Salario minimo in Europa, ma come siamo messi in Italia?

Il salario minimo in Europa trova l’accordo tra gli Stati membri. Ma cosa succederà nel nostro Paese, è contrasto in politica.

Salario minimo in Europa, l’accordo che tutela la dignità del lavoro

Il salario minimo diventerà realtà all’interno di tutti gli stati membri. La decisione sull’accordo è stato frutto di una lunga maradona, di fatto presentata nel 2020. Tuttavia la situazione è che ci sono Paesi che già adottano il salario minimo, mentre altri Paesi come l’Italia che dovranno introdurlo. Ma non è un obbligo, perché ogni singolo Paese rimarrà sovrano in tale tematica. Ma sarà compito del Consiglio europeo definire quelle che sono le linee guida da seguire e saranno uguali in tutti i Paesi membri.

Un passo in avanti in materia di lavoro e di tutela dei lavoratori. In Bulgaria il salario minimo è stabilito in circa 300, il valore attualmente più basso. Altri esempi di salario minimo in Europa sono: Ungheria è di 442 euro, Romania (458) e Lettonia (500). Mentre ha un valore di circa 2200 nel Lussemburgo, il più elevato in ambito europeo. Quindi ci sono delle differenze tra Stato e Stato. Ma del resto sono importi legate alle economie di ogni paese. La decisione, si spera possa creare delle nuove opportunità di lavoro, come è avvenuto in Germania.

Salario minimo, a che punto siamo in Italia

Il salario minimo secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro è l’ammontare di retribuzione minima che per legge un lavoratore riceve per il lavoro prestato in un determinato lasso di tempo,  e che non può essere ridotto da accordi collettivi o contratti privati. In Italia non esiste una legge che introduca il salario minimo.

La decisione sul salario minimo ha acceso le attenzioni tensioni all’interno del nostro Paese. Anche se il salario minimo punta a garantire l’occupazione, la tutela anche dei quelle categorie di lavoro più fragili, come i raider, diventati indispensabili proprio durante il periodo di lockdown. Una figura che ha permesso e che ha mantenuto l’economia durante lo stop generale, garantendo la presenza sul territorio.

Secondo i dati INPS sono più di 5 milioni gli italiani dipendenti che hanno uno stipendio inferiore ai mille euro mensili. Ma anche tante, troppe che lavorano per meno di 9 euro lorde l’ora.

Le reazioni del mondo politico

In Italia il testo di legge sul salario minimo è una proposta ferma in Senato. Ad oggi che vuole fissare il salario minimo obbligatorio a 9 euro lordi l’ora. Minimo già previsto da alcuni contratti collettivi. Immediate le risposte del nostro mondo politico e non solo. Secondo il Ministro del lavoro Orlando, l’accordo raggiunto è un valido aiuto per i lavoratori.

Il Presidente di Confindustria, Bonomi, avverte che non deve essere toccata la trattazione collettiva nazionale. Anche se Landini, segretario nazionale della cgil, invece si dice molto preoccupato soprattutto per le condizioni lavorative dei dipendenti. Felice anche Conte, che da leader del movimento 5 stelle, definisce quella del salario minimo una battaglia portata avanti, da sempre, dal movimento.

Ma il centrodestra nella maggioranza la pensa diversamente. «Il salario minimo per legge non va bene perché è contro la nostra storia culturale di relazione industriali. Il salario non può essere moderato ma deve corrispondere alla produttività», ha chiarito il ministro Renato Brunetta.

Altre precisazioni sul coinvolgimento delle parti sociali

Esprime grande soddisfazione attraverso un tweet, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Nei nostri orientamenti politici abbiamo promesso una legge per garantire salari minimi equi nell’Ue. Con l’accordo politico di oggi sulla nostra proposta su salari minimi adeguati, portiamo a termine il nostro compito. Le nuove regole tuteleranno la dignità del lavoro e faranno in modo che il lavoro paghi”– dichiara.

Tuttavia il Consiglio Europeo è stato molto chiaro: le parti sociali devono essere coinvolte. Inoltre gli aggiornamenti sui salari avverranno almeno ogni due anni. E perno importante saranno appunto le parti sociali che dovranno contribuire nelle procedure di definizione e aggiornamento dei salari minimi legali. Non ci resta che attendere che in Italia ci sia un accordo che preveda di tutelare sempre i lavoratori e che garantisca un minimo di salario sufficiente alla sussistenza del lavoratore e della sua famiglia.

 

 

 

 

Parco Ludo & Felix: previste 3.500 assunzioni. Come candidarsi?

Ci sono grandi numeri per il nuovo parco tematico che a breve dovrebbe prendere vita in Italia e già sono in tanti ad aver inviato le proprie candidature, si tratterà infatti del più grande parco tematico in Italia. Le sue dimensioni saranno maggiori di quelle di Disneyland.

Nasce in Italia il parco tematico più grande d’Europa: Ludo & Felix

L’obiettivo è aumentare il flusso turistico nella zona del casertano, dove sorgerà il parco tematico. Si tratta di una grande opportunità perché inserito all’interno dei progetti del PNRR i cui fondi, come più volte sottolineato, devono essere usati anche per aiutare lo sviluppo del Sud Italia.

Il parco tematico occuperà un’area di 100 ettari di terreno, in provincia di Caserta, in particolare nel comune di Maddaloni, nella zona dell’ex cava Cementir. Per capire l’estensione basti pensare che Disneyland a Parigi ha un’estensione di 58 ettari, leggermente più piccolo è Gardaland cioè il parco tematico più grande d’Italia.

Il complesso sarà diviso in due parti, 40 ettari di terreno saranno dedicati al parco divertimenti, i restanti 60 ettari saranno invece destinati al parco culturale Felix. Proprio per questo il complesso attualmente è individuato come Ludo & Felix, nome che probabilmente sarà confermato anche al momento dell’apertura. Per quanto riguarda l’impegno economico, sarà in parte privato e in parte pubblico, le risorse provengono dai fondi PNRR per un ammontare di 270 milioni di euro e da privati, cioè dalla società Felix SRL il cui Amministratore Unico delegato è Iula Agosto che stanzierà 130 milioni di euro.

