Cartelle esattoriali: se emesse dopo il 31 dicembre 2020 potrebbero essere nulle

Dopo il caso delle cartelle esattoriali nulle perché notificate attraverso un indirizzo PEC non valido, scoppia un nuovo caso. La Commissione Tributaria Provinciale di Bari ha annullato una cartella perché non emessa nei termini. Ecco cosa è successo.

La normativa da applicare alle cartelle esattoriali del 2015

L’articolo 157 del decreto Rilancio, decreto legge 34 del 2020, al comma 1 aveva previsto termini diversi per l’emissione e la notifica delle cartelle esattoriali. Per gli atti di accertamento e recupero in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020, in deroga agli ordinari termini decadenziali, era previsto che l’emissione degli atti dovesse avvenire entro il 31 dicembre 2020, mentre la notifica degli stessi ha subito diverse proroghe, ma il termine ultimo previsto è il mese di febbraio 2022.

Il caso

Nel caso in oggetto l’atto di accertamento relativo all’anno di imposta 2015 in base a tali termini doveva essere emesso entro il 31 dicembre 2020 e notificato entro il mese di febbraio 2022. Il ricorrente ha però presentato ricorso in quanto nell’atto non era possibile rilevare la firma digitale come antecedente al 31 dicembre 2020. Il ricorso prevedeva anche altri motivi che entravano nel merito della pretesa erariale. Vedremo a breve perché questo inciso è importante.

L’avviso di accertamento era stato notificato nei termini e cioè il 9 marzo 2021, ma di fatto non era possibile rinvenire la data della emissione. Nei motivi della decisione la Commissione afferma “Di certo la firma digitale è stata apposta, come sostiene la ricorrente e non contestata dall’Ufficio, in data successiva a quella del 31.12.2020

Questo implica che l’Agenzia delle Entrate non ha avuto la possibilità di dimostrare che l’emissione ha avuto luogo prima dei termini previsti dal decreto Rilancio.

Nullità per vizio formale della cartella esattoriale: il tribunale non entra nel merito e dichiara la nullità

Quella sollevata dal ricorrente è solo una delle eccezioni presentate, ma di fatto, afferma il giudice, si tratta di una questione preliminare, da esaminare quindi per prima, che assorbe le altre.

Proprio per questo il giudice accetta il ricorso, condanna l’Ufficio che ha emesso l’atto al pagamento delle spese di giudizio e non entra nel merito del ricorso.

Ne è derivato che la Commissione Tributaria Provinciale di Bari ha dovuto accogliere il ricorso del contribuente e dichiarare nullo l’avviso di accertamento e la cartella esattoriale.

Leggi anche: Invalidità notifica cartella esattoriale via pec dell’Agenzia delle Entrate: in quali casi?

Sentenza 1495 CTP Bari

Superbonus: chiarimenti dell’Agenzia in merito alla responsabilità in solido

La Circolare 23 del 23 giugno 2022 dell’Agenzia delle Entrate ha creato molto scompiglio nella parte in cui (paragrafo 5.3) introduce la responsabilità in solido tra il beneficiario del Superbonus e il cessionario. Ora l’Agenzia cambia rotta e aggiorna i criteri per determinare i casi di responsabilità solidale. Vediamo cosa cambia per i cessionari.

Superbonus: nella circolare 33 dell’Agenzia delle Entrate nuovi chiarimenti

La Circolare 33 dell’Agenzia delle Entrate  del giorno 6 ottobre 2022 va a definire i criteri per determinare la responsabilità solidale, avendo come punto di riferimento la legge di conversione del decreto Aiuti Bis che aveva previsto un alleggerimento della responsabilità in favore delle imprese cessionarie.

