Mutuo: cosa scegliere tra tasso fisso e variabile dopo le decisioni BCE?

Ci troviamo in un momento economico che costituisce un importante passaggio, dopo 11 anni in cui il tasso di interesse BCE era stato sotto quota 0, ora si prevede a luglio un aumento di +0,25 punti percentuali e a settembre è stato annunciato un nuovo aumento del costo del denaro. In questa situazione quale tasso di interesse sul mutuo è bene scegliere? Ecco alcune riflessioni.

Effetti dell’aumento del costo del denaro deciso da BCE sui tassi del mutuo

L’acquisto di casa non è mai una scelta semplice e tra le variabili da valutare c’è sicuramente la scelta tra il tasso fisso e il tasso variabile. Diciamo la verità: acquistare casa nei mesi passati è stato davvero vantaggioso perché il costo del denaro era basso, il tasso fisso era molto conveniente e si aveva la certezza che durante tutto l’arco del piano di ammortamento la rata sarebbe rimasta immutata. A ciò si è aggiunto un mercato immobiliare stagnante e di conseguenza prezzi non particolarmente proibitivi.

Siamo però in un momento di transizione, i tassi di interesse, fisso e variabile, hanno iniziato la loro crescita già dalla fine del 2021. A dicembre 2021 in media veniva praticato sul tasso fisso un interesse dello 0.6%, al 9 giugno siamo arrivati con aumenti costanti 2,19% su un piano ventennale. Tali aumenti si sono registrati prima dell’intervento della BCE, sebbene gli stessi fossero largamente annunciati, questo implica che nei prossimi mesi molto probabilmente correranno ancora di più.

Il tasso variabile è sicuramente più basso, ma ricordiamo che questo viene costantemente aggiornato in base all’andamento dell’euribor e questo implica che potrebbe essere eccessivamente rischioso in questo periodo scegliere questa soluzione. Nonostante questo, negli ultimi mesi le richieste di mutuo a tasso variabile sono aumentate e rappresentano 1/5 del totale. L’aumento di richieste del tasso variabile è dovuto alla crescita abbastanza veloce del tasso fisso.

Le stime dei prossimi mesi

Mutuionline stima che nei prossimi mesi la forbice tra il tasso di interesse del mutuo a tasso fisso e quello del variabile dovrebbe stringersi proprio in virtù dell’aumento del costo del denaro che sarà attivo a luglio. Questo vuol dire che stipulando ora un contratto a tasso variabile si ha sicuramente una rata più bassa del mutuo a tasso fisso, ma già alla prossima revisione trimestrale è molto probabile che le rate dovrebbero pareggiare, il risparmio effettivo sarebbe quindi solo per i primi mesi.

Fino a quando cresceranno i tassi di interesse?

Fino a quando cresceranno i tassi di interesse non lo possiamo sapere perché molto dipenderà dall’andamento dell’economia. Il nuovo aumento del costo del denaro di settembre dovrebbe essere dello 0,25% o addirittura dello 0,50% e questo porterà sicuramente anche a un nuovo aumento dei tassi di interesse sui mutui.

La stessa BCE ha però reso noto che in questi mesi, cioè da luglio a settembre, ci sarà un’attenta osservazione delle dinamiche inflazionistiche e le scelte di settembre saranno dettate dalla necessità di calmierare i prezzi e quindi raffreddare gli investimenti delle aziende. Ecco perché non ci sarà più immissione di liquidità nel sistema attraverso il quantitative easing. Raffreddare l’economia potrebbe voler dire anche procedere ad aumenti importanti del costo del denaro in modo da limitare gli investimenti.

A questo punto chi ha già scelto di acquistare casa, ed è sicuro di poter fare questo investimento, è meglio che si muova e tenti di farlo il prima possibile. Deve però essere ricordato che le tempistiche in alcuni casi possono essere lunghe, da un’indagine condotta da Facile.it motore di ricerca che si occupa anche di confrontare i tassi di interesse praticati dalle varie banche, emerge che in Trentino Alto Adige, regione più celere, ci vogliono 85 giorni per completare la fase istruttoria, va molto peggio in Calabria dove possono volerci 5 mesi.

Soluzioni per tenere sotto controllo il tasso di interesse del mutuo

In ogni caso ricordiamo che, una volta stipulato il mutuo non si è costretti a mantenere condizioni fuori dal mercato. Questo vuol dire che se oggi stipuliamo un contratto di mutuo con tasso fisso o variabile e nel tempo le condizioni economiche cambiano nuovamente e quindi il costo del denaro diminuisce e con esso il tasso di interesse generalmente applicato ai mutui, si può chiedere la rinegoziazione del mutuo presso la stessa banca. Se questa non accetta di rinegoziare le condizioni, si può invece optare per la surroga, cioè il passaggio del mutuo presso un’altra banca. Si tratta di un’operazione gratuita e che, soprattutto, non può essere negata. Con la surroga si può avere una riduzione del tasso di interesse fisso, un passaggio dal tasso fisso al variabile e viceversa.

Una possibile alternativa è invece la scelta del mutuo a tasso variabile con cap, per conoscere i dettagli, leggi l’articolo: Mutuo a tasso variabile con tetto, cap. Perché sceglierlo oggi?

Infine, deve essere ricordato che in caso di mutuo per l’acquisto della prima casa vi sono delle agevolazioni fiscali, tra cui la possibilità di portare in detrazione gli interessi pagati alla banca pari al 19% degli interessi passivi e oneri.

Modello 730 precompilato: al via la modifica dal 31 maggio

Dal 23 maggio i contribuenti potranno visualizzare il modello 730 precompilato, ma le modifiche saranno possibili solo dal 31 maggio, questa la nuova comunicazione dell’Agenzia delle Entrate.

Modello 730 precompilato: i dati contenuti

Il modello 730 precompilato per i contribuenti rappresenta un aiuto notevole, infatti in esso conflusicono diversi dati inviati da vari interlocutori, ad esempio il datore di lavoro trasmette all’Agenzia delle Entrate i CU di tutti i dipendenti e i dati confluiscono nel modello 730 precompilato. Confluiscono nella dichiarazione precompilata anche i dati inerenti le spese mediche e sanitarie sostenute, questo attraverso la fatturazione elettronica e i pagamenti tracciabili per le spese sostenute presso farmacie, strutture sanitarie pubbliche, strutture sanitarie private in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale e attraverso i dati inviati dai professionisti. Per questa tipologia di spese, come risaputo, è possibile ottenere benefici fiscali, come le deduzioni e le detrazioni, consentono quindi di ridurre l’imposta da pagare.