Cosa ci sarà nel parco Ludo & Felix?

La ricaduta sul territorio sarà ampia, infatti, spiega l’ideatore Filippo Ferdinando Gustavo Vettone, il 40% del parco sarà destinato ad azionariato popolare e gli utili saranno assegnati alle istituzioni locali per essere nuovamente investiti nella provincia di Caserta. Ludo & Felix sarà un parco innovativo e ipertecnologico, attento alla sostenibilità ambientale. Particolare attenzione sarà posta alla sicurezza del parco giochi, non mancheranno gli esercizi commerciali. Un’area di 10 ettari sarà infatti dedicata a 20 fiere internazionali nei vari settori merceologici. La zona Felix dedicata alla cultura prevede invece un vero melting pot con la ricreazione di 20 città internazionali con una particolare attenzione all’esperienza sensoriale attraverso la riproduzione anche di odori e suoni. Ci sarà inoltre una zona centrale di un ettaro realizzata come palcoscenico e servirà come punto di riferimento per i giovani artisti della zona che potranno esibirsi gratuitamente.

Altra attrazione importante sarà il cinema IMAX che prevede un pubblico fino a 1000 persone che potranno avere una vera esperienza immersiva.

Profili ricercati nel parco Ludo & Felix: come candidarsi?

Già ora si è alla ricerca di numerosi profili professionali, in base alle notizie ora note nel parco, tra indotto e servizi “diretti”, dovrebbero esservi 3.500 assunzioni. Di queste 1.500 dovrebbero essere assunzioni dirette e 2.000 collegate all’indotto.

Tra le figure ricercate vi sono: coordinatori, addetti a casse e accoglienza, addetti al servizio di ristorazione ( pizzaioli, cuochi, camerieri, baristi). Naturalmente nel parco tematico non può mancare la sicurezza, proprio per questo tra le figure professionali ricercate vi sono i custodi e addetti alla vigilanza, infermieri. Ottime opportunità di lavoro vi sono anche per gli impiegati amministrativi, inoltre si ricercano magazzinieri, operai, tecnici delle luci, animatori, autisti.

Dove inviare il proprio curriculum?

Attualmente è già possibile inviare la propria candidatura alla pagina ufficiale del sito https://www.turismofelixlavoro.it/

Potrà sembrare strano che già ora sia attiva la fase di reclutamento, ma l’obiettivo è fare in modo che all’apertura ci sia personale pronto, qualificato per le varie mansioni e professionale. Ecco perché oltre alla selezione ci sarà un periodo di formazione.

Quelli visti sono i profili principali ma non sono gli unici, quindi per chi sta cercando lavoro si tratta di una grande opportunità per entrare in un complesso di grandi dimensioni e che di conseguenza può offrire ottime possibilità di crescita personale ed economica.

Tax freedom day, il giorno della liberazione dalle tasse

Il tax freedom day è il giorno della liberazione dalle tasse, ecco cosa vuol dire e per quando è prevista questa agoniata giornata.

Tax freedom day, quest’anno è previsto con un giorno di anticipo

Se c’è qualcosa di cui il popolo italiano si lamenta è il numero elevato di tasse che si devono versare. Che si è lavoratore autonomo o dipendente, c’è davvero un alto carico di imposte e tasse sulle spalle dei contribuenti. Ebbene, il 6 giugno 2022 sarà l’ultimo giorno che i gli italiani lavorano per pagare tasse e fisco. Dunque il 7 giugno 2022 rappresenta il giorno definito Tax freedom day come da data di liberazione. Quest’anno lo Stato incasserà circa 40 miliardi in più.

Si è giunti a questa data attraverso un semplice calcolo matematico. La stima del Pil nazionale si suddivide in 365 giorni dell’anno, ottenendo un dato medio giornaliero. Nel frattempo si sono considerate le previsioni di gettito dei contribuenti, tasse ed imposte e si è fatto il rapporto. Il risultato è proprio il famoso 7 giugno 2022. Tuttavia quest’anno il giorno è caduto un anno prima rispetto all’anno scorso 2021.

Tax freedom day, la pressione fiscale italiana rispetto agli altri Stati

Secondo questo dato gli italiani lavorano i primi cinque mesi dell’anno,  solo per far fronte agli impegni con il fisco. Mentre i ricavi o le somme incassate nel resto dell’anno rappresentano vanno direttamente nelle tasche degli italiani. Anche se di mezzo c’è il mese di agosto che per molti italiani è il periodo di riposo dovuto alle ferie. Un periodo in cui ci si rifocilla, per poi lavorare fino alla fine dell’anno. Dunque metà anno è dedicato allo Stato, e già questo fa capire l’entità dei contributi nel nostro paese.

Tra i 27 Paesi dell’Ue, nel 2021 con il 43,5% l’Italia si era collocata al sesto posto per pressione fiscale, record storico per il nostro Paese, dietro Danimarca (48,1%), Francia (47,2%), Belgio (44,9%), Austria (43,8%) e Svezia (43,7%). L’anno scorso la media Ue si era “fermata” al 41,5%. Tanto per dare alcun numeri in merito al nostro Paese rispetto agli altri Paesi all’interno dell’Unione Europea.

Ma poi è davvero così?

La data del 7 giugno è una data simboli. Anche  perché il mese di giugno 2022 è pieno di scadenze e date da ricordare. Infatti nel mese di giugno sono previste circa 141 scadenze fiscale, 122 delle quali prevedono dei pagamenti. Tra queste il 16 è previsto anche il pagamento per l’Imu a partire dalle seconda case in poi. Ma luglio dovrebbe essere anche un mese si rinforzo per le famiglie con i rimborsi del modello 730 ed il bonus 200 euro.

