Pensione anticipata, proroga del contratto di espansione fino al 2025

Nel decreto Lavoro arriva un’importante novità per coloro che vogliono andare in pensione in anticipo, prevista infatti la proroga del contratto di espansione fino al 2025. Ecco come funzionerà la pensione anticipata.

Proroga del contratto di espansione al 2025

Il contratto di espansione è stato introdotto per la prima volta in Italia nel biennio 2019-2020 e poi stato prorogato di volta in volta. La legge di bilancio 2022 aveva provveduto alla proroga fino al 31 dicembre 2023, ora con il decreto Lavoro si aggiunge questa ulteriore proroga fino al 2025.

Si applica alle aziende con più di 50 dipendenti e prevede la possibilità di uscita dal mondo del lavoro con 5 anni di anticipo rispetto all’età pensionabile. A voler essere precisi, possono accedervi i lavoratori che si trovano a non più di 60 mesi dal maturare i requisiti per la pensione di vecchiaia (67 anni di età e 20 di contributi) o anticipata. Il lavoratore riceve una pensione erogata dall’Inps ma di fatto pagata dal datore di lavoro attraverso una fideiusssione.

Il contratto di espansione prevede però un accordo tra l’impresa il Ministero del Lavoro e le rappresentanze sindacali maggiormente rappresentative. L’accordo va a disciplinare gli elementi essenziali del contratto di espansione, ad esempio i lavoratori interessati. Naturalmente i lavoratori devono uscire su base volontaria in modo anticipato dal lavoro, nessun lavoratore sarà obbligato a rispettare i piani del datore di lavoro. Il consenso deve essere fornito per iscritto.

Il trattamento previsto per la pensione anticipata con contratto di espansione

Il lavoratore fino al raggiungimento dei requisiti pensionistici riceverà un assegno pari al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, come determinato dall’Inps. Per tali periodi il datore di lavoro è obbligato anche al versamento dei contributi previdenziali.

Le aziende hanno la possibilità di offrire il contratto di espansione ai lavoratori a condizione che siano previste nuove assunzioni a fronte dei pensionamenti. L’obiettivo è fare in modo che le aziende possano avere lavoratori di più giovane età con esperienze professionali e formazione adeguata ai nuovi contesti lavorativi che negli anni sono molto cambiati. Insomma il contratto di espansione mira al ricambio generazionale in azienda.

Leggi anche: Pensione anticipata contratto di espansione: requisiti e costi

Pensione lavori usuranti: attenzione alla scadenza del 1° maggio 2023

L’Inps con il Messaggio 1100 del 21 marzo 2023 ha reso note le modalità con le quali accedere alla pensione lavori usuranti anticipata. La domanda deve essere presentata entro il 1° maggio 2023.

Requisiti per accedere alla pensione lavori usuranti

La domanda per il riconoscimento dello svolgimento di lavori particolarmente faticosi e pesanti che maturano i requisiti previsti dal decreto legislativo 67 del 2011 nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre dello stesso anno, devono presentare domanda entro il 1° maggio 2023. In caso contrario subiscono penalizzazioni.

I requisiti per l’accesso alla pensione lavori usuranti cambiano in base alla categoria di lavoratori. Di conseguenza per:

1) addetti ai lavori usuranti, addetti alla linea catena e conducenti di veicoli adibiti al trasporto collettivo è previsto l’accesso con un’anzianità contributiva di almeno 35 anni ed età minima di 61 anni e 7 mesi per i lavoratori dipendenti e 62 anni e 7 mesi per i lavoratori autonomi. Inoltre è necessario aver raggiunto almeno quota 97,6 per i lavoratori dipendenti e 98,6 per i lavoratori autonomi ( somma età anagrafica e contributi);

2) Lavoratori notturni e a turni: in questo particolare caso i requisiti dipendono anche dal numero di notti effettivamente lavorate.

a) 78 notti l’anno, si applicano gli stessi requisiti previsti nel punto precedente;

b) da 72 a 77 notti l’anno, occorre aver maturato un’anzianità contributiva di almeno 35 anni, con un’età minima di 62 anni e 7 mesi se lavoratori dipendenti e 63 anni e 7 mesi se lavoratori autonomi. Anche in questo caso si applicano le quote e sono 98 anni e 6 mesi per i lavoratori dipendenti e 99 anni e 6 mesi per i lavoratori autonomi.

c) lavoratori occupati da 64 a 71 notti l’anno, si prevede il requisito contributivo minimo di 35 anni, il requisito anagrafico minimo è di 63 anni e 7 mesi per i lavoratori dipendenti, 64 anni e 7 mesi per gli autonomi. Infine, quota 99,6 per i dipendenti e 100,6 per i lavoratori autonomi.

Come presentare la domanda per la pensione lavori usuranti?

Sottolineiamo che devono presentare la domanda entro il 1° maggio 2023 coloro che ritengono di raggiungere i requisiti che abbiamo visto nell’arco del 2024, quindi con un anno, e oltre, di anticipo. Nel caso in cui la domanda sia presentata oltre il limite che abbiamo visto vi sono delle penalizzazioni sui termini di percezione della pensione lavori usuranti. In particolare ritardo:

  • di un mese per domande presentate con un ritardo inferiore o pari a un mese;
  • due mesi di penalizzazione per coloro che presentano la domanda con un ritardo superiore a un mese, ma inferiore a tre mesi;
  • penalizzazione di 3 mesi nel caso in cui il ritardo rispetto al termine di presentazione della domanda che scade il 1° maggio 2023 sia superiore a 3 mesi.

