Pensioni, all’Ape sociale possono accedere gli agricoltori

L’ape sociale è l’anticipo pensionistico a cui possono accedere lavoratori che si trovano in situazione di difficoltà, ad esempio disoccupati, ma anche coloro che svolgono lavori gravosi. Sui beneficiari di tale opzione vi sono numerosi dubbi, molti si chiedono: ma gli agricoltori possono accedere aquesta misura? Ecco come funziona l’anticipo pensionistico per gli agricoltori.

Ape sociale per gli agricoltori, chi può accedere all’anticipo pensionistico?

L’anticipo pensionistico consente a coloro che svolgono lavori gravosi di andare in pensione a 63 anni di età, quindi in anticipo rispetto a quelli che sono i requisiti richiesti dalla legge Fornero. Precisano Inps e Inail che tale opportunità si riconosce sia ai lavoratori agricoli dipendenti, sia ai lavoratori autonomi.

I lavoratori del settore agricolo per poter accedere all’anticipo pensionistico Ape Sociale, oltre ad aver compiuto 63 anni di età, devono anche avere maturato un’anzianità contributiva di almeno 36 anni. Questo requisito può essere ridotto fino a due anni per le donne con figli.

Per poter accedere all’Ape Sociale il lavoratore non deve aver maturato tutta l’anzianità contributiva nel settore agricolo, infatti basta che il lavoratore abbia svolto il lavoro gravoso per 6 anni negli ultimi 7 o per 7 anni negli ultimi 10 al momento della presentazione della richiesta di Ape Sociale.

Quanto ricevono gli agricoltori con l’anticipo pensionistico?

Una volta inoltrata la domanda per accedere all’anticipo pensionistico, l’Inps verifica che il lavoratore abbia tutti i requisiti per potervi accedere.

Chi accede riceve una rata mensile pari all’ammontare della pensione maturata, comunque l’importo non può essere maggiore rispetto a 1.500 euro. Non si tratta di una vera pensione, infatti l’importo negli anni non si rivaluta. Al maturare dei requisiti per il vero e proprio pensionamento, vengono effettuati nuovamente i calcoli degli importi e si ottiene l’assegno pensionistico definitivo che può subire di anno in anno rivalutazione in base all’inflazione.

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Ape sociale 2023: requisiti e termini per la richiesta

Pensioni, verso la proroga di Quota 103 al 2024

La carne sul fuoco del governo Meloni è molta, i nodi principali da risolvere fin da subito erano la riforma delle pensioni per evitare che l’unica possibilità di uscita dal mondo del lavoro fosse la legge Fornero e la riforma fiscale. Mentre sulla riforma fiscale si sta andando avanti, sulla riforma delle pensioni il governo sembra essersi bloccato. Il problema reale sono le risorse, proprio per questo, si va verso la proroga della Quota 103 anche per il 2024, per la riforma della pensione definitiva si dovrà attendere ancora.

Risorse insufficienti per una riforma delle pensioni strutturali, proroga Quota 103

Il problema reale per una riforma delle pensioni strutturale sono le risorse dell’Inps che non sono sufficienti al superamento della legge Fornero. In tutto questo si incardina il commissariamento proprio dell’Inps la cui guida è stata affidata a Micaela Gelera, un tecnico.

Per il 2024 non c’è spazio dal punto di vista economico per aumentare la spesa pensionistica, ed ecco che rispunta la proroga della Quota 103 che altro non è se non un modo per uscire anticipatamente dal mondo del lavoro andando così ad evitare, in presenza di requisiti stringenti, la legge Fornero.

Le ipotesi in ballo per l’uscita anticipata sono 2: Quota 41 che prevede la possibilità di andare in pensione, indipendentemente dall’età anagrafica dopo aver maturato 41 anni di contributi. In questo caso la coperta dell’Inps sembra però essere troppo corta.

