenti elettronici ricevuti dall’interessato e relativi ai mesi per i quali si rileva lo scostamento.

Leggi anche: Transazioni Pos e scontrini: il nuovo sistema di lotta all’evasione fiscale

Cosa fare se si riceve una lettera di compliance dall’Agenzia?

Chi riceve una lettera di compliance dell’Agenzia delle Entrate in cui si riscontra difformità tra i dati rilevati dalle transazioni Pos e gli scontrini può chiedere ulteriori delucidazioni in merito all’Agenzia. Inoltre può segnalare fatti e circostanze non conosciute dall’Agenzia delle Entrate e che possano dimostrare la regolarità delle operazioni e quindi evitare l’accertamento fiscale. Questa operazione può essere effettuata anche con la collaborazione di professionisti e intermediari.

Nel caso in cui invece il contribuente dovesse rilevare la correttezza dei dati contenuti nell’avviso dell’Agenzia può regolarizzare la posizione avvalendosi articolo 13 del d.lgs 472/1997 (ravvedimento operoso) con riduzione delle sanzioni in base al tempo trascorso tra la violazione e la regolarizzazione della stessa.

Nel caso di omissione nel rilascio degli scontrini è ancora possibile fruire della sanatoria prevista dall’articolo 4 del decreto legge 131 del 2023. Questa consente di regolarizzare le violazioni collegate alla mancata trasmissione/ emissione anche se le stesse siano state già constatate non oltre la data del 31 ottobre 2023. L’utilizzo di tali strumenti riparatori consente di evitare conseguenze più dannose, come la sospensione della licenza collegata a plurime violazioni dell’obbligo di emissione di fatture e scontrini.

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Partite Iva, rinvio acconto novembre

Sembra essere in dirittura d’arrivo il decreto con il rinvio a gennaio 2024 dell’acconto tasse previsto a novembre, ultime novità per i lavoratori autonomi/partite Iva.

Perché abolire l’acconto tasse di novembre?

Chi ha la partita Iva lo sa, nel mese di novembre, avendo come punto di riferimento il fatturato degli anni antecedenti, deve versare il primo acconto sulle imposte generalmente dovute nell’anno successivo. Si tratta di una pratica non molto apprezzata dai lavoratori autonomi/partite Iva perché in questo mese ricadono anche ulteriori scadenze, tra cui i contributi e, di conseguenza, diventa difficile riuscire ad adempiere, inoltre gli importi sono calcolati su guadagni ipotetici e non reali.

Il Governo è però al lavoro per eliminare questa incombenza e in base alle dichiarazioni di esponenti della maggioranza già a novembre 2023 potrebbe non esservi il versamento, anche se non per tutti.

Primo passo della riforma fiscale, abolire l’acconto di novembre per i lavoratori autonomi

La riforma fiscale, come noto, si articola in diverse fasi, superata la fase di approvazione della legge di delega fiscale che segna i confini, si è passati alla fase dei dossier, ormai già consegnati e affidati a professionisti del settore ed esperti. Il Governo e in particolare il Ministro dell’Economia Giorgetti, affiancato dal vice-ministro Leo, e la Commissione attività produttive, stanno lavorando ora al dossier che prevede proprio il posticipo dell’acconto di novembre.

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Si tratta di una delle misure che non prevedono una riduzione delle entrate fiscali e di conseguenza può essere atttuata fin da subito senza necessità di coperture. Nonostante questo, per evitare un ammanco nelle casse dello Stato eccessivo per gli ultimi mesi dell’anno, si sta studiando una soluzione ponderata. Si sta quindi scegliendo la soglia di ricavi che dovrebbe beneficiare di questo slittamento già ora e le ipotesi maggiormente quotate sono quelle di fissarla a 500.000 euro.

Da novembre 2024 dovrebbero invece beneficiare dell’abolizione dell’acconto di novembre tutte le partite Iva. Il passo successivo sarà invece estendere l’abolizione degli acconti anche per i lavoratori dipendenti.

Ritocco delle sanzioni

In base alle misure ora allo studio, l’acconto di novembre dovrebbe essere spalmato in pagamenti rateali da gennaio a giugno. Si verserà poi il secondo anticipo, previsto a giugno che è già ora possibile rateizzare. Questa è solo una delle misure che dovrebbe essere attuata fin da subito, infatti tra le prime misure di riforma fiscale che il Governo vuole introdurre c’è anche la riduzione delle sanzioni tributarie al fine di allinearle a quelle dell’Unione Europea e in conformità con la sentenza 46/2023 della Corte Costituzionale.

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Detrazione spese sanitarie, la nuova guida AdE 2023

L’Agenzia delle Entrate fa il punto sulle detrazioni fiscali per le spese sanitarie sostenute nel 2023. Ecco le regole indicate nella guida pubblicata nel mese di ottobre 2023.

L’Agenzia delle Entrate conferma le regole per le detrazioni spese sanitarie

Le regole generali non cambiano, cioè possono essere portate in detrazione esclusivamente le spese elencate nell’articolo 15 del Tuir, non cambia la quota della franchigia di 129, 11 euro, inoltre si possono portare in detrazione le spese sostenute per sé o per un familiare a carico. Viene considerato a carico il familiare con reddito fino a 4.000 euro se si età inferiore a 24 anni e 2.840,51 euro se di età superiore.