Ricordiamo che la Circolare 23 aveva introdotto la responsabilità solidale in tutti i casi in cui il cessionario non avesse effettuato adeguati controlli sullo stato di avanzamento dei lavori. La stessa circolare aveva sottolineato che matura tale responsabilità nel caso in cui ci sia:

  • assenza di documentazione o contraddittorietà tra la documentazione;
  • incoerenza reddituale e patrimoniale tra il valore dell’immobile e l’oggetto dei lavori eseguiti;
  • sproporzione tra l’ammontare dei crediti maturati e valore dell’immobile;
  • anomalie nelle condizioni economiche alle quali è stato ceduto il credito;
  • mancata effettuazione dei lavori.

Queste norme così stringenti hanno portato molti soggetti ad aver paura di intraprendere operazioni di cessione del credito e altri a chiedere prove documentali dei lavori eseguiti attraverso foto e in alcuni casi anche con Video (caso Deloitte). Di fatto c’è stato un vero blocco dei lavori.

La circolare 33 va a determinare nuove regole.

Le nuove regole sulla responsabilità in solido per Superbonus: sussiste solo in caso di colpa grave e dolo

In conformità alla nuova disciplina del comma 6 dell’articolo 121 del decreto Rilancio “l’ipotesi di concorso in violazione del fornitore e dei cessionari è stata limitata ai soli casi di dolo o colpa grave” mentre nella precedente versione il concorso in violazione sussisteva anche per la colpa lieve. Resta ferma però la necessità di acquisire i visti di conformità, le asseverazioni e le attestazioni.

Il decreto legislativo 472 del 1997 all’articolo 5 delimita i confini del dolo e della colpa grave. Per dolo deve intendersi “la violazione attuata con l’intento di pregiudicare la determinazione dell’imponibile o dell’imposta ovvero diretta ad ostacolare l’attività amministrativa di accertamento”.

La colpa grave invece si verifica “quando l’imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili e non è possibile dubitare ragionevolmente del significato e della portata della norma violata e, di conseguenza, risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari

La circolare specifica però che per determinare il grado della copa è necessario avere come punto di riferimento anche il profilo professionale del soggetto agente, quindi non si tratta della colpa ascrivibile all’uomo comune, ma la perizia professionale specifica richiesta a chi esercita una determinata professione.

Quando si verificano il dolo e la colpa grave?

Specifica l’Agenzia delle Entrate che nel caso concreto si ha dolo quando il cessionario/fornitore è consapevole dell’inesistenza del credito e nonostante questo decide di acquistarlo e lo usa in compensazione con il modello F24.

Si ha invece colpa grave quando il cessionario abbia omesso in termini macroscopici la diligenza richiesta, ad esempio non richiedendo idonea documentazione da cui emerga il maturare dei crediti e in caso di palese contraddittorietà della documentazione.

La circolare 33 sottolinea che i casi tipici indicati nella precedente circolare 23 al paragrafo 5.3 ( precedentemente elencati nell’articolo) rappresentano un’elencazione a carattere meramente esemplificativo per l’amministrazione finanziaria procedente. Da ciò emerge che il cessionario può invocare elementi e circostanze ulteriori diversi da quelli ipotizzati purché siano idonei a dimostrare di aver applicato la dovuta diligenza ( di conseguenza anche i video devono considerarsi ammessi).

 

 

Superbonus: si può avere per l’installazione di sistemi di accumulo per fotovoltaico?

Sappiamo che tra i lavori che possono usufruire del Superbonus 110% vi è anche l’installazione dei pannelli fotovoltaici. Molti si sono però chiesti se tra le spese agevolabili rientrano anche quelle sostenute per l’installazione di sistemi di accumulo. Ecco cosa emerge dalla disciplina in vigore.

Fotovoltaico e pannelli solari: nell’agevolazione rientrano i sistemi di accumulo

L’articolo 119 del decreto legge 34 del 2020 decreto Rilancio al comma 5 disciplina le agevolazioni previste per l’installazione dell’impianto solare fotovoltaico e ne definisce i limiti. Il comma 6 invece determina in modo specifico le agevolazioni previste per l’installazione di sistemi di accumulo.