Tuttavia quest’anno si stima che l’Italia dovrebbe registrare una crescita economica. Nel 2022, invece, con una crescita stimata al 2,5%, il peso fiscale è destinato a diminuire di 0,4 punti percentuali. Anche grazie alla riduzione delle imposte e dei contributi decisa dal Governo Draghi. Tra cui la riforma dell’Irpef (-6,8 miliardi di gettito), l’esonero contributivo di 0,8 punti percentuali ai lavoratori dipendenti con una retribuzione mensile sotto 2.692 euro (-1,1 miliardi), l’esonero dall’Irap per le persone fisiche (-1 miliardo); tenendo conto del leggero miglioramento in corso delle principali variabili economiche, che si riflette sull’andamento del gettito.

 

La nuova frontiera delle pensioni, tre ipotesi di riforma

Anche se tutto è fermo da tempo, il governo nella sua agenda ha sempre il capitolo pensioni in evidenza. Il sistema previdenziale italiano infatti necessità di una profonda revisione. Una vera riforma delle pensioni che da tempo fa discutere. Infatti una riforma manca nel sistema previdenziale nostrano dai tempi della Riforma di Elsa Fornero. Erano i tempi del governo tecnico di Mario Monti, con la Professoressa Elsa Fornero Ministro del Lavoro. E fu allora che il governo varò una riforma passata alla storia come quella delle lacrime e del sangue. Tutti ricordano le lacrime in diretta TV dell’allora Ministro Fornero. È proprio da quella riforma scaturirebbe la necessità di prevederne un’altra.

Nel 2023 spariranno diverse misure oggi in vigore

Oggi le misure previdenziali tramite le quali è possibile andare in pensione sono sostanzialmente due. Parliamo della pensione anticipata ordinaria e della pensione di vecchiaia ordinaria. Poi esistono numerosi altri scivoli, Tutte possibilità concrete di anticipare la pensione rispetto alle due misure pilastro del sistema italiano. C’è lo scivolo usuranti, c’è opzione donna, e ci sono l’Ape sociale e la quota 102. E poi ancora, la pensione anticipata contributiva, la pensione di vecchiaia con invalidità al 80%, la quota 41 per i precoci e così via.

Non tutte le misure alternative scadono

Alcuni di questi scivoli, come per esempio la pensione anticipata per gli usuranti o la quota 41 per i precoci, sono ormai misure strutturali del sistema. Significa che sono misure che anche l’anno prossimo continueranno ad essere fruibili. Si tratta di strumenti che non hanno scadenza e sono presenti ormai in maniera radicale nel sistema. Ce ne sono altre però che vanno a scadenza a fine 2022. In pratica misure che l’anno prossimo non verranno più utilizzate. Questo tranne eventuali proroghe o decisioni diverse da parte dell’esecutivo da qui a fine anno, quando sarà il momento di varare la nuova Legge di Bilancio per il 2023.

Cosa succederà alle pensioni nel 2023

Ad oggi, o almeno, in base a ciò che è stato fatto e si dice, il 31 dicembre prossimo scadono sicuramente sia opzione donna che l’Ape sociale. E naturalmente scade anche la quota 102. Senza questi tre scivoli evidente che c’è una elevata probabilità che si ritornerà come alternativa alle pensioni ordinarie, alle rigide regole della Fornero. Per questo si ragiona su alcune ipotesi di riforma più o meno attendibili è più o meno fattibili. Un tipico esempio è la pensione anticipata a 64 anni per tutti. Estendere a tutti i benefici che la pensione anticipata contributiva offre a chi non ha versamenti prima del 1996. È una delle alternative in campo e probabilmente quella che ha più possibilità di diventare realtà.

La pensione a 64 anni per tutti e con 20 anni di contributi versati

In pratica chiunque si trova con 62 anni di età e 20 anni di contributi potrebbe  andare in pensione. In pratica quello che oggi accade hai contributivi puri. Resta il fatto che c’è un vincolo non secondario per quanto riguarda la pensione per i contributivi puri. Infatti occorre che l’assegno liquidato sia pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale. Per la versione estesa a tutti e che è sul tavolo che l’esecutivo, si potrebbe optare per una riduzione di questo limite di importo della pensione. Da 2,4 volte l’assegno sociale si potrebbe passare ad 1,5 volte l’assegno sociale. Un modo per estendere la platea dei potenziali beneficiari davvero a tutti.

Le altre ipotesi sul tavolo delle trattative

Un’altra ipotesi invece sarebbe una pensione a 64 anni per tutti sulla falsariga della nuova quota 102. In questo caso però si ridurrebbe a 20 anni il limite minimo di contributi che per quota 102 è rimasto lo stesso della quota 100 e cioè a 38 anni punto ci sarebbe però per questa misura il vincolo non certo secondario dell’obbligo di ricalcolo contributivo della prestazione. In pratica chi potrebbe sfruttare questo canale di uscita, dovrebbe accettare un taglio dell’assegno.

La proposta di Pasquale Tridico numero uno dell’Inps

Un’altra ipotesi di cui si parla tanto richiama ad una vecchia proposta del presidente dell’INPS Pasquale Tridico. E sarebbe una pensione spacchettata in due, con prima la liquidazione della sola parte contributiva magari a 63 anni per poi una volta raggiunti i 67 anni si passerebbe alla pensione vera e propria anche con la parte retributiva. In pratica gli interessati ci metterebbero tagli soltanto per 4 anni. Nettamente migliore quindi rispetto alle proposte che prevedono tagli lineari e soprattutto ricalcoli esclusivamente contributivi della prestazione.

