Salasso carburanti 2023: perché il prezzo sta aumentando?

Il governo Meloni non ha provveduto alla proroga del taglio delle accise sui carburanti. Prezzi in salita che portano a un vero salasso carburanti per tutti gli automobilisti.

Salasso carburanti: stop al taglio delle accise

Con il governo Draghi gli italiani hanno potuto beneficiare del taglio delle accise sui carburanti, lo stesso era pari a 30 centesimi a litro a cui si aggiunge l’ulteriore risparmio sull’Iva. Dal primo dicembre 2022 invece il taglio è stato dimezzato e quindi gli italiani hanno assistito a un aumento del prezzo di 12 centesimi a litro per effetto del decreto legge Aiuti Quater.

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A questo si è aggiunto che nel tempo i prezzi dei carburanti si sono stabilizzati e proprio questo fattore ha molto probabilmente portato il Governo a non confermare il taglio delle accise sui carburanti, quindi dal 1° gennaio 2023 i prezzi sono tornati “normali”, cioè senza alcun intervento di taglio.

Salasso carburanti: quanto costano a gennaio 2023?

Secondo le stime effettuate, dal primo gennaio 2023 il prezzo della benzina in modalità self service è in media 1,732 euro/litro e quello del diesel self- service di 1,794 euro/litro, prezzi più alti naturalmente con il servito. Nei mesi passati con il prezzo calmierato il costo di un litro di benzina era intorno a 1,60 euro, con giornate in cui gli italiani hanno potuto acquistare la benzina anche a 1,50 centesimi a litro. Il prezzo del diesel era invece leggermente più alto, ma sicuramente più conveniente rispetto ad oggi.

In Italia le accise sui carburanti pesano sul prezzo finale per circa il 40%, una cifra davvero elevata e che si è accumulata nel tempo, quasi tutti alla vigilia delle elezioni promettono una revisione o un taglio di questi oneri, ma alla fine c’è sempre un nulla di fatto. Ne è dimostrazione il fatto che in questi mesi si è andati avanti con misure temporanee, la cui adozione è iniziata quando il prezzo dei carburanti aveva abbondantemente superato i 2 euro al litro.

Automobilisti sotto pressione: aumenta anche il pedaggio autostradale

Per gli automobilisti questa non è l’unica brutta notizia, infatti dal primo gennaio sono aumentate anche le tariffe autostradali. Avevamo annunciato questo provvedimento nei giorni scorsi, nell’articolo Pedaggi autostradali: aumenti in vista dal 1° gennaio 2023

Ora si può dar conto anche di questi aumenti fissati nel 2% per tutta la rete gestita da Autostrade per l’Italia. Si tratta però di un aumento temporaneo visto che a questo da luglio si unirà 1,34%. Sono bloccate le tariffe sul tratto A24/A25 (Roma Teramo; Torano-Pescara).

L’unica buona notizia per gli automobilisti è data dal fatto che è stato sospeso l’aumento delle multe per le violazioni del codoce della strada che dovevano partire dal 1° gennaio 2022.

Stipendi: aumento in arrivo da gennaio per 4 milioni di italiani. Chi ne beneficerà?

Il Governo Meloni con un emendamento alla manovra di bilancio ha confermato il taglio del cuneo fiscale del 2% introdotto dal governo Draghi, ma non solo, infatti lo ha aumentato di un punto percentuale e ha provveduto ad aumentare la soglia di reddito dei beneficiari. Da questa scelta consegue un aumento degli stipendi. Ecco a chi spetterà e a quanto ammonta.

Con la legge di bilancio in arrivo aumenti per 4 milioni di italiani

Con un emendamento alla legge di bilancio, il governo Meloni ha provveduto ad estendere il taglio del cuneo fiscale a carico del lavoratore del 3% ai redditi compresi tra 20 e 25.000 euro. Prima di questo intervento l’aumento del taglio del cuneo fiscale era per redditi fino a 20.000 euro. I beneficiari di questa estensione, secondo i calcoli effettuati, dovrebbero essere 4 milioni di contribuenti che dovrebbero avere dal mese di gennaio un aumento in busta paga di circa 38 euro. In totale in Italia i contribuenti che percepiscono un reddito fino a 25.000 euro sono 15,4 milioni di euro. I redditi compresi tra 25.001 e 35.000 euro potranno invece continuare a beneficiare del taglio del cuneo fiscale al 2%.

