Bonus affitto turismo, il credito di imposta copre anche i canoni da gennaio a marzo 2022

Il bonus affitti delle imprese operanti nel settore del turismo copre anche i canoni versati a gennaio, a febbraio e a marzo 2022. Il credito di imposta, infatti, spetta se c’è stata una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi calcolata in almeno il 50% rispetto allo stesso periodo del 2019. È quanto prevede il decreto legge numero 4 del 2022. L’articolo 5, allunga infatti il credito di imposta sul costo delle locazioni sugli immobili che non siano a utilizzo abitativo.

Credito di imposta sui canoni di affitto delle imprese turistiche: come calcolarlo?

Pertanto, il bonus sui canoni di affitto degli immobili non a uso abitativo sono allungati ai mesi di gennaio, febbraio e marzo 2022 se l’impresa turistica ha subito la diminuzione dei corrispettivi o dei fatturati di non meno del 50% rispetto agli stessi mesi del 2019. Con la legge di conversione del decreto legge numero 4 del 2022, inoltre, sono state incrementate le risorse per la misura a sostegno delle imprese del settore turistico di un milione di euro.

Bonus affitti, al credito di imposta del 50% concorrono anche le piscine

Tra le altre novità della legge di conversione del decreto legge anche quella che include, nel bonus affitti, anche le imprese che gestiscono piscine. Il codice Ateco di riferimento di queste imprese è il 93.11.20. Pertanto, secondo quanto prevede il comma 1 dell’articolo 5, del decreto legge numero 4 del 2022, sono ammesse al credito di imposta sull’affitto le imprese del turismo, incluse quelle che gestiscono le piscine, che abbiano pagato canoni nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2022 e abbiano subito la riduzione dei corrispettivi o del fatturato di non meno del 50% rispetto agli stessi mesi del 2019.

Quali imprese turistiche possono chiedere il bonus affitti 2022?

Rispetto al decreto legge numero 34 del 2020, risulta ampliata la platea delle imprese del turismo che possono richiedere il bonus affitti per il 2022. Infatti, il provvedimento di due anni fa ammetteva al credito di imposta solo le imprese ricettive, i tour operator e le agenzie di viaggio. Concorrono pertanto al bonus “le imprese del settore turistico”, ivi comprese quelle che gestiscono le piscine.

Credito di imposta sulla seconda rata 2021 Imu delle imprese operanti nel turismo

Peraltro, le imprese del turismo possono beneficiare del credito di imposta per la seconda rata Imu versata nel 2021. Lo prevede il decreto legge “Ucraina” (il numero 21 del 2022) che, all’articolo 22 stabilisce che le imprese del comparto turistico possono richiedere un contributo in termini di credito di imposta nella misura del 50%. Ammesse al bonus sono:

  • le imprese turistiche e ricettive;
  • quelle che gestiscono agriturismi e strutture all’aria aperta;
  • quelle congressuali e fieristiche;
  • i parchi tematici e i complessi termali.

Imprese turistiche, come beneficiare del credito di imposta Imu 2022?

Per beneficiare del credito di imposta è necessario che il beneficio venga calcolato sugli immobili di classificati come D/2 presso i quali viene svolta l’attività turistica. Inoltre, occorre che i proprietari degli immobili siano anche i gestori delle attività turistiche. Infine, il calo dei corrispettivi o del fatturato deve attestarsi a non meno del 50% calcolato come rapporto tra il secondo trimestre del 2021 e lo stesso periodo del 2019.

 

Riscaldamento a gas o pellet, quale conviene?

In un periodo, come quello attuale, in cui ci si abitua ad una maggiore attenzione ecologica e in cui anche le bollette sono diventate una vera piaga per il consumatore, vediamo quale riscaldamento conviene nello scegliere una caldaia a gas o a pellet.

Gas contro Pellet, vediamo il confronto

Andiamo a vedere, dunque, come scegliere in base alla convenienza, quale riscaldamento tra sistema a gas e caldaia a pellet può essere più utile, in base ai vari pro e contro del caso.

Iniziamo subito col dire che quello che cambia tra le due opzioni, in primo luogo, è il combustibile impiegato.

Per quanto riguarda il riscaldamento a gas, si tratta del metano, ovvero il più utilizzato in Italia arriva in tutte le abitazioni attraverso una rete capillare di distribuzione, mentre d’altro canto troviamo il pellet che è un combustibile lavorato di derivazione naturale e che richiede uno spazio di stoccaggio in casa perché risulta conveniente quando è acquistato in grandi quantità.

