Iva al 4% per i prodotti informatici, ecco in quali casi si può avere

L’Agenzia delle Entrate ha reso noto che per alcuni prodotti informatici l’Iva non è al 22%, ma al 4%. Ecco chi potrà usufruirne e quali prodotti sono interessati da tale novità.

Iva al 4%, quando si può applicare?

L’Agenzia delle Entrate nella risposta ad Interpello n° 282 del 4 aprile 2023 ha reso noti i criteri con i quali è possibile riconoscere l’Iva al 4% per i supporti informatici necessari a persone che hanno deficit motori, visivi, uditivi o disturbi del linguaggio.

La normativa infatti prevede in modo generico che le persone che abbiano un’invalidità riconosciuta possano ottenere l’agevolazione fiscale dell’Iva al 4% prevista dalla legge 104 del 1992 (articolo 3). Non c’è una lista dei prodotti informatici che possano usufruire di tali benefici, ma di volta in volta è necessario determinare se quel determinato supporto è in grado effettivamente di migliorare l’autosufficienza, l’integrazione e quindi la qualità della vita della persona avendo delle funzioni che possono essere definite pertinenti rispetto all’handicap.

Vi sono dei limiti temporali da rispettare tra la vendita di due prodotti informatici con Iva al 4%?

Il chiarimento in oggetto è richiesto da una società che si occupa di vendita di dispositivi elettronici. In particolare l’istante chiede se vi sono dei limiti temporali da rispettare per la vendita di tali prodotti. L’acquirente infatti chiede la vendita di un telefono smartphone, il venditore ricorda di aver venduto allo stesso soggetto con aliquota agevolata al 4% un altro dispositivo simile solo qualche mese prima. Il potenziale acquirente non mostra prove inerenti lo smarrimento, il furto o il guasto del precedente dispositivo.

Venditore non deve controllare la distanza temporale negli acquisti, ma i certificati

L’Agenzia delle Entrate sottolinea che in effetti la normativa in oggetto non prevede limiti temporali inerenti l’acquisto di tali beni. Di conseguenza il venditore non è tenuto a verificare gli acquisti antecedenti di sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l’autosufficienza e l’integrazione dei soggetti portatori di handicap di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Allo stesso tempo l’Agenzia nella risposta ad Interpello 282 del 2023 sottolinea che il venditore è tenuto a controllare il certificato medico attestante l’invalidità funzionale permanente rilasciato dall’azienda sanitaria locale competente o dalla commissione medica integrata.

Nel caso in cui nel certificato medico non risulti il nesso tra il sussidio tecnico informatico e la menomazione permanente, l’acquirente dovrà produrre un’ulteriore certificazione rilasciata dal medico curante dal quale risulti tale nesso funzionale in modo univoco. L’Agenzia sottolinea che il certificato in oggetto “deve contenere l’individuazione dello specifico sussidio tecnico informatico oggetto di acquisto per il quale ricorre il sopra menzionato nesso funzionale.” Solo se il certificato contiene tale indicazione sarà possibile procedere alla vendita applicando l’aliquota Iva al 4%.

Leggi anche: Iva agevolata al 4% con semplificazioni per chi ha una patente “speciale

Assicurazione casalinghe obbligatoria 2023: ancora pochi giorni per il rinnovo

Entro il 31 gennaio 2023 deve essere versato il premio Inail per l’assicurazione casalinghe. Ecco tutti i termini.

Assicurazione casalinghe Inail: chi deve effettuare il pagamento?

La polizza casalinghe Inail è stata introdotta con la legge 493 del 1999. È obbligatoria per tutti coloro che si occupano in maniera abituale, esclusiva e gratuita dei lavori in casa. Devono sottoscrivere la polizza tutte le donne e gli uomini di età compresa tra 18 anni e 67 anni che svolgono attività di cura della famiglia e della casa in modo gratuito, abituale e senza vincoli di subordinazione.

Per il 2023 il pagamento deve avvenire entro il 31 gennaio e l’importo da corrispondere è di 24 euro. Nel caso di primo pagamento è necessario prima effettuare l’iscrizione sul sito Inail con un codice di identità digitale ( Cie, Spid Cns), una volta effettuata l’iscrizione si riceverà una e-mail di conferma con avviso di pagamento e da questo momento si sarà abilitati ad effettuarlo.

Nel caso in cui si è già iscritti il pagamento può essere effettuato direttamente dall’App Io.

Leggi anche: App IO: cos’è, come scaricarla e quali servizi sono accessibili?

L’importo può essere pagato online anche attraverso il sito di Poste Italiane, il sito della propria banca, oppure dell’Inail. Chi non ha abbastanza dimestichezza con tali strumenti può effettuare il pagamento presso uffici postali, banca, sportello bancomat, ricevitorie, tabaccai e supermercati abilitati.

Chi è esente dal versamento?

Sono esentati dal pagamento i soggetti

  • con un reddito complessivo lordo inferiore a 4.648,11 euro annui;
  • far parte di un nucleo familiare con un reddito complessivo lordo inferiore a 9.296,22 euro annui.

Coloro che si trovano in tale condizione devono comunque andare sul sito Inail ogni anno e cliccare sulla sezione “Domanda di iscrizione e rinnovo con dichiarazione sostitutiva”.

Cosa prevede il premio assicurativo Inail per chi si occupa di lavoro casalingo?

L’assicurazione Inail contro gli infortuni domestici prevede che in caso di incidente che porti a una menomazione almeno del 16% il soggetto possa ottenere una rendita (commisurata all’invalidità) mensile esentasse.