Leggi anche: Pannelli solari per fotovoltaico: scarica qui il Modello Unico Semplificato

In particolare il comma 5 sottolinea che le spese per l’installazione di impianti fotovoltaici si applicano le stesse agevolazioni previste dallo stesso articolo nei commi da 1 a 4 quindi il Superbonus 110%, con possibilità di cessione del credito. Il comma 6 stabilisce che le stesse agevolazioni previste nel comma 5 si applicano anche per l’installazione contestuale o successiva di sistemi di accumulo. Occorre però rispettare una condizione prevista nel comma 7 e cioè che l’impianto di accumulo sia collegato alla rete del GSE in modo che l’energia non autoconsumata o non condivisa per l’autoconsumo sia immessa nelle rete.

Sistemi di accumulo per fotovoltaico e pannelli solari: limiti di spesa

Per quanto riguarda l’ammontare delle spese agevolabili i limiti sono diversi, per:

  • impianti solari fotovoltaici il limite complessivo delle spese è di 48.000 euro e comunque non superiore a 2.400 euro per ogni kW di potenza nominale dell’impianto solare fotovoltaico;
  • sistemi di accumulo il limite di spesa ammissibile al beneficio è di 48.000 euro complessivi e euro 1.000 euro per ogni KWh di capacità di accumulo.

Non sono mancati dubbi sui limiti di spesa, infatti non era chiaro se dovevano intendersi distinti o da cumulo. Sul punto è intervenuto il Ministero dello Sviluppo Economico che ha, invece, ritenuto che il predetto limite di spesa di 48.000 euro vada distintamente riferito agli interventi di installazione degli impianti solari fotovoltaici e dei sistemi di accumulo.

Leggi anche: Cessione del credito Superbobus 110%: serve il video dei lavori

Società Benefit: pubblicato il codice tributo per il credito di imposta

Con la Risoluzione 42 l’Agenzia delle Entrate ha reso noto il codice tributo per avvalersi del credito di imposta riconosciuto per la costituzione di Società Benefit.

Cosa sono le Società Benefit e a quanto ammonta il credito di imposta

Le Società Benefit sono una particolare tipologia di società che ha doppio scopo, cioè lo scopo di lucro e uno scopo altruistico.

Per conoscere le peculiarità delle Società Benefit leggi l’articolo: Società benefit: cosa sono, come funzionano e quali vantaggi portano.

Per sostenere lo sviluppo delle Società Benefit, con il Decreto Rilancio prima e con il decreto Aiuti dopo, è stato previsto un credito di imposta in favore dei soggetti che decidono di costituire una società benefit. Il credito di imposta è riconosciuto anche in caso di trasformarmazione di una società già esistente in società benefit. Il credito di imposta è relativo a:

  • le spese notarili e per l’iscrizione nel Registro delle Imprese;
  • le spese inerenti l’assistenza professionale e le consulenze sostenute e destinate alla costituzione e trasformazione delle Società Benefit.

In misura pari al 50%.

Risoluzione 42/E/2022: ecco il codice tributo per le Società Benefit

Con la Risoluzione 42  del 27 luglio 2022 L?Agenzia delle Entrate ha reso noto il codice tributo da utilizzare esclusivamente con il modello F24 che consente di scontare tali spese. Il codice tributo è “6976” (credito d’imposta per il rafforzamento del sistema delle società benefit – art. 38-ter, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34).

È importante ricordare che il credito di imposta si riferisce alle operazioni contemplate nel decreto Rilancio e cioè quelle effettuate tra il 19 luglio 2020 e il 31 dicembre 2021 e non quelle successive che sono invece previste nel decreto Aiuti e che comprendono le operazioni di costituzione o trasformazione di società benefit fino al giorno 31 dicembre 2022. Possono utilizzare il codice tributo le società che hanno presentato correttamente e nei termini istanza attraverso la piattaforma telematica messa a disposizione e a cui è stato comunicato l’ammontare del credito di imposta riconosciuto.

