Superbonus e vetrate panoramiche: libera installazione con Aiuti bis

In sede di conversione del decreto Aiuti Bis trova approvazione l’emendamento che consente l’installazione libera, cioè senza autorizzazione, delle vetrate panoramiche amovibili (VEPA). Ecco cosa cambia per chi vuole eseguire questo intervento.

Libera installazione delle vetrate panoramiche amobibili (VEPA)

In sede di conversione del decreto Aiuti bis sono state inserite diverse novità che riguardano i proprietari di immobili, infatti è stata semplificata la cessione del credito per il Superbonus 110%, ma non solo, infatti tra gli interventi realizzabili in regime di edilizia libera vi è anche l’installazione di VEPA (vetrate panoramiche amovibili). Ci sono però delle condizioni da rispettare.

Leggi anche: Superbonus e accordo trovato, ecco come cambierà

L’articolo 33 quater del decreto Aiuti Bis prevede l’inserimento all’interno del Testo Unico sull’edilizia libera (articolo 6) delle VEPA avendo però sempre come condizione e limite il rispetto delle normative urbanistiche del comune e le norme del codice dei beni culturali.

Quali sono le condizioni per l’installazione libera delle vetrate panoramiche amovibili?

In primo luogo deve trattarsi di strutture che abbiano una funzione temporanea di protezione dagli agenti atmosferici. Le vetrate devono inoltre avere la funzione di migliorare le prestazioni energetiche e acustiche, proteggere da dispersioni termiche e impermeabilizzare almeno in parte l’edificio da acque.

Affinché si possa procedere all’installazione di vetrate panoramiche amovibili senza la necessità di un titolo abilitativo occorre che le vetrate non realizzino spazi stabilmente chiusi, in questo caso infatti si andrebbe ad aumentare il volume dell’edificio, oppure potrebbe verificarsi un cambio di destinazione d’uso, operazioni che invece richiedono un titolo abilitativo.

Le vetrate infine, dovrebbero favorire la micro-aerazione, questa deve assicurare l’aerazione non dello spazio chiuso dalla vetrata, ma degli spazi domestici interni, cioè quelli a cui è anteposta la vetrata. Ad esempio se inserisco una pergotenda davanti casa, la micro-aerazione deve consentire il cambio di aria in modo da assicurare la salubrità degli spazi precedentemente esposti.

Nel rispetto di tutte queste condizioni è quindi possibile realizzare tali strutture anche nell’ambito dei lavori di efficientamento energetico per il superbonus 110%.

Prestiti per pensionati, una legge che non tutti conoscono

In un mondo che prigioniero è di una crisi economica sempre più tangibile, vediamo come si può attingere nel campo dei prestiti se si è pensionati. A tal proposito, la legge 180/50 rivolta inizialmente agli impiegati pubblici, può venire incontri ai pensionati. Scopriamo come e perché.

Legge 180/50 di cosa si tratta

Cosa ci dice questa legge decretata nel lontano 2005? Andiamo a vedere nello specifico, nel paragrafo che segue.

La legge 180/50 regola il contratto di cessione del quinto e di rinnovo cessione del quinto. Quindi, in sostanza, cosa regola questa legge? Stabilisce le condizioni, gli importi e le rate da rimborsare a chi stipuli un simile contratto.

La cessione del quinto dello stipendio o della pensione è una forma di finanziamento che consente di ottenere una linea di credito pari ad una rata mensile sostenibile fino a un quinto, o al 20%, del proprio stipendio o della propria pensione.

Cosa altro c’è da sapere sulla legge 180/50

La sopra citata legge 80 del 2005 sulla cessione del quinto ha dato modo di apportare alcuni correttivi e modifiche per rendere questo strumento ancora più funzionale e soprattutto per mettere al riparo da ogni genere di problema sia il richiedente che il datore di lavoro.