Il sistema dei pagamenti tracciabili e della fatturazione elettronica ha reso sicuramente più efficace il sistema, infatti il contribuente potrà trovare anche l’indicazione di tutte le spese detraibili i cui pagamenti sono stati effettuati seguendo le norme, tra cui spese per assicurazioni, tassi di interesse sui mutui, spese universitarie, bonus musica, detrazioni per spese veterinarie.

Dal 31 maggio è possibile modificare i dati del 730 precompilato

Una volta resa disponibile per il contribuente il modello 730 pre-compilato può essere confermato oppure si può procedere alla modifica dei dati o l’inserimento di nuovi dati. Come però anticipato mentre la visualizzazione del 730 pre-compilato è disponibile dal 23 maggio, l’opzione per la modifica dei dati sarà disponibile dal solo dal 31 maggio, sarà quindi necessario attendere una settimana in più. Ricordiamo che il contribuente può comunque avvalersi della consulenza di CAF (centri di Assistenza Fiscale) o di professionisti ( commercialisti) per la gestione della propria dichiarazione dei redditi in particolare nel caso in cui dovessero esservi mutazioni rispetto alla composizione del nucleo familiare, in presenta di investimenti finanziari o di altra natura.

Inoltre nella dichiarazione 730 è possibile avvalersi delle schede per la destinazione dell’8 per mille, 5 per mille e 2 per mille.

Come accedere al modello 730 precompilato?

Per accedere al proprio modello 730 precompilato è necessario andare alla pagina https://infoprecompilata.agenziaentrate.gov.it/portale/ e identificarsi con SPID, CIE o CNS. Ricordiamo che è possibile farlo dal 23 maggio 2022. Inoltre coloro che accettano senza modifiche il modello 730 precompilato non sono tenuti alla conservazione dei documenti comprovanti le spese effettuate perché il 730 è già basato esclusivamente su documenti detenuti dall’Agenzia delle Entrate e non è sottoposto a controlli e verifiche successive.

Nuovo bonus Irpef 2022, quando spetta il trattamento integrativo per redditi da lavoro?

Quando spetta il trattamento integrativo nella nuova Irpef del 2022? Si tratta di un’integrazione di reddito, introdotto dal decreto legge numero 3 del 2020, meglio conosciuto come bonus 100 euro o bonus Irpef. La nuova soglia di reddito prevista per il 2020 riguarda i redditi prodotti fino a 15 mila euro. La misura deriva dal vecchio bonus 100 euro che era riconosciuto ai lavoratori in rapporto al numero dei giorni di lavoro. La condizione essenziale era rappresentata dall’ammontare complessivo del reddito che non poteva superare i 28 mila euro. Inoltre i lavoratori, per ottenere il bonus Irpef, dovevano avere una detrazione spettante per il lavoro alle dipendenze inferiore all’imposta lorda.

Trattamento integrativo Irpef, nel 2022 spetta per redditi entro i 15 mila euro

La situazione può essere rappresentata da un lavoratore dipendente a tempo indeterminato che, nel 2022, presume di ottenere un reddito complessivo non eccedente i 15 mila euro. Il contribuente lavora per tutto l’anno e non ha carichi di famiglia. In tal caso, essendo il reddito complessivo al di sotto dei 15 mila euro, il lavoratore avrà diritto al trattamento integrativo nella totalità. Infatti, la legge di Bilancio 2022 ha ridotto il tetto per ottenere il trattamento integrativo da 28 mila euro a 15 mila euro. Al di sopra di questa soglia, il trattamento può spettare ma solo in presenza di determinate condizioni. In ogni caso, il limite massimo è pari a 28 mila euro.

Quanto spetta di bonus Irpef per redditi fino a 15 mila euro all’anno?

Conti alla mano, la legge di Bilancio 2022 ammette, dunque, al trattamento integrativo i redditi annuali entro i 15 mila euro. Entro questo tetto di reddito spetta un bonus integrativo pari a 1.200 euro. È necessario che vi sia anche la capienza dell’imposta lorda derivante dal reddito da lavoro alle dipendenze in confronto alle detrazioni da lavoro alle dipendenze. Ciò deriva da quanto prevede il comma 1 dell’articolo 13 del Testo unico sulle imposte sui redditi (Tuir).

Come determinare l’imposta lorda ai fini del bonus Irpef?

Ammettendo che il lavoratore abbia un contratto a tempo indeterminato per 365 giorni all’anno e un reddito pari a 15 mila euro, l’imposta lorda si determina applicando il 23% al reddito lordo. Dunque, il risultato è pari a 3.450 euro. Ammettendo che il totale delle detrazioni sia pari a 1.900 euro, l’imposta netta sarà corrispondente alla differenza tra l’imposta lorda e il totale delle detrazioni. Dunque il risultato è pari a 1.550 euro. Affinché possa esserci il trattamento integrativo Irpef è necessario che la capienza risulti rispettata. Essendo l’imposta lorda superiore al totale detrazioni, al lavoratore spetterà il bonus Irpef per intero. Ovvero per 1.200 euro, costituiti da 100 euro per dodici mensilità all’anno.

Quale bonus Irpef spetta per redditi da lavoro da 15 mila euro a 28 mila euro?

Il bonus Irpef può spettare anche ai redditi da lavoro eccedenti la soglia dei 15 mila euro e non oltre i 28 mila euro. Ma devono verificarsi determinate condizioni:

  • innanzitutto che vi sia la capienza dell’imposta lorda derivante dal reddito da lavoro alle dipendenze in confronto alle detrazioni da lavoro alle dipendenze;
  • che la somma delle detrazioni per i carichi di famiglia; per il lavoro svolto alle dipendenze e assimilati; per gli interessi passivi sul mutuo contratto entro il 2021; sugli interessi passivi sui prestiti; sulle rate inerenti spese sanitarie effettuate entro il 31 dicembre 2021 o lavori di recupero del patrimonio edilizio o di riqualificazione energetica degli immobili e le detrazioni riguardanti altre norme siano di importo eccedente rispetto all’imposta lorda.

Redditi sopra i 28 mila euro, cosa succede?

Per poter beneficiare del bonus Irpef è necessario che si verifichino 3 condizioni:

  • la prima riguarda il reddito prodotto che deve essere da lavoro alle dipendenze o assimilato;
  • la seconda condizione riguarda la sussistenza dell’imposta a debito al netto delle detrazioni da lavoro;
  • l’ultima condizione è il reddito complessivo, che non deve eccedere i 28 mila euro.

Proprio in merito all’ultima condizione è necessario dunque che per il 2022 il contribuente abbia un reddito da lavoro non eccedente i 28 mila euro.

