Bonus reddito energetico: cos’è, a chi spetta e come ottenerlo

Uno degli obiettivi del Pnrr è la transizione ecologica che vede il suo principale perno nell’efficientamento energetico e nella realizzazione di sistemi di produzione di energia elettrica che rendano le abitazioni autonome. Naturalmente gli impianti di autoproduzione, come il fotovoltaico oppure il mini-eolico hanno un costo e non tutte le famiglie sono in grado di sostenerlo, per aiutare le famiglie nasce quindi il reddito energetico, cioè un particolare contributo a fondo perduto.

Reddito energetico: cos’ è e a quanto ammonta?

Il reddito energetico è un incentivo il cui importo varia da 6.000 e 8.500 euro, l’obiettivo di questa misura è duplice, da un lato aiutare le famiglie bisognose a installare sistemi che consentano di ridurre i consumi energetici e di conseguenza le bollette, da un altro lato mira a ridurre l’inquinamento ambientale attraverso l’uso di fonti rinnovabili a zero emissioni.

Il bonus può essere sfruttato per:

  • l’installazione di impianti fotovoltaici di potenza non inferiore a 1,8 kW e in grado di produrre almeno 1.200 kwh;
  • installazione di impianti solari termici;
  • impianti microeolici;
  • installazione sistemi di accumulo.

Il 20% dell’importo può essere utilizzato per l’installazione di sistemi per la produzione di acqua calda, ma gli stessi devono comunque essere necessariamente abbinati a sistemi di produzione di energia elettrica. L’importo massimo di 8.500 euro può essere erogato nel caso in cui i beneficiari siano dei condomini.

Chi può richiedere il bonus reddito energetico?

La disciplina prevede la possibilità di ottenere questa particolare agevolazione nel caso in cui il richiedente abbia un reddito Isee inferiore a 20.000 euro.

Possono beneficiare della misura i proprietari degli immobili e gli usufruttuari.

I bandi per il reddito energetico sono di tipo regionale/comunale, sono quindi le regioni e i comuni ad istituire i fondi, i soggetti interessati devono quindi presentare istanza e si procederà alla redazione di una graduatoria. Gli ammessi al beneficio devono stipulare un contratto con GSE per lo “scambio sul posto” di energia prodotta dagli impianti. Gli utenti che realizzano impianti (fotovoltaico e mini-eolico) per l’autoproduzione di energia devono però impegnarsi a cedere alla regione i crediti maturati verso il GSE. La regione a sua volta può investire le risorse in nuovi bandi per il reddito energetico.

Attualmente le regioni che hanno curato i bandi per il reddito energetico sono Sardegna e Puglia, ma a breve vi dovrebbe essere un incremento.

Il beneficio del reddito energetico non può essere cumulato con altre agevolazioni sullo stesso sistema di efficientamento. In poche parole chi sfrutta altre agevolazioni per la realizzazione di un impianto fotovoltaico non può ottenere il reddito energetico.

Leggi anche: Bonus sistemi di accumulo fonti rinnovabili: quando presentare la domanda

Sconto sulla bolletta energetica, tra le ipotesi c’è l’addio all’Isee

Gli italiani sono spaventati dal costo dell’energia e solo una piccola parte delle famiglie ha ricevuto il bonus sociale consistente nello sconto in bolletta, proprio per questo si sta pensando di sganciare il riconoscimento del bonus sociale dal reddito Isee.

Bonus sociale con sconto sulla bolletta energetica: poche famiglie lo richiedono

Attualmente le famiglie che hanno presentato il modello Isee e hanno un “indice della situazione economica equivalente” inferiore a 12.000 euro ricevono uno sconto sulla bolletta energetica. Nonostante questo, dei fondi stanziati sono rimasti inutilizzati, questo avviene perché molti non sono a conoscenza di tale opportunità, sebbene su ogni bolletta il foglio informativo contenga questa informazione. Inoltre sono in molti a non richiedere il modello Isee sebbene in seguito alla sua compilazione, il riconoscimento del bonus sia automatico. Per questo motivo il nuovo Governo, in accordo anche con l’ex ministro Giorgetti sta pensando di studiare una soluzione alternativa che consenta di collegare la prestazione a un limite di reddito.