La domanda per accedere alla pensione lavori usuranti deve essere presentata telematicamente compilando il modulo “AP45” e inserendo la documentazione minima necessaria a dimostrare di aver maturato i requisiti previsti. Per i lavoratori dipendenti è possibile produrre anche documentazione equipollente che sia in grado di fornire indicazioni utili a delineare che effettivamente sono state svolte mansioni usuranti.

Leggi anche: Pensione gravosi: si allarga la platea dei beneficiari per lavori usuranti

Opzione donna 2023: è possibile presentare domanda

L’Inps con il messaggio 467 del 2023 ha reso noto che è ora possibile presentare istanza per accedere alla pensione anticipata Opzione Donna 2023 secondo i requisiti aggiornati con la legge di Bilancio 197/2022, articolo 1, comma 292.

Chi può presentare la domanda per la pensione anticipata Opzione donna 2023

Occorre ricordare che la pensione anticipata Opzione Donna nella legge di bilancio ha visto cambiare in modo netto le sue caratteristiche. Attualmente possono accedere al beneficio della pensione anticipata le donne lavoratrici dipendenti o autonome che abbiano maturato almeno 35 anni di contributi e un’età anagrafica di 60 anni. Il requisito anagrafico si riduce di un anno per ogni figlio fino a un massimo di 2 anni.

Non bastano però questi requisiti deve infatti verificarsi almeno un’altra tra queste circostanze:

  • essere care giver e in particolare occuparsi da almeno sei mesi del coniouge o altro parente di primo grado convivente che abbia un handicap grave. Oppure  prestare assistenza a un parente o affine di secondo grado se lo stesso non ha un parente di primo grado o coniuge che possa occuparsene in quanto abbiano a loro volta già compiuto 70 anni o siano a loro volta colpiti da handicap grave;
  • la richiedente la pensione opzione donna 2023 anni ha un’invalidità riconosciuta almeno del 74%;
  • lavoratrici che abbiano perso il lavoro in seguito a una crisi aziendale per la quale sia stato aperto un tavolo di confronto.

Come presentare la domanda per la pensione anticipata

La domanda per la pensione anticipata Opzione Donna 2023 può quindi ora essere effettivamente presentata. La donna può inoltrare la domanda in autonomia attraverso il sito dell’Inps autenticandosi con un codice di identità digitale ad esempio Spid, Cie o Cns. Per inserire la domanda occorre seguire il percorso “Prestazioni e servizi” – “Servizi” – “Pensione anticipata “Opzione donna” – Domanda”.

In alternativa è possibile rivolgersi a un patronato oppure chiamare il Contact Center Integrato al numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06164164 a pagamento secondo il proprio piano tariffario.

Pensione anticipata e flat tax: il no di Bonomi e Confindustria

La riforma delle pensioni è una delle più attese perché il 31 dicembre 2022 scade la Quota 102 e molti lavoratori, in procinto di andare in pensione, non avranno uno scivolo per uscire prima dal mondo del lavoro, tornerà infatti in pieno vigore la Legge Fornero. Mentre il prossimo esecutivo è già al lavoro per provare a disegnare la riforma delle pensioni che possa addirittura sostituire del tutto la legge Fornero, c’è una netta presa di posizione di Confindustria attraverso il presidente Bonomi che dice no alla pensione anticipata.

Bonomi: le risorse devono andare tutte alle imprese

La sede delle esternazioni di Bonomi è stata l’assemblea degli industriali di Varese. In questa sede ha esortato a una rapida formazione del governo in modo da non lasciare il Paese bloccato, ha inoltre sottolineato che in questo momento non possiamo permetterci la flat tax e la pensione anticipata. Bonomi ha sottolineato che non è possibile in questo momento fare previsioni di crescita sul futuro vista la situazione russa in costante mutamento. Proprio per questo è necessario far convergere tutte le forze del Paese verso un unico obiettivo e a questo deve collaborare anche l’opposizione.

Per conoscere la riforma delle pensioni allo studio, leggi l’articolo:  Riforma pensioni: assegni più alti, solidarietà intergenerazionale, flessibilità in uscita

A causa della crisi energetica molte aziende sono in difficoltà e potrebbero non farcela a restare sul mercato. Di conseguenza tutte le risorse, tranne quelle necessarie a supporto dei veri poveri, devono essere concentrate sugli aiuti alle aziende. In poche parole Bonomi ritiene che, a parte gli aiuti alle famiglie indigenti, tutte le risorse economiche del Paese devono essere convogliate sulle aziende. Di conseguenza non ci può essere un aumento della spesa pensionistica o una riduzione di tasse per i lavoratori, deve essere data priorità alle aziende.

Pensione anticipata? Sarebbe una follia che non possiamo permetterci

Bonomi sottolinea che non vuole cambiare i programmi elettorali dei partiti, ma in questo momento non sono ammesse follie perché sono in gioco migliaia di posti di lavoro e il futuro di imprese e famiglie.

Alla posizione espressa da Bonomi plaude il Pd, mentre per Fratelli d’Italia c’è un’ingerenza eccessiva, in primo luogo perché la flat tax nella legge di bilancio sarà inserita sui redditi incrementali e sarà estesa alle partite Iva fino a 100 mila euro e in secondo luogo perché ci sono già persone che ritengono di poter chiedere ai partiti di non eseguire il programma elettorale per il quale gli italiani hanno votato.

Leggi anche: Flat Tax: come funziona per le partite Iva e le novità che saranno introdotte per i privati

Il Pd invece sottolinea che in campagna elettorale c’erano tre diverse ipotesi di flat tax: Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia ed è del tutto evidente che si trattava solo di una bandierina, mentre le risorse per fare questa riforma non ci sono.

