Come aprire un conto corrente online

Per aprire un conto corrente è necessario sapere che ci sono molteplici opportunità e diverse banche che offrono diverse opzioni. In questa rapida guida, andremo a vedere in maniera essenziale, come aprire un conto corrente online.

Conto corrente, di cosa si tratta

Prima di approfondire la questione su come aprire un conto corrente online, vediamo nello specifico di cosa si tratta quando si parla di conto corrente.

Sostanzialmente, il conto corrente non è altro che uno strumento tecnico bancario che indica generalmente il deposito di denaro da parte del titolare/possessore del conto, comunemente detto correntista, all’interno dell’istituto di credito, e che consente l’utilizzo di moneta bancaria, del cosiddetto denaro.

Quindi uno strumento di tracciabilità del proprio denaro e che permette e agevola le transazioni dei pagamenti e del ricevimento di denaro.

Nello specifico, possiamo dire che un conto corrente presenta notevoli vantaggi:

  • i soldi che sono depositati sul conto sono al sicuro, praticamente impossibile che vengano rubati;
  • tramite le domiciliazioni bancarie è possibile pagare direttamente le utenze senza doversi recare ogni volta allo sportello, in quanto il prelievo avviene automaticamente;
  • è possibile avere accreditato direttamente sul conto il proprio stipendio o pensione;
  • consente di effettuare pagamenti mediante bonifico;
  • consente di pagare mediante carte di credito collegate direttamente al conto corrente;
  • può essere gestito anche da casa tramite il proprio computer, grazie ai servizi di home banking oppure comodamente con lo smartphone utilizzando le app necessarie.

Ma come creare un conto corrente direttamente online?

Conto corrente online, come aprirne uno

Vediamo, attraverso alcuni necessari passaggi, come aprire un conto corrente online.

Innanzitutto, il primo passaggio da fare per aprire un conto corrente online è di iscriverti al sito della banca presso cui si vuole aprire il conto.

Per effettuare l’iscrizione sarà necessario un nome utente, una password e un proprio indirizzo email. Queste credenziali saranno utili per poi accedere alle funzionalità che vi permetteranno di poter aprire il conto corrente online.

Una volta effettuata l’iscrizione al sito della banca, si avrà accesso in maniera qualificata e si potranno scegliere i servizi che si preferiscono. Poiché a noi interessa l’apertura di un conto corrente, si dovrà selezionare il tipo di conto che si preferisce.

Di sicuro ve ne saranno di diverse classificazioni, dal conto corrente base a quelli con maggiori funzionalità e di diverse tipologie di benefici e costi. Quindi sarà necessario scegliere quello più adatto alle proprie esigenze ed apprestarsi alla visione del contratto.

Come aderire al contratto per aprire un conto corrente online

Di norma, una volta accettato e aderito al contratto, ci verrà chiesto un meccanismo di riconoscimento univoco che, di solito, è costituito da un codice che ci viene inviato sul proprio numero di cellulare.

Una sorta di password temporanea che occorre inserire nel portale quando verrà richiesta, come riconoscimento. Questo tipo di procedura sostituisce la firma che, normalmente, apporremmo in banca in presenza del direttore o del funzionario addetto.

In alcuni casi, la banca richiede un consenso attraverso webcam, o con riconoscimento facciale o con riconoscimento vocale. Per questa ipotesi occorrerà seguire le indicazioni che appaiono sulla schermata e registrare, vocalmente, quanto ci viene richiesto.

In ultimo, ma non ultimo, dopo aver aderito alle condizioni contrattuali mediante gli strumenti sopra indicati, sarà richiesto di inviare i propri documenti alla banca. Si tratta della carta d’identità e del codice fiscale (tessera sanitaria). Per farlo, esistono sostanzialmente due modi:

  • scansionarli e caricarli come file separati;
  • con il proprio smartphone, inquadrarli e lasciare che la pagina internet a ciò adibita dalla banca “catturi” l’immagine con la fotocamera. Una modalità simile al riconoscimento del QR code.

Una volta conclusa la procedura, occorre attendere la conferma formale da parte della banca. Quando essa avrà verificato la regolarità della documentazione trasmessa, dell’assenso fornito mediante uno degli strumenti sopra indicati e di ogni altro aspetto, comunicherà, via email o altro canale scelto, l’apertura ufficiale del conto corrente.

Dunque, questo è quanto di più utile e necessario da sapere in merito, su come aprire un conto corrente online.

Leggi anche: Come aprire un conto corrente a costo zero

Agenzia delle Entrate chiede soldi, ma c’è un errore di fondo nelle lettere

Una vicenda paradossale è quella che si materializzerà in questi giorni con le nuove lettere inviate dall’Agenzia delle Entrate ai contribuenti. Sono le lettere di compliance, quelle lettere del fisco amico che servono per spingere anche i contribuenti ad essere collaborativi.
Quindi, niente cartelle o accertamenti ma lettere con cui si chiede ai contribuenti di pagare “volontariamente”.
Gli interessati saranno, come si legge sul quotidiano “Italia Oggi”, i contribuenti che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi 2021 entro lo scorso 30 novembre, nonostante fossero nell’obbligo di presentarle.
Solo che c’è una anomalia in queste lettere. Il Fisco esagera con le richieste, questa l’anomalia.