Leggi anche Credito di imposta Società Benefit: c’è tempo fino al 15 giugno per la domanda

Scarica qui l’intera Risoluzione 42/E/2022 RIS_n_42_del_27_07_2022

Come avere il fotovoltaico gratis con il Superbonus 110%

Il Superbonus 110% prevede tra i lavori trainati che possono essere coperti dal bonus anche la realizzazione di impianti fotovoltaici. Anche questa parte della normativa però, come altre, ha avuto delle revisioni normative. Vediamo come ottenere il fotovoltaico gratis con il Superbonus 110% nel 2022.

Come funziona il fotovoltaico

Il fotovoltaico è un impianto realizzato al fine di produrre energia elettrica attraverso l’energia solare. Gli elementi che compongono l’impianto sono i pannelli fotovoltaici, l’inverter e i sistemi di accumulo. Il fotovoltaico non deve essere confuso con l’impianto solare termico, infatti, mentre il primo consente di produrre energia elettrica, il secondo consente semplicemente di produrre acqua calda. Il prezzo medio di un pannello solare varia in base alla tipologia da 70 euro a 250 euro. A questo costo devono essere aggiunte le spese per gli altri componenti e per l’installazione. Certamente questi esborsi nel tempo possono essere ammortizzati grazie alla produzione di energia elettrica utilizzabile per far funzionare elettrodomestici, per il riscaldamento, per caricare batterie e per tutto ciò che viene alimentato dalle rete elettrica. Naturalmente il grado di autosufficienza energetica che si riesce a ottenere dipende dalla superficie disponibile, dall’esposizione al sole e dal “clima”.

Impianto fotovoltaico gratis con il Superbonus 110%

Oggi è però possibile sfruttare il Superbonus 110% per avere l’impianto fotovoltaico praticamente gratis. Sappiamo che il Superbonus consente di effettuare, senza dover pagare, lavori che consentono l’efficientamento energetico con recupero di almeno due classi energetiche. Le due classi devono essere recuperate complessivamente con tali lavori. Per poter accedere al beneficio devono essere effettuati i lavori trainanti, questi permettono di ottenere l’agevolazione anche per i lavori trainati e il fotovoltaico rientra proprio tra i questi. Vi sono però norme specifiche per questa tipologie di impianti e sono dettate dal decreto Rilancio e dalla successive modifiche della normativa, almeno 10.

Il Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio), convertito con modificazioni dalla Legge n. 77/2020 all’articolo 119 comma 5 prevedeva Per l’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica su edifici la detrazione per le spese sostenute tra il 1° luglio 2020 e il 31 dicembre 2021. La misura prevista era per una spesa massima di 48.000 euro

Erano inoltre previsti ulteriori limiti, cioè un massimo di 2.400 euro per ogni kw di potenza nominale dell’impianto in caso di interventi di manutenzione straordinaria e 1.600 euro per gli interventi di ristrutturazione, nuova costruzione e ristrutturazione urbanistica.

Agevolazioni sono previste anche per l’installazione di sistemi di accumulo, sia contestuali, sia successivi ( in questo secondo caso sempre nell’arco di tempo in cui si sostengono spese per i lavori trainanti).  In questo caso l’agevolazione è di 1.000 euro per ogni kWh di capacità del sistema di accumulo.

Sono considerati interventi di manutenzione straordinaria tutti quelli che non prevedono demolizioni e ricostruzione dell’edificio e quindi la maggior parte degli interventi possono beneficiare dell’agevolazione piena.

Con la legge di bilancio 2022 è stata previsto solo un leggero ritocco alla normativa vista in precedenza, in particolare è stato eliminato ogni riferimento al limite temporale e di conseguenza sarà possibile usufruire del fotovoltaico gratis con il Superbonus 110% in qualità di lavoro trainato.

Riduzione della burocrazia per l’installazione di pannelli fotovoltaici

Oggi per l’installazione dei pannelli solari per l’autoproduzione dell’energia elettrica c’è anche un’altra importante novità. Il governo con il decreto energia ha provveduto a ridurre la burocrazia sull’installazione dei sistemi fotovoltaici. Questi interventi saranno ora considerati di manutenzione ordinaria e di conseguenza non sarà necessario ottenere permessi e asseverazioni.