La seconda possibilità è Quota 103, già in vigore quest’anno. Consente di andare in pensione sempre al raggiungimento di 41 anni di contributi, ma in questo caso è richiesto il doppio requisito, cioè aver compiuto almeno 62 anni di età.

Basta questo piccolo accorgimento a restringere di molto la platea dei potenziali beneficiari.

Cosa succede a Opzione donna?

Restano ancora nel forse anche Opzione donna che nel 2023 ha subito un depotenziamento. I sindacati chiedono un ripristino nella versione antecedente, ma il Governo è restio, il problema è sempre lo stesso, cioè le risorse economiche per poter procedere. Prima di ogni riforma, tra cui in particolar modo quella strutturale, dovranno essere guardati i dati dell’Osservatorio per il monitoraggio della spesa pensionistica, istituito dalla ministra Calderone.

L’obiettivo è valutare la sostenibilità del sistema nei prossimi decenni, tenendo in considerazione anche gli importi degli assegni pensionistici che dovranno essere adeguati al costo della vita e assicurare un’esistenza dignitosa ai pensionati, tutelando in particolare i lavoratori con carriera discontinua.

Tra gli obiettivi c’è anche il potenziamento dei fondi pensione complementari.

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Opzione donna: a che punto è la riforma delle pensioni?

Il tavolo della riforma delle pensioni è aperto e sono diverse le ipotesi che si profilano anche se il punto da tenere in considerazione è sempre far quadrare i conti. Tra le ipotesi allo studio vi è anche una riforma che renda Opzione donna strutturale, ma quali sono le ipotesi per questo anticipo pensionistico?

Cos’è Opzione donna

Opzione donna è l’anticipo pensionistico che consente alle donne di andare in pensione anticipatamente rispetto a quanto previsto dalla Legge Fornero che può essere considerata la legge ordinaria o il regime pensionistico ordinario.

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Attualmente si tratta di una misura prorogata di anno in anno e per il 2023 sono stati anche resi più stringenti i requisiti per poter accedere ad Opzione donna. Nei progetti dell’Esecutivo vi è però l’idea di rendere questa riforma strutturale. Ecco su cosa sono concentrati i lavori del tavolo per la riforma delle pensioni.

Il tavolo di confronto tra Governo e Sindacati su Opzione donna

Il confronto tra sindacati e Governo fino ad ora non ha portato ad alcuna decisione definitiva, segno che l’argomento è spinoso e le reciproche istanze continuano a divergere. Tra le ipotesi allo studio per Opzione donna vi è quella di applicare uno sconto di 4 mesi per ogni figlio. Questo vuol dire che le donne che hanno più figli possano andare in pensione prima rispetto a quelle che non hanno figli o che ne hanno uno solo. La ratio di questa norma è determinata dal fatto che generalmente le donne che hanno figli hanno maggiori difficoltà al rientro al lavoro dopo la gravidanza e quindi faticano ad accumulare contributi.

Dai calcoli fatti sembra che i quattro mesi di anticipo per l’uscita dal mondo del lavoro avrebbero un valore di 700 milioni di spesa in più. I sindacati invece spingono per ritornare alla versione Opzione Donna precedente rispetto alla legge di bilancio 2023 che ha riscritto l’anticipo pensionistico. La versione pre-riforma prevedeva l’uscita dal mondo del lavoro al compimento del 58° anno di età per le lavoratrici dipendenti e 59 anni di età per le lavoratrici autonome. Anche nella precedente versione era previsto il requisito contributivo, pari a 35 anni.

Ricordiamo che Opzione Donna è sempre stato un anticipo pensionistico opzionale, cioè le donne pur avendo i requisiti per andare in pensione possono continuare a restare nel mondo del lavoro fino a raggiungere il requisito anagrafico per la Legge Fornero o per altre forme di anticipo pensionistico. Tale opzionalità è dovuta anche al fatto che dal punto di vista economico l’assegno pensionistico è molto ridotto rispetto a quanto effettivamente maturato. I calcoli eseguiti dicono che c’è una perdita media del 30%.