Perché sganciare lo sconto in bolletta dal reddito Isee

Le difficoltà sono rappresentate dal fatto che il reddito viene determinato in modo individuale mentre l’Isee comprende i redditi e le sostanze di tutto il nucleo e quindi rappresenta meglio la situazione globale del nucleo che deve ottenere il vantaggio del bonus sociale. Potrebbe ad esempio capitare che la fattura energetica sia intestata al membro della famiglia che ha un reddito più basso e che riceva quindi l’aiuto una famiglia che nel complesso è tutt’altro che povera. Questo fattore genera difficoltà nell’individuare le fasce di bisogno più critiche.

Attualmente le risorse stanziate e non utilizzate rappresentano circa la metà dei fondi. Un’altra possibile soluzione potrebbe essere quella di innalzare la soglia Isee.

Contrasto al caro bollette per le imprese

Non sembrano invece esserci cambiamenti in vista per quanto riguarda il contrasto al caro bolletta in favore delle imprese, molto probabilmente si continuerà sulla strada del credito di imposta e quindi per la proroga delle misure attualmente già in vigore. Le norme attualmente in vigore hanno durata fino al 30 novembre e dovrebbe esservi già già nel primo decreto del nuovo Governo la proroga al 31 dicembre 2022.

Assegno di mantenimento al coniuge: si conta nel reddito di cittadinanza?

Per ottenere il reddito di cittadinanza uno degli elementi fondamentali è avere un ISEE non superiore a 9.360 euro. L’ammontare del reddito di cittadinanza che effettivamente si può percepire dipende dal reddito ISEE, quindi più è alto e minori sono gli importi che si possono ricevere. Naturalmente una separazione/divorzio va ad incidere sulla situazione economica degli ex coniugi. Molti si chiedono: l’assegno di mantenimento al coniuge si conta nel reddito di cittadinanza?

Come cambia il reddito ISEE in seguito alla separazione/divorzio?

La prima distinzione di fatto è tra separazione e divorzio. La separazione è una situazione transitoria destinata a sfociare in un divorzio oppure in una riconciliazione (cosa rara). Con il provvedimento del giudice che autorizza a vivere separati, di fatto un coniuge lascia l’abitazione coniugale ed esce dal nucleo familiare. Questo è importante perché si determina un nuovo reddito ISEE. In questo caso l’assegno di mantenimento disposto da un coniuge verso l’altro è considerato reddito imponibile e di conseguenza deve essere dichiarato ai fini della dichiarazione ISEE.

Per determinare il reddito ISEE occorre però anche considerare l’affidamento dei figli. Di solito viene disposto l’affidamento congiunto con collocamento presso uno dei genitori. In questo caso i figli rientrano nel nucleo familiare, ai fini ISEE, del genitore presso il quale sono collocati. Per espressa previsione normativa, il mantenimento in favore dei figli disposto a carico di un genitore non rientra nel reddito imponibile del genitore collocatario.

Deriva da ciò che ai fini della determinazione del reddito ISEE si tiene in considerazione solo l’assegno di mantenimento in favore del coniuge, mentre non concorrono gli assegni disposti in favore dei figli. Il parametro però per misurare l’ISEE è il nucleo familiare composto anche dai figli. Da ciò si intuisce che un ex coniuge con figli collocati presso di lui avrà un reddito ISEE più basso rispetto al caso in cui i figli non siano presso di lui collocati.

Chi percepisce l’assegno di mantenimento può ricevere il reddito di cittadinanza?

Dalla premessa fatta si evince il diritto a percepire il reddito di cittadinanza per il coniuge che riceve l’assegno di mantenimento. L’importo del reddito di cittadinanza (che ricordiamo non può essere totalmente prelevato in forma liquida e non può essere usato in modo indiscriminato per tutti gli acquisti)  dipende molto dall’ammontare dell’assegno stesso, dalla titolarità di altri beni che concorrono a determinare il patrimonio, dalla disponibilità del diritto di abitazione sulla casa coniugale.

