Asilo nido in Azienda, vantaggi e svantaggi per le parti

L’asilo nido in azienda è un benefit fornito dalle aziende ai propri dipendenti che hanno figli neonati. Ma quali sono i vantaggi e gli svantaggi?

Asilo nido in azienda, cos’è?

L’asilo nido in azienda è un benefit molto importante per tutti i lavoratori dipendenti che hanno gli neonati. Soprattutto per le mamme che devono coniugare il proprio lavoro con il ruolo di madre. E così invece di ricorrere ai nonni o a baby sitter, molte aziende hanno fatto una scelta sociale importante.

Infatti hanno introdotto una struttura che si trova all’interno della stessa sede aziendale, o nelle vicinanze, a cui possono accedere i dipendenti che hanno figli di età compresa tra i tre e i trentasei mesi. Tuttavia le aziende con asili nido aziendale in Italia sono circa l’1,7%. Mentre negli altri Paesi europei i numeri sono migliori, come in Regno Unito dove la percentuale sale al 5%, o negli Stati Uniti che arriva fino al 7%.

Asilo nido in azienda, i vantaggi

L’asilo nido in azienda è davvero un’importante risorsa proprio per i molteplici vantaggi che offre. Dal punto di vista della lavoratrice dipendente ha il vantaggio di poter lavorare ed avere la certezza che suo figlio possa essere curato da personale qualificato. E non solo, il lavoratore può così svolgere e coprire i propri orari di lavoro e nello stesso tempo andare dal proprio bambino durante le pause.

Anche dal punto di vista economico i costi sono più contenuti rispetto ad un asilo tradizionale. Infatti spesso si tratta di piccole quote a carico del lavoratore, ma che le lavoratrici pagano volentieri, per avere il proprio figlio con se, anche durante le ore di lavoro.  Infine l’azienda avrà un dipendente felice e produttivo, perché meno stressato e più presente in azienda.

I Vantaggi per il bambino e per le aziende

I bambini hanno la possibilità di essere assistiti da personale qualificato, imparare a socializzare, pur avendo la madre a pochi passi. Ebbene, molti studi dimostrano che i bambini sviluppano anche maggiore responsabilità e sono anche loro più sereni.

Tuttavia, in fondo, sono le aziende che creano degli asili nidi in azienda a vincere. Innanzitutto ci sono molte agevolazioni fiscale per la creazione di questi spazi aziendali. Inoltre diminuisce il tasso di assenteismo delle dipendenti e dei papà che possono anche loro portare in azienda i figli. Inoltre l’azienda guadagna punti all’immagine, anche dal punto di vista qualitativo, sociale ed ambientale. Infine i dipendenti saranno senza dubbio fidelizzati. Alcuni esempi in Italia sono: Intesa San Paolo,  Microsoft, Mediolanum, Wind, Nestlé e Ferrero.

 

 

 

Bonus asilo nido 2022, è già possibile presentare domanda

Il Bonus asilo nido 2022 è già richiedibile online, ecco tutte le indicazioni per ottenere il contributo a sostegno dei più piccoli.

Bonus asilo nido 2022, a chi è rivolto?

Il bonus asilo nido 2022 è già richiedibile online sul sito dell’Inps. Il beneficio è rivolto ai genitori di figli nati, adottati o affidati fino a tre anni di età, compiuti nel periodo tra gennaio ed agosto 2022. Il bonus consiste nel rimborsare tutte le spese sostenute per pagare l’asilo nido o per un supporto presso la propria abitazione, qualora i bambini non possono frequentare l’asilo perché affitto da gravi patologie

Tuttavia gli importi dei contributi vengono erogati in base all’Isee. Per Isee fino a 25 mila euro le famiglie possono accedere ad un bonus fino a 3 mila euro, erogabili in massimo 11 mesi, con rate da 272,72 euro. Mentre chi ha un reddito fino a 4 mila euro può ricevere un bonus di 2500 euro con rate da 227,27 euro. Infine chi ha un Isee superiore a 40 mila euro riceverà un contributo di 1500 euro, sempre con 11 rate da 136.37 euro.

