Pensione 2021: quanti anni di contributi servono?

In un periodo storico in cui è sempre più un dubbio la possibilità di arrivare ad una soddisfacente pensione, ci si chiede come sia la situazione attuale per la contribuzione. Andiamo, dunque a scoprire come funziona la pensione nel 2021 e quanti anni di contributi servono.

Pensione 2021: un futuro in fondo al tunnel

E’ arduo assicurarsi il futuro, ma anche dare vita al presente, in questa annata travagliata. La crisi dovuta al Covid-19 ha affossato molta economia e quindi anche il pensionamento appare un obiettivo lontano alla fine di un tunnel poco luminoso. Vediamo dunque, allo stato attuale delle cose, quali sono le alternative possibili per andare in pensione nel 2021.

Cominciamo con il precisare che le pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2021 sono caratterizzate da un assegno un po’ più basso. I coefficienti di trasformazione del montante contributivo sono passati dal 4,20% in corrispondenza dei 57 anni a 4,186%, mentre un ribasso anche da 6,513% in corrispondenza dei 71 anni al 6,466%. Riguardo i requisiti utili al pensionamento non subiscono modifiche, in quanto non ci sono cambiamenti per l’adeguamento sulle speranze di vita.

Come si potrà accedere alla pensione di vecchiaia nel 2021?

Per poter accedere alla pensione di vecchiaia, in questo anno 2021, occorrerà rispondere ai relativi requisiti:

  • 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi per i lavoratori generici;
  • 66 anni e 7 mesi di età per gli addetti alle mansioni gravose con almeno 30 anni di contributi;
  • 5 anni di contributi avendo compiuto i 71 anni di età per coloro che rientrano interamente nel regime contributivo.

Inoltre è richiesto un ulteriore requisito per accedere alla pensione di vecchiaia 2021, per chi rientra nel sistema misto ovvero l’aver maturato alla data di richiesta del pensionamento un assegno previdenziale pari almeno a 1,5 volte l’assegno sociale.

Pensione anticipata contributiva, come funziona nel 2021?

Per coloro che risultano rientrare nel sistema interamente contributivo c’è un’opzione di pensione anticipata in più e vi sarà possibile ritirarsi dal lavoro con 64 anni di età e 20 anni di contributi, solo però se avrà maturato un assegno previdenziale di importo pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale. Possono rientrare nel sistema contributivo i lavoratori che fanno parte di una delle seguenti categorie:

  • coloro privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996;
  • coloro che hanno anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995, purché abbiano anche 15 anni di contribuzione versata, di cui 5 successivi al 1995.

Pensione quota 100 e pensione anticipata

Scopriamo, in ultimo, ma non ultime, le funzioni relative alla pensione anticipata e alle pensioni quota 100, inerenti al 2021.

Per quanto riguarda il pensionamento con Quota 100, resta in vigore fino al 31 dicembre 2021. Un’opzione, questa, che consente di andare in pensione qualora la somma tra età anagrafica e contributi sia pari a 100, a patto però di essere in possesso di un’ età anagrafica pari almeno a 62 anni ed una anzianità contributiva pari almeno a 38 anni di contributi, di cui almeno 35 effettivamente versati.

Per quanto concerne, invece la pensione anticipata, resta in vigore per il 2021 la possibilità di ottenere il pensionamento anticipato, a patto di soddisfare determinati requisiti. In particolare, per richiedere la pensione anticipata nel 2021 saranno richiesti:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per quanto riguarda gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per quanto riguarda le donne.

Va aggiunto, per quanto riguarda le pensioni anticipate precoci che sarà concessa un’ulteriore opzione di pensionamento. Ovvero, sarà possibile andare in pensione anticipata con soli 41 anni di contributi, qualunque sia l’età anagrafica. Requisito che sarà valido sia per uomini che per donne, che va ad aggiungersi a quello di rientrare in una delle categorie tutelate. Ovvero, nelle seguenti categorie di lavoratori:

  1. disoccupati previa licenziamento individuale o collettivo, licenziamento per giusta causa o previa risoluzione consensuale, che abbiano però terminato da almeno 3 mesi, la fruizione della NASPI o altra indennità spettante;
  2. caregiver o lavoratori dipendenti ed autonomi che al momento della domanda, assistono da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità, secondo legge 104
  3. invalidi civili con almeno il 74% di invalidità, che siano dipendenti o autonomi che hanno una riduzione della capacità lavorativa;
  4. addetti a mansioni usuranti o gravose svolte per almeno 7 anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa.

Dunque, ora che avete vagliato il quadro della situazione, potrete sperare di iniziare a vedere una luce dal tunnel, con la possibilità che sia essa il più vicino possibile per il vostro pensionamento.

 

Cos’è il VAT NUMBER e come ottenerlo?

Molti ancora brancolano nel buio in merito al VAT Number, sul cosa sia e come ottenerlo. Oggi andremo in breve a scoprire di cosa si tratta e come renderlo proprio.

VAT Number: di cosa si tratta

Quando parliamo di VAT Number facciamo riferimento ad un codice numerico inerente alla partita IVA. Nello specifico, col VAT Number parliamo di strumento elettronico utile a verificare il numero della partita IVA, di tutte le imprese registrate all’interno della comunità europea. Lo scopo del codice e’ di controllare che il numero di Partita IVA di imprese e professionisti di tutta la UE sia effettivamente valido.

Di conseguenza, attraverso lo strumento elettronico in esame ciascuno di voi, possessore di partita IVA, può verificare online la validità o meno del numero della stessa che sarà aggiornata in tempo reale.

Come avviene la verifica del VAT Number?