Pro e contro del riscaldamento a gas

Vediamo di seguito le caratteristiche principali di un riscaldamento a gas

  • Costo di acquisto e di gestione più basso
  • Basse emissioni inquinanti: la caldaia a condensazione ha di fatto, un bruciatore dotato di premiscelazione che ha il vantaggio di abbassare la temperatura dei gas di scarico e di conseguenza pure il consumo di combustibile e la diffusione di sostanze nocive come gli ossidi di azoto e il monossido di carbonio.
  • Modularità: essa si può abbinare ad un sistema di pannelli solari termici, per ottenere un risparmio ancora maggiore.
  • Conveniente a lungo termine: il costo iniziale di acquisto lo si può ammortizzare nel tempo, grazie al risparmio in bolletta e alle detrazioni che il governo attua al momento (Ecobonus 65% o Superbonus 110%)

Tuttavia, lo svantaggio da non perdere di vista risiede nel fatto che con la caldaia a gas si utilizza un combustibile fossile che ha un impatto sull’ambiente maggiore; sebbene questo può essere ridotto con una caldaia a condensazione

Pro e contro del riscaldamento a pellet

Possiamo subito evidenziare nel novero dei vantaggi della caldaia a pellet il rendimento del combustibile: infatti, il costo del pellet è inferiore a quello del gas e permette un risparmio di circa il 50%. Di contro, però, andiamo a vedere alcuni svantaggi:

  • Costo caldaia: sostanzialmente una caldaia a condensazione ha un costo di circa 1.500/2.000 euro, mentre una caldaia a pellet di un certo livello ha un prezzo di circa 4.000/4.500 euro.
  • Praticità: in tal caso, la caldaia a pellet richiede di essere ricaricata quando occorre, il che comporta lo svuotamento del contenitore per le ceneri. Inoltre, occorre provvedere all’acquisto periodico di biomassa e avere a disposizione uno spazio per lo stoccaggio, per averne sempre a portata di mano.
  • Manutenzione: come ogni caldaia, ovviamente anche quella del riscaldamento a pellet richiede un controllo periodico che sia a norma di legge. Dal momento che la stufa a pellet è sicuramente più complessa di una caldaia a condensazione, la manutenzione può risultare anche più costosa.
  • Occorre tenerla accesa anche in estate e quando fa caldo per avere a disposizione l’acqua calda sanitaria.

Dunque, questi sono gli elementi fondamentali per portare ad una scelta di preferenza di acquisto nella scelta tra un riscaldamento a gas ed uno a pellet, non vi resta che trarre le dovute considerazioni.

Leggi anche: Riscaldamento: soluzioni ecologiche per risparmiare

Parità di genere nei consigli di amministrazione delle società. Impegno del ministro Orlando

Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali  Andrea Orlando ha partecipato nei giorni scorsi al Consiglio dell’UE su Occupazione, Politica sociale, Salute e Consumatori (EPSCO) e da questa sede ha preso l’impegno per il recepimento in breve tempo della direttiva dell’Unione Europea per la parità di genere nei consigli di amministrazione delle società.

Parità di genere in Europa

La parità di genere è un obiettivo che tutti si pongono ma di fatto sono persistenti gli squilibri, in tutta Europa e in particolare In Italia. Purtroppo le donne faticano a raggiungere ruoli di leadership e le statistiche dimostrano che ciò non è dovuto a una formazione non adeguata o a scarse capacità, ma a un fattore culturale che tende a ostacolare la carriera delle donne e a un costante impegno nella cura della famiglia che le porta ad avere minore tempo a disposizione per il lavoro.

Dai dati raccolti emerge che nell’ottobre 2021 le donne rappresentavano soltanto il 30,6% dei membri dei consigli di amministrazione e appena l’8,5% dei presidenti dei consigli di amministrazione, il divario all’interno degli Stati Membri è ancora più ampio. I Paesi che hanno raggiunto risultati migliori sono quelli in cui sono state adottate politiche attive per incentivare la presenza delle donne in ruoli gestionali o di comando. Si sottolinea anche che in realtà nell’Unione Europea il 60% dei laureati è donna, questo vuol dire che inserire donne nei consigli di amministrazione delle società vuol dire avere una maggiore probabilità di inserire personale qualificato.

Le misure adottate in Italia per colmare il gender gap

Le misure che si stanno proponendo nel tempo sono numerose, alcune blande, altre più incisive non da ultimo in Italia l’introduzione del congedo di paternità obbligatorio. Lo stesso per ora è attivo nei confronti dei dipendenti del settore privato e a breve sarà disponibile anche per i lavoratori del settore pubblico. Per approfondimenti leggi:

Congedi per padri lavoratori e tutela paternità: disciplina

Congedo di paternità: a breve sarà esteso anche ai dipendenti pubblici

Un’altra misura che tende ad agevolare il ritorno delle donne al lavoro dopo la gravidanza è il bonus nido, una delle poche misure di welfare che non è stata toccata dalla normativa sull’Assegno Unico proprio perché si tratta di una misura specifica che agevola le donne nel faticoso impegno per coniugare i tempi di vita e di lavoro.

Ora con questa direttiva l’obiettivo non è semplicemente favorire la presenza delle donne nel mondo del lavoro, ma aiutarle in modo attivo ad avere un ruolo di leadership andando così a colmare il gender gap.

Cosa prevede il testo della direttiva per la parità di genere nei consigli di amministrazione delle società?

La nuova direttiva prevede che entro il 2027 le società debbano introdurre dei correttivi che consentano di raggiungere il 40% di membri del sesso sotto-rappresentato per gli amministratori senza incarichi esecutivi, o il 33% per tutti i membri del consiglio di amministrazione. Saranno gli Stati Membri a dover scegliere tra questi due obiettivi quale intendono applicare. Ricordiamo che la direttiva richiede uno “sforzo” attivo da parte degli Stati Membri quindi non è immediatamente applicabile, di conseguenza gli Stati hanno un piccolo (a volte ampio) margine di manovra.