A quanto ammonta l’aumento degli stipendi?

In realtà gli aumenti reali dipenderanno molto dalla reale situazione del singolo contribuente, infatti un lavoratore con un reddito lordo di 12.000 euro, potrà avere un aumento mensile di circa 21 euro netti in più al mese. Chi ha uno stipendio lordo di 15.000 euro potrà invece ricevere 27 euro in più al mese in busta paga. Solo chi ha un reddito lordo di 35.000 euro potrà invece ricevere un aumento di 38 euro netti al mese.

Si tratta di piccole somme che vanno comunque a cumularsi al reddito ai fini Irpef e quindi sottoposte a tassazione.

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Bonus 150 euro: disponibili le istruzioni operative dell’INPS

Con il decreto Aiuti Ter il governo Draghi ha riconosciuto un ulteriore bonus di 150 euro in favore di pensionati e lavoratori. Con la circolare 116 del 17 ottobre 2022 dell’INPS sono invece state rese note le modalità operative per ottenere il bonus.

Bonus 150 euro dipendenti: quando sarà erogato?

L’articolo 18 del decreto legge 144 del 2022 prevede l’erogazione in favore dei lavoratori dipendenti di una somma a titolo di indennità una tantum di importo pari a 150 euro. Come per il bonus di 200 euro previsto nel decreto Aiuti Bis, anche questo prevede il riconoscimento automatico. L’importo sarà anticipato dal datore di lavoro con le competenze del mese di novembre 2022. Il datore di lavoro potrà poi recuperarlo con la dichiarazione contributiva inerente al mese di novembre sotto forma di credito e attraverso il flusso UniEmens.

Questo implica che i lavoratori dipendenti devono produrre al datore di lavoro un’autocertificazione. Il termine previsto per questa dichiarazione è il 30 novembre 2022.

Non possono richiedere la corresponsione del bonus una tantum di 150 euro gli operai agricoli a tempo determinato, mentre la misura è di spettanza agli operai agricoli con contratto a tempo indeterminato.

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Contenuto dell’autodichiarazione del lavoratore

Affinché possa essere percepito il bonus una tantum di 150 euro, il lavoratore deve produrre al datore di lavoro una dichiarazione un cui afferma sotto la propria responsabilità:

di non essere titolare delle prestazioni di cui all’articolo 19, commi 1 e 16” del decreto-legge n. 144/2022”,

cioè di non essere titolare di prestazioni per le quali l’importo viene erogato direttamente dall’Inps, o altro ente di assistenza previdenziale obbligatoria, ad esempio, assegno sociale, assegno per invalidi civili, ciechi e sordomuti, pensione, Naspi, reddito di cittadinanza. L’indennità spetta una sola volta anche nel caso in cui il lavoratore trattenga rapporti con più datori di lavoro.

La circolare 116 del 17 ottobre 2022 sottolinea che il datore di lavoro deve provvedere a corrispondere gli importi “Ai lavoratori dipendenti, con esclusione di quelli con rapporto di lavoro domestico, aventi una retribuzione imponibile nella competenza del mese di novembre 2022
non eccedente l’importo di 1.538 euro
”.

Questo vuol dire che il limite reddituale del 20.000 euro annuali previsto nel decreto Aiuti Ter, non si riferisce all’anno 2021, come per il bonus una tantum di 200 euro, ma al reddito potenziale del 2022 e con riferimento alla “quota” spettante nel mese di novembre 2022.

Attualmente l’Inps ancora non ha reso disponibile il modello da utilizzare per l’autodichiarazione, ma è probabile che provveda al rilascio entro breve tempo. Il modello utilizzato per il bonus di 200 euro potrebbe trarre in inganno per quanto riguarda i riferimenti normativi da inserire, quindi il consiglio è di attendere che sia rilasciato il nuovo. Un’altra novità riguarda i dipendenti pubblici, infatti nella circolare non si specifica, a differenza del bonus di 200 euro, che i dipendenti pubblici non devono presentare l’autodichiarazione. Si deduce che anche questa categoria stavolta dovrebbe provvedere.

 

Bonus Una Tantum 150 euro: a chi spetta? È necessaria la domanda?