La quota 41 per tutti, tra sogno e realtà

Infine, una misura che torna sempre per qualità ogni qualvolta si parla di riforma delle pensioni è quella che prende i numeri quota 41 per tutti. Si tratta dell’estensione di questa misura a tutti i lavoratori non soltanto i precoci come funziona oggi. Lavora 41 per tutti diventerebbe una misura capace di sostituire praticamente del tutto, la pensione anticipata ordinaria. Di colpo la carriera contributiva necessaria per la pensione scenderebbe per gli uomini da 42 anni 10 mesi a 41 anni per le donne risparmio inferiore ma pur sempre risparmio. Infatti si passerebbe da 41 anni 10 mesi ha 41 anni di contributi. La misura di cui tutti parlano non prevedrebbe tagli, e quindi non andrebbe calcolata tutta col sistema contributivo. Su questo però le parti, cioè governo e sindacati, sono piuttosto divisi dal momento che il governo non verrebbe di cattivo occhio il fatto che la pensione debba essere liquidata solo con il sistema contributivo e quindi sonoramente tagliata.

Mutuo seconda casa, come funziona e i suoi costi da sostenere

Il mutuo seconda casa è il prestito che viene richiesto proprio per l’acquisto di un secondo immobile, ecco come funziona e i suoi costi.

Mutuo seconda casa, quando si utilizza

Gli italiani sono maestri negli acquisti immobiliari. Più del 60% degli italiani possiede l’immobile dove vive, come prima casa. Immobile su cui ha agevolazioni, come ad esempio non pagare l’Imu. Tuttavia spesso è forte la voglia di acquistare un secondo immobile, magari al mare o in montagna per godersi un pò di villeggiatura. Quindi spesso si accede un mutuo proprio per l’acquisto di questo immobile, ma come funziona?

Innanzitutto possiamo subito dire che non ci sono agevolazioni per il mutuo seconda casa, come invece avviene nell’acquisto della prima casa. Ma in linea generale gli adempimenti da svolgere sono gli stessi. Pertanto occorre controllare che l’immobile sia in regola sia dal punto di vista legale, catastale che da quello urbanistico. L’atto di compravendita viene sempre stilato dal Notaio che ne trasferisce la proprietà.

Tasse e imposte per l’atto di mutuo sulla seconda casa

Essendo la seconda casa non un bene di lusso, le spese da sostenere e da pagare all‘agenzia delle entrate, sono molto diverse, proprio perché cambia la percentuale applicabile. In modo più dettagliato le imposte dovute sono:

  • imposta di registro, pari al 9% del valore catastale, mentre diventa 2% nel caso di prima casa;
  • imposta catastale e ipotecaria in misura fissa pari a 50 euro ciascuna.

Invece se si acquista una seconda casa da un’impresa costruttrice, le imposte di registro, ipotecaria e catastale ammonta a 200 euro ciascuna e l’iva dovuta è pari al 10%. Mentre in caso di prima casa l’Iva sarebbe del valore del 4%. Quindi si denota un forte incremento rispetto alla compravendita tra primo e secondo immobile. Per questo motivo molti possessori cercano il più possibile di sbarazzarsi di quello precedente prima di acquistarne uno nuovo.

Altre differenze da evidenziare tra i mutui

Il mutuo seconda casa si differenzia da quello in prima per molti aspetti, che possiamo così sintetizzare:

  • si applica una diversa percentuale dell’imposta sostitutiva del mutuo: se chi acquista una prima casa paga un’imposta sostitutiva pari allo 0,25% dell’importo erogato, per chi acquista la seconda casa l’imposta salirà al 2%;
  • la rata non può superare la cifra che corrisponde a un terzo dello stipendio mensile del richiedente;
  • il finanziamento può avere massimo 30 anni;
  • l’importo massimo erogato è limitato, nel senso che al massimo viene coperto il 60% del valore totale dell’immobile. Mentre nelle prime case, sappiamo bene che può arrivare anche all’80%;
  • spesso anche i tassi di interesse risultano essere più alti;
  • non si può beneficiare della detrazione sugli interessi passivi.

Inoltre non è difficile che la banca o l’ente creditizio chieda di mettere in a garanzia del nuovo debito il primo immobile di possesso. In questo caso dovranno anche essere sostenuti i costi relativi alla perizia da parte del tecnico abilitato. Infine le parcelle per eseguire la pratica di mutuo è può elevata, tra i 600 e gli 800 euro e come nel caso di mutuo di prima casa, non mancano le polizze scoppio incendio o perdita del posto di lavoro che ormai sono diventate quasi obbligatorie.

 

 

Sisma bonus e superbonus 110%, come ottenere la detrazione fiscale?

Come si ottiene la detrazione fiscale dal sisma bonus ordinario e dal superbonus 110% mediante la compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi? È importante la giusta collocazione nel modello e la presentazione delle varie asseverazioni che attestino la riduzione del rischio sismico e la congruità dei costi sostenute. Inoltre, è necessario sottolineare che l’agevolazione può essere goduta in vari modi:

  • come sisma bonus ordinario;
  • detrazione del 110% mediante superbonus;
  • in abbinamento al bonus facciate su spese effettuate chiaramente differenti;
  • superbonus 110% esteso agli interventi sulla facciata in completamento dei lavori di riduzioni del rischio sismico.

Sisma bonus, dove si colloca nel modello 730?

La collocazione del sisma bonus nel modello 730 di dichiarazione dei redditi è ai righi E 41, E 42 ed E 43. Tale detrazione fiscale vale anche per le seguenti tipologie di lavori:

  • lavori di riduzione del rischio sismico effettuati anche sulle facciate;
  • superbonus 110% sisma e bonus facciate con differente contabilizzazione delle relative spese e nel rispetto delle regole di detrazioni secondo quanto prevede la risposta all’interpello dell’Agenzia delle entrate numero 538 del 2020;
  • applicazione del bonus facciate in relazione al super sisma bonus 110% purché i lavori alla facciata completino quelli di riduzione del rischio sismico.

Superbonus 110% riduzione rischio sismico e bonus facciate, come si applica la detrazione?

Dunque, il super sisma bonus con detrazione fiscale del 110% e tetto di spesa fissato a 96 mila euro, si applica anche ai costi sostenuti rientranti negli interventi edilizi occorrenti per completare la ristrutturazione. In questo ambito rientrano anche gli interventi effettuati sulle facciate degli edifici. Nel caso in cui le due tipologie di interventi (super sisma bonus 110% e lavori sulla facciata) risultino indipendenti e non di completamento, il bonus facciate si applica con detrazione fiscale del 90% per le spese sostenute nell’anno di imposta 2021 (60% per i lavori a decorrere dal 1° gennaio 2022). In tal caso le spese risultano autonome l’una rispetto all’altra e seguono una contabilità differente.