La normativa prevede che nel caso in cui siano presenti candidati con pari qualifiche di idoneità, competenze e rendimento professionale, sia assicurata la nomina del sesso sotto-rappresentato. La disciplina, come si può notare, non parla in modo univoco di tutela delle donne, ma di tutela del sesso sotto-rappresentato, quindi anche nel caso in cui dovesse presentarsi una situazione inversa, cioè un consiglio di amministrazione formato in prevalenza da donne, dovrà essere assicurata la piena rappresentanza anche degli uomini.

I Paesi che hanno già ottenuto buoni risultati inerenti la parità di genere in posizione di leadership possono sospendere i requisiti in materia di nomina o elezione previsti dalla direttiva.

Sisma centro Italia, agevolazioni per imprese e autonomi

Sisma centro Italia, arriva la possibilità per autonomi ed imprese di poter richiedere le agevolazioni previste, ed ecco come fare.

Sisma centro Italia, quando si può presentare la domanda?

Il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato il bando 2022 a favore delle imprese e dei lavoratori autonomi con sede nella zona Franca Urbana colpite dal terremoto. Le risorse disponibili per le agevolazioni sono pari a circa 60 milioni di euro. Possono richiederlo tutte le imprese e lavorotari autonomi con sede nei comuni interessati di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria.

La scossa sismica di interesse è quella avvenuta dal 24 agosto 2016 e che si sono protette per alcuni giorni. Così le domande possono essere presentate dal 6 aprile al 4 maggio 2022. Le modalità di presentazione della domanda e sono indicate all’intero della circolare n.120680 del 28 marzo. La circolare è possibile leggerla e scaricarla direttamente sul sito del Mise.

Come si distribuiscono le agevolazioni

Le agevolazioni prevedono un massimale di 200.000 euro. In particolare ci sono:

  • 100 mila euro nel caso di soggetti attivi nel settore del trasporto di merci su strada conto terzi;
  • 25 mila euro per i soggetti attivi nel settore agricolo.

Inoltre i contributi saranno versati, secondo le seguenti modalità:

  • il 40% delle risorse disponibili è ripartito in parti uguali tra tutti i beneficiari. Ma accantonando eventuali eccedenze dovute al superamento del limite di aiuti;
  • il 60% delle risorse disponibili è ripartito in funzione del rapporto tra il reddito d’impresa o di lavoro autonomo registrato da ciascun soggetto beneficiario e la somma dei medesimi redditi registrati da tutti i soggetti beneficiari della zona franca urbana.

Come presentare le istanze per il sisma centro Italia

Le istanze possono essere presentate esclusivamente online, attraverso la procedura telematica. Per accedere alla sezione è necessario l’identificazione e l’autenticazione tramite la Carta nazionale dei servizi. Tuttavia l’accesso è riservato solo ai soggetti rappresentanti legali dell’impresa, come risulta dal relativo certificato camerale. Nel caso si lavoratore autonomo, dal titolare.

Mentre si ricorda che la data di inizio della sessione di richiesta comincia il 6 aprile e si conclude il 4 maggio 2022. Le istanze verranno valutate in ordine di arrivo, quindi non c’è bisogno dell’ansia da clickday.

Altri requisiti da possedere per il soggetto richiedente

Nell’istanza, oltre al possesso dei requisiti di accesso alle agevolazioni, il soggetto richiedente deve dichiarare:

a) i dati delle imprese con le quali esiste almeno una delle relazioni  tali da configurarne l’appartenenza ad una “impresa unica”;
b) i termini del proprio esercizio finanziario, che dovrà coincidere con il periodo contabile di riferimento del soggetto istante e che può non corrispondere all’anno solare;
c) il reddito d’impresa al lordo delle perdite pregresse, ovvero di lavoro autonomo nel caso di titolari di reddito di lavoro autonomo, riportato nell’ultima dichiarazione dei redditi presentata alla data di invio della medesima istanza;
d) l’importo dell’agevolazione richiesta, determinato dal soggetto istante tenendo conto della previsione circa gli importi a carico del medesimo soggetto per imposte e contributi previdenziali;
e) i dati e le informazioni necessarie per constatare l’assenza delle sanzioni interdittive, ovvero il sussistere di condizioni previste dalla legge comportanti l’incapacità a beneficiare di agevolazioni finanziarie pubbliche.

 

 

 

 

Redditi società di capitali 2022, quali sono i contribuenti obbligati alla presentazione del modello

Per la dichiarazione dei redditi, le società di capitali e gli enti commerciali ed equiparati devono trasmettere al Fisco un apposito modello. Così come, per esempio, i pensionati ed i lavoratori dipendenti devono trasmettere la dichiarazione dei redditi con il modello 730.

Il modello in questione è il Redditi società di capitali 2022, per il quale vediamo allora non solo quali sono i contribuenti obbligati alla presentazione, ma anche entro quando il modello deve essere trasmesso all’Agenzia delle Entrate.