Nello specifico, questa rivoluzionaria legge ha:

  • abolito il concetto di minima anzianità di servizio per poter richiedere il quinto;
  • allargato la platea dei possibili beneficiari anche a pensionati e ai lavoratori privati con contratto a tempo indeterminato.

Nel caso specifico riguardante i pensionati sono stati inclusi sia quelli provenienti da enti pubblici che quelli privati. Naturalmente sono rimasti alcuni vincoli legati all’ importo massimo complessivo del prestito e soprattutto alla durata del piano di ammortamento rispetto alla data di scadenza.

Per fare un esempio, per quanto riguarda i lavoratori il piano di ammortamento deve terminare prima della fine del contratto di lavoro ossia dell’accesso al sistema previdenziale, mentre per i pensionati ci sono limiti anagrafici che variano da banca a banca.

Prestiti pensionati: altre cose da sapere

La domanda più frequente che il contribuente si chiede è quanto può chiedere di prestito un pensionato?

In maniera semplice ed esaustiva, possiamo dare risposta a tale domanda in termini seguenti:

La rata è fissa e costante: non va mai a superare il 20 per cento del valore netto dalle pensione mensile percepita. La durata massima della cessione del quinto è pari a 10 anni. Inoltre, il pensionato può dilazionare le rate da un minimo di 24 ad un massimo di 120 mesi.

Il prestito viene dunque elargito dalla banca o dall’istituto di credito al quale l’INPS verserà direttamente le rate trattenendole dalla pensione del richiedente. Anche in questo caso, quindi, non sarà il pensionato a doversi preoccupare di saldare la rata.

Chi può richiedere un prestito INPS?

In ultimo, ma non ultimo, andiamo a vedere quale sia la risposta a questa altra frequente domanda in merito ai prestiti per pensionati.

Possono richiedere prestiti INPS tutti coloro che sono iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali in qualità di dipendenti Pubblici e/o pensionati; gli iscritti d’ufficio alla Gestione Assistenza Magistrale; i dipendenti delle aziende del Gruppo Poste Italiane SpA.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario ci sia da sapere in merito alle possibilità di prestito per un pensionato.

Pellet: requisiti per installare una stufa a pellet e quando non si può

Negli ultimi mesi sono molte le persone che stanno cercando informazioni sulle stufe a pellet e a biomassa, l’obiettivo è evitare gli effetti del razionamento del metano e del suo costo elevato. Occorre però sottolineare che non tutti possono installare una stufa a pellet. Ecco in quali casi non si può fare.

In quali casi è vietato installare la stufa a pellet?

Naturalmente il divieto di installare la stufa a pellet non è un capriccio, ma risponde a particolari esigenze soprattutto di sicurezza da applicare quando si usano sistemi di riscaldamento a combustione. La normativa da seguire è la UNI 10683 del 2012.

Occorre però fare una premessa. Le stufe a pellet possono essere a camera stagna, cioè una stufa che preleva l’aria direttamente dall’esterno tramite un tubo di collegamento diretto e dotate di un canale di scarico ermetico quindi con impossibilità di rilasciare fumi nell’ambiente, oppure tradizionale, in questo secondo caso è necessario che l’ambiente in cui è collocata sia ventilato, ad esempio con prese d’aria. Nel secondo caso è possibile installare la stufa a pellet solo avendo in considerazione determinati limiti:

  • non può essere installata in un monolocale;
  • non può essere installata in bagno o in camera da letto;
  • deve essere installata su una base ignifuga (piastrelle, marmo, mattoni, non può essere installata su legno);
  • non può essere installata in garage, box o locali in cui vi sia un elevato pericolo di incendio.

Requisiti generali per installare una stufa a pellet

Per tutte le stufe a pellet vige il divieto di installazione in un locale inferiore a 6 metri quadri o 15 metri cubi.