Si possono portare in detrazione esclusivamente le spese effettivamente sostenute, ad esempio se la spesa medica è stata pagata dall’assicurazione, la spesa non può essere portata in detrazione. La percentuale riconosciuta continua ad essere del 19%.

Quali spese sanitarie si possono portare in detrazione?

La guida elenca quindi le spese che possono essere portate in detrazione.

  • prestazioni rese da un medico generico (incluse quelle per visite e cure di medicina omeopatica);
  • acquisto di medicinali (anche omeopatici) da banco e con ricetta medica prestazioni specialistiche;
  • analisi, indagini radioscopiche, ricerche e applicazioni, terapie prestazioni chirurgiche;
  • ricoveri per degenze o collegati a interventi chirurgici;
  • trapianto di organi;
  • cure termali (escluse le spese di viaggio e soggiorno);
  • acquisto o affitto di dispositivi medici e attrezzature sanitarie (comprese le protesi sanitarie).

Sono detraibili inoltre le spese per assistenza generica:

  • assistenza infermieristica e riabilitativa (per esempio, fisioterapia, kinesiterapia, laserterapia, eccetera);
  • prestazioni rese da personale in possesso della qualifica professionale di addetto all’assistenza di base o di operatore tecnico assistenziale esclusivamente dedicato all’assistenza diretta della persona;
  • prestazioni rese da personale di coordinamento delle attività assistenziali di nucleo;
  • prestazioni rese da personale con la qualifica di educatore professionale;
  • prestazioni rese da personale qualificato addetto ad attività di animazione e di terapia occupazionale.

Regole per ottenere le detrazioni spese sanitarie

Ricordiamo che in caso di acquisti di farmaci è possibile ancora effettuare l’acquisto con pagamento in contanti, nel caso di prestazioni rese presso una struttura del Servizio Sanitario Nazionale e convenzionate vale la stessa regola, ma nel caso di prestazioni rese da strutture private, è necessario il pagamento con strumenti tracciabili e non in contanti.

Per i medicinali preparati in farmacia (preparazioni galeniche) è necessario che la spesa risulti certificata con documenti contenenti l’indicazione della natura, qualità (in questo caso preparazione galenica), quantità e codice fiscale del destinatario.

Per questi prodotti, la farmacia, se ha difficoltà a emettere scontrini fiscali parlanti, deve certificare la spesa con la fattura.

Infine, si sottolinea che è possibile ripartire la detrazione per le spese sanitarie (tranne quelle relative all’acquisto dei veicoli per disabili) in quattro quote annuali costanti e di pari importo quando il loro ammontare complessivo annuo (righi E1, E2, E3 del modello 730 o righi RP1, RP2, RP3 del modello Redditi Persone fisiche) è superiore a 15.493,71 euro, al lordo della franchigia di 129,11 euro.

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Bonus mobili, limiti per i lavori in condominio

Quando si parla di bonus fiscali, agevolazioni legate all’edilizia, vi è sempre molta confusione e i contribuenti fanno fatica a capire esattamente a cosa si ha diritto. Molti si chiedono: se eseguo lavori su una parte comune di un edificio possono ottenere il bonus mobili? Per rispondere a questa domanda è necessario capire come funziona il bonus mobili e in particolare quali sono i limiti per i lavori in condominio. Al quesito ha risposto l’Agenzia delle Entrate sulla rubrica FiscoOggi.

Cos’è il bonus mobili e a chi spetta

Il bonus mobili è un incentivo che consente di ottenere una detrazione Irpef collegata a lavori di ristrutturazione dell’immobile per l’acquisto di mobili. La detrazione può arrivare al 50% della spesa sostenuta per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione.

Può essere richiesto entro il 31 dicembre 2024 per l’acquisto di mobili collegati a una ristrutturazione iniziata a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello dell’acquisto dei beni. La detrazione viene ripartita in 10 rate annuali di uguale importo.

Posso avere il bonus mobili per lavori condominiali?

Un contribuente ha formulato un quesito all’Agenzia delle Entrate inerente il caso in cui i lavori siano stati eseguiti esclusivamente su parti comuni di un edificio condominiale: Ho avviato lavori di manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio nel quale sono proprietario di 2 unità abitative su 3 in totale. I lavori riguardano le sole parti comuni (rifacimento intonaco e pittura interna del vano scale) e l’intervento ricade tra quelli che non necessitano di titolo edilizio alcuno. La domanda è: posso usufruire del bonus mobili per acquisto camera da letto per una delle unità abitative del quale sono proprietario e che appunto è parte dell’edificio per il quale sto manutenendo le parti comuni?

La risposta dell’Agenzia delle Entrate al quesito è negativa. I lavori in oggetto infatti sono eseguiti esclusivamente sulle parti comuni dell’edificio, questo implica che si può ottenere il bonus mobili solo per suppellettili che dovrebbero avere collocazione su tali parti comuni, ad esempio se ci fosse un ufficio per la guardiania, un eventuale arredo per questa parte se oggetto di ristrutturazione. L’agevolazione non può invece essere sfruttata per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici da destinare all’arredo della propria unità immobiliare. Sulla stessa linea anche la circolare 29 del 2013.

Leggi anche: Bonus mobili 2023: la guida dell’Agenzia delle Entrate con chiarimenti