Il governo Draghi si licenzia dal Paese con l’ultimo aiuto importante: un Bonus Una Tantum di 150 euro per coloro che hanno redditi inferiori a 20.000 euro lordi. Ecco a chi spetta.

Quando sarà erogato il Bonus Una Tantum di 150 euro?

Il primo bonus è stato stanziato con il decreto Aiuti Bis, si trattava di 200 euro in favore di pensionati, lavoratori autonomi e dipendenti con un reddito inferiore a 35.000 euro nel 2021. Questa volta la misura è ristretta, infatti mentre ci sono ancora numerosi lavoratori autonomi che non sono riusciti a percepire il bonus di 200 euro e stanno aspettando le istruzioni dalle relative casse di competenza, il Governo mette a punto un nuovo bonus, stavolta di 150 euro.

Chi sono i beneficiari del Bonus Una Tantum di 150 euro?

L’indennità Una Tantum di 150 euro sarà erogata nel mese di novembre 2022. Spetterà ai pensionati a cui sarà nuovamente erogata direttamente dall’INPS e ai lavoratori dipendenti, in questo caso con molta probabilità si procederà nuovamente alla presentazione dell’autocertificazione e potrà essere percepito con lo stipendio di competenza del mese di novembre. Da quanto emerge potranno percepire il bonus Una Tantum di 150 euro anche i lavoratori autonomi, ma i tempi probabilmente saranno più lunghi, visto che ancora non hanno ricevuto il bonus di luglio.

Tra i beneficiari ci saranno anche i percettori del reddito di cittadinanza che potranno riceverlo insieme all’importo mensile e in modo automatico, visto che i dati relativi al reddito per loro sono già disponibili. Infine, potranno percepire l’aiuto anche i percettori di Naspi, dis-coll e disoccupazione agricola. Gli ultimi hanno ricevuto il bonus di 200 euro insieme al sussidio di disoccupazione mentre in questo caso dovrebbero percepirlo dall’Inps separatamente. Potranno percepire, dietro domanda, l’importo anche i dottorandi e gli assegnisti di ricerca, infine i lavoratori dello spettacolo, turismo stagionale e dipendenti di impianti termali.

I requisiti per ricevere il bonus Una tantum di 150 euro

Per quanto riguarda i requisiti, si è detto che il bonus Una Tantum di 150 euro spetta a coloro che non superano i 20.000 euro lordi di reddito, si tratta quindi di un importo mensile lordo, comprensivo di imposte non superiore a 1.538 euro. Si tiene in considerazione il reddito personale e non il reddito familiare. Nell’imponibile non si considera la somma relativa ai contributi. Il bonus di 150 euro non è pignorabile e non deve essere considerata al fine della determinazione del reddito.

Per conoscere le altre misure del decreto Aiuti Ter, leggi: Decreto Aiuti Ter: le misure approvate dal Consiglio dei Ministri

Decreto Aiuti Ter: le misure approvate dal Consiglio dei Ministri

In arrivo un nuovo pacchetto di aiuti per le famiglie e le imprese, si tratta dell’ultimo del governo Draghi, approvato in CdM il decreto Aiuti Ter. Tra le novità c’è un nuovo bonus una tantum per coloro che hanno un redito inferiore a 20.000 euro e taglio sulle accise. Ecco in sintesi i contenuti.

Decreto Aiuti Ter per le imprese

La prima novità importante è per le imprese. Il credito di imposta è riconosciuto fino al 30 settembre al 25% per le imprese energivore e al 15% per le altre imprese con un consumo maggiore di 16,5 MW. Dal 1° ottobre e per i mesi di ottobre e novembre è previsto il credito di imposta al 25% per le imprese energivore e gasivore e al 40% per tutte le imprese che consumano gas. Per le aziende agricole è previsto uno stanziamento di 190 milioni di euro per far fronte al caro carburanti.

Per le imprese che devono affrontare crisi di liquidità a causa del caro bollette vi è la possibilità di ottenere la garanzia statale sui prestiti, inoltre attraverso accordi da stipulare con le banche, quindi non con immediata entrata in vigore, sarà possibile avere prestiti a condizioni più favorevoli rispetto a quelle dei mercati. Ricordiamo che c’è un aumento del costo del denaro deciso dalla BCE che sta facendo aumentare i tassi di interesse praticati dalle banche.