Entro quando si dovrà presentare il modello Redditi società di capitali 2022

Nel dettaglio, annualmente, le società di capitali e gli enti commerciali ed equiparati devono presentare all’Agenzia delle Entrate il modello, partendo dalla chiusura del periodo di imposta, entro l’ultimo giorno dell’11esimo mese successivo.

Di conseguenza, per le società di capitali e gli enti commerciali ed equiparati con l’anno fiscale coincidente con l’anno solare, il modello si deve trasmettere al Fisco entro e non oltre il 30 novembre. Con la trasmissione del modello Redditi società di capitali 2022 che, inoltre, è permessa solo ed esclusivamente in modalità telematica.

Quali sono i contribuenti obbligati alla presentazione del modello Redditi società di capitali 2022

I contribuenti obbligati alla presentazione del modello Redditi società di capitali 2022 sono i soggetti Ires. Ovverosia, le società e gli enti commerciali di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato italiano, includendo pure i trust.

Nonché gli enti commerciali che, residenti nel territorio dello Stato italiano, sono pubblici e privati che, diversi dalle società e i trust, hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali in accordo con quanto si legge sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.

Inoltre, tra i contribuenti obbligati alla presentazione del modello Redditi società di capitali 2022 ci sono chiaramente le società per azioni, le società cooperative, le società a responsabilità limitata e, tra le altre, pure le società in accomandita per azioni.

Dove visionare e scaricare il modello Redditi società di capitali 2022 e le relative istruzioni

In formato PDF, il modello Redditi società di capitali 2022 si può visionare e si può scaricare gratis e liberamente dal sito Internet dell’Agenzia delle Entrate. Dove sono presenti, sempre in formato PDF, sia le istruzioni per la compilazione, sia le istruzioni generali per la compilazione dei modelli redditi delle società e degli enti. L’approvazione del modello di dichiarazione Redditi 2022–SC 2022, con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, riporta la data del 31 gennaio del 2022.

Sovraindebitamento imprese: i nuovi strumenti di aiuto

Cosa si può fare per difendersi dal sovraindebitamento? Quali strumenti arrivano in aiuto delle imprese che navigano in brutte acque economiche? Scopriamo nella guida di seguito quali sono i nuovi strumento per il sovraindebitamento delle imprese.

Sovraindebitamento, cosa si intende

Partiamo dalle basi della questione, ovvero stabilire in breve cosa si intende con il termine sovraindebitamento.

Con il termine sovraindebitamento si fa riferimento ad una situazione perdurante di squilibrio tra gli obblighi economici assunti e il proprio patrimonio liquidabile. In parole semplici, il sovraindebitamento è quella difficile situazione di coloro, consumatori o piccole imprese, che non riescono a pagare i propri debiti a causa di uno squilibrio tra le disponibilità economiche ed i debiti da pagare.

In merito alle ultime novità è bene sapere che con l’entrata in vigore del Codice della crisi e dell’insolvenza, già posticipata in passato ed attualmente con decorrenza dal 1° settembre prossimo, viene rinviata al 15 maggio 2022 (che cade di domenica). on il decreto legge di cui si tratta viene, di fatto, soppresso l’OCRI (Organismo di Composizione della Crisi d’Impresa) che, costituito presso ogni Camera di Commercio, avrebbe dovuto rivestire un ruolo importante nella prevenzione della crisi nell’ambito della riforma in materia. Pertanto, gli strumenti di allerta, sui quali si è basata la costruzione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza con l’ambizioso obiettivo di prevenire le crisi aziendali e favorirne il superamento avranno una decorrenza ulteriormente differita nel tempo ed entreranno in vigore dal 2024.

Questo organismo viene sostituito con l’introduzione a partire dal 15 novembre 2021 della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, che avrà quale principale ente pubblico di riferimento la Camera di Commercio presso la quale è iscritto l’imprenditore.

Sovraindebitamento: chi può accedere

Stando agli ultimi aggiornamenti sulla situazione dei sovraindebitamenti, vediamo cosa c’è da sapere e chi può accedere a questi strumenti di aiuto per le aziende.

Quando si parla di procedura di sovraindebitamento si fa riferimento a quelle procedure previste dalla normativa per la soluzione della crisi del sovraindebitamento.

Innanzitutto, occorre sapere che queste procedure sono riservate ai soggetti non fallibili, ovvero a queste categorie di debitori:

  • Consumatori, ovvero persone fisiche senza partiva IVA (dipendenti pensionati e inoccupati, ecc)
  • Piccole imprese non fallibili, ovvero con un fatturato inferiore a 200.000 euro annui, patrimonio inferiore a 300.000 euro e debiti inferiori a 500.000 euro
  • Aziende agricole di tutte le dimensioni
  • Professionisti iscritti ad albi e ruoli
  • Start up innovative
  • Enti no profit (onlus, associazioni, ecc)

I presupposti primari per l’accesso a queste suddette procedure di sovraindebitamento prevedono che il debitore sia in stato di sovraindebitamento, quindi che sia un soggetto non fallibile, che non abbia posto in essere atti di frode verso i creditori (cioè che non abbia volutamente sottratto beni o denaro, occultandolo ai creditori).