Cosa sono le lettere dell’Agenzia delle Entrate

Stanno per arrivare le lettere di compliance ai contribuenti che non hanno adempiuto all’obbligo di presentazione  della dichiarazione dei redditi 2021 in scadenza il 30 novembre 2021. Nessuna differenza tra chi doveva presentare il modello 730/2021 o chi era tenuto ad utilizzare il modello Redditi PF/2021.
Le lettere sono quelle che il Fisco manda per chiedere al contribuente interessato la regolarizzazione della sua posizione, per il tramite di una dichiarazione tardiva.
Come lo stesso Fisco spiega sul portale ufficiale, si tratta di comunicazioni che la stessa Agenzia delle Entrate invia ad alcuni contribuenti.

Dalle lettere di compliance alle richieste di pagamento

Nelle comunicazioni sono riportate le anomalie rinvenute nelle loro dichiarazioni dei redditi, e nel caso specifico di adesso,sono le omissioni ad essere oggetto delle lettere. Con queste lettere, il contribuente viene avvertito dell’anomali ed invitato a risolvere, prima che l’Agenzia delle Entrate arrivi a notificare un avviso di accertamento vero e proprio. Si tratta di una specie di invito ad usare il cosiddetto ravvedimento operoso.
Ciò che finisce con l’essere contestato è il fatto che le Entrate pretendono, oltre ai legittimi e canonici pagamenti delle sanzioni per la ritardata trasmissione delle dichiarazioni dei redditi, anche il versamento delle imposte.
Solo che la normativa applicata non prevede in capo al contribuente, l’obbligo di versare, in questa sede, anche le imposte.

Vanno versate solo le sanzioni per ritardata presentazione del modello

Sono le normative vigenti che vincolano a questa prassi. Il Fisco invia al contribuente le lettere di compliance chiedendo al contribuente di provvedere a inviare la dichiarazione pagando solo le sanzioni per ritardata presentazione della dichiarazione reddituale.
Per il 2022 i contribuenti potranno chiudere la partita con l’omessa dichiarazione, presentandola entro la fine del mese di febbraio 2022. E senza pagare subito l’imposta fuoriuscita dalla dichiarazione dei redditi.
Ciò che diciamo si applica evidentemente, alle dichiarazioni tardive, ma pure alle integrative.
Vengono pertanto considerate buone le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine ultimo per la presentazione. E si tengono ben distinte le due cose. Presentazione tardiva e pagamento delle imposte non devono essere per forza di cose unite ed effettuate a seguito dell’invio di queste lettere di compliance.
In pratica, tutti i contribuenti che riceveranno questa comunicazione, potranno regolarizzarsi, presentando la dichiarazione e pagando, al momento, solo le sanzioni. Una specie di promemoria quindi, come dovrebbero essere queste lettere di compliance che non sono atti impositivi di pagamento.

Pensioni nel 2022: quando l’età non conta, ecco le misure che lo permettono

Pensioni con uscita a 67 anni di età perché così prevede la pensione di vecchiaia. Ed i sindacati a chiedere misure flessibili dai 62 anni di età. Nel frattempo, ecco la quota 102 a 64 anni in sostituzione della quota 100 che però può essere ancora fruita da chi ha cristallizzato il requisito e quindi a 62/63 anni. Ma poi c’è anche l’Ape sociale, che si può sfruttare a partire dai 63 anni di età. Perfino una misura che chiede un enorme sacrificio alle lavoratrici, con il suo ricalcolo contributivo e penalizzante della pensione, prevede una determinata età per essere fruibile. Infatti le lavoratrici dipendenti escono a 58 anni di età e le autonome a 59 anni di età, sempre che i requisiti siano stati completati entro il 31 dicembre dl 2021.

Sono moltissime le misure previdenziali che prevedono una determinata soglia di età minima per poter essere sfruttate. E sarà così anche nel 2022, con due misure per pensioni anticipate. Sostanzialmente il nostro ordinamento prevede due sole misure che prescindono dal requisito anagrafico. E sono due misure strutturali, nel senso che non hanno scadenza e sono dentro il sistema previdenziale. Parliamo delle classiche pensioni anticipate, altrimenti dette ordinarie, e della quota 41, che però non è quella per tutti che tanto i sindacati vogliono. In definitiva, solo queste due strade portano ad una pensione al raggiungimento di una determinata età contributiva, con alcuni altri requisiti tra cui però manca quello anagrafico.

La pensione anticipata ordinaria, come fare nel 2022

La pensione anticipata ordinaria permette ai lavoratori di non dover attendere alcun limite di età per accedere alla quiescenza. Basterà aver maturato un determinato requisito contributivo. La pensione anticipata altro non è che l’alter ego della pensione di anzianità ante Fornero, che proprio la professoressa e Ministro del Lavoro del governo Monti decise di abolire e sostituire con questa misura.

La pensione di anzianità infatti resta fruibile (in salvaguardia) solo per chi  ha maturato i relativi requisiti entro il 31 dicembre 2011 ((ma ad occhio, non ne esistono più di lavoratori di questo tipo).

Va detto che la pensione anticipata riguarda i lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), quindi pure al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, alle Gestioni speciali per i lavoratori autonomi, alla Gestione Separata INPS e alle forme sostitutive ed esclusive dell’AGO.