Non solo buone notizie per le imprese, infatti vi sono maggiori restrizioni in caso di delocalizzazioni.

Aiuti alle famiglie nel decreto Aiuti Ter: accise, bonus una tantum e disabili

Dal decreto Aiuti Ter arriva anche un’altra importante novità, infatti con decreto interministeriale era stato prorogato il taglio delle accise sui carburanti fino al 15 ottobre, interviene ora il decreto Aiuti Ter con una nuova proroga per i mesi di ottobre e novembre. Finalmente un po’ di respiro per gli automobilisti.

Per chi percepisce un reddito inferiore a 20.000 euro lordi è invece previsto un bonus una tantum di 150 euro. Lo stesso si estende anche i pensionati. La platea dovrebbe essere di circa 22 milioni di persone.

Nel decreto Aiuti ter sono stanziati anche 400 milioni in favore delle Servizio Sanitario Nazionale per far fronte ai rincari del settore ospedaliero. Gli aiuti sono estesi ad RSA e strutture private.

Sono previsti contributi in favore delle scuole paritarie per far fronte al caro energia.

Cento milioni di euro è lo stanziamento in favore del trasporto pubblico locale ed è previsto il rafforzamento dell’edilizia in favore degli studenti universitari fuori sede.

In favore di Enti del Terzo Settore e degli enti religiosi civilmente riconosciuti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali in regime residenziale e semi-residenziale per disabili, è istituito un fondo da 120 milioni di euro.

Taglio accise carburanti: sarà confermato dopo il voto?

Negli ultimi mesi abbiamo costantemente avuto il taglio delle accise sui carburanti di 30 centesimi. La misura attualmente in vigore è stata inserita nel decreto Aiuti Bis ed avrà efficacia fino al giorno 20 settembre. Cosa succederà quindi dopo le elezioni?

Taglio accise: il governo Draghi lo prorogherà dopo il 20 settembre?

Il decreto Aiuti Bis dovrebbe essere l’ultimo atto con contenuto importante del Governo Draghi ormai giunto al capolinea, infatti il governo ora è in ballo solo per gli affari correnti ed eventuali emergenze. Questo vuol dire che con elevata probabilità non ci sarà un decreto o un atto prima del 20 settembre volto ad un’ulteriore proroga del taglio delle accise.

Per sapere se vi sarà o meno una conferma è necessario attendere il nuovo governo. È bene dirlo subito, di certo non ci sarà il 26 settembre. Infatti dopo aver ottenuto i risultati elettorali, il 26 settembre dovrebbero essere noti, si dovrà procedere alla nomina del Presidente del Consiglio da parte del Presidente della Repubblica. Su proposta del Presidente del Consiglio incaricato vi sarà la nomina dei ministri. Ci sarà quindi il voto di fiducia in Parlamento, il giuramento e solo successivamente ognuno prenderà il suo posto. I tempi saranno abbastanza stretti perché c’è da lavorare alla legge di bilancio per evitare l’esercizio provvisorio. Probabilmente prima del primo ottobre non sarà proprio possibile avere un nuovo governo. Ritornando all’argomento principe: cosa succederà al taglio delle accise sui carburanti dopo il voto?

Leggi anche: Decreto Aiuti Bis: arriva l’aumento delle pensioni già a ottobre

Taglio accise carburanti: sarà confermato dopo il voto?

Il taglio delle accise sui carburanti finora è stato finanziato con l’extra gettito Iva maturato proprio grazie all’aumento dei prezzi del carburante. Per mantenere il taglio delle accise servono 1,16 miliardi di euro al mese. Attualmente però siamo in una fase di discesa dei prezzi dei carburanti con benzina al self service pagata circa 1,80 euro al litro e il gasolio leggermente più basso. Vi sono distributori con prezzi anche inferiori a 1,80 euro al litro per la benzina. La discesa dei prezzi è stata di circa 22 centesimi al litro.

Questo vuol dire risparmio per gli automobilisti, ma anche minori entrate per lo Stato per quanto riguarda l’Iva. Da ciò discende una conseguenza abbastanza importante: potrebbe essere difficile con questi prezzi, che sono gli stessi ante-guerra in Ucraina, rifinanziare nuovamente il taglio delle accise dopo il 20 settembre.