Come presentare la domanda

La domanda è già presentabile online dal primo agosto 2022. Tuttavia è richiedibile fino al 31 dicembre di quest’anno. La domanda per il bonus asilo nido 2022 deve essere presentata dal genitore che sostiene le spese per il pagamento delle rette scolastiche. Inoltre deve indicare le mensilità relative ai periodi di frequenza scolastica, compresi tra gennaio e dicembre, per le quali si richiede il beneficio.

Tuttavia per richiedere il Bonus asilo nido, occorre inviare la domanda in via telematica al portale web dell’Inps. All’interno del portale si selezione la voce “Bonus nido e supporto domiciliare”, ed effettuare l’accesso con Spid o Cie ed inserire i dati. Qualora la famiglia abbia presentato una richiesta per l’anno precedente, gli basterà confermare i dati, se sono sempre gli stessi.

Bonus asilo nido 2022, quali sono i documenti da presentare?

 

 

 

Invalidità notifica cartella esattoriale via pec dell’Agenzia delle Entrate: in quali casi?

Maxi annullamento di un debito fiscale del valore di 1 milione e 400 mila euro in favore di un contribuente, imprenditore, il motivo dell’annullamento è l’invio delle cartelle esattoriali da un indirizzo di posta elettronica certificata (pec) non pubblico. Come è potuto succedere?

Il caso: cartella esattoriale notificata dall’Agenzia delle Entrate da un indirizzo pec non valido

Per capire il caso è necessario fare due premesse. In Italia la notifica tramite PEC, Posta Elettronica Certificata, ha lo stesso valore legale della notifica tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. Questo perché il sistema di interscambio è “monitorato”.

Per conoscere come funziona la cartella esattoriale digitale, leggi l’articolo: Cartella esattoriale digitale: novità per la notifica con pec.

La seconda premessa è che gli imprenditori devono avere una casella PEC e al momento dell’attivazione della stessa, questa si inserisce all’interno di un pubblico registro.

A questo proposito l’articolo 3 bis della legge 53 del 1994 stabilisce che la notifica telematica può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo pec, posta elettronica certificata, del notificante che appare in elenchi pubblici.

Il caso nasce dal fatto che l’Agenzia delle Entrate ha utilizzato una casella di posta elettronica certificata non registrata per la notifica della cartella esattoriale. Nella difesa l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che in base all’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 602/1973 è l’indirizzo pec del destinatario a dover essere inserito nei pubblici registri e non del notificante. La Commissione tributaria è però stata di contrario avviso e di conseguenza ha annullato l’intero debito del contribuente nei confronti dell’erario.

Il precedente: ecco in quali casi la notifica via pec della cartella esattoriale è valida

Non è questo il primo caso, infatti, una sentenza simile è stata pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria: con la sentenza 3369 del 6 agosto 2021 ha precisato che si considera valida la notifica se:

  • la PEC del mittente (come ad esempio quella del Riscossore) è estratta dagli indici specificatamente previsti dal Ministero;

  • la PEC del destinatario (come ad esempio una società contribuente) è estratta dagli indici specifici indicati e previsti dal Ministero.

Queste due condizioni devono coesistere.

Indirizzo irrituale e ignoto

Nel caso in oggetto il contribuente ha sottolineato che la notifica della cartella esattoriale era viziata in quanto proveniente da un indirizzo pec non contenuto nell’elenco ufficiale IPA (Indice delle Pubbliche Amministrazioni), bensì un “irrituale e ignoto indirizzo”.

Tale decisione si basa sul fatto che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella pronuncia 19704 del 2015 ha sottolineato che “ il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale a causa dell’invalidità della relativa notifica sia avvenuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione”.

La pronuncia in oggetto precisa che, affinché sia valida la notifica è necessario, che l’indirizzo pec del notificante sia contenuto in uno di questi registri:

www.indicepa.gov.it;

Reginde;

Inipec;

Pertanto l’unico indirizzo registrato e valido utilizzabile dall’Agenzia delle Entrate è protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it. Nel caso in esame era invece stato utilizzato l’indirizzo notifica.acc.calabria@pec.agenziariscossione.gov.it.

Anche in questo caso la sentenza ha declarato la nullità della notifica.