Naturalmente le disposizioni possono variare con il divorzio che rende definitiva la fine degli effetti civili del matrimonio e in un certo senso cristallizza la situazione. Ad esempio, il coniuge potrebbe chiedere la liquidazione una tantum e quindi rinunciare all’assegno di mantenimento mensile. In questo caso si potrebbe percepire una somma più elevata di reddito di cittadinanza. Il giudice potrebbe anche disporre il mantenimento solo per un periodo limitato di tempo, ciò in relazione all’età dell’ex coniuge e dalle reali possibilità di trovare una collocazione lavorativa adeguata alla formazione. In ogni caso anche in seguito al divorzio il reddito ISEE sarà calcolato tenendo in considerazione anche l’eventuale assegno di mantenimento percepito.

Chi versa il mantenimento può chiedere una revisione del provvedimento se l’ex coniuge percepisce il reddito di cittadinanza?

Provando però a fare il ragionamento a contrario emergono dei particolari interessanti. L’ex coniuge versava un determinato assegno di mantenimento, a un certo punto scopre che il beneficiario ha chiesto e ottenuto il RdC e quindi le sue condizioni economiche sono effettivamente cambiate. Può chiedere la revoca o la riduzione dell’assegno di mantenimento? La situazione è dubbia perché sembra un cane che si morde la coda. Infatti, nel determinare l’ammontare del Reddito di Cittadinanza, gli importi dell’assegno di mantenimento già sono stati considerati. Nel frattempo è però vero che il reddito è comunque aumentato. Il coniuge che versa potrebbe chiedere una riduzione. Spetta poi al Giudice decidere, sulla base di vari fattori da valutare, tra cui anche la temporaneità del Reddito di Cittadinanza, se ridurre gli importi a carico dell’ex coniuge o addirittura liberarlo da tale onere.

Assegno Unico: tutte le maggiorazioni previste dal d.lgs 230 del 2021

Una delle più importanti novità per il 2022 è l’Assegno Unico che viene riconosciuto per ogni figlio fino a 18 anni di età e in alcuni casi fino a 21 anni di età. I primi importi saranno erogati dal mese di marzo 2022 e prevedono un assegno base e delle maggiorazioni a cui si accede in determinati casi. Vedremo ora tutte le maggiorazioni.

Schema Assegno Unico

L’Assegno Unico da marzo 2022 andrà a sostituire l’Assegno per il Nucleo Familiare, inoltre sostituirà altri strumenti di welfare legati alla condizione economica e familiare, ad esempio il Bonus Mamma Domani. Il suo importo dipende dal reddito ISEE, fino a 15.000 euro si riceve un importo base di 175 euro al mese per ogni figlio, tale importo si riduce gradualmente in base al reddito ISEE.

Di seguito un piccolo schema:

Reddito ISEE Figli fino a 18 anni Figli da 18 a 21 anni
Fino a 15.000 euro 175 euro 85 euro
Fino a 20.000 euro 150 euro 73 euro
Fino a 25.000 euro 125 euro 61 euro
Fino a 30.000 euro 100 euro 49 euro
Fino a 35.000 euro 75 euro 37 euro
Da 40.000 euro 50 euro 25 euro

Si deve precisare che questo schema è sintetico, nel senso che la legge istitutiva, decreto legislativo 230 del 2021, all’allegato Tabella A comprende uno schema dettagliato di tutti gli importi basati sul reddito con variazioni di centesimi, che naturalmente qui non possiamo riportare. In basso all’articolo, sarà allegata la Tabella A dove ognuno potrà trovare con precisione ( e tanta pazienza) quanto potrà ricevere. Per i figli disabili non è previsto il limite di età, inoltre questi fino a 21 anni possono percepire lo stesso importo previsto per i minori, mentre da 21 anni in poi ricevono gli importi previsti per gli altri figli da 18 a 21 anni di età. Solo una piccola nota: gli importi riconosciuti ai figli dai 18 ai 21 anni sono sempre dimezzati rispetto a quelli previsti per i figli da 0 a 18 anni.