Pellet | Cartelle esattoriali | Pensioni: tutte le novità della settimana

La preoccupazione degli italiani, ormai si focalizza sull’arrivo del prossimo freddo e sull’impatto che gli aumenti delle materie prime avranno sull’economia domestica con l’accensione dei riscaldamenti. A questo si aggiunge anche la ripresa dell’invio delle lettere di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate dopo la pausa estiva.

Senza contare che l’argomento caldo fino a fine anno sarà sicuramente quello legato alle pensioni. Il cambio di governo con le elezioni del 25 settembre, infatti, preoccupa non poco visto che non è possibile prevedere cosa accadrà senza sapere chi governerà il Paese. E ovviamente la riforma pensioni e rimandata all’anno prossimo mentre per quest’anno l’unica cosa che ci possiamo aspettare è un intervento “tappabuchi” nella Legga di Bilancio.

Pellet, metano o gasolio, con cosa ci scalderemo quest’inverno?

Fino allo scorso anno il modo più economico per riscaldare la casa era senza dubbio con il pellet: con 5 euro si comprava un sacchetto da 15 kg che permetteva di riscaldarsi per diversi giorni. Ma l’aumento delle materie prima ha portato il prezzo di questo combustibile a salire in modo vertiginoso e a raddoppiare addirittura.  In questo articolo Pellet, metano e gasolio: quanto ci costerà in più il riscaldamento quest’anno? abbiamo esaminato proprio l’aumento dei prezzi per le diverse tipologie di alimentazione del riscaldamento.

Per approfondire, in ogni caso, consigliamo la lettura dei seguenti articoli che trattano a fondo il problema riscaldamenti:

Pellet: perché il prezzo è così alto? Speculazione o aumento dei costi?

Pellet: quanto costa? Conviene o è preferibile il metano?

Stufe a pellet a rischio: mancano componenti per la produzione

Cartelle esattoriali, quando non si pagano?

Da settembre l’Agenzia delle Entrate riprenderà l’invio degli avvisi bonari e delle lettere di accertamento. Gli italiani, quindi, in attesa di una eventuale Rottamazione quarter , devono fare i conti anche con il pagamento delle cartelle esattoriali.

In questo articolo Cartelle esattoriali: quali non si pagano più? abbiamo spiegato quando è possibile non pagarle più esaminando a fondo la normativa. Inoltre abbiamo approfondito anche il tema degli obblighi degli eredi per le cartelle esattoriali del defunto nell’articolo: Cartelle esattoriali non pagate dal defunto: ricadono su vedova ed eredi?

Pensioni 2023 ed anticipo

Il tema che suscita, però, maggior preoccupazione per i lavoratori è quello legato alla previdenza. La riforma delle pensioni è ferma al palo e ormai sono diversi anni che si rimanda una decisione strutturale che possa modificare e attenuare le rigidità della riforma Monti Fornero. Si procede, anno dopo anno, con proroghe e misure sperimentali destinate a scadere dopo poco tempo. Quello che occorre, invece, è una misura strutturale che permetta ai lavoratori di accedere alla pensione e di programmare l’uscita dal lavoro con un certo anticipo.

Una delle misure che certamente non verrà mutata dall’intervento di fine anno è sicuramente la RITA di cui abbiamo parlato nell’articolo: Pensione a 57 e 62 anni anche nel 2023, la misura non è a rischio.

 

 

Pensioni, come uscire prima con cumulo e ricongiunzione dei contributi?

Come si può andare in pensione prima procedendo con il cumulo o la ricongiunzione dei contributi? Alcuni casi aiutano a valutare i due istituti previdenziali per arrivare alla scelta migliore. Ad esempio, un lavoratore che abbia superato di qualche anno i 60 anni e che abbia maturato contributi presso più gestioni (25 anni da lavoratore dipendente, contributi presso la gestione ex Enpals e anche qualche mese alla Gestione separata dell’Inps), può valutare di unire i versamenti per arrivare prima alla pensione.

Ricongiunzione dei contributi ai fini della pensione, di cosa si tratta?

Ai fini della pensione, con la ricongiunzione dei contributi versati presso differenti gestioni previdenziali si permette di:

  • accentrare i versamenti tutti in una delle gestioni presso la quale siano stati versati contributi;
  • ottenere la pensione dalla gestione previdenziale prescelta;
  • rateizzare e dedurre fiscalmente il costo dell’operazione che ammonta al 50% della differenza tra l’onere teorico di ricongiunzione e il totale dei contributi e degli interessi.

Pensioni anticipate, come procedere con il cumulo gratuito dei contributi?

Con il cumulo dei contributi versati, disciplinato dalla legge di Bilancio 2017, il lavoratore può unire i versamenti effettuati nella vita lavorativa presso più gestioni previdenziali, sia private che pubbliche. Il cumulo dei contributi si può richiedere per ottenere i seguenti trattamenti previdenziali:

  • la pensione anticipata con i requisiti della riforma Fornero;
  • le pensioni di vecchiaia;
  • l’inabilità;
  • le pensione dei superstiti.

Pensioni, quale è più conveniente tra cumulo dei contributi e ricongiunzione?

Quale scelta è più conveniente per i lavoratori prossimi alla pensione, il cumulo dei contributi o la ricongiunzione? In entrambi i casi, l’assegno delle pensioni saranno determinate dall’unione di almeno due gestioni previdenziali. In linea di massima, si può affermare che, pur non comportando degli oneri, il cumulo pensionistico produce minori vantaggi in termini di pensione rispetto alla ricongiunzione.