Cosa può fare il lavoratore che non prende il bonus 100 euro perché ha superato i 28 mila euro di reddito?

Se il lavoratore supera, come reddito da lavoro, il tetto dei 28 mila euro, può percepire, al posto del bonus 100 euro, l’ulteriore detrazione (Ud). Infatti, per redditi da lavoro tra i 28 mila euro e i 40 mila euro si applica l’ulteriore detrazione prevista dal comma 2, dell’articolo 1, del decreto legge numero 3 del 2020. Anche in questo caso, l’imposta lorda deve essere capiente. Tale detrazione ulteriore è stata prorogata al periodo di imposta del 2021.

Come viene versato al lavoratore il bonus Irpef in busta paga?

Nel caso in cui il lavoratore ne abbia diritto, il bonus Irpef deve essere versato dal sostituto di imposta. Il bonus Irpef è pertanto riconosciuto e pagato senza che il lavoratore ne faccia domanda. Il lavoratore, in ogni modo, può anche espressamente decidere (e dunque comunicare) al datore di lavoro di non volersi avvalere del bonus Irpef. L’ammontare del bonus Irpef deve essere ripartito sulle mensilità. La prima mensilità oggetto di versamento è stata quella a partire dal 1° gennaio 2022. In sede di conguaglio, spetta al datore di lavoro che agisce come sostituto d’imposta verificare che al lavoratore spettasse il bonus Irpef, e l’eventuale incapienza o capienza rispetto alle detrazioni spettanti. Il definitivo conguaglio va fatto quando si presenta la dichiarazione dei redditi.

Come va trattato il bonus Irpef in sede di dichiarazione dei redditi?

In sede di dichiarazione dei redditi, l’importo del bonus Irpef deve essere indicato nella certificazione unica dei redditi da lavoro dipendente ed assimilato. Nel caso in cui la remunerazione sia versata al lavoratore da un soggetto che non rappresenta il sostituto di imposta, il contribuente che ha diritto al bonus Irpef può chiedere che il totale del trattamento sia versato in sede di dichiarazione dei redditi inerente l’anno in corso.

 

Detrazioni per spese universitarie e tetti per università private 2022

Nella dichiarazione dei redditi 2022 possono essere fatte valere le detrazioni per spese universitarie. Vedremo ora, quali spese sono ammesse, la percentuale della detrazione e il tetto massimo previsto per le università private e telematiche.

Detrazione per spese universitarie: quali sono ammesse?

Sappiamo tutti che i costi per mantenere i figli agli studi universitari e post universitari sono notevoli e per aiutare le famiglie arrivano in soccorso le detrazioni per le spese universitarie. In primo luogo è necessario capire cosa può essere portato in detrazione.

Si possono portare in detrazione tasse per iscrizione a :

  • corsi universitari;
  • corsi di specializzazione universitaria;
  • corsi di perfezionamento;
  • master universitari;
  • dottorato di ricerca;
  • sopratasse per esami di profitto e di laurea;
  • Corsi istituiti dopo il DPR 212/2005 presso i Conservatori di Musica e gli Istituti Musicali Pareggiati;
  • TFA.

Deve essere inoltre ricordato che oltre alle tasse per l’iscrizione ai vari corsi è possibile portare in detrazione anche le spese sostenute per l’iscrizione ai test di accesso ai corsi di laurea e canoni di locazione per studenti fuori sede, con un ammontare massimo di spese di 2.633 euro e una detrazione al 19%.

I tetti massimi per le detrazioni per spese universitarie presso università private e telematiche

Per le spese ora viste è possibile ottenere una detrazione al 19%, ma nel caso in cui l’iscrizione sia ad università ed istituti statali non vi sono tetti massimi di spesa da portare un detrazione, mentre per gli istituti privati e per le università telematiche vi sono dei tetti di spesa.

La soglia di spesa varia in base all’area disciplinare e all’ubicazione dell’università privata. Vedremo ora quali sono i tetti massimi di importi per i quali è possibile fruire della detrazione del 19% per iscriversi a università private.

Area disciplinare Nord Centro Sud e Isole
Medica 3.900 € 3.100 € 2.900 €
Sanitaria 3.900 € 2.900 € 2.700 €
Scientifico- tecnologica 3.700 € 2.900€ 2.600 €
Umanistico-sociale 3.200 € 2.800 € 2.500 €

A queste somme deve essere aggiunto l’importo per la tassa regionale per il diritto allo studio prevista dall’articolo 3 legge 549 del 28 dicembre 1995.

Spesa massima in detrazione per dottorato e master

Il tetto massimo di spesa varia per l’iscrizione a corsi di dottorato, specializzazione e master di primo e secondo livello.

In questo caso non rileva l’area disciplinare dei corsi seguiti, ma il tetto massimo sul quale è possibile beneficiare della detrazione varia comunque per area geografica, sempre nel caso in cui si frequenti un università telematica oppure privata.

La spesa massima detraibile è:

  • 3.900 € per università che si trovano al Nord;
  • 3.100 € se la sede è al Centro Italia;
  • 2.900 € per il Sud e le Isole.

Ulteriori approfondimenti sulle detrazioni

Per conoscere le altre detrazioni leggi:

Detrazione spese assicurazione: quali polizze danno vantaggi fiscali?

Detrazione spese veterinarie 2022: aumentano gli importi

Bonus Musica: come avvalersi della detrazione nella dichiarazione 2022

Detrazione mascherine: le modalità operative indicate dal MEF

Detrazione spese funebri per quali oneri spetta?

Detrazione mensa scolastica: quali documenti sono necessari?

Detrazioni spese sanitarie: cosa succede se l’Irpef è incapiente?

Detrazioni per spese mediche: quali sono e casi particolari

Detrazioni canoni di affitto: le agevolazioni per studenti, lavoratori, famiglie

Assegno Unico e detrazione per spese mediche e sanitarie sono compatibili?

Detrazioni spese sanitarie: cosa succede se l’Irpef dovuta è incapiente?

Le spese sanitarie rappresentano per le famiglie un esborso piuttosto importante. Proprio per questo la legge ha stabilito la possibilità di portare le stesse in detrazione e in alcuni casi, cioè quando affrontate in favore di persone disabili, si può ottenere la deduzione, cioè la sottrazione delle spese dalla base imponibile. Cosa succede però se la quota Irpef non copre tutte le detrazioni a cui si avrebbe diritto? Questa la domanda a cui si cercherà di rispondere.