Abbiamo visto gli importi base, ora vediamo le maggiorazioni che si applicano e che possono portare alle famiglie delle importanti entrate.

Assegno Unico e Maggiorazione transitoria

La prima maggiorazione di cui parliamo è quella transitoria, prevista solo per gli anni 2022, 2023 e 2024 e per i mesi di gennaio e febbraio 2025. Questa è riconosciuta solo ai nuclei familiari con ISEE inferiore a 25.000 euro, l’obiettivo è evitare che questa fascia di reddito abbia delle perdite dovute al passaggio tra la vecchia e la nuova disciplina. Questa particolare maggiorazione, a differenza delle altre che tra poco vedremo, non è in misura fissa, ma viene determinata avendo in considerazione quanto percepito dalle famiglie con il vecchio sistema di calcolo del welfare.

Maggiorazioni famiglie numerose

L’altra importante maggiorazione riguarda le famiglie numerose. Per ogni figlio successivo al secondo le famiglie potranno percepire:

85 euro se il reddito ISEE è inferiore a 15.000 euro. Tale importo si riduce gradualmente all’aumentare del reddito ed è di 15 euro per le famiglie che hanno in ISEE superiore a 40.000 euro.

In caso di nucleo con 4 o più figli si aggiunge un’ulteriore maggiorazione forfettaria, quindi indipendente dal reddito e dal numero di figli di 100 euro. Ad esempio le famigle con 4 figli prendono 100 euro, con 6 figli comunque ricevono 100 euro. Tale maggiorazione è ulteriore alla precedente.

Maggiorazione disabilità

Delle maggiorazioni sono previste anche in presenza di figli disabili, in questo caso gli importi dipendono dall’età e dal grado di disabilità del figlio.

Figli disabili 0-18anni:

  • non autosufficienza: maggiorazione di 105 euro mensili
  • disabilità grave: 95 euro mensili;
  • disabilità media: 85 euro mensili.

Disabili 18-21 anni

Per ciascun figlio disabile di grado almeno medio viene applicata la maggiorazione di 80 euro mensili.

Disabili con più di 21 anni di età non si applicano maggiorazioni

Maggiorazioni giovani madri

Per madri con meno di 21 anni di età si applica una maggiorazione di 20 euro per ogni figlio.

Maggiorazioni famiglie con genitori entrambi titolari di reddito di lavoro

Nel caso in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro (autonomo o dipendente) o redditi da pensione, ci sarà una maggiorazione per ogni figlio pari a 30 euro per redditi ISEE fino a 15.000 euro e che gradualmente si abbassa fino ad azzerarsi per redditi ISEE superiori a 40.000 euro.

Sono assimilati a reddito da lavoro autonomo i compensi dei giudici onorari di pace, dei vice-procuratori onorari e derivanti da prestazioni sportive professionali non occasionali.

Ricorda che sul sito INPS è possibile accedere al simulatore, ecco il link https://servizi2.inps.it/servizi/AssegnoUnicoFigli/Simulatore

Per ulteriori informazioni sull’Assegno Unico, leggi l’articolo: Assegno Unico: nuova circolare dell’INPS con chiarimenti. 9 febbraio

Per conoscere tutti gli importi in dettaglio puoi utilizzare la Tabella A del decreto legislativo 230 del 2021

Maternità dei Comuni: aumentano gli importi e l’ISEE

L’assegno di maternità dei Comuni viene erogato alle donne disoccupate che quindi non possono accedere alla maternità INPS. Per il 2022 vi sono però importanti novità, infatti le somme che le donne possono percepire sono adeguate all’inflazione e di conseguenza sono aumentate. Aumenta anche la soglia di reddito ISEE per accedere al beneficio.

Nuovi importi per l’assegno di maternità dei Comuni

La novità è stata annunciata con un comunicato del Dipartimento per le Politiche della Famiglia e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5 febbraio 2022. La variazione è collegata all’aumento dell’inflazione e quindi degli indici ISTAT dei prezzi al consumo.

L’assegno di maternità dei Comuni, come quello previsto dall’INPS, viene riconosciuto per la nascita di figli, ma anche per affidi e adozioni. E’ stato introdotto dall’articolo 74 della legge 151 del 2001.