L’importo minimo della rendita è di 119,23 euro, mentre l’importo massimo che si può ottenere in caso di invalidità al 100% è di 1.454,08 euro . In caso di morte dell’assicurato l’importo sarà erogato in favore dei superstiti i quali potranno anche ricevere un assegno una tantum di 10.742,76 euro . Nel caso in cui dall’infortunio sia derivata un’invalidità di percentuale compresa tra il 6% e il 15%, il soggetto assicurato potrà ricevere un importo una tantum di 337,41 euro. Naturalmente l’infortunio deve essere intercorso durante operazioni di lavoro domestico, ad esempio mentre si stira o mentre si lava il pavimento.

Leggi anche: Fondo casalinghe INPS: cos’è? Conviene iscriversi? Importi

Invalidità, l’elenco completo di tutte le agevolazioni fiscali che spettano

La disabilità porta con se una serie di agevolazioni fiscali che spettano alla persona o al nucleo familiare in cui vive, un elenco può aiuta a scoprirle.

Disabilità, le agevolazioni per figli a carico

Avere un figlio disabile in casa può comportare una serie di spese proprio relative alle visite specialistiche o cure che sono a carico della famiglia. Tuttavia per ogni figlio con disabilità fiscalmente a carico, spettano alcune detrazioni Irpef:

  • 1.620 euro, se il figlio ha un’età inferiore a tre anni;
  • 1.350 euro, se il figlio ha un’età pari o superiore a tre anni.

Mentre con più di tre figli a carico la detrazione aumenta di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo. Inoltre le detrazioni figli a carico sono concesse in funzione del reddito complessivo posseduto nel periodo d’imposta. Tuttavia l’importo delle detrazioni diminuisce all’aumentare del reddito. Ma si annulla totalmente nel caso di un reddito complessivo maggiore a 95 mila euro.

Disabilità, gli altri aiuti previsti

Esistono delle agevolazioni anche l’acquisto di veicoli che servono agli spostamenti dei disabili. In caso di acquisto si ha diritto ad una detrazione Irpef del 19% della spesa sostenuta. Inoltre per l’Iva, questa scende la 4%, invece che al 22%. Tutti i mezzi che servono al trasporto del disabile godono dell’esenzione del pagamento del bollo auto, e anche l’esenzione dall’imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà.

Mentre per l’acquisto di sussidi tecnici e informatici è possibile avere una detrazione dell’Irpef del 19% sulla spesa sostenuta. Anche in questo caso l’iva è agevolata al 4%. Previste anche detrazioni delle spese di acquisto e di mantenimento del cane guida per i disabili non vedenti. Infine detrazione irpef al 19% delle spese sostenute per i servizi di interpretariato dei sordi.

Spese sanitarie, assistenza ed abbattimento delle barriere architettoniche

L’abbattimento delle barriere architettoniche è un elemento fondamentale per i disabili, perché gli permettono di accedere in luoghi che altrimenti non potrebbero. Per questo motivo sono interamente detraibili le spese sostenute per la realizzazione degli interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche.

Le spese mediche sono un altro capito che grava molto sulle famiglie. Tuttavia per aiutare nei costi da sostenere esiste la deduzione dal reddito complessivo dell’intero importo delle spese mediche generiche e di assistenza specifica. In particolare, in merito all’assistenza personale sono previsti:

  • la deduzione dal reddito complessivo degli oneri contributivi fino ad una massimo di 1.549,37, versati per gli addetti ai servizi domestici e all’assistenza personale e familiare;
  • la detrazione Irpef del 19% delle spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale, da calcolare su un importo massimo di 2100 euro.

Tuttavia tutte le detrazioni nello specifico possono essere consultabili anche sul sito dell’Agenzia delle entrate.

 

 

Assegno di incollocabilità: i nuovi importi riconosciuti dal mese di luglio

Buone notizie per chi percepisce l’assegno di incollocabilità Inail: è in vigore l’aumento degli importi. A darne comunicazione è stata l’Inail con la circolare n° 27 del 14 luglio 2022.

Assegno di incollocabilità: cos’è

L’Inail lo scorso 14 luglio con la circolare n° 27 ha reso noto che sono in vigore i nuovi importi corrisposti in favore dei soggetti che percepiscono l’assegno di incollocabilità. Tale assegno spetta, su domanda, a coloro che in seguito a malattia professionale o infortunio sul lavoro non possono fruire dell’assunzione obbligatoria. Questa misura di sostegno viene erogata a soggetti che, per il grado e la tipologia di invalidità non possono essere impiegati nel lavoro in quanto le condizioni di lavoro sono incompatibili con la loro salute oppure possono mettere a rischio la salute o la sicurezza dell’invalido o di chi lavora con lui. Le somme percepite non concorrrono a determinare redditi ai fini Irpef.

L’assegno di incollocabilità si riconosce agli invalidi di guerra,  o invalidi per infortunio o malattia professionale che si trovano nell’impossibilità di fruire dell’assunzione obbligatoria. Per poterne fruire occorre il riconoscimento da parte della commissione Inail di un grado di invalidità non inferiore al 34%, in applicazione delle tabelle allegate al D.P.R. 1124 del 1965, per infortuni sul lavoro verificatesi o malattie professionali denunciate fino al 31 dicembre 2006.

Per gli infortuni verificatisi in seguito a tale data, per ottenere l’assegno di incollocabilità il grado di menomazione psico-fisica e danno biologico deve essere superiore al 20% con applicazione delle tabelle tabelle di cui al d.m. 12 luglio 2000.

Si può richiedere l’assegno di incollocabilità fino al compimento del 65° anno di età.