Per tutte le stufe a pellet è inoltre necessario considerare alcuni limiti o distanze. Ad esempio non può essere collocata a meno di 5 centimetri dal muro, deve inoltre essere collocata ad almeno 25 centimetri da altri oggetti, ad esempio arredi, su entrambi i lati, mentre sulla parte superiore della stufa devono esservi almeno 40 centimetri liberi. La canna fumaria non potrà essere condivisa, ad esempio chi ha un camino o una cucina economica non potrà convogliare i fumi della stufa a pellet nella canna fumaria pre-esistente.

Infine, occorre ricordare che nei pressi della stufa a pellet deve essere presente una presa per la corrente elettrica.

Leggi anche: Stufa a pellet: si può installare in casa se si è in affitto?

Per capire se è davvero conveniente installare una stufa a pellet leggi:

Riscaldamento a pellet: quanto dura un sacco? Quale resa?

Pellet: quanto costa? Conviene o è preferibile il metano?

 

Bufera nella PA: salta la deroga al tetto degli stipendi dei manager pubblici

E’ bufera nella p.a, con il tetto degli stipendi dei manager pubblici che prima salta, e poi invece ricompare la deroga, quindi cos’è successo?

Bufera nalla p.a., salta o no il tetto sugli stipendi dei manager pubblici?

Sono stati due giorni in cui, in poche ore, si è detto tutto l’opposto di tutto. Tanto che anche l’imperturbabile Presidente del Consiglio uscente, Mario Draghi, ha detto la sua. Cosa gli ha fatto perdere la tranquillità? Il pericolo che fosse saltato il tetto sugli stipendi dei manager pubblici.

Martedì scorso il Senato approva la conversione in legge del Decreto aiuti bis, per il quale sono già stati stanziati 17 miliardi di euro. Lo stesso decreto contiene un emendamento per introdurre una deroga al tetto degli stipendi dei manager della pubblica amministrazione. Il tetto prevede un massimo di 240 mila euro lordi l’anno. Ma dopo la bufera tra partiti, stampa e p.a. sembra che la deroga al tetto degli stipendi sarà eliminata.

Bufera nella p.a., tutta colpa del tetto, ma cos’è?

Il tetto stabilisce che le figure più importanti della pubblica amministrazione possano avere uno stipendio massimo di 240 mila euro lordi all’ano. E’diventato legge nel 2014 ed è ancora in vigore. Tuttavia l’importo annuo  stabilito include anche i “Trattamenti accessori“, cioè tutto ciò che si aggiunge allo stipendio base. Anche se questi constituiscono la parte più grande della retribuzione per i gradini più altri della gerarchia dello stato.

Tra queste figurano rientrano anche i vertici delle forze armate e dei Ministeri. In particolare, per quanto riguarda le Forze armate, l’emendamento coinvolge queste figure: il Capo della polizia, i comandanti generali di Carabinieri e Guardia di finanza, il capo dell’amministrazione penitenziaria, il capi di Stato maggio di difesa e Forze armante, il comandante del Comando operativo di vertice interforze, e il comandante generale delle Capitanerie di Porto.

Cosa succede adesso?

Oggi le camere si sono riunite per procedere all’approvazione del decreto aiuti bis. L’emendamento governativo che rimette il tetto generalizzato agli stipendi sarà votato domani dalla Camera, e il decreto Aiuti-bis tornerà in Senato il 20: richiamando a Palazzo Madama senatori impegnati nella campagna elettorale o nel ritorno al vecchio lavoro.

Inoltre mancano circa 10 giorni al voto del 25 settembre, e ci respira un clima politico più confuso che mai. Infine il premier Draghi sembra essersi irritato in quanto l’emendamento sarebbe stato modificato senza informare il Governo. Se così fosse sarebbe molto grave, e soprattutto la bufera non sembra volersi placare.

 

 

 

Salario minimo europeo approvato: cosa cambia per lavoratori e aziende?

Il Parlamento Europeo a larga maggioranza approva il salario minimo europeo, ma cosa cambia per l’Italia e in particolare per aziende e lavoratori?