La verifica VAT con il sistema elettronico VIES sarà utile o perfino necessaria prima di effettuare una fornitura intracomunitaria senza l’addebito IVA, quando pertanto si vorrà verificare se il numero fornito dal cliente o dal fornitore, possa essere soggetto passivo nel suo Stato membro oppure no.

Bisogna considerare che la concessione o la mancata concessione di questo numero di identificazione dipenderà dalla Comunità Autonoma in cui risiede il richiedente. Va specificato che alcune regioni hanno agenzie tributarie che sono meno rigide di altre quando si tratta di esigere i requisiti. Come nel caso delle Comunità che non richiedono alcun tipo di informazione all’impresa richiedente, ma si limitano a concedere il VAT NUMBER a tutte le imprese che lo richiedono.

Tuttavia, ci sono altre comunità che si prendono la briga di effettuare visite alla sede dove viene svolta l’attività, e verificano attraverso la richiesta di vari documenti per certificare che, in effetti, l’azienda richiedente il VAT Number, opererà a livello continentale e, quindi, avrà bisogno di questo numero identificativo. Pertanto, a seconda del tuo luogo di residenza o della sede della società, dovrai passare controlli più o meno rigidi.  In ogni caso, viene concesso solo a colo che effettivamente inizieranno a lavorare e/o vendere prodotti ad imprese appartenenti all’interno dell’Unione Europea.

Conclusioni sul Vat Number

Una volta che avrete richiesto il VAT NUMBER all’Agenzia delle Entrate, verrà aperto un espediente per analizzare la reale necessità di concedere questo identificatore. Va detto che nel recente passato il VAT Number veniva rilasciato quasi in maniera automatica, ora a causa delle frodi sull’IVA che si sono verificate, sarà necessario dimostrare che il richiedente sia una vera impresa operante nella comunità UE.

Verrà, quindi, richiesto di certificare che il richiedente abbia la possibilità di fatturare un’altra società europea, come un ordine che è stato effettuato, una richiesta di preventivo da un’entità continentale o un’email che richiede la fornitura di un certo servizio e/o bene.

Dopo la richiesta, quindi potrebbe essere necessario altro tempo per far si che l’Agenzia delle Entrate conceda il VAT. A partire da qual momento sarà possibile effettuare fattura, altrimenti ogni tentativo di emissione di fattura verrà considerato errato e, perfino passibile di sanzione.

Cos’è la forma giuridica di una società? E quali tipi ci sono?

Innanzitutto, partiamo col dire che quando si parla di forma giuridica si intende un’organizzazione creata da una singola persona o più di esse, allo scopo di condurre affari, intraprendere un’attività commerciale o partecipare ad attività affini. Ma, oggi scopriremo quali e quanti tipi di forma giuridica possiamo trovare. E quali pro e contro possiamo trovarvi.

Forma giuridica, quanti e quali tipi troviamo?

Come detto poco sopra, con una forma giuridica si intende semplicemente un’organizzazione che è costituita per condurre affari. Tuttavia, il tipo di forma giudica che scegli per la tua attività determina come la tua azienda verrà tassata e strutturata. Per definizione, un’impresa individuale dovrà essere di proprietà e gestita da un unico proprietario. Ma, se il tipo di forma giuridica è una società di capitali o di azioni, significa che avremo, invece, due o più proprietari. Andiamo a vedere, nello specifico, quali tipi di forma giuridica possiamo trovare.

Pro e contro di alcune di queste forme giuridiche

Andiamo a scoprire, in breve, alcuni pro e alcuni contro di alcune di queste forme giuridiche. Una breve, ma efficace ed esaustiva, snocciolata tra alcune di esse.

Pro e contro di una ditta individuale:

  • Facile da avviare, sarà necessario solo iscriversi alla camera di commercio.
  • Nessuna formalità aziendale o requisiti burocratici, come verbali di riunione, statuto, ecc.
  • È possibile detrarre la maggior parte delle perdite aziendali sulla dichiarazione dei redditi personale.

Di contro tuttavia, avremo

  • In quanto unico proprietario, si è personalmente responsabile di tutti i debiti e le responsabilità dell’attività.
  • Non esiste una vera separazione tra te e l’attività, quindi è più difficile ottenere un prestito aziendale e raccogliere fondi.

Pro e contro di una S.p.a:

  • I proprietari di una S.p.a, ovvero gli azionisti non hanno alcuna responsabilità personale per i debiti e le responsabilità dell’azienda.
  • Le società S.p.a. hanno diritto a detrazioni fiscali superiori a qualsiasi altro tipo di attività.

Di contro, tuttavia, avremo

  • E’ più costosa da creare rispetto, ad esempio alle imprese individuali e alle società di persone
  • Il capitale sociale deve essere versato per intero e sarà superiore a qualsiasi altra forma giuridica
  • Le società S.p.a. subiscono una doppia tassazione, pagando le tasse sulla dichiarazione dei redditi delle società.

Pro e contro di una S.r.l

  • I proprietari di una S.r.l. non hanno responsabilità personali per i debiti o per le responsabilità dell’azienda.
  • Non vi sono un numero alto di formalità aziendali rispetto, ad esempio ad una Società per azioni.

Tuttavia, di contro, avremo

  • È più costoso creare una S.r.l. rispetto ad una ditta individuale o ad una società S.n.c. partendo da un deposito minimo di 10.000 euro.
  • La contabilità ordinaria va tenuta regolarmente e dovranno essere presenti libri sociali e contabili.
  • Rispetto ad un’impresa individuale è più costosa sia in fase di costituzione che in quella di gestione.