Variazione dell’assegno di incollocabilità Inail

La variazione degli importi applicata all’assegno di incollocabilità si calcola ogni anno, proprio come per le pensioni, in base all’indice dell’inflazione. Vi sono però delle differenze, infatti gli importi degli assegni pensionistici sono sottoposti a revisione in modo da riconoscere gli importi eventualmente maggiorati già nel mese di gennaio. La rivalutazione per le pensioni si effettua tenendo in considerazione l’inflazione registrata al terzo trimestre dell’anno antecedente, si parla anche di rivalutazione in base all’inflazione stimata.

Con l’assegno di incollocabilità invece l’adeguamento degli importi si applica tenendo in considerazione l’inflazione registrata nell’arco del biennio. In questo caso l’importo ha avuto un aumento dell’1,9% sulla base della variazione, registrata dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenuta tra il 2020 e il 2021, pari all’1,9%.

Appare quindi evidente anche che la rivalutazione non viene calcolata sull’inflazione corrente che attualmente si attesta all’8%. Questo implica che le somme che percepiranno i beneficiari dell’assegno di incollocabilità non possono dirsi adeguate rispetto all’aumento del costo della vita che si sta registrando in questi mesi.

I nuovi importi dell’assegno di incollocabilità dal 1 luglio 2022

Fatta questa premessa, l’Inail nella circolare 27 del 14 luglio 2022 ha comunicato che il nuovo importo mensile percepito da coloro che hanno diritto all’assegno di incollocabilità è di euro 268,37. I nuovi importi, determinati con deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Inail del 10 maggio 2022 n.79, hanno ottenuto parere positivo da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Per dovere di cronaca si sottolinea che gli importi percepiti negli anni 2020 e 2021 erano di 263,37 euro mensili, quindi l’aumento è stato di 4 euro mensili.

 

Disability Card: dal 22 febbraio è possibile richiederla. La Guida dell’INPS

Dal 22 febbraio 2022 è possibile inoltrare la domanda per ottenere la Disability Card o Carta Europea della Disabilità (CED). L’INPS con il messaggio 853 del 2022 ha provveduto a delineare una guida per poterla richiedere.

Cos’è la Disability Card?

La Disability Card è una tessera digitale che consente di accedere in maniera facilitata ai servizi riservati ai disabili, ciò è possibile perché contiene tutti i dati del disabile all’interno di un QRCode, si tratta quindi di una card personale. Dal 22 febbraio la Disability Card sostituirà in modo graduale tutti i certificati cartacei. Questo vuol dire che il disabile in caso di visite di controllo, oppure per accedere a servizi riservati non dovrà portare con sé tutta la documentazione, ma potrà utilizzare la card. La stessa è valida anche nei Paesi dell’Unione Europea.

Per conoscere i dettagli della Disability Card leggi l’articolo: Disability Card: dal 2022 servizi più agili per i disabili

Cosa serve per presentare la domanda per ottenere la Disability Card?

Per poter presentare la domanda in primo luogo è necessario avere un’identità digitale, tre sono le modalità per poter accedere ai servizi INPS: CIE 3.0, SPID e CNS. Dopo essere entrati nella propria pagina personale, sarà possibile verificare che nella stessa sono già presenti i propri dati anagrafici. Il Messaggio 853 sottolinea quindi che è necessario semplicemente allegare una fotografia del disabile a colori in formato tessera. Naturalmente è bene procurarsi una foto in formato digitale in modo che sia più semplice allegare la stessa. Inoltre deve essere indicato l’indirizzo del recapito dell’avente diritto, se questo è diverso rispetto a quello di residenza già presente negli archivi dell’INPS e verificabile nella propria scheda anagrafica presente già sul sito dell’INPS.

Il richiedente deve quindi dichiarare ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di essere in possesso dei verbali cartacei (antecedenti al 2010) oppure di sentenze o decreti di omologa a seguito di contenzioso giudiziario da cui si possa evincere che effettivamente l’invalidità è stata riconosciuta.

Nel Messaggio 853 dell’INPS viene chiarito che a breve il servizio sarà implementato e che di conseguenza sarà possibile anche allegare tale documentazione. In ogni caso, se la stessa è oggetto di autodichiarazione ai sensi del DPR 445 del 2000 sono comunque possibili verifiche, con tutte le conseguenze che possono derivare in caso di dichiarazioni mendaci.

Nel caso in cui si tratti di minori disabili, la domanda deve essere presentata per conto del minore da chi esercita la responsabilità genitoriale o la funzione di tutore o dall’amministratore di sostegno. Nel caso di minori in affido, la domanda deve essere presentata dagli affidatari.  In tali casi devono essere utilizzate le credenziali digitali del minore oppure si può usare la delega dell’identità digitale.

Per saperne di più leggi l’articolo: Delega INPS per l’accesso ai servizi online: guida per farla online

Altri modi per presentare la domanda

L’INPS sottolinea che oltre ad essere presentata in modo autonomo dal disabile, la domanda può essere inoltrata anche attraverso le associazioni rappresentative delle persone con disabilità. In questo caso si accede al servizio con le credenziali SPID dell’operatore dell’associazione che deve obbligatoriamente indicare di avere delega per la presentazione dell’istanza.

Le associazioni a cui è possibile rivolgersi sono:

  • ANMIC: Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili
  • ENS: Ente Nazionale Sordi
  • UIC: Unione Italiana Ciechi
  • ANFFAS: Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale

Chi può presentare la domanda per ottenere la Disability Card?