Per accedervi basta raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi versati (2.227 contributi settimanali) se il richiedente è uomo, mentre 41 anni e 10 mesi (2.175 contributi settimanali) se il richiedente è donna. Occorre attendere la finestra di 3 mesi tra la data di maturazione del diritto e la data di decorrenza della prestazione pensionistica.

Per tutti, almeno 35 anni di contributi versati devono essere al netto dei contributi figurativi da malattia o disoccupazione.

Pensioni anticipate con la quota 41 nel 2022

La quota 41 è una misura che non prevede limiti di età. Nessuna differenza tra uomini e donne. Per tutti sono necessari 41 anni di contributi versati. Di questi, 35 anni devono essere effettivi, quindi al netto dei figurativi per disoccupazione e malattia. Le pensioni con quota 41

Inoltre è necessario rientrare tra i precoci, cioè avere un anno di contributi versati prima dei 19 anni di età e non necessariamente continui.

Anche in questo caso, misura aperta ai lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria e alle forme sostitutive o esclusive dell’Ago. Ma serve anche che si rientri un una delle sottoelencate categorie:

  • Disoccupati che hanno perso il posto di lavoro per licenziamento individuale, licenziamento collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale;
  • Invalidi con disabilità pari o superiore al 74%;
  • Persone che assistono familiari (coniuge o un parente di primo grado conviventi o affini con situazioni familiari particolari) con handicap in situazione di gravità;
  • Lavoratori addetti alle mansioni usuranti (addetti alla linea catena, lavoratori notturni, conducenti di veicoli di trasporto pubblico e così via)
  • Lavoratori addetti alle mansioni gravose (edili,  gruisti, conciatori di pelli, macchinisti dei treni e personale ferroviario viaggiante, camionisti, infermieri  ed ostetriche delle sale operatorie e sale parto, addetti all’assistenza di persone non autosufficienti, insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido, facchini, addetti ai servizi di pulizia; operatori ecologi, operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca, pescatori, lavoratori del settore siderurgico, marittimi).

L’attività gravosa deve essere stata svolta per 7 degli ultimi 10 anni di carriera o in 6 degli ultimi 7 anni. Anche in questo caso, per la quota 41,  finestra di 3 mesi e pensione liquidata decorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti.

Canone Rai, chi ha diritto al rimborso?

In seguito ad un’ultima risoluzione comunicata dalla Agenzia delle Entrate, giunge la curiosa notizia di un rimborso per una fetta di contribuenti, in merito al canone RAI. Ma chi ha diritto al rimborso del canone? Scopriamolo nelle prossime righe.

Rimborso canone RAI, come funziona e chi ne ha diritto

E’ notizia di questi ultimi giorni del gennaio 2022 che ci sarà una possibilità di rimborso del canone RAI.

Mentre ancora si attende di capire se il pagamento del canone Rai verrà in un futuro non troppo lontano esteso a tutti i dispositivi elettronici, come smartphone, tablet e pc, sopraggiungono buone notizie per molti utenti che potranno beneficiare del relativo rimborso. Ma chi ne avrà diritto e soprattutto come fare a beneficiare di tale misura?

Dunque, la misura specifica riguarderà le strutture ricettive nonché di somministrazione e consumo di bevande in locali pubblici o aperti al pubblico, comprese le attività similari svolte da enti del Terzo settore che saranno esonerate dal pagamento del canone.

Quindi, un ristoro per quelle attività di ristoro. Ma come ottenere questa esenzione o rimborso?

Rimborso Canone RAI, come fare richiesta

Ebbene, per poter usufruire di questa esenzione o richiedere un rimborso, non occorre fare altro che utilizzare l’apposito codice tributo in compensazione, attraverso modello F24, del credito d’imposta.

L’importo di quest’ultimo dovrà essere pari all’importo del canone Rai speciale pagato per il 2021. Nello specifico, i soggetti interessati dovranno utilizzare il codice tributo “6958”, denominato “Credito d’imposta canone speciale Rai – art. 6, c. 6, del decreto – legge 22 marzo 2021, n. 41”.

Una volta reso noto il codice tributo da utilizzare in compensazione per poter beneficiare del rimborso canone Rai speciale, sempre l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcune indicazioni su come indicare tale codice. Le vediamo, rapidamente di seguito.

Dunque, il codice tributo sopra citato dovrà essere inserito nella sezione “Erario“, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna titolata “importi a credito compensati”. Nel caso in cui, invece, il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, andrà indicato nella colonna “importi a debito versati”.

Andrà indicato l’anno 2021 nel campo inerente all’anno di riferimento del modello F24, sottolineando che la trasmissione può avvenire solo in modalità telematica.

Questo è quanto vi fosse di indispensabile da sapere in merito alla nuova possibilità di ottenere un rimborso del canone RAI.

Bonus mobilità monopattini e bici, fino a 750 euro di rimborso: ecco per chi

Ci sarà un mese di tempo per presentare la domanda del bonus mobilità green, il credito di imposta che può arrivare fino a 750 euro. Si tratta di contributi a favore della mobilità sostenibile, con stanziamento del bonus tra tutti coloro che faranno richiesta del credito di imposta. Infatti, l’entità dell’agevolazione verrà calcolata suddividendo l’ammontare delle risorse stanziate dal governo (pari a 5 milioni di euro) con il numero dei soggetti che avranno inviato la domanda.