Puoi scaricare la sentenza seguendo il link CTP-Reggio-Calabria-n.-3369-2021-2

Dichiarazione redditi 2022: tutti i consigli dell’ADE

Come ottemperare alla dichiarazione redditi 2022? L’ Agenzia delle Entrate (ADE) rivela alcuni consigli in merito alla questione e mette a disposizione una dichiarazione precompilata. Scopriamo di più in questa nostra rapida guida.

Consigli rapidi per la dichiarazione redditi 2022

Andiamo a vedere, di seguito alcuni rapidi consigli che la Agenzia delle Entrata mette a disposizione per chi si appresta, magari per la prima volta a effettuare la propria dichiarazione dei redditi, nel 2022 in corso.

Per effettuare in maniera più completa e corretta la dichiarazione precompilata 2022 che sarà disponibile a partire dal 30 aprile 2022 stiliamo una serie di consigli di seguito:

  • verificare i dati dei propri fabbricati e terreni
  •  comunicare al datore di lavoro i dati del coniuge e dei familiari a carico
  •  comunicare opposizione se non si vogliono rendere disponibili i dati sulle spese sanitarie 
  •  se non si vuol rendere disponibili i dati sulle spese universitarie comunicare l’opposizione
  •  se non si vuol rendere disponibili le rette per la frequenza degli asilo nido anche in questo caso comunicare l’opposizione
  •  se non si vuol rendere disponibili i dati relativi alle erogazioni liberali a favore degli enti del Terzo Settore comunicare l’opposizione
  •  Ed ovviamente, ancora, comunicare l’opposizione se non si vuol rendere disponibili i dati relativi alle spese scolastiche e alle erogazioni liberali agli istituti scolastici.

Queste sono delle direttive basiche per rendere al meglio la propria dichiarazione redditi 2022, ma cosa altro ancora c’è da sapere in merito alla questione?

Cosa è l’opposizione e come comunicarla?

Abbiamo visto nei passaggi sopra elencati che è necessario comunicare una opposizione in caso di volontà di non comunicare alcuni dati.

Ma, cosa si intende per opposizione e come comunicarla, lo scopriamo di seguito.

Ogni cittadino che ha compiuto i 16 anni di età (oppure chi ne fa le veci, in caso differente) può decidere di non rendere disponibili all’Agenzia delle Entrate alcuni dati e di non farli inserire nella precompilata della dichiarazione redditi. Di conseguenza, nel caso in cui si fosse fiscalmente a carico di un familiare, quest’ultimo non visualizzerà le relative informazioni su spese sanitarie e rimborsi per cui è stata fatta “opposizione all’utilizzo”.

Andiamo a vedere, di seguito come precedere, nello specifico per comunicare tale opposizione.

Per quanto riguarda le spese e i relativi rimborsi inerenti all’anno trascorso del 2021, l’opposizione può essere effettuata seguendo due differenti modalità:

  • A partire dal 16 febbraio fino al 15 marzo 2022, accedendo all’area autenticata del sito web dedicato del Sistema Tessera Sanitaria, tramite utilizzo di tessera sanitaria TS-CNS oppure tramite SPID. In questa modalità, sarà possibile consultare l’elenco delle spese sanitarie e selezionare le singole voci per le quali esprimere la propria opposizione all’invio dei relativi dati all’Agenzia delle Entrate per l’elaborazione della dichiarazione precompilata
  • Mentre dal primo ottobre 2021 fino all’ 8 febbraio 2022, lo si può fare comunicando direttamente all’Agenzia delle Entrate tipologia (o le tipologie) di spesa da escludere, dati anagrafici (nome e cognome, luogo e data di nascita), codice fiscale, numero della tessera sanitaria e relativa data di scadenza.

La suddetta comunicazione può essere effettuata in due modalità:

  • inviando una mail alla casella di posta elettronica dedicata opposizioneutilizzospesesanitarie@agenziaentrate.it
  • telefonando a un centro di assistenza multicanale (numero verde 800909696, 0696668907 da cellulare, +39 0696668933 dall’estero)

In ogni caso in cui si utilizza il modello è necessario allegare anche la copia del documento di identità.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario da sapere su quanto consigliato per la prossima dichiarazione redditi 2022.

Pensioni: si ritorna alla legge Fornero a gennaio?