Questo però non vuol dire dover rinunciare al taglio delle accise sui carburanti, infatti il nuovo governo potrebbe decidere, se i prezzi dei carburanti restano gli attuali, di ridurre il taglio in modo da restare sempre intorno ai 2 euro al litro e allo stesso tempo avere entrate fiscali costanti.

Attualmente nessuno schieramento si è pronunciato su questa materia, neanche Matteo Salvini che alla precedente tornata elettorale si era decisamente schierato contro le accise sui carburanti, deludendo poi di fatto molti cittadini che hanno visto il taglio delle accise solo recentemente e non in modo strutturale, ma solo per far fronte all’emergenza prezzi.

 

Austerity: presentato il piano di emergenza del governo per imprese e negozi

Il Governo ha presentato il piano di emergenza per far fronte alla crisi energetica a fronte della riduzione degli approvvigionamenti di gas dalla Russia.

Gas e Austerity: presentato il piano di emergenza per ridurre i consumi energetici

Il 2022 non è stato un anno molto semplice per gli italiani e sembra che l’autunno sarà ancora più difficile al punto che è già stato presentato da Draghi un piano di emergenza straordinario da attivare in caso di ulteriori riduzioni delle forniture di gas dalla Russia. Mentre apprendiamo da Eni che la Gazprom ha ulteriormente ridotto di un terzo le forniture di gas all’Italia, l’Unione Europea ha dichiarato che la situazione è molto seria e di conseguenza l’Italia sta preparando un piano di emergenza che dovrebbe aiutarci a uscire dal prossimo inverno.

Il pretesto delle riduzioni sono i lavori che stanno interessando il gasdotto Nord Stream che negli ultimi mesi è al centro delle cronache, i lavori dovrebbero terminare tra 10 giorni e sarà proprio quello il momento della verità, infatti nuovi tentennamenti e riduzioni da quel momento non avrebbero più senso. Ciò che tutti temono è che la manutenzione sia un pretesto per nascondere un tentativo della Russia di fare pressioni sull’Europa affinché cessi il sostegno all’Ucraina e soprattutto l’invio di armi.

La paura che attanaglia tutti, e dichiarata da Ursula Von der Leyen, è che la Russia, possa arrivare a un taglio completo di fornitura di gas in tutta Europa. La paura è tale che i giornali tedeschi sottolineano nei titoli che sarà un inverno lungo, freddo e buio e questo è ciò che temiamo tutti.

Quali sono i tagli previsti dall’austerity?

A farne le spese in Italia saranno soprattutto le imprese e naturalmente ciò ricadrà sui lavoratori e di conseguenza su tutti. Il piano di austerity è molto rigido prevede:

  • riduzione di forniture a imprese energivore ( cementifici, acciaierie, ceramica e vetro);
  • riduzione del gas alle imprese interrompibili;
  • chiusura dei locali commerciali ( negozi) alle ore 19:00;
  • chiusura dei locali notturni alle ore 23:00;
  • riduzione degli orari di funzionamento della pubblica illuminazione, oppure riduzione dei lampioni accesi durante gli orari notturni;
  • diminuzione della temperatura in tutti gli edifici, anche privati, e applicazione di paletti per quanto riguarda gli orari di funzionamento degli impianti di riscaldamento;
  • riduzione della temperatura nei pubblici uffici, non potranno essere superati i 19°C ( in realtà questi limiti sono in vigore già dal mese di maggio e fino ad aprile 2023, previsti 19 gradi in inverno e 27 in estate);
  • chiusura anticipata degli uffici pubblici.

Il piano prevede anche un maggiore utilizzo del carbone per la produzione di energia. Se tutto questo non dovesse bastere si potrà far fronte al fabbisogno energetico attraverso il ricorso alle riserve strategiche (parte non riservata alla commercializzazione). Nel frattempo Bruxelles sta preparando un piano europeo volto a coordinare i piani dei 27 Paesi. Tra le misure che potrebbero essere annunciate vi è anche un redistribuzione tra i Paesi dell’Unione Europea.

Si può ormai dire, come in molti già sottolineano, che ci apprestiamo a entrare in un’economia di guerra.