Irpef incapiente rispetto alle detrazioni spettanti per spese sanitarie

Facciamo il caso di una famiglia che abbia in un anno particolari costi relativi a spese mediche, ad esempio ha più figli e gli stessi devono applicare l’apparecchio ortodontico, questo potrebbe rappresentare una spesa importante. Ipotizziamo che un membro della stessa famiglia  debba portare le lenti a contatto, anche questa spesa può essere portata in detrazione. L’ammontare totale delle spese è molto alto, ma in effetti l’Irpef dovuta è più bassa. In questo caso cosa succede? La normativa parla chiaro: le detrazioni a cui si avrebbe diritto sono perse.

Ricordiamo che la detrazione viene applicata dopo aver calcolato l’imposta dovuta e ad essa si sottrae l’ammontare delle detrazioni maturale ( le stesse non sono solo quelle riconosciute per le spese mediche e sanitarie, ma anche quelle per le eventuali ristrutturazioni, spese per assicurazioni, fondi pensione…), proprio per questo motivo l’Irpef dovuta potrebbe essere incapiente.

Ricordiamo anche che la detrazione è pari al 19% della spesa sanitaria sostenuta, con franchigia di 129,11 euro. Solo in alcuni casi è possibile portare in detrazione la spesa al 100%

Come l’Agenzia delle Entrate ha precisato nelle sue guide: “Le detrazioni possono essere fruite solo se le spese restano effettivamente a carico di chi le ha sostenute e nel limite dell’imposta lorda annua. L’eventuale eccedenza non può essere chiesta a rimborso né utilizzata nel periodo d’imposta successivo .

Detrazione per spese mediche e sanitarie sostenute da familiari non a carico.

In alcuni casi è possibile portare in detrazione anche le spese sostenute per persone che non sono fiscalmente a carico, sebbene in questo caso è presente un ulteriore limite, cioè 6.197,48 euro. Ricordiamo che non sono fiscalmente a carico i soggetti che nell’arco di un anno percepiscono redditi superiori a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibil, tale limite sale a 4.000 euro per i figli di età non superiore a 24 anni.

In questo caso la spesa può essere portata in detrazione solo per la parte di spesa che non ha avuto capienza nell’Irpef del soggetto affetto dalla patologia. Se il contribuente non fiscalmente a carico e affetto da patologia non è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi, la detrazione può essere fruita per intero dal familiare che ha sostenuto le spese mediche. Per poter ottenere la detrazione è necessario presentare anche l’autocertificazione della persona affetta dalla patologia che attesta di non essere tenuta a presentare la dichiarazione dei redditi.

Rateizzazione delle detrazioni Irpef

Vi è, infine, un unico caso in cui è possibile usufruire della rateizzazione degli importi  in caso di Irpef incapiente dell’anno di riferimento in cui le spese sono state sostenute. Se l’ammontare complessivo delle spese sanitarie e mediche per l’anno di riferimento è superiore a 15.493,71 euro, al lordo della franchigia di 129,11 euro si può ottenere la ripartizione delle detrazioni in 4 quote annuali di pari importo. L’opzione deve essere esercitata la momento della presentazione della dichiarazione ed è irrevocabile.

Riepiloghiamo quanto detto fin qui su Detrazioni e deduzioni Irpef

Deduzioni per spese mediche e sanitarie: quali sono e quando si possono ottenere

Detrazioni per spese mediche: quali sono e casi particolari

Assegno Unico e detrazioni per spese mediche e sanitarie sono compatibili?

Detrazioni spese assicurazione: quali polizze danno vantaggi fiscali?

 

 

Assegno unico e detrazioni per spese mediche e sanitarie sono compatibili?

L’introduzione dell’Assegno Unico per i figli a carico ha portato numerose novità in Italia per quanto riguarda il complessivo sistema delle imposte. Molti si chiedono: se percepisco l’assegno unico per i figli a carico, possono usufruire delle detrazioni per spese mediche e sanitarie sostenute per loro?

Assegno Unico e detrazioni per spese mediche e sanitarie

L’Assegno Unico fa venire meno tutta una serie di misure del welfare, ad esempio gli Assegni Per il Nucleo Familiare, il bonus nascita e la detrazione per figli a carico ex articolo 12, comma 1 lettera C del TUIR. Proprio per questo molte persone si sono chieste se vengono meno anche le detrazioni per le spese sostenute in favore dei figli.

Il chiarimento è arrivato attraverso il decreto Sostegni Ter che va a completare il coordinamento tra il decreto legislativo 230 del 2021 e istitutivo dell’Assegno Unico e il TUIR. Il Sostegni Ter  introduce il comma 4 bis nell’articolo 12 del TUIR che stabilisce che ai fini delle detrazioni fiscali diverse da quelle previste in modo specifico per i figli a carico, non rileva la percezione o meno dell’Assegno Unico. Questo implica che tutte le detrazioni fiscali diverse rispetto a quelle previste dall’articolo 12, comma 1 lettera C del TUIR continuano ad essere valide indipendentemente dal fatto che si percepisca o meno l’Assegno Unico (detrazione di 950 per ciascun figlio a carico, aumentato a 1.220 per figli di età inferiore a 3 anni…).

Detrazioni per spese mediche e Assegno Unico sono compatibili

Siccome la detrazione per le spese mediche e sanitarie del 19%, con franchigia di 129,11 euro, è diversa rispetto alle detrazioni per i figli a carico prevista dall’articolo 12, comma 1 lettera C del Tuir, si evince da questo chiarimento contenuto nel decreto Sostegni Ter che in sede di dichiarazione dei redditi ( i termini sono aperti da maggio) è possibile allegare le fatture, le ricevute e gli scontrini parlanti attestanti le spese mediche sostenute per tutti i familiari a carico, compresi i figli che percepiscono l’Assegno Unico. Si potrà così ottenere un risparmio di imposta notevole.

Per approfondimenti sulle detrazioni per spese mediche e sanitarie leggi l’articolo: Detrazioni per spese mediche: quali sono e casi particolari

Deduzioni per spese mediche: quali sono e quando si possono ottenere

Deduzioni per spese mediche e sanitarie: quali sono e quando si possono ottenere

Nel precedente approfondimento abbiamo parlato delle detrazioni per spese mediche e sanitarie, parleremo ora delle deduzioni per spese mediche e sanitarie. Si tratta comunque di casi residui.

Cosa sono le deduzioni e come funzionano?

La deduzione consente di sottrarre dal reddito imponibile determinate somme, andando a ridurre la base imponibile, l’imposta sul reddito da versare (Irpef) si riduce, spesso anche in modo notevole. La differenza tra le detrazioni viste in precedenza e le deduzioni è data anche dal fatto che le detrazioni vanno ad agire sull’imposta, ma viene considerata solo una percentuale, cioè il 19% e vi è una franchigia. Con le deduzioni è come se la relativa quota di reddito non sia mai stata maturata quindi non dà luogo a tassazione, si tratta quindi di un regime maggiormente favorevole.