  • Invalidi civili minorenni;
  • invalidi civili maggiorenni con invalidità certificata superiore al 67%;
  • cittadini con indennità di accompagnamento;
  • cittadini con certificazione ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
  • sordi civili;
  • ciechi civili;
  • invalidi e inabili ai sensi della legge 12 giugno 1984, n. 222;
  • invalidi sul lavoro con invalidità certificata maggiore del 35%;
  • invalidi sul lavoro con diritto all’assegno per l’assistenza personale e continuativa o con menomazioni all’integrità psicofisica;
  • inabili alle mansioni;
  • cittadini titolari di trattamenti di privilegio ordinari e di guerra.

Una volta inoltrata la domanda, l’INPS procede alle verifiche del caso, inerenti l’effettiva validità della certificazione di invalidità e la veridicità delle dichiarazioni, e in seguito incarica, tramite un gestore, il Poligrafico Zecca dello Stato per la stampa della Disability Card e provvede quindi alla consegna della stessa.

 

Invalidità e pensioni anticipate, ecco tutte le possibilità

Parlare di vantaggi per chi si trova alle prese con disabilità, invalidità e problemi di salute può sembrare fuori luogo. Ma dal punto di vista previdenziale uscire prima dal lavoro e andare in pensione prima, non può non essere considerato un vantaggio.

E proprio avere qualche problema di salute è vantaggioso da questo punto di vista. Almeno alcune volte. Esistono misure di pensionamento anticipato destinate agli invalidi di un certo tipo.

Invalidità, quando consente di anticipare l’uscita fino ad 11 anni prima

La pensione alla luce delle norme che regolano oggi il nostro sistema, è abbastanza lontana come età. La pensione di vecchiaia si centra con 67 anni di età compiuti. Perfino una prestazione assistenziale come l’assegno sociale non può essere percepita prima dei 67 anni di età.

Qualsiasi altra misura di pensionamento anticipato (tranne rare eccezioni come la pensione anticipata contributiva), prevedono delle carriere lavorative piuttosto lunghe, perché necessitano di importanti montanti contributivi.

Si va dai 30 anni di contributi versati, insieme a tutta una serie di altri specifici requisiti piuttosto rigidi, per l’Ape sociale, ai 42 anni e 10 mesi di contributi per un lavoratore maschio per la sua pensione anticipata ordinaria. Tra questi due limiti, vanno segnalati i 38 anni di contributi della quota 100 o 102, i 35 di opzione donna, i 35 dello scivolo per gli usuranti o i 41 anni dell’omonima quota 41.

Come carriere più corte, si rischia di andare in pensione a 71 anni. Infatti servono almeno 20 anni per la pensione di vecchiaia ordinaria (o 15 anni per rientrare in alcune deroghe come quelle Amato, anche se ormai poco utilizzabili).

Con l’invalidità (menomazioni, amputazioni e così via) però, c’è una via che permette di anticipare di molto la quiescenza anche con solo 20 anni di contributi versati. La riduzione della capacità lavorativa è fattore determinante infatti, per accedere alla pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile. E il vantaggio è notevole, perché si tratta di pensioni a 56 anni per le donne e 61 per gli uomini, anche se posticipate di 12 mesi per via delle finestre previste.

Come sfruttare il canale anticipato di pensione per le invalidità pensionabili

Completando alcuni requisiti e presentando domanda all’Inps non sono pochi coloro i quali possono uscire dal lavoro prima di 60 anni o poco dopo. I requisiti anagrafici e contributivi sono i seguenti:

  • Età anagrafica minima di 61 anni per gli uomini e 56 anni per le donne;
  • Contribuzione minima versata non inferiore a 20 anni.

A questo si deve aggiungere il rispetto della condizione principale di questa misura, che è l’invalidità pensionabile. Non basta essere riconosciuti invalidi civili dalle competenti commissioni mediche accertatrici delle Aziende Sanitarie Locali (Asl). Serve infatti che l’invalidità sia proveniente direttamente dall’Inps. Deve essere la commissione medica dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale italiano a certificare il grado di invalidità del richiedente, come utile alla fruizione del beneficio. E la percentuale minima prevista deve essere pari o superiore all’80%.

Per invalidità pensionabile si fa riferimento alla riduzione della capacità lavorativa specifica del soggetto interessato, in base alle mansioni svolte dallo stesso ed alla tipologia di attività svolta.

In pratica, se la malattia, la menomazione o in genere, la patologia invalidante comporta una riduzione a meno di un terzo della capacità lavorativa, l’uscita agevolata potrebbe essere fattibile.

La misura non è una novità in quanto prevista fin dall’epoca del governo Amato ed ormai strutturale.

Una autentica misura di pensione di vecchiaia con requisiti ridotti come età e alla stessa altezza della pensione di vecchiaia ordinaria come montante contributivo.

Assegno ordinario di invalidità

La misura prima descritta non va confusa con le altre prestazioni simil-previdenziali previste per le invalidità. Per esempio, l’assegno ordinario di invalidità lavorativa è quella prestazione che sempre l’Inps riconosce ai lavoratori dipendenti, parasubordinati e autonomi, che siano iscritti all’assicurazione generale Inps. In questo caso serve una invalidità certificata dalle commissioni mediche Asl prima e dai medici accertatori Inps poi. Invalidità che deve essere permanente. E può essere di natura sia fisica che  mentale. In questo caso la riduzione della capacità lavorativa utile al beneficio deve essere permanente e pari a due terzi.

Resta sempre il fatto che tale riduzione della capacità lavorativa deve essere specifica per il soggetto richiedente, nel senso che deve riguardare le mansioni e le attitudini specifiche dell’invalido. L’assegno è temporaneo e va confermato con opportuna visita ogni 3 anni per tre volte. Al permanere delle condizioni invalidanti che hanno dato diritto alla corresponsione dell’assegno, questo diventa definitivo dopo 9 anni.