Bonus mobilità con rimborso sulle spese del 2020: ecco i riferimenti normativi

A illustrare le modalità di erogazione del bonus mobilità green è stata l’Agenzia delle entrate con il provvedimento datato 28 gennaio 2022. Nel decreto vengono chiarite le modalità con le quali dovranno essere presentate le istanze di rimborso delle spese. Il decreto di riferimento è quello nel quale si riconosce il credito di imposta al comma 1 septies dell’articolo 44 del decreto legge numero 34 del 2020. Il decreto è stato modificato e convertito nella legge numero 77 del 2020. Le spese ammissibili devono essere state sostenute dal 1° agosto del 2020 fino alla fine di quell’anno.

Bonus mobilità green, rimborso su biciclette, monopattini e abbonamenti trasporto pubblico

L’erogazione del bonus mobilità green dipende dall’ammontare delle spese nel complesso sostenute e agevolabili. Risultano ammissibili le spese per le compere effettuate nel 2020 con relativo rimborso e inerenti l’acquisto di:

  • monopattini elettrici;
  • biciclette muscolari oppure elettriche;
  • abbonamenti al trasporto pubblico;
  • servizi alla mobilità sostenibile o in condivisione.

Bonus mobilità, chi può richiedere il rimborso per le spese di bici e monopattini elettrici?

Il credito di imposta legato al bonus mobilità green può essere richiesto dalle persone fisiche che hanno provveduto all’acquisto dei mezzi di mobilità elettrica o hanno provveduto ad abbonarsi al trasporto pubblico. Per accedere al rimborso sugli acquisti è inoltre necessario aver dato in rottamazione, nello stesso periodo e contestualmente all’acquisto, un veicolo con determinate caratteristiche:

Bonus mobilità per rimborso bici e monopattici elettrici, come si presenta la domanda?

La domanda per il bonus mobilità può essere presentata dal 13 aprile al 13 maggio 2022. La modalità da seguire per inviarla è on line e può inoltrarla direttamente il contribuente. Ci si può avvalere anche dei servizi di un soggetto incaricato a trasmettere le dichiarazioni attraverso le istanze on line disponibili sul portale dell’Agenzia delle entrate.

Cosa fare dopo aver inviato la domanda di rimborso dell’acquisto di bici e monopattini elettrici?

Dopo aver inviato la domanda di rimborso dell’acquisto di bici e di monopattini elettrici, o abbonamenti ai trasporti pubblici e servizi di condivisione della mobilità, il contribuente entro 5 giorni riceverà la ricevuta di presa in carico. Al termine della procedura la risposta può essere di accoglimento o di rigetto. In quest’ultimo caso, il contribuente otterrà le relative informazioni e motivazioni. Se il contribuente invia più di una domanda, l’ultima domanda inoltrata correttamente sostituisce la precedente. Pertanto, nella finestra temporale del mese a disposizione per inviare l’istanza, si possono mandare più domande.

Bonus mobilità per il rimborso di bici e monopattini, quando si sa quando avverrà?

Una volta inviata la domanda di bonus mobilità nella finestra temporale che si conclude il 13 maggio, entro il 23 maggio 2022 il direttore dell’Agenzia delle entrate emanerà un nuovo provvedimento. Nel decreto sarà comunicata la percentuale del credito di imposta ammessa per ciascun richiedente.

Bonus mobilità, come può essere utilizzato il credito di imposta maturato e riconosciuto?

Il credito di imposta maturato per mezzo del bonus mobilità può essere usato in via esclusiva nella dichiarazione dei redditi. La compensazione avviene mediante la diminuzione delle imposte da versare. Il limite della compensazione è quello del periodo di imposta del 2022.

Reddito di cittadinanza: chi rischia di perdere il sussidio

La prossima rata di febbraio per la stragrande maggioranza dei beneficiari del reddito di cittadinanza, non sarà in nessun caso uguale a quella di gennaio. Questo perché la rata che molti hanno percepito  nel corrente mese, era l’ultima calcolata sulla base dell’Isee scaduto lo scorso 31 dicembre 2021.

Per continuare a percepire ancora il sussidio, occorre rinnovare l’Isee, ed occorre farlo, per non rischiare ritardi, entro il prossimo 31 gennaio. Ma per diversi di questi beneficiari, il rinnovo dell’Isee potrebbe non bastare per continuare a percepire il benefit.

Reddito di cittadinanza 2022, come fare per ottenerlo

Richiedere il reddito di cittadinanza, o rinnovarlo per chi lo ha già preso nel 2021, non può assolutamente prescindere da un Isee in corso di validità. I beneficiari quindi devono provvedere a rinnovare l’Isee dal momento  che quello vecchio è scaduto lo scorso 31 dicembre. In assenza di Isee valido niente sussidio a partire dal mese di febbraio.

Per adempiere occorre recarsi al Caf o al Patronato (ma anche a tutti gli altri soggetti autorizzati). In alternativa occorre fare tutto da soli con Spid (Sistema Pubblico di Identità Digitale), Cns (Carta nazionale dei servizi) o Cie (Cara di identità elettronica). Bisogna rinnovare la DSU, cioè la Dichiarazione Sostitutiva Unica, documento propedeutico al rilascio dell’Isee.