Per saperne di più leggi l’articolo: Il governo apre ai pannelli solari liberi: novità nel decreto energia

Per conoscere la distinzione tra interventi trainanti e trainati, leggi l’articolo: Lavori trainanti nel Superbonus 110%:scopriamo quali sono

 

 

 

Rifinanziato il reddito di libertà e nuove erogazioni per le domande respinte

Nell’ambito delle politiche per la parità di genere, la legge di bilancio 2022 incrementa anche il fondo per il reddito di libertà, in questo modo potranno accedervi anche le donne che avevano visto non accolta la domanda per insufficienza del budget. Scopri come è stato rifinanziato il reddito di libertà e come accedervi.

Cos’è il reddito di libertà

Il reddito di libertà è una misura prevista in favore delle donne vittime di violenza di genere. La misura è diretta in particolare a donne con figli, che decidono di denunciare le violenze subite e di iniziare un percorso verso l’autonomia e l’autosufficienza anche economica. Naturalmente con il sostegno di strutture pubbliche e centri antiviolenza. L’assegno mensile è di 400 euro e l’erogazione è per 12 mesi. Il fondo per il Reddito di Libertà è istituito all’interno del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità che con la legge di bilancio 2022 ha un incremento di 5 milioni di euro.

Perché è stato rifinanziato il reddito di libertà

Il Reddito di libertà ha visto la luce per la prima volta con il decreto legge Rilancio. La circolare INPS 166 dell’8 novembre 2021 ha provveduto quindi a renderlo operativo. In seguito alla presentazione della domanda, in presenza dei requisiti previsti le richieste hanno visto l’accoglimento in ordine cronologico. Molte sono però inevase per insufficienza del budget. La circolare 166 disponeva che le domande che alla data del 31 dicembre 2021 non risultavano accolte a causa di fondi insufficienti, dovevano essere considerate definitivamente rigettate.

Messaggio INPS 4532 del 7 dicembre

L’INPS ha quindi provveduto a fornire chiarimenti  con il messaggio 4532 del 7 dicembre in merito alle domande non accolte per insufficienza di budget.  L’INPS ha sottolineato che in caso di ulteriori finanziamenti del Fondo per le vittime di violenza, le stesse sarebbero state recuperate nel corso del 2022 e di conseguenza le domande conservano la loro validità e saranno istruite e liquidate rispettando l’ordine cronologico di presentazione. Con il rifinanziamento del reddito di libertà attraverso la legge bilancio 2022, le donne interessate potranno ricevere la comunicazione dell’erogazione dell’assegno del reddito di libertà.

Per saperne di più sul reddito di libertà leggi gli articoli:

Reddito di libertà per le donne vittime di violenza: beneficiarie e importi

Reddito di libertà per le donne vittime di violenza: ecco come richiederlo

Bonus Moda 2021: ridotti gli importi. Quanto ricevono le imprese?

Il Bonus Moda è previsto dall’articolo 48 bis del decreto Rilancio, come tanti altri aiuti alle aziende è diretto alle imprese operanti in un determinato settore, in questo caso il tessile, a far fronte alle perdite legate al Covid 19. Per coloro che hanno presentato la domanda c’è però una brutta sorpresa perché gli importi effettivamente riconosciuti sono inferiori rispetto alle aspettative.

Bonus Moda 2021: l’Agenzia delle Entrate riduce gli importi

Il decreto legge 34 del 2020 (decreto Rilancio) prevede diversi aiuti alle imprese e tra questi vi è appunto il Bonus Moda che, come quasi tutti i bonus previsti nel periodo emergenziale, ha un iter piuttosto lungo, infatti gli aiuti non sono diventati subito operativi. Nel caso del Bonus Moda inoltre vi è un’altra brutta sorpresa, infatti gli importi sono inferiori alle somme inizialmente dichiarate.