Come andare in pensione anticipata contributiva a 64 anni unendo i contributi?

Nel caso del lavoratore sopra descritto, se il contribuente proviene dal sistema previdenziale misto (quindi con una parte dei contributi versati entro il 31 dicembre 1995) si può pensare di andare in pensione anticipata a 64 anni di età. Tale possibilità vige nel caso in cui il lavoratore abbia almeno un contributo versato entro il 1996. Facendo il computo nella gestione separata e riunendo le varie gestioni previdenziali, il lavoratore può andare in pensione a 64 anni:

  • se accetta il ricalcolo della pensione con il solo meccanismo previdenziale misto;
  • rispettando uno dei requisiti legati all’assegno di pensione. Ovvero, l’importo del futuro trattamento previdenziale deve essere pari ad almeno 2,8 volte quello della pensione sociale. Per il 2022, dunque, tale importo è fissato in 1.310,68 euro.

Pensione anticipata contributiva, chi può andare uscire prima?

In ogni modo, se il lavoratore ha iniziato a versare i contributi in data successiva al 31 dicembre 1995, la possibilità di andare in pensione anticipata contributiva a 64 anni è sempre riconosciuta. Tuttavia, i contributi versati alla Gestione separata dell’Inps daranno diritto a una parte della pensione a decorrere dalla vecchiaia. Dunque, a decorrere dai 67 anni di età. Procedendo, invece, con il cumulo di tutte e tre le gestioni previdenziali presso le quali il lavoratore abbia versato i contributi, il richiedente potrebbe godere contemporaneamente di tutte e tre le quote di pensione.

Lavoratore con contributi in due gestioni previdenziali differenti: la possibilità di procedere con il cumulo o la ricongiunzione

Nel caso in cui un lavoratore, appartenente al sistema previdenziale misto, abbia contributi versati in due gestioni, si può pensare a quale convenga di più tra ricongiunzione e cumulo. Ad esempio, se un lavoratore ha iniziato a contribuire dal 1990 e per 20 anni ha versato contributi al fondo telefonici e successivamente come dipendente di un’impresa privata, le alternative sono due. La prima consisterebbe nel  trasferire i contributi presso una sola delle due gestioni (ricongiunzione). Con tale istituto, la scelta del lavoratore non andrebbe a incidere con l’uscita anticipata, ma direttamente sull’assegno di pensione. La scelta sarebbe valida anche per accedere a specifiche formule di pensione che non sono consentite con il cumulo dei contributi.

Pensioni anticipate con il cumulo gratuito dei contributi: possibilità anche per i liberi professionisti

Con il cumulo dei contributi, invece, il lavoratore può ricongiungere gratuitamente i versamenti effettuati presso più gestioni. Il contribuente raggiungerebbe la pensione sulla base delle quote di assegno spettanti da ciascuna delle gestioni previdenziali. Peraltro il cumulo gratuito dei contributi è previsto anche per i liberi professionisti iscritti alle Casse previdenziali. Nel caso in cui il professionista abbia contributi versati anche da lavoratore dipendente, si possono unire i periodi di lavoro e di versamenti non coincidenti per arrivare prima:

  • alla pensione di vecchiaia;
  • a quella anticipata ordinaria con 42 anni e 10 mesi di contributi (per le donne 41 anni e 10 mesi).

Uscita da lavoro per i liberi professionisti con il cumulo dei contributi

Peraltro, per i contributi versati alla Cassa previdenziale è necessario che il libero professionista presti attenzione ai requisiti richiesti dalla gestione previdenziale stessa. Ad esempio, per la pensione di vecchiaia degli ingegneri iscritti a Inarcassa, il requisito da maturare è pari a 34 anni e sei mesi di contributi. Si tratta di un requisito ben più gravoso rispetto a quello previsto dall’Inps che per la pensione di vecchiaia richiede venti anni di contributi versati.

La ricongiunzione può essere richiesta per i lavoratori autonomi iscritti alle Casse previdenziali?

I liberi professionisti iscritti alle Casse previdenziali non possono richiedere la ricongiunzione dei contributi. Pertanto, chi volesse arrivare alla pensione mediante ricongiunzione onerosa dei contributi versati alle Casse previdenziali e alla gestione dell’Inps come lavoratore alle dipendenze, può semplicemente attendere l’età della vecchiaia per ottenere un supplemento di pensione.

Geometri, eliminata la pensione di anzianità

Cambia la pensione dei geometri con l’eliminazione dell’anzianità contributiva quale criterio per andare in quiescenza. Infatti, rimarranno solo due formule di pensionamento: quello della vecchiaia, maturabile a 67 anni di età, e quello anticipato che prevederà due salvaguardie con una modifica dei contributi. Ecco nel dettaglio quali sono i cambiamenti nella previdenza dei geometri.

Pensione di vecchiaia geometri, quali sono i requisiti richiesti e come si calcola il trattamento?

Per andare in pensione di vecchiaia ai geometri serviranno 67 anni di età unitamente ad almeno 35 anni di contributi versati. Il trattamento di pensione è calcolato in parte con il meccanismo retributivo, per i versamenti effettuati fino al 2009, e in perte con il metodo contributivo, per i periodi lavorativi a partire dal 2010. In merito alla ripresa, il 2020 ha segnato una contrazione consistente dei compensi e dei guadagni (- 3,8% mediamente). Il 2021, invece, è stato caratterizzato da una buona ripresa, complice la risalita del settore delle costruzioni.