Pensione a 70 anni: l’ultima novità del Governo

Il tema pensioni è tra i più caldi da sempre perché arrivare all’agognato traguardo del riposo dal lavoro è interesse di molte persone. Il Governo ha annunciato di voler mettere mano a una riforma strutturale del sistema pensionistico in modo da superare la legge Fornero ed evitare tutti gli scivoli pensionistici. Tra le ipotesi che stanno circolando vi è anche la pensione a 70 anni, ma per quali lavoratori? Ecco una delle proposte.

Perché è difficile scrivere la riforma delle pensioni?

Quando si tratta di pensioni l’interesse delle persone è sempre molto alto. Il Governo intende superare la Legge Fornero, ma deve fare i conti con ostacoli di tipo economico. Dai calcoli dell’Inps emerge che attualmente il rapporto tra lavoratori e pensionati è di 1,4, nel 2029 scenderà a 1,3, continuando di questo passo nel 2050 arriverà a 1. Per avere conti stabili il rapporto dovrebbe essere a 1,5, cioè per ogni 1,5 lavoratori vi dovrebbe essere un pensionato. Siamo quindi già fuori nonostante, anche se può sembrare cinico dirlo, l’emergenza Covid abbia aiutato l’Inps ha tenere sotto controllo i conti.

Le ipotesi allo studio per la riforma delle pensioni parlano di una Quota 41, cioè possibilità di andare in pensione dopo aver maturato 41 anni di contributi senza alcun riferimento all’età anagrafica. L’Inps rende però noto che è necessario pensare anche ai giovani che hanno rapporti di lavoro discontinui e rischiano di non arrivare mai alla pensione.

Pensione a 70 anni: i lavoratori coinvolti

Proprio per questo motivo il Governo sta pensando a diversificare le ipotesi e quindi prevedere il pensionamento a 70 anni per gli statali. Naturalmente attraverso degli incentivi economici che stimolino i lavoratori a restare ancora in attività. Tra le proposte vi è anche innalzare l’età del pensionamento per i medici a 72 anni. Sembra che l’obiettivo non sia solo ridurre l’impatto economico sul sistema pensionistico, ma anche evitare buchi nel personale addetto alla sanità e al pubblico impiego.

La proposta in oggetto è parte di un emendamento al decreto Milleproroghe che deve essere convertito nelle prossime settimane ed è a firma dell’onorevole Domenico Matera di Fratelli d’Italia. In base a quanto contenuto nell’emendamento tale opzione sarebbe esercitabile dai dipendenti che hanno compiuto 67 anni di età e quindi hanno il requisito anagrafico per andare in pensione con la legge Fornero (tutt’ora in vigore), ma non hanno raggiunto i 36 anni di anzianità contributiva. In base alle disposizione il pensionamento a 70 anni dovrebbe essere richiesto dal lavoratore, ma l’Amministrazione Pubblica interessata può rifiutare tale proposta.

Naturalmente i sindacati sono scettici su tale proposta e il tavolo delle trattative è aperto.

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Allarme pensioni: brutte notizie per chi aspetta la riforma

Come promesso il Governo è al lavoro per una riforma strutturale del sistema pensionistico che consenta di superare la Legge Fornero che prevede il pensionamento a 67 anni di età. La strada sembra però in salita perché Pasquale Tridico, presidente Inps, lancia l’allarme sulla sostenibilità del sistema pensionistico. Si ha quindi un vero allarme pensioni perché gli italiani rischiano di veder applicata dal 2024 la legge Fornero senza alcuno scivolo.

Perché è allarme pensioni?

Attualmente ci sono tre scivoli pensionistici prorogati di anno in anno, si tratta di Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna, questi consentono di andare in pensione prima di aver maturato i requisiti anagrafici previsti dalla Legge Fornero. Si lavora a Quota 41 cioè una riforma strutturale che consenta di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, ma su questa possibilità vi sono molti dubbi. Infatti consentirebbe a molte persone di andare in pensione in netto anticipo rispetto al requisito anagrafico dei 67 anni di età e quindi per le casse dello Stato potrebbero esservi uscite elevate.