Bonus sisma, quali sono le asseverazioni necessarie?

In merito alle asseverazioni occorrenti per i lavori rientranti nel bonus sisma, sono due in particolare i documenti da disporre. Il primo è l’asseverazione tecnica dei lavori; il secondo è l’attestazione sulla congruità delle spese sostenute per l’intervento stesso. Nel primo caso, l’asseverazione tecnica dei lavori consiste nella presentazione di un primo documento, l’allegato B, e di un secondo documento. Quest’ultimo riguarda la riduzione tecnica del rischio sismico. Tale documento è previsto dal decreto del ministero delle Infrastrutture numero 58 del 17 febbraio 2017. Il provvedimento è stato modificato dal decreto ministeriale numero 329 del 6 agosto 2020.

Asseverazioni sismabonus ordinario e superbonus 110% per i lavori di riduzioni rischio sismico: quali sono?

Le stesse asseverazioni tecniche devono essere effettuate anche per il sismabonus ordinario, che non permette la detrazione del 110% come per il superbonus. Per quest’ultimo, tuttavia, la riduzione del rischio sismico non deve essere di 1 o di 2 classi come invece richiesto al sisma bonus ordinario secondo la spiegazione fornita dall’Agenzia delle entrate nella circolare 24/E del 2020. La certificazione di riduzione del rischio sismico è già contenuta nell’allegato B relativa all’Attestazione preventiva del progettista; nell’allegato B 1, relativo al direttore degli interventi; e nell’allegato B 2, quello del collaudatore statico.

Asseverazione di congruità dei costi del bonus sisma: come si procede?

In merito alla seconda asseverazione, quella di congruità delle spese sostenuti agli interventi rientranti nel bonus sisma e superbonus 110%, è necessario rifarsi al decreto del ministero dei trasporti numero 28 del 2017. La certificazione di congruità delle spese è esclusa solo per il sisma bonus acquisti. L’asseverazione di congruità dei costi sostenuti si trova già nell’allegato 1 relativo allo stato di avanzamento dei lavori (Sal); nell’allegato B, ovvero sull’attestazione preventiva del progettista; e nell’allegato B 1 del direttore degli interventi.

Quali asseverazioni dei lavori del superbonus e bonus sisma devono essere inviate all’Enea?

Le uniche asseverazioni tecniche di riduzione del rischio sismico e di congruità dei costi sostenuti che vanno inviati all’Enea riguardano i lavori di efficientamento energetico con detrazione fiscale del 110%. Maggiori informazioni sono disponibili nella guida realizzata dall’Agenzia delle entrate sul 110% del 24 luglio 2020. Per gli altri interventi sopra trattati, non va inoltrata copia delle asseverazioni all’Enea. È invece previsto che le asseverazioni siano presentate allo Sportello unico per l’Edilizia (Sue) di competenza territoriale. Lo stabilisce il decreto del Presidente della Repubblica numero 380 del 2001 all’articolo 5. Maggiori dettagli sono disponibili nel decreto dell’Agenzia delle entrate numero 35873 dello scorso mese di febbraio.

Disoccupazione agricola e rimborso Irpef versati insieme: come fare?

La disoccupazione agricola è una prestazione rivolta esclusivamente ai lavoratori agricoli iscritti nell’elenco nominativo dei lavoratori agricoli. L’INPS provvede alla liquidazione nei mesi estivi a coloro che hanno presentato la domanda entro il mese di marzo. Ciò che molti non sanno è che insieme alla disoccupazione agricola è possibile percepire anche i rimborsi Irpef. Ecco in quali casi è possibile ottenerli con la disoccupazione agricola e come procedere.

In quali casi la disoccupazione agricola viene pagata insieme al rimborso Irpef?

I rimborsi Irpef spettano nel caso in cui dalla presentazione della dichiarazione dei redditi con modello 730 emerge un credito di imposta. Lo stesso può maturare in seguito all’applicazione di deduzioni e detrazioni ulteriori rispetto a quelli di cui l’Agenzia delle Entrate è già a conoscenza oppure a un versamento di imposte eccessivo rispetto al dovuto da parte del sostituto di imposta. Chi ha presentato la dichiarazione dei redditi in tempo utile, e quindi fin dal primo momento in cui era possibile farlo, può ottenere il rimborso Irpef direttamente dall’INPS. Possono ottenere il rimborso Irpef insieme alla disoccupazione agricola anche coloro che hanno inviato fin dal primo giorno utile il modello 730 pre-compilato. 

L’Agenzia delle Entrate nei giorni scorsi ha reso noto che, nonostante i ritardi dell’avvio della piattaforma per l’inoltro del Modello 730 precompilato, i rimborsi Irpef non subiranno alcun ritardo. Chi è riuscito a inoltrare la domanda potrà ricevere i rimborsi già nei mesi di luglio e agosto.

Ricordiamo, che possono presentare istanza per ottenere questo contributo, solo gli iscritti nell’elenco nominativo dei lavoratori agricoli. Non basta però presentare la domanda nei termini, infatti è anche necessario che nel presentare la domanda per la disoccupazione agricola si indichi l’INPS come sostituto di imposta. Al verificarsi di queste due condizioni, al momento di erogare la disoccupazione agricola l’INPS versa anche il rimborso fiscale.

Come verificare se il rimborso fiscale sarà versato insieme alla disoccupazione agricola?

Scegliere l’INPS come sostituto di imposta è sicuramente la soluzione ideale per chi lavora con contratti di tipo stagionale perché consente di abbreviare i termini e avere la certezza che il versamento sia eseguito. Infatti chi si trova in tale condizione spesso non può avvalersi del sostituto di imposta in quanto non ha per tutto l’arco dell’anno un datore di lavoro.