Salario minimo europeo per garantire tenore di vita dignitoso

Le nuove norme europee  sul salario minimo mirano a garantire un tenore di vita dignitoso. La principale novità, in base a quanto vedremo a breve, è il fatto che in caso di violazione delle norme si concede la possibilità ai lavoratori di rivolgersi a rappresentati e sindacalisti al fine di trovare tutela.  Nelle nuove norme la definizione del salario minimo è rimandata agli Stati Membri i quali dovranno agire tenendo in considerazione il costo della vita e più ampi livelli di retribuzione.

Nella disciplina non ci sono molte indicazioni per i Paesi, di conseguenza, questi avranno un ampio margine di manovra. Tra le linee guida si indica che la determinazione del salario minimo europeo dovrà essere basata su un paniere di beni e servizi a prezzi reali, o fissarlo al 60% del salario mediano lordo e al 50% del salario medio lordo.

La normativa vuole anche stimolare la contrattazione collettiva, questa infatti solitamente è in grado di determinare retribuzioni che siano in linea con il costo della vita del paese di riferimento. I Paesi dell’Unione Europea che hanno una copertura con contratti collettivi nazionali di almeno l’80% non saranno quindi tenuti ad adottare il salario minimo. Rientra tra questi Paesi proprio l’Italia.

A chi si applicherà il salario minimo europeo?

In realtà possiamo affermare che la direttiva, per quanto importante abbia un effetto limitato, infatti dei 27 Paesi dell’Unione Europea solo 6 ancora non hanno una disciplina sul salario minimo e tra questi vi è appunto l’Italia che però non sarà comunque obbligata a fissare un minimo, visto che la contrattazione collettiva viene applicata a oltre l’80% dei lavoratori.

Nonostante questo, si sta discutendo anche in Italia dell’introduzione del salario minimo e i partiti ne stanno parlando in campagna elettorale. Tra le varie ipotesi c’è quella di fissare il salario mensile minimo in 1.200 euro e chi invece, come il Pd propone una retribuzione oraria minima di 9 euro.

Attualmente in Unione Europea il Paese in cui i salario minimo è più elevato è Lussemburgo, mentre i Paesi con un salario esiguo sono soprattutto quelli dell’Est Europa con la Bulgaria che detiene il record negativo, cioè 332 euro.

I Paesi dell’Unione Europea avranno due anni di tempo per adeguarsi alla disciplina del salario minimo.

Stabilizzazione dei precari assunti con PNRR nel decreto Aiuti Bis. Ultime

Con un emendamento al decreto Aiuti Bis è stata approvata la stabilizzazione dei precari della Pubblica Amministrazione assunti con i fondi PNRR. Il loro contratto sarà trasformato in contratto a tempo indeterminato.

Stabilizzazione assunti con risorse PNRR

Nei mesi scorsi abbiamo assistito all’assunzione in Pubblica Amministrazione di numerosi tecnici, si tratta soprattutto di professionisti laureati in ingegneria, architettura e settori tecnico-scientifico. Gli stessi sono stati reclutati con procedure semplificate e soprattutto attraverso la valutazione dei titoli. La normativa prevedeva però l’assunzione con contratto a tempo determinato, con scadenza al 2026, data coincidente con il completamento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il contratto stipulato era a tempo determinato perché solo in questo modo era possibile procedere all’assunzione con i fondi del PNRR.

Stabilizzazione dei precari a partire da gennaio 2027

Naturalmente appena dopo l’assunzione si sono palesate due esigenze, la prima è quella delle persone assunte che ora chiedono stabilità anche per poter organizzare la propria vita e perché il posto fisso in fondo piace a tutti. La seconda esigenza è quella delle Pubbliche Amministrazioni che negli ultimi anni hanno visto una notevole riduzione del personale e fanno fatica ad organizzare ed espletare le procedure concorsuali. Con l’emendamento approvato in Senato, e che ora passa alla Camera, a partire dal 2027 sarà possibile procedere alla stabilizzazione del contratto di lavoro. La stabilizzazione non sarà però automatica, ma sarà riservata ai lavoratori che avranno conseguito risultati apprezzabili nel loro impiego. Costoro dovranno inoltre sostenere un colloquio e l’assunzione avverrà nei limiti dei posti disponibili.