Pensione anticipata dei geometri: si può uscire a 60 anni ma con delle penalità

Per la platea di oltre 78 mila geometri iscritti alla Cassa professionale, c’è anche la possibilità di uscita prima dal lavoro con la pensione anticipata. I geometri che avranno compiuto 60 anni di età, unitamente a 40 anni di contributi, potranno accedere alla quiescenza anticipata rispetto alla pensione di vecchiaia. Ma con alcuni paletti: il primo è che ci sarà un abbattimento dell’1% per ogni mese di anticipo rispetto ai 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia. La riduzione dell’1% è calcolata solo sulla quota retributiva.

Pensione anticipata geometri, l’assegno previdenziale deve essere 1,5 volte la pensione sociale Inps

Il secondo paletto per la pensione anticipata dei geometri a 60 anni è rappresentato dall’importo minimo del futuro trattamento previdenziale. Infatti, è richiesto che la pensione abbia un importo che non possa essere inferiore di 1,5 volte quello della pensione sociale dell’Inps. Si tratta, in entrambi i casi, di due “salvaguardie” che, da un lato permette a chi anticipa l’uscita dal lavoro di avere lo stesso importo che avrebbe con la pensione di vecchiaia a 67 anni, pagando l’1% di penalizzazione per ogni mese di anticipo. Dall’altro, il vincolo dell’importo di 1,5 volte l’assegno sociale impedisce ai futuri pensionati della Cassa previdenziale di avere trattamenti previdenziali sotto la soglia di povertà.

Riforma pensioni Cassa geometri, assegni meno generosi che nel passato

La riforma delle pensioni della Cassa geometri permetterà di contenere le uscite rispetto a meccanismi troppo generosi. Si calcola che mediamente la Cassa restituiva, sotto forma di trattamento pensionistico, 2,4 volte quanto si riceveva di contribuzione. Con i due paletti delle pensioni anticipate, la Cassa professionisti stima di poter ottenere un risparmio, in termini di trattamenti pensionistici, pari a un miliardo di euro.

Opzione donna, requisiti ed esempi: ecco di quanto si anticipa la pensione

Anche nel 2022 si potrà andare in pensione anticipata con l’opzione donna: le lavoratrici del sistema contributivo misto lasceranno il lavoro a 58 anni se dipendenti e a 59 anni se autonome. Per beneficiare della misura previdenziale sono necessari anche 35 anni di contributi. Ma come vanno calcolati e quali sono le date di scadenza della misura? Ecco una guida per comprendere meglio come funziona il trattamento di pensione anticipata e alcuni esempi.

Opzione donna 2022: come funziona la misura di pensione anticipata?

La proroga della pensione con opzione donna è arrivata anche quest’anno con la legge di Bilancio 2022. La misura consente alle lavoratrici dipendenti di andare in pensione anticipata a 58 anni di età e alle lavoratrici autonome di uscire a 59 anni. Entrambi i requisiti anagrafici, aggiornati di anno in anno, devono essere stati maturati entro il 31 dicembre 2021. Dati i 35 anni di versamenti contributi richiesti, l’opzione donna interessa le lavoratrici che rientrano nel sistema contributivo misto, ovvero che abbiano degli anni di versamenti già prima del 1996. In caso di mancata adesione all’opzione donna, dunque, la pensione verrebbe calcolata con il metodo misto, che comprende quote di versamenti in regime retributivo.

Opzione donna, quanto si risparmia rispetto alla pensione anticipata e alla pensione di vecchiaia?

La proroga dell’opzione donna ha ridotto sensibilmente le tempistiche per andare in pensione. Ciò rispetto ai requisiti richiesti dalla riforma Fornero (legge numero 214 del 2011) rispetto alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata. Infatti, rispetto alle due formule di pensionamento, si può calcolare che con l’opzione donna si risparmiano:

  • sei anni e dieci mesi rispetto alla pensione anticipata, prevista per le donne con 41 anni e dieci mesi di contributi (42 anni e dieci mesi per gli uomini);
  • nove anni (le lavoratrici dipendenti) oppure otto anni (le lavoratrici autonome) rispetto all’età prevista per la pensione di vecchiaia.

Opzione donna, quanto si perde di pensione rispetto a quella di vecchiaia?

L’aspetto che maggiormente frena le lavoratrici al ricorso alla pensione anticipata con opzione donna consiste nell’importo dell’assegno mensile. Infatti, quest’ultimo è calcolato in base ai requisiti versati durante la vita lavoratrice e, sicuramente, è più alto se calcolato con il metodo misto rispetto a quello contributivo. Nel sistema misto rientrano, peraltro, i contributi maturati nei periodi lavorativi antecedenti il 1996, rivalutati anno per anno fino a tutto il 1995. La scelta dell’opzione donna azzera questo vantaggio, calcolando i periodi lavorativi tutti con il metodo contributivo. Si calcola che, l’uscita con l’opzione donna, comporti una perdita dell’assegno mensile di pensione pari a circa il 30%.

Cosa considerare nella scelta di uscita con opzione donna ai fini della pensione?

Pertanto, nella scelta se uscire dal lavoro con l’opzione donna ai fini della pensione occorre considerare due aspetti contrapposti:

  • da un lato, lo svantaggio dell’accesso alla pensione con un importo mensile ridotto rispetto al metodo di calcolo misto, ancorché accentuato dal fatto che l’uscita anticipata comporta meno anni di lavoro e, dunque, di contributi versati. Inoltre, la minore età di uscita comporta un calcolo di pensione ancorato a un coefficiente di trasformazione più basso rispetto all’età necessaria per la pensione di vecchiaia o anche per la pensione anticipata;
  • dall’altro lato, la possibilità di poter anticipare di otto o nove anni l’uscita rispetto ai normali requisiti pensionistici fissati dalla legge di riforma Fornero. Anche in questo caso, però, bisogna considerare che la decorrenza della pensione sarà posticipata di dodici mesi per le lavoratrici dipendenti e di diciotto mesi per quelle autonome.