Procedure di Sovraindebitamento, cosa c’è da sapere

Quando si parla di esdebitazione, si fa riferimento ad una opzione per liberarsi del debito che grava sulla salute e l’economia dell’azienda in fase di sovraindebitamento.

Ma come funziona la esdebitazione? La cosiddetta esdebitazione dell’incapiente meritevole viene introdotta per risolvere la questione. Vale a dire che un debitore, persona fisica, «che non è in grado di offrire ai suoi creditori alcuna utilità, nemmeno in prospettiva futura, può essere dal giudice esdebitato», cioè che il debito venga cancellato.

Ma quanto costa la procedura di sovraindebitamento?

Al deposito della domanda deve essere effettuato il pagamento di: euro 244,00 (IVA inclusa) se il richiedente riveste la qualifica di consumatore; euro 366,00 (IVA inclusa) se il richiedente non riveste la qualifica di consumatore.

E quanto può durare?

Se il debitore ha a disposizione risorse ulteriori con cui poter soddisfare i creditori, sarà possibile mettere al riparo beni immobili, come la propria casa. Ma, quanto dura una procedura di sovraindebitamento? Il tempo medio di una procedura di sovraindebitamento è all’incirca di 5 anni.

Possiamo dire che questo è, dunque, quanto di più utile e necessario da sapere in merito alla situazione di sovraindebitamento, che in periodi come quello che stiamo attraversando, post pandemia, affligge l’economia di moltissime aziende del nostro paese.

Leggi anche: Sovraindebitamento: quanto costano le tre procedure e che tempi hanno?

Scaldabagno elettrico: come scegliere quello che consuma meno

In questa rapida guida andiamo ad esplorare alcuni utili consigli per scegliere uno scaldabagno elettrico con minor consumo. Vediamo, dunque di seguito come scegliere il vostro scaldabagno e risparmiare in bolletta.

Scaldabagno elettrico, quale scegliere

Partiamo col dire di cosa si tratta, quando si parla di uno scaldabagno elettrico.

Lo scaldabagno elettrico non è altro che un serbatoio in cui va a confluire l’acqua da riscaldare, destinata ad uso sanitario, la cui temperatura può oscillare tra i 35°C e i 60°C in base al nostro fabbisogno domestico. 

Sostanzialmente, abbiamo due tipi di scaldabagno elettrico, ovvero quello istantaneo e quello per accumulo.

Vediamo nello specifico di cosa si tratta.

Scaldabagno elettrico istantaneo e per accumulo: le differenze

Possiamo ben dire che uno scaldabagno elettrico istantaneo è un apparecchio senza serbatoio e che quindi necessita di un minore spazio in quanto ha una dimensione molto più compatta e piccola, rispetto a quelli che funzionano per accumulo.

Quindi, per lo scaldabagno istantaneo il boiler permette di riscaldare immediatamente l’acqua senza accumularla, mentre per quello ad accumulo, il funzionamento dello scaldabagno avviene raccogliendo l’acqua all’interno del serbatoio per riscaldarla e mantenerla calda per un periodo di maggiore durata, al suo interno. 

Scaldabagno elettrico a basso consumo, come orientarsi

Dunque, addentriamoci nella modalità di orientarsi all’acquisto di uno scaldabagno elettrico.

Un acquisto simile implica costi abbastanza bassi non solo per la messa in opera ma anche per la manutenzione, dagli interventi piuttosto limitati. 

Il boiler elettrico, infatti, funziona in modo sostanzialmente autonomo per quanto riguarda un punto di vista energetico, non richiedendo l’uso di alcun combustibile per essere funzionante. 

Unica nota dolente è l’eccessivo consumo di energia elettrica ad esso collegato, strettamente necessario al riscaldamento dell’acqua, che, raggiunge solo così la temperatura desiderata. 

Spesso andare a comprare uno scaldabagno elettrico dalle dimensioni eccessive rispetto al fabbisogno domestico reale, unitamente ad un uso eccessivo di acqua a fronte di una riserva limitatapuò far risultare meno conveniente l’acquisto di questa tipologia di apparecchi e far aumentare i costi in bolletta. 

per questo è necessario capire come scegliere uno scaldabagno elettrico a basso consumo e orientarsi verso i modelli più adatti alle esigenze domestiche. 

Capacità e caratteristiche per scegliere uno scaldabagno elettrico

La capacità di uno scaldabagno è qualcosa di molto importante da prendere in considerazione in rapporto al proprio fabbisogno quotidiano. 

In rapporto al numero di componenti della famiglia o alle abitudini di consumo variano ovviamente anche i consumi, che ovviamente richiedono differenti capacità. 

Uno scaldabagno elettrico di dimensioni piccole ha una capienza che oscilla tra i 10 e i 30 litri, quindi risulta perfetto per un numero di circa tre persone, mentre per una famiglia numerosa sarà più consono optare per modelli più grandi, la cui capienza oscilla generalmente dai 50 agli 80 litri.