Per capire se insieme alla disoccupazione agricola c’è il rimborso fiscale, nel prospetto di liquidazione si troverà la voce: Rimborso 730.

Si può verificare se il rimborso sarà effettuato insieme al versamento della disoccupazione agricola anche accedendo al proprio fascicolo previdenziale sul sito dell’INPS. Ricordiamo che per poter accedere è necessario essere in possesso di un’identità digitale. Si tratta di CIE, SPID o CNS. Una volta entrati, all’interno del fascicolo previdenziale è necessario andare alla voce: “prestazioni“, scegliendo al sotto categoria “pagamenti”. Da qui sarà possibile visionare anche la data dei pagamenti.

Per scoprire quando sarà messa in pagamento la disoccupazione agricola, leggi l’articolo: Disoccupazione agricola 2022: quando viene pagata?

Incentivi a imprese, Pa e professionisti: come utilizzare la nuova piattaforma?

Dal 2 giugno 2022 è attiva la nuova piattaforma che racchiude tutte le opportunità di incentivi per imprese, Pubblica amministrazione e professionisti. L’accesso è libero a tutti e si possono trovare tutte le forme di sostegno statale oppure regionale adatte ai soggetti beneficiari. L’ideazione della piattaforma è stata resa possibile dal decreto del ministero per lo Sviluppo Economico del 27 maggio 2022. All’interno del portale, si può seguire un percorso per trovare tutte le agevolazioni, i contributi a fondo perduto, i finanziamenti e i bonus che le istituzioni pubbliche mettono a disposizione.

Incentivi statali e regionali per le imprese, Pa e professionisti: quali sono i bandi all’interno della nuova piattaforma?

La nuova piattaforma per gli incentivi permette alle imprese, alla Pubblica amministrazione e ai professionisti di trovare le formule di sostegno statale o regionale più adatta ai beneficiari finali. All’interno si possono trovare le misure attuative dei bandi, degli avvisi, le istruzioni, e le convocazioni per manifestazioni di interesse. L’obiettivo della piattaforma è quello di mettere al corrente di tutte le misure e i provvedimenti dei principali organismi nazionali e regionali. All’interno, pertanto, si trovano gli incentivi gestiti da Sace, Simest, Invitalia, Unioncamere, Agenzia delle entrate, Inps, Cassa depositi e prestiti e Inail.

Come trovare l’incentivo su misura nella nuova piattaforma del Mise?

Dalla home page del nuovo portale del Mise degli incentivi si può trovare il bando o l’avviso di proprio interesse seguendo differenti percorsi. Infatti, l’utente può:

  • accedere a tutto il catalogo degli incentivi;
  • effettuare una ricerca libera;
  • procedere con una ricerca più approfondita mediante percorsi guidati di profilazione in base ai criteri della ricerca stessa. Tra i parametri, si possono scegliere le caratteristiche della Pa, del professionista o dell’impresa interessata agli incentivi oppure gli ambiti nei quali si voglia ricercare incentivi all’investimento.

Quali informazioni fornisce la piattaforma del Mise sulla ricerca di incentivi a imprese, Pa e professionisti?

Le informazioni restituite dalla piattaforma degli incentivi del Mise permettono di ottenere contenuti di risposta alla ricerca classificabili e catalogabili in base alle caratteristiche dell’investimento ricercato. In particolare, si possono distinguere incentivi classificati per:

  • la tipologia di amministrazione con informazioni sull’anagrafica dell’incentivo; le informazioni inerenti i provvedimenti di attuazione; la base giuridica; l’avviso della presentazione delle domande e i termini di scadenza; i limiti di importo degli interventi finanziati;
  • lo stato dell’intervento. L’utente avrà modo di classificare la propria ricerca escludendo l’eventuale inattività, anche momentanea, degli interventi;
  • la personalizzazione dei beneficiari degli interventi. E pertanto, chi effettua una ricerca potrà ottenere risultati basati sulle caratteristiche della propria impresa (anche la dimensione);
  • la tipologia di sostegno;
  • la classificazione degli interventi per settori di attività; o per territori o materiali ammissibili alla presentazione delle domande;
  • le finalità dei finanziamenti.

Come fare una ricerca sulla piattaforma degli incentivi del governo?

Per fare una ricerca degli incentivi sulla nuova piattaforma del governo è sufficiente utilizzare la funzione “Trova l’incentivo” sul portale. Questo percorso è quello breve se non si voglia adottare una procedura personalizzata e guidata di ricerca passando per le sezioni:

  • “Sono un aspirante imprenditore”;
  • “Un’impresa o un professionista”;
  • “Un ente, un’istituzione”;
  • “Sono un cittadino”.

Avendo le idee chiare su cosa cercare, ad esempio, “Fondo impresa donna” per l’imprenditoria al femminile, è possibile immettere direttamente i parametri di ricerca nel campo “Trova l’incentivo”.

Ricerca di ‘Fondo impresa donna’ nel portale degli incentivi del ministero per lo Sviluppo Economico

Avendo immesso nella ricerca “Fondo impresa donna”, il sistema restituisce i seguenti risultati:

  • il Fondo impresa donna, attualmente attivo, risultato puntuale della nostra ricerca;
  • alcuni incentivi direttamente collegati a quelli della nostra ricerca come Fondo Ipcei; Investimenti sostenibili 4.0; Fondo per gli investimenti innovativi in agricoltura; Credito di imposta società benefit; “Ceramica artistica e tradizionale e Ceramica di qualità”;
  • alcuni incentivi in arrivo, come “Cratere sismico aquilano” e “Avvio e consolidamento di imprese culturali e creative”.