Pensione con opzione donna, come integrare i contributi con il riscatto della laurea?

Le lavoratrici che vogliano accedere alla pensione con opzione donna spesso si trovano nella situazione di non raggiungere i requisiti richiesti per pochi anni di contributi mancanti. In questa situazione si può beneficiare del riscatto della laurea che garantisce gli anni di versamenti occorrenti con il pagamento di un prezzo “light”. Ad esempio, una lavoratrice che ha raggiunto l’età necessaria per l’opzione donna di 58 o di 59 anni, ma ha 31 o 32 anni di contributi. In questo caso, il funzionamento del riscatto della laurea a costo ridotto segue determinate regole in quanto le lavoratrici dell’opzione donna rientrano nel meccanismo contributivo misto e il riscatto “light” è previsto per il solo metodo contributivo. Diventa necessaria, pertanto, una scelta.

Opzione donna, come recuperare anni di contributi con il riscatto della laurea?

Le lavoratrici che non hanno dunque tutti i 35 anni di contributi richiesti ai fini dell’opzione donna, potrebbero riscattare i periodi di studio universitario precedenti il 1996. Per beneficiare del metodo di di calcolo ridotto del riscatto della laurea, la domanda si può fare nello stesso momento della richiesta della pensione con opzione donna. In tal caso, le lavoratrici pagherebbero poco più di 5.200 euro per ogni anno di corso di laurea da riscattare. In tal caso, le donne interessate potrebbero seguire le regole della legge numero 26 del 2019.

Quali altri metodi andrebbero bene per il calcolo del riscatto della laurea nel caso dell’opzione donna?

In alternativa, il calcolo dell’onere del riscatto della laurea avverrebbe:

  • con il sistema della riserva matematica, basato sul numero dei contributi accreditato, sul sesso e sull’età al momento della richiesta del riscatto stesso. Di regola, il costo del riscatto è più alto con questo metodo;
  • riscatto a costo percentuale, mediante il quale i periodi sono valutabili con il sistema di calcolo contributivo. L’onere da pagare, per ogni anno di studi, è pari a una percentuale della media delle retribuzioni o dei redditi dei 12 mesi precedenti la domanda. La percentuale varia a seconda della gestione previdenziale alla quale la lavoratrice risulti iscritta. Ad esempio, per i lavoratori dipendenti è del 33%;
  • riscatto agevolato della laurea, mediante il pagamento di un onere del 33% della media delle retribuzioni o dei redditi dei dodici mesi precedenti la domanda. Tale riscatto va bene qualunque sia la gestione previdenziale di iscrizione.

Se si sceglie il metodo di calcolo contributivo, si può avere un ripensamento?

La scelta del metodo di calcolo contributivo, ad esempio per pagare un onere del riscatto della laurea più basso come previsto dal calcolo a percentuale o di quello agevolato del 2019, non ammette ripensamenti. Infatti, l’onere più basso spetta a chi sceglie di conteggiare gli anni di studio (precedenti al 1996) aderendo al sistema contributivo. E, dunque, rinunciando al sistema misto che comprende le quote del metodo retributivo, più vantaggiose ai fini dell’assegno di pensione. Secondo quanto chiarito dall’Inps con il messaggio numero 4560 del 21 dicembre scorso, le lavoratrici che scelgano l’opzione contributiva durante il rapporto di lavoro non hanno la possibilità di revocare tale scelta.

Opzione donna, si possono aggiungere i contributi maturati dopo il 2021?

I requisiti di età e di contributi devono essere raggiunti entro il 31 dicembre 2021 per le uscite del 2022. In tal senso, se il requisito anagrafico è stato raggiunto nel 2021 ma non quello contributivo, che maturerà ad esempio, nel corso del 2022, non è possibile procedere con la richiesta di pensione con opzione donna. Pertanto, oltre la data del 31 dicembre 2021 non è possibile l’accredito dei contributi successivi. Tuttavia, le lavoratrici interessate, in questa situazione, potrebbero far valere i nuovi contributi maturati nel 2022 per l’uscita nel 2023. Ciò nel caso in cui il governo dovesse confermare l’opzione donna anche per il prossimo anno.

Riscatto laurea, quando si può anticipare la pensione?

Il riscatto della laurea permette di anticipare la pensione trasformando gli anni di studio all’università in periodi di contributi. L’obiettivo è sia quello di anticipare l’età prevista per la pensione mediante l’aumento degli anni coperti da contributi, che incrementare l’importo del futuro trattamento pensionistico. L’Inps, recentemente, ha fornito ulteriori chiarimenti, soprattutto in merito alla possibilità di sostenere un costo più leggero per il riscatto della laurea, come previsto dal decreto legge numero 4 del 2019.

Riscatto laurea, cosa comprende per agevolare l’uscita per la pensione?

Con il riscatto della laurea, il contribuenti agevola l’uscita dal mondo del lavoro per andare in pensione. Il contribuente può riscattare i seguenti titoli di studio:

  • il diploma universitario per una durata dai due ai tre anni;
  • la laurea di tre anni, di quattro anni o a ciclo unico;
  • il diploma di specializzazione post-laurea;
  • il dottorato di ricerca nel caso in cui siano stati versati i contributi alla Gestione separata dell’Inps.