Dunque, abbiamo visto diversi esempi di forma giuridica e anche alcuni pro e contro di alcune di esse. Ora, non vi resta che scegliere, dopo aver valutato, quale strada intraprendere in caso di apertura di un’attività.

 

 

Fattura elettronica errata: guida alle soluzione per gli errori più comuni

In un periodo in cui la fattura elettronica, anche nota come e-fattura, è divenuta sempre più usata e di dominio comune, scopriamo quali sono gli errori più comuni nell’emissione della stessa. Ecco, dunque una rapida guida sulla fattura elettronica errata.

Fattura elettronica: una guida alla soluzione degli errori

Vediamo, rapidamente, cosa fare in caso di fattura elettronica errata e come funzione la risoluzione degli stessi. La fattura elettronica, va detto, è obbligatoria per tutte le prestazioni di servizi e cessioni di beni effettuate tra soggetti residenti o stabiliti in Italia. Scopriamo le soluzioni dei piccoli errori di emissione della e-fattura, da parte di piccoli e medi imprenditori. Analizzando, caso per caso, quali problemi possono verificarsi.

Come far si che la e-fattura sia accettata da Sdl

Per fari si che la fattura elettronica possa ritenersi accettata dal Sistema di Interscambio, ovvero Sdl sarà necessario che, immediatamente dopo l’invio da parte del trasmittente della e-fattura, lo SdI non abbia riscontrato errori. In tal caso, dunque, il sistema inoltra la fattura al destinatario e, se l’inoltro va a buon fine, sarà inviata una “Notifica di consegna” al trasmittente. Dopo le necessarie verifiche del caso, il destinatario deve inviare a sua volta, in un tempo di 15 giorni, una “Notifica di esito” che potrà essere positivo o negativo.

Qualora, dopo aver inoltrato la fattura elettronica al destinatario, questo non invia la notifica di esito entro 15 giorni, la fattura si ritiene implicitamente accettata e lo SdI consegnerà al trasmettente una “Notifica di decorrenza termini”. Quando invece la fattura dovesse essere scartata da Sdl, il sistema comunicherà al trasmittente l’errore rilevato con una notifica, su cui sarà riportato il codice di errore. Un qualcosa non sempre di facile comprensione. Pertanto, andiamo a scoprire i vari codici di errore possibili.

Codici di errore per la fattura elettronica errata

Iniziamo dal tipico caso di errore 00001 che possiamo trovare riportato in caso di fattura elettronica errata. Tale codice errore sta ad indicare un “Nome file non valido”. Quindi vorrà dire che il nome del file inviato non rispetta i parametri richiesti da SdI. In tal caso sarà necessario assicurarsi che il nome del file inviato corrisponda alle direttive specificate e nel caso rinominarlo.

Nel caso di errore 0002 ci troveremo dinnanzi ad un caso di “Nome file duplicato”. Questa possibilità di errore si verifica quando si tenta di inviare per una seconda volta una fattura con lo stesso numero progressivo di una già precedentemente trasmessa. Nel caso specifico sarà necessario cambiare il numero progressivo, anche se la fattura con lo stesso numero è stata inviata in anni precedenti o se si tratta di una fattura precedentemente scartata.

Altre tipologie di errori per la fattura elettronica errata

Tra gli altri casi di fattura elettronica andata ad esito negativo troviamo errore XML. Questo tipo di errore, con codice errore 00200 indica un “File non conforme al formato”. Ciò, è quasi sempre dovuto alla generazione della fattura PA in una versione del tracciato XML non più accettata. In tal caso sarà necessario verificare lo schema utilizzato per la produzione del file inviato in modo da far si che questo corrisponda alle direttive specificate. Nell’eventualità in cui l’errore, invece consista in una duplicazione dell’e-fattura il Sistema di Interscambio dovrebbe accorgersene: se i dati di una fattura (numeri identificativi, anno di emissione, numero di protocollo) sono uguali a quelle di una precedentemente inviata il SdI rifiuta l’invio e restituisce gli errori 00404 e 00409, rispettivamente “Fattura duplicata” e “Fattura duplicata nel lotto”. In questo caso sarà necessario creare nuova fattura con un numero inedito.

Un altro problema può rivelarsi con l’aliquota errata dell’IVA. In suddetto caso, in cui avremo una impostazione IVA non corretta, il sistema restituirà un errore 00400 con dicitura “Sulla riga di dettaglio con Aliquota IVA pari a zero deve essere presente il campo Natura”. Sarà, dunque necessario correggere le impostazioni relative all’IVA.

Fattura elettronica errata non trasmessa

Ci si può incorrere anche nel notare un qualche errore di una fattura elettronica ancora non trasmessa. Cosa fare, in tal caso? Qualora vi foste accorti di aver commesso degli errori nella fattura, ma ancora non si è proceduto all’invio al Sdl, la fattura elettronica può ancora essere opportunamente modificata ed inviata allo stesso sistema, con il medesimo numero e il medesimo progressivo file.

Ma cosa accade invece quanto la fattura errata è stata già trasmessa?

Nel caso in cui vi sia errore nell’invio della fattura elettronica, se codice fiscale e partita IVA di emittente e ricevente sono corretti il Sistema di Interscambio si ritroverà ad accettare il documento e, se si è inserito correttamente anche l’indirizzo PEC, il cliente riceve la fattura elettronica nella propria casella di posta elettronica certificata. Qualora, però fosse errata la PEC, il cliente potrà in ogni caso consultare nella propria pagina dedicata nel sito Agenzia Entrate accessibile, accedendo con apposite credenziali. Dunque, sarà necessario avvisare il cliente per la correzione ed emettere una nota di credito a storno della fattura indicando nella causale storno della fattura e l’errore commesso.