La legge Fornero è una delle riforme pensionistiche meno amate dai cittadini italiani. Nel tempo il suo effetto è stato mitigato da riforme temporanee come Quota 100, Quota 102, Opzione donna e altre norme che consentivano, al presentarsi di determinati requisiti, di uscire prima dal mondo del lavoro. Attualmente però siamo in periodo di elezioni, fino all’inizio di ottobre non ci sarà un nuovo governo e quando questo entrerà nel pieno delle funzioni dovrà occuparsi della legge di bilancio al fine di evitare o almeno limitare, l’esercizio provvisorio. Ecco perché sono in molti a temere che con il 2023 si ritornerà alla legge Fornero senza alcuna mitigazione.

Pensioni: a gennaio si va in pensione con la legge Fornero o saranno approvati correttivi?

Ricordiamo che la legge Fornero richiede il raggiungimento di 67 anni di età per poter raggiungere l’agognata pensione, inoltre è previsto un adeguamento periodico all’aspettativa di vita.

Leggi anche: Pensioni: cosa cambia con il blocco dell’aspettativa di vita?

Cosa succederà però nel 2023?

Per una riforma strutturale del sistema pensionistico ci vuole naturalmente tempo quindi molti auspicano una conferma all’ultimo minuto di Quota 102, difficile sperare in un ritorno di Quota 100. Questi due correttivi consentono di andare in pensione raggiungendo Quota 102 (100 in passato) tra età anagrafica e anni di contributi.

Leggi anche Legge Fornero: applicazione totale dal 2023 o ci saranno correttivi?

Le proposte dei partiti per la riforma del sistema pensionistico

Per quanto invece riguarda le proposte dei partiti, ricordiamo che Forza Italia è concentrata soprattutto sull’aumento delle pensioni minime a 1.000 euro. Più cautela è mostrata da Fratelli d’Italia che auspica un aumento delle pensioni minime, ma non lo quantifica e propone di trovare le risorse attraverso l’eliminazione/correzione del reddito di cittadinanza.

Chi avanza proposte più ardite è la Lega, guidata da Matteo Salvini, che propone la pensione di vecchiaia a 63 anni di età con 20 anni di contributi (un vero e proprio superamento delle Legge Fornero) e ha già annunciato la volontà di confermare Opzione Donna. Sempre la Lega propone una pensione minima garantita di 1.000 euro per i giovani che hanno versato i contributi esclusivamente con il sistema contributivo, meno conveniente rispetto al retributivo e al misto.

Leggi anche: Pensione: quando si applicano il calcolo contributivo, retributivo e misto?

C’è da dire che una proposta di riforma simile a quella della Lega arriva anche da Verdi e Sinistra Italiana (alleati del Pd). Anche in questo caso si prevede la pensione per coloro che hanno maturato 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età, oppure 62 anni e un minimo contributivo di 20 anni.

Tra le proposte del M5S c’è invece il riconoscimento di ulteriori agevolazioni e l’estensione del trattamento pensionistico riservato ai lavori usuranti

Prezzo del gas in crescita, ci potrebbe aspettare “freddo” inverno

Il prezzo del gas in crescita e se continua così ci si potrebbe aspettare un inverno freddo, ma facciamo il punto della situazione.

Prezzo del gas in crescita, le ultime novità sui rincari

Dopo un periodo di stasi, il prezzo del gas è di nuovo in crescita. Secondo alcuni esperti il prossimo inverno le bollette dell’energia sono destinate a raddoppiare se non a triplicare. Tuttavia già da adesso i prezzi del gas sono alle stelle. Nelle ultimi giorni le quotazioni sono arrivate a toccare 250 euro per megawattora. 

Lo scorso anno nello stesso periodo, agosto 2021, la stessa quantità era scambiabile con poco di più 27 euro. Il prezzo è schizzato in alto, ogni oltre previsione più nera. Circa 10 volte di più rispetto all’anno scorso. Aumenti che si abbatteranno ancora di più su imprese e famiglie.