Perché rinnovare l’Isee? L’adempimento è necessario perché in primo luogo l’Inps deve calcolare se il richiedente ha ancora i requisiti per continuare a percepire il sussidio. I requisiti sono rimasti inalterati, ma ciò che è cambia è l’Isee del richiedente. Quello dello scorso anno era parametrato a redditi e patrimoni del 2019. Quello del 2022 invece fa riferimento ai redditi del 2020, oggetto delle dichiarazioni reddituali 2021. Ed anche i patrimoni, sia immobiliari che mobiliari fanno riferimento ai due anni precedenti.

Per questo, oltre che per la conferma del beneficio, l’Isee aggiornato serve per permettere all’Inps di ricalcolare l’importo del beneficio per chi continuerà a riceverlo. Solo chi non ha subito alcuna variazione di Isee continuerà a percepire il medesimo beneficio dello scorso anno. Soggetti che hanno patrimoni e redditi identici sia nell’anno 2019 che nell’anno 2020.

Cosa succede al sussidio a febbraio

Discusso, criticato, vituperato, ma assai importante. Questo è il reddito di cittadinanza, misura principe in materia di sostengo alle condizioni di povertà, nato con il decreto n° 4 del 2019 (cd Decretone) del governo giallo-verde con Matteo Salvini e Luigi Di Maio, entrambi  Vice Premier del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Una misura che sicuramente ha aiutato nella fase di grave crisi economica per la pandemia, soprattutto durante i lockdown e le chiusure.

Oggi ci sono 1,5 milioni di persone che percepiscono il sussidio. Un sussidio quindi importante che però qualcuno potrebbe perdere se si trova con un Isee più alto e fuori dalle soglie utili a continuare a fare parte della platea dei beneficiari della misura. Oppure potrebbero vederselo dimezzato o quanto meno ridotto. Il reddito di cittadinanza funziona ad integrazione del reddito del beneficiario. Per questo, se nel 2020 un beneficiario ha avuto redditi più alti del 2019, cambiando l’Isee cambiano anche gli importi del sussidio.

Reddito di cittadinanza 2022, una rinfrescata sui requisiti

Il beneficio economico che viene erogato ai beneficiari del sussidio si divide in due. Infatti c’è la componente già citata, di integrazione al reddito e c’è quella relativa al sostegno a chi paga affitto o mutuo per la prima casa.

La prima arriva fino a 6.000 euro moltiplicati per la scala di equivalenza in base alla composizione del nucleo familiare. La seconda arriva fino a 3.360 euro, o meglio, fino a pareggiare il canone di affitto annuale pagato (3.360euro è la cifra massima). Per il mutuo si arriva a massimo 1.800 euro.

Per quanto concerne i requisiti invece, questi sono:

  • Isee inferiore a 9.360 euro;
  • Patrimonio immobiliare al netto della casa di abitazione non superiore a 30.000 euro, sia in Italia che all’estero;
  • Patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro per i singoli con incremento in base al numero dei componenti il nucleo famigliare fino a massimo 10.000 euro,  e ancora con 1.000 euro di soglia in più per ogni figlio successivo al secondo o con 5.000/7500 euro per ogni soggetto disabile a carico in base alla sua gravità;
  • Reddito familiare inferiore a 6.000 euro annui, sempre moltiplicato per la scala di equivalenza.

NFT: possono rappresentare un guadagno?

Il mondo delle NFT sta diventando sempre più battuto e discusso. Ma di cosa si tratta e possono realmente rappresentare un guadagno su cui investire? Scopriamolo in questa rapida guida.

Che cosa sono gli NFT

Innanzitutto, partiamo dalle basi della questione: ovvero di cosa si tratta quando si parla di NFT.

Gli NFT sostanzialmente non sono altro che risorse digitali archiviate nella blockchain. Potrebbero essere simili a un asset, un token supportato da un asset o un token di utilità. La definizione di NFTè quella di non fungible token.

Gli NFT possono essere utilizzati come ricompensa per il completamento di attività come guardare video, semplicemente leggere articoli, mettere mi piace ai post, e attività simili sul web. Se si vogliono guadagnare NFT per le proprie attività, si possono utilizzare utilizzare app, come ad esempio Flipper per guadagnare token scansionando il codice QR sui token che si ha da guadagnare.

Possono rappresentare un guadagno gli NFT?

La risposta a questa domanda è “sì.

I migliori NFT da scambiare sono quelli che sono attualmente richiesti o popolari. Gli NFT che di solito aumentano di valore possiedono skin di gioco, oggetti da collezione digitali e altre risorse digitali che hanno un volume di scambi elevato.

Gli NFT sono risorse digitali sulla blockchain. Il concetto di NFT è venuto alla luce quando CryptoKitties è diventato una sensazione su Internet. Al giorno d’oggi, molte aziende utilizzano questi concetti nft per creare oggetti da collezione digitali unici per la propria attività o i propri prodotti.

Quindi, dove è meglio iniziare e come investire in NFT? Se si vuole entrare nelle criptovalute senza mettere a rischio i propri risparmi, i token basati su criptovalute come Solana ed Ethereum dovrebbero essere la possibilità di scommessa più sicura.

Come investire con gli NFT?

Alcuni pratici e semplici modi per riuscire ad aumentare le proprie partecipazioni NFT è attraverso un wallet (ovvero un portafoglio) o ancora aumentando la quantità di transazioni da effetture con i token. Non tutti i metodi sono, però adatti a tutti.