L’Agenzia delle Entrate con il provvedimento n. 334506 del 26 novembre ha reso noto che in seguito alla comparazione tra le richieste avvenute e i fondi disponibili si è ritenuto necessario effettuare un taglio rispetto a quanto inizialmente prospettato. La normativa infatti prevedeva che le imprese operanti nel settore tessile, della moda, della produzione calzaturiera e della pelletteria potessero richiedere il Bonus Moda. Lo stesso doveva essere calcolato applicando una percentuale del 30% alla differenza tra le rimanenze finali di magazzino attuali e la media delle rimanenze finali di magazzino dei tre periodi di imposta precedenti. La domanda per poter ottenere il beneficio doveva essere presentata entro il 22 novembre 2021.

A quanto ammonta il Bonus Moda?

Per chi ha presentato a domanda vi sono però delle brutte notizie, infatti i crediti in teoria vantati dalle imprese che lavorano nel settore ammontano a 147.757.765 euro, ma i fondi stanziati sono solo 95 milioni di euro e di conseguenza si è pensato di ridurre gli importi di cui ogni impresa potrà beneficiare. In particolare, rifacendo i calcoli l’Agenzia delle Entrate ha deciso che ogni beneficiario riceverà il 64,2944% di quanto effettivamente richiesto e a cui si aveva diritto, pari al 19,28% del rapporto tra le rimanenze finali di magazzino attuali e la media delle rimanenze dei tre periodi di imposta precedenti. In poche parole le imprese otterranno poco più della metà di quanto si aspettavano.

Come riscuotere il Bonus Moda

Le somme, come d’altronde era già stato stabilito, non sono erogate direttamente, infatti il Bonus Moda va a costituire un credito di imposta per le imprese interessate. Per controllare gli importi che hanno ottenuto il riconoscimento è bene controllare il proprio cassetto fiscale. Gli importi possono essere utilizzati in compensazione attraverso l’uso del modello F24 per il periodo di imposta successivo rispetto a quello in cui le somme sono state accreditate.

Deve essere infine sottolineato che per il periodo di imposta in corso le domande del Bonus Moda dovranno essere presentate dal 10 maggio 2022 al 10 giugno 2022. Naturalmente si spera in una maggiore disponibilità di fondi.

Reddito di libertà per le donne vittime di violenza: beneficiarie e importi

Il Reddito di Libertà nasce con l’obiettivo di aiutare le donne ad affrancarsi dalla violenza maschile, ecco come funziona e come presentare la domanda.

Reddito di Libertà: un aiuto importante per le donne vittime di violenze domestiche

In Italia le violenze in famiglia sono diventate ormai una piaga sociale e spesso le donne non si ribellano per paura di ritorsioni in quanto non si sentono sufficientemente protette, inoltre frequentemente si trovano in una condizione di sudditanza economica che non permette di emanciparsi economicamente da compagni/mariti violenti. Si ritrovano quindi in un vero vortice che le inghiotte facendole sentire senza speranza di affrancarsi, insieme ai figli, dalle violenze. La situazione è peggiorata con il lock down perché ha costretto le coppie a convivere per molti giorni h24, spesso in spazi ridotti e questo ha esasperato la condizione.

Le Nazioni Unite nel loro rapporto sulle violenze domestiche hanno parlato di una “pandemia ombra”. In Italia i dati sono allarmanti, infatti le chiamate al numero verde 1522 dal 1° marzo al 16 aprile 2020 sono aumentate del 73% rispetto allo stesso periodo del 2019.  Dello stesso tenore sono i dati raccolti dagli uffici giudiziari: fra il 1° agosto 2019 e il 31 luglio 2020 hanno calcolato un aumento dell’11% dei procedimenti penali per maltrattamenti contro familiari e conviventi. Per far fronte a questa che può  essere considerata in Italia una vera e propria emergenza, nasce il Reddito di Libertà.