Per quanto sia evidente che uno scaldabagno più grande assicuri una maggiore capienza non sempre però lo stesso regala vantaggi in termini di spazio, rappresentando in alcuni contesti una soluzione scomoda e poco pratica da adottare. 

A tal proposito, è fondamentale analizzare attentamente l’orientamento di questi dispositivi al fine di adattarli al meglio al contesto abitativo ove verranno installati. 

Tra i modelli consigliati, quindi, per evitare problemi di spazio è possibile scegliere lo scaldabagno elettrico verticale o il modello orizzontale. 

Anche la presenza di un termostato in uno scaldabagno elettrico è di particolare importanza, per poter scegliere e modulare la temperatura preferita e limitare anche gli sprechi.

Personalizzare il funzionamento dell’apparecchio e riuscire a regolarlo per gestire il calore in base alle proprie esigenze è di fondamentale importanza per risparmiare in bolletta.

In ultimo, ma non ultimo, un timer è un altro strumento utile al consumo degli sprechi, così come la valutazione della classe di appartenenza.

La scelta più consigliata è acquistare modelli in classe A+++, i quali assicurano prestazioni ottimali permettendo di ridurre notevolmente i consumi energetici, ovviamente sempre con i dovuti accorgimenti di cui sopra, inerenti a sprechi e consumi.

Quanto consuma uno scaldabagno elettrico

Veniamo ad una delle più interessanti questioni dell’argomento, ovvero il consumo potenziale di uno scaldabagno elettrico.

Lo scaldabagno elettrico sostanzialmente è uno dei dispositivi domestici più dispendiosi di energia, quindi ottimizzarne l’uso è necessario per ridurre almeno un po’ il costo della bolletta. 

Per fare un esempio, un boiler elettrico in funzione per circa sei ore al giorno può arrivare a consumare fino a 2.000 kWh, portando un sostanzioso consumo di corrente.

Questo, dunque è quanto di più utile ed essenziale da sapere in merito alla riduzione di consumo di uno scaldabagno elettrico e come orientarsi nella scelta per acquistarne uno.

 

Nuova Irpef e nuove detrazioni: ecco a chi conviene e a chi no

La riforma fiscale ha introdotto diverse grandi novità, tra cui le nuove aliquote Irpef. Cambiano gli scaglioni e a detta di molti si riducono le tasse. Ma come sempre accade, ogni riforma ed ogni grande novità, ha i pro ed i contro. C’è chi ci guadagna e chi ci rimette. È la natura delle cose, e succede lo stesso con il passaggio da 5 a 4 scaglioni Irpef. La riforma fiscale, o meglio, la riforma dell’Irpef, è collegata a doppio filo anche all’altra grande novità fiscale del momento, cioè  quella dell’assegno unico universale sui figli fino a 21 anni di età.

Le due grandi novità fiscali del 2022, assegno unico e Irpef

Cambiano drasticamente le buste paga degli italiani per via della grande riforma fiscale e del nuovo assegno unico. Cambia da un lato l’Irpef, con nuovi scaglioni applicati a determinati contribuenti in base alla fascia reddituale di appartenenza. E cambia anche tutto il welfare sulla famiglia. Scompaiono infatti detrazioni per figli e coniuge a carico (tranne i figli a carico sopra i 21 anni di età). E scompare anche l’ANF, acronimo di Assegno per il Nucleo Familiare.

Incidenza pesante sulle buste paga dei lavoratori, sui cedolini di stipendio o su quelli delle pensioni con queste grandi novità.

L’Irpef come si sa, è una imposta che grava sui redditi  prodotti da tutti i contribuenti italiani. L’Irpef la pagano tutti, sia i lavoratori dipendenti del settore privato che i lavoratori dipendenti del pubblico impiego. La pagano i pensionati e la pagano gli autonomi. L’Imposta sul reddito delle persone fisiche la pagano anche i contribuenti che hanno redditi immobiliari, cioè derivanti da terreni e fabbricati.

La riforma dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche ha introdotto nuovi scaglioni, o meglio, ne ha eliminato uno rivisitando gli altri. E si tratta di nuovi scaglioni che produrranno una riduzione del prelievo fiscale su tutti i lavoratori. Almeno stando a quelle che si dice. Perché inevitabilmente ci sarà chi ci rimetterà.

Alcuni esempi pratici di cosa accadrà adesso con la riforma del Fisco

La nuova Irpef per chi ha redditi fino a 30.000 euro annui e come attività svolge quella del lavoratore dipendente, produrrà un vantaggio. Questi lavoratori dipendenti si stima che andranno a risparmiare circa il 50% delle tasse pagate. Risparmio che scenderà al 10% per i pensionati che hanno redditi complessivi nell’ordine dei 20.,000 euro annui. Peggio va agli autonomi che risparmieranno qualcosa, ma non più del 2,5/3%. Nulla cambia per chi rientra nel primo scaglione reddituale. Si resta al vecchio 23% e si resta con la soglia massima di reddito fino a 15.000 euro. Per loro però spariranno gli Assegni al nucleo familiare e le detrazioni per coniuge a carico e per figli under 21 a carico. Il risparmio per loro sarà proveniente sostanzialmente dalle nuove e più favorevoli detrazioni. Sul terzo scaglione i risparmi dal punto di vista delle tasse sono importanti come per il secondo. Solo il quarto ed ultimo scaglione rischia di penalizzare qualcuno. Infatti l’aliquota al 43% si applicherà adesso a partire dalla soglia dei 50.000 euro.