Chi ha diritto alle deduzioni per spese mediche e sanitarie.

Ritornando alle deduzioni, le stesse si applicano alle spese mediche e sanitarie affrontate dalle persone con disabilità. La normativa stabilisce che può usufruirne chi ha ottenuto il riconoscimento di invalidità previsto dalla legge 104 del 1992.

Affinché si possano portare in deduzione le spese mediche e sanitarie è necessario che ci sia il riconoscimento ai sensi del comma 1 dell’articolo 3 della legge 104 del 1992, non occorre invece che si verifichi l’ipotesi del comma 3 dello stesso articolo. In particolare il comma 1 riconosce l’invalidità nei casi di “minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.Il comma 3 invece si occupa di persone con handicap di grave entità e che a causa dello stesso ha bisogno di un intervento assistenziale permanente. Si ricava quindi che basta il riconoscimento dell’handicap di grave entità, ma non occorre che la persona sia in condizione di aver bisogno di assistenza continua.

Per gli invalidi civili è necessario invece che l’invalidità sia grave e permanente.

Possono essere portate in deduzione anche le spese sostenute per le persone decedute, in questo caso la deduzione spetta agli eredi che le hanno affrontate. Ad esempio può capitare che una persona muoia ma che vi siano spese sanitarie pendenti affrontate dagli eredi, in questo caso gli stessi possono portarle in deduzione per la quota da ciascuno sostenuta.

Quali sono le spese mediche che possono essere portate in deduzione?

Le spese mediche e sanitarie deducibili sono:

  • spese mediche generiche come medicinali, anche in questo caso può trattarsi di medicinali da banco) e spese sostenute per visite mediche generiche;
  • spese di assistenza specialistiche, vi rientrano spese per il personale infermieristico, spese assistenza riabilitativa effettuata da personale paramedico, prestazioni rese da personale con qualifica professionale di addetto all’assistenza di base o di operatore tecnico assistenziale e infine prestazioni di personale coordinamento delle attività assistenziali di nucleo, dal personale con la qualifica di educatore professionale, dal personale qualificato addetto ad attività di animazione e di terapia occupazionale .

Affinché si possano dedurre tali spese non è necessario che ci sia la prescrizione medica, ma dal documento di spesa si deve evincere la qualifica professionale del soggetto che presta il servizio e la tipologia di prestazione eseguita.

Rientrano tra le spese deducibili solo se prescritte dal medico la ippoterapia e la musicoterapia.

Spese mediche e sanitarie non deducibili

Non possono essere portate in deduzione le spese mediche e sanitarie per:

  • prestazioni del pedagogista in quanto non riconosciuta come professione medica;
  • le spese mediche specialistiche, ad esempio analisi diagnostiche, per le stesse si può però usufruire delle detrazioni (rimandiamo all’approfondimento sulle detrazioni);
  • le spese per gli alimenti a fini medici speciali, inseriti nella sezione A1 del Registro nazionale di cui all’art. 7 del decreto del Ministero della sanità dell’8 giugno 2001;
  • le spese affrontate in favore di cooperative per il sostegno all’apprendimento.

In caso di ricovero presso una struttura di assistenza per il disabile, non è possibile portare in deduzione l’importo della retta, ma solo la parte riguardante le spese mediche generiche e specialistiche, anche determinate in modo forfettario in base alla normativa regionale. Per beneficiare di questa deduzione è necessario che la struttura che mette a disposizione il servizio di assistenza nella fattura indichi separatamente le spese di retta e quelle deducibili.

Come avvalersi delle deduzioni per spese mediche e sanitarie

Le spese mediche e di assistenza specifica che abbiamo visto sono interamente deducibili. Devono essere portate in deduzione dal soggetto che le ha sostenute. Di conseguenza sono deducibili anche se sostenute dai familiari del disabile come il coniuge, genitori, figli, anche adottivi, generi, nuore, suoceri e suocere, fratelli, sorelle, nonni e nonne. La deduzione spetta anche se il familiare in favore del quale sono sostenute le spese non è fiscalmente a carico.

Naturalmente per potersi avvalere delle deduzioni è necessario avere lo scontrino parlante ( per i farmaci) la ricevuta o la fattura per le prestazioni mediche. Nel caso in cui le spese siano deducibili solo se prescritte dal medico, occorre anche provare tale prescrizione.

Ricordiamo che le spese che abbiamo visto possono essere portate in detrazione o in deduzione attraverso la dichiarazione dei redditi, questa può essere presentata dal mese di maggio e può generare dei rimborsi Irperf. Per maggiori informazioni: Quando viene pagato il rimborso Irpef 2022? Novità

Per la disamina completa delle detrazioni per spese mediche e sanitarie, leggi la guida: Detrazioni per spese mediche: quali sono e casi particolari

Ulteriori approfondimenti:

Legge 104: le novità e agevolazioni previste nella legge di bilancio 2022

Acquisti agevolati per invalidi con legge 104: quali sono e a chi spettano

Patologie legge 104 del 1992: quali sono riconosciute?

 

Quando viene pagato il rimborso IRPEF 2022? Novità

La maggior parte del lavoratori in questi giorni ha ricevuto la Certificazione Unica 2022, questa è alla base della successiva dichiarazione dei redditi che potrà essere presentata dal mese di maggio. Dopo aver presentato la dichiarazione dei redditi si potrà ricevere anche il rimborso Irpef, ma quando sarà versato il rimborso Irpef 2022?

Dalla Certificazione Unica al rimborso Irpef 2022

La Certificazione Unica viene rilasciata dal datore di lavoro, nel caso in cui nel corso dell’anno siano intercorsi rapporti di lavoro con più soggetti, ognuno di essi è tenuto a consegnare la Certificazione Unica entro il mese di marzo. I pensionati possono invece scaricare la certificazione dal sito INPS accedendo attraverso l’uso di SPID, CIE o CNS. I dipendenti pubblici possono scaricarla sul sito NoiPA, mentre chi riceve importi imponibili dall’INAIL potrà scaricare la CU direttamente dal sito INAIL.