Ministro Cingolani: le famiglie adottino comportamenti consapevoli

L’invito del ministro Cingolani è ad avere comportamenti consapevoli, infatti i consumi delle famiglie rappresentano il 30% del totale, se ogni famiglia scegliesse autonomamente di abbassare di un grado la temperatura invernale e riducesse di un’ora il tempo di accensione dei riscaldamenti, si potrebbero risparmiare 1,5- 2 miliardi di metri cubi. Un piccolo sacrificio per un grande risultato, naturalmente si tratta solo di un esempio di uso consapevole che andrebbe a ridurre anche l’inquinamento e le spese delle famiglie.

Aumenti in busta paga con il taglio del cuneo fiscale nel decreto Luglio

È stato annunciato dal Presidente del Consiglio Mario Draghi il nuovo taglio del cuneo fiscale. La misura dovrebbe essere contenuta nel decreto Luglio e portare aumenti in busta paga della misura di 70-80 euro. Tutte le novità previste per i lavoratori e le imprese.

Cos’è il cuneo fiscale?

Il cuneo fiscale rappresenta la differenza tra la retribuzione lorda e la retribuzione netta percepite dal lavoratore dipendente. L’Italia in merito detiene un triste primato, infatti tra i Paesi OCSE è tra quelli che hanno il cuneo fiscale più alto. Il livello è tale che più volte l’Unione Europea, soprattutto negli ultimi mesi, ha sollecitato interventi volti ad abbassare il cuneo fiscale e quindi ridurre le tasse sul lavoro. Dello stesso avviso anche Confindustria.

Ora finalmente sembra che qualcosa si stia muovendo. L’Italia è uno dei Paesi dell’Unione Europea che ha scelto di non combattere l’inflazione con l’aumento dei salari. Sono molti gli economisti a sostenere questa scelta ricordando la scelleratezza negli anni Ottanta di perseguire la politica di ricorsa tra prezzi e salari che portò l’inflazione a due cifre, fino al 20%, in quel caso veniva attuato il meccanismo della scala mobile abbandonato poi definitivamente nel 1992.

Proprio per questo motivo molto probabilmente il governo Draghi sta cercando misure di contenimento alternative con piccoli interventi volti ad aiutare gli italiani ad affrontare le spese, ma senza seguire la spinta inflazionistica. Rientrano in questa ottica il bonus di 200 euro, il taglio delle accise sui carburanti e diversi piccoli aiuti alle imprese. Nel quadro degli aiuti si inserisce il taglio del cuneo fiscale.

In merito al bonus di 200 euro, sono molti i professionisti che ritengono necessario un’autodichiarazione dei lavoratori inerente i requisiti. per saperne di più, leggi l’articolo: bonus 200 euro: lavoratori dipendenti devono presentare l’autodichiarazione?

Taglio del cuneo fiscale: il Governo vuole raddoppiare quello di gennaio

Il primo taglio del cuneo fiscale è stato effettuato a gennaio in misura dello 0,8%, ora è in programma nel Decreto Luglio il raddoppio di tale misura, fino a 1,6%. Questo dovrebbe portare nelle tasche degli italiani in media circa 70- 80 euro al mese in più.

Deve essere sottolineato che le ipotesi allo studio sono diverse, infatti da un lato c’è la volontà di optare per il taglio di 1,6% per redditi fino a 35.000 euro annui ( come previsto già per il taglio di gennaio), dall’altro ci potrebbe essere la disponibilità ad optare per un taglio per i redditi fino a 15.000- 20.000 euro l’anno. Il problema principale infatti potrebbero essere le risorse che dovrebbero arrivare dall’extra gettito fiscale del settore petrolifero. Ulteriori risorse potrebbero arrivare dalla tassazione degli extraprofitti che colpisce 11.000 società che operano nel settore energetico e che ha già consentito al governo di recuperare 42 miliardi di euro. Si tratta quindi di una sorta di redistribuzione. Allo studio c’è anche l’ipotesi di aumentare l’aliquota sugli extra-profitti dal 25% al 30%, fatto che porterebbe a ulteriori entrate per 2 miliardi di euro.

Tassa sugli extra-profitti: quali imprese sono interessate?