Dal punto di vista contributivo, per questo assegno bastano 5 anni di contributi versati. Servono quindi almeno 260 contributi settimanali versati di cui 156 (3 anni) devono essere versati negli ultimi 5 anni prima di presentare domanda di pensionamento.

Pensione di inabilità lavorativa

Sempre per i lavoratori dipendenti, parasubordinati o autonomi iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria Inps (AGO), c’è pure la pensione di inabilità lavorativa. In questo caso la menomazione fisica o mentale deve essere permanente e di natura tale da rendere impossibile svolgere qualsiasi attività lavorativa per il diretto interessato.

Dal punto di vista contributivo questa prestazione ricalca quanto detto per l’assegno ordinario di invalidità nel paragrafo precedente, quando si parlava di 5 anni di contributi necessari di cui 3 negli ultimi 5 anni di carriera. Per chi rientra in questa tipologia di lavoro

A chi è stato riconosciuto il diritto alla pensione di inabilità, può essere concesso, su richiesta, l’assegno mensile per assistenza personale e continuativa. Questo nel caso in cui le patologie di cui si è affetti rendano impossibile svolgere le correnti e quotidiane necessità della vita. Un tipico esempio è quello di carenze nella deambulazione. L’invalidità quindi resta una valida possibilità pre ricevere un trattamento prima del previsto.

Come leggere i verbali di invalidità per accompagnamento e legge 104

Dopo aver passato la visita medica per il riconoscimento dell’invalidità presso le competenti commissioni mediche Asl arriva il classico verbale. Ma come si fa a leggerlo e capire cosa è stato concesso? Una domanda sicuramente comune a molti questa relativa ai verbali delle Commissioni Mediche. Capita di vedere scritto che è stato riconosciuto il 100% di invalidità, ma a conti fatti non è stato concesso l’accompagnamento.

Altre volte viene concesso solo il beneficio della legge 104, senza indennità. Ma come capire tutto questo? Ecco una sintetica guida con tutti i chiarimenti del caso.

La procedura di richiesta di accompagnamento e invalidità civile

Quando si è in condizioni fisiche malandate, con uno stato di presumibile invalidità, occorre produrre domanda alle competenti autorità che devono procedere all’accertamento dell’invalidità civile, della cecità civile, della sordità e così via dicendo. Il primo passo lo fa il medico di base, che rilascia il certificato medico. Tale certificato è telematico e lo stesso medico di base lo invia on line. La compia di questo certificato, con la ricevuta di trasmissione deve essere portato al Patronato che provvede all’avvio della pratica.

Dopo la domanda, con tempi variabili da luogo a luogo e da periodi a periodi, si viene convocati dinnanzi alle Commissioni Mediche per l’accertamento delle invalidità civili. Si tratta di un pool di medici delle Asl. Dopo la visita, in tempi brevi la commissione medica Asl rilascia il verbale con dentro l’elenco delle patologie che sono state riscontrate e con l’esito della visita. Nel verbale viene riportata la condizione dell’ammalato, con il grado di invalidità accertato e con, eventualmente, l’accettazione delle richieste di beneficio della legge 104 o dell’indennità di accompagnamento.

Come leggere il verbale della Commissione Medica per le invalidità civili

Se la procedura pare abbastanza semplice come spiegato in precedenza, non è così con il verbale della commissione, che spesso presenta non poche difficoltà di lettura da parte degli interessati.

Il verbale della commissione Asl che viene rilasciato dopo una visita specifica, è tutto fuorché facile da comprendere.  Eppure si tratta di un semplice verbale di accertamento da cui esce fuori lo status dell’interessato e il grado di invalidità. Va detto che non saper interpretare il verbale può essere un problema dal momento che non si arriva a comprendere gli eventuali benefici e indennità eventualmente concessi.

Le definizioni nel verbale di invalidità civile

In linea generale nel verbale la cosa più chiara è il grado di invalidità concesso. Poi ci sono tutta una serie di definizioni che in genere sono le seguenti:

  • Non invalido con assenza di patologia o con una riduzione delle capacità inferiore ad 1/3;
  • Invalido con riduzione permanente della capacità lavorativa in misura superiore ad 1/3 (art. 2, Legge 118/1971).
  • Invalido con riduzione permanente della capacità lavorativa in misura superiore ai 2/3 (artt. 2 e 13, Legge 118/1971);
  • Invalido con riduzione permanente con invalidità pari o superiore al 74% (artt. 2 e 13, Legge 118/1971).
  • Invalido con totale e permanente inabilità lavorativa pari al 100% (artt. 2 e 12, Legge 118/1971);
  • Invalido con totale e permanente inabilità lavorativa 100% e impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore (Legge 18/1980 e Legge 508/1988);
  • Invalido con totale e permanente inabilità lavorativa 100% e con necessità di assistenza continua non essendo in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita (Legge 18/1980 e Legge 508/1988);
  • Minore con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni proprie dell’età  (Legge 289/1990);
  • Minore invalido totale con impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore (Legge 18/1980 e Legge 508/1988);
  • Minore invalido totale con necessità di assistenza continua non essendo in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita (Legge 18/1980 e Legge 508/1988);
  • Cieco con residuo visivo (Legge 382/1970 e Legge 508/1988);
  • Cieco assoluto (Legge 382/1970 e Legge 508/1988);
  • Sordo (Legge 381/1970 e Legge 508/1988);
  • Over 65 con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni proprie della sua età (art. 9 D.Lgs. 509/1988);
  • Over 65 con impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore (Legge 18/1980 e Legge 508/1988);
  • Over 65 con necessità di assistenza continua non essendo in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita (Legge 18/1980 e Legge 508/1988).