Ad oggi rispetto a un anno fa i conti sono peggiorati e questo perché entro il 2029 si passerà da un rapporto tra lavoratori e pensionati di 1,4 a un rapporto 1,3 e nel 2050 è previsto un pareggio, cioè per ogni lavoratore attivo ci sarà un pensionato. La soglia minima del rapporto per una stabilità a medio e lungo termine per i conti dell’Inps sarebbe 1,5. Il sistema diventa quindi insostenibile e pensare di allargare le maglie è davvero improbabile.

Pasquale Tridico ha sottolineato nella riunione di Governo a cui hanno partecipato anche i rappresentanti sindacali, che nei conti dell’Inps c’è una criticità generata anche dall’inflazione. Viene sottolineata la necessità di lavorare a una pensione per i giovani in quanto la precarietà che sta caratterizzando questi anni, sta portando i giovani ad accumulare pochi contributi e a rischiare in futuro di avere una pensione non utile a una vita dignitosa in vecchiaia.

Allarme pensioni: i sindacati delusi dal Governo

L’incontro sembra quindi essere stato poco proficuo e a sottolinearlo sono anche i sindacati e in particolare Maurizio Landini, CGIL, che ha sottolineato come non siano emerse reali proposte, termini temporali per la riforma che secondo Landini dovrebbe concludersi entro il mese di aprile. Infine, secondo Landini non vi sarebbero risposte neanche sulle risorse disponibili.

Come andare in pensione nel 2023? Ecco le opzioni

Sono molti i lavoratori in procinto di maturare i requisiti per la pensione che stanno cercando una via d’uscita dal mondo del lavoro il più possibile vicina, vediamo ora tutte le possibilità per andare in pensione nel 2023.

In pensione nel 2023 con la legge Fornero

Dal punto di vista economico la soluzione migliore è la Legge Fornero. Si tratta della legge base o ordinaria per andare in pensione. In questo caso l’uscita è prevista a 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi. In alternativa è possibile andare in pensione a qualsiasi età con 42 anni e 10 mesi di contributi (conta tutta la contribuzione) per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Il calcolo della pensione viene fatto applicando sia il sistema contributivo sia il sistema retributivo e dal punto di vista economico è la soluzione migliore.

Chi invece vuole uscire prima dal mondo del lavoro può approfittare degli scivoli pensionistici messi a disposizione.

Pensione anticipata flessibile

Il primo è generalmente denominato Quota 103, ma il disegno di legge di bilancio 2023 lo rubrica “pensione anticipata flessibile” prevede la possibilità di uscita dal mondo del lavoro con un’età anagrafica di almeno 62 anni e un requisito contributivo minimo di 41 anni. In questo caso l’importo lordo mensile massimo non può essere superiore a 5 volte il trattamento pensionistico minimo per tutto il periodo mancante alla maturazione dei requisiti per andare in pensione con la legge Fornero. Chi è iscritto a due o più gestioni previdenziali e non percepisce l’assegno pensionistico da nessuna di esse, ha la facoltà di cumulare i periodi assicurativi al fine di raggiungere il requisito contributivo.

Per chi opta per la pensione anticipata flessibile la decorrenza matura trascorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti. I dipendenti pubblici che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2022 potranno andare in pensione dal 1° agosto 2023, quelli che invece maturano i requisiti dal 1° gennaio 2023, a partire da sei mesi dalla maturazione e non prima del 1° agosto 2023.

Ape Sociale per andare in pensione nel 2023

L’ulteriore possibilità è l’Ape Sociale che non cambia requisiti rispetto al passato e spetta a:

  • disoccupati;
  • care givers;
  • soggetti che hanno svolto lavori gravosi;
  • disabili.