Il taglio del cuneo fiscale potrebbe essere strutturale dal 2023

Il nuovo taglio del cuneo fiscale annunciato da Draghi dovrebbe essere in vigore nei mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre. Ma questa non è l’unica novità, infatti si prevede di inserire il taglio del cuneo fiscale in forma strutturale attraverso la legge di bilancio per il 2023. Di conseguenza il taglio straordinario dovrebbe restare in vigore per il 2022, per poi avere la misura strutturale dal 2023. Si tratterebbe di una novità apprezzabile e gradita non solo ai lavoratori, ma anche alle imprese che finalmente vedono diminuire il carico fiscale e possono offrire maggiori incentivi economici ai lavoratori.

Naturalmente il mancato adeguamento degli stipendi non piace ai lavoratori che vedono il loro potere d’acquisto scendere e questo anche perché c’era un notevole gap da colmare già prima dell’avvento dell’inflazione trainata dai costi energetici.

Dovrebbe essere prorogato sempre nel decreto luglio anche il taglio delle accise sui carburanti.

Tassa sugli extraprofitti: quali imprese sono interessate?

Negli ultimi mesi si sente parlare spesso della tassa sugli extraprofitti che dovrebbe riguardare le società energetiche che con l’aumento delle tariffe del settore energia hanno percepito ricavi ulteriori. Tale tassa dovrebbe poi andare a coprire in parte gli aiuti ai contribuenti, ma di cosa si tratta, a chi spetta e potrebbe riversarsi nuovamente sui cittadini?

Tassa extraprofitti, a quanto ammonta?

La tassa sugli extraprofitti è stata introdotta dal Governo Draghi, nella prima formulazione prevedeva un’aliquota del 10%, nella formulazione invece introdotta con il decreto Crescita è addirittura stata innalzata al 25%. La tassazione extra si applica alle aziende che operano nel campo delle energie, tra queste vi sono: produttori, rivenditori e importatori di energia elettrica, di gas, tra cui anche le imprese che si occupano dell’estrazione della materia prima e dei prodotti petroliferi.

Per calcolare la tassazione extra si opera il raffronto della differenza tra le operazioni attive e passive al netto dell’IVA fatturate tra il primo ottobre 2021 e il 30 marzo 2022 con le somme fatturate invece nello stesso periodo dell’anno precedente. La ratio di questa tassazione degli extraprofitti è rappresentata dal fatto che, secondo il Governo, al netto degli aumenti generali, dalla preoccupante salita dei prezzi e dell’inflazione deriva comunque un maggiore ricavo per le aziende impegnate in questo settore. Di conseguenza, in una sorta di redistribuzione ideale, questi extraprofitti dovrebbero ritornare in parte ai consumatori. Infatti il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha definito questa misura come un contributo di solidarietà.

La tassazione degli extraprofitti dovrebbe riportare nelle tasche del governo circa 4 miliardi.

La reazione delle imprese del settore

Le aziende del settore non hanno fatto mancare le proprie critiche, in primo luogo perché la tassazione va a colpire anche le aziende che lavorano nel settore delle rinnovabili e che di conseguenza operano per la transizione ecologica, che in questo periodo è diventata una vera emergenza in quanto vanno a ridurre la dipendenza energetica dell’Italia dalla Russia.

Le aziende del settore denunciano anche un danno reputazionale agli occhi degli investitori esteri a causa della “perdurante incertezza regolatoria” del settore. Tra le critiche alle norme c’è anche il fatto che diventa difficile calcolare quali siano gli extraprofitti, infatti il confronto deve essere fatto con le operazioni attive e passive che si sono registrate tra il mese di ottobre 2020 e il mese di marzo 2021, quando la pandemia aveva ancora effetti pesanti, le aziende lavoravano in regime ridotto e di conseguenza anche i consumi energetici erano più bassi.

La norma esclude dalla extra tassazione i soggetti regolati che si occupano delle infrastrutture, si tratta di Terna, Italgas e SNAM. Gli altri soggetti saranno invece tassati. Per costoro si apre un nuovo problema, cioè il calcolo della base imponibile infatti in alcuni casi si tratta di realtà complesse.

Canone Rai non sarà in bolletta! Ma è davvero così? Cosa c’è di vero?

Dal 2023 non ci sarà più il canone Rai in bolletta e molti sono gli italiani che già esultano all’idea di non dover pagare ad ogni fattura anche la quota del canone Rai. Ma è davvero così o è stato solo un annuncio mediatico, magari per tranquillizzare gli italiani? Vedremo a breve che i giochi ancora non sono conclusi.