Cosa si recupera in base a ciò che definisce la Commissione Medica Asl

In estrema sintesi va sottolineato che in base alla definizione inserita nel verbale, si ha diritto a una serie di agevolazioni e benefici. Quando viene riportato il riferimento alla legge n° 18/1980 o n° 508/1988, si ha diritto all’indennità di accompagnamento e alla pensione di inabilità per i soggetti di età compresa tra i 18 ed i 65 anni.

Se invece compare il riferimento alla legge n°118/1971 si ha diritto alla pensione di inabilità, ma non all’indennità di accompagnamento. Se la riduzione della capacità lavorativa certificata è pari ad 1/3 non si ha diritto a indennità o pensioni, mentre se è pari ad almeno 2/3 si ha diritto all’assegno mensile di assistenza. In tutti gli altri casi, senza accompagnamento, si ha diritto alla pensione di inabilità.

Per i minori invalidi ma con riferimento alla legge n° 289/1990, esiste l’indennità di frequenza. Negli altri casi invece l’indennità di accompagnamento.

Altri benefici concessi

Questo dal punto di vista delle indennità di natura economica. Invece le agevolazioni fiscali (detrazioni per acquisto ausili, veicoli agevolati e cos’ via) sono sempre concesse per chi è riconosciuto invalido e per i familiari che li hanno a carico o che prestano loro assistenza. Per questi ultimi ci sarebbero sempre anche i benefici lavorativi della legge 104.

Parliamo dei permessi lavorativi retribuiti e dei congedi, sia per l’invalido minorenne che per il maggiorenne o anziano. Infatti per minori sopra i 3 anni di vita, si ha diritto a 3 giorni di permessi retribuiti al mese. Se l’invalido è il lavoratore stesso,  due ore di permesso al giorno. Resta di 3 giorni di permesso al mese anche il beneficio per chi ha un familiare maggiorenne invalido a carico.

La condizione sine qua non per ottenere questi permessi è il richiamo nel verbale dell’invalidità, all’articolo n° 3, comma 3 della Legge n° 104/1992.

Con lo stesso articolo di legge si ha beneficio anche al congedo retribuito fino a due anni anche con fruizione non continuativa. Se l’invalido è un minore invece, se si richiama alla legge che concede l’accompagnamento, il genitore o il tutore ha diritto al congedo parentale o al prolungamento fino a tre anni anche frazionato con indennità pari al  30% dello stipendio per minori fino a 6 anni di età.

Per chi invece ha minori tra 6 e 12 anni con handicap grave, congedo parentale anche frazionato sempre al 30% e 3 giorni di permesso al mese retribuiti. In tutti questi casi il riferimento nel verbale deve essere specifico alla legge n° 104 e all’articolo n° 3 comma 3.

Sospensione mutuo prima casa per invalidi: come funziona?

Chi è colpito da invalidità può ottenere diverse agevolazioni, tra queste vi è la possibilità di sospendere il pagamento del mutuo stipulato per l’acquisto della prima casa. Ecco quando si può ottenere la sospensione mutuo prima casa per invalidi e come funziona.

Sospensione mutuo prima casa per invalidi

Chi ha un’invalidità riconosciuta ex lege 104/1992 può ottenere la sospensione delle rate del mutuo accedendo al Fondo Sospensioni Mutuo oppure al fondo Gasparrini. Ci sono però delle condizioni da rispettare al fine di ottenere la sospensione del pagamento delle rate del mutuo. Deve essere sottolineato che si può accedere al fondo anche in altre situazioni, cioè in caso di perdita del lavoro, sospensione del lavoro, riduzione dell’orario di lavoro o morte di uno dei titolari del mutuo, questo è importante perché cambiano le condizioni, ma il modulo, come vedremo in seguito, è lo stesso che deve essere debitamente compilato evitando errori.

Si può ottenere la sospensione del pagamento per mutuo se lo stesso è stipulato per l’acquisto della prima casa, la stessa non deve risultare al catasto come casa di lusso e l’importo erogato per l’acquisto deve essere inferiore a 400.000 euro. Dal 2023 questo importo scenderà a 250.000 euro.

Si può accedere alla sospensione nel caso in cui ci sia l’insorgenza, successivamente alla stipula del contratto, di un handicap di grave entità (articolo 3, comma 3, legge 104 del 1992). Questa sospensione non è correlata alla perdita di lavoro, il modulo purtroppo può generare confusione.

Per conoscere la differenza tra disabilità grave comma 3 e non grave, comma 1 dell’articolo 3, leggi l’articolo: Agevolazioni riconosciute con legge 104, articolo 3 comma 1.

La normativa prevede inoltre che possano accedere a tale beneficio coloro che abbiano un’invalidità riconosciuta di entità grave, almeno l’80%.

Dal momento del riconoscimento della invalidità vi è un tempo massimo di 3 anni per poter chiedere questa tipologia di sospensione del mutuo. Se il mutuo è cointestato, la sospensione può essere richiesta anche nel caso in cui l’evento invalidante riguardi uno solo dei cointestatari.