Sappiamo che il datore di lavoro, l’ INPS e i vari enti che erogano stipendi e pensioni sono sostituti di imposta, cioè versano le imposte al posto del soggetto passivo dell’imposta. Può però capitare che tali somme siano eccessive rispetto a quanto dovuto e questo perché sono state sostenute delle spese da portare in detrazione, in altri casi invece può capitare che il sostituto di imposta abbia versato meno di quanto effettivamente dovuto dal soggetto, ad esempio perché ha altri redditi e cumulandoli scatta un’aliquota diversa. Questi naturalmente sono solo alcuni dei casi che possono verificarsi. Al verificarsi di questi è bene presentare la dichiarazione dei redditi o 730. I termini previsti sono il 30 settembre 2022. La scadenza è il 25 ottobre 2022 per la correzione di eventuali errori nel 730 ordinario con necessità quindi di avere il 730 integrativo.

Naturalmente solo dopo aver presentato la dichiarazione dei redditi 2022 sarà possibile ottenere il rimborso Irpef 2022.

Quando si riceve il rimborso Irpef 2022?

Si è detto che la presentazione del 730 o della dichiarazione dei redditi può avvenire dal mese di maggio 2022, in questo caso si potrà ricevere il rimborso Irpef già dal mese di luglio 2022. Per i lavoratori deve essere individuato anche il datore di lavoro sostituto che dovrà provvedere a versare il rimborso Irpef, naturalmente tali somme saranno comunque recuperate anche dal datore di lavoro. Per i pensionati, l’Inps, o altro ente pensionistico che ha agito in qualità di sostituto di imposta, provvederà ad accreditare le somme nella prima mensilità utile partendo sempre dal mese di luglio 2022. Chi invece attenderà l’ultimo momento per presentare il modello 730, potrà ricevere il rimborso a partire dal mese di ottobre 2022.

Detrazioni Irpef

Ricordiamo quali sono le spese principali che possono essere portate in detrazione. La detrazione viene applicata solo dopo aver calcolato l’ipotetica imposta dovuta e sottratta da tale importo. In primo luogo ci sono le spese mediche e tra le spese per dispositivi medici, ricordiamo che rientrano anche quelle sostenute per l’acquisto di mascherine FFP2 e FFp3. Per avere maggiori informazioni su come portare in detrazione i costi per le mascherine, leggi l’approfondimento: Detrazione mascherine: le modalità operative indicate dal MEF.

Sono inoltre detraibili:

  • spese di assicurazione (non obbligatoria);
  • spese per gli interessi passivi dei mutui;
  • affitto;
  • spese veterinarie;
  • istruzione (spese universitarie e non);
  • iscrizione palestra e altre attività sportive;
  • spese funebri;
  • spese per lavori edili (sismabonus, bonus facciate, ristrutturazione, superbonus 110%…);
  • erogazioni liberali (donazioni a enti del terzo settore);
  • spese di intermediazione immobiliare.

Deduzioni Irpef 2022

Sono diverse dalle detrazioni le deduzioni, infatti le deduzioni devono essere sottratte dal reddito imponibile e quindi vanno a ridurre la base imponibile su cui è calcolata l’imposta dando comunque origine a un importante risparmio. Le spese deducibili sono:

  • spese contributive e oneri previdenziali;
  • contributi versati a forme pensionistiche individuali e complementari;
  • assegno di mantenimento corrisposto all’ex coniuge (deve dichiararli l’ex coniuge e vengono eventualmente tassati a quest’ultimo);
  • contributi e oneri previdenziali versati per i collaboratori domestici;
  • contributi ed erogazioni liberali in favore di enti religiosi;
  • erogazioni in favore di ONG riconosciute;
  • spese mediche per assistenza disabili;
  • erogazioni liberali per associazioni enti che perseguono finalità benefiche, culturali, scientifiche.
  • contributi versati ai fondi integrativi del SSN;

Nell’arco delle deduzioni si comprendono quindi soldi che effettivamente non sono nella disponibilità del soggetto.

Naturalmente la lista di detrazioni e deduzioni ogni anno può essere rivista, proprio per questo è bene fin da ora raccogliere fatture e scontrini da portare al proprio Centro di Assistenza Fiscale o commercialista al fine di controllare quali possono essere portate in deduzione o in detrazione.

Online il sito per l’Assegno Unico: le FAQ più importanti e casistiche

“Crescere un figlio è la sfida più bella, noi la sosteniamo” l’INPS annuncia in questo modo che è online il sito per l’Assegno Unico e Universale. Si tratta di un portale gestito dall’INPS dedicato in modo totale a questa importante misura che cambia il welfare italiano.

L’INPS annuncia: è online il sito per l’Assegno Unico e Universale

Il nuovo sito dell’INPS è disponibile all’indirizzo www.assegnounicoitalia.it L’INPS sottolinea che il nuovo sito affianca gli strumenti già disponibili, in particolare la comunicazione tramite web, spot radiofonici e social media e ha l’obiettivo di fornire un’informazione completa e dettagliata alle famiglie tenendo anche in considerazione i tanti dubbi e perplessità che gli italiani hanno mostrato.

Nel comunicato che annuncia la novità viene sottolineato che a partire dal mese di marzo cesseranno tutte le prestazioni precedentemente inserite in busta paga (ad esempio l’Assegno per il nucleo Familiare). Di conseguenza per avere continuità è essenziale presentare la domanda per l’Assegno Unico entro il 28 febbraio. In ogni caso, coloro che presenteranno l’istanza entro il 30 giugno 2022 riceveranno anche gli importi arretrati dal mese di marzo.

Ribadiamo che chi non presenta l’istanza entro il 30 giugno riceverà l’Assegno Unico solo dal mese successivo rispetto alla presentazione della domanda. La domanda può essere inoltrata anche senza allegare l’ISEE, ma si riceveranno gli importi minimi previsti per coloro che hanno un reddito ISEE superiore a 40.000 euro. Presentando l’ISEE in ritardo, cioè dopo il 28 febbraio, ma prima del 30 giugno 2022, si riceveranno comunque gli eventuali maggiori importi sotto forma di arretrati.

L’INPS ha raccolto le domande più frequenti poste nella pagina Facebook INPS per la Famiglia e ha dato risposta nel sito. Ecco una sintesi.

Domande frequenti

Perché si chiama Assegno Unico e Universale?

Il sito www.assegnounicoitalia.it ha l’obiettivo di fornire un’informazione dettagliata e completa. Sottolinea che l’assegno corrisposto è Universale in quanto corrisposto, anche se in misura minima, a tutte le famiglie con figli a carico, inoltre è Unico in quanto assorbe tutte le altre misure a favore della famiglia ( Bonus Mamma Domani, Bonus Bebè, Assegno Nucleo Familiare) restano invece in vigore il Bonus Nido e il Bonus Maternità dei Comuni.

Chi può accedere?