Fondo impresa donna come risultato di ricerca dal portale incentivi del governo

Aprendo il link del Fondo impresa donna, oggetto della nostra ricerca, si trovano:

  • lo stato dell’incentivo (con data di apertura al 19 maggio 2022), le note e il link al sito dedicato sull’estrema destra della schermata;
  • la forma di agevolazione (Contributo a Fondo perduto, Prestito e Anticipo rimborsabile);
  • i settori ammessi alla domanda come Agroalimentare, Moda e Tessile; Chimica e Farmaceutica; Metallurgia, Elettronica, Meccanica, Autoveicoli e altri mezzi di trasporto; Mobili, Commercio, Servizi di trasporto; Alberghiero, Ristorazione; ICT; Cultura, Turismo, Salute; Altri servizi; Edilizia, Fornitura Energia, Artigianato;
  • la spesa ammissibile (fino a 400 mila euro);
  • le regioni dell’incentivo (tutte).

Fondo impresa donna dopo la ricerca sulla nuova piattaforma del governo: le informazioni sulla misura di sostegno all’imprenditoria al femminile

Scorrendo nella pagina del risultato alla ricerca, la piattaforma restituisce altre informazioni come:

  • che cos’è il Fondo impresa donna (incentivo che sostiene la nascita, lo sviluppo e il consolidamento delle imprese guidate da donne attraverso contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati);
  • a chi è rivolta la misura (Imprese femminili di qualsiasi dimensione, di nuova costituzione o già costituite, con sede in tutte le regioni italiane);
  • cosa prevede la misura (
  • per progetti fino a € 100.000, fondo perduto fino all’80% delle spese (o fino al 90% per donne disoccupate) entro un tetto massimo di € 50.000.
  • per progetti fino a € 250.000, fondo perduto fino al 50% delle spese, fino a un massimo di € 125.000);
  • la specifica delle spese ammissibili per le imprese al femminile già costituite;
  • gli obiettivi e le finalità dell’intervento;
  • la forma di agevolazione (contributi, fondo perduto, prestiti, anticipi rimborsabili);

Quali altre informazioni sono presenti nella ricerca del Fondo impresa donna?

Le informazioni risultanti dalla ricerca sono dettagliate. Infatti, si ritrovano tutte le specifiche per può presentare domanda e quali requisiti debbano essere posseduti. Nel dettaglio:

  • i costi ammissibili (costi di personale; materiali, impianti, macchinari, attrezzature, materie prime, di consumo e merci; immateriali,  conoscenze tecniche non brevettate, diritti di brevetto, licenze, marchi; progettazione, studi e consulenze; oneri diversi di gestione e oneri finanziari);
  • la spesa ammissibile con i limiti minimi e massimi.
  • le agevolazioni creditizie concedibili da un minimo a un massimo;
  • la tipologia di soggetto beneficiario;
  • le dimensioni aziendali;
  • i settori di attività;
  • i codici Ateco di attività;
  • Regioni, comuni ed eventuali ambiti territoriali speciali;
  • le altre caratteristiche;
  • il soggetto che gestisce il finanziamento (in questo caso Invitalia);
  • la normativa di riferimento.

 

Dichiarazione aiuti di Stato: istruzioni e termini. Il 30 giugno è definitivo?

Con provvedimento del 27 aprile 2022 l’Agenzia delle Entrate ha reso note le modalità operative attraverso le quali le imprese che hanno ricevuto aiuti di Stato devono provvedere a darne comunicazione. Il termine previsto è il 30 giugno, ma vedremo a breve che sono molti a richiedere il posticipo.

Chi deve inviare la dichiarazione aiuti di Stato?

In base alla normativa devono presentare l’autodichiarazione sostitutiva aiuti di Stato tutti coloro che hanno ricevuto sostegni economici previsti per l’emergenza Covid 19 ai sensi dell’articolo 1 del decreto legge 41 del 2021. Sono invece esonerati coloro che hanno ricevuto misure ascrivibili alla sezione 3.1 e 3.12 del Temporary Framework, trattasi di aiuti di tipo locale.

Per conoscere i nuovi limiti c’è la guida: Aiuti di Stato e pandemia: l’Unione Europea ammette deroghe

Non devono presentare la dichiarazione i soggetti che nel presentare l’istanza per ricevere tali aiuti hanno già dichiarato gli aiuti ricevuti e di non superare i limiti previsti dalla normativa.

Sono sempre tenuti a presentare l’autodichiarazione aiuti di Stato coloro che:

  • hanno fruito degli aiuti IMU senza aver compilato la dichiarazione sostitutiva;
  • se risultano superati i limiti e di conseguenza devono essere rimborsate le eccedenze;
  • coloro che hanno hanno fatto ricadere le risorse in parte nella misura 3.1 e in parte nella misura 3.12.

Come effettuare la dichiarazione aiuti di Stato

La dichiarazione aiuti di Stato deve essere effettuata entro il 30 giugno 2022. La normativa prevede che la stessa possa essere effettuata solo telematicamente ( via web utilizzando le credenziali rilasciate dall’Agenzia delle Entrate oppure attraverso i canali telematici). Deve essere utilizzato il modello messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

Per scaricare il modello per la dichiarazione degli aiuti di Stato e le istruzioni, c’è la pagina dedicata dell’Agenzia delle Entrate

Al termine della procedura c’è il rilascio di una certificazione che attesta l’avvenuta presa in carico, o lo scarto della dichiarazione. Questo avviene quando nella compilazione vi sono errori materiali. Le dichiarazioni sostitutive oggetto di scarto  vanno nuovamente compilate, prestando maggiore attenzione. Ricordiamo che sono comunque previsti controlli sugli aiuti di Stato ricevuti.

Chi, compilando la dichiarazione si accorge di avere superato i limiti previsti dal temporary framework, deve indicare nella dichiarazione sostitutiva se intende restituire le eccedenze e le modalità con le quali vuole procedere, ad esempio sottraendoli da aiuti approvati e non ancora ricevuti.

I commercialisti chiedono la proroga dei termini previsti per l’invio della comunicazione

Per i soggetti che devono presentare l’autodichiarazione sostitutiva degli Aiuti di Stato potrebbero però presto esservi delle novità.