Si tratta di una misura assistenziale riconosciuta alle madri disoccupate e che non accedono ad altre misure previdenziali/assistenziali. Spetta per la stessa durata in cui viene corrisposta l’indennità di maternità per il congedo obbligatorio, quindi per un totale di 5 mesi. L’assegno viene fruito successivamente alla nascita del bambino o dall’ingresso del bambino in famiglia per affidi e adozioni. Per il 2022 ha un importo pari a un massimo di 354,73 euro mensili. Per il 2021 la misura prevista era 348,12 euro mensili. Possono presentare al domanda le famiglie che hanno un reddito ISEE non superiore a 17.747,58, per il 2021 il limite ISEE era di 17.416,66 euro. Si tratta quindi di piccoli aumenti.

Per poter accedere a tale assegno mensile la domanda deve essere presentata entro 6 mesi dall’evento, cioè dalla nascita, dall’affido, affidamento pre-adottivo o adozione. L’invio è telematico, ma per conoscere le modalità è necessario rivolgersi al proprio Comune.

Ultime note su assegni nuclei familiari numerosi

Il comunicato in oggetto prevede anche una modifica degli importi per gli assegni ai nuclei familiari numerosi. A questo proposito occorre però ricordare che tale misura sarà erogata solo per i mesi di gennaio e febbraio. Da marzo prende il via l’assegno unico che assorbe anche questa misura. Nel comunicato si sottolinea che tale assegno spetta alle famiglie con almeno 3 figli a carico e reddito ISEE non superiore a 8.955,58 euro. In tal caso l’importo mensile è di 147,90 euro.

Ricordiamo che il sostegno alla meternità è diverso in base alla categoria di appartenenza. Ecco alcuni approfondimenti.

Maternità lavoratrici autonome, importi e requisiti 2022

Maternità e paternità per i lavoratori dello spettacolo. Circolare INPS 182/21

Dimissioni volontarie e NASpI in maternità: come funziona?

 

Come uscire dall’Isee familiare abbassando il proprio

L’Isee ormai è un documento o certificato, che riguarda tutte le famiglie o quasi. Se fino a ieri si trattava di un certificato utile a chi doveva chiedere prestazioni, servizi o agevolazioni, adesso riguarda anche famiglie che devono semplicemente richiedere l’assegno unico sui figli a carico.

Infatti la misura universale che sostituisce detrazioni, assegni familiari e altri benefit relativi al welfare per le famiglie, richiede l’Isee. Non per la sua erogazione, perché anche senza Isee si può lo stesso percepire l’assegno, ma per quanto riguarda gli importi, che sono collegati proprio all’Indicatore della Situazione Economica Equivalente del nucleo familiare.

Questa debita premessa serve per stabilire l’importanza dell’Isee. Per esempio, l’assegno universale varia in base all’Isee, così come varia il reddito di cittadinanza. E con Isee troppo alto, si può uscire fuori dal perimetro dei beneficiari delle riduzioni delle tasse universitarie, della riduzione della mensa scolastica e di tanti altri benefici previsti dalla normativa assistenziale italiana.

Ma si può abbassare l’Isee? La risposta è affermativa, ma probabilmente l’unica via lecita per farlo è il ridurre o aumentare la composizione del nucleo familiare. Tutte le altre fantomatiche vie possibili per abbassare la soglia dell’Isee sono illecite o quasi.

Abbassare un Isee, le vie possibili tra lecite ed illecite

Partiamo dalla considerazione che abbassare l’Isee eludendo un reddito, celando un patrimonio, o dichiarando il falso espone a sanzioni e rischi non certo bassi. Senza considerare che se per il tramite dell’Isee si recuperano prestazioni assistenziali o bonus, si entra nel campo di un vero e proprio reato che è la truffa ai danni dello Stato o la fruizione indebita di aiuti di Stato.

Non si scherza quindi. Anche se ormai queste pratiche sono abbastanza rare e difficili da mettere in pratica. Questo per via delle banche dati e degli incroci che ormai hanno fatto diventare un “Grande Fratello” tutta la posizione economica, reddituale e patrimoniale di un contribuente.