Possono percepire l’Assegno Unico tutte le famiglie con figli a carico a decorrere dal settimo mese di gravidanza fino al diciottesimo anno di età. Nel caso in cui siano presenti nel nucleo figli con età maggiore di 18 anni e non superiore a 21 anni e che seguano un percorso di formazione o studio (tra cui anche apprendistato e stage, tirocinio con reddito non superiore a 8.000 euro l’anno), svolgano il servizio civile universale oppure siano disoccupati ma iscritti al Centro per l’Impiego. Non vi sono limiti di età per i figli disabili.

Quando presentare la domanda?

La domanda può essere presentata a partire dal primo gennaio 2022. Non ci sono limiti temporali, nel senso che in qualunque momento dovessero maturare i requisiti si può presentare la domanda. Ad esempio alla costituzione di un nuovo nucleo familiare. I dati in variazione devono essere aggiornati.

Quanto si riceve?

E’ previsto un importo massimo di 175 euro per ogni figlio minorenne per ISEE non superiore a 15.000 euro. L’importo scende all’aumentare del’ISEE. Per i figli minorenni in nuclei con ISEE pari o superiore a 40.000 euro o senza ISEE l’importo previsto è 50 euro al mese. Sono inoltre previste maggiorazioni.

Per conoscere tutte le maggiorazioni previste leggi la guida: Assegno Unico: tutte le maggiorazioni previste dal d.lgs 230 del 2021

Per gli importi: Assegno Unico: qual è l’importo massimo che si può ricevere per un figlio

Come presentare la domanda?

La domanda può essere presentata attraverso il sito www.inps.it, accedendo con le proprie credenziali SPID, CIE o CNS e cliccando sulla voce prestazioni e in seguito “Assegno Unico e Universale”.

In alternativa può essere presentata istanza attraverso il contact center INPS al numero verde 803164 rete fissa e 06164164 mobile . Infine, può essere presentata tramite patronati. Per compilare la domanda basta riempire i campi. Se vi sono figli disabili è bene prestare attenzione all’indicazione del grado di disabilità. La compilazione è intuitiva, proprio per questo sono numerose le famiglie che hanno optato per tale soluzione (¾ delle domande pervenute).

Nella compilazione della domanda deve essere indicato il codice IBAN del richiedente. I figli maggiorenni possono richiedere in modo autonomo l’Assegno Unico indicando per l’accredito un codice IBAN di conto a loro intestato.

L’assegno Unico concorre a determinare la base imponibile?

No. Di conseguenza gli importi non saranno tassati ai fini IRPEF.

Posso chiedere l’Assegno Unico in gravidanza?

No. l’Assegno Unico può essere percepito dal settimo mese di gravidanza, ma la domanda deve essere presentata dopo la nascita, all’attribuzione del codice fiscale. Naturalmente saranno pagati anche gli importi maturati dal settimo mese di gravidanza.

Chi percepisce il reddito di cittadinanza può ricevere l’Assegno Unico?

Sì. In questo caso non è neanche necessario presentare la domanda. L’Assegno Unico viene automaticamente riconosciuto e accreditato ai percettori di reddito di cittadinanza.

Chi ha fatto domanda per l’Assegno Temporaneo potrà continuare a percepirlo?

L’Assegno Temporaneo viene pagato dall’INPS per i mesi di gennaio e febbraio 2022, da marzo 2022 c’è l’avvicendamento con l’Assegno Unico, ma Attenzione: deve essere presentata la domanda entro il 28 febbraio per avere la certezza della continuità.

Come si riceve l’importo dell’Assegno Unico?

L’importo dell’Assegno Unico si può ricevere su conto corrente bancario o postale, libretto postale, conto corrente estero area SEPA, carta prepagata con IBAN. Il conto deve essere intestato o cointestato al richiedente. L’importo dell’Assegno Unico non può essere accreditato di un conto intestato a persona diversa rispetto al richiedente. Inoltre deve coincidere il codice fiscale indicato alla propria banca e il codice fiscale del richiedente l’assegno.

A chi viene erogato l’importo in caso di nomina del tutore?

Al tutore nell’interesse del beneficiario.

Devono essere allegati documenti nella presentazione della domanda?

No, devono essere solo indicati i dati del nucleo familiare, se presenti soggetti con disabilità, dati per l’accredito e consenso al trattamento dei dati personali.

Come viene pagato l’assegno in caso di genitori separati/divorziati?

In questo caso può essere pagato a uno solo dei genitori, oppure è possibile richiedere l’assegno ripartito. Per info: Assegno Unico Ripartito: come richiederlo seguendo le indicazioni INPS

Se il richiedente sceglie di ricevere il 100% dell’importo, l’altro genitore convivente deve dare conferma?

No, non è necessario che l’altro genitore (sposato, convivente o separato) dia conferma. Il richiedente in sede di inoltro deve semplicemente dichiarare di essere d’accordo con l’altro genitore. Però in un secondo momento l’altro genitore può presentare a sua volta domanda per poter percepire una quota. In questo caso accede sul sito INPS con le credenziali personali, ma va alla sezione “Completa le domande presentate dall’altro genitore”.

Chi ha l’affido esclusivo come può percepire il 100% dell’Assegno Unico?

Il genitore unico affidatario deve barrare la voce” “genitore affidatario”. L’altro genitore non potrà modificare la domanda.

Cosa succede in caso di affido condiviso?

In questo caso l’assegno Unico può essere pagato al 50% a ciascuno dei genitori.

Percepisco l’Assegno Nucleo Familiare anche per il coniuge, cosa succede?

L’Assegno per il Nucleo Familiare relativamente al coniuge a carico continuerà ad essere corrisposto, così come sono riconosciute le detrazioni per coniuge a carico e per figli che hanno superato i 21 anni di età e sono a carico.

Cosa succede in caso di errori nella compilazione della domanda?

Gli errori possono essere corretti. Per la procedura segui la guida: Assegno Unico: come correggere la domanda in caso di errori

Cosa succede se uno dei genitori è cittadino straniero e quindi non è in possesso del codice fiscale?

La domanda viene inoltrata dal genitore con cittadinanza italiana e codice fiscale. Deve essere indicato il codice fiscale del figlio (figli). E’ necessario selezionare prima la voce: “il nucleo familiare del figlio comprende un solo dei due genitori”, di seguito: motivazione (a) “genitore unico” la casistica “altro genitore cittadino straniero senza codice fiscale”. Al verificarsi di tale caso è esclusa la possibilità di avere assegno ripartito al 50%.

Cosa succede se il figlio diventa maggiorenne o compie la maggiore età nel mese di competenza?