Persone diverse avranno preferenze differenti, quando si tratta di gestire le proprie partecipazioni NFT. Alcune persone preferiscono detenere solo poche monete mentre ad altre piace acquisire più monete alla volta.

Le preferenze personali detteranno come interagire con gli NFT e quale può essere la migliore strategia per gestire il proprio portafoglio.

Ma, cos’è che da valore ad un NFT?

Esattamente come accade per i pezzi di una nostra ipotetica collezione d’arte, l’interesse dei consumatori guida il valore di un NFT.

Come avviene per le trading cards, la rarità e la base di un mercato e dei consumatori interessati che influenzano il loro valore. Anche se un’immagine può essere convertita in un NFT, ciò non impedisce che l’immagine sia liberamente condivisa. Tuttavia, mostra definitivamente chi possiede il bene solo attraverso la blockchain.

Per gli NFT più complessi, sarà necessario consultare un professionista, va detto. Al momento, dato che gli NFT sono relativamente nuovi, la cosa migliore è usare un sito come Upwork per assumere un freelance che possa dare un aiuto nella gestione.

Per semplici, singoli pezzi di media, potete farlo individualmente, senza particolari aiuti su spazi come Rarible o siti simili. Tuttavia, per vendere beni più complessi, è necessaria la conoscenza dei fondamenti della criptovaluta e l’esperienza in quel campo.

Queste sono alcune delle basi per iniziare a comprendere il complesso ma innovativo e proficuo mondo delle blockchain, del trading online e delle monete digitali delle NFT. Un mercato che può, se ben gestito, col tempo, la passione e un minimo di competenza, può fruttare interessanti guadagni.

Leggi anche: NFT: Come si realizzano e quanto costa?

Bonus 480 euro per chi ha partita IVA: il beneficio sostituisce il cashback

Il bonus di 480 euro spetta alle partita Iva per dotarsi di strumenti per il pagamento elettronico. Ecco a chi spetta e come farne richiesta.

Bonus 480 euro, come nasce il provvedimento

Archiviato il Cashback che era stato un provvedimento che aveva incontrato il gusto degli italiani, arriva un nuovo bonus. Ma stavolta è dedicato alle partite Iva per dotarsi degli strumenti per il pagamento elettronico. In realtà il bonus, per un importo massimo di 480 euro, consiste in un credito d’imposta per l’acquisto, il noleggio e l’utilizzo di Pos collegati a registratori di cassa.

Si tratta di un altro provvedimento legato alle misure messe in atto dal Governo per limitare la circolazione del contante. All’interno di un’ottica più complessa legata alla lotta all’evasione fiscale. E favorire la tracciabilità di tutti i pagamenti e le transazioni commerciali che avvengono sul territorio italiano.

Bonus di 480 euro, in cosa consiste il credito d’imposta

Fino al 30 giugno 2022 gli esercenti potranno usufruire di un credito d’imposta al 100% per le commissioni sostenute utilizzando i Pos. Tuttavia sono previsti, entro la stessa data, fino a 160 euro per l’acquisto, il noleggio, l’utilizzo di strumenti elettronici per il pagamento dei clienti.

In particolare secondo quando previsto dal decreto legge n. 99 del 30 giugno 2021, “gli esercenti attività di impresa, arte o professioni che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizio nei confronti di consumatori finali potranno usufruire di un beneficio parametrato al costo di acquisto, noleggio o utilizzo di pos e altri strumenti che consentono forme di pagamento digitale”. Inoltre si prevede il rimborso sulle commissioni per noleggio, uso oppure acquisto di mezzi elettronici nel periodo che va  tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022. 

160 euro di credito d’imposta per noleggiare un pos

Oltre all’acquisto di questi strumenti di pagamento elettronico, c’è anche un rimborso parziale con importo massimo fino a 160 euro. Il valore è collegato al valore dell’ultimo fatturato dichiarato dal lavoratore autonomo munito di partiva Iva. I rapporti sono i seguenti:

  • 70%, fino a 200mila euro;
  • 40%, da 200mila a 1 milione di euro;
  • 70%, da 1 a 5 milioni di euro.

Inoltre è previsto un altro credito fino a 320 euro per i “pos smart” definiti dalla legge come “strumenti evoluti di pagamento elettronico che consentono anche la memorizzazione e la trasmissione telematica” dei dati. Il massimo importo assegnabile è sempre erogati in base ad una percentuale stabilità tenendo in considerazione il fatturato dichiarato:

  • 100%, fino a 200mila euro;
  • 70%, da 200mila a 1 milione di euro;
  • 40%, da 1 a 5 milioni di euro.

Come usufruire dei bonus?

Come abbiamo detto si tratta di un credito d’imposta e non di soldi che vengono versati a fondo perduto nei confronti del lavoratore autonomo. Pertanto per sfruttare il contributo occorre utilizzare il modello F24 dell’agenzia delle entrate. Tuttavia c’è tempo fino al 30 giugno 2022 per poterlo richiedere. Si ricorda di conservare gli scontrini, le fatture e le ricevute comprovanti l’acquisto, o il noleggio di questi strumenti elettronici.

Nuovo bonus mobilità per chi scegli il green, il provvedimento

Il nuovo bonus mobilità è destinato a che sceglie i mezzi di trasporto green. Le regole per richiederlo in un provvedimento.