Prezzo del gas in crescita, le motivazioni

Le motivazioni di questo aumento sono da ricercarsi in molte cause. La prima è quella relativa alla guerra in Ucraina, che ormai continua da troppi mesi. E la seconda sono sole restrizioni che la Russia ha imposto a tutta l’Unione Europea con la diminuzione delle forniture. La terza invece è dovuta alla siccità che sta facendo sempre più abbassare il livello dei fiumi e quindi il raffreddamento delle centrali nucleari.

Ecco che i prezzi potrebbero aumentare a del 60%, con più di tre cento euro per megawattora. Un situazione insostenibile sotto la minaccia russa che continua ad interrompere le forniture di gas usando la scusa di un malfunzionamento di una turbina in Canada. Meno prodotto e prezzo più elevato, è lo scenario chiaro che diventerà sempre più insostenibile nei prossimi mesi.

La situazione in Italia

Per adesso il governo in Italia è corsa ad una riduzione sulle bollette da finanziare con una tassa sugli extra profitti dei grandi marchi dell’energia. Tuttavia ha anche puntato a stringere accordi con paesi come Congo ed Algeria per cercare di soddisfare il fabbisogno durante l’inverno.

Le soluzioni però non potrebbero bastare. Soprattutto se si considera che nel mese di agosto tutte le fabbriche lavorano a regime più basso. Dalla siderurgia al tessile, dall’agricolo all’alimentare tutte le imprese sono in difficoltà. La preoccupazione è che a settembre sia per gas che per l’elettricità le bollette possano ancora aumentare, tanto da registrare delle perdite anche di un terzo.  Potrebbe prospettarsi un “inverno al freddo” perché molte famiglie potrebbero non essere più in grado di sostenere i costi per riscaldare la propria casa.

Bonus connettività per professionisti e possessori di partita Iva

Il bonus connettività per professioni e possessori di partita Iva sta riscuotendo notevole successo, vediamo di cosa si tratta.

Bonus connettività, si a luoghi di lavoro ed abitazione

Il bonus connettività è ancora disponibile. Prevede un voucher per la banda ultra-larga che va da un minimo di 300 euro ad un massimo di 2.500 euro. Il bonus connettività potrà essere richiedibile entro il 15 dicembre 2022, oppure fino ad esaurimento dei fondi stanziati, come già successo come con il superbonus 110%.

Una dotazione finanziaria di ben 590 milioni per migliorare la connessione Internet del proprio studio o dell’abitazione, qualora questa venga utilizzata anche come luogo di lavoro. Effettivamente sono molte le persone che utilizzano un immobile ad uso misto, cioè sia come attività lavorativa che abitazione personale.

Bonus connettività, è in corto circuito

Il Bonus connettività è richiesto da molti professionisti e possessori di partita Iva. Ma il meccanismo di funzionamento e distribuzione sta creando un piccolo corto circuito. Circa l’85% del plafond è ancora disponibile, ma in certe Regioni sembra essere più difficile puntare al voucher da 2.500 euro. Anche perché il fondo è destinato soprattutto per le Regioni del sud, che sembra ne abbiano maggiore bisogno.

Così, su 589 milioni di euro totali, la Sicilia ne ha disponibili 117, la Campania 106, mentre Toscana e Lazio si accontentano di 15 a testa, 20 la Lombardia. Poi, le risorse sono così ripartite: il 25% è destinato a voucher di tipo A, il 50% a quello B e il restante 25% al voucher C.

I fondi sono gestiti da Infratel Italia, una società in-house del Ministero dello Sviluppo Economico e da parte del Gruppo Invitalia. La società è operativa dal 2005 ed è il soggetto attuatore dei Piani Banda Larga e Ultra Larga del Governo italiano. Inoltre si ricorda che il bonus prima era solo per le famiglie, poi per le imprese ed ora esteso anche agli autonomi con decreto Mise del 22 aprile 2022 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 116 del 19 maggio 2022).

A cosa serve il contributo?

Il bonus connettività non serve per cambiare gestore. Ma deve essere usato per effettuare un miglioramento della tecnologia utilizzata in ufficio. Tuttavia i voucher sono di tre tipi: A (300 euro), B (500 euro) e C (2.000 euro) cui possono aggiungersi circa 500 euro per tutti i costi di ricollegamento che potrebbero essere sostenuti.