Dunque, questo era quanto necessario da conoscere, tra gli errori più comuni nell’emissione o preventivi all’emissione della fattura elettronica. Ora, non vi resta che fatturare.

Iva esposta: cosa significa per chi acquista e chi vende?

Partiamo col dire che con IVA esposta si intende il prezzo del bene già comprensivo dell’IVA. Andiamo a scoprire, nel dettaglio cosa implica per chi compra e chi vende e se cambia qualcosa di specifico e sostanziale.

IVA esposta cosa è di preciso

Come detto in apertura, con il termine IVA esposta, abbreviato in i.e. si intende il prezzo pieno, comprensivo di IVA, di un bene. Ad esempio, sulla vendita di un auto del costo di 10,000 euro parliamo di IVA esposta, perché comprensiva di IVA. Questa è una chiara esposizione del prezzo del prodotto. Ma potremmo dire che non sempre è così. Ad esempio, se siamo alla ricerca di un’auto, possiamo imbatterci in un prezzo con la specifica indicazione IVA esposta. Cosa significa esattamente questo termine? Vuol dire quanto detto sopra, ciò che invece bisogna attenzionare è l’esatto contrario. Ovvero, i casi in cui dovremmo aggiungere la tassazione, poiché l’IVA non è esposta.

IVA esposta, come funziona e a chi conviene?

Come detto, con l’IVA esposta ci troviamo dinnanzi ad un prodotto che espone il suo prezzo comprensivo di tassazione. Quindi, per così dire, il cartellino dei prodotti al supermercato rientra nei casi. Partiamo col dire con cosa vuol dire cos’è l’IVA. L’IVA non è altro che l’imposta sul valore aggiunto, ovvero l’esempio più comune di imposta indiretta e che va a colpire il consumatore finale. Per i lavoratori dipendenti quindi è semplicemente una voce che determina il prezzo finale di un bene. In Italia, l’aliquota ordinaria che determina l’IVA è del 22%. Ma vi sono, altresì, altre aliquote del 4 o del 5% determinate su alcuni prodotti, di alimentari o agricoli.

Quindi è un prezzo complessivo che riguarderà esclusivamente il compratore o cliente. Tuttavia, se siamo titolari di partita IVA, la cosa cambia. Per i titolari di partita IVA di fatto, il bene in questione potrebbe costare molto meno. Se prendiamo ad esempio un automobile col costo complessivo di 15,000 euro, il compratore con partita IVA pagherà circa 3,300 euro in meno. Il perché di questa differenza è presto detto. Per il discorso, di cui sopra, si andrà a detrarre, appunto il 22% sul costo del prodotto.

Come abbiamo visto, l’IVA grava soltanto sul consumatore finale. Un professionista, dunque, o imprenditore che acquista l’auto per lavoro, non sarà più un consumatore, bensì un utilizzatore professionale di quel bene o prodotto.

Per questo motivo il compratore potrà dedurre il costo dell’auto, scaricandone l’IVA. In larga scala, potremmo appurare che i lavoratori autonomi hanno ben chiaro cosa vuol dire IVA esposta e perché è importante saperlo. Un vantaggio fiscale di cui però non si possono appropriare coloro che sono in regime forfettario di partita IVA. Di fatto, tali lavoratori dovranno pagare l’auto (o il prodotto specifico) per intero senza poi poter scaricare alcun costo.

Dunque, ora che è molto più chiaro come funziona la semplice definizione di IVA esposta, potrete proseguire con i vostri acquisti di beni e servizi, facendo un po’ più attenzione ai cartellini dei prezzi e al vostro portafogli, godendone soprattutto nel caso di possessori di partita IVA. Ma, mi raccomando, non da forfettari.

INPS e INAIL: come si apre una posizione?

Oggi andiamo a scandagliare una piccola guida per l’iscrizione obbligatoria ad INPS e INAIL, per nuove imprese, lavoratori occasionali e professionisti. Scopriamo, dunque, come aprire una posizione INPS e INAIL.

Obblighi verso INPS e INAIL, come aprire una posizione:

Cominciamo col dire che hanno l’obbligo di iscriversi ad INPS e INAIL tutti i datori di lavoro, le aziende e i lavoratori autonomi che avviano la propria attività. Andiamo, pertanto, a scoprire come occorre una posizione verso i due enti, nel caso di commercianti, artigiani e lavoratori autonomi. Partendo dai lavoratori autonomi, cominciamo col dire che non appartengono ad un ente previdenziale autonomo, ma dovranno effettuare iscrizione alla gestione separata INPS, in un tempo di 30 giorni dall’apertura dell’attività registrata all’Agenzia delle entrate.

Dovranno quindi iscriversi alla Gestione Separata:

  • i professionisti senza ordine;
  • i lavoratori autonomi occasionali con un reddito superiore ai 5000 euro.

Come iscriversi all’INPS, per i lavoratori autonomi:

I soggetti obbligati all’iscrizione INPS, potranno effettuare tale passaggio attraverso via telematica, ma anche attraverso comunicazione Unica, usando il servizio online ComUnica. O, ovviamente, recandosi presso sportello fisico dell’INPS. I dati anagrafici, codice fiscale e data di avvio di attività, sono i requisiti richiesti per l’iscrizione.

Come iscriversi all’INPS, per i commercianti:

Per quanto riguarda i commercianti, dovranno iscriversi alla Gestione Artigiani e Commercianti dell’INPS. Per fare ciò sarà necessario presentare la Comunicazione Unica. Trattasi di un adempimento obbligatorio sia per le imprese individuali, sia per le imprese familiari, sia per le società di persone Sas, le Snc che per le società di capitali che operano nel settore del terziario, del turismo e del commercio.