In questo caso la mensilità viene comunque pagata per intero. Ad esempio, se compie gli anni il 7 marzo 2022, il mese di marzo comunque si avrà l’Assegno Unico. Nel caso in cui la domanda dovesse essere presentata successivamente al compimento della maggiore età, si potranno  richiedere gli arretrati per i mesi in cui avrebbe dovuto percepire l’assegno. Ad esempio chi compie gli anni a marzo 2022, ma presenta al domanda ad aprile, con diritto a ottenere gli arretrati, potrà richiedere comunque il pagamento di marzo.

Cosa succede se i coniugi sposati hanno residenza diversa?

In questo caso non ci sono ostacoli, comunque il richiedente percepirà l’Assegno Unico, intero o ripartito.

La maggiorazione per genitori entrambi titolari di reddito da lavoro si può avere anche se uno dei due lavora all’estero?

Sì, a condizione che paghi le imposte sul reddito in Italia.

Il figlio maggiorenne disabile non a carico può ricevere l’Assegno Unico?

Il figlio maggiorenne, non a carico, non presente nel nucleo familiare, potrebbe comunque essere nella condizione di essere attratto nell’ISEE dei genitori. Affinché ciò si verifichi è necessario che abbia un’età inferiore a 26 anni, non sia sposato e non abbia figli propri.

Quali sono gli stati della domanda?

Gli stati possibili che compariranno all’utente successivamente all’inoltro possono essere:

Accolta: la domanda è regolare e risulta messa in pagamento;

Respinta (evidentemente per qualche motivo non è stata accolta);

Decaduta;

Rinunciata;

In evidenza alla sede: vuol dire che è necessario integrare l’istruttoria rivolgendosi alla sede di competenza territoriale;

In evidenza al cittadino: la domanda deve essere integrata dal cittadino.

Detrazioni canoni di affitto: le agevolazioni per studenti, lavoratori, famiglie

La locazione ad uso abitativo può dar luogo al diritto alle detrazioni canoni di affitto. Questo implica che i locatari possono detrarre dall’IRPEF una quota di quanto pagato per l’affitto di casa. Vediamo in quali casi di può usufruire di tale beneficio.

Principi generali per ottenere la detrazione dei canoni di affitto

La prima cosa da sottolineare è che la legge prevede diverse detrazioni in favore di coloro che stipulano un regolare contratto di locazione ad uso abitativo (legge 431 del 1998). Ogni “inquilino” deve scegliere di quale usufruire, cioè le varie agevolazioni non sono cumulabili. In secondo luogo nel caso in cui il contratto sia stipulato da più inquilini, ad esempio affitti di case per studenti o lavoratori, ogni inquilino può ottenere l’agevolazione per la sua quota. Si può ottenere il beneficio anche per la locazione di una sola stanza.

Detrazione canoni di affitto: regola generale

Fatta questa premessa vediamo nel concreto quali agevolazioni e detrazioni si possono ottenere. La prima detrazione riguarda i contratti di locazione a uso abitativo purché i locali siano adibiti ad abitazione principale. Colui che vuole beneficiarne deve quindi fissare la residenza nel comune e all’indirizzo dell’abitazione, inoltre per poterne usufruire è necessario non superare il reddito di 30.987.41 euro. L’ammontare del contributo dipende dal reddito dichiarato:

  • se il reddito è pari o inferiore a 15.493,71 euro, la detrazione è pari a 495,80 euro annui;
  • per redditi compresi tra 15.493,71 e 30.987.41 euro, la detrazione è pari a 247,90 euro annui.

Questa detrazione si applica nel caso in cui si stipuli in contratto a canone concordato.

Nel caso in cui il contratto sia a canone libero con durata minima di 4 anni + 4 anni di rinnovo automatico, la detrazione spettante è:

  • per la prima fascia vista prima, è pari a 300 euro;
  • per la seconda fascia 150 euro annui.

Se il soggetto è titolare di due contratti di locazione, ad esempio uno come abitazione principale e uno per i figli universitari, deve scegliere su quale immobile avvalersi delle detrazioni.

Detrazioni canoni di affitto giovani 20-31 anni

Sappiamo che in Italia vi è una certa difficoltà per i giovani a lasciare la casa dei genitori e questo anche perché spesso gli stipendi dei primi anni di lavoro sono bassi e quindi vi è anche un’oggettiva difficoltà. Proprio per questo se il titolare del contratto di locazione ha un’età compresa tra i 20 e i 31 anni ci sono detrazioni canoni di affitto particolarmente convenienti.

In questo caso la detrazione può arrivare al 20% del canone annuo per i primi quattro anni del contratto di locazione. Per quanto riguarda gli importi, tale detrazione non può essere inferiore a 991,60 euro e non può essere superiore a 2.000 euro l’anno. Anche in questo caso vi sono però dei limiti di reddito, infatti il beneficio è riconosciuto a coloro che hanno un reddito annuo inferiore a 15.493,71 euro, inoltre l’immobile non deve essere lo stesso in cui hanno la residenza anche i genitori. Questo vuol dire che se si vuol tentare un gesto di furbizia di stipulare il contratto e intestarlo al figlio con l’obiettivo di risparmiare, non si può fare.

Detrazioni canoni affitto per universitari

Per gli studenti iscritti a un regolare corso universitario la detrazione dei canoni di affitto è del 19% degli importi versati. Questa detrazione può essere usufruita direttamente dagli studenti oppure da coloro che li hanno fiscalmente a carico, ad esempio i genitori. La detrazione può essere fatta valere su un importo massimo di 2.633 euro.

Vi sono però delle condizioni da rispettare, in primo luogo deve trattarsi di studenti universitari, non possono ottenere l’agevolazione gli studenti che frequentano master, dottorati di ricerca, corsi di specializzazione o post laurea. In secondo luogo l’immobile deve trovarsi nello stesso comune in cui ha sede l’università frequentata o in un comune limitrofo. Inoltre l’università deve trovarsi ad almeno 100 KM, misurati da linee di comunicazione come ferrovia o strada, dall’indirizzo di residenza, oppure in uno stato dell’Unione Europea, in Norvegia o Islanda.

Detrazione dei canoni di locazione per lavoratori fuori sede

Può purtroppo capitare che la propria sede di lavoro sia molto distante dal comune di residenza e di conseguenza sia necessario avere una casa in affitto. In questo caso è necessario che coloro che usufruiscono di tale beneficio siano titolari di un contratto di locazione come abitazione principale in un comune che si trovi ad almeno 100 km dal comune in cui prestano servizio.

Inoltre occorre che i lavoratori trasferiscano la residenza nel comune di lavoro o in uno dei comuni limitrofi.

La detrazione dei canoni di affitto in questo caso viene riconosciuta per redditi inferiori a 30.987,41 euro. La misura è la stessa prevista nella regola generale.