L’obiettivo è valorizzare la professionalità acquisita. L’assunzione dei precari assunti con le risorse del PNRR dovrà avvenire nel limite dei posti disponibili, secondo la legislazione in vigore, da parte delle Amministrazioni presso le quali sono impegnati e dovrà avvenire con la stessa qualifica ricoperta alla scadenza del contratto a termine.

Per chi invece è ancora alla ricerca di un lavoro, segnaliamo i bandi ai quali è ancora possibile partecipare:

Concorso Corte dei Conti per 94 amministrativi. Bando

Maxi assunzione Agenzia delle Entrate: scarica il bando

Concorso Centri per l’Impiego Laureati 295 posti. Scadenza il 30 settembre

Concorso Centri per l’impiego diplomati (249 posti). Domanda entro il 30 settembre

Infine, è ancora possibile iscriversi al concorso Agenzia Dogane e Monopoli

Bonus affitto giovani, ecco come funziona e come richiederlo

Il bonus affitto giovani è un aiuto economico destinato a chi vive in locazione, ma per ottenerlo occorre avere dei requisiti.

Bonus affitto giovani, cos’è e come funziona?

Il bonus affitto giovani è un valido aiuto per tutti coloro che vivono in un appartamento in affitto. E si perché dopo le vacanze estiva riparte un pò la solita vita. E così molti studenti universitari tornano nelle città per seguire i corsi e gli uffici riaprono a pieno ritmo. Di conseguenza c’è bisogno di immobili, o anche singole stanze in locazione, con un ulteriore esborso per le famiglie.

Tuttavia il bonus affitto giovani, voluto dal Governo Draghi (legge di bilancio 2022) vuole essere un aiuto per sostenere queste spese, visto che può essere usato sia per l’affitto di un intero immobile, ma anche per la locazione di singole stanze. L’agevolazione permette di recuperare una parte importante di quanto si spende per il pagamento del canone di locazione, indicato sul contratto stesso e concordato con il proprietario dell’immobile.

Bonus affitto giovani, i requisiti richiesti

Come voluto dal Governo Draghi, possono beneficiarne tutti coloro che hanno un età compresa tra i 20 e i 31 anni. Oltre la limite di età, esiste anche un limite economico. Infatti la soglia massima di reddito è pari a 15.493.71 euro annui. 

Altro requisito fondamentale e non derogabile è che occorre trasferire la residenza nel nuovo appartamento. Anche perché i dati vanno poi trasferiti all’Agenzia delle entrate in sede di registrazione del contratto. Tuttavia l’aiuto permette di ottenere una detrazione pari a 991.60 euro annui. Ma la somma può anche essere maggiore, in base al valore del canone locativo.

Questo avviene quando il canone di locazione ha un elevato importo, in questo caso il rimborso è calcolato in quantità equivalente al 20% del canone di locazione. Inoltre il quantitativo massimo che può raggiungere il rimborso sia pari a 2 mila euro nell’arco di dodici mesi.

Alcuni esempi pratici

Se si paga un affitto mensile di 350 euro, il canone locativo annuo è pari a 4.200 euro (350 euro x 12 mensilità). Il bonus affitto giovani spetta nella misura minima di 991,60 €, poiché il 20% di 4.200 €, uguale a 840 €, è inferiore all’importo minimo riconoscibile.

Mentre se si pagano 900 euro al mese, il canone locativo annuo è pari a 10.800 euro (900euro x 12 mensilità). Si ha diritto alla detrazione massima di 2.000 €, perché il 20% di 10.800 €, uguale a 2.160 €, supera l’importo massimo riconoscibile come detrazione (2.000 €).

In ogni caso per ottenere il bonus affitto giovani occorre richiedere la detrazione, insieme alla Dichiarazione dei redditi, presentata all’Agenzia delle entrate.