Come iscriversi all’INPS per gli artigiani:

Per concludere il quadro di iscrizioni all’INPS, vediamo come funziona per la categoria degli artigiani. Questi dovranno anch’essi effettuare l’iscrizione all’INPS nella Gestione Artigiani e Commercianti, sempre attraverso la Comunicazione Unica da inviare entro 30 giorni dall’inizio dell’attività artigiana. Questo obbligo spetterà alle imprese individuali, alle imprese familiari, alle società di persona Sas e alle società di capitali che svolgono un’attività di produzione di beni e semilavorati e di prestazioni di servizi. I requisiti richiesti agli artigiani sono, principalmente, i seguenti:

  • avere l’età minima di 18 anni;
  • esercitare l’attività anche manuale di persona;
  • svolgere in prevalenza il lavoro di artigiano
  • assumersi la piena responsabilità dell’impresa
  • restare entro e non oltre i limiti dimensionali previsti dalla legge 443/85.

Come iscriversi all’INAIL

Per quanto riguarda l’iscrizione all’ ente INAIL vediamo cosa cambia per queste stesse categorie che ne mantengono l’obbligo. All’ istante in cui sarà avviata la nuova attività, sia gli imprenditori che i datori di lavoro dovranno presentare all’Istituto la denuncia di iscrizione attraverso il servizio telematico ComUnica, lo stesso servizio online usato per l’iscrizione all’INPS. Nella quale denuncia di iscrizione dei dipendenti, i datori di lavoro, dovranno fornire indicazioni riguardo l’attività esercitata, le lavorazioni svolte e le retribuzioni dei lavoratori. Nel caso, invece, specificatamente delle imprese marittime, queste dovranno indicare anche il tipo di nave, il relativo utilizzo della stessa ed infine il numero di persone previste dalla tabella di armamento.

Cos’è e come funzione ComUnica?

Prima di passare allo step definitivo per il conseguimento della certificazione, a seguito dell’iscrizione INAIL, precisiamo qualcosa sul servizio ComUnica. Tale servizio, previa esclusivamente telematica, attraverso portale online, coinvolge le Camere di commercio, l’industri, l’artigianato e l’agricoltura, l’Agenzia delle entrate e quindi INAIL e INPS. Si prefissa di essere una facilitazione amministrativa atta a consentire di assolvere a tutti gli adempimenti, rivolgendosi ad un solo canale telematico, ovvero il Registro delle Imprese. Effettuando un solo invio si potrà, così, assolvere a tutti gli adempimenti amministrativi previsti per l’iscrizione al Registro delle imprese e, se ne sussistono i presupposti di legge, anche per quelli previdenzialiassistenziali e fiscali.

Certificato di assicurazione INAIL

Al limite dei 30 giorni dalla data della presentazione della suddetta denuncia di iscrizione, l’ente INAIL potrà rilasciare un certificato di assicurazione. Questo viene pertanto chiamato certificato di assicurazione INAIL, il quale contiene al suo interno i seguenti dati:

  • il codice abbinato alla ditta;
  • il numero di posizione assicurativa territoriale;
  • il PIN per l’accesso ai servizi telematici;
  • gli elementi utili e necessari al calcolo del premio assicurativo;
  • l’importo del premio dovuto e le relative scadenze per il versamento del medesimo.

Ora, dunque, avete scoperto tutto il necessario per il vostro passaggio di iscrizione ad INPS e INAIL, non vi resta che passare ai fatti per le dovute procedure.

Addizionali regionali all’IRPEF: a quanto ammontano nel 2021?

Oggi, in uno stato delle cose che pone interrogativi sempre più densi e costanti sul fattore economico del nostro paese, andremo a scoprire come funzionano gli addizionali regionali all’IRPEF e a quanto ammontano nell’ anno 2021.

Aliquota cos’è?

Partiamo col dire che con aliquota si intende il tasso fisso o variabile che si applica alla base imponibile, per calcolare il tributo, espressa in forma di percentuale. Ogni regione, nel nostro paese, la applica autonomamente. Perciò, di seguito, vedremo ogni regione del nostro stivale, come applica la suddetta aliquota, nell’anno 2021.

Addizionali regionali IRPEF: il quadro regione per regione

Andremo, dunque a scrutare regione per regione, quali sono le aliquote inerenti agli addizionali IRPEF che andranno applicate al reddito complessivo, al netto dei deducibili oneri. Scopriamo di seguito l’elenco, regione per regione:

  • Abruzzo: (aliquota unica) con aliquota 1,73
  • Basilicata: fino ai 15000,00 euro aliquota di 1,23; dai 15000 fino ai 28000 l’aliquota è ancora di 1,23; uguale aliquota di 1,23 anche fino ai 55000 euro; mentre l’aliquota sale ad 1,73 oltre i 55000, fino ai 75000 euro; in ultimo avremo un’aliquota di 2,33 per una somma superiore ai 75000 euro;
  • Calabria: (aliquota unica) di 1,73;
  • Campania: (aliquota unica) di 2,03;
  • Emilia Romagna: l’aliquota sarà di 1,33 fino ai 15000 euro, mentre avremo un’aliquota di 1,93 fino ai 28ooo euro ed un’ aliquota di 2,03 per il superamento dei 28000 euro fino ai 55000 euro; in ultimo l’aliquota salirà a 2,23 per chi supera i 55000 fino ai 75000 e di 2,33 per chi supera il tetto di 75000 euro;
  • Friuli Venezia Giulia: aliquota di 0,7 fino ai 15000 euro, dai 15000 ai 28000 euro avremo un’aliquota di 1,23, uguale aliquota anche per tutte le altre fasce, fino al superamento di 75000 euro;
  • Lazio: fino ai 15000 euro avremo un’aliquota di 1,73; mentre dai 15000 ai 28000 euro l’aliquota sale a 2,73,  incremento a 2,93 per il superamento fino ai 55000 euro, mentre chi supera i 55000 euro, entro i 75000 euro avrà un’aliquota del 3,23, in ultimo salirà a 3,33 per tutti coloro che superano i 75000 euro;
  • Liguria: partiamo da un’aliquota di 1,23 per il tetto massimo di 15000 euro, arriviamo ad un’aliquota di 1,81 per chi è compreso tra i 15000 e i 28000 euro, mentre superando i 28000 fino ai 55000 euro avremo un’aliquota di 2,31, sale ad un 2,32 invece per coloro che superano i 55000 euro e, in ultimo, ad un’aliquota di 2,33 per chi supera i 75000;
  • Lombardia: si parte da un’aliquota di 1,23 fino ai 15000 euro, di 1,58 per chi arriva ai 28000 euro, quindi di 1,72 per chi arriva ai 55000 euro, di 1,73 per chi arriva ai 75000 euro e un’aliquota di 1,74 per coloro che li superano;
  • Marche: avremo un’aliquota minima di 1,23 fino ai 15000 euro, poi di 1,53 per lo step successivo che va dai 15000 euro fino ai 28000 euro, quindi di 1,70 dai 28000 ai 550000 euro, poi di 1,72 per chi super i 55000 e in ultimo di 1,73 per chi supera i 75000 euro;
  • Molise: per la regione dai mille misteri, avremo invece un’aliquota minima di 1,73 fino ai 15000 euro, quindi di 1,93 fino ai 28000 euro, per cui di 2,13 per chi parte dai 28000 euro e arriva fino ai 55000 euro, poi di 2,23 per lo step successivo, ed infine di 2,33 per chi supera la quota di 75000 euro;
  • Piemonte: aliquota di 1,62 per chi arriva ai 15000 euro, di 2,13 per lo step successivo, quindi di 2,75 dai 28000 ai 55000 euro, di 3,32 per chi va dai 55000 euro ai 75000 e in ultimo di 3,33 per chi supera i 75000 euro;
  • Puglia: aliquota di 1,33 fino ai 15000 euro, di 1,43 dai 15000 euro fino ai 28000 euro, di 1,71 fino ai 55000 euro, di 1,72 fino ai 750000 euro di 1,73 per chi li supera;
  • Sardegna: (aliquota unica) di 1,23
  • Sicilia: (aliquota unica) di 1,23;
  • Toscana: si parte da un’aliquota di 1,42 fino ai 15000 euro, di 1,43 fino ai 28000 euro, di 1,68 fino ai 55000 euro, di 1,72 fino ai 75 000 euro e in ultimo di 1,73 per chi li supera;
  • Trentino Alto Adige: qui abbiamo una differenza tra Bolzano e Trento:
  • – Trento: aliquota di 1,23 fino ai 55000 euro, di 1,73 per chi li supera
  • – Bolzano: aliquota di 1,23 fino ai 75000 euro, di 1,73 oltre i 75000 euro
  • Umbria: aliquota di 1,23 fino ai 15000 euro, sale a 1,63 dai 15000 euro ai 28000 euro, quindi avremo un’aliquota di 1,68 dai 28000 euro ai 55000, di 1,73 per chi supera i 55000 e in ultimo di 1,83 per chi supera i 75000 euro;
  • Valle d’Aosta: (aliquota unica) di 1,23;
  • Veneto: (aliquota unica) di 1,23;

 

 

Quanto costa aprire e mantenere una Partita Iva?

Molti si chiedono come funziona l’apertura di una Partita Iva, quali sono i suoi costi di apertura e di mantenimento. Quale regime scegliere per l’apertura ed eventuali tribolazioni burocratiche per ottenerne una. Scopriamo, oggi, quindi come aprire una partita Iva e quanto costa, con quali soluzioni.

Come si apre una Partita IVA?

Per aprire una partita IVA bisogna considerare diversi fattori, per cui la scelta di tale operazione potrebbe non essere necessariamente semplice. Innanzitutto, sarà utile capire il regime indicato (forfettario o ordinario), ma anche la cassa professionale di iscrizione ed il codice Ateco di appartenenza. Dunque, le connotazioni richieste per l’apertura della partita IVA sono diverse e non così facili. Vediamo nel dettaglio, però, nell’analisi che segue, quali fattori vanno presi inconsiderazione quando si vuole aprire una partita IVA.

Partita IVA con regime forfettario

Come detto, occorre scegliere un regime di riferimento per aprire una partita IVA. Per una partita IVA con regime forfettario possiamo ottenere diverse agevolazioni, come ad esempio un regime contabile semplificato (evitando l’obbligo di registri contabili, di iscrizione INAIL, così come di compilazione degli ISA) e si potrà godere di un regime fiscale con aliquota unica. Aprendo una partita IVA con regime forfettario pagheremo il 15% di imposte su una base imponibile calcolata in maniera forfettaria, ma farà riferimento anche il codice ATECO scelto, pertanto si potrà godere di una deduzione forfettaria variabile.

Tuttavia, non tutti i professionisti possono accedere ad un regime forfettario. E’ previsto infatti un limite di reddito di 65 000 euro annui ed altre situazioni specifiche, come ad esempio è specificato che il professionista con partita IVA non possa avere un reddito da lavoro dipendente superiore ai 30 mila euro, spendere più di 20 mila euro per collaboratori, avere partecipazioni in società. Va aggiunto, inoltre che le partita IVA con regime forfettario non hanno obbligo di fattura elettronica.