Il valore del voucher varia a seconda della velocità disponibile presso l’indirizzo del cliente. Anche perché in giro ci sono varie offerte commerciali a chi può accedere. Quindi occorre scegliere il voucher giusto in base alla tecnologia che serve e che può essere più utile sul posto di lavoro.

 

 

Bonus cultura 18app: ancora pochi giorni per le richieste dei nati nel 2003

Meglio affrettarsi: c’è tempo fino al 31 agosto 2022 per richiedere il Bonus Cultura 18app per i nati nel 2003. Ecco come fare.

Bonus cultura 18app: ancora pochi giorni per le richieste dei nati nel 2003

Il bonus cultura consente a coloro che compiono 18 anni di ottenere un bonus di 500 euro da spendere in diverse tipologie di prodotti afferenti il settore della cultura. Per poter accedere sono però previste delle finestre temporali, per i nati nel 2003 che quindi hanno compito 18 anni nell’arco del 2021, la finestra per le richieste si è aperta il 4 marzo 2022 e si chiuderà a breve, cioè il 31 agosto 2022. Il bonus potrà poi essere utilizzato fino al 28 febbraio 2023.

Successivamente a tale data la piattaforma sarà attivata per i nati del 2004 che compiono la maggiore età nel 2022.

Sei nato nel 2003? Ecco come richiedere il Bonus Cultura 18app

La registrazione deve essere effettuata sulla piattaforma www.18app.italia.it ed è necessario registrarsi utilizzando un’identità digitale, cioè un codice SPID, la CIE (carta di identità elettronica).

Per seguire correttamente tutti i passaggi per la richiesta del Bonus Cultura 18app, leggi la guida: Bonus Cultura: accesso alla piattaforma per i nati nel 2003

Il bonus di 500 euro potrà essere utilizzato per l’acquisto di numerosi prodotti, tra cui libri, audiolibri e libri elettronici, corsi, ad esempio di teatro, musica o lingue. Il bonus di 500 euro richiedibile attraverso 18app può essere usato per l’acquisto di musica, biglietti per concerti, cinema e teatro, per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani.

Attraverso la piattaforma sarà possibile accedere alla lista dei servizi disponibili e scaricare il buono che consente l’acquisto. Accedendo alla propria area personale sarà possibile visualizzare costantemente gli importi aggiornati di cui poter usufruire, viene quindi creato una sorta di portafoglio digitale.

Se sei un’impresa e vuoi sapere come registrare la tua attività in modo da poter fornire i servizi previsti per il bonus cultura, leggi l’articolo: Bonus cultura 18app: come registrare la propria azienda?

Prezzo dei carburanti ancora in calo: cosa devono aspettarsi gli automobilisti?

Fino a qualche settimana fa tutto potevamo attenderci tranne la possibilità di fare il pieno per le vacanze con il prezzo della benzina agli stessi livelli pre-crisi guerra in Ucraina. Non si arresta il calo dei prezzi dei carburanti.

Prezzo dei carburanti in calo: benzina a 1,77 euro al litro

La discesa dei prezzi è iniziata ormai da qualche settimana, inizialmente era un calo sporadico a cui quasi non si faceva caso, pochi centesimi che hanno aiutato a mantenere il prezzo al di sotto dei due euro al litro per benzina e gasolio. Ora questa tendenza sembra essere consolidata, complice il calo del prezzo del petrolio al barile. Attualmente è possibile acquistare benzina in modalità self service a 1,77 centesimi, mentre il gasolio sempre in modalità self service si aggira intorno a 1,75 euro al litro. I prezzi variano di circa 10 centesimi al servito e in base ai distributori, ma tra questi ultimi le differenze sono davvero minime.

Fino a quando il prezzo della benzina continuerà a scendere?

Molti italiani si stanno chiedendo fino a quando continuerà questo calo del prezzo della benzina, attualmente non è facile fare previsioni però raramente era capitata una serie così lunga di cali del prezzo, ricordiamo che nonostante il taglio delle accise, un mese fa la benzina costava almeno 30 centesimi in più al litro in modalità self.