Superbonus e accordo trovato, ecco come cambierà?

Superbonus e accordo trovato in Parlamento, dopo il rischio dei vederlo svanire, ecco come varierà una delle misure più gettonate.

Superbonus e accordo trovato all’interno del nuovo decreto aiuti

L’accordo sul superbonus c’è.  Dopo giorni di discussione ed il pericolo che venisse definitivamente annullato, visto gli effetti prodotti, il peggio è stato scongiurato. Almeno secondo quanto dichiarato dal sottosegretario all’economia, Federico Freni: “la soluzione accontenterà tutti“. Ed effettivamente sempre essere riuscito a trovare una soluzione al problema.

Non solo si punta anche a salvare le imprese nel settore edile che hanno acquistato il credito o effettuato lo sconto in fattura, ma non riescono a monetizzare il loro credito. Si parla di crediti potenziali da 20 miliardi, secondo l’Ance. E così evitare il fallimento di circa 40 mila aziende italiane. Infine però occorre un maggiore aiuto da parte dell’Agenzia delle entrate in merito ai controlli da eseguire.

Superbonus e accordo trovato, qual’è la soluzione trovata?

La soluzione trovata prevede che la responsabilità in solido nella cessione dei crediti di bonus edilizi e superbonus si configuri solo se il concorso nella violazione avviene “con dolo o colpa grave”. Inoltre stabilisce che per i crediti sorti prima delle misure anti-frode (novembre 2021), i soggetti diversi da banche, intermediari finanziari e assicurazioni devono acquisire l’asseverazione ex post.

Una soluzione che sembra accontentare tutti. L’obiettivo è quindi alleggerire la responsabilità solidale per chi cede crediti legati al superbonus edilizio al 110%. Si tenta di aumentare le cessioni e far ripartire il sistema e tutto l’indotto. Quindi se scatta il recupero degli importi derivanti da crediti fiscali, riferiti al Superbonus, ne rispondono oltre al beneficiari, anche i fornitori che hanno applicato lo sconto. Ma questo avviene solo se c’è dolo o colpa grave, resi ai fini di una truffa.

Gli effetti di questa modifica

La modifica tende a penalizzare ipotetiche truffe a favore della correttezza dell’applicazione della misura, Infatti l’approvazione al Senato del Dl aiuti bis, riapre la strada degli acquisti dei crediti fiscali da parte delle banche. Quindi gli occhi sono subito puntati sugli istituti di credito italiano. Proprio coloro che avevano comunicato, nei mesi passi, di non acquistare più crediti.

Mentre in merito al secondo punto c’è  una deroga. Infatti per i crediti maturati prima di novembre 2021, quando sono stati introdotti i visti di conformità, asseverazione ed attestazioni, si può godere della limitazione di responsabilità. Ma solo se si acquisisce la documentazione richiesta dal decreto dello scorso anno, a partire proprio dai visti di conformità.

Stop al docente esperto: ora ci sarà il docente stabilmente incentivato

Con un emendamento al decreto Aiuti Bis approvato in Senato è stata cancellata la figura del docente esperto, resta però in vigore la norma sull’incentivo economico per la formazione. Non mancano polemiche sul nuovo docente stabilmente incentivato.

Stop al docente esperto

Il docente esperto doveva essere una figura professionale di spicco, nella impostazione iniziale docente che avrebbe dovuto seguire corsi per circa 10 anni e al termine di tale percorso avrebbe acquisito tale qualifica. Non bastava però aver seguito il percorso di formazione, infatti la normativa prevedeva la presenza di un solo docente esperto per ogni istituto scolastico e di conseguenza, se in un istituto più docenti avessero maturato i requisiti, si doveva procedere ad adottare ulteriori parametri, come gli anni di servizio e i titoli acquisiti.