Bonus Mobili 2022, la guida definitiva

Acquisto agevolato per mobili ed elettrodomestici anche nel 2022. Lo ha confermato a suo tempo anche l’Agenzia delle Entrate. Come al solito il bonus è sotto forma di agevolazione fiscale. In credito di imposta per questo genere di acquisto. Ma con regole e procedure assi particolari, bisognose degli opportuni chiarimenti.

Bonus mobili ancora attivo ecco come

Il cosiddetto bonus mobili sarà valido anche nel 2022. Lo ha previsto la nuova legge di Bilancio. Detrazione confermata anche come aliquota. Si può godere del 50% di detrazione. La misura è stata prorogata ma anche rivisitata con tanto di riduzione del limite di spesa. Proprio per queste novità, è necessario approfondire il tutto. Con  l’Agenzia delle Entrate che ha aggiornato, sul suo portale ufficiale, le informazioni utili ai possibili beneficiari.  funzionamento dello strumento di agevolazione relativo a questo bonus mobili è particolare. Occorre che il bonus sua collegati ai cosiddetti lavori trainanti. Per godere del bonus, occorre dare il via a lavori di ristrutturazione edilizia. Quest’ultima infatti è strettamente collegata con il bonus mobili. Anche se come importo non ci sono vincoli. In pratica, il godimento di questo bonus mobili non è collegato all’importo delle opere di ristrutturazione.

La detrazione fiscale sui mobili e sugli elettrodomestici

Cambiano i limiti da portare in detrazione. Il 50% della spesa sostenuta per l’acquisto dei mobili potrà essere sfruttata in diversi anni. Nel dettaglio, detrazione 50% su massimo 10.000 euro nel 2022. E poi, 5.000 euro nel 2023 e 5.000 euro nel 2024. La grande novità è questa, dal momento che prima, fino al 2021, il limite era pari a 16.000 euro. La detrazione può essere ripartita in 10 rate annuali di pari importo. Una rata per ogni dichiarazione dei redditi quindi, per un totale di 10 anni.

La ristrutturazione edilizia fattore fondamentale

Come ribadito prima, per fruire del bonus mobili occorre aver avviato o essere in procinto di farlo, alcuni lavori di ristrutturazione edilizia. L’elenco dei lavori edilizi che possono essere avviato ed allo stesso tempo dare diritto alle detrazioni per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici, è presente sul sito delle Entrate. Per grandi linee quelli più utilizzati sono:

  • Montaggio di un ascensore;
  • Istallazione delle scale di sicurezza;
  • Rifacimento delle scale;
  • Messa in opera di servizi igienici;
  • Realizzazione di servizi sanitari;
  • Sostituzione degli infissi esterni;
  • Realizzazione e messa in opera di muri; Messa in opera di cancelli e recinzioni;
  • Realizzazione di rampe e scale interne agli edifici;
  • Realizzazione dei divisori interni all’abitazione;
  • Montaggio di una stufa a pellet;
  • Montaggio impianti di calore a biomassa;
  • Istallazione climatizzatori;
  • Istallazione impianto a pompa di calore per riscaldamento;
  • Messa in opera di nuova caldaia in sostituzione di una vecchia;
  • Modifica della facciata dell’immobile;
  • Realizzazione di un balcone;
  • Realizzazione di una mansarda o tavernetta;
  • Messa in opera di veranda;
  • Nuove aperture di finestre e porte.

Oltre che sull’immobile il bonus si può sfruttare anche se i lavori riguardano solo le parti di immobile come quelle condominiali.

Bonus mobili, l’elenco dei beni acquistabili

Per i mobili la detrazione Irpef del 50% può riguardare anche l’acquisto di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+. Si tratta di mobili ed elettrodomestici che, come già detto, devono arredare un immobile, oggetto di ristrutturazione. La condizione sine qua non è che i lavori sono scattati dopo il primo gennaio 2020. Si possono comprare con agevolazione al 50% mobili nuovi quali tavoli, sedie, armadi, letti, materassi e componenti d’arredo. Per gli elettrodomestici invece, splitter, stufe a gas, deumidificatori, frigoriferi, congelatori, lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, stufe elettriche, forni, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, ventilatori elettrici, apparecchi per il condizionamento dell’aria.

Come per mole altre detrazioni, le spese sostenute devono essere state pagate con strumenti tracciabili. La fattura non basta, serve anche la copia del bonifico per esempio, o la fattura stessa deve riportare gli estremi del pagamento, magari con indicazione del codice iban.

Isolamento termico, tutti i casi in cui si può fare con il superbonus 110%

Come fare l’isolamento termico con il superbonus 110% per parti comuni di condomini e interventi dei privati? Per isolamento termico si intendono i lavori di riqualificazione energetica effettuati con materiali “isolanti” conformi ai criteri minimi ambientali del decreto del ministero dell’Ambiente dell’11 ottobre 2017. Gli interventi devono riguardare le:

  • superfici opache verticali, come cappotti o pareti isolanti;
  • orizzontali, come coperture, solai e pavimenti;
  • superfici inclinate, come le falde di copertura dei sottotetti.