Il canone Rai è un onere improprio?

L’Unione Europea nell’approvare il PNRR presentato dall’Italia ha posto delle condizioni, in particolare ha chiesto all’Italia, al fine di contenere la fattura energetica e quindi di sollevare gli italiani da fatture eccessivamente esose, di eliminare tutti gli oneri impropri. Tra gli oneri impropri per la fattura energetica molti ritengono che vi sia il canone Rai. Lo stesso viene caricato ogni bimestre sulla bolletta in misura di 18 euro.

Naturalmente ora con gli aumenti dei costi energetici è diventato ancora più difficile sostenere tali esborsi.

Da quando gli italiani pagano il canone Rai in bolletta?

L’introduzione del canone Rai in bolletta è dovuta a una legge del governo Renzi che ha portato il canone in bolletta dal 2016. L’obiettivo era ridurre in modo notevole l’evasione per questo tributo che aveva livelli a dir poco imbarazzanti. Gli italiani infatti hanno sempre avuto un certo odio per questa tassa non capendone la ratio. In molti contestano la qualità dei prodotti messi in onda.  Altri  contestano il fatto che devono pagare il canone anche se magari non amano i programmi della Rai. In molti osservano che comunque vi è un impatto elevato della pubblicità e quindi il canone non dovrebbe essere corrisposto, infine lamentano un eccesso negli “stipendi” dei professionisti impegnati in Rai. Di fatto chi per un motivo, chi per un altro erano tantissimi quelli che non pagavano.

La soluzione per fare cassa era accorpare il canone in bolletta. L’adozione di questa misura per gli italiani che avevano sempre pagato ha portato un risparmio infatti attualmente gli italiani pagano 90 euro l’anno, mentre prima che ci fosse l’accorpamento nella bolletta energetica il costo era di 115 euro.

Dal 2023 davvero il canone Rai non sarà in bolletta?

In seguito alla richiesta dell’Unione Europea, Maria Laura Paxia, del Gruppo Misto, ha presentato un ordine del giorno alla Camera dei Deputati avente come oggetto proprio “adottare misure normative dirette a scorporare dal 2023 il canone Rai dalla bolletta elettrica”. Il Governo Draghi ha dato seguito a questa richiesta approvando l’ordine del giorno. Deve essere sottolineato che tale ordine del giorno non è vincolante, ecco perché la strada sembra essere tutta in salita.

Sia chiaro, questo è solo il primo passo, infatti ora si rende necessario provvedere ad adottare una normativa che permetta comunque di riscuotere il canone Rai e possibilmente non aumentare la tariffa e allo stesso tempo riscuotere da tutte le famiglie. Di certo non sarà facile in quanto molti proveranno di nuovo a evadere.

Sono tutti d’accordo sull’addio del canone Rai in bolletta?

Proprio per questo anche Viale Mazzini ( sede Rai) esprime perplessità. Alla fine del 2020 purtroppo è stato registrato un calo del fatturato e conti in rosso e al termine dell’anno le perdite erano di oltre 600 milioni di euro. Non va meglio nel primo semestre del 2021 con perdite per oltre 300 milioni di euro. Proprio per questo molti tendono a sottolineare che, considerando che in fattura il canone Rai è ben riconoscibile come voce separata, non deve essere considerato un onere improprio alla stregua di ciò che intende l’Unione Europea e di conseguenza non vi sarebbe necessità di scorporarlo.

Deve essere sottolineato che dallo stesso Governo arrivano posizioni non ben chiare, infatti viene ribadito che l’approvazione dell’ordine del giorno è un atto di indirizzo politico inserito del decreto bollette e di conseguenza si dovrà provvedere a interpretare tale atto di indirizzo politico e capire se adeguarsi o meno. Insomma il Governo sembra essere piuttosto scettico, o almeno titubante. I prossimi mesi saranno decisivi e potremo capire quale indirizzo prenderà il Governo per risolvere questa problematica davvero spinosa e che potrebbe anche creare non pochi problemi alla maggioranza.

Ricordiamo che molti italiani possono godere dell’esenzione dal canone Rai. Per saperne di più, leggi l’articolo Esenzione canone Rai 2022: a chi spetta e quali moduli usare.