Difficile nascondere un reddito quindi. Forse più semplice farlo con un patrimonio, spostando dei soldi donandoli ad un figlio magari. Più facile e lecito invece, intervenire sui nuclei familiari, aumentandoli o diminuendoli per abbassare un Isee.

Infatti anche la composizione di un nucleo familiare incide sugli Isee di una famiglia. Ogni componente incide con i suoi patrimoni e i suoi redditi e fa ad influire sulla scala di equivalenza fissata per calcolare l’indicatore.

Evidente che eliminare da un nucleo familiare un soggetto che apporta consistenti redditi o patrimoni, serve per abbassare l’Isee. Ma inserire nel nucleo familiare un soggetto privo di redditi e patrimoni ha lo stesso effetto.

Come uscire da un nucleo familiare

Più persone compongono la famiglia, più si abbassa l’Indicatore della situazione economica equivalente, ma è altrettanto vero che se queste persone hanno redditi propri e patrimoni altrettanto propri elevati, l’Isee di contro si alza. Occorre fare bene i conti quindi.

Un modo per abbassare l’indicatore è rivedere la composizione del nucleo familiare.  Avete un figlio che lavora e ha redditi? Se avete la possibilità meglio “cacciarlo “ di casa, usando un eufemismo. Se c’è la possibilità di cambiare la sua residenza, magari in un’altra casa, meglio farlo perché così si porta via anche i suoi redditi ed i suoi patrimoni.

Certo, occorre fare bene tutte le considerazioni, dal momento che il tutto viene fatto presentando una DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica) che fa riferimento a redditi e patrimoni del 2020, cioè di due anni prima. Ed anche l’utilizzo dell’Isee corrente (per rapportare la situazione di una famiglia più vicina alla realtà del momento),deve seguire precise tempistiche. Non si può ottenere l’Isee corrente da un giorno all’altro, solo spostando un figlio nella seconda casa del nucleo.

CI sono regole che vanno meglio conosciute per procedere a questi cambiamenti. Un figlio con meno di 26 anni di età, se non ha redditi tali da essere indipendente, anche con residenza diversa finisce nello stesso nucleo familiare dei genitori. Ma in questo caso, non avendo redditi, è utile averlo nell’Isee, perché essendo non autosufficiente abbassa l’Isee.

Tfr in busta paga: vantaggi e svantaggi

Di quanto sia ancora fredda l’accoglienza nei confronti dell’ipotesi Tfr in busta paga abbiamo già scritto nei giorni scorsi. Oggi, anche a fronte delle richieste pervenute in redazione, è bene ricordare qualche punto fondamentale relativo all’argomento.

Ricordando che la scelta di destinare parte del Tfr in busta paga è volontaria ma non reversibile (nei 3 anni di durata del piano) e che il Tfr è pari al 6,9% della retribuzione lorda accantonata ogni anno dai lavoratori + uno 0,5% destinato a un fondo di garanzia dell’Inps per erogare ai lavoratori il Tfr anche a fronte del fallimento della propria azienda, ecco qualche dritta per capire meglio i vantaggi o meno del Tfr in busta paga.

Intanto, al di là dell’inserimento del Tfr in busta paga, le quote accantonate per il Tfr vengono rivalutate annualmente dell’1,5%, cui si sommano i tre quarti del tasso di inflazione. Qualora le quote di Tfr fossero destinate in parte alla costituzione di una pensione privata, la loro rivalutazione dipenderà dal tasso di rendimento del fondo pensione che il lavoratore avrà scelto.

Se l’aspetto della rivalutazione è quello che maggiormente favorisce il Tfr, l’aspetto della tassazione è invece da tenere in considerazione attentamente. È infatti diversa la tassazione del Tfr qualora lo si percepisca alla fine della propria carriera lavorativa, se si sceglie di avere il Tfr in busta paga o se lo si vuol far confluire in un fondo pensione privato. Se il Tfr viene riscattato come liquidazione, la sua tassazione avviene in base all’aliquota media che ha inciso sullo stipendio del lavoratore negli ultimi 5 anni. Se confluisce in un fondo di previdenza integrativa, gode di una tassazione agevolata che arriva fino al 15% della rendita maturata e cala fino al 9% fino a quando si allunga la durata del piano di risparmio.