Le condizioni di accesso all’Ape Sociale per queste tipologie di lavoratori sono diverse e invitiamo alla lettura dell’articolo: APE Sociale 2022: tutte le novità introdotte con la legge di bilancio

Opzione donna

Opzione donna è lo scivolo pensionistico pensato per le donne lavoratrici. Dal 1° gennaio 2023 cambiano però i requisiti anagrafici per le donne. Potranno accedervi le donne a 60 anni se non hanno figli, 59 anni se hanno un figlio, 58 anni se hanno due o più figli. Per poter andare in pensione con Opzione donna servono 35 anni di contributi.

Per conoscere i dettagli, si invita alla lettura dell’articolo: Opzione donna: cosa cambia dal 2023 per chi vuole andare in pensione.

Per chi ha perso il lavoro c’è la possibilità di accedere all’anticipo pensionistico RITA. In questo caso è possibile leggere la guida: RITA: hai perso il lavoro? Scopri se puoi avere la pensione anticipata

 

Quota 103 è il nuovo scivolo pensionistico. Tutte le novità sulle pensioni

Il ritorno delle legge Fornero aveva messo in allarme molti lavoratori, ma finalmente sembra essere arrivato lo scivolo pensionistico per il 2023. La norma è meno vantaggiosa rispetto al precedente scivolo pensionistico.

Quota 103: come funziona il nuovo scivolo pensionistico?

Sia chiaro, la Legge Fornero è sempre in vigore e prevede il pensionamento al raggiungimento dei 67 anni di età, con un eventuale pensionamento anticipato (e assegno ridotto) a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne, ma a determinate condizioni e quindi al maturare di un particolare requisito contributivo è possibile andare in pensione prima.

Negli anni passati si sono avvicendate diverse disposizioni normative, tra cui prima Quota 100, poi Quota 102 ( in vigore fino al 31 dicembre 2022) e ora Quota 103. Questo implica che si va man mano verso un’applicazione piena della Legge Fornero. Erano in molti a sperare in una vera riforma della legge pensionistica, ma per ora non c’è tempo e spazio anche dal punto di vista economico. Proprio per questo nella manovra di bilancio ci si limita a introdurre un ennesimo scivolo pensionistico. Quota 103 prevede che i lavoratori che hanno maturato 41 anni di contributi possono andare in pensione se contemporaneamente hanno maturato anche 62 anni di età.

Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, ha definito Quota 103 una “quota ponte” e resterà in vigore per tutto il 2023. La quota 103 potrebbe mandare in pensione nel 2023 48.000 lavoratori per una spesa di 750 milioni di euro.

Ape Sociale, Opzione Donna e aumento pensioni minime

Nel frattempo è bene ricordare che sono state confermate l’Ape Sociale che consente di andare in pensione a 63 anni con almeno 30 anni di contributi, ma solo ad alcune categorie di persone e in particolare care giver, disoccupati, coloro che hanno effettuato lavori gravosi.

Cambia invece Opzione Donna, questa misura infatti consente alle donne di andare in pensione in anticipo con 35 anni di contributi. Con la manovra cambia però il requisito anagrafico che sarà legato al numero dei figli, in particolare sarà possibile andare in pensione a 58 anni se si hanno due o più figli, 59 anni con un figlio e 60 anni senza figli.

La norma sembra discriminatoria, ma in realtà mira a compensare i mesi di lavoro persi per le gravidanze visto che le donne dopo la maternità hanno difficoltà nel rientro al lavoro. Ricordiamo che Opzione Donna prevede che il calcolo dell’assegno pensionistico sia effettuato solo con il metodo contributivo e quindi con una perdita di circa il 30% dell’assegno pensionistico.
Nel frattempo è arrivato anche l’aumento delle pensioni minime che con indicizzazione al 120% passano da 523 euro a circa 600 euro. Ciò vuol dire che l’aumento del 7,3% si calcola sul 120% dell’assegno e non sul 100%.