Nuovo bonus mobilità, domande dal 13 aprile

Un provvedimento appena firmato da parte del Direttore dell’Agenzia delle entrate, prevede i criteri e le modalità di fruizione dell’agevolazione prevista dal Decreto Rilancio. In particolare il provvedimento definisce le modalità ed i termini di presentazione della domanda per il riconoscimento del credito d’imposta di cui all’articolo 44, comma 1-septies, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

Le domande possono essere presentate dal 13 aprile e fino al 13 maggio 2022. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente nella dichiarazione dei redditi in diminuzione delle imposte dovute. Inoltre può essere fruito non oltre il periodo d’imposta 2022. Ma vediamo bene con attenzione le regole.

Che cos’è il nuovo bonus mobilità sostenibile?

Il bonus è un credito d’imposta nella misura massima di 750 euro. E’ riconosciuto alle persone fisiche che, dal primo gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, hanno sostenuto spese per l’acquisto di biciclette, monopattini elettrici, abbonamenti al trasporto pubblico, e-bike, servizi di mobilità elettriche in condivisione o sostenibile.

Per accedere all’agevolazione è necessario aver consegnato per la rottamazione un veicolo usato. La rottamazione deve essere fatta nello stesso periodo indicato e contestualmente all’acquisto del nuovo mezzo. Mentre il veicolo rottamato deve essere con con emissioni di CO2 comprese tra 0 e 110 g/km, un secondo veicolo di categoria M1 rientrante tra quelli previsti dalla normativa in materia (art. 1, comma 1032 della legge n. 145/2018).

Come presentare la domanda per il credito d’imposta

Per usufruire del bonus mobilità è necessario presentare la domanda presso l’Agenzia delle entrate. L’istanza deve essere presentata dal 13 aprile al 13 maggio 2022 ed indicare tutte le spese sostenute. Il credito d’imposta è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi in diminuzione delle imposte dovute e può essere usato non oltre il periodo d’imposta 2022.

Le domande possono essere effettuate solo telematicamente attraverso:

a) il servizio web disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate;
b) i canali telematici dell’Agenzia delle entrate, nel rispetto dei requisiti definiti dalle specifiche tecniche allegate al presente provvedimento. Eventuali aggiornamenti delle specifiche tecniche saranno pubblicati nell’apposita sezione del sito internet dell’Agenzia delle entrate e ne sarà data relativa comunicazione.

Entro 10 giorni dalla scadenza del termine di presentazione dell’istanza sarà nota la percentuale di credito d’imposta spettante a ciascun soggetto richiedente, sulla base delle richieste ricevute. Ma comunque occorre anche tenere conto del limite di spesa previsto pari a 5 milioni. 

 

 

Sismabonus, tutti i documenti necessari per avere l’agevolazione fiscale

Con la legge di Bilancio 2022 anche il sismabonus ordinario è stato prorogato con alcune novità e con gli adempimenti ereditati dal decreto “Antifrodi” per quanto attiene al visto di conformità e all’asseverazione di congruità delle spese per gli interventi. Anche nel sismabonus, per le spese sostenute nel 2022, 2023 e 2024, i beneficiari hanno la possibilità di scegliere se cedere il credito di imposta relativo alla detrazione spettante oppure avvalersi dello sconto in fattura. Tuttavia, per beneficiare delle due opzioni, la normativa ha esteso gli adempimenti previsti per il superbonus 110%: è necessario dunque prestare attenzione ai documenti da ottenere e da presentare.

Sismabonus, chi può richiederlo?

Possono richiedere il sismabonus vari soggetti. Innanzitutto i condomini e le persone fisiche, ovvero il proprietario dell’immobile oggetto di intervento, il detentore, il familiare convivente, o convivente di fatto, il componente di unione civile e il coniuge separato. Può altresì chiedere il sismabonus anche il promissario acquirente dell’immobile. Sono ammessi alla richiesta del sismabonus anche le società, di persone o di capitali, e le associazioni tra i professionisti. Infine, soggetti ammissibili alla misura di detrazione fiscale sono gli enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciali.

Sismabonus, quali sono gli interventi ammessi alla detrazione fiscale?

Per richiedere l’agevolazione fiscale del sismabonus, è necessario rispettare le varie tipologie di intervento. La normativa, infatti, fissa i lavori in:

  • miglioramenti delle prestazioni sismiche per gli immobili che sono situati nelle zone sismiche 1, 2 e 3;
  • interventi per le singole unità abitative purché si migliori una classe di rischio sismico o di due classi nelle zone 1, 2 e 3;
  • parti comuni di un edificio con il miglioramento di una o di due classi di rischio sismico nelle zone 1, 2 e 3.

Sismabonus, i dati sull’edificio oggetto degli interventi

Ulteriori documenti sono inerenti all’immobile oggetto degli interventi del superbonus. In particolare, è necessaria la visura catastale, la domanda di accatastamento o, in alternativa a quest’ultima, le ricevute degli avvenuti pagamenti dei tributi locali. È altresì necessaria la documentazione dalla quale si ottenga la zona sismica nella quale sia ubicato l’edificio oggetto dei lavori di sismabonus.

Sismabonus, quali sono i documenti da presentare per l’attestazione della proprietà o delle disponibilità dell’immobile?