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili in un comunicato stampa del 1° giugno 2022 ha sottolineato che urge la necessità di posticipare il termine per la presentazione della dichiarazione. Tale necessità emerge perché nel mese di giugno si sovrappongono diverse scadenze importanti e di conseguenza diventa difficile riuscire a rispettare anche questo termine.

Tra le scadenze che i professionisti devono rispettare vi sono quelle relative ad Irap, Imu, siamo inoltre nel pieno della stagione della dichiarazione dei redditi, di conseguenza diventa impossibile espletare anche questa incombenza con la dovuta diligenza professionale richiesta. Il termine richiesto per il differimento è fino al 31 ottobre 2022. L’invio del comunicato ha avuto come destinatari anche il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, al Ministro dell’Economia Daniele Franco e al Ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti. Non è dato sapere in questo momento quale risposta sarà data, ma è molto probabile che si saprà di più nei prossimi giorni.

Auto dichiarazione aiuti di Stato la guida all’adempimento

Sia le attività che i professionisti saranno chiamati ad un altro adempimento che rischia di creare confusione e di far perdere tempo a questi soggetti. Parliamo della dichiarazione sostitutiva o l’auto dichiarazione che dir si voglia, sugli aiuti di Stato ricevuti. L’obbligo di trasparenza che qualsiasi bonus o altro fondo pubblico destinato agli italiani, ha portato alla nascita di questo ennesimo adempimento. Un provvedimento che è stato più volte ritoccato, modificato è posticipato. Adesso però la dichiarazione sugli aiuti di Stato Andrea prodotta entro il 30 giugno. Ed è un vero e proprio obbligo che prevede,per gli inadempienti, sanzioni pesanti.

L’auto dichiarazione e perché va prodotta entro i termini prefissati

Il prossimo 30 giugno 2022 scade il termine per la dichiarazione relativa agli aiuti di Stato come previsto dal decreto numero 41 del 2022. Tramite questa auto dichiarazione il contribuente dichiarerà che ha ricevuto aiuti di Stato in linea con i massimali previsti. E li elencherà uno per uno con molte notizie aggiuntive da inserire.  I contribuenti adesso saranno chiamati a ricordare tutti gli aiuti di Stato che hanno percepito nel corso degli ultimi due anni quelli interessati dalla pandemia.Si tratta di una dichiarazione che quindi, serve per verificare se i contribuenti che hanno ricevuto questi aiuti, non abbiano sforato i massimali previsti dalla normativa vigente. Andranno indicati quindi i dati relativi a questi aiuti per il periodo che va dal primo marzo 2020 al 30 giugno 2022. Proprio questo 30 giugno è la data di scadenza dell’ adempimento. Una curiosità questa abbastanza fastidiosa.

Alcune inevitabili polemiche sulla auto dichiarazione

Senza considerare il troppo elevato Arco temporale che sarà oggetto della dichiarazione, altre critiche al provvedimento nascono dal fatto che, anche gli aiuti di Stato finiscono nelle dichiarazioni dei redditi. Per questo molti si chiedono il perché dell’aggiunta di un altro adempimento per i contribuenti che hanno già provveduto a comunicare all’Agenzia delle Entrate questi dati. Inoltre c’è chi non capisce il perché la dichiarazione devo prevedere anche gli aiuti di Stato ottenuti fino all’ultimo giorno utile per consegnare la ricreazione. Una difficoltà ulteriore questa.

Soggetti che devono adempiere alla pubblicazione

Ricapitolando tutti i soggetti che hanno ricevuto aiuti di Stato durante la pandemia, a prescindere dalla forma dell’aiuto sono tenuti alla auto dichiarazione. Rientrano quindi tutte le elargizioni che lo stato ha fatto nei confronti di imprese professionisti. Questo a prescindere che lo Stato, per il tramite della Agenzia delle Entrate, abbia già in possesso questi dati. Anche le imprese assoggettate al bilancio ordinario, oppure quelli che redigono il bilancio in forma abbreviata sono assoggettato l’adempimento quindi ditte anche individuali, società di persone e così via.

Come compilare l’atto notorio

Per ogni aiuto ricevuto occorre adempiere. Infatti gli interessati devono inserire i dati relativi alla tipologia di aiuto, al soggetto che lo ha erogato, la causale dell’aiuto, l’eventuale vantaggio fruito è la data in cui sono stati incassati mi aiuti. In pratica gran parte di quello che i contribuenti hanno indicato nella dichiarazione dei redditi andrà riportato nella auto dichiarazione. Va sottolineato che se la somma di tutti gli aiuti ricevuti non ha superato i 10.000 euro annui si può essere considerati esonerati dalla dichiarazione.

Sanzioni e multe per chi non adempie alla dichiarazione

In caso di mancato adempimento gli interessati saranno assoggettati a pesanti sanzioni infatti la multa minima è pari a 2.000 euro. In linea di massima però,  la sanzione è pari al 1% degli aiuti ricevuti. Dal punto di vista tecnico la procedura non è assolutamente complicata così come la compilazione della dichiarazione da produrre. Infatti essa altro non è che una classica auto dichiarazione o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà con cui il contribuente si assume tutte le responsabilità di ciò che dichiara.

I massimali, il monitoraggio e la trasparenza

Come detto in premessa l’adempimento nasce per una questione di monitoraggio degli aiuti concessi. Il tutto per verificare se le imprese che hanno ricevuto le sovvenzioni, hanno sforato i massimali. Solo a titolo informativo i massimali previsti in questi due anni sono stati:

  • 800.000 euro per gli aiuti ricevuti dal 19 marzo 2020 al 27 gennaio 2021;
  • 1.800.000 euro per gli aiuti ricevuti nel periodo che va dal 28 gennaio 2021 alla data del 31 dicembre 2021 .

Il diretto interessato deve presentare direttamente all’Agenzia delle Entrate, ed in via telematica, la dichiarazione. Occorrerà utilizzare il servizio web disponibile nell’area riservata del sito Internet istituzionale del Fisco italiano.