Opzione Uomo: la riforma della pensione con assegno tagliato

Tra i nodi che deve sciogliere il prossimo Governo c’è la riforma delle pensioni. Dal primo gennaio infatti torna in vigore la legge Fornero con tutta la sua rigidità e vengono meno gli scivoli pensionistici come Quota 102. Tra le ipotesi allo studio c’è Opzione Uomo, cioè la versione maschile di Opzione Donna. Ecco cosa dovrebbe prevedere.

Quota 102, Opzione Donna e Opzione Uomo: i conti tornano?

Il primo gennaio 2023, se non si introduce un nuovo scivolo pensionistico, decadono Quota 102, che consente di andare in pensione raggiungendo la quota 102 tra anni di contributi e anni di età, e Opzione Donna. Rientrerebbe in vigore in modo secco la Legge Fornero che non consente di andare in pensione prima dei 67 anni di età. Naturalmente questo spaventa tutti coloro che sono vicini all’età della pensione e vorrebbero uscire dal mondo del lavoro prima dei 67 anni di età. Fin dalle prime battute della campagna elettorale il centro destra aveva però promesso il superamento della legge Fornero. Proprio per questo Giorgia Meloni, oltre ad essere in affanno nel cercare un equilibrio tra i vari partiti riconoscendo incarichi e ministeri, sta cercando di disegnare le possibili riforme, naturalmente conti alle mani.

Abbiamo già detto che tra le ipotesi vi è un taglio di circa 1/3 dei fondi destinati al reddito di cittadinanza. Ma gli occhi sono puntati sulla riforma delle pensioni.

Come dovrebbe funzionare Opzione Uomo?

Secondo quanto emerge dalle indiscrezioni trapelate, l’ipotesi allo studio sarebbe una riforma con possibilità di pensionamento a 58-59 anni, ma con almeno 35 anni di contributi e calcolo della pensione con il solo sistema contributivo. Opzione Uomo, così come descritta, porterebbe a una riduzione drastica dell’assegno che invece potrebbe maturare con un sistema misto contributivo/retributivo.

Secondo le prime stime la riduzione dell’importo percepibile oscillerebbe tra il 13% e il 30%.

Il taglio degli importi diventa essenziale, infatti le stime dicono che la spesa per le pensioni nel 2022 è stata di i 297,3 miliardi, si prevede un aumento fino a 320,8 miliardi nel 2023. Questo vuol dire che potrebbe essere difficile per Meloni trovare la copertura per Opzione Uomo e Opzione Donna. Forse potrebbe invece costare meno la Quota 41 ipotizzata da Matteo Salvini. Con questa misura la pensione di vecchiaia resterebbe fissata a 67 anni, mentre coloro che hanno maturato almeno 41 anni di contributi possono uscire dal mercato del lavoro senza limiti di età.

Pensioni: dal 2023 si torna alla legge Fornero senza scivoli

Chi vorrebbe andare in pensione nei prossimi anni dovrà purtroppo fare i conti con difficoltà non da poco, infatti, tra i vari partiti politici c’è chi afferma, senza mezze misure, che si dovrà tornare alla legge Fornero.

Pensione con Quota 102? Non più sostenibile. Si torna alla legge Fornero

Abbiamo già detto in precedenza che la quota 102 è a rischio perché se non si interviene con uno scivolo entro termini brevi, vi è il rischio del ritorno in automatico alla legge Fornero che prevede l’uscita dal mondo del lavoro a 67 anni. Nel frattempo sono numerosi i politici che hanno dichiarato che tra i primi atti del nuovo governo, in caso di vittoria dello schieramento, vi sarà il superamento della Legge Fornero, ma qualcuno è di contrario avviso. Secondo le dichiarazioni di alcuni esponenti politici non è più sostenibile economicamente un provvedimento simile a Quota 100 , in realtà ora è Quota 102, che consente un’uscita anticipata dal mondo del lavoro.