I lavori in superbonus 110% devono interessare l’involucro dell’edificio per un’incidenza di oltre il 25% della superficie lorda disperdente.

Su quali edifici si possono fare i lavori di isolamento termico con il superbonus 110%?

I lavori di isolamento termico con il superbonus 110% possono interessare l’edificio, ovvero l’intero fabbricato secondo quanto dispone l’Allegato A della voce numero 32 del decreto del Presidente del consiglio dei ministri del 20 ottobre 2016. Per tali lavori quindi non vanno considerate le singole unità immobiliari degli edifici. Lavori sulla singola unità immobiliare dell’edificio sono possibili sulle case a schiera. Si tratta di edifici plurifamiliari e indipendenti. Condizione essenziale è che abbiano uno o più accessi autonomi dall’esterno.

Isolamento termico con il superbonus 110%: quanto durano gli interventi?

La durata dei lavori di isolamento termico è molto variabile in base al tipo e alla dimensione dell’edificio sul quale effettuare gli interventi. Inoltre, il tempo per realizzare gli interventi dipende dal numero di operai impiegato. In linea di massima, un condominio con un numero di unità immobiliari da 20 a 40 può richiedere lavori per circa tre mesi, con un numero di operai pari a sei. Per gli interventi di riqualificazione energetica di una villetta a schiera può esserci bisogno di almeno un mese con quattro operai a effettuare i lavori.

Interventi di isolamento termico sulle parti comuni di un edificio, si può utilizzare il superbonus 110%?

Si può utilizzare il superbonus 110% sui lavori di isolamento termico delle parti comuni di un edificio? La risposta è positiva, purché la detrazione fiscale del 110%, da utilizzare in quattro anni a partire dal 2022 (cinque anni in precedenza), abbia come limiti di spesa:

  • 40 mila euro da moltiplicare per le prime otto unità immobiliari componenti l’edificio;
  • 30 mila euro da moltiplicare per il numero delle unità immobiliari componenti l’edificio oltre le prime otto.

Superbonus 110%, quando si possono fare lavori di isolamento termico per i condomini?

È da notare che la detrazione fiscale del 110% spetta anche  ai condomini, anche per un numero superiore alle due unità immobiliari (comprese le imprese, i professionisti e le società) detentori dell’unità abitativa componente l’edificio. Le unità immobiliari possono essere abitazioni, seppure secondarie, purché rientranti nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Può trattarsi anche di unità non abitative purché i condomini abbiano superficie residenziale di oltre il 50%. Per i lavori sulle parti comuni dell’unico proprietario dell’edificio (con due, tre o quattro unità immobiliari) sono possibili i lavori di isolamento termico, anche per le case a schiera.

Isolamento termico, si possono fare lavori sulle singole unità immobiliari e pertinenze con il superbonus 110%?

I successivi interventi devono essere effettuati da persone fisiche non esercenti attività di impresa. Si tratta dei privati, e le unità immobiliari non devono essere accatastate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Lavori sulle singole unità immobiliari residenziali e pertinenze inerenti all’interno di edifici nei condomini (quale può essere un appartamento al quarto piano di un condominio) sono possibili con il superbonus 110%. La condizione essenziale è che l’isolamento termico della singola unità residenziale coinvolga almeno il 25% della superficie disperdente lorda totale dell’edificio. In tal caso è necessario raggiungere il miglioramento di 2 classi energetiche del totale dell’edificio. Tale tipologia di isolamento è consentita a un numero limite di 2 unità immobiliari se gli interventi sono sulla singola unità.

Superbonus 110% e isolamento termico su edifici funzionalmente indipendenti

Ulteriore caso è quello degli interventi dei privati in superbonus 110% per l’isolamento termico di unità immobiliari collocate dentro gli edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti. Le unità devono disporre di uno o più accessi indipendenti dall’esterno. Si tratta, ad esempio, di villette a schiera orizzontali, bifamiliari o trifamiliari. Si possono far ricadere nel superbonus 110% i relativi lavori di isolamento termico purché si raggiunga oltre il 25% della superficie disperdente lorda della singola unità situata all’interno. I costi hanno, in questo caso, il limite di 50 mila euro per ciascuna unità e il numero massimo delle unità è pari a due. Se si tratta di un unico proprietario le regole da seguire sono quelle degli edifici in condominio.

Isolamento termico con superbonus 110% nel caso di lavori di privati su una sola unità immobiliare

Il superbonus 110% non spetta nel caso di interventi di isolamento termico effettuato da privati su un edificio composto da una sola unità immobiliare non unifamiliare oppure non residenziale. Rientrano in questi casi i capannoni o gli uffici costituenti un edificio. A chiarire questa casistica è stata l’Agenzia delle entrate con la circolare numero 24/E dell’8 agosto 2020. Non vi è, inoltre, nelle relative norme il massimo di spesa consentita.