Non possiamo sapere fino a quando ci saranno cali del prezzo della benzina, si ipotizzano ulteriori cali nelle prossime settimane fino a 1,70 euro al litro per la benzina, poco meno per il gasolio. Di sicuro sappiamo che questo sta portando minori entrate alle Stato che potrebbe decidere dopo il 20 settembre 2022, data nella quale scadono gli attuali tagli delle accise sulla benzina di non rinnovarli. In questo caso il prezzo ritornerebbe intorno a 2 euro. Appare difficile ipotizzare un reale crollo del prezzo dei carburanti ai livelli del periodo delle chiusure causa pandemia, in questo caso, senza interventi sulle accise il prezzo era intorno a 1,55 euro.

Leggi anche: Taglio accise carburanti: sarà confermato dopo il voto?

Superbonus 110%: cosa succederà dopo il voto del 25 settembre?

Uno dei provvedimenti cardine fortemente voluto dal M5S e che ha caratterizzato questi anni di governo Conte/Draghi è il Superbonus 110%. Questo consente di effettuare lavori di efficientamento energetico a costo zero.

Superbonus 110%: tanti intoppi e fondi terminati

Il Superbonus 110% è uno dei provvedimenti del Governo targato Conte più discusso. La disciplina ha avuto più volte modifiche e di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Di fatto consente di realizzare lavori trainanti, come il cappotto termico e il rifacimento del tetto e lavori trainati, ad esempio impianti di riscaldamento, con la possibilità di ottenere fino al 110% degli importi spesi. Tra i lavori trainati vi sono inoltre quelli per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

Il principale problema a cui è andato incontro sono le truffe, più volte denunciate dal presidente del Consiglio Mario Draghi, inoltre i crediti risultano spesso incagliati perché le imprese sono incapienti, idem per gli istituti di credito. Più volte è stata inoltre modificata la disciplina della cessione dei crediti, infine, sono terminati i fondi. Attualmente per i progetti non ancora approvati non vi sono stanziamenti.

Naturalmente un nuovo finanziamento non può arrivare dal governo Draghi che è in carica solo per gli affari correnti, inoltre è necessario reperire i fondi, cosa non certo facile.

Da più parti si è detto che il Superbonus 110% è una misura utile al risparmio energetico, inoltre è una misura che può aiutare le imprese edili in un periodo di forte crisi economica. Si calcola che solo in questo settore grazie al Superbonus 110% ci siano stati 630 mila nuovi occupati e sembra che sia riferibile a questa misura anche il 6,6% in più di PIL.

Le dichiarazioni delle coalizioni sul Superbonus 110%: cosa succederà dopo il voto?

Cosa ne sarà dopo il voto del Superbonus 110%? Il M5S fautore di questo provvedimento naturalmente vuole confermare il Superbonus 110%, ma attualmente le speranze che possa avere una solida maggioranza sono limitate, c’è da dire che probabilmente una solida maggioranza non l’avrà nessuno e quindi la coalizione risultante “maggioranza” potrebbe chiedere l’aiuto del M5S che potrebbe ottenere in cambio proprio la conferma del provvedimento, insieme ovviamente al reddito di cittadinanza.

Occorre però ricordare che le dichiarazioni delle altre coalizioni non lasciano particolare spazio a speranze, infatti il centro- destra ha ribadito di essere sulla stessa linea d’onda di Draghi che ha più volte dichiarato di considerare il Superbonus 110% la più grande truffa mai realizzata in Italia. D’altronde a luglio a Parma si è scoperta una truffa per 110 milioni di euro e non è la prima truffa milionaria scoperta.

L’idea del centro- destra è ritornare gradualmente al vecchio regime previsto per le ristrutturazioni che in fondo era comunque generoso con la possibilità di recuperare il 50% delle spese, oppure il 65% nel caso di interventi di efficientamento energetico. In base alle dichiarazioni i progetti approvati dovrebbero comunque trovare finanziamento, mentre non sono previsti ulteriori stanziamenti.

Ricordiamo che fino al 2026 risultano prenotate opere per 33,7 miliardi di euro.

Leggi anche: Sottosegretario MEF conferma: il Superbonus non è più sostenibile 

Sulla stessa linea sono anche il centro-sinistra e il terzo polo di Calenda e Renzi. Questo implica che con molta probabilità non vi saranno ulteriori stanziamenti per il Superbonus 110%, ma si ritornerà al vecchio regime di bonus ristrutturazioni.