Condizioni per accedere alla sospensione del mutuo

Per ottenere la sospensione del pagamento delle rate del mutuo non è più previsto il limite del reddito ISEE, in passato questo doveva essere inferiore a 30.000 euro. Per poter ottenere questo beneficio è inoltre necessario che nel contratto principale, cioè nel contratto con cui viene concesso il mutuo, non sia prevista una copertura assicurativa che vada a coprire proprio l’evento invalidante (comma 479 dell’art. 2 della legge 244/2007 ). Inoltre al mutuo non devono essere state applicate altre agevolazioni pubbliche. Infine, tra le condizioni previste per poter accedere vi è l’assenza di ritardi nei pagamenti superiori a tre mesi.

Come richiedere la sospensione mutuo prima casa per invalidi

Per poter accedere alla sospensione del pagamento delle rate del mutuo è possibile utilizzare il modulo qui presente https://www.consap.it/media/k2go5jbb/20220105_modulosospensionemutui.pdf

Lo stesso deve essere attentamente compilato, barrando solo le voci di interesse e in particolare per la sospensione dovuta a grave handicap la voce: “Riconoscimento di handicap grave, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero
di invalidità civile non inferiore all’80 per cento.”
Si tratta di una semplice autocertificazione.

Deve essere allegato il certificato della commissione dell’ASL competente per territorio.

La sospensione può essere richiesta per un periodo massimo di 18 mesi fruibili, per il caso di handicap grave, per non più di due periodi frazionabili. Ad esempio è possibile richiedere una prima sospensione di 10 mesi, riprendere i pagamenti e in caso di difficoltà richiedere un’ulteriore sospensione di 8 mesi. La richiesta di sospensione mutuo prima casa per invalidi deve essere inoltrata direttamente all’ABI, anche rivolgendosi alla propria banca naturalmente.

Per tutte le altre agevolazioni legge 104 è possibile leggere la guida: Acquisti agevolati per invalidi con legge 104: quali sono e a chi spettano

Assegno mensile di assistenza invalidi 74%, guida 2022

Rispettando determinate condizioni alcuni invalidi possono rientrare in una misura poco nota ma abbastanza importante. Si chiama assegno mensile di assistenza, ed è una misura economica concessa ai mutilati e agli invalidi civili. Servono alcuni requisiti specifici, cioè una determinata età, una determinata condizione reddituale e un altrettanto determinato grado di invalidità.

Assegno mensile di assistenza, i requisiti

Entrando nel dettaglio della misura, va detto che negli anni ciò che è cambiato radicalmente è l’età a partire dalla quale la misura può essere percepita.
Infatti si è passati da 65 anni fino al 2012, a 65 anni e tre mesi dal 2013, per poi arrivare ai 66 anni e 7 mesi fino al 2019 ed ai 67 anni di oggi.
La misura riguarda gli invalidi con una percentuale di disabilità accertata pari ad almeno il 74%.
Oltre ai canonici requisiti utili per la stragrande maggioranza delle prestazioni assistenziali e previdenziali oggi vigenti, serve anche una determinata condizione reddituale.
Per accedere all’assegno ordinario di assistenza, occorre essere un cittadino italiano o dell’Unione Europea. Possibile pure per un extracomunitario, ma in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Serve inoltre che il richiedente sia effettivamente residente in Italia.

La condizione reddituale per l’assegno mensile di assistenza

La misura si rivolge esclusivamente al soggetti con età compresa tra i 18 ed i 67 anni. Va ricordato che al compimento dei 67 anni di età questo assegno cessa di essere erogato. Dai 67 anni infatti, automaticamente e d’ufficio, la prestazione viene trasformata nell’assegno sociale sostitutivo.
Per quanto riguarda la condizione reddituale invece, i limiti di reddito utili alla fruizione dell’assegno vengono aggiornati dall’Inps annualmente. Al momento, come si legge sul sito ufficiale dell’Istituto nazionale di previdenza sociale italiano, tale soglia è fissata a  4.931,29 euro come reddito imponibile ai fini Irpef.
Per il paletto del requisito reddituale, si considerano i redditi dell’anno in cui si presenta domanda. Tali redditi quindi vanno  dichiarati dall’interessato in via presuntiva. Questo in prima liquidazione, perché per la continuità di fruizione, cambia tutto. Infatti per gli anni successivi vanno considerati i redditi percepiti nell’anno solare di riferimento se trattasi di redditi da pensione e nell’anno precedente per le altre tipologie di redditi.

Collocamento al lavoro, l’adempimento obbligatorio per i beneficiari

La fruizione dell’assegno mensile di assistenza dal 2008 non è più collegato alla condizione di incollocabilità lavorativa del soggetto beneficiario. Basterà infatti dichiarare in sede di domanda che non so svolge alcuna attività lavorativa.
Difatti, entro determinate soglie, lavorare non impedisce all’interessato la fruizione di questo assegno.Tutto questo come da orientamento introdotto dal 2008. L’importante è che vengano rispettati i limiti di reddito provenienti dall’attività lavorativa svolta. Inoltre è importante che si tratti di attività lavorativa minima.
La persona disabile che è impegnata in una attività lavorativa, può lo stesso percepire l’assegno. Ma non deve superare il reddito personale annuo pari a 7.500 euro se di tratta di lavoro dipendente e 4.500 euro se si tratta di lavoro autonomo.
Occorre comunque che l’interessato sia iscritto alle liste di collocamento presso gli Uffici Territoriali del Lavoro. Solo se l’interessato è stato dichiarato incollocabile al lavoro, l’assegno viene concesso comunque. In pratica, anche in assenza di iscrizione alle liste di collocamento beneficio garantito. Obbligo di iscrizione che non si applica nemmeno ai soggetti che dimostrano di frequentare corsi di studio.