Come anticipato nei giorni scorsi, invece, lo scenario fiscale meno vantaggioso si ha con il Tfr in busta paga, dal momento che l’aumento dello stipendio sarà soggetto all’Irpef. In sostanza, quindi, di fronte a un aumento dello stipendio mensile garantito dal Tfr in busta paga, la prospettiva di avere alla fine del proprio rapporto di lavoro una liquidazione più bassa e, nell’immediato, un’Irpef più alta fanno pendere la bilancia a favore degli scettici.

Tfr in busta paga, tassazione e Isee

Abbiamo dato conto, nei giorni scorsi, della freddezza dei lavoratori nei confronti della possibilità di poter ricevere un anticipo del Tfr in busta paga. Una freddezza dovuta soprattutto ai timori per una fiscalità svantaggiosa che colpisce proprio il Tfr in busta paga.

Dopo che nei mesi scorsi anche i maggiori sindacati italiani si erano mostrati scettici, se non critici, sull’operazione del Tfr in busta paga, muovendosi più a sensazione che dati alla mano, adesso alcuni di questi sindacati i conti li hanno fatti e hanno dimostrato come, dal loro punto di vista, la scelta del Tfr in busta paga sia tutt’altro che vantaggiosa.

Uno studio della Uil ha infatti effettuato alcune simulazioni e messo insieme un po’ di dati per dimostrare come, dai 23mila euro di stipendio lordo in su, l’inserimento del Tfr in busta paga comporterà un appesantimento della tassazione ordinaria e un aumento dell’Isee, con un conseguente aggravio dei costi dei servizi

Secondo la Uil, se un lavoratore che guadagna circa 23mila euro lordi all’anno volesse passare in busta paga i 1209 euro di Tfr maturando, otterrebbe in più circa 97 euro mensili, ma contemporaneamente aumenterebbe l’aliquota marginale Irpef dal 23,9 al 27%; un aumento che, sommato ai minori sgravi fiscali che il rialzo dell’Isee, comporta, andrà a scapito del lavoratore per 330 euro all’anno.

Medesimo discorso riguarda il Tfr in busta paga per chi ha un reddito di 18mila euro lordi: la rata mensile sarà di circa 76 euro, per un totale di 957 euro di Tfr maturando sul quale il lavoratore pagherà l’aliquota del 27%. Peggio ancora andrà a chi ha un reddito di 35mila euro: l’aliquota passa dal 25,3% al 38%, con un aggravio di ben 307 euro.

Oltre agli aggravi della tassazione sulla retribuzione mensile, il Tfr in busta paga, secondo la Uil, inciderà assai pesantemente anche sull’aumento del reddito Isee. Per dimostrarlo, il sindacato ha effettuato diverse simulazioni a livello territoriale.

Per esempio, un reddito Isee di 12.500 euro a Milano dà diritto a una tariffa degli asili nido pari a 103 euro mensili, che diventano più del doppio (232) se l’Isee passa a 12.501 euro. A Roma, il costo per una mensa scolastica con un reddito Isee di 12.500 euro è pari a 50 euro mensili, che diventano 54 se l’Isee passa a 12.501 euro. Sempre a Roma, per l’iscrizione all’università “La Sapienza” si pagano 549 euro all’anno con un reddito Isee di 12mila euro che diventano 600 euro con un Isee da 12001 euro. A Torino, una famiglia con un reddito Isee di 12.999 euro paga in media 156 euro all’anno per la Tassa sui rifiuti: con il Tfr in busta paga, supererebbe la soglia di reddito di 13mila euro e la Tasi arriverebbe a 202 euro. Sempre in tema Tasi, a Bari con un reddito Isee di 10mila euro non si paga la Tasi, ma superandolo grazie al Tfr in busta paga la tassa si pagherebbe con l’aliquota al 3,3 per mille.