Partita IVA con regime ordinario

Per quanto riguarda l’apertura di una partita IVA con regime ordinario va detto che essa può essere aperta da chiunque voglia avviare un’attività professionale o un’attività produttiva. Coloro che decideranno di percorrere tale strada saranno chiamati a sottostare a diversi obblighi di natura contabile, di natura amministrativa e burocratica. Come, ad esempio, effettuare l’iscrizione al registro delle imprese. Ma, anche gli obblighi di fattura elettronica e quello di effettuare l’iscrizione alla gestione separata INPS e l’iscrizione all’INAIL per ottenere l’assicurazione obbligatoria.

Partita IVA come funziona il regime contributivo

Sia aprendo una partita IVA con regime ordinario, che con regime forfettario prevedono l’iscrizione obbligatoria ad una cassa previdenziale. Molto spesso si passa per la gestione separata INPS, con differenti aliquote, in base alle diverse attività svolte e, quindi al regime fiscale scelto. Bisogna, ad ogni modo considerare alcune differenze tra regime forfettario e regime ordinario, sia per quanto riguarda il sistema di tassazione, sia per quanto riguarda la contabilità. Le principali che andiamo ad elencare sono le seguenti:

  • Limite reddituale all’ingresso
  • Tassazione dei redditi
  • Regime contabile semplificato
  • Limite al pagamento dei collaboratori
  • Pagamento IRAP
  • Iscrizione INAIL

Ma quanto costa, dunque aprire una Partita IVA?

Aprire una Partita IVA è gratuito, quindi non comporta costi, qualora si svolta autonomamente. Ovviamente, qualora ci si rivolga ad un professionista, per svolgere tale pratica, bisognerà pagargli una parcella. Bisogna, comunque sapere che per aprire una partita IVA bisogna farlo presso la sede apposita dell’Agenzia delle Entrate in un tempo racchiuso entro 30 giorni dall’inizio dell’attività professionale o produttiva. In seguito alla presentazione della modulistica richiesta, la fiscale amministrazione provvederà essa stessa ad assegnare il codice di 11 cifre utile a riconoscere il contribuente.

Ecco, dunque, tutto ciò che avreste dovuto conoscere, ma non avete mai osato chiedere, in merito all’apertura e alla formulazione fiscale di una partita IVA

Imposta di bollo su fatture: quando e come si applica

Oggi andiamo a scoprire tutto il necessario che c’è da sapere sulla marca da bollo, sulle sanzioni possibili e sul come applicare l’imposta di bollo su fatture e fatture elettroniche.

Imposta di bollo su fatture elettroniche

Partiamo col far presente, per coloro che non fossero al corrente, del fatto che l’imposta di Bollo si applica, con un costo di 2 Euro esclusivamente alle fatture, siano esse cartacee che elettroniche, emesse senza addebito di IVA. Il bollo si applica quando la fattura abbia un importo superiore a 77,47 euro. Tuttavia, per quanto riguarda le fatture elettroniche emesse nel secondo trimestre solare il pagamento andrà effettuato entro, e non oltre, l’ultimo giorno del terzo mese successivo alla chiusura del trimestre.

Imposta di bollo, al tempo del Covid-19

In seguito alle disposizioni contenute nell’articolo 26 del D.L. 23/2020, meglio noto come Decreto Liquidità, sono state tuttavia introdotte delle modifiche per quanto riguarda i versamenti dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche. In particolare, è disposta la facoltà di spostare alla successiva scadenza trimestrale i versamenti che non superano l’importo di 250 euro, facendo riferimento ai primi due trimestri dell’anno d’imposta 2020, mantenendo quindi invariati i termini di versamento riguardanti il terzo ed al quarto trimestre che dovranno essere versate alle scadenze ordinarie.

Imposta di bollo sulle prestazioni sanitarie

Nel caso di fatture relative a prestazioni sanitarie è stato, invece esplicato che l’imposta di bollo, pari sempre al valore di 2 Euro, va assolta su ogni fattura medica (ovviamente nel caso in cui la stessa sia esente da Iva con un importo superiore ad €. 77,47. Inoltre, il medico sarà il soggetto tenuto all’applicazione del contrassegno, poiché egli emette il documento fiscale. E’ facoltà del prestatore (medico), di addebitare l’importo dell’imposta di bollo (pari ad euro 2) al paziente. In fine, il paziente, così come il medico, ovvero il prestatore, ai fini fiscali sono paritariamente responsabili per l’eventuale mancata applicazione dell’imposta di bollo.

Ma cosa accade, quindi se il medico non mette il bollo sulla fattura?

Nel momento in cui il medico, quindi il prestatore, abbia emesso fattura, senza apporre l’apposito bollo, il cliente, ovvero il paziente, dovrà presentare entro 15 giorni, all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate la fattura medesima per la regolarizzazione, facendosi carico dell’imposta di bollo, senza però incorrere in sanzioni o aggiunte di pagamento. Sarà poi l’Ufficio a richiedere sanzioni ed interessi al medico inadempiente. Se ciò non dovesse accadere, sia prestatore che cliente sono ritenuti equamente responsabili per l’imposta di bollo, sanzioni e interessi in merito.

Fattura inviata tramite e-mail: come apporre imposta da bollo?