Assegno mensile di assistenza e cause di incompatibilità per determinati invalidi

 
L’assegno mensile di assistenza è incompatibile con qualsiasi altra prestazione concessa e legata alla medesima invalidità, anche se si tratta di rendite Inail,  di prestazioni per cause di servizio, cause di lavoro o di guerra.
Incompatibilità acclarata anche per qualsiasi altra pensione di invalidità Inps. Parliamo dell’assegno di accompagnamento,delle pensioni di inabilità e così via.

Importo della misura e altre notizie utili per gli invalidi

L’importo dell’assegno è fisso e viene erogato mensilmente su 13 mesi. Nel caso si percepiscano altre prestazioni per invalidi che rientrano nei casi di incompatibilità prima citati, la normativa concede all’interessato la facoltà di scegliere il trattamento più favorevole.
Ogni anno è l’Inps a determinare tramite decreto, l’importo valido per l’anno di riferimento. In attesa delle novità 2022,  l’importo mensile della prestazione è di 287,09 al mese.
L’assegno mensile di assistenza decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda.
Ogni anno, entro marzo, i beneficiari dell’assegno mensile di assistenza devono presentare una dichiarazione di responsabilità. Si tratta dell’autocertificazione in cui si dichiara il mantenimento dei requisiti previsti per beneficiare della prestazione.
Va ricordato che contrariamente a tutte le altre prestazioni assistenziali di questo tipo, il ricovero in strutture ospedaliere o assistenziali, non è ostativo. Infatti, pure se a carico dello Stato, non sono incompatibili con la fruizione della misura.
Da tenere a mente infine che la residenza è requisito cardine della misura. Infatti, a prescindere dalla cittadinanza o dai permessi, il soggetto non più residente in Italia perde il diritto alla concessione di questo assegno mensile di assistenza per invalidi. Essendo questa una prestazione di carattere meramente assistenziale, come normativa vuole per questo genere di misure, non può essere erogata a soggetti residenti all’estero.

Pensione 2022 in anticipo per gli invalidi: le tutele ci sono, ecco come fare

In pensione prima è il sogno di tutti i lavoratori. Ed è l’argomento principale di una riforma delle pensioni che il governo, con l’ausilio dei sindacati, sembra sul punto di iniziare a varare. Il nostro sistema previdenziale è il peggiore o vicino ad esserlo come età di uscita rispetto ai Paesi Europei più vicini a noi come economia.

Ma è anche un sistema che ormai da anni è dotato di misure che anticipano la quiescenza per alcune particolari categorie di persone. Abbiamo infatti le donne a cui si applica il regime agevolato meglio conosciuto come opzione donna. Poi  abbiamo i lavori notturni e usuranti con il loro scivolo. E ancora, i lavori gravosi o i disoccupati o addirittura, chi assiste parenti disabili.

Infine abbiamo i disabili, i soggetti affetti da patologie invalidanti che possono godere di prestazioni assistenziali ma anche di prestazioni previdenziali. Ed è proprio su questo che oggi andiamo ad approfondire, parlando di due misure destinate a chi ha determinate invalidità, ma collegate anche ai contributi versati.

Misure che permettono di accedere alla pensione discretamente in anticipo. Parliamo dell’Ape sociale e della pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile.

L’Ape sociale per invalidi, come funziona

L’Ape sociale è una misura che consente un anticipo di pensione a partire dai 63 anni di età. L’Anticipo pensionistico sociale è limitato a determinate categorie di lavoratori o soggetti in genere. Abbiamo infatti i disoccupati, i caregivers, i lavori gravosi e appunto gli invalidi. Tranne che per i lavori gravosi, per cui oltre ai 63 anni di età come soglia minima per accedere al trattamento pensionistico anticipato, servono 36 anni di contributi (32 per edili e ceramisti), per gli altri, invalidi compresi servono “solo” 30 anni di versamenti.

Per gli invalidi occorre anche avere un grado di invalidità certificato dalle competenti commissioni mediche delle Asl, superiore al 74%. Deve essere la Commissione medica delle Asl a certificare questo grado di invalidità, previo visita nei confronti del contribuente e dopo che il medico di base ha prodotto il certificato medico utile alle richieste delle prestazioni per disabili.

Ricapitolando, per ottenere l’Ape sociale come disoccupati servono i seguenti requisiti:

  • Almeno 63 anni di età;
  • 30 anni di contributi versati;
  • Percentuale di disabilità certificata dalla Commissione Medica Asl superiore al 74%.

La pensione anticipata per invalidità pensionabile

Ancora più vantaggiosa in termini di uscita è la pensione di vecchiaia con invalidità pensionabile. In questo caso deve essere la commissione medica Inps a certificare il grado di invalidità. Per questa misura serve una invalidità pensionabile pari ad almeno l’80%.

La commissione Inps certifica l’invalidità basandosi sulla riduzione della capacità lavorativa del soggetto interessato in base alle mansioni e all’attività lavorativa svolta dallo stesso. Si può uscire con questa misura a 61 anni se il richiedente invalido è maschio, mentre a 56 anni se invece si tratta di una lavoratrice invalida donna. Servono almeno 20 anni di contributi previdenziali versati, alla stregua di quelli necessari per le ordinarie pensioni di vecchiaia a 67 anni.

Va ricordato che la misura prevede 12 mesi di finestra. In altri termini la decorrenza della prestazione è posticipata di 12 mesi rispetto alla data in cui si maturano i requisiti previdenziali che sono:

  • 61 anni di età per gli uomini;
  • 56 anni di età per le donne;
  • 80% di invalidità pensionabile almeno;
  • 20 anni di contributi a qualsiasi titolo versati.