Leggi anche: Come diventare docenti esperti? Ecco tutte le novità

La norma prevedeva per il docente esperto una retribuzione ulteriore di 400 euro al mese, circa 5.650 euro l’anno, ma soprattutto per il docente esperto non erano previste funzioni ulteriori rispetto agli altri docenti. Unico obbligo era restare nella sede per almeno 3 anni. Tutto ciò ha generato scalpore, infatti i docenti non ammessi a tale ruolo avrebbero subito una discriminazione. I partiti hanno quindi presentato emendamenti per la cancellazione di tale figura anche in seguito al lancio di una petizione online da parte proprio dei docenti.

Arriva il docente stabilmente incentivato

Nella conversione del decreto Aiuti Bis effettivamente si approva la cancellazione di tale figura professionale, ma sorpresa, restano gli incentivi economici per i docenti che seguono il percorso formativo previsto per il docente esperto. Ancora non è chiaro il meccanismo con il quale si procederà al riconoscimento degli incentivi economici, ma il sistema di progressione della carriera dovrebbe essere stabilito in sede di contrattazione collettiva. Cambierà naturalmente il nome, non sarà più chiamato docente esperto, ma “docente stabilmente incentivato

Automobilisti: prorogato il taglio delle accise sui carburanti al 15 ottobre

Con il decreto interministeriale congiunto del MEF e del MiTE è stato prorogato il taglio delle accise sui carburanti fino al giorno 5 ottobre 2022, ora c’è un’altra importante novità, infatti la proroga si estende al 15 ottobre.

Proroga del taglio delle accise carburanti al 15 ottobre

Gli automobilisti possono tirare un sospiro di sollievo, infatti si è provveduto alla proroga ulteriore del taglio delle accise sui prezzi dei carburanti fino al giorno 15 ottobre 2022.

L’annuncio è arrivato a sorpresa con un comunicato sul sito del Ministero dell’economia e delle Finanze. La proroga inizialmente prevista fino al giorno 5 ottobre ha ottenuto un’ulteriore estensione di 10 giorni, cioè fino al giorno 15 ottobre. Sarà applicata sui carburanti per trasporto, quindi benzina, diesel, GPL e metano e permetterà di calmierare il costo dei carburanti e aiutare le famiglie a tirare un sospiro di sollievo.

L’obiettivo è probabilmente quello di aiutare le famiglie fino al momento in cui il nuovo Governo, che sarà formato dopo il giorno 25 settembre, ma sicuramente non prima dell’inizio di ottobre, sarà pienamente operativo. Il taglio è ancora di 30 centesimi, misura che dovrebbe aiutare a mantenere il prezzo di diesel e benzina sotto i 2 euro al litro.

Intanto si registra nuovamente il sorpasso del prezzo del diesel rispetto alla benzina.

Altre misure del decreto Aiuti Bis

Nonostante questo arriva comunque una buona notizia sul fronte prezzi, infatti il costo dei carburanti comunque sta avendo una lieve flessione verso il ribasso. In media la benzina al self costa 1,72 euro al litro, mentre il diesel 1,83 euro al litro.

Tra le altre misure del decreto Aiuti Bis approvato in Senato c’è la proroga dello smart working e lo sblocco del superbonus, ma purtroppo non c’è stata la tanto attesa proroga dei termini per le villette unifamiliari che avevamo anticipato nell’articolo: Proroga Superbonus unifamiliari: presentati gli emendamenti 

Cosa ci sarà nel decreto Aiuti Ter per famiglie e imprese?

Nel frattempo è atteso per il 16 settembre il nuovo decreto Aiuti Ter, fortemente richiesto anche dai partiti impegnati in campagna elettorale. Avrà un budget di circa 13 miliardi di euro e dovrebbe comprendere misure come l’estensione del bonus sociale per Isee fino a 15.000 euro, attualmente il tetto è di 12.000 euro. Tra le misure che dovrebbero essere ricomprese c’è anche la possibilità di rateizzare la fattura dell’elettricità e ulteriori crediti di imposta in favore delle imprese energivore.