Ai fini del sismabonus è necessaria l’attestazione della proprietà e della disponibilità dell’edificio. In particolare occorre l’atto di acquisto o il certificato catastale; il contratto di locazione o di comodato debitamente registrato; il certificato dello stato di famiglia o l’autocertificazione per i familiari conviventi; la successione; l’autocertificazione che attesti la disponibilità e la detenzione dell’edificio rilasciata dall’erede nel caso in cui si proceda con la cessione delle rate residue; la sentenza di separazione a favore del coniuge assegnatario di proprietà dell’ex coniuge; il preliminare di acquisto regolarmente registrato; l’acconsentimento agli interventi da parte del proprietario; la copia dell’atto di cessione dell’edificio.

Sismabonus, cosa serve nel caso di condominio e interventi sulle parti comuni?

Nel caso di condominio e per interventi relativi alle parti comuni, ai fini del sismabonus serve la copia della delibera dell’assemblea nella quale siano stati approvati gli interventi. Tra i documenti è necessaria anche la tabella millesimale nella quale si procede alla ripartizione delle spese. Nel caso si tratti di condominio minimo, occorre sia la delibera dell’assemblea dei condomini che abbiano approvato gli interventi e le modalità con le quali si sono ripartite le spese, sia l’autocertificazione che attesti la natura dei lavori eseguiti. Nell’autocertificazione devono essere inseriti anche i dati catastali delle unità abitative che fanno parte del condominio.

Sismabonus, quali altri documenti servono da parte del beneficiario della misura?

Ai fini del sismabonus, sono necessarie altre dichiarazioni da parte del beneficiario della misura di detrazione fiscale. In particolare serve:

  • la dichiarazione sostitutiva nella quale si attesti di aver rispettato i limiti massimi di spesa ammissibili;
  • quella nella quale si attesti di aver ottenuto o meno altri contributi per gli stessi lavori (le spese agevolate devono essere calcolate al netto degli altri contributi già attenuti);
  • la dichiarazione sostitutiva nella quale si attesti che gli interventi in regime di sismabonus costituiscano o meno la continuazione di lavori già iniziati nei precedenti anni;
  • la documentazione relativa alla produzione di reddito in Italia.

Sismabonus, quali sono le autorizzazioni e relazioni tecniche da richiedere?

In merito alle autorizzazioni amministrative, alle comunicazioni, alle attestazioni tecniche e alle relazioni necessarie per essere in regola con il sismabonus, è necessario avere:

  • la comunicazione di inizio degli interventi (Cila o Cil) con relativa ricevuta di deposito;
  • la Scia, ovvero la Segnalazione certificazione dell’inizio dei lavori con relativa ricevuta di deposito;
  • se necessaria, la comunicazione all’Asl competente per territorio;
  • l’asseverazione della classe di rischio dell’immobile prima di procedere con l’intervento con ricevuta di deposito presso lo Sportello unico competente per comune.

Sismabonus, quali documenti bisogna presentare per avere lo sconto in fattura o credito di imposta?

Durante i lavori del sismabonus, e prima che terminino, è necessario presentare vari documenti che fanno capo alle opzioni di cessione del credito di imposta o dello sconto in fattura. In particolare:

  • la dichiarazione dell’amministratore di condominio che attesti l’entità degli importi corrisposti da ciascun condomino e l’importo della detrazione maturata;
  • il consenso a cedere il credito di imposta o ad applicare lo sconto in fattura da parte di chi svolge i lavori o fornitore;
  • l’asseverazione della congruità delle spese fatte secondo quanto prevede il decreto “Antifrodi” (numero 157 del 2021). All’asseverazione va allegato il computo metrico;
  • l’iscrizione a collegi e ordini professionali da parte del tecnico asseveratore;
  • la polizza assicurativa Rc da parte del tecnico asseveratore.

Tra i documenti di spesa, è necessario tenere conservati i bonifici parlanti, le fatture, gli oneri di urbanizzazione e le imposte di bollo.

Sismabonus, quali documenti bisogna produrre quando gli interventi si sono conclusi?

Nel momento in cui terminino gli interventi previsti dal sismabonus, è necessario tenere conservati i seguenti documenti oggetto di scelta tra cessione del credito di imposta o applicazione dello sconto in fattura. Nel dettaglio:

  • la dichiarazione dell’amministratore di condominio che accerti gli importi corrisposti da ogni condomino e l’importo maturato ai fini della detrazione maturata;
  • il consenso a cedere il credito di imposta o ad applicare lo sconto in fattura da parte di chi esegue i lavori o fornitori;
  • l’attestazione di conformità dei lavori eseguiti al progetto già depositato. È necessaria l’asseverazione del progettista a inizio dei lavori con presentazione della ricevuta ottenuta allo sportello unico competente per comune;
  • l’attestazione del collaudatore statico, anche in questo caso con la ricevuta dello sportello unico;
  • l’iscrizione a collegi e ordini professionali da parte del tecnico asseveratore;
  • la polizza assicurativa Rc da parte del tecnico asseveratore;
  • la copia o la ricevuta dell’Agenzia delle entrate relativa alla comunicazione nella quale il beneficiario abbia scelto l’opzione di sconto in fattura o di cessione del credito di imposta relativa ai precedenti stati di avanzamento dei lavori (Sal) qualora presenti.