Normativa di riferimento

Il reddito di libertà è una misura prevista nel decreto Rilancio (Decreto legge n. 34/2020 convertito in Legge n. 77/2020), proposta dal Ministero per le Pari Opportunità e dal Ministero del Lavoro, a cui è stata data attuazione tramite Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, datato 17 dicembre 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 luglio 2021. Nel decreto sono stanziati 3 milioni di euro destinati al “Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza” il cui obiettivo è aiutare le donne ad avere indipendenza economica e quindi a poter conquistare l’autonomia nel caso in cui si trovino in una situazione di bisogno economico e urgenza.

Al DPCM è allegata una tabella in cui sono raccolti i dati delle diverse Regioni e inerenti la popolazione maschile e femminile, in base all’incidenza della popolazione femminile (dai 18 ai 67 anni di età) rispetto alla popolazione maschile nella stessa fascia di età, sono ripartiti i fondi per le varie Regioni. Dalla tabella emerge che la Regione destinataria della quota più alta dei fondi è la Lombardia che riceve 491.595,00 euro, seguono la Campania, il Lazio, la Sicilia e il Veneto, mentre le Regioni che ricevono minori contributi sono il Molise e la Valle D’Aosta.

La normativa prevede che le Regioni possano a loro volta stanziare ulteriori fondi per alimentare il Reddito di Libertà destinato al loro territorio, questi devono essere convogliati direttamente all’INPS che è il soggetto abilitato a erogare il Reddito di Libertà.

A chi spetta il Reddito di Libertà

La platea di donne a cui spetta ricevere il reddito di libertà è ben definita. Deve trattarsi di:

Donne vittime di violenza, con o senza figli, che però devono essere seguite dai servizi sociali nel percorso di fuoriuscita dalla violenza e dai Centri Antiviolenza riconosciuti dalle Regioni.

Per poter accedere al beneficio occorre naturalmente presentare una domanda il cui modello sarà disponibile, si spera a breve, sul sito dell’INPS, alla domanda deve essere allegata una specifica documentazione e in particolare:

  • è necessario che il rappresentante legale del Centro Antiviolenza riconosciuto dalla Regione che ha in carico la donna e la segue nel percorso di affrancamento dalla violenza ed emancipazione, sottoscriva una dichiarazione in cui attesta la partecipazione ai percorsi di inserimento ed emancipazione ;
  • occorre la dichiarazione sottoscritta dal servizio sociale di riferimento territoriale che attesti lo stato di bisogno in cui si trova la donna.

Una volta accolta la domanda, alla donna sarà erogato dall’INPS un assegno mensile dell’importo massimo di 400 euro per un  anno. Questo sussidio è compatibile anche con il reddito di cittadinanza quindi i due “aiuti” sono cumulabili. Non può essere presentata più di una domanda per ogni soggetto. Il Reddito di Libertà è volto principalmente a favorire l’autonomia abitativa delle donne vittime di violenza e dei figli, a sostenere un percorso scolastico formativo per i figli e  a riacquisire autonomia personale. Proprio in virtù di tali finalità, nel caso in cui nell’anno di riferimento la donna dovesse abbandonare i percorsi messi a disposizione dai Centri Antiviolenza accreditati con la Regione, il sussidio potrà essere revocato dall’INPS.

Quando entra in vigore il Reddito di Libertà?

Deve essere sottolineato che ad oggi, 3 settembre, non è ancora possibile richiedere il Reddito di Libertà perché mancano ancora ulteriori norme attuative di competenza dell’INPS, che si spera possano arrivare a breve, ma due Regioni avevano già introdotto questa novità. Si tratta di Sardegna e Lazio che nel 2018 hanno approvato un progetto pilota volto ad aiutare economicamente le donne vittime di violenza. La Regione Lazio, ad esempio, per il 2021 ha stanziato 2,5 milioni di euro, gestiti tramite i Centri Antiviolenza mirati ad aiutare le donne in difficoltà attraverso percorsi formativi e di inserimento nel mondo del lavoro e attraverso un’indennità mensile rivolta esclusivamente alle donne che decidono di partecipare a tali progetti.