Si sottolinea da più che l’Italia rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea spende troppo per le pensioni e questo si ripercuote sulle giovani generazioni.

Pensione con Opzione donna e Ape Sociale nel 2023: cosa succederà?

Ricordiamo che nel frattempo, sebbene fosse stata auspicata la proroga dell’Ape Sociale, la stessa non è arrivata quindi anche questo scivolo cade il 31 dicembre 2022. Questa particolare misura è riservata ai disoccupati, ai lavoratori addetti ad attività gravose e in poche altre situazioni ben definite. Un’eventuale proroga arriverà con la legge di bilancio 2023, ma ricordiamo che si rischia l’esercizio provvisorio, infatti la legge deve essere approvata entro il 31 dicembre, ma se vi saranno difficoltà nella formazione del governo potrebbero esserci problemi.

Stessa sorte per Opzione Donna che scade il 31 dicembre 2022. Sia per opzione donna sia per l’Ape Sociale in realtà non sembra vi siano molte difficoltà perché appunto possono essere inserite nella legge di bilancio. Diverso il caso della Quota 102 perché non c’è ancora un disegno preciso da parte dei partiti.

Pensioni: si ritorna alla legge Fornero a gennaio?

La legge Fornero è una delle riforme pensionistiche meno amate dai cittadini italiani. Nel tempo il suo effetto è stato mitigato da riforme temporanee come Quota 100, Quota 102, Opzione donna e altre norme che consentivano, al presentarsi di determinati requisiti, di uscire prima dal mondo del lavoro. Attualmente però siamo in periodo di elezioni, fino all’inizio di ottobre non ci sarà un nuovo governo e quando questo entrerà nel pieno delle funzioni dovrà occuparsi della legge di bilancio al fine di evitare o almeno limitare, l’esercizio provvisorio. Ecco perché sono in molti a temere che con il 2023 si ritornerà alla legge Fornero senza alcuna mitigazione.

Pensioni: a gennaio si va in pensione con la legge Fornero o saranno approvati correttivi?

Ricordiamo che la legge Fornero richiede il raggiungimento di 67 anni di età per poter raggiungere l’agognata pensione, inoltre è previsto un adeguamento periodico all’aspettativa di vita.

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Cosa succederà però nel 2023?

Per una riforma strutturale del sistema pensionistico ci vuole naturalmente tempo quindi molti auspicano una conferma all’ultimo minuto di Quota 102, difficile sperare in un ritorno di Quota 100. Questi due correttivi consentono di andare in pensione raggiungendo Quota 102 (100 in passato) tra età anagrafica e anni di contributi.

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Le proposte dei partiti per la riforma del sistema pensionistico

Per quanto invece riguarda le proposte dei partiti, ricordiamo che Forza Italia è concentrata soprattutto sull’aumento delle pensioni minime a 1.000 euro. Più cautela è mostrata da Fratelli d’Italia che auspica un aumento delle pensioni minime, ma non lo quantifica e propone di trovare le risorse attraverso l’eliminazione/correzione del reddito di cittadinanza.

Chi avanza proposte più ardite è la Lega, guidata da Matteo Salvini, che propone la pensione di vecchiaia a 63 anni di età con 20 anni di contributi (un vero e proprio superamento delle Legge Fornero) e ha già annunciato la volontà di confermare Opzione Donna. Sempre la Lega propone una pensione minima garantita di 1.000 euro per i giovani che hanno versato i contributi esclusivamente con il sistema contributivo, meno conveniente rispetto al retributivo e al misto.

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C’è da dire che una proposta di riforma simile a quella della Lega arriva anche da Verdi e Sinistra Italiana (alleati del Pd). Anche in questo caso si prevede la pensione per coloro che hanno maturato 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età, oppure 62 anni e un minimo contributivo di 20 anni.

Tra le proposte del M5S c’è invece il riconoscimento di ulteriori agevolazioni e l’estensione del trattamento pensionistico riservato ai lavori usuranti