Nel tempo del Covid è sempre più usanza (e buona abitudine) evitare di affollare lo studio medico o, in generale gli uffici affollati. E, sempre più spesso, anche le fatture vengono inviate tramite messaggistica elettronica, previa e-mail, o in messaggistica come whatsapp. Nei casi in cui la fattura venisse inviata per mezzo elettronico, quindi occorre che la marca da bollo pari ad euro 2 sia materialmente applicata sulla fattura in possesso dell’emittente (quindi, stampando apposita fattura). Inoltre, sulla copia inviata al cliente via mail dovrà essere indicata la dicitura: “Imposta di bollo assolta sull’originale”, riportando anche il numero identificativo della marca da bollo apposta sulla fattura originale.

Come avviene il pagamento dell’imposta di bollo?

In ultimo, ma non ultimo andiamo a scoprire come avviene il pagamento dell’imposta di bollo. Il suddetto pagamento potrà avvenire attraverso le seguenti modalità, qualora avviene attraverso contrassegno, pagando all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate o presso altri Uffici autorizzati, oppure con versamento su conto corrente postale.

Pagamento dell’imposta di bollo per assolvimento virtuale

La suddetta imposta potrà essere pagata anche previa assolvimento virtuale, dopo aver ottenuto autorizzazione dall’Agenzia delle Entrate. Attraverso questa modalità, sui documenti che sono soggetti ad imposta non sarà più apposta la marca da bollo, bensì la dicitura “assolvimento virtuale dell’imposta di bollo“, con, rilasciato dalle Entrate, il numero di autorizzazione. In tal caso l’imposta di bollo dovuta sarà poi versata bimestralmente, seguendo un piano di liquidazione calcolato dall’Agenzia delle Entrate. Il saldo dovuto sarà determinato per il singolo anno solare e verrà effettuato tramite la presentazione, nel gennaio del seguente anno.

Guida alla fattura elettronica per soggetti passivi UE ed Extra UE

E’ ormai tempo di digitalizzare un po’ le nostre vite, in tutto e per tutto, la fattura elettronica continua ad essere un’incognita ancora insoluta per alcuni professionisti. Oggi, scopriamo con questa rapida guida, come funziona la fattura elettronica per soggetti passivi UE ed Extra UE.

Fattura elettronica ed esterometro

Partiamo col dire che l’obbligo di fattura elettronica non è riguardante le cessioni di beni e servizi effettuate nei confronti di soggetti passivi non stabiliti nel territorio dello Stato di competenza di emissione, anche qualora fossero identificati nel medesimo. Qualora si trattasse di soggetti passivi comunitari, queste operazioni sono soggette alla comunicazione tramite i Modelli Intra e all’esterometro. Ma, emettendo fattura elettronica si potrà evitare l’esterometro. Ma cosa è l’esterometro e come funziona questa procedura? Scopriamolo insieme.

Esterometro: cos’è e come funziona?

Una volta appurato, dunque, che le fatture emesse nei confronti di soggetti passivi non stabiliti, seppur identificati nel territorio dello stato, non sono soggette alla fatturazione elettronica, cerchiamo di capire quando si va incontro all’esterometro e di cosa si tratta. Quando si parla di esterometro s’intende la comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere che prevedono la cessione di beni e prestazioni di servizi effettuate o ricevute verso /da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato. Questo sistema prevede entro il prossimo 31 dicembre 2021 che tutti i soggetti passivi trasmettano per via telematica alla sempre presente Agenzia delle Entrate i dati delle operazioni di cessione di beni e/o di prestazione di servizi effettuate ed anche ricevute, verso e/o da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, ad esclusione di quelle per cui è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse oppure ricevute le fatture elettroniche, secondo le modalità previste dall’obbligo di fattura elettronica.

Occorre specificare che va effettuata trasmissione telematica entro e non oltre l’ultimo giorno del mese successivo a quello della data imposta sul documento di fatturazione emessa, ovvero a quello corrispondente alla data di ricezione del documento che ne comprova l’operazione.

Fattura elettronica intra UE

Nel caso in cui avvenga la cessione di beni ad un soggetto passivo comunitario, questa operazione non risulta imponibile ai sensi dell’art. 41 c.1 D.L. 331/93. La fattura elettronica non sarà, quindi, obbligatoria ma può essere emessa facoltativamente compilando solo il campo “CodiceDestinatario” con il codice convenzionale “XXXXXXX”, indicando tuttavia la partita IVA comunitaria. In questo caso, senza fattura elettronica, si andrà soggetti all’esterometro.

Cessione di beni extra UE, come funziona

Nel caso di avvenuta cessione di beni nei confronti di un soggetto extracomunitario (quindi, non imponibile ai sensi dell’articolo 8, primo comma, lettera a) del DPR 633/1972) la fattura elettronica, nota anche come e-fattura, andrà ad evitare l’esterometro, pur essendo facoltativa e prevedendo l’inserimento nel campo “CodiceDestinatario” ancora del codice convenzionale “XXXXXXX”, a sostituzione del codice alfanumerico specifico a 7 caratteri. Per quanto riguarda invece il campo “identificativo fiscale IVA” (punto 1.4.1.1 del tracciato) andrà inserita la partita IVA o al suo posto qualsiasi altro valore che possa identificare il cliente riportando il codice Paese extra-UE. In suddetti casi eviteremo l’esterometro anche nel caso in cui vi fosse una bolletta doganale.

Il discorso è lo stesso per quanto concerne le prestazioni di servizi nei confronti di un qualunque soggetto extra comunitario (Art. 7 ter. DPR 633/72), con una sola differenza, legata al fatto che la fattura dovrà riportare inscritta l’indicazione della natura N2. Tale indicazione o, per meglio dire, operazione non sarà, comunque, soggetta a IVA.