Si può procedere anche non riscattando tutti gli anni di corso di laurea (riscatto parziale). In tal caso il riscatto avverrà su un numero inferiore degli anni di laurea. Non è possibile, invece, riscattare gli anni eccedenti il corso di laurea (fuori corso).

Quanti anni di laurea si possono riscattare per la pensione?

Sul primo chiarimento dell’Inps, la questione è la durata del corso di laurea prevista per legge. Ad esempio, se il periodo degli studi universitari è inferiore a quello legale per effetto del riconoscimento dell’università dello svolgimento di attività lavorative o professionali del contribuente, si possono riscattare tutti gli anni di corso previsti? Il quesito ha risposta positiva. Sul punto è intervenuta l’Inps con il messaggio numero 1512 del 5 aprile 2022. L’Istituto previdenziale ha chiarito che le Università possono riconoscere, come crediti formativi universitari (Cfu), secondo criteri predeterminati, le conoscenze e le abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post secondario.

Riconoscimento di corsi professionalizzanti, attività professionali e formazione per il riscatto della laurea

Il riconoscimento di queste esperienze professionali o formative propedeutiche all’iscrizione al corso di laurea (ad esempio, i corsi professionalizzanti, le attività professionali o le formative in ogni modo attinenti al corso di studi) abbrevia di fatto il numero degli anni di corso, riducendo pertanto la durata degli anni effettivi di iscrizione all’università di riferimento. Si può, in questi casi, accedere al riscatto della laurea a condizione che si consegua il titolo di laurea. Portando anche nel calcolo degli anni di riscatto le attività professionali e formative nel caso in cui il periodo di studi universitari sia inferiore a quello della durata legale del corso. Altra condizione essenziale è che tali periodi non siano coperti da altri contributi.

Come procedere per il riscatto degli anni di corso di studio per le attività e i corsi professionali?

In tutti questi casi, è necessario, in ogni modo, dotarsi di apposita documentazione rilasciata dall’università nella quale si sono svolti gli anni di studio. La documentazione dovrà attestare il percorso universitario del contribuente con il riconoscimento dei periodi di formazione utili all’iscrizione degli anni successivi al primo del corso universitario prescelto. Tale metodologia si applica alle domande ancora giacenti al giorno di pubblicazione del messaggio dell’Inps e alle istanze che verranno presentate successivamente.

Riscatto laurea, come procedere per gli anni di studio precedenti al 1996?

Il riscatto agevolato della laurea ai fini dell’uscita per la pensione prevede, grazie a quanto previsto dal decreto 4 del 2019, di pagare poco più di 5 mila euro per ogni anno di studio da riscattare. Si tratta del riscatto light della laurea che opera a condizione che gli anni di studio rientrino pienamente nel periodo di riferimento del metodo contributivo delle pensione. Ovvero che gli anni di studio siano collocati posteriormente al 1° gennaio 1996. Tuttavia, i periodi di studio precedenti tale data non sono del tutto esclusi. Infatti, sul punto era intervenuta l’Inps con la nota numero 6 del 22 gennaio 2020.

Come riscattare i periodi di laurea precedenti il 1° gennaio 1996 con il pagamento agevolato?

I divieti del pagamento agevolato del riscatto della laurea per periodi non rientranti nel meccanismo contributivo (e dunque per periodi di studi entro il 31 dicembre 1995), si possono bypassare esercitando la scelta di aderire pienamente al sistema contributivo. Ciò significa che i lavoratori che abbiano versato meno di 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995 (rientranti nel sistema misto) possano scegliere il pagamento del riscatto della laurea light per periodi pre-1996, optando per il metodo di calcolo della pensione interamente contributivo. Ciò comporta un trattamento previdenziale mensile meno generoso rispetto al metodo misto, nel quale rientra anche una quota del meccanismo retributivo.

Quali requisiti si devono avere per aderire al metodo contributivo e pagare il riscatto light della laurea?

Per fare in modo di rientrare nel metodo contributivo e pagare il riscatto della laurea agevolato ai fini della futura pensione, è necessario che il richiedente abbia almeno un mese di contributi a una delle gestioni dell’Inps. Il riscatto light, infatti, non è praticabile a chi versa a una Cassa professionale. Inoltre, la gestione Inps alla quale richiedere il riscatto dovrà risultare esistente al momento in cui si è frequentato il corso di laurea. Infine, come regola generale, il riscatto non può coprire anni già rientranti in periodi di contribuzione da lavoro. In alternativa, il riscatto della laurea dei periodi pre-1996 può avvenire mediante il calcolo ordinario di quanto dovuto.

Riscatto laurea, quando si può fare con l’iscrizione alla Gestione separata Inps?

Per i contribuenti che hanno svolto interamente gli anni di studio prima del 1996, e iscritti anche per un breve periodo alla Gestione separata Inps dopo il 1996, può essere conveniente il riscatto agevolato della laurea. Si potrebbe accorciare di qualche anno la maturazione della pensione di vecchiaia o anche quella anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi, a prescindere dall’età), sopportando un costo di poco più di 5 mila euro all’anno, interamente deducibile. Ma vige l’obbligo di aderire al metodo contributivo del calcolo della pensione.

Vantaggi nell’adesione al metodo contributivo per la pensione anticipata

Peraltro, la scelta del metodo contributivo del calcolo della pensione (anziché di quello misto) consenti di aprire porte per la pensione anticipata. I lavoratori del contributivo, infatti, possono accedere alla pensione anticipata contributiva all’età di 64 anni e in presenza di almeno 20 anni di versamenti. La condizione essenziale è che la futura pensione sia di almeno 2,8 volte superiore all’importo dell’assegno sociale.

Pensioni, quali possibilità di uscita con quota 102?

Quali possibilità vi sono per andare in pensione con quota 102 nel 2022? Fino alla fine di quest’anno si potrà andare in pensione anticipata con requisiti meno gravosi rispetto alla pensione di vecchiaia purché si maturino i 64 anni di età unitamente ad almeno 38 anni di contributi. Sulle chance di uscita con quota 102 l’Inps, lo scorso 8 marzo, è intervenuta con la circolare numero 38 per segnalare i passaggi utili per arrivare alla maturazione della quota 102.

Quota 102, quali differenze con le pensioni a quota 100?

Rispetto alla quota 100, in vigore fino al 31 dicembre 2021, con la quota 102 vi sono due novità. La prima è l’elevazione dell’età minima richiesta da 62 a 64 anni di età. La seconda novità riguarda la durata della sperimentazione. A differenza di quota 100, la quota 102 durerà solo per un anno. Tuttavia, ad oggi non si può essere certi che il governo consenta l’estensione anche al 2023 della quota 102. Molto dipenderà da come andrà il processo di riforma delle pensioni nel corso dell’anno.

Pensioni, quali lavoratori usciranno prima con la quota 102?

Con la circolare, inoltre, l’Inps ha già fissato le decorrenze del trattamento di pensione con quota 102 per l’anno 2022 in base alle differenti categorie lavorative. I prima a poter andare in pensione con quota 102 a decorrere dal 2 aprile 2022 saranno i lavoratori il cui trattamento previdenziale sia liquidato dalla gestione esclusiva dell’Assicurazione generale obbligatoria (Ago). Rientrano in questa categoria i lavoratori del Fondo Quiescenza delle Poste, ad esempio, o i lavoratori iscritti al Fondo Speciale delle Ferrovie dello Stato.

Quando andranno in pensione i lavoratori autonomi, del settore privato e quelli del pubblico impiego con quota 102?

A seguire, i lavoratori prossimi all’uscita per la pensione con quota 102 saranno quelli appartenenti al settore privato e gli autonomi. La decorrenza della pensione è prevista a partire dal 1° maggio 2022. A tale data corrisponde la regola del primo giorno del mese susseguente allo scadere dei tra mesi susseguenti alla maturazione dei requisiti. Infine, per i lavoratori del pubblico impiego, la prima data utile è quella del 2 luglio 2022.

Requisiti utili per la pensione a quota 102 maturati nel 2022, il diritto si cristallizza anche per gli anni successivi

Come specifica l’Inps nella circolare, inoltre, i requisiti utili per la maturazione della quota 102 devono essere raggiunti nell’anno 2022. Al raggiungimento dei requisiti, il lavoratore può decidere di andare in pensione anche nei prossimi anni con la misura in vigore nel 2022. Come per la quota 100, dunque, il diritto alla pensione con quota 102 si cristallizza e si può decidere di differire ai prossimi anni l’uscita da lavoro. Risulta decisivo, pertanto, raggiungere l’età di 64 anni e 38 anni di contributi nel corso dell’anno.

Quante settimane di lavoro sono necessarie per raggiungere i contributi per la quota 102?

I 38 anni di contributi necessari per maturare la quota 102 sono pari a 1976 settimane di lavoro. I contributi necessari possono ottenersi anche sommando i contributi non coincidenti accreditati nelle gestioni pensionistiche obbligatorie differenti, a eccezione che si tratti di contributi versati alle Casse previdenziali professionali.

Come avviene il calcolo della pensione per la quota 102?

Inoltre, il pensionamento con quota 102 è calcolato normalmente con il sistema pensionistico misto. Ovvero, una quota parte della pensione è calcolata con il metodo retributivo (normalmente fino a tutto il 1995); la restante quota con il sistema previdenziale contributivo, per i versamenti effettuati dal 1° gennaio 1996. Tuttavia, la quota 102 si può esercitare anche dopo aver esercitato l’opzione per il sistema contributivo. Si possono riscattare anche periodi antecedenti l’anno 1996 con il sistema agevolato, proprio per maturare i 38 anni di contributi richiesti.

Arrivare a 38 anni di contributi per la quota 102: il riscatto

Per arrivare ai 38 anni di contributi necessari per le pensioni a quota 102 si può procedere con il riscatto di periodi di studio. Ad esempio, se un lavoratore nel 2022 compie 64 anni ed ha 36 anni di contributi, può procedere con il riscatto di due anni del corso di laurea per perfezionare il requisiti contributivo. Dovrà procedere con il versamento di tutto l’onere e inoltrare la domanda della quota 102. Tale operazione può essere fatta anche successivamente al 2022.

Pensioni con quota 102, si può procedere con il cumulo lavoro-pensione?

Come per la quota 100, anche per la pensione a quota 102 non si può procedere con il cumulo dei redditi da lavoro con quelli da pensione. La data di decorrenza del divieto di cumulo è quella coincidente con il primo giorno di decorrenza della pensione stessa. Il cumulo persiste fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Attualmente, e probabilmente fino a tutto il 2026, l’età fissata per la pensione di vecchiaia è pari a 67 anni, unitamente a 20 anni di contributi. Come per la quota 100 si può procedere a un’attività lavorativa purché:

  • si tratti di un lavoro autonomo occasionale;
  • gli incassi siano limitati ai 5